Dimensioni trasversali
nell’educazione di allievi disabili
Clotilde Pontecorvo con Margherita Orsolini
Dipartimento di Psicologia dei Processi
di Sviluppo e Socializzazione
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
La prima associazione che mi ha richiamato questo tema è stata
l’incontro, di qualche anno fa, con un bambino autistico di cui ho seguito
l’inizio della scrittura, dai 4 agli 8 anni, insieme con una mia laureanda
che svolgeva con lui delle osservazioni molto frequenti.
E’ stato molto interessante seguire l’evoluzione scrittoria precedente
all’insegnamento convenzionale di questo bimbo, che aveva sue
peculiarità, ma anche molte analogie con la prima scrittura di bambini a
sviluppo tipico.
Una sua specificità era data dalle sue notevolissime capacità di
espressione grafica, che si manifestavano in un costante disegnare varie
figure, con forme parageometriche, molto colorate in modo pieno e
disegnate senza mai staccare la matita dal foglio: una notevole capacità
quasi espressionistica che mi ha fatto pensare alle (diverse ma grandi)
capacità di rappresentazione grafica che possono avere bambini autistici
(il famoso schizzo del cavaliere della bambina autistica Leyla, citata da
Howard Gardner).
Bambini che hanno primarie difficoltà di comunicazione verbale
possono avere inaspettate abilità espressive, che vanno coltivate e
non trascurate: secondo quel principio che abbiamo appreso dal
lavoro con bambini e adolescenti sordi, in particolare dalla giovane
ricercatrice Daniela Fabbretti (cfr. Fabbretti e Tomasuolo, 2006),
per cui è fondamentale valorizzare al meglio le capacità integre e
non insistere solo su quelle invalidate. L’area espressiva ha
un’importanza rilevante nel primo sviluppo di tutti i bambini e non
riguarda solo la parte grafica, ma anche quella plastica, ludica,
costruttivo-manuale, e anche drammatica.
A queste aree, spesso considerate marginali, è essenziale che la
scuola dedichi sempre una maggior attenzione, anche per rafforzare
la motivazione alla competenza e il senso di autostima di bambini
con qualche tipo di disabilità. E’ molto importante anche il “come”.
Oltre a queste aree, la dimensione trasversale più importante di tutte è data
certo dal modo in cui tutti gli allievi, ma in particolare quelli con disabilità, si
trovano a vivere l’esperienza della scuola dal punto di vista affettivo e sociale:
questa dimensione è determinata essenzialmente dalla qualità delle relazioni
che si stabiliscono nel gruppo–classe, in primo luogo orientate
dall’atteggiamento degli insegnanti.
Come dice molto bene Borin (2006), è importante che gli insegnanti (prima di
richiederla) diano attenzione a questi bambini, che spesso sono complicati,
ma talvolta, ancora peggio, invisibili: partendo dal riconoscimento che anche
un bambino piccolo deve godere di rispetto in quanto persona, come precondizione per avere la sua attenzione per le proposte educative e didattiche
dell’insegnante.
Un problema particolare che si presenta è che alcuni di questi bambini in
difficoltà sono ovviamente identificati come tali anche dagli altri bambini, in
quanto più lenti, meno attivi, e questo può rendere difficile puntare
sull’autonomo lavoro di piccolo gruppo, che resta uno dei più importanti
strumenti di educazione e di apprendimento a tutte le età (Pontecorvo, 2007).
Credo che considerare in modo più ampio l’ambito delle competenze dei
bambini sia del tutto essenziale.
E’ il risultato di una importante attività di intervento che sta conducendo
Margherita Orsolini nel “Servizio di consulenza per la prevenzione e
l’intervento sulle difficoltà di apprendimento” da lei avviato presso il
Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e di Socializzazione
(in via de Marsi 78, IV° piano: Quartiere San Lorenzo) di cui ha raccolto
utili esempi di lavoro con bambini in difficoltà.
Orsolini sta dedicando una specifica attenzione al ritardo mentale, a cui si
riferisce l’esempio di intervento che segue. Il punto di partenza è che il
punteggio nel test di intelligenza che serve a stabilire la situazione
comparativa del bambino ha un valore globale e non è utile a guidare
l’attività educativa dell’insegnante. E’ assai più utile conoscere meglio le
fallacie specifiche del bambino e i suoi punti di forza, per poter operare
su tutte e due.
Le finalità del servizio
• Potenziare l’apprendimento in
bambini (di 5-11 anni) che
sperimentano serie difficoltà in
alcuni ambiti specifici o in tutti
gli apprendimenti scolastici.
• Potenziare nei bambini la
capacità di interagire con
altre persone, di
comprendere il mondo
sociale, di riflettere sulle
proprie emozioni.
Ci occupiamo di…
• Valutazione dinamica
Tenendo conto della valutazione già condotta in un servizio ASL
o in un centro specialistico ospedaliero
identifichiamo con prove di valutazione dinamica
le aree di più facile modificabilità
e le aree più resistenti al cambiamento
• Intervento
Elaboriamo un progetto d’intervento che verrà realizzato
con uno psicologo esperto in difficoltà d’apprendimento
e in riabilitazione delle funzioni cognitive
Utilizziamo protocolli d’intervento di cui controlliamo
e documentiamo l’efficacia
Intervento: per progettarlo ci chiediamo…
Quali, tra le componenti cognitive deficitarie,
compromettono di più l’apprendimento?
Non solo l’apprendimento a scuola,
ma l’apprendimento che si costruisce
dall’osservare, dal chiedersi il perché,
dall’esplorare il mondo,
dall’interagire con gli adulti
e con i pari
Quali “punti di forza”
del bambino possiamo utilizzare
(pre-requisiti cognitivi,
apprendimenti che possono
sostenere altri apprendimenti)?
Quali emozioni,
quali modi di reagire alla difficoltà
interferiscono negativamente
con l’apprendimento?
Intervento: su che cosa?
Identificare e
distinguere chiaramente
stimoli per certi aspetti simili
(ad esempio,
parole con significato simile)
Visualizzare mentalmente
Controllare
risposte impulsive
e compiere operazioni
tenendo conto
di alcuni vincoli
Organizzare
le informazioni in un insieme,
o in una struttura sequenziale
Pianificare
Strategie cognitive
Usare strategie
per memorizzare
e per rievocare
dalla memoria
Usare il linguaggio
per descrivere,
confrontare,
spiegare e fare ipotesi
Intervento: come?
• Nel progettare e realizzare interventi di stimolazione cognitiva,
vogliamo pensare al bambino nella sua unità
• L’ambiente che creiamo per lui e con lui dovrebbe aiutarlo nel
fare e nell’apprendere, ma anche nel sentirsi intero e vivo come
essere umano
• Quando un intervento di stimolazione cognitiva è efficace, la
mente del bambino non rimane penzoloni sul vuoto, si è creato
spazio per il pensiero.
• Anche questo fa sentire al bambino di esistere e di essere al
mondo con tutto se stesso.
Intervento: dove e da chi?
• L’intervento di stimolazione
delle strategie cognitive viene
realizzato nel nostro servizio
che stabilisce una
collaborazione anche con
eventuali figure esterne
coinvolte nell’intervento
(logopedista, terapista della
motricità).
• L’intervento di potenziamento
degli apprendimenti scolastici
avviene, a seconda delle
esigenze, a casa o a scuola del
bambino ed è realizzato da
psicologi supervisionati dal
nostro servizio.
Siamo psicologi esperti
nello sviluppo delle funzioni cognitive e
nella psicopatologia degli apprendimenti
Il coinvolgimento dei genitori e della scuola
• Un colloquio preliminare cerca
di costruire insieme ai genitori
una comprensione delle
difficoltà incontrate dal bambino,
anche tenendo conto
dell’eventuale valutazione già
avvenuta in un servizio ASL o in
un centro specialistico.
• In alcuni casi prevediamo 4
incontri per potenziare le
strategie di comunicazione
genitore-bambino.
• Un incontro iniziale con gli
insegnanti del bambino per
condividere una comprensione
delle sue difficoltà.
• Due incontri l’anno per
collaborare all’impostazione di
attività di potenziamento
dell’apprendimento a scuola.
Un esempio: il caso di L.
• E’ arrivato nel nostro servizio avendo avuto in un centro
specialistico ospedaliero la diagnosi di “ritardo cognitivo
lieve”.
• Ha un QI di 72 con un profilo piuttosto omogeneo (ma con
una particolare caduta in Aritmetica)
• Ha una sindrome genetica (cariotipo 47 XYY).
• E’ nato pretermine (33° settimana), ha avuto ritardi nello
sviluppo fisico, motorio e linguistico
• Alle scale Vineland risulta un quoziente di adattamento di 60
(equivalente all’età prescolare) con maggiori deficit nella
comunicazione e nell’autonomia personale.
• Lo valutiamo quando ha 7 anni e 8 mesi e frequenta la II
elementare (mese di marzo)
Come possiamo individuare alcune priorità su
cui incentrare un intervento riabilitativo?
• Possiamo affrontare meglio questa domanda quando
uniamo a una valutazione basata sulla “prestazione”
un’osservazione qualitativa sui processi che il bambino
mette in atto quando affronta un test.
• Che intendiamo per PROCESSI?
• … non dare immediatamente una risposta, guardare
sistematicamente tutto il materiale che ha di fronte, fare
qualche commento o una domanda sul materiale del
test; rendersi conto di non aver risposto correttamente e
provare a correggersi.
Osservazioni sugli atteggiamenti e le emozioni
con cui affronta i test
Quando il compito è alla sua
Riflette
portata, come in Informazioni, o
quando è coinvolto, come in
molti test di performance
Quando il compito non è alla
sua portata
Dà risposte a caso
Mentre sta pensando o sta
provando a risolvere
Guarda molto l’adulto, scuote le
gambe, sembra molto
preoccupato
Quando sembra stanco
Non dice di esserlo, non chiede
di fare una pausa
Per decidere sulle priorità nell’intervento con L.
• Quali, tra le componenti cognitive deficitarie, compromettono di più
l’apprendimento? Non solo l’apprendimento a scuola, ma
l’apprendimento che si costruisce dall’osservare, dal chiedere il perché,
dall’esplorare il mondo, dall’interagire con gli adulti e con i pari
• Il suo scarso uso del linguaggio come strumento per organizzare
le informazioni in un insieme, anticipare ciò che farà, collegare
diverse successive informazioni tenendo presente uno scopo
• Quali “punti di forza” possiamo utilizzare (pre-requisiti cognitivi,
apprendimenti che possono sostenere altri apprendimenti)?
• Non si scoraggia facilmente di fronte all’insuccesso; può fermarsi
a riflettere; sa leggere e scrivere
• Quali emozioni, quali modi di reagire alla difficoltà interferiscono
negativamente con l’apprendimento?
• La sua preoccupazione di non dare risposte giuste; un senso
molto fragile del suo valore
Come?
• Costruire una relazione di fiducia
• Comprendere il livello di difficoltà che possiamo
proporre al bambino
• Essere pronti a cambiare le nostre proposte in
funzione di ciò che osserveremo
Dentro a una sessione di
riabilitazione: la fase iniziale
• Il piacere di incontrarsi di nuovo. E’ una fase
dedicata al raccontarsi
• Il riabilitatore cerca di far sentire al bambino di
essere veramente interessato a lui/lei.
• Ascolta e reagisce emotivamente al racconto del
bambino
• Si fa conoscere, dice qualcosa di sè, di sé come
è adesso e di sé quando era piccolo.
• Reciprocità: il bambino chiede all’adulto di sue
difficoltà
Vogliamo costruire
una relazione di fiducia
• Che fare quando il bambino non è interessato a
raccontare? Quando sembra vivere anche
questo momento come un compito?
• l’intimità, l’informalità, l’attenzione e il valore
dato al parlare e allo stare insieme sono modi
per costruire una solida relazione.
• L’intimità e il piacere di stare insieme si possono
sperimentare con il gioco e lo scherzo
Indovinelli
• È una parte del corpo
• Serve per mangiare, per parlare e per sbadigliare
B....
• È una parte del corpo
• Serve per mangiare, per parlare e per sbadigliare
B...A
Una buona interazione riabilitatore-bambino
• Sosteniamo il bambino senza sostituirci quasi
completamente a lui
• L. sente la frase “serve per parlare” e dice che si tratta
della voce.
• L’adulto aiuta L. a:
• Prestare attenzione a più informazioni (“serve sia per
parlare sia per mangiare..”)
• Controllare la propria risposta (“aspetta, aspetta”)
• Valutare l’adeguatezza della risposta (“è vero che si può
mangiare con le mani, però non puoi sbadigliare con le
mani”)
• Prestare attenzione alla richiesta del compito (“bisogna
trovare una parte del corpo che faccia tutte queste
cose”).
Dentro a una sessione di riabilitazione:
2. Lavorare con molta concentrazione sulle funzioni
cognitive di livello più alto (L. 3 anni dopo)
• Una modalità di
presentazione del materiale,
che chiede al bambino di
descrivere il più possibile il
materiale che ha di fronte e di
orientarsi anticipatamente
rispetto al compito.
• L’adulto aiuta L. a scoprire
una regolarità nel materiale
che deve strutturare. E anche
lo sollecita a riflettere su che
cosa, del materiale, lo ha
aiutato a trovare la soluzione.
• L’adulto commenta sulla capacità
nell’affrontare il compito, sugli aspetti
difficili, e cerca di coinvolgere in questo
commento. Da questa riflessione partono
alcune riflessioni di L. su se stesso
Dentro a una sessione di riabilitazione:
3. Valutare insieme il lavoro che è stato fatto
• L’adulto commenta sulla
capacità nell’affrontare il
compito, sugli aspetti
difficili, e cerca di
coinvolgere in questo
commento. Da questa
riflessione partono alcune
riflessioni di L. su se stesso
• L. ci comunica qualcosa di
doloroso rispetto a se stesso. Lo
può fare perché si fida
pienamente dell’ambiente che
insieme a lui abbiamo costruito.
Sa di essere importante e aver
valore per noi come essere
umano, anche quando sbaglia,
anche quando non sa rispondere
alle domande. Con noi sente di
poter essere …
Il “riflettere” in tanti tipi di attività, il
pensare, cercare spiegazioni, si estende
alla sua vita personale
Dentro a una sessione di riabilitazione:
4. Lavorare unendo gioco e strategie cognitive
• Anche in questo caso ci sono regole da ricordare e
strategie che si possono mettere in atto.
• L’apprendimento che può aver luogo in questo tipo di
situazione ha a che fare di più con l’esercitazione;
• Il gioco fornisce una motivazione per utilizzare
concetti sulle relazioni di parentela, conoscenze sul
tempo, e capacità di calcolo.
In conclusione…
• L’interazione adulto-bambino è lo strumento fondamentale
attraverso cui nuove strategie cognitive possono essere
acquisite
• Ci aspettiamo che il bambino impari a chiedersi
autonomamente quello che in una fase antecedente gli ha
chiesto l’adulto: che cosa vedo in questo materiale? Che cosa
dovrò fare? Che cosa mi ha aiutato a trovare la soluzione?
• L’importanza di ogni attività sta nelle particolari funzioni
cognitive che va a sollecitare (attenzione, memoria, linguaggio,
elaborazione visuo-spaziale)
• l’importanza di ogni attività sta anche nell’occasione che offre al
bambino di impadronirsi di strategie fondamentali per
l’apprendere: fermarsi a riflettere, confrontare, cercare
spiegazioni, riconoscere ciò che può averci facilitato nel trovare
soluzioni.
• Siamo facilitati se non riponiamo una fiducia quasi miracolistica
sulla bontà del materiale che usiamo.
Voglio dare una indicazione finale per questo breve intervento,
richiamando una diversa linea di indagine e di intervento che ho
imparato a conoscere di recente da quella grande antropologa che
è Elinor Ochs (della UCLA, US).
Nel condurre a Los Angeles una importante ricerca antropologica
su sedici bambini autistici Asperger in famiglia e a scuola, lei ha
rilevato, con strumenti di osservazione etnografica longitudinale,
sia il modo in cui questi bambini esprimono capacità di narrazione
sia il modo particolare in cui interagiscono con altri bambini a
sviluppo tipico in diverse situazioni ludiche, raccogliendo dei dati e
traendo delle considerazioni molto interessanti, che sarebbe utile
poter ritrovare anche in Italia.
L’idea di fondo è quella di osservare il comportamento dei bambini
in una situazione sociale naturale, così come abbiamo cominiciato
a fare, anche noi, con famiglie accoglienti con un bambino, dai 4
ai 6 anni, con serie difficoltà di comunicazione (con la mediazione
della dott.ssa Anne Hufty di Synapsi di Roma) studiando le
interazioni familiari a cena a casa, in un contesto sociale
quotidiano, da noi già studiato a lungo con tante famiglie italiane
(cfr. Arcidiacono e Pontecorvo, 2006; Pontecorvo e
Arcidiacono,2007). Il suggerimento più generale è che, dato che la
scuola è un contesto sociale naturale, potrebbe esssere utile
osservare con strumenti di tipo etnografico l’interazione tra
bambini quando ci sono bambini con qualche disabilità, per
identificare punti di forza e punti di debolezza individuale , ma
anche risorse sociali che si possono trovare in ambienti umani,
dove possono avvenire interazioni diverse.
Concludo con una citazione da un racconto di A.A. Jehoshua,
di qualche anno fa, “Il poeta continua a tacere” (titolo che dà il
nome alla raccolta): la storia di un vecchio poeta che ha solo
un figlio ritardato mentale e che pensa alla morte:
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