OBIETTIVI DEL DOCUMENTO 1. Fornire informazioni sull’identificazione e la gestione della persona disfagica. 2. Ridurre l’eterogeneità di comportamenti nella gestione della persona disfagica. 3. Monitorare l’assunzione orale ed assicurare un adeguato livello di idratazione e nutrizione. 4. Conoscere gli interventi da attuare in caso di aspirazione aerea. 5. Formare il care-giver al fine di ridurre la morbilità ad essa associata. LA DEGLUTIONE: DEFINIZIONE E PROCESSI FISIOLOGICI La deglutizione è una sequenza motoria complessa dipendente dalla contrazione coordinata di muscoli della bocca, della lingua, della faringe, della laringe e dell’esofago. La deglutizione è un atto neuromuscolare altamente integrato regolato da un centro bulbare la cui attività, controllata da centri corticali, sottocorticali e dalla sensibilità che proviene dagli effettori, è sincrona con quella del centro del respiro. Essa consente la propulsione dei cibi dalla bocca allo stomaco attraverso le seguenti fasi: FASE 0 (preparazione extraorale delle sostanze): corrisponde alla preparazione del cibo. Questa fase termina nel momento in cui il cibo viene posto in bocca. FASE 1 (preparazione orale delle sostanze da inghiottire): insalivazione e la masticazione che se eseguite correttamente fanno si che il boccone, d’ora in poi chiamato bolo, risulterà pronto per la deglutizione. Questa fase avviene sotto il controllo della volontà ed ha una durata variabile secondo il cibo da inghiottire: minima per i liquidi e massima per cibi solidi e secchi. A questa preparazione partecipano attivamente ed in coordinazione la chiusura delle labbra, il movimento laterale e rotatorio della mandibola, il tono buccale e facciale, i movimenti laterali e rotatori della lingua che aiutano a raccogliere ed a trattenere il cibo sul dorso della lingua. FASE 2 (stadio orale) spinta del bolo verso l’istmo delle fauci ed elicitazione del riflesso deglutitorio (volontario). Implica il movimento della lingua con azione propulsiva e il contatto della stessa con l’arco palatino e l’oro faringe per stimolazione dei recettori della regione oro-faringea e/o base lingua. Da qui la deglutizione proseguirà autonomamente al di fuori del controllo volontario. FASE 3 (stadio faringeo): il bolo, in questa fase attraversa l’incrocio della via respiratoria. È evidente che lo svolgimento corretto di questa fase risulta di fondamentale importanza per evitare situazioni che possono mettere in pericolo la vita della persona. Questa fase implica la coordinazione di meccanismi differenti che consentono il transito del bolo, evitando il passaggio di cibi liquidi e solidi nel naso e la penetrazione e/o aspirazione di cibo rispettivamente in laringe e/o nell’apparato bronco polmonare (involontaria). FASE 4 (stadio esofageo): il bolo arriva in esofago attraverso lo sfintere esofageo superiore che si apre automaticamente e, in un tempo variabile, per mezzo delle onde peristaltiche, percorre tutto l’esofago fino allo sfintere esofageo inferiore, porta di ingresso allo stomaco. 1 FASE 5 (stadio gastrico): il bolo giunge allo stomaco, termina la deglutizione ed inizia la digestione. DISFAGIA: DEFINIZIONE E PROCESSI FISIOLOGICI È un’alterazione della normale progressione del cibo dal cavo orale allo stomaco, causata da una disfunzione anatomo-funzionale. La disfagia è sintomo di una patologia localizzabile anche a distanza dagli effettori della deglutizione o sistemica. Riconosce una patogenesi multifattoriale e deve pertanto essere affrontata con il contributo di più figure professionali (team multidisciplinare). La disfagia può riguardare l’assunzione di cibi solidi, liquidi, semiliquidi, semisolidi. Inoltre, può presentare un carattere persistente o saltuario. Tale disturbo dell’alimentazione può determinare gravi conseguenze sullo stato di salute complessivo della persona, sia per un ridotto apporto nutrizionale, sia per un elevato rischio di polmoniti ab ingestis. La persona disfagica, infatti ha bisogno di un tempo più lungo per assumere il pasto; manifesta spesso e in forma ingravescente affaticabilità; è costretta, inoltre, al continuo cambiamento delle proprie abitudini alimentari. Il sintomo può coinvolgere in vario modo gli effettori della deglutizione prevalentemente contenuti nel distretto cervico-facciale dove svolgono anche altre funzioni: respiratoria, fono-articolatoria, senso percettiva, practomotoria, edonistica, etc. La tabella che segue riassume le principali condizioni morbose possibili causa di disfagia e identifica quelle che possiamo definire “popolazione a rischio” di disfagia: A. DISFAGIA OROFARINGEA (DISFAGIA ALTA) • Danno neurogeno: ictus cerebrovascolare, traumi cranio-encefalici e spinali, neoplasie, patologie del primo motoneurone, patologie del secondo motoneurone, S. Guillain-Barré, m. di Huntington, sclerosi multipla, poliomielite, encefalopatie metaboliche, morbo di Parkinson, demenza; • Miopatiche: malattie del connettivo, dermatomiosite, miastenia grave, distrofia miotonica, distrofia oculofaringea, sarcoidosi, sindromi paraneoplastiche; • Anossia cerebrale; • Interventi su tumori delle vie aereo digestive superiori (VADS); • Involuzione senile; • Iatrogene: farmaci (chemioterapici, neurolettici, ecc.), terapia radiante, caustici (intenzionale, da pillole); • Infettive: difterite, botulismo, malattia di Lyme, sifilide, mucosite (herpes, cytomegalovirus, candida, ecc.); • Metaboliche: amiloidosi, s. di Cushing, tireotossicosi; • Patologia da reflusso gastroesofageo. B. DISFAGIA ESOFAGEA (DISFAGIA BASSA) • Cause meccaniche intrinseche ed estrinseche: stenosi peptica, neoplasie, aneurismi vasi torace, megacuore, cause osteoarticolari; • Cause neuromuscolari primitive e secondarie: acalasia, spasmo esofageo diffuso, sclerodermia, collagenopatie; • Strutturali: barra cricofaringea, diverticolo di Zenker, osteofiti e anomalie scheletriche, malformazioni congenite (diverticoli, tasche, ecc.). 2 Le turbe della deglutizione più temibili e che si manifestano clinicamente in maniera più subdola sono verosimilmente quelle che fanno seguito a patologia cerebro vascolare acuta. 75% delle persone colpite da ictus cerebrale presenta disfagia e nel 91% dei casi essa persiste fino a 3 mesi. Il 43-54% di queste persone presenta inalazione che si complica nel 40% in broncopolmoniti. La mortalità è dovuta prevalentemente alle complicanze cardiovascolari e alle polmoniti ab ingestis. DISFAGIA ICTUS CORRELATA Tipo di ictus Ictus emisferico Ictus emisferico Ictus emisferico Alterazioni della deglutizione per tipo di ictus Tipo di lesione Tipo di alterazione Monolaterale sinistro FASE ORALE Incordinazione labioglosso-mandibolare, diprassia orale, aumento tempo di transito orale del bolo Monolaterale destro FASE FARINGEA Ridotta escursione verso l’alto della laringe, ristagno del bolo verso l’alto, rischio di inalazione, soprattutto i liquidi Lesioni corticali bilaterali TUTTE FATTORI DI RISCHIO - Diminuzione delle abilità cognitive: consapevolezza, orientamento, memoria, vigilanza e attenzione; - Incremento dell’impulsività o agitazione; - Diminuzione o assenza del riflesso della tosse, mancanza della tosse volontaria; - L’uso di alcuni farmaci come neurolettici, antidepressivi, anticolinergici e medicinale a base di fenotiazina; - Iperestensione del collo o contratture; - Diminuzione o assenza di forza, movimento e simmetria dei muscoli facciali, lingua e muscoli orali; - Diminuzione o assenza della sensibilità orale e facciale; - Precedente intubazione per un lungo periodo; - Problemi di linguaggio; - Età avanzata. 3 SEGNI E SINTOMI Tosse durante o dopo la deglutizione Assenza di tosse volontaria o del riflesso Assenza deglutizione volontaria Eccessiva lentezza nell’assunzione dei cibi Presenza di residuo di bolo nelle fauci Perdita di peso o disidratazione Aumento della TC Disfonia o voce gorgogliante Frequenti infezioni polmonari Schiarimenti di voce frequenti Lingua protrusa Scialorrea Fastidio o dolore alla deglutizione CONSEGUENZE Aspirazione di cibi e/o liquidi nelle vie aeree maggior rischio di infezioni polmonari Ridotto introito alimentare malnutrizione e/o disidratazione Alterazione della qualità di vita aumento richieste di interventi sanitari (maggiori costi socio-sanitari) A PROPOSITO DI ASPIRAZIONE Può essere silente tosse post deglutitoria e deglutitoria al respiro liquido alla qualità della tosse altri segnali: lacrime, affaticamento voce rauca o umida MANOVRE D’EMERGENZA La prima difesa è fornita dall’organismo con la tosse; se non è sufficiente: COSA NON FARE Non colpire la schiena con le mani Non dare da bere Non effettuare la respirazione bocca a bocca 4 Innanzitutto rimozione protesi MANOVRA 1 Mento verso il petto, braccia abbandonate e bocca aperta; dare dei colpetti con il palmo della mano tra le scapole MANOVRA DI HEIMLICH Si attiva ponendosi alle spalle della ps, cingendolo con le braccia all’altezza dello stomaco e premere sulla fascia diaframmatica con movimento verso l’alto per favorire l’espulsione del cibo. Questa manovra può essere effettuata anche se la ps è seduta su sedia a rotella o sdraiata. A PROPOSITO DI MALNUTRIUZIONE Stato di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo dell’organismo conseguente alla discrepanza tra fabbisogni nutrizionali specifici e introito o utilizzazione dell’energia e dei nutrienti, tali da comportare un eccesso di morbilità e mortilità. Malnutrizione: calo di peso, muscoli con tono scarso, orbite oculari scavate, lingua arrossata e con fissurazione, ossa sporgenti. Disidratazione: disorientamento e confusione, cute secca e esfoliata, sollevabile in pliche cutanee, lingua secca e difficile da sporgere. Complicanze malnutrizione conseguenze Primarie secondarie Guarigione ferite morbilità funz.tà intestinale uso farmaci funz.tà muscolare durata degenza funz.tà ventilatoria durata riab.ne rispostaimmunitaria qualità di vita rischio infezione mortalità costi sanitari 39 DISFAGIA ETA’ CORRELATA: LA PRESBIFAGIA Per ipertonia muscolare oro-faringea (linguale, labiale, faringea) e incoordinazione muscolare Per maggiore rigidità delle medesime Per turbe della sensibilità oro-faringea-laringea Per atrofia muscolare e linguale Per xerostomia Per edentulia e protesi dentaria inadeguata 5 Per deperimento, demotivazione, clinostatismo Per disregolazione neurologica centrale Per fase extraorale meno efficace (per calo vista, olfatto, gusto) Per ridotta abilità gestuale Per perdita dell’attenzione Segni e sintomi Difficoltà a formare il bolo Incapacità a trattenerlo nel cavo orale Scialorrea (aumento del tempo di deglutizione) VALUTAZIONE INFERMIERISTICA DELLA DISFAGIA Tutte le persone con ictus dovrebbero essere sottoposte a screening prima di assumere cibi solidi o liquidi. L’infermiere di reparto svolge un ruolo chiave, in quanto identifica segni e sintomi che possono far sospettar un quadro di disfagia, quindi valuta asimmetria delle rima orale, alterazione della mimica facciale, perdita di saliva, secchezza delle fauci, voce rauca e presenza dello stimolo della tosse. La valutazione della disfagia attraverso le prove di deglutizione non deve essere effettuata se il paziente non è cosciente o vigile, o se presenta dispnea. Inoltre se la persona presenta paralisi unilaterale è consigliato inclinare e ruotare leggermente la testa dalla parte colpita. Per quanto concerne i test di screening più citati in letteratura e che possono essere facilmente applicabili da infermieri addestrati sono: 1. Test Three-oz Water Swallow Test (WST, Test di Smithard) il più utilizzato, e le sue due varianti: il WST sensibilizzato con pulsossimetro (reperto patologico: caduta della saturazione di ossigeno maggiore del 2% dopo la deglutizione di 10 ml di acqua) e il WST sensibilizzato con auscultazione; 2 il Bedside Swallowing Assessment Scale. 1) Three-oz Water Swallow test: come si esegue. 1 - offrire alla persona, seduta e con la testa in asse, 5 ml di acqua liscia a temperatura ambiente con un cucchiaio per 3 volte, ad ogni cucchiaio verificare l’avvenuta deglutizione, attendere qualche secondo e se il paziente presenta tosse severa e voce gorgogliante si sospende il test = Grado 4 – Disfagia grave; 2 - se la persona non tossisce si offre acqua direttamente dal bicchiere, si attende qualche secondo, si fa parlare il paziente per valutare la qualità della voce: in caso di voce rauca e/o gorgogliante e tosse = Grado 3 – Disfagia moderata. 3 - se presenta solo voce rauca e/o gorgogliante = Grado 2 – Disfagia lieve; 4 - se precedentemente il test è negativo si procede con 50ml di acqua dal bicchiere. Se anche questo è negativo = Grado 1 – Disfagia assente. 6 ESITO TEST 1. ASSENTE corretta deglutizione 2. LIEVE voce rauca e/o gorgogliante DIETA 1. dieta libera 2. addensare i liquidi (omogeneizzato, frutta frullata, yogurt) 3. MODERATA voce rauca e/o 3. addensare i liquidi (gelatina, marmellata) gorgogliante e tosse rendere omogenei i cibi 4. GRAVE tosse con cucchiaio 5 ml acqua 4. alimentazione enterale assistita Dopo aver effettuato la prova di deglutizione con l’acqua, l’infermiere può inoltre avvalersi di una scala di valutazione più approfontita che consente di identificare i pazienti con disturbi della deglutizione a rischio di aspirazione tramite un punteggio, la Bedside Swallow Assestment. Se il punteggio di tale scala è superiore a 24 il paziente è ad alto rischio e deve essere presa in considerazione la possibilità di una alimentazione artificiale. Viceversa un punteggio più basso di 24 permette l’avvio precoce di una alimentazione per os sicura, senza ulteriori indagini. 2. Bedside Swallow Assessment Livello di coscienza 1.vigile 2.soporoso risvegliabile 3.non apre gli occhi ma risponde agli stimoli verbali 4. risponde agli stimoli dolorosi Controllo del tronco e della 1. tronco normale testa 2. posiz. Tronco non mantenuta 3. controllo solo testa 4. non controllo testa Respirazione 1. normale 2. patologica Chiusura delle labbra 1. normale 2. patologica Movimento del palato 1.simmetrici 2.assimmetrici 3.minimi/assenti Funzione laringea (aaah/ee) 1. normale 2.ridotta 3.assente Riflesso della deglutizione 1. presente 2.assente Riflesso della tosse 1. normale 2. ridotto 3. assente Stadio 1: assunzione di 5 ml di acqua in un cucchiaino, per 3 volte Rifiuta l’acqua 1. mai o una volta 2.più volte Movimenti laringei con 1.si 2.no tentativi di deglutizione Movimenti ripetitivi 1. mai o una volta 2.più volte Tosse durante la deglutizione 1.mai o una volta 2.più volte 7 Gorgoglio dopo la deglutizione Funzione laringea dopo la deglutizione Stadio 2: La deglutizione è normale nel primo stadio, si somministrano 60 ml di acqua in un bicchiere E’ in grado di terminare? Tempo necessario per terminare in secondi Numero dei sorsi necessari Tosse durante o dopo la deglutizione Gorgoglio durante o dopo la deglutizione Funzione laringea dopo la deglutizione Sensazione di aspirazione 1.si 2.no 1. normale 2. disfonia 3.afonia 1.si 2.no 1.no 2. si 1. no 2.si 1. normale 2. disfonia 3. afonia 1. no 2. possibile 3.si GESTIONE DELLA DISFAGIA NELLA GESTIONE E’ FONDAMENTALE IL COINVOLGIMENTO DELLA FAMIGLIA O DEL CAREGIVER Premessa: È molto importante monitorare la quantità di cibo e di liquidi che il soggetto assume giornalmente, per assicurare un’adeguata nutrizione ed idratazione. L’infermiere deve assicurarsi che tutti coloro che danno assistenza (compresi i familiari ed il caregiver) abbiano le conoscenze e le abilità per alimentare in sicurezza la persona. È necessario conoscere gli interventi da attuare per ridurre il rischio di aspirazione aerea tenendo a disposizione il materiale occorrente per eventuali emergenze (aspiratore, sondini, ossigeno). 8 COSA FARE PRIMA DI ALIMENTARE LA PERSONA Favorire un ambiente tranquillo senza troppe distrazioni; Controllare che il soggetto sia ben riposato, senza dolore, vigile e non sotto effetto di farmaci (es. tranquillanti, antiepilettici); Verificare l’igiene orale e se necessario aspirare eventuali secrezioni (una buona igiene migliora la salivazione ed esalta il gusto dei cibi) Per favorire la salivazione in caso di eccessiva secchezza del cavo orale stimolare la secrezione con la somministrazione di limone; Controllare la capacità del soggetto nel comunicare la difficoltà di deglutire. SCELTA DEI CIBI Premessa: la scelta dei tipi di alimenti è strettamente correlata al tipo e grado di disfagia, col fine di ridurre il rischio di aspirazione. È importante tenere conto dei gusti e preferenze del soggetto, delle eventuali patologie concomitanti e del suo stato nutrizionale eventualmente avvalersi di una consulenza del nutrizionista. Il criterio da considerare nella scelta del cibo è la consistenza o densità per cui i cibi si suddividono in: Liquidi Semiliquidi o semisolidi Solidi Non richiedono manovre preparatorie da parte della bocca Vanno preparati nella bocca ma non richiedono masticazione, è necessario che siano omogenei e compatti. Richiedono una preparazione e masticazione accurata Il grado di densità dei liquidi può essere modificato con l’aggiunta di addensanti. È preferibile scegliere una dieta con calorie e valori nutritivi elevati per compensare la ridotta assunzione di alimenti. 9 FARE ATTENZIONE A: ► Temperatura del cibo ► Liquidi troppo fluidi ► Cibi con consistenza mista liquida-solida (es. minestra in brodo) ► Cibi troppo friabili o che si frammentano (es. biscotti, riso, pane secco) ► Cibi che cambiano consistenza in bocca (es. gelati, ghiaccioli) ► Cibi contenenti semi ► Cibi che richiedono una lunga masticazione o che impastano la bocca ( es. banane, burro) TIPI DI DIETA In sintesi: Nel caso di disfagia per i liquidi ---------------- ► Nel caso di disfagia mista --------- ► Nel caso di disfagia ai solidi ------------ ► - Scegliere alimenti di elevata consistenza, aggiungere addensanti ai liquidi ed usare acqua gelificata -------Scegliere cibi di consistenza morbida, i liquidi vanno somministrati con cautela e con eventuale aggiunta di addensante ---Diluire i cibi, somministrare preparati liquidi e utilizzare gli integratori nutrizionali 10 COME POSIZIONARE LA PERSONA: Posizionare la persona a letto o mobilizzarla sulla sedia circa venti minuti prima del pasto. Metterla seduta in posizione eretta con i piedi appoggiati e con eventuali sostegni alla testa e al tronco e il mento puntato verso il torace. Se la persona è allettata, posizionarla seduta nel letto con la testa appoggiata ed il collo flesso (sostenere con una mano la fronte, se la testa è instabile). In caso di paralisi unilaterale inclinare la testa dalla parte non colpita (per permettere al cibo di dirigersi verso la parte più’ efficiente) e far ruotare leggermente il capo verso il lato colpito. COME ALIMENTARE LA PERSONA: 1. Chi aiuta il soggetto a mangiare deve stare seduto al suo stesso livello o più in basso dei suoi occhi. 2. Evitare di far parlare la persona mentre mangia. 3. Se la persona ha una paralisi unilaterale porre il cibo dal lato della bocca non colpita. 4. Dare il tempo necessario alla persona per alimentarsi. 5. Se la persona si affatica facilmente somministrargli sei piccoli pasti al giorno. 6. Incoraggiare la tosse dopo la deglutizione. 7. Se c’è ipersalivazione insegnare alla persona a deglutire la saliva tra un boccone e l’altro. 8. Fare attenzione alla dimensione dei bocconi, evitare l’uso di cannucce o siringhe in quanto creano difficoltà nel controllo della quantità e del flusso dei liquidi. 9. Non lasciare solo il soggetto quando mangia o beve. DOPO IL PASTO Eseguire l’igiene orale e controllare che non ci siano residui di cibo. Tenere la persona in posizione seduta per altri trenta–sessanta minuti. Controllare se ci sono segni di aspirazione (rumori respiratori, aumento della temperatura corporea). 11 Monitorare la quantità di alimenti assunti per poter individuare precocemente il rischio di malnutrizione. NOTE: Nel caso che l’alimentazione orale non sia sufficiente è necessario avvalersi di una nutrizione enterale o parenterale di supporto. Se la disfagia persiste ancora dopo 15 giorni dall’evento e si presume abbia una durata maggiore di 2 mesi è consigliabile una nutrizione attraverso la PEG. Bibliografia: Ramritu P., Finlayson K., Mitchell A., Croft G. Identification and Nursing Impaierment. The Joanna Briggs Institute for Evidence Based Nursing and Midwifery; 2000 Systematic Review No. 8 Schindler O. Manuale operativo di fisiopatologia della deglutizione. Torino, Omega Edizioni, 1990 Schindler O., Ruoppolo G., Schindler A., Deglutologia: introduzione. Torino, Omega Edizioni, 2001 Farneti D., Ruolo e contributo infermieristico nella odierna gestione del cliente con disturbi della deglutizione. Biblioteca IPASVI, Agosto 2003 Ruoppolo G., Amitrano A., Travalica A., Di Rosa, Protocollo diagnostico per la disfagia in età adulta, Acta Phon Lat 2001; 23:220-39. Schindler O. Ferri A., Travalica A., Di Rosa, Schindler A., Utari C., La riabilitazione fonatoria, articolato ria e deglutito ria. In: la qualità di vita in oncologia cervico-cefalica. XLV Raduno Alta Italia. Torino 1999 Bartolone G., Prosiegel M., Schrıter-Morasch, Linee Guida diagnostiche e terapeutiche in neurologia, Traduzione italiana di Schindler O. Stuttgart:Thieme 2005, 746-756 SPREAD-Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion Ictus Cerebrale: Linee guida italiane, 2010 Sukkar S.G., Ragni G., Macello N., Gradaschi R., Nanetti E., Travalca B.-Cupillo, Valutazione della disfagia: percorsi diagnostico-terapeutico e implicazioni nutrizionali. ADI Magazine, Vol. 7-3. 2003 pag. 266-271 Sukkar S.G., Ragni G., Trattamento nutrizionale dell’ictus: dati studio ADI-SIN (Gruppo di studio sulle Malattie Cerebrovascolari, Università San Martino di Genova, 2004 Modena L, Pellecchia C, La disfagia orofaringea correlata a patologie neurologiche nel paziente adulto, da Centro Studi EBN Attività 2001 Best Practice, Volume 4, Numero 2, 2000 12 Sitografia: HYPERLINK "http://www.medicina.uniba.it/neurol/Dipartimento/neurologia2/guida/ictus/CHAPT11.PDF"www.med icina.uniba.it/neurol/Dipartimento/neurologia2/guida/ictus/CHAPT11.PDF HYPERLINK "http://www.evidencebasednursing.it/revisioni/SI8disfagia.pdf" www.evidencebasednursing.it/revisioni/SI8disfagia.pdf HYPERLINK "http://www.joannabriggs.edu.au/pdf/BPISIt_4_3.pdf" www.joannabriggs.edu.au/pdf/BPISIt_4_3.pdf www.iss.it Gaita A, Barba L., Calcagno P., Cuccaro A., Grasso MG, Pascale O, Martinelli S, Rossini A, Scognamiglio U, Simonelli M, Valenzi A, Salvia A, Donelli G. Il Paziente disfagico: manuale per familiari e care-giver. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2008. (Rapporti ISTISAN 08/38). PAGE PAGE 7 13