dott. Armando Miele
Redatta da: dott. Armando Miele
consulente Tecnico Tribunale di Brindisi
già professore a contratto presso Università di Lecce
Consulente di tecnica bancaria
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INDICE
PREMESSA ................................................................................................................................. 3
LE FONTI NORMATIVE.......................................................................................................... 4
LE AFFERMAZIONI DEI CONSULENTI TECNICI DELLE BANCHE........................... 6
Il ruolo e le prerogative della Banca d’Italia ............................................................................ 7
La Banca d’Italia e le Istruzioni per gli istituti di credito. ...................................................... 9
IL PRINCIPIO ALLA BASE DEL TEG TASSO EFFETTIVO GLOBALE. .................... 12
La formula per la determinazione del TEG .......................................................................... 15
Esempio comparativo di determinazione del TEG.................................................................. 20
Sviluppo dei conteggi per la determinazione del TEG............................................................ 22
CONCLUSIONI ........................................................................................................................ 26
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Le presenti note sono state redatte per esaminare approfonditamente tutte le tematiche legate
alla determinazione del Tasso Effettivo Globale Medio (TEG Medio) con particolare attenzione
rivolta alla teoria esposta da alcuni Consulenti Tecnici di istituti bancari i quali sostengono che
le banche per la rilevazione del TEG Medio applicato ai rapporti di conto corrente utilizzano i
saldi per valuta derivanti dall’estratto conto scalare. In base a tale affermazione, peraltro
assolutamente non provata e comunque non rispondente alla normativa, riterrebbero di voler
applicare tale metodologia anche alla verifica del TEG applicato.
Nel seguito si analizzeranno i seguenti aspetti:
1. la normativa che sta alla base della determinazione del TEG (Tasso Effettivo Globale);
2. il ruolo, i compiti e le prerogative della Banca d’Italia;
3. i valori corretti che devono essere considerati per determinare, secondo la legge e la
tecnica bancaria, il costo del denaro;
4. il significato dei termini TAEG e TEG, i motivi per cui sono stati definiti e vengono
utilizzati;
5. si descriverà analiticamente la formula adottata dalla Banca d’Italia per la rilevazione
del TEG in tutte le sue componenti verificando quali valori e per quali motivi devono
essere inseriti in detta formula;
6. a quali risultati congrui ed incongrui portano le due diverse alternative di
determinazione del TEG utilizzando i Capitali (congruo) o i saldi (incongruo);
7. come determinate affermazioni dei consulenti tecnici di alcuni istituti di credito non
siano in alcuno modo provate documentalmente e come, se effettivamente utilizzate dal
mondo bancario, contravvengono palesemente ai principi normativi;
8. come sia improponibile partire da una affermazione palesemente falsa e non fondata
per giungere a risultati fuorvianti e, anche nell’assunto che tale modus operandi sia
effettivamente applicato dalle banche, come questo non possa comunque in alcun modo
modificare o condizionare le verifiche secondo legge.
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Le fonti normative a cui si deve far risalire tutta la problematica legata alla corretta e puntuale
determinazione dell’effettivo costo del denaro sono le seguenti:
•
•
•
La Direttiva 87/102/Cee;
La Legge 154/1992;
La Legge 108/1996.
Direttiva 87/102/Cee precisa: “d) per « costo totale del credito al consumatore», tutti i costi
del credito compresi gli interessi e gli altri oneri direttamente connessi con il contratto di
credito, determinati conformemente alle disposizioni o alle prassi esistenti o da stabilire negli
Stati membri; e) per « tasso annuo effettivo globale», il costo globale del credito al
consumatore, espresso in percentuale annua dell'ammontare del credito concesso e calcolato
secondo i metodi esistenti negli Stati membri”.
Evidente che scopo principale di questa direttiva è, oltre che determinare uguali criteri
nell’ambito dei diversi paesi europei, anche quello di garantire che il fruitore del servizio riceva
informazioni chiare e comprensibili sui costi che deve sostenere per l’utilizzo del credito.
Legge 154/92 "Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e
finanziari": ratio della Legge è l’evidente intento di rendere completamente chiari e
comprensibili a tutti i meccanismi di applicazione delle condizioni contrattuali, dei costi e dei
tassi di interesse effettivamente praticati dalle banche e più in generale dagli operatori
finanziari. Con la evidente conseguenza di rendere pienamente evidenti ed accessibili a tutti i
costi collegati con l’erogazione del credito in ogni sua forma tecnica. Per maggiore precisione
riportiamo di seguito il testo della L. 154/92: “a) i tassi di interesse effettivamente praticati per
le operazioni di credito e di raccolta …”
Legge 108/96 art. 644 c.p.: Ratio della normativa sull'
usura e delle modifiche apportate all'
art.
644 c.p. è quella di cercare di impedire che surrettiziamente si possa realizzare una “usura
lecita” attraverso una maliziosa disciplina contrattuale o attraverso l’applicazione di meccanismi
finalizzati all’occultamento del tasso di interesse affettivamente applicato. Per maggiore
precisione qui riportiamo il testo di legge: "art. 644 - (Usura) - Chiunque, fuori dei casi previsti
dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in
corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è
punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire sei milioni a lire trenta milioni.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma,
procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad
altri, per la mediazione, un compenso usurario.
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.
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Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o
compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per
operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di
altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in
condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni,
remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla
erogazione del credito”.
Con questa articolata normativa il legislatore ha inteso tutelare chi, nella necessità di fruire del
credito, deve ricevere informazioni chiare, precise ed assolutamente non fuorvianti sul reale
costo del denaro; ha anche inteso definire dei limiti oltre i quali si incorre sempre e comunque
nel reato di usura ed infine ha chiarito che il reato di usura non si concretizza esclusivamente
nell’applicazione di interessi superiori alla soglia determinata, ma si attua anche in presenza di
condizioni che: “...risultano comunque sproporzionate rispetto alla prestazione di denaro …”.
Il principio ispiratore, nonché lo spirito originario di tutte queste leggi, è quello di consentire al
“cliente”, che non è un esperto di tecnica bancaria, di conoscere quale è il tasso di interesse
effettivo che paga per il denaro ricevuto “in prestito”.
Ora la parte normativa è certamente chiara nei propri intendimenti. L’applicazione di questi
principi nella realtà però ha dato e dà adito a parecchi dubbi sulle modalità di effettiva
applicazione di detti principi.
Da questa necessaria premessa normativa deriva la conseguenza che chiunque “presta” denaro
(sotto qualsiasi forma tecnica) ad un terzo ricevendone una remunerazione deve:
•
Pattuire condizioni economiche conformi alla legge vigente;
•
Pattuire condizioni che siano chiare, determinate e determinabili, completamente e
semplicemente comprensibili dalla controparte che riceve il denaro;
•
Applicare tassi di interesse effettivo che siano sempre a comunque inferiori alla soglia
massima definita per legge;
•
Applicare interessi che, anche se inferiori al limite di legge, siano comunque tali da non
essere sproporzionati rispetto alla prestazione (forma tecnica di finanziamento) fornita.
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L’affermazione che in questa sede si intende confutare è quella che alcuni consulenti tecnici
degli istituti di credito sostengono.
Essi affermano che per la rilevazione del TEG le banche prendono in considerazione i saldi
comprensivi di interessi e spese dei trimestri precedenti (invece dei capitali al netto degli
interessi relativi ai trimestri precedenti) e pertanto, per uniformità di confronto, anche nella
verifica del TEG occorre prendere in considerazione i saldi e non i capitali.
Innanzi tutto tale affermazione risulta assolutamente non provata e non giustificata, ma
qualora risultasse vero quanto affermato da detti CTP, tale metodologia operativa rivestirebbe
carattere di estrema gravità in quanto costituirebbe una evidente ed eclatante violazione della
normativa vigente ed anche delle istruzioni impartite dalla Banca d’Italia.
Ma ancora questa affermazione risulta decisamente sconcertante ed allarmante là dove non si
afferma che la legge prescrive di utilizzare determinati dati (saldi o capitali) e che di
conseguenza tutti debbano uniformarsi alla legge, ma si propone, il principio, pericolosissimo in
quanto implicito e dato così per scontato, che siano le stesse banche a determinare le regole cui
poi devono esse stesse attenersi indicando e decidendo, anche in difformità dalla legge, quali
valori considerare e quali escludere. Il tutto con la inverosimile giustificazione che deve esserci
omogeneità tra i valori da confrontare e pertanto visto che le banche utilizzano valori non
corretti e difformi dalla legge e che da tali valori scaturiscono i tassi soglia, allora per la verifica
occorre utilizzare lo stesso metodo errato e contra legem.
Ulteriore giustificazione sarebbe costituita dal fatto che gli interessi addebitati sul conto corrente
producono un nuovo saldo, che questo saldo costituisca una nuova erogazione di credito da
parte dell’istituto, che quindi gli interessi siano dovuti e di conseguenza la determinazione del
TEG vada fatta su tale valore.
Orbene, certamente tale affermazione ha una propria validità (anche se soltanto a far data dal
giugno 2000 (data di entrata in vigore del Dgls. 342/99) ma non varia comunque i termini della
modalità di calcolo del TEG. E’ vero infatti che gli interessi costituiscono un ulteriore debito del
correntista ed è anche vero che, se pattuito ed a partire dal giugno 2000, su tali interessi è lecito
conteggiare ulteriori interessi ma è altrettanto innegabile che comunque sia gli interessi originari
che gli ulteriori interessi prodotti dall’effetto della capitalizzazione costituiscono sempre e
comunque un costo del denaro che come tale deve necessariamente essere incluso nel TEG.
Senza voler commentare tali affermazioni e le conseguenze da esse derivanti, in questa sede ci
si limiterà ad esaminare le modalità con cui si deve determinare il costo effettivo del denaro
nelle scoperture di conto corrente; come la Banca d’Italia ha inteso far applicare le norme
vigenti; come dalla nostra tesi derivano conclusioni perfettamente congrue con la tecnica
bancaria e con la normativa vigente; come invece applicando la “Teoria bancaria” si giunge a
risultati incongrui ed addirittura paradossali.
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Passando all’esame del ruolo istituzionale della Banca d'
Italia, nella rilevazione del TEG e del
Tasso di soglia, l’Istituto con la diffusione della propria circolare: “Istruzioni per la rilevazione
del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura”, prima edizione 30 settembre
1996, ed ogni successivo aggiornamento, indica alle banche come procedere per rilevare il TEG
medio applicato ai rapporti di conto corrente.
La circolare consta di due sezioni: la prima sezione descrive le “Istruzioni per la segnalazione”;
la seconda sezione le “Modalità tecnico - operative per l'
inoltro delle informazioni”.
La Banca d'Italia non è intervenuta per dettare proprie norme riguardo alla metodologia
di calcolo del TEG né certamente poteva farlo. Ha semplicemente definito delle
metodologie uniformi per la rilevazione di un dato. Certamente, là dove dette metodologie
dovessero risultare in difformità dalla legge vigente, ci si dovrà necessariamente attenere
alla Legge e non alle “istruzioni” della Banca d’Italia.
La Legge 108/96 all’art. 2 prevede: “1. Il Ministero del Tesoro, sentiti la Banca d'Italia e
l'Ufficio Italiano dei Cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio comprensivo
di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e
tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli imprenditori finanziari
iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio Italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ...”. La Banca
d'
Italia, ha emanato le proprie istruzioni sulla rilevazione dei tassi medi praticati dagli istituti di
credito. Tali istruzioni non hanno rispettato pienamente il Decreto legislativo sopra
riportato in riferimento alle voci da includere. Nelle prime stesure infatti la Banca d’Italia
riteneva di escludere dalla rilevazione la cms (commissione di massimo scoperto), ma poi ha
dovuto correggere le proprie “Istruzioni” (circolare n. 1166966 del 2/12/2005) inserendo anche
tale voce di costo come correttamente prescrive la Legge: “remunerazione a qualsiasi titolo”.
Ulteriore conferma del fatto che, in alcuni casi, le citate istruzioni contrastano palesemente con
la lettera dell'
art. 644 comma 4 c.p. e con l'
art. 2 comma 1 della legge 108/96, l’esclusione
prevista nella rilevazione proposta dalla Banca d’Italia di numerosi elementi di costo: le spese
legali e assimilate, gli interessi di mora ed oneri assimilabili, gli addebiti per tenuta conto e per
il servizio incassi e per i servizi accessori, le spese per assicurazioni, la commissione di
massimo scoperto(1). Resta acclarato comunque che il TEG medio rilevato dalla Banca d’Italia
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BONORA (cfr. “La nuova legge sull'
usura”, Cedam 1998, 70 segg.) afferma: “con un'
operazione di dubbia
legittimità, la Banca d'
Italia ha stabilito che: “... la commissione di massimo scoperto è oggetto di autonoma
rilevazione”. L'
operazione è stata avallata dal Ministero del Tesoro con D.M. 22 marzo 1997[2]. Non solo. (...)
provvede ad una arbitraria suddivisione delle spese “incluse” e di quelle “escluse” (...) A nostro giudizio la scelta
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aumentato del 50%, così come pubblicato sulla G.U., determini la soglia oltre la quale gli
interessi praticati sono da considerarsi sempre usurari. La Banca d'
Italia ha scelto, per ragioni
evidentemente pratiche, di sintesi e statistiche, un metodo di raccolta dei dati ed in tal modo ha
ritenuto di adempiere al disposto dell'
art. 2 della legge 108/96. Tale operazione però, non può
mutare i termini per la determinazione del TEG stabiliti dall'
art. 1 della stessa legge.
Infatti, l'
art. 644 c.p. detta delle perentorie indicazioni che devono essere necessariamente
rispettate e risulta pacifico che la Banca d'
Italia non abbia la veste né la funzione per modificare
i dettami normativi. Ciò perché non vi è alcuna norma che attribuisca alla Banca d'Italia
poteri di intervento né sulle metodologie di calcolo né sulla discriminazione degli elementi
da includere o escludere nella determinazione del TEG.
Tale funzione appartiene ad altro organo. L'
art. 2 del T.U. della legge bancaria precisa: “1. il
Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ha l'alta vigilanza in materia di credito
e di tutela del risparmio. Esso delibera nelle materie attribuite alla sua competenza dal
presente decreto legislativo e da altre leggi. ... omissis … Per l'esercizio delle proprie funzioni
il CICR si avvale della Banca d'Italia”.
L'
art. 116 comma 3 del T.U. precisa inoltre: “...il CICR:(...) c) stabilisce criteri uniformi per
l'indicazione dei tassi d'interesse e per il calcolo degli interessi e degli altri elementi che
incidono sul contenuto economico dei rapporti”.
Infine, l'
art. 122 del T.U. al comma 2 cita: “il CICR stabilisce le modalità di calcolo del TAEG,
individuando in particolare gli elementi da computare e la formula di calcolo”.
Da quanto esposto deriva evidentemente che la Banca d’Italia non possiede poteri
modificativi delle norme di legge ma che ad esse deve attenersi. La funzione della Banca
d’Italia, in questo ambito, è quella di rilevare i tassi medi; il dovere degli istituti erogatori del
credito è quello di comunicare correttamente ed in modo rispondente alla realtà, i Tassi
Effettivi Globali medi applicati alle scopertura di conto corrente.
I criteri da seguire per la determinazione del TEG sono e possono essere soltanto quelli imposti
dal 1° comma dell'
art. 1 della legge 108/96 che riprendono, quelli seguiti per il calcolo del
TAEG previsti dall'
art. 122, 1° comma del T.U. bancario.
della Banca d'
Italia, per quanto comprensibile, contrasta con il pur discutibile testo e spirito della norma la quale, nel
pretendere che “tutte le commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese” (...) vengano inserite nel calcolo del
tasso ai fini della determinazione della sua liceità, ha inteso sicuramente obbligare il sistema bancario e finanziario ad
una ulteriore opera di trasparenza delle condizioni e comparabilità delle stesse”.
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In riferimento alle “Istruzioni per la rilevazione del Tasso Effettivo Globale medio ai sensi della
legge sull’usura” di cui esistono diversi e successivi aggiornamenti, queste contengono
indicazioni ben precise laddove, nella spiegazione della formula, si precisa che: “i numeri
debitori sono dati dal prodotto tra i CAPITALI ed i GIORNI” e più avanti a conferma e
chiarimento che si deve prendere in considerazione l’effettiva quantità di denaro messa a
disposizione del correntista ancora si legge l’ulteriore precisazione: “… i numeri debitori sono
comprensivi esclusivamente dei giorni strettamente necessari per l’incasso …. “(2). In tal modo
risulta evidente che tutti gli importi devono essere rapportati al CAPITALE e non al saldo e
che addirittura tale capitale deve essere determinato in funzione delle valute effettive di incasso
e non di quelle applicate. Prendere direttamente il saldo senza depurarlo di tali elementi di costo
accessori è semplicistico ed evidentemente consente di ridurre il valore del TEG. Nel seguito lo
renderemo palese con un semplice esempio.
Certamente se la Banca d’Italia (le cui istruzioni, ripetiamo non costituiscono e non possono in
alcun modo costituire modifica della normativa vigente) avesse voluto intendere, come alcuni
consulenti hanno ritenuto, che nella formula devono essere inseriti i saldi per valuta per i giorni,
esattamente come riportato negli estratti conto scalari delle banche, avrebbe semplicemente
detto: “i numeri debitori sono dati dai Saldi per valuta come da estratto conto della banca per
i giorni banca…”.
Altro fondato motivo per cui non si può in alcun modo intendere “saldo” dove è precisato
“capitale” è costituito dalla seguente innegabile considerazione. Qualora la Banca d’Italia
avesse realmente voluto intendere “Saldo”, in questo caso la formula per la rilevazione del TEG
(che sarà esaminata nel seguito) avrebbe perduto completamente la propria ragione d’essere in
quanto il Tasso risultante sarebbe sempre e soltanto lo stesso Tasso Nominale indicato dalle
banche.
Ma ad ulteriore conferma interviene anche il C.I.C.R. (Comitato Interministeriale per il Credito
e Risparmio). Il CICR nella propria Deliberazione del 2 settembre 2000 chiarisce all’art.
2: “Nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi
e con le periodicità contrattualmente stabiliti. Il SALDO periodico produce interessi
La precisazione che occorre fare riferimento ai giorni di incasso effettivi e non ai giorni di valuta previsti
contrattualmente, e computati nell’estratto conto scalare, evidenzia ancora maggiormente, qualora ve ne fosse
necessità, che il conteggio deve essere fatto in riferimento all’effettiva movimentazione di capitali (“giorni
strettamente necessari per l’incasso”) e non ai saldi inquinati dai costi e dalla valute applicate per contratto (ben
diverse dai giorni strettamente necessari per l’incasso).
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secondo le medesime modalità”. Non dice, e non potrebbe essere altrimenti, che il
saldo così ottenuto diventa capitale (nè tanto meno che gli interessi diventano ccapitale)
e non dice, e non potrebbe essere altrimenti, che quegli interessi perdono la loro natura
di costo per il correntista.
Inoltre, lo stesso CICR, a maggiore riprova e conferma di quanto si afferma, lo stesso
CICR con propria delibera del 4 marzo 2003 chiarisce ancora, bene e meglio, all’art. 9
secondo comma, che: “gli intermediari sono obbligati a rendere noto un “Indicatore
Sintetico di Costo” (ISC) comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a
determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente, secondo la formula stabilita
dalla Banca d’Italia”.
Appare chiaro ed evidente a questo punto che la metodologia di determinazione del
TEG deve necessariamente fornire una indicazione esatta e completa dell’EFFETTIVO
COSTO DEL DENARO e che l’addebito degli sullo stesso conto (in analogia al
reinvestimento degli interessi nei titoli di stato) produce comunque un ulteriore costo a
carico del correntista (così come nel caso dei B.O.T. produce un ulteriore guadagno.
Per maggiore chiarimento di tutto quanto prima esporto dobbiamo fare riferimento alla formula
per la rilevazione del TEG indicata dalla Banca d’Italia:
INTERESSI x 36,500
TEG =
____________________ +
NUMERO DEBITORI
ONERI x 100
________________
ACCORDATO
Se nella prima parte della formula, quando si determinano i NUMERI DEBITORI, si prendono
in considerazione i saldi del conto corrente, così come rivenienti dall’estratto conto scalare
(come pretenderebbero i consulenti delle banche), si ottiene esattamente il Tasso nominale
applicato dalla banca come indicato negli estratti conto. Ci si chiede: se la Banca d’Italia avesse
voluto indicare (e lo avrebbe fatto in difformità dalla Legge) che andavano presi in
considerazione i saldi, avrebbe molto più semplicemente espresso la formula nel seguente
modo:
ONERI x 100
TEG = TA (Tasso Applicato) + ________________
ACCORDATO
E sarebbe stato molto più semplice spiegare che per ottenere il TEG è sufficiente sommare al
Tasso di Interesse Medio Applicato nel periodo e le spese collegate con l’erogazione del credito
e addebitate nello stesso periodo. In questo modo si sarebbe eliminato ogni e qualsiasi dubbio
interpretativo con estrema semplicità espositiva. Nello stesso modo però sarebbe risultato ben
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chiaro che il risultato così ottenuto e derivante dall’utilizzo di tali valori non avrebbe
rappresentato l’effettivo costo del denaro.
Ma così non è ed evidentemente se è stato necessario definire una formula specifica per
determinare il TEG ciò significa che le variabili in gioco erano diverse da quelle, già note,
utilizzate dalle banche per applicare il Tasso di interesse praticato.
Le precedenti affermazioni e considerazioni, non costituiscono una semplice valutazione
personale dello scrivente, esse trovano ampio ed autorevole riscontro in numerosa letteratura.
Pur essendo, come spiegato, evidente che nella “determinazione” del tasso effettivo globale
medio, ai sensi dell'
art. 644 c.p., non possano applicarsi gli stessi criteri dettati dalla Banca
d'
Italia per la “rilevazione” del TEG, poiché detti criteri trovano unica giustificazione nelle
esigenze statistiche di rilevazione omogenea3, che non possono tenere conto anche di dati ed
elementi di costo estremamente soggettivi e di non facile (se non impossibile) rilevazione, in
questo caso la banca d’Italia ha correttamente parlato di “capitali” intendendo esattamente
“capitali” e soltanto una evidente forzatura può mettere in dubbio questa interpretazione.
Nella rilevazione del tasso di usura applicato al caso concreto si deve tenere conto di tutte
le commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese riferite esclusivamente al capitale
effettivamente fruito dal correntista.
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L’omogeneità deve qui intendersi esclusivamente come rilevamento di dati. Detto concetto di omogeneità
naturalmente non può essere esteso alla verifica del TEG applicato. L’estensione del concetto alla verifica del TEG
porterebbe al paradosso per cui una banca, applicando al conto corrente una voce di costo (magari del 20%), ma non
ricompressa nella formula del TEG indicata dalla Banca d’Italia, pretenderebbe di non aver superato la soglia usura
invocando il principio della omogeneità di confronto dei dati. Potrebbe infatti affermare che detta voce, pur
costituendo un costo per il correntista, non può essere inclusa nel TEG in quanto non prevista dalla Banca d’Italia
nella fase di rilevazione (sic!).
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I due indici TEG (Tasso Effettivo Globale) e TAEG (Tasso Effettivo Annuo Globale) sono
nati con lo scopo precipuo di determinare in maniera chiara ed univoca il costo effettivo del
denaro nelle operazioni bancarie e parabancarie.
Il TAEG proviene direttamente dalla citata direttiva 87/102/Cee e si utilizza per determinare il
costo effettivo dei finanziamenti con restituzione rateale o comunque finanziamenti a “tempo
determinato”. Tutti quei finanziamenti per i quali è conosciuto in anticipo il periodo di durata
del prestito. Semplificando al massimo possiamo affermare che: conoscendo il capitale prestato,
la durata del prestito, e tutti i costi e gli oneri (interessi e spese) applicati, è possibile
determinare il Tasso Effettivo Globale applicato annualmente quindi Tasso Annuo Effettivo
Globale. Il TAEG è determinabile a priori in quanto ognuna delle variabili della formula è
conosciuta prima dell’erogazione del finanziamento.
Per la determinazione del TAEG si utilizza la seguente formula:
La determinazione del TAEG si è resa necessaria per impedire che, come accadeva in maniera
evidente per i prestiti, il soggetto erogante il prestito, mascherava il costo effettivo del denaro
nascondendolo dietro voci di costo variamente denominate che comunque costituivano e
costituiscono un interesse pagato dal fruitore del denaro.
Quando invece, come nei conti correnti di corrispondenza, la durata del rapporto (quindi del
prestito) è a tempo indeterminato e quando, inoltre, l’importo del prestito (somme utilizzate dal
correntista) varia quotidianamente, non è possibile determinare preventivamente un Tasso
Annuo Effettivo Globale. Il costo effettivo del denaro si può determinare soltanto a consuntivo
per il periodo precedente calcolando il TEG (Tasso Effettivo Globale), non più annuo quindi.
Nei rapporti a tempo indeterminato ecco che il Tasso Effettivo viene svincolato dalla variabile
temporale per assumere una valenza indipendente dal tempo ed acquisisce la caratteristica di
media tra i diversi tassi applicati nel corso del rapporto pur se rapportato ad anno. Si parla infatti
di TEG Medio e non potrebbe essere altrimenti.
Il TEG si determina: “in analogia a quanto previsto dal Decreto del ministro del Tesoro
dell’8.7.92” (da “Istruzioni per la rilevazione del Tasso Effettivo Globale Medio ai sensi della
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legge antiusura” – Banca d’Italia) in analogia con quanto previsto per il TAEG, pur con le
dovute differenze.
I principi che valgono per l’uno sono validi anche per l’altro. Riassumendo quanto esposto:
1. le direttive europee hanno imposto agli stati membri di definire regole unitarie per
consentire la corretta comprensione del costo del denaro nelle sue differenti forme
tecniche;
2. lo stato italiano ha recepito tale direttiva e ha promulgato la L. 154/92 con lo scopo di
rendere palesi e comprensibili tutti i costi collegati con l’erogazione del credito;
3. la legge L. 108/96 ha stabilito che: Per la determinazione del tasso di interesse usurario si
tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese”.
Sulla base di queste considerazioni, appare evidente, che:
•
•
•
gli operatori professionali (banche) devono fornire informazioni chiare, veritiere e
ampiamente comprensibili sul reale costo del denaro;
il costo effettivo del denaro ricevuto può essere determinato esclusivamente in
funzione del “capitale” ricevuto e non già del ”saldo” debitore a carico del cliente;
ogni interpretazione differente è palesemente errata e non corretta.
A maggiore chiarimento delle affermazioni fatte ed alla luce delle interpretazioni, decisamente
fuorvianti, proposte da alcuni Consulenti Tecnici di parte bancaria è necessario precisare in
termini strettamente tecnici quali sono le differenze tra i diversi termini utilizzati nelle formule e
quali conseguenze può avere un non corretto utilizzo delle variabili in gioco.
Dimostreremo anche in modo inequivocabile a quale assurda ed improponibile conclusione si
giunge se, con evidenti forzature, si utilizzano variabili e valori non in linea con la tecnica
bancaria e come con tale artificiosa manipolazione delle formule si riesca ad occultare una
rilevante parte del costo del denaro con evidente violazione della normativa vigente.
Per dimostrare inequivocabilmente i nostri assunti è utile iniziare dimostrando la fondamentale
differenza esistente tra i due termini: “capitale e “saldo“:
•
•
CAPITALE: è la somma netta “prestata” e ricevuta dal cliente: SOMMA
PRESTATA;
SALDO: è la somma a debito (o eventualmente a credito) del cliente ed e costituita
dall’importo del capitale a cui vengono sommati gli interessi e le eventuali spese:
SOMMA PRESTATA + INTERESSI + SPESE.
Il debito complessivo di un cliente è indicato dal “saldo debitore”, l’eventuale credito dal
“saldo creditore” che possono coincidere con il capitale nel solo caso in cui non vi sia stato
addebito alcuno di interessi e/o spese.
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Tali considerazioni sono di per sè necessarie ma anche ampiamente sufficienti per
eliminare ogni e qualsiasi eventuale dubbio su quale delle due variabili debba essere presa
in considerazione nella determinazione del tasso di interesse applicato all’operazione di
erogazione del credito.
In aggiunta ci pare utile un paragone con i rendimenti dei titoli di stato. Il paragone viene
effettuato nel caso opposto ma similare dei B.O.T.. Sarebbe come affermare che la
capitalizzazione composta degli interessi nei B.O.T. trimestrali, quindi il reinvestimento degli
interessi in ulteriori B.O.T., garantisce al risparmiatore un rendimento pari a quello ottenuto non
reinvestendo gli interessi maturati nel periodo precedente. Giustificando l’affermazione con il
fatto che gli interessi reinvestiti in B.O.T. si integrano nel capitale e quindi non costituiscono un
ulteriore guadagno per il cliente stante il fatto che il rendimento trimestrale dei B.O.T. rimane
fisso. E’ chiaro ed universalmente riconosciuto ed accettato che il reinvestimento degli interessi
per acquistare ulteriori titoli costituisce un maggiore utile per il cliente. Non si comprende bene
perché invece, nel caso opposto di pagamento degli interessi capitalizzati alla banca, questo non
debba diventare un aggravio di costo per il correntista. Ciò indipendentemente dalla legittimità
della capitalizzazione e indipendentemente dalla legittimità del credito vantato dalla banca.
Ma qualora tutte le affermazioni precedenti non fossero ritenute sufficienti esamineremo tutti
gli elementi della formula relativa al TEG e dimostreremo con un esempio volutamente
semplificato a quali paradossali risultati si arriva utilizzando i SALDI invece dei CAPITALI
nella variabile NUMERI.
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dott. Armando Miele
La formula per la determinazione del TEG
Posto che la Banca d’Italia ha individuato la formula per la rilevazione del TEG derivata per
espressa analogia dalla formula del TAEG4 che per maggiore chiarezza espositiva riportiamo di
seguito:
TEG =
INTERESSI x 36,500
ONERI x 100
____________________ + ________________
NUMERO DEBITORI
ACCORDATO
Risulta evidente che la Banca d’Italia ha inteso adottare detta formula per proprie esigenze di
rilevazione e per rendere omogenea la segnalazione da parte delle banche che, altrimenti
avrebbero potuto adottare formule differenti rendendo non omogenea la “Rilevazione” e non
già la “Determinazione” cosa ben differente come già precisato.
Risulta ancora certamente chiaro che, ad esempio, partendo dalla formula originaria di
determinazione degli interessi sia attivi che passivi:
NUMERI x TASSO NOMINALE
INTERESSI = ______________________________
36.500
considerando ed inserendo unitamente alla voce interessi anche tutti gli ulteriori oneri
(“remunerazioni a qualsiasi titolo connessi con l’erogazione del credito”) da includersi
secondo legge e invertendo la formula si ottiene:
(INTERESSI + COSTI ACCESSORI) x 36.500
TASSO EFFETTIVO = _______________________________________
NUMERI DEBITORI
Produce lo stesso risultato di quantificare il tasso di interesse effettivo globalmente applicato al
conto corrente, laddove è fuori dubbio che facciano parte del costo del denaro: gli interessi
ultra-legali, l'
anatocismo anche se ammesso per decreto (soltanto a partire dal giungo 2000, vedi
uguale periodicità di capitalizzazione), le valute, le spese legali e assimilate, gli interessi di
mora ed oneri assimilabili, gli addebiti per tenuta conto e per il servizio incassi e per i servizi
4
Per ogni eventuale dubbio la stessa Banca d’Italia precisa: “In analogia a quanto previsto dal decreto del Ministro
del Tesoro del 8.7.1992 per il calcolo del TAEG …”
Pag. 15
dott. Armando Miele
accessori, le spese per assicurazioni, la commissione di massimo scoperto, relative all'intera
durata del rapporto5, ma percentualizzate su base annua.
Da questo ne deriva abbastanza semplicemente che la formula adottata dalla Banca d’Italia è
soltanto una delle possibili formule possibili e come tale, può certamente costituire vincolo
per la segnalazione da parte della banche alla stessa Banca d’Italia, ma non certamente ai fini
dell’accertamento del superamento della soglia usura che evidentemente non può in alcun modo
essere vincolata ad una circolare interbancaria. A tal fine si rileva che l’omogeneità di confronto
resta comunque sempre assicurata in virtù della equivalenza delle formule adottate.
Principio ineliminabile nella determinazione del TEG (lo ricordiamo denominato non a
caso Tasso EFFETTIVO Globale) è la quantificazione della percentuale di interesse che
indichi il costo reale del denaro IN RIFERIMENTO AL CAPITALE UTILIZZATO.
Ciò detto, entrando nel merito più strettamente tecnico della formula, occorre verificare quali
valori devono essere inseriti nelle variabili componenti la formula e perché.
Esaminiamoli separatamente:
•
•
INTERESSI: in questa variabile devono essere inseriti tutti gli interessi, a qualsiasi
titolo, sotto qualsiasi forma ed aventi ogni diversa denominazione, che la banca ha
addebitato sul conto. Quindi, certamente quanto rinviene dalla voce “interessi”, ma
anche ogni altra voce di costo, collegata al conto corrente ed in qualsiasi modo purché
determinata dalla banca in percentuale alla scopertura giornaliera, media o
massima;
NUMERI DEBITORI: in questa variabile deve essere inserito il totale dei numeri
debitori determinato a consuntivo moltiplicando il CAPITALE per i GIORNI. E’
indubbio che il CAPITALE è costituito dalla somma di denaro utilizzata dal correntista
e non già dal saldo debitore evidenziato dalla banca, che è cosa ben diversa come già
spiegato precedentemente. Tale affermazione trova fondata conferma, anche nelle
“Istruzioni per la rilevazione del Tasso Effettivo Globale medio ai sensi della legge
sull’usura” Banca d’Italia (seppure ripetiamo vincolanti esclusivamente per la banche)
dove, in tutte le successive revisioni ed aggiornamenti, viene chiaramente precisato che:
“i numeri sono il prodotto dei “capitali per i giorni””. Evidente che la Banca d’Italia
(e non poteva fare altrimenti) se avesse voluto intendere “saldo del conto corrente”,
possedendo adeguate conoscenze tecniche ed un appropriato linguaggio, avrebbe scritto
5
Il riferimento all'
intera durata del rapporto è necessario perché diversamente operando si verrebbe ad eliminare dal
costo del credito quell'
effetto di moltiplicazione esponenziale del debito dettato dai meccanismi di matematica
finanziaria tipici di alcune voci di costo, quali l'
anatocismo e le provvigioni di massimo scoperto.
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dott. Armando Miele
•
“saldi per giorni” (e non capitali x giorni). Il saldo risultante dall’estratto conto dovrà
quindi essere depurato degli interessi e delle spese via via addebitate sul conto;
ONERI: in questa variabile devono essere inseriti tutti i costi, comunque denominati ed
in qualsiasi modo determinati e/o applicati, costituenti una remunerazione a qualsiasi
titolo per la banca e che gravano sul conto corrente ma che non sono in nessun modo
calcolati in percentuale sulla scopertura del conto. Quindi, a titolo di esempio:
commissioni di tenuta conto, spese di chiusura comunque periodicizzate, costi di
rinnovo affidamento; ma anche ogni altro costo collegato con il conto corrente quale ad
esempio le spese per operazione che costituiscono anche esse, comunque un costo
legato alla tenuta del conto e quindi all’utilizzo del denaro. Questa affermazione trova
valido e determinante supporto nell’analogia con i criteri per la determinazione del
TAEG nella cui formula devono essere considerate ed incluse anche, ad esempio, le
spese di incasso rata6.
“Non c’è alcun dubbio sul fatto che il costo effettivo sopportato dall'
utente bancario per
l'
utilizzo del credito in conto corrente si compone di diversi elementi e risulta sempre
notevolmente più elevato rispetto al tasso di interesse nominale ad esso applicato”7.
Il tasso effettivo è, quindi, cosa ben diversa dal tasso convenzionale o nominale, indicato
sull'
estratto conto (e/o comunque applicato dalla banca): esso rappresenta, in realtà, solo il punto
di partenza per la determinazione del tasso effettivo (o costo effettivo) medio annuo del
denaro(8).
E' pertanto evidente che negli estratti conto periodici non vengono esposti con chiarezza e
precisione i tassi di interesse effettivamente praticati per le operazioni di credito9.
Le argomentazioni precedenti escludono ogni e qualsiasi altra interpretazione ed in particolare
quella, assolutamente non accettabile, proposta da alcuni istituti di credito che pretenderebbe di
utilizzare invece i “numeri banca” ossia il saldo per valuta moltiplicato per i giorni o i
cosiddetti “saldi liquidi”ciò in riferimento alla circolare Banca d’Italia del 2/12/2005 che non
ha alcun valore in quanto trattasi di circolare esplicativa relativa alla commissione massimo
scoperto e resta completamente contestualizzata alla relativa problematica. Per maggiore
precisione chiariamo inoltre che quella stessa circolare precisa nelle note che: “la formula
6
cfr. Gianluigi De Marchi, I Fidi Bancari, Milano 1992, pagg. 156 e ss., Milano 1996, pagg. 160 e ss.; nonché Legge
07/03/1996 n. 108.
7
Roberto Ruozi, Le Operazioni Bancarie, Biblioteca dell'
Economia d'
Azienda, quarta edizione, pag. 118.
8
Il principio applicato metodicamente dalle banche di considerare separatamente l'
elemento principale delle
operazioni attive per la banca da quello accessorio, (cioè gli interessi dalle varie commissioni e spese) che costituisce
in effetti una maggiorazione del primo, si fonda sull'
osservazione che tali operazioni sembrano, in tal modo, meno
onerose di quanto effettivamente non siano meglio predisponendo, sul piano psicologico, quella parte della clientela
che intende usufruirne (Enciclopedia della banca e della borsa, CEI, vol. VI, pag. 482/3).
9
Aldo Maisano, Trasparenza e riequilibrio delle operazioni bancarie, Milano 1993.
Pag. 17
dott. Armando Miele
del TEG è la seguente … omissis … le “Istruzioni” specificano il contenuto di ciascun
elemento della formula. Rinviando quindi di fatto sempre a dette istruzioni.
Quanto da noi affermato trova eminente conferma nei contenuti della “Enciclopedia della Banca
e della Borsa” CEI volume 5 pagina 30 che spiega quanto segue:
“Per la determinazione della scopertura media effettiva, in considerazione che sul conto corrente
si succedono prelevamenti e versamenti, occorre uniformare in un unico importo medio il
capitale effettivamente finanziato e quindi determinare la scopertura media effettiva che si
pone come problema di adeguato semplice dove si hanno: C1, C2, C3, ..., Cn, che indicano le
somme accreditate o addebitate in conto a seconda che si tratti di posizione creditoria o
debitoria e t1, t2, t3, ..., tn, che indicano i rispettivi tempi di durata delle suddette somme.
Operando secondo il criterio matematico computistico, la determinazione della scopertura
media effettiva, o del deposito medio effettivo, riviene dallo svolgimento della seguente
formula:
Sommatoria Ch x th/ Sommatoria th
Precisando che per Tasso Effettivo Globale Medio annuo del denaro si intende la
determinazione, espressa in percentuale annua, del costo effettivo globale che il correntista
sostiene per l'
utilizzo di una somma di denaro concessagli dalla banca”.
Esso è rappresentato da più componenti:
•
il tasso d'interesse, cioè il costo diretto del denaro ottenuto dalla banca. L'
addebito
degli interessi è stato effettuato trimestralmente, alla chiusura dei mesi di marzo,
giugno, settembre e dicembre. Per effetto di tale procedura, l'
onere effettivo per il
debitore non è rappresentato dal solo tasso nominale ma anche dall'
aggravio derivante
dalla capitalizzazione composta (l'
ormai famoso, quanto invalido – almeno fino al
giungo 2000 - anatocismo trimestrale);
•
la commissione di massimo scoperto, cioè la percentuale (dal 0,125% al 2%) applicata
sulla punta di scoperto verificatasi in ogni trimestre indipendentemente dal tempo;
•
la valuta sui versamenti e sui prelevamenti, cioè il numero di giorni intercorrenti tra la
data di un versamento o di un prelevamento e quella di inizio del conteggio degli
interessi creditori o debitori;
•
le spese, cioè il totale degli addebiti conseguenti alla cosiddetta istruttoria, spese
unitarie e spese annuali di tenuta conto, ecc. (cfr. Gianluigi De Marchi, I Fidi Bancari,
Milano 1992, pagg. 156 e ss., Milano 1996, pagg. 160 e ss.; nonché Legge 07/03/1996
n. 108).
Alla fine di ogni trimestre il compenso globale dovuto dal cliente è stato dunque capitalizzato
aumentando così il debito nel trimestre successivo. Al tempo stesso sono state addebitate sul
conto le varie commissioni e spese.
Pag. 18
dott. Armando Miele
Il Tasso Effettivo Globale è, come sabbiamo chiaramente descritto, cosa ben diversa dal tasso
nominale, indicato sull'
estratto conto. Il TAN, Tasso Annuo Nominale rappresenta, in realtà,
solo il punto di partenza per la determinazione del Tasso Effettivo (o costo effettivo) Medio
Annuo del Denaro.
L’esempio che segue chiarisce in termini numerici quanto affermato. La semplificazione nei
numeri si è resa necessaria per meglio evidenziare le differenze nella determinazione del TEG in
funzione dei diversi valori utilizzati. Nel normale andamento di un conto corrente, il variare
quotidiano dei saldi, l’applicazione delle valute e la complessità dei numeri nell’estratto conto
scalare, rendono estremamente difficile e difficoltosa la verifica di tali differenze, possono
ingenerare confusione e nascondere risultati, anche paradossali, cui si riesce ad arrivare
inserendo valori differenti.
Nel normale andamento del conto corrente l’unica differenza è costituita, come detto, dal
variare quotidiano del saldo conto. La differenza nei risultati ottenuti è uguale ed i TEG
risultanti sono ugualmente differenti.
Pag. 19
dott. Armando Miele
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Si può dimostrare quanto fin qui affermato con un semplice esempio che rende evidente a quale
paradosso può portare il conteggio, preteso dai consulenti tecnici di alcune banche, dove, per la
determinazione del TEG, vengano utilizzati i saldi per i giorni invece dei capitali per i giorni.
Per necessità di comprensione esaminiamo lo stesso conto corrente dove la scopertura di
capitale fissa per tutto l’anno sia di 1.000 Euro.
Il confronto viene eseguito determinando il TEG con la capitalizzazione semplice un'
unica volta
a fine anno e con capitalizzazione composta trimestrale, sia sul saldo che sul capitale:
Condizioni poste:
Capitale fisso utilizzato: 1.000 euro
Interessi: Tasso annuo nominale 12%
Spese: 15 Euro per ogni trimestre
TABELLA 1: ESEMPIO DI INCONGRUITÀ PER LA DETERMINAZIONE DEL TEG CON
UTILIZZO DEL SALDO INVECE DEL CAPITALE
CAPITALIZZAZIONE ANNUALE CON
TEG DETERMINATO SUL SALDO
Data
1/1
31/3
30/6
30/9
31/12
Saldo
= Capitale
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
- 1.120
-1.180
Interessi e
spese
0
0
0
0
0
0
0
120
60
TEG (1)
CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE CON
TEG DETERMINATO SUL SALDO
Data
1/1
31/3
30/6
30/9
16,16%
(?)
31/12
Saldo comprensivo
di interessi e spese
-1.000
-1.029,58
-1.044,58
-1.075,83
-1.090.83
-1.123,82
-1.138,82
-1.173,26
- 1.188,26
Interessi e
spese
29,58
15
31,25
15
32,99
15
34,44
15
TEG
(2)
13,49%
12,99%
12,99%
12,99%
(?)
Con queste modalità di calcolo si giunge alla conclusione, invero abbastanza incredibile,
che l’applicazione della capitalizzazione trimestrale riduce il costo del denaro!
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dott. Armando Miele
TABELLA 2: ESEMPIO DI CONGRUITÀ PER LA DETERMINAZIONE DEL TEG CON
UTILIZZO DEL CAPITALE INVECE DEL SALDO.
CAPITALIZZAZIONE ANNUALE
CON TEG DETERMINATO SUL
CAPITALE
Data
Saldo
= Capitale
Interessi e
spese
1/1
31/3
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
-1.000
- 1.120
-1.180
0
0
0
0
0
0
120
60
30/6
30/9
31/12
TEG
(3)
CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE CON TEG
DETERMINATO SUL CAPITALE
Data
1/1
31/3
30/6
30/9
18%
31/12
Saldo
comprensivo di
interessi e spese
-1.000
-1.029,58
-1.044,58
-1.075,83
-1.090.83
-1.123,82
-1.138,82
-1.173,26
- 1.188,26
Interessi
e spese
TEG
(4)
TEG (5)
29,58
15
31,25
15
32,99
15
34,44
15
13,49%
13,49%
14,03%
15,26%
14,58%
17,99%
15,16%
18,82%
Con queste modalità di calcolo si arriva alla conclusione, del tutto congrua che se il costo annuo
di un prestito di 1.000 Euro è pari a 180 Euro, il tasso effettivo applicato è del 18%.
Nella ipotesi in cui invece il costo effettivo di un prestito di 1.000 euro è pari a 188,23 Euro, il
tasso effettivo applicato è del 18,82%.
Sembrerebbe ovvio e scontato arrivare a queste conclusioni. Si può bene comprendere infatti
come questi calcoli risultino quasi elementari in presenza di periodi di tempo limitati e
di un capitale fisso, come nell’esempio precedente e come invece diventa estremamente
difficoltoso ricostruire il saldo capitale in presenza di versamenti e prelevamenti
quotidiani e periodi di diversi anni
Pag. 21
dott. Armando Miele
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N.B. Per maggiore comprensibilità si sono sviluppati tutti i conteggi inerenti le due tabelle
prima riportate utilizzando sempre la formula indicata dalla Banca d’Italia.
DETERMINAZIONE DEL TEG UTILIZZANDO I SALDI
CON CAPITALIZZAZIONE ANNUALE sviluppo della formula (1)
120 x 36.500
60 x 100
4.380.000
6.000
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 10,16 + 6 = 16,16%
1.180 x 365
1.000
430.700
1.000
CON CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE sviluppo della formula (2).
1° TRIMESTRE
29,58 x 36.500 15 x 100
1.079.670
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 11,99 + 1,5 = 13,49%
1.000 x 90
1.000
90.000
1.000
2° TRIMESTRE
31,25 x 36.500 15 x 100
1.140.625
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 11,49 + 1,5 = 12,99%
1.090,83 x 91
1.000
99.263,53
1.000
3° TRIMESTRE
32,99 x 36.500 15 x 100
1.204.135
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 11,49 + 1,5 = 12,99%
1.138,82 x 92
1.000
104.771,44 1.000
4° TRIMESTRE
34,44 x 36.500 15 x 100
1.257.060
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 11,49 + 1,5 = 12,99%
1.188,26 x 92
1.000
109.319,92 1.000
Pag. 22
dott. Armando Miele
DETERMINAZIONE DEL TEG UTILIZZANDO I CAPITALI
CON CAPITALIZZAZIONE ANNUALE sviluppo della formula (3)
120 x 36.500
60 x 100
4.380.000
6.000
TEG = _____________ + _________ = ___________ + _______ = 12 + 6 = 18%
1.000 x 365
1.000
365.000
1.000
CON CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE sviluppo della formula (4)
1° TRIMESTRE
29,58 x 36.500 15 x 100
1.079.670
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 11,99 + 1,5 = 13,49%
1.000 x 90
1.000
90.000
1.000
2° TRIMESTRE
31,25 x 36.500 15 x 100
1.140.625
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 12,53 + 1,5 = 14,03%
1.000 x 91
1.000
91.000
1.000
3° TRIMESTRE
32,99 x 36.500 15 x 100
1.204.135
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 13,08 + 1,5 = 14,58%
1.000 x 92
1.000
92.000
1.000
4° TRIMESTRE
34,44 x 36.500 15 x 100
1.257.060
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 13,66 + 1,5 = 15,16%
1.000 x 92
1.000
92.000
1.000
N.B. La differenza di TEG su base trimestrale è giustificata dal fatto che nel singolo trimestre le
spese incidono per il 1,5% mentre nell’anno incidono per il 6%. Si riscontra facilmente che
considerando soltanto la prima parte della formula i risultati coincidono perfettamente.
Pag. 23
dott. Armando Miele
CON CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE GLOBALIZZANDO
INTERESSI sviluppo della formula (5)
TUTTI GLI
1° TRIMESTRE
29,58 x 36.500 15 x 100
1.079.670
1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 11,99 + 1,5 = 13,49%
1.000 x 90
1.000
90.000
1.000
2° TRIMESTRE
60,83 x 36.500 30 x 100
(1.140.625)
3.000
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 12,26 + 3,0 = 15,26%
1.000 x 181
1.000
181.000
1.000
3° TRIMESTRE
93,82 x 36.500 45 x 100
1.204.135
4.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 13,54 + 4,5 = 17,99%
1.000 x 273
1.000
273.000
1.000
4° TRIMESTRE
128,26 x 36.500 60 x 100
1.257.060 1.500
TEG = ____________ + _________ = ___________ + ______ = 12,82 + 6,0 = 18,82%
1.000 x 365
1.000
365.000
1.000
Questo esempio rende palese a quali incongrue conclusioni si giunge se, nella determinazione
del TEG, nella variabile numeri vengono presi in considerazione i “saldi per giorni” invece dei
“capitali per giorni”.
Con la metodologia di determinazione del TEG pretesa dai consulenti tecnici di alcune banche,
si arriva alla improbabile conclusione che: per lo stesso conto corrente, a cui viene applicato lo
stesso tasso nominale del 12% e le stesse spese annuali di 60 Euro, il TEG è più alto se si
applica la capitalizzazione annuale rispetto a quello ottenuto applicando la
capitalizzazione trimestrale (VEDI TABELLA 1). Il che evidentemente è impossibile perché
significherebbe che la capitalizzazione degli interessi addirittura riduce il costo del denaro.
Ma ancora è impossibile, ed appare evidente a prima vista, che a fronte di un costo annuo di
188,26 Euro si ottiene un TEG di appena il 12,99% mentre con un costo annuo inferiore pari a
180 Euro produce un TEG più elevato pari al 18% (?).
Pag. 24
dott. Armando Miele
A maggiore riprova delle considerazioni sopra esposte ed a verifica della correttezza dei risultati
si è eseguita la stessa determinazione del TEG sul capitale. La differenza di valore sul trimestre
è data esclusivamente dalla minore incidenza delle spese - 15 Euro nel trimestre (1,5%) invece
di 60 Euro nell’anno (6%). Infatti su base annua e considerando le spese nella loro totalità, si
ottiene un risultato congruo.
Nell’ultimo calcolo si sono invece globalizzati tutti gli interessi trascinando nei trimestri
successivi tutti i numeri dei trimestri precedenti (dando così la reale dimensione di GLOBALE
al tasso ottenuto. In questo caso e grazie alla semplicità dell’esempio si riscontra facilmente che
su 1.000 Euro, pagando a fine anno interessi e costi per 188,2 Euro ottengo esattamente un TEG
pari al 18,82% (!) Risultato che bene e precisamente rappresenta il reale costo del denaro.
Tale impostazione è stata confermata, e non poteva essere altrimenti, dalla stessa Banca d’Italia
che, su specifica richiesta inoltrata in un giudizio civile pendente presso il Tribunale di Parma,
con nota n. 346169 del 3 aprile 2007, ha chiarito ufficialmente ed inequivocabilmente che,
nella predetta formula del calcolo del TEG, i numeri debitori sono dati dal prodotto tra i capitali
ed i giorni e non tra il capitale più gli interessi maturati nei trimestri precedenti (saldi) per i
giorni, non ricomprendendo quindi gli interessi, le spese e gli oneri.
Ogni altra interpretazione della normativa è fuorviante ed evidentemente produce
artificiosamente un TEG inferiore a quello effettivo. Ci si chiede: lo spirito della normativa è
quello di consentire che si comunichi alla clientela un TEG artificiosamente autolimitato o
invece che il Tasso effettivo applicato DEVE essere determinato ed evidenziato in maniera
chiara e tale da consentire la verifica puntuale dell’effettivo costo del denaro?
Pag. 25
dott. Armando Miele
In conclusione, le note evidenziate nella presente relazione, peraltro supportate da numerosi ed
illustri conferme, dimostrano, senza possibilità di dubbio alcuno che l’unico ammontare valido
utilizzabile per la determinazione del tasso di interesse applicato ad un capitale è ovviamente il
capitale stesso e non il saldo che costituisce entità ben diversa.
Il capitale è la somma ricevuta dal correntista; il saldo costituisce invece quanto il correntista
dovrà restituire alla banca ed è dato dalla somma di capitale, interessi e spese.
Nella presente relazione si sono esaminati i seguenti aspetti:
1. La normativa che sta alla base della determinazione del TEG (Tasso Effettivo Globale)
e le sue finalità che mirano alla esatta comprensione del costo del denaro da parte del
fruitore.
9. Il ruolo, i compiti e le prerogative della Banca d’Italia dimostrando che, da una parte la
Banca d’Italia, nelle proprie istruzioni ha confermato l’utilizzo del capitale nella
determinazione del TEG e dall’altra che, qualora ciò non fosse, la Banca d’Italia non ha
potere modificativo o interpretativo delle Leggi in vigore.
Il significato dei termini TAEG e TEG, i motivi per cui sono stati definiti e vengono
utilizzati.
11. Sono state analizzate tutte le componenti della formula per la determinazione del TEG
ed è stato dimostrato che la formula adottata dalla Banca d’Italia per la rilevazione del
TEG prevede l’utilizzo dei Capitali e non dei Saldi.
12. E’ stato dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l’utilizzo dei saldi per la
determinazione del TEG porta a risultati incongruenti e paradossali come un TEG
superiore in assenza di capitalizzazione rispetto a quello ottenuto capitalizzando gli
interessi trimestralmente.
13. E’ stato dimostrato come nella determinazione del Tasso effettivo risulta evidente che
la base di conteggio deve essere costituita dal capitale depurato di ogni e qualsiasi altra
voce di costo che, se accomunata al capitale, inficia ogni risultato.
Si è infine chiarito a quali conseguenze porta l’affermazione di alcuni consulenti degli istituti di
credito per cui nella rilevazione del TEG le banche prendono in considerazione i saldi
comprensivi di interessi e spese dei trimestri precedenti (invece dei capitali al netto degli
interessi relativi ai trimestri precedenti) e pertanto, per uniformità di confronto, anche nella
verifica del TEG occorre prendere in considerazione i saldi e non i capitali.
Si è precisato che tale affermazione risulta assolutamente non provata e non giustificata, ma
che qualora risultasse vero quanto affermato da detti CTP, tale metodologia operativa
rivestirebbe carattere di estrema gravità in quanto costituirebbe una evidente ed eclatante
violazione della normativa vigente e delle istruzioni impartite dalla Banca d’Italia.
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dott. Armando Miele
Ma ancora questa affermazione risulta decisamente sconcertante ed allarmante là dove non si
afferma che la legge prescrive di utilizzare determinati dati (saldi o capitali) e che di
conseguenza tutti debbano uniformarsi alla legge, ma si propone il principio, pericolosissimo in
quanto implicito e dato così per scontato, che siano le stesse banche a determinare le regole cui
poi devono esse stesse attenersi indicando e decidendo, anche in difformità dalla legge, quali
valori considerare e quali escludere. Il tutto con la inverosimile giustificazione che deve esserci
omogeneità tra i valori da confrontare e pertanto, visto che le banche utilizzano valori non
corretti e difformi dalla legge e che da tali valori scaturiscono i tassi soglia, allora per la verifica
occorre utilizzare lo stesso metodo errato e contra legem.
Francavilla F. 28 Settembre 2007
Dott. Armando Miele
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Metodologia di determinazione del TEG