“Programmazione e partecipazione:
il ruolo del servizio sociale nei piani di zona”
21 gennaio 2014
L’esperienza dell’Ufficio di Piano dell’Ambito Distrettuale del Cividalese
1. L’Ambito Distrettuale del Cividalese negli anni ha investito risorse nella pianificazione anche
attraverso il potenziamento progressivo dell’Ufficio di Piano, prevedendo la presenza di due
assistenti sociali dedicate in modo esclusivo, dal 2010, passando per diverse fasi di assestamento.
La presenza di figure dedicate all’Ufficio di Piano ha permesso la continuità del processo di
pianificazione anche nel momento di assenza di indicazioni da parte della Regione. Sono stati
mantenuti i tavoli tematici anche al fine di mantenere le relazioni costruite nel tempo. Questo ha
facilitato sia la costruzione del profilo di comunità che l’avvio della nuova pianificazione.
2. Rispetto al ruolo dell’assistente sociale, questo ha consentito l’acquisizione di competenze
specifiche (anche attraverso una formazione mirata) e il riappropriarsi di un ruolo strategico
dell’assistente sociale rispetto all’attività di pianificazione e della dimensione del lavoro sociale
quale quella del lavoro di comunità. La pianificazione, infatti, viene intesa non come assolvimento
burocratico e amministrativo, ma come opportunità di lavorare con la comunità.
3. Il lavoro di comunità in questa situazione attuale così complessa assume una valenza
significativa in quanto pone al centro il territorio dove nascono i problemi, con l’idea che qui si
trovano anche le risorse per risolverli.
La complessità sociale richiede, infatti, per essere fronteggiata di creare una rete non solo tra
servizi, ma con tutte le risorse attivabili nella comunità. Possibili soluzioni si trovano insieme e
sono il risultato di un confronto, di un pensiero creativo partendo dall’obiettivo condiviso di una
comunità più accogliente, più attenta ai bisogni di tutti. Nell’ottica del lavoro di comunità e
promozionale al centro non si pongono i problemi, ma le persone con le loro risorse, idee, si attiva
il senso comune di responsabilità e di fiducia e la possibilità concreta del fare assieme.
Il lavoro di comunità presuppone una riflessione che consenta di ampliare lo sguardo e di
ragionare in modo più ampio rispetto alla quotidianità spesso improntata alla gestione
dell’emergenza e alla ricerca di soluzioni dentro una logica prestazionale.
4. Dentro questa idea di lavoro di comunità, l’assistente sociale deve possedere alcune
competenze. Deve avere capacità di:
-
vedere, leggere e capire le reti e le relazioni esistenti e averne cura
-
vedere le risorse e non solo i problemi
-
vedere e attivare interconnessioni possibili tra sistemi relazionali diversi
Queste capacità si intersecano con l’essere più che con il fare e richiedono un operatore:
relazionale e proattivo, guida e facilitatore all’interno della comunità, promozionale, capace di
lavorare con una visione progettuale. Ciò presuppone una disponibilità che va al di fuori dell’orario
di lavoro e al di là del ruolo professionale.
5. Tutto quanto detto va inteso in una logica di lavoro per progetti in una prospettiva di sviluppo e
di cambiamento. I servizi e il PDZ non devono diventare dei “progettifici”, dove il fine e’ l’attività in
sé, il “fare per fare”, ma diventano laboratori di futuro dove l’obiettivo e’ la crescita comune.
6. Dalla nostra esperienza emerge che rispetto al ruolo professionale questo modo di essere e fare
produce un importante riconoscimento e una “nuova” visibilità e la possibilità concreta di offrire
un’immagine diversa dell’assistente sociale, rispetto a quella stereotipata e più comune. Nel
momento in cui vive l’assistente sociale lavora nella comunità le distanze si accorciano e diventa
maggiormente visibile e riconosciuto.
Avolte abbiamo avuto l’impressione di una maggiore difficoltà a riconoscere questa possibilità e a
cogliere il senso vero della dimensione comunitaria del lavoro sociale da parte degli stessi
assistenti sociali, con il rischio di creare una pericolosa dicotomia tra intervento sul caso e lavoro di
comunità, tra intervento assistenziale e intervento promozionale, quasi uno avesse maggiore
rilevanza rispetto all’altro. In realtà da sempre il servizio sociale coniuga i vari aspetti riconoscendo
loro pari dignità e valore.
7. “In questi anni crediamo di essere cresciute professionalmente e umanamente e crediamo che
servizio sociale e comunità trovino la giusta collocazione all'interno di un circuito logico e virtuoso
nell'ambito del quale ciascuno dà senso all'altro e dall'altro ne riceve, dando vita a un'alleanza che
potrà utilmente riparare dai sommovimenti impetuosi della complessità sociale.”
Serena Bon e Michela Fanna
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