GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014
XVII
ECONOMIA LODIGIANA
ZOOTECNIA n PAOLO CICERI, LEADER DELL’ASSOCIAZIONE PROVINCIALE
DEGLI ALLEVATORI, PARLA PER LE STALLE DI UN «ANNO STABILE»
Il latte resiste alla crisi
puntando sulla qualità,
i suini pagano il low cost
ANDREA SOFFIANTINI
n Il prezzo del latte favorevole,
la buona richiesta del mercato, la
maggiore consapevolezza del
consumatore nel momento della
spesa alimentare. Nel complesso
«un anno stabile».
È così che il presidente dell’Apa di
Milano e Lodi, Paolo Ciceri, riferendosi alle stalle da latte nel Lodigiano, inquadra le cifre 2013
dell’associazione. Alla fine dello
scorso anno quelle iscritte erano
229, per un totale di 40.270 vacche, la cui produzione media è
stata di 95 quintali di latte per capo. Rispetto al 2012 si sono contate
un centinaio di vacche in meno,
«un’inezia su cifre di queste dimensioni».
Un anno di stabilità, dunque. Specie se giudicato al netto delle
aziende iscritte dall’Apa, sopravvissute al terremoto della crisi e
alle molte scosse di assestamento
grazie a fondamenta ancora solide. Un po’ meno bene sono andate
però le cose sull’intera campagna
lodigiana, dove una ventina di
stalle di piccole dimensioni ha
chiuso l’attività tra il 2012 e il 2013,
fissando il saldo totale a quota 310.
«Sì, nonostante tutto il settore ha
tenuto - commenta Ciceri -, d’altra parte il mercato non può fare a
meno di una materia prima come
IL PATRIMONIO DELLE STALLE
OLTRE 111MILA BOVINI
IN 538 ALLEVAMENTI,
TRA I SUINICOLTORI
“VINCE” L’INGRASSO
n I dati del Servizio di prevenzione
Veterinaria dell’Asl di Lodi relativi al
secondo semestre 2013 recitano di
un settore bovino in leggera crescita
rispetto al semestre precedente
(111.159 capi contro 109.397) pur con
un numero di vacche in lattazione
stazionario in prossimità della soglia
dei 50 mila esemplari. Gli allevamenti censiti sono 578 dei quali 305 stalle da latte. Al sistema della produzione lattifera andrebbero poi aggiunti
i 54 centri aziendali nei quali vengono allevate le femmine in rimonta fino alla fase immediatamente precedente alla loro entrata in produzione
(manze gravide), mentre, passando al
settore carne, si contano 81 allevamenti gestiti secondo la linea vaccavitello e 138 di ingrasso tradizionale.
Nell’ambito di questi ultimi la cosiddetta “carne bianca” sta pressoché
scomparendo (solo 4 allevamenti).
Passando alla realtà suinicola, si deve
registrare l’aumento di circa 6 mila
capi rispetto al primo semestre 2013
che ha riportato la consistenza complessiva vicina ai livelli di fi ne 2012
(316.174 attuali a fronte dei 317.307
dello scorso anno). Tuttavia il sostanziale equilibrio del dato generale, rispetto allo scorso anno, non testimonia alcun rallentamento del processo
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vede la fase riproduttiva oggetto di
abbandono da un numero sempre crescente di allevamenti. La perdita di
altre 2 mila scrofe nell’ultimo semestre, che ne ha ridotto la consistenza
per la prima volta sotto quota 20 mila
capi (19.448), testimonia la progressiva conversione verso le forme di solo ingrasso. Su un totale di 208 aziende suinicole, ben 117 infatti si occupano della sola fase di ingrasso degli
animali (109 nel 2012) e 10 di esse si
limitano alla sola prima parte senza
arrivare al suino pesante pronto per
la macellazione. Gli allevamenti dotati di sale parto attive sono rimasti 69
(6 in meno dello scorso anno).
il latte, imprescindibile nella nostra alimentazione. I consumatori,
costretti dalla crisi a risparmiare
anche sulla spesa alimentare,
hanno fatto delle scelte ma al latte
non hanno rinunciato. Non si può
dire però che gli allevatori siano
stati agevolati nel loro lavoro. Abbiamo dovuto ancora una volta
combattere contro molte difficoltà, a partire dall’aumento delle
tasse e della burocrazia. Inoltre
abbiamo dovuto competere contro
l’agricoltura speculativa, che punta ad accaparrarsi terreni per la
produzione di biogas, e contro la
concorrenza di prodotti importati
la cui qualità è di gran lunga inferiore rispetto al nostro. Io dico che
la consapevolezza che i consumatori hanno dimostrato nelle loro
scelte dovrebbe essere la base sulla
quale poter determinare condizioni a noi più favorevoli, che riconoscano il senso di responsabilità sociale con il quale, generazione dopo generazione, portiamo avanti il
nostro lavoro».
Se il 2013 degli allevamenti bovini
da latte si è chiuso all’insegna della
stabilità, su quello del settore suinicolo è calata la notte. Anche nel
lodigiano le stalle con allevamento
delle scrofe sono state “sfrattate”
dalle importazioni di carne di bassa qualità dall’estero. I dati in mano all’Apa dicono che ne sono rimaste solo sei. Nel 2012 erano una
decina, sette-otto anni fa un centinaio. Come nel resto d’Italia, la
concorrenza low-cost e il calo di
consumi interni non hanno dato
scampo a molti allevatori.
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Il latte resiste alla crisi puntando sulla qualità, i suini