Olivo (Olea europea)
Generalità
La zona di origine dell'Olivo si ritiene sia quella sud caucasica (12.000 a.C.) sebbene molti la considerino una
pianta prettamente mediterranea. Questa, infatti, si è ambientata molto bene nel bacino mediterraneo
soprattutto nella fascia dell'arancio dove appunto la coltura principe è quella degli agrumi associata in ogni
modo a quella dell'olivo: in questa fascia sono compresi paesi come l'Italia, il sud della Spagna e della
Francia, la Grecia e alcuni Paesi mediorientali che si affacciano sul Mediterraneo orientale.
L'olivo coltivato appartiene alla vasta famiglia delle oleaceae ed è suddivisa in due sottospecie, l'olivo
coltivato e l'oleastro.
Caratteri botanici
L'olivo è una pianta assai longeva che può facilmente raggiungere alcune centinaia d'anni, in quanto riesce
a rigenerare completamente o in buona parte l'apparato epigeo e ipogeo che siano danneggiati. L'olivo è
inoltre una pianta sempreverde, ovvero la sua fase vegetativa è pressoché continua durante tutto l'anno,
con solo un leggero calo nel periodo invernale.
Senza intervento antropico assume la forma tipicamente conica.
Le gemme sono prevalentemente di tipo ascellare: da notare che in piante molto vigorose oltre che alle
gemme a fiore (producono frutti con i soli primordi di organi produttivi) e a legno si possono ritrovare
anche gemme miste (che producono sia fiori che foglie e rami).
I fiori sono ermafroditi, piccoli, bianchi e privi di profumo, a 4 petali bianchi. I fiori sono raggruppati in
mignole (10-15 fiori ciascuna) che si formano da gemme miste presenti su rami dell'anno precedente o su
quelli di quell’ annata. La mignolatura è scalata ed inizia in maniera abbastanza precoce nella parte esposta
a sud. L'impollinazione è anemofila ovvero ottenuta grazie al trasporto di polline del vento e non per mezzo
di insetti (impollinazione entomofila).
Le foglie sono di forma lanceolata, disposte in verticilli ortogonali fra di loro, coriacee. Sono di colore verde
glauco e glabre sulla pagina superiore mentre presentano peli stellati su quella inferiore che le conferiscono
il tipico colore argentato e la preservano a loro volta da eccessiva traspirazione durante le calde estati
mediterranee.
Il frutto, una drupa ovale, è l'unico frutto dal quale si estrae un olio (gli altri oli si estraggono con
procedimenti chimici o fisici da semi). Solitamente di forma ovoidale può pesare da 2-3 gr per le cultivar da
olio fino a 4-5 gr nelle cultivar da tavola. La buccia, o esocarpo, varia il suo colore dal verde al violaceo a
differenza delle diverse cultivar. La polpa, o mesocarpo, è carnosa e contiene il 25-30 % di olio, raccolto
all'interno delle sue cellule sottoforma di piccole goccioline. Il seme è contenuto in un endocarpo legnoso,
anche questo ovoidale, ruvido e di colore marrone.
Il tronco è contorto, con una corteccia grigia e liscia che tende a sgretolarsi con l'età; il legno è di tessitura
fine, di colore giallo-bruno, molto profumato (di olio appunto), duro ed utilizzato per la fabbricazione di
mobili di pregio in legno massello. Caratteristiche del tronco, sin dalla forma giovanile, è la formazione di
iperplasie (ovuli, mamelloni, puppole) nella zona del colletto appena sotto la superficie del terreno; simili
strutture si possono ritrovare inoltre sulla branche: comunque queste formazioni sono date non da fattori
di tipo parassitario ma da squilibri ormonali e da eventi di tipo microclimatico.
Le radici nei primi 3 anni di età sono prevalentemente di tipo fittonante: il fittone è la radice principale
dell'apparato radicale che si presenta come un grosso corpo cilindrico a carattere legnoso che scende
verticalmente dal fusto della pianta, assicurando ancoraggio e stabilità alla pianta, oltre al normale scopo di
trasporto delle sostanze nutritive al corpo emerso del vegetale. Dal 4° anno in poi si trasformano quasi
completamente in radici di tipo avventizio, superficiali e che garantiscono alla pianta un'ottima vigorosità
anche su terreni rocciosi dove lo strato di terreno che contiene sostanze nutrienti è limitato a poche decine
di centimetri.
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Stadi fenologici - Alternanza di produzione
Importanti da individuare nell'olivo sono gli stadi fenologici e l'alternanza di produzione.
Gli stadi fenologici che l'olivo deve seguire sono:
1. stadio invernale durante il quale le gemme sono ferme
2. risveglio vegetativo delle gemme
3. formazione delle mignole con il fiore non ancora sviluppato, ma presenti i bottoni fiorali
4. aumento di volume dei bottoni
5. differenziazione della corolla dal calice
6. fioritura vera e propria con apertura dei fiori (corolle bianche)
7. caduta dei petali (corolle imbrunite)
8. momento dell'allegagione e comparsa dei frutti dal calice
9. ingrossamento del frutto
10. invaiatura e indurimento del nocciolo
11. maturazione del frutto
L'alternanza di produzione è un aspetto da tenere molto in considerazione in olivicoltura perché i suoi
effetti si ripercuotono sia sul prezzo che sulla qualità del prodotto finito (sia olive da olio sia da tavola).
Le cause a cui dipendono da un mix di condizioni climatiche, attacchi parassitari, potatura e concimazioni
sbagliate, eccessivo ritardo nella raccolta dei frutti e, non meno importante, la predisposizione della cultivar
stessa. Per ovviare a tale evento si deve operare in modo tempestivo e continuato nel tempo con i seguenti
accorgimenti:
1. distribuzione regolare della produzione sulla pianta con interventi di potatura straordinari (incisione
anulare);
2. pratica di irrigazione e concimazione continua durante tutto l'anno;
3. regolare lotta antiparassitaria, soprattutto contro la mosca dell'olivo;
4. anticipazione per quanto possibile dell'epoca di raccolta.
Nella tabella seguente è riportato uno schema che riassume il ciclo fenologico dell'olivo. I periodi di
riferimento hanno solo valore orientativo perché possono cambiare secondo la cultivar e la regione.
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Fase fenologica
Riposo vegetativo
Differenziazione a
fiore
Periodo d'inizio
dicembre–gennaio
Fioritura
Allegagione
Accrescimento
frutti
Indurimento del
nocciolo
Accrescimento
frutti
Manifestazione
1–3 mesi
Attività dei germogli ferma o rallentata
20–25
Emissione di nuova vegetazione di colore
giorni
chiaro
18–23
Mignole di colore verde, a maturità
giorni
biancastre
7 giorni
Fiori aperti e bene evidenti
febbraio
Ripresa vegetativa fine febbraio
Mignolatura
Durata
metà marzo
dagli inizi di maggio alla
prima decade di giugno
fine maggio–giugno
seconda metà di giugno
Caduta dei petali, cascola di fiori e frutticini
3–4
settimane
luglio
7–25 giorni
agosto
1,5–2 mesi
Frutti piccoli ma bene evidenti
Arresto della crescita dei frutti. Resistenza
al taglio di sezionamento
Aumento considerevole delle dimensioni
dei frutti, comparsa delle lenticelle
da metà ottobre a
Almeno metà della superficie del frutto vira
dicembre
dal verde al rosso violaceo
Maturazione
da fine ottobre a
Frutto con colorazione uniforme dal
completa
dicembre
violaceo al nero
Invaiatura
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Portainnesti e varietà
Come portainnesti possono essere utilizzati gli oleastri (da olivo selvatico, usati un tempo) e gli olivastri
(provenienti da cultivar rustiche e vigorose, oggi gli unici soggetti utilizzati). Questi ultimi, ottenuti da semi
di piante coltivate, come tutti i franchi presentano un'ampia disomogeneita' di sviluppo, maggiormente
accentuata nell'olivo per il fatto che numerose varieta' sono autosterili. Da cio' si desume che individuare
una popolazione di semenzali in grado di essere uniforme e di controllare alcuni caratteri risulta alquanto
difficile. Accanto all'Olea europaea un certo successo si e' ottenuto ricorrendo all'Olea oblonga, specie
resistente al Verticillium dahliae, patogeno molto diffuso al sud. Le ricerche di nuovi portainnesti sono state
indirizzate anche verso altre specie del genere Oleae verso generi affini.
Per quanto riguarda le cultivar, il parametro che viene maggiormente utilizzato nella classificazione delle
cultivar di olivo e' quello che le suddivide in relazione alla destinazione del frutto; in base a cio' si
distinguono, tra le tante:
- cultivar da olio: Bosana, Canino, Carboncella, Casaliva, Coratina, Dolce Agogia, Frantoio, Leccino,
Moraiolo, Pendolino (cultivar toscana diffusa come impollinatrice di Frantoio, Leccino, Moraiolo, Ascolana
Tenera), Rosciola, Taggiasca, ecc.;
- cultivar da mensa: Ascolana Tenera, Oliva di Cerignola, Sant'Agostino;
- cultivar a duplice attitudine: Carolea, Itrana, Tonda Iblea.
Impianto
Prima di mettere a dimora le piantine d'olivo e dopo aver scelto il luogo dove si dovrà procedere
all'impianto si devono eseguire le seguenti operazioni:
1) livellamento e, se necessario, spietramento;
2) lavorazione profonda del terreno con aratro ripuntatore (ripper) per dissodare il terreno in profondità;
3) concimazione a base di letame (300-400 q.li/ha) e fosfo-potassica (150-200 kg/ha);
4) messa in opera di una rete di scolo (fossi e dreni);
5) tracciamento dei sesti e messa dei tutori (picchetti in legno) delle future piantine;
6) eventuale potatura di trapianto delle piantine.
Il periodo consigliato è l'inizio della primavera, precedendo la ripresa vegetativa (nelle zone ad inverno mite
è consigliabile la messa a dimora in autunno). Le piante che abbiamo sistemato in campo dovranno essere
allevate con particolari forme e sesti d'impianto: al centro Italia si preferisce il sesto 5x6 o 6x6 mentre al
sud è più largamente usato il sesto 7x6 o 7x7. Negli ultimi anni si sta sperimentando il sesto dinamico cioè
un oliveto dove le piante hanno sesto 6x3 fino al 12° anno, dal 13° in poi una fila ogni due viene spiantata
così da ottenere ben due impianti 6x6.
Forme d'allevamento
Le forme di allevamento cambiano da zona a zona, da varietà a varietà ma, soprattutto, in funzione del tipo
di raccolta da praticare. Non si deve dimenticare, comunque, che l'olivo è una pianta mediterranea: come
tale essa ha bisogno di molta luce e aria e ha bisogno della maggior massa di foglie per dare buoni risultati
produttivi, che produce su rami di un anno compiuto, da rinnovare annualmente, evitando, allo stesso
tempo, gli ombreggiamenti che hanno effetti sensibili e negativi sui risultati produttivi ed economici della
coltura.
La forma a vaso è la più diffusa tra i sistemi di allevamento dell'olivo. Dal fusto, una volta reciso a una
determinata altezza, si fanno partire esternamente delle branche (in modo diverso) che daranno alla
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chioma la forma di cono, o di cilindro, oppure conico-cilindrica, o tronco-conica. È un sistema che permette
un buon arieggiamento della chioma evitando l'eccessivo infittimento della vegetazione. Il vaso policonico,
con le branche impalcate a 1-2 m da terra, permette le lavorazioni e la crescita sottochioma delle specie
erbacee. Contemporaneamente consente alle piante di fruttificare molto in alto, rendendo difficili e
costose le operazioni di potatura e raccolta. Quando le piante hanno raggiunto la maturità sono necessarie
le scale, per cui si stanno diffondendo altre forme di allevamento. La forma libera o a cespuglio, si ottiene
senza effettuare nessun intervento di potatura alla pianta nei primi 8-10 anni, fatto salvo l'eventuale
diradamento dei rametti alla base per i primi 40-50 cm, da effettuarsi subito dopo il trapianto o alla fine del
primo anno. In seguito allo sviluppo dell'olivo, si ottiene un cespuglio globoide con varie cime e contenuto
in altezza, simile alla forma naturale. Dal 10° anno in poi si prevedono interventi di potatura più o meno
drastici che possono andare da un abbassamento delle cime, con contemporaneo sfoltimento della chioma,
a una stroncatura turnata di tutte le piante dell'appezzamento. Nel globo, forma molto simile al cespuglio, il
fusto è stato reciso a una determinata altezza e le branche si sviluppano da tale piano senza un ordine
prestabilito per raggiungere, con le ramificazioni, altezze diverse; nel complesso la chioma dell'olivo prende
una forma globosa.
Quando le ramificazioni non scendono molto lateralmente, ma si estendono soltanto nella parte superiore,
come quelle del pino da pinoli, si ha l'ombrello. Tra le forme di allevamento basse ricordiamo: la palmetta
libera, il vaso cespugliato, il cespuglio allargato lungo il filare (ellittico) o espanso (circolare), monocono o a
cordone, a siepone. Queste forme tendono a realizzare una massa continua di vegetazione lungo il filare
alta fino a 4 m. Il vaso cespugliato presenta 3-4 branche principali che si dipartono dal suolo e possono
derivare da gruppi di 3-4 piantine. Il monocono è una forma a tutta cima, molto simile al fusetto utilizzato
in frutticoltura, di semplice manualità nella potatura. Per l'impostazione di questa forma di allevamento si
consigliano potature estive di formazione nei primi due anni allo scopo di eliminare le ramificazioni basali
del tronco nei primi 80-90 cm, guidare la cima al tutore e sopprimere eventuali ramificazioni laterali
assurgenti che possono entrare in concorrenza con l'unica cima. I rami legnosi saranno intervallati tra loro
di 50-60 cm in modo da conferire alla pianta, a struttura ultimata, la forma di un cono col vertice rivolto
verso l'alto. E' la forma di allevamento più adatta alla raccolta meccanica per vibrazione del tronco, ma la
fruttificazione non è sempre regolare. Le forme di allevamento libere sono più adatte per quelle aziende
che dispongono di poca manodopera per le operazioni di potatura e raccolta.
Pratiche colturali
Per garantire una buona produzione si deve attuare un'ottima potatura di produzione tenendo a mente
poche ma fondamentali regole:
1) manutenzione di un giusto equilibrio tra vegetazione e fruttificazione;
2) l'olivo produce su rametti dell'anno lunghi da 25 a 50 cm;
3) una produzione eccessiva durante un anno determina un esaurimento delle sostanze nutritive a
disposizione della pianta, favorendo l'alternanza di produzione;
4) la competizione ormonale fra frutti della stessa pianta e della stessa branca è il principale fattore che
induce la cascola pre-raccolta.
Ci sono altre due pratiche colturali, anche se meno importanti, che si stanno diffondendo ultimamente:
l'irrigazione e la concimazione. Di entrambe l'olivo non avrebbe un reale bisogno perché è una pianta molto
rustica: per aumentarne la produzione, si sono però rilevate abbastanza efficaci.
L'irrigazione è importante soprattutto nei primi anni d'impianto e nel periodo estivo. Se la pianta andasse in
carenza idrica durante l'estate e la primavera si incorrerebbe in aperture anomale dei fiori e conseguente
aborto dell'ovario, in una ridotta dimensione dei frutti e poca polpa rispetto all'intero frutto che darebbe
meno olio. Per ovviare a tale problema si interviene con l'istituzione in campo di sistemi di irrigazione
gravitazionali tradizionali oppure a microportata (spruzzo e goccia).
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La concimazione è importante, come già detto, al momento dell'impianto ma anche nel momento della
piena produzione se si vogliono ottenere indici di conversione molto elevati. Ci sono degli elementi che
rivestono un ruolo fondamentale nella nutrizione di queste piante e sono: Bo e Mg (assieme al ferro
servono per la nutrizione minerale della pianta), Ca, K (favorisce la sintesi di amido, regola l'accumulo idrico
ed aumenta la resistenza alle avversità ambientali), P (regola l'accrescimento e la fruttificazione) e K (regola
il vigore della pianta e regola il suo equilibrio vegeto-produttivo).
Avversità biologiche
Le principali avversità biologiche sono date sia da agenti di danno (insetti) che da agenti di malattia (funghi
o batteri). Quelle causate da agenti di malattia sono principalmente tre:
Cicloconio o occhio di pavone: questa è una tra le più importanti e dannose malattie di origine fungina che
attaccano l'olivo: di fatto colpisce soprattutto le foglie ma non risparmia ne i rametti né i frutti. Sulle foglie
si manifesta con macchie rotondeggianti di 10 mm costituite da cerchi concentrici policromatici (dal giallo al
brunastro) che disegnano l'occhio di pavone e causano effetti di filloptosi sulle piante colpite; sui frutti i
sintomi sono più occasionali e meno pericolosi e si manifestano come piccole macchioline nere infossate e
puntiformi; i rametti sono attaccati solo sulla parte erbacea e i sintomi si manifestano simili a quelli delle
foglie. La lotta è di tipo chimico, sia guidata sia integrata: prevede un campionamento delle foglie per
determinare la soglia d'intervento (30-40 % delle foglie raccolte): se la soglia viene raggiunta o superata si
interviene con un trattamento a Febbraio-Marzo e uno a Ottobre a base di rameici (Poltiglia bordolese,
Idrossidi di rame) o ditiocarbammati (Zineb o Ziram).
Lebbra delle olive: la malattia si manifesta soprattutto nel periodo autunnale quando iniziano le piogge.
Questa colpisce i frutti in via di maturazione e si formano delle macchie estese, rotondeggianti, raggrinzite,
bruno nerastre, con pustole gessose o cerose di colore marrone o rosato. Le olive colpite cadono in terra o,
comunque, forniscono un olio di scadente qualità (rossastro, torbido e acido). La malattia può colpire anche
i giovani rametti e le foglie sulle quali si formano macchie giallastre che in un secondo momento virano al
marrone: le foglie colpite disseccano e cadono. La lotta che possiamo effettuare è di tipo preventivo, sia
agronomico sia chimico. La lotta chimica si attua in autunno con trattamenti a base di prodotti rameici
(Idrossidi di rame o Poltiglia bordolese) o con Clortalonil; quella agronomica si mette in opera fornendo
l'impianto di un buon sistema di drenaggio per allontanare le acque in eccesso oppure sfoltendo la chioma
al fine di evitare la formazione di un microclima umido, che favorirebbe il patogeno.
Rogna dell'olivo: è una delle principali batteriosi conosciute e attacca i rami, le foglie, le radici sulle quali il
danno è più rilevante che sulle altre parti della pianta, il tronco e i frutti su i quali si manifestano o delle
deformazioni o delle maculature ; si presenta con tubercoli screpolati, duri e bruni causati da aperture
prodotte da avversità, infezioni oppure da traumi. L'elevata piovosità primaverile accompagnata da
temperature miti favoriscono l'attività del patogeno. I danni sono dovuti alla sottrazione di materiali plastici
con conseguente diminuzione della loro produzione anche del 30%. Come conseguenza di tale attacco si è
rilevato anche un certo peggioramento qualitativo delle olive e dell'olio. La lotta contro la Rogna dell'olivo è
di tipo preventivo unicamente agronomico e si avvale delle seguenti precauzioni: potatura di rimonda e
distruzione dei rami infetti, non si raccoglie il prodotto tramite abbacchiatura, protezione e disinfezione
delle ferite, lotta alla mosca dell’olivo che è vettore di tale batteriosi e pratiche dendrochirurgiche.
Le principali malattie causate da agenti di danno sono le seguenti cinque:
Mosca dell'olivo. La larva della Mosca dell'olivo misura circa 8 mm, è apoda, ha apparato masticatore
costituito da due mandibole nere ben visibili ad occhio nudo, è di colore giallognolo ed è più sottile verso
l'estremità cefalica. L'insetto adulto somiglia ad una mosca di piccole dimensioni (4-5 mm) con un apertura
alare di 10-12 mm., presenta capo fulvo con occhi verdastri. Il corpo è di colore grigio; le ali sono
trasparenti con due piccole macchie scure alle estremità. L'alimentazione di questo dittero differisce a
seconda dello stadio in cui si trova: da larva si nutre della polpa dei frutti entro i quali scava gallerie (i frutti
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così danneggiati sono sede di marciumi e conseguente cascola a causa dell'instaurarsi di colonie di
microrganismi); da adulto si nutre con i succhi che fuoriescono dalla puntura di ovideposizione, con
materiali zuccherini o proteici che estraggono dalle diverse parti verdi dell'olivo tramite il suo apparato
boccale tipicamente pungente-succhiante. La Mosca dell'olivo è uno tra i principali vettori della Rogna
dell'olivo. La lotta è sia di tipo chimico e, negli ultimi anni, si stanno sperimentando metodi di lotta biologica
svolte con l'intervento di entomofagi. Ricordiamo che la mosca dell’olivo risente molto dell'alternanza di
temperatura (fattore limitante): infatti l'attività di volo inizia quando la temperatura supera i 14-18 °C e si
arresta allorquando questa supera i 31-33 °C; inoltre il susseguirsi di giornate estive caratterizzate da alte
temperature (maggiori di 30°C), bassa umidità ed assenza di pioggia causano un'elevata mortalità delle
uova e delle larve presenti all'interno dei frutti, l'arresto dello sviluppo delle uova e dell'attività degli adulti.
Gli entomofagi usati nella sperimentazione sono parassitoidi larvali (Imenotteri Calcidoidei),
entomoparassiti (Imenottero Braconide) e insetti che si nutrono delle sue uova (Dittero Cecidomide); la
lotta chimica unisce i principi di quella integrata e quella di tipo guidata: si stabilisce la soglia di intervento
che varia in base e in funzione dell'uso cui è destinata la produzione del campione rappresentativo
calcolato in drupe per Ha (200 drupe raccolte a caso, provenienti da 20 piante). Il rilevamento degli adulti si
effettua con trappole cromotropiche, alimentari (avvelenate, prima che inizi l'ovideposizione) e sessuali
(installate a fine giugno, 2-3 per ettaro).
Olive colpite dalla Mosca dell'olivo
Tripide dell'olivo: questa è una specie molto diffusa nel bacino mediterraneo. L'adulto è lungo circa 2,5-3
mm, ha un corpo nero brillante e ali frangiate. Le neanidi sono di colore giallo. I danni si manifestano sui
germogli, foglie, fiori, frutti e sono determinati dalle punture trofiche sia degli adulti che delle forme
giovanili. I germogli colpiti hanno uno sviluppo stentato, le foglie si deformano e cadono precocemente, sui
fiori si ha l'aborto fiorale e successiva colatura. Sui frutti si possono avere sporadiche cascole, ma molto più
frequenti sono le deformazioni, infossature e maculature. Le punture inoltre possono favorire la
penetrazione di patogeni da ferita. La lotta contro questo tisanottero è di tipo chimico, agronomico e
condotta anche mediante l'aiuto di due entomofagi del Tripide, cioè Rincote antocoride e Imenottero
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calcidoideo). La lotta chimica si effettua solo in presenza di gravi attacchi e si utilizzano prodotti fosforganici
quali Acefate e Metomil (si stabilisce una soglia d'intervento pari al 10% dei germogli infestati). La lotta
agronomica si limita a buone potature atte a prevenire l'instaurarsi del Tripide.
Cocciniglia mezzo grano di pepe: questa è un lacanide che ha come ospiti principali l'olivo e gli agrumi, ma
vive tuttavia su svariate altre piante arboree ed erbacee. Le infestazioni interessano i rami, i rametti e la
pagina inferiore delle foglie, dove le neanidi si localizzano lungo la nervatura principale. La cocciniglia causa
deperimenti vegetativi, defogliazioni, disseccamenti di rametti, cascola e scarsa fruttificazione. La neanide è
di colore giallognolo e scurisce durante lo sviluppo; il maschio è alato e compare raramente; la femmina è
attera, misura circa 5 mm e il suo corpo è completamente ricoperto da uno scudetto di cera convesso
(sotto il quale si sviluppano le uova) con disegnata sopra una H. Gli abbondanti escrementi zuccherini
prodotti dalle femmine sviluppano sia una notevole fusaggine sia un effetto lente che brucia il punto della
foglia sul quale si trova nonché un forte richiamo alimentare per le formiche. Lo sviluppo della cocciniglia è
favorito nelle annate con autunno e inverno miti e con estate umida e non eccessivamente calda, nonché
negli impianti trascurati e sottoposti ad eccessivi apporti di concimi azotati. Inoltre, l'elevata densità
d'impianto e le ridotte o mancate potature creano condizioni microambientali particolarmente favorevoli
allo sviluppo delle infestazioni. La lotta contro questo dannosissimo Rincote è sia di tipo agronomico sia di
tipo chimico: comunque segue i principi della lotta integrata e guidata. Il metodo chimico prevede una
soglia d'intervento pari a 2-5 neanidi per fogli oppure 1 femmina ogni ogni 10 cm di rametto, nel caso si
superi si interviene con fosforganici e oli bianchi (si evita l'uso dei primi per l'alta tossicità anche verso
l'entomofauna utile, si preferisce il secondo per il motivo opposto). La lotta agronomica si avvale di
potature energiche e di basse concimazioni azotate.
Cocciniglia cotonosa dell'olivo o Filippa: questo Coccide è presente in tutte le diverse regioni olivicole
italiane causando seri danno soprattutto alla parte aerea degli olivi. Il maschio è alato, le neanidi sono di
colore giallo-verdastro e di forma ovale, la femmina adulta è lunga 5 mm con il corpo di colore giallognolo
con macchie scure: durante l'ovideposizione il loro corpo appare ricoperto da una secrezione cerosa
(ovisacco) dove sono contenute le uova. Le parti infestate dalla cocciniglia sono la pagina inferiore delle
foglie e dei germogli: il danno causato consiste dalla produzione di melata che porta gli stessi inconvenienti
della Cocciniglia mezzo grano di pepe. Per debellare questo fastidioso e dannoso insetto si ricorre sia ai
rapporti di preda/predatore presenti in nature (Coleotteri Coccinellidi) sia a criteri di lotta chimica (prodotti
uguali che per la C. m. g. di p.) sia a criteri di lotta agronomica (potatura di sfoltimento).
Tignola dell'olivo: questo insetto presenta prevalentemente tre generazioni annuali (larva, crisalide e
farfalla adulta), che attaccano rispettivamente le foglie, i fiori e i frutti. La larva, di lunghezza 6-8 mm e
larghezza 1,5 mm, ha un colore verde cenerino col capo rossiccio. La crisalide è di color marrone ed ha una
lunghezza di 4-6 mm. L'adulto è una piccola farfalla di color bianco cenerino, di lunghezza 6-7 mm; la prima
coppia di ali è caratterizzata da piccole macchie scure, mentre la seconda è di colore uniformemente grigio
con un caratteristico bordo frastagliato. La prima generazione comincia con il bruco, che nel tardo inverno
scava gallerie nelle foglie, successivamente erode le tenere foglioline e verso Aprile si impupa in un
bozzoletto. La seconda generazione penetra nei boccioli floreali (mignole) e si incrisalida. La terza
generazione è quella che provoca i danni più gravi, provocando la caduta delle olive e causando forti
perdite. Il danno è simile a quello della larva della mosca, infatti si introduce nelle drupe, scavando gallerie
che erodono anche il nocciolo: è qui la differenza rispetto alle gallerie della mosca. Osservando le olive
colpite, le larve e le crisalidi si distinguono facilmente da quelle colpite dalla mosca. La lotta di tipo chimico
prevede l’uso di prodotti Fosforganici e segue le indicazioni di quella guidata ed integrata: si usano anche
insetti entomofagi predatori (Rincoti Antocoridi, Ditteri Silfidi e Neurotteri Crisopidi) e parassitoidi
(Imenotteri Calcidoidei e Imenotteri Braconidi).
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Propagazione
L’olivo appartiene alla famiglia “oleaceae”, della quale è l’unico a produrre frutti commestibili.
L’olivo è una pianta arborea sempreverde, che può raggiungere i 20 metri di altezza; allo stato naturale può
presentare più tronchi provenienti dalla stessa base o pedale: infatti una delle proprietà peculiari di questa
pianta è la sua capacità rigenerativa a partire da strutture dette “ovuli” distribuiti soprattutto nel pedale e
lungo il fusto. Queste formazioni sono ricchi di gemme e permettono alla pianta di emettere sempre nuovi
germogli prolungando la vita per secoli o millenni. Gli olivi più antichi sono caratterizzati da numerosi fusti
posti intorno a uno spazio centrale svuotato dalla scomparsa dei tronchi più vecchi. Questa proprietà
autorigenerativa permette di poter mantenere vivi gli impianti olivicoli anche in seguito a gravi
danneggiamenti, alla morte del tronco o della chioma.
Le radici sono piuttosto superficiali a causa della temuta asfissia radicale e nelle piante vecchie risultano
molto espanse in senso laterale. La loro profondità dipende comunque dal tipo di terreno e dal clima: è
maggiore nei terreni sabbiosi ed in climi caldo-aridi (fino a 6mt. di profondità e 12mt. di larghezza) ee è
minore nei terreni argillosi ed in climi umidi (profondità massima 60-80 cm).
Il tronco con il passare del tempo perde la regolarità della forma cilindrica per assumere un aspetto
contorto e spesso scavato nell’interno a causa della “carie del legno”, una malattia fungina molto diffusa.
Rimangono così, le cosiddette “corde”, costole legnose che portano i fasci vascolari linfatici direttamente
dalle radici alle ramificazioni principali.
I rami hanno un aspetto eretto o pendulo a seconda delle diverse varietà. I rami di un anno sono dei tipi a
frutto, misti e a legno, quest’ultimi detti “succhioni” quando si sviluppano dal tronco o dalle branchie, o
“polloni” quando si sviluppano direttamente dalle radici. Al contrario dei rami misti o a frutto prendono
origine dalle branchie di due anni ed il loro insieme costituisce la “branchetta fruttifera” considerata l’unità
produttiva della pianta.
Le foglie hanno una vita media di due tre anni, sono di forma più o meno ovale o lanceolata in funzione
della varietà. La pagina della foglia inferiore si distingue da quella superiore oltre che per la colorazione
(verde in quella superiore argentea in quella inferiore) anche per la presenza degli “stomi”, aperture
microscopiche che favoriscono gli scambi gassosi della foglia con l’atmosfera, indispensabili per assicurare
la fotosintesi della pianta. Gli stomi sono protetti da una fitta peluria che conferisce il riflesso grigioargenteo e l’opacità a questa parte della foglia e cosa più importante, regolarizza il flusso d’aria e vapore
acqueo che la pianta scambia con l’ambiente esterno per attuare la fotosintesi.
La fioritura avviene in due fasi: la mignolatura o comparsa delle infiorescenze e la fioritura vera e propria.
La differenziazione delle gemme da vegetative a frutto segue un processo basato sulla precedente fioritura.
Ovvero, se abbiamo un annata abbondante di frutto, è da presupporre che l’annata successiva sia meno
fruttifera. Questo perché la pianta ha bisogno non solo di riprodursi (producendo frutti che porteranno
seme, ossia il nocciolo), ma anche di accrescersi vegetativamente.
Tale suo spontaneo alternarsi di maggiore o minore sviluppo di gemme da frutto e vegetative è chiamato
alternanza. Va però precisato che le gemme a frutto tendono ha svilupparsi nelle ascelle fogliari dei rami
penduli che hanno un anno di età; mentre quelle vegetative si sviluppano omogeneamente su tutta la
pianta.
Possiamo intervenire per distribuire in maniera più proporzionata questa differenziazione con la potatura di
Marzo, ovvero quando la pianta si risveglia dal suo stato di quiescenza (letargo invernale).
La maggior parte dei fiori non riesce ad essere feconda adeguatamente e per questo cade dalla pianta
(fenomeno della “colatura”) mentre quelli fecondati danno luogo all’accrescimento del frutto che avviene
in tre differenti fasi. La prima fase avviene per “divisione cellulare” e comporta un accrescimento
volumetrico modesto. Segue “l’indurimento del nocciolo” che avviene tra luglio e agosto in seguito alla
quale si verifica un “ingrossamento cellulare” per accumulo di acqua nei tessuti dell’oliva che porta il frutto
a raggiungere il volume di maturazione finale.
Considerando che anche dopo l’allegagione una parte dei fiori subisce una “cascola fisioligica”, portando a
maturazione solo il 15-20% dei frutti allegati, si può stimare che generalmente solo l’1% dei fiori prodotti si
trasforma in oliva matura.
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Le olive sono costituite per il 70-90% dalla polpa la cui composizione è:
- Acqua 75-80%
- Lipidi (olio) 6-25%
- Zuccheri solubili 2.1-6.3%
- Proteine 1-3%
- Fibre 1-4%
La pianta dell’olivo si ottiene in due diversi modi: da talea e per innesto.
1°) la propagazione dell’olivo da talea è oggi sicuramente il metodo più diffuso. Questa tecnica richiede
operazioni meno complicate del sistema a innesto, però non tutte le varietà sono capaci di radicare con
questo sistema. Il ciclo di produzione inizia con il prelievo dalle piante madri di rametti di un anno. Questi
vengono tagliati ad una lunghezza di 4-5 nodi; viene effettuato un taglio poco sotto il primo nodo (talea) e
si defogliano i due nodi soprastanti. La base della talea viene immersa per pochi secondi in una soluzione
idroalcolica e collocata nei bancali di radicazione, questi sono dei cassoni di cemento profondi 25 cm il cui
fondo deve essere riscaldato e riempito per circa 15cm. da un substrato inerte di perlite. La perlite è un
minerale granuloso di colore bianco, ottenuto mediante un trattamento termico di una roccia vulcanica, la
“riolite” ed è un ottimo substrato che offre un elevata garanzia di ossigenazione e permeabilità. In questo,
una volta bagnato e accuratamente amalgamato, viene infilato la talea per una profondità di 3-4 cm. Le
foglie delle talee devono essere frequentemente irrorate con acqua finemente nebulizzata per circa 60-70
giorni. Una volta ottenuto le barbatelle (talee radicate), vengono estirpate dal substrato ed alloggiate nei
vasetti contenenti un terriccio a base di torba, pomice e sostanze organiche.
2°) la moltiplicazione degli olivi per innesto è una tecnica che prevede fasi operative altamente
specialistiche. Per la produzione di questi partiamo dai noccioli, dai quali si ottengono i semenzai (piante di
olivo dette comunemente “selvatiche”) dove verrà praticato l’innesto. A fine Luglio, i noccioli vengono
sottoposti ad un trattamento idratante di circa tre settimane per favorire la germinazione. La semina dei
noccioli avviene a fine Agosto su idonei substrati. I noccioli iniziano a germogliare a fine Settembre inizio
Ottobre. Il periodo di germinazione si conclude a fine Gennaio. In primavera, Aprile-Maggio, avvengono le
operazioni di trapianto nei semenzai. Le piante con 6-8 foglie (3-4 palchi) vengono tolte dal semenzaio e
piantate nel “nestaio” disponendole in quadrato ad una distanza di 8-10cm. In Marzo vengono prelevate le
“marze”, ovvero rami di un anno di età ben lignificati. Nel mese di Aprile, quando le piante sono in
“succhio” si effettua l’innesto. Prendiamo i semenzai che hanno raggiunto i 4-6mm di diametro e vengono
tagliati a 5cm dal suolo in modo obliquo. L’innestino a questo punto effettua un’incisione longitudinale
sulla corteccia. Con la lama di un coltello solleva i lembi della corteccia incisa e vi inserisce la marza con un
solo nodo e le foglie spuntate, anche questo tagliato in obliquo. Con un laccio di gomma stringe fortemente
le superfici di taglio messe a contatto e conclude sigillando con cera di api. A Novembre, le piante hanno
raggiunto ormai un altezza di60-80cm. e vengono tolte dalla festaiola e messe in vasi di plastica.
IMPIANTO
La procedura per l'impianto dell'oliveto, dopo aver scelto la localizzazione, segue gli schemi classici previsti
per le colture arboree:
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



Eliminazione di vegetazione arbustiva o arborea, livellamento, spietramento, scasso a circa 80 cm. Nei
terreni eccessivamente grossolani è consigliabile limitare lo spietramento ai sassi di grandi dimensioni
per evitare un abbassamento del piano di campagna. Per lo scasso è preferibile la lavorazione andante
con ripuntatore o con aratro rispetto allo scasso a buche.
Approntamento della rete scolante. È necessario nelle zone a clima piovoso. In generale l'investimento
del drenaggio tubolare è poco remunerativo in olivicoltura perciò è più conveniente predisporre
una sistemazione superficiale realizzando un'adeguata baulatura e una rete di scoline.
Concimazione di fondo. Si esegue dopo lo scasso e prima della lavorazione complementare sulla base
dei risultati dell'analisi chimica. La concimazione minerale deve limitarsi al solo apporto
dei concimi fosfatici e potassici in quanto l'azoto si perderebbe per dilavamento. È consigliato integrare
la concimazione minerale con l'apporto di un concimeorganico (es. 50–100 t di letame ad ettaro) per il
suo effetto ammendante, qualora ci sia disponibilità di ammendanti organici a costi accessibili.
Lavori di raffinamento. Si esegue un'aratura a 40 cm per interrare e distribuire i concimi lungo il profilo
e una erpicatura per ridurre la zollosità superficiale.
Ai lavori di preparazione seguono quelli di impianto con il tracciamento dei sesti e il picchettamento, la
messa a dimora (manuale o con trapiantatrici semiautomatiche), l'impianto dei tutori.
Il sesto d'impianto dipende dalle condizioni pedoclimatiche, dalla disponibilità irrigua, dalle caratteristiche
della cultivar, dalla forma d'allevamento e dalla tecnica colturale. In condizioni ordinarie nei nuovi impianti
si adottano sesti compresi fra 5×5 m e 7×7 m in coltura irrigua e tra 8×8 m e 10×10 m in asciutto. Sesti
molto stretti sono sconsigliabili per l'eccessivo ombreggiamento lungo la fila e per la difficoltà di
meccanizzazione. Con olivi allevati a vaso policonico o a monocono sono consigliabili sesti di 5×7 m o 6×7 m
secondo la vigoria della cultivar. Qualora si preveda la raccolta meccanica integrale con scuotiraccoglitrice è
opportuno adottare sesti in quadrato di 7×7 m o 8×8 m per consentire una facile manovra della macchina.
La messa a dimora si esegue dall'autunno all'inizio della primavera effettuando una buca con la trivella,
disponendo sul fondo del materiale drenante e una piccola quantità di concime ternario, si mette la pianta,
con il colletto leggermente più basso rispetto al livello del terreno e il tutore, infine si colmano gli spazi
vuoti e si irriga. È sconsigliato eseguire l'impianto in primavera inoltrata per evitare eccessive fallanze.
La scelta delle piante ha importanza sia economica sia tecnica. Le piante ottenute da talea sono più
economiche ma tendono a sviluppare un apparato radicale superficiale e potrebbero subire stress idrici nel
primo anno d'impianto. Quelle ottenute da semenzali innestati sono più resistenti ma hanno prezzi più alti.
In merito allo sviluppo sono migliori le piante rivestite uniformemente di ramificazioni secondarie perché
non necessitano di interventi di potatura correttiva, e permettono di anticipare l'entrata in produzione di
1–2 anni. Da tenere presente comunque che le piante autoradicate da talea sono consigliate in tutte le
zone in cui l’olivo è soggetto a gelate, perché nel caso si renda necessario un taglio rigenerativo al piede
delle piante, i polloni emergenti dalla ceppaia appartengono alla varietà e non al portinnesto.
Alla messa a dimora fanno seguito gli allestimenti accessori, in particolare la rete irrigua e l'eventuale
palificazione per sospendere le ali gocciolanti.
Su spazi aperti e battuti frequentemente da venti dei quadranti settentrionali
(maestrale, tramontana, grecale) è indispensabile predisporre un frangivento allineato perpendicolarmente
alla direzione del vento dominante. L'orientamento dei filari, in caso di sesto a rettangolo, deve tener conto
dell'esigenza d'illuminazione delle chiome soprattutto alle latitudini più alte dell'areale di coltivazione (Italia
centrale e Liguria): l'orientamento migliore è quello nord-sud, tuttavia nei terreni con pendenza superiore
al 5–10% ha la priorità la necessità di prevenire l'erosione del terreno orientando i filari a girapoggio o
a cavalcapoggio. L'orientamento nord-sud in collina si può pertanto rispettare solo nei versanti esposti a est
o a ovest.
La pianta di olivo, che predilige i climi temperato-caldi, si caratterizza per l'elevata esigenza di
illuminazione. Questo fattore è da tenere in considerazione al momento della scelta delle forme di
allevamento e di potatura di produzione.
L'olivo si adatta a tutti i tipi di terreno anche se fortemente calcarei ; resiste fino al 20% di calcare attivo,
purché non vi siano ristagni idrici. I limiti geografici della coltura sono determinati dalla scarsa resistenza
del!'olivo al freddo e dalla eccessiva siccità. Il limite altimetrico è, invece, abbastanza variabile, sia in
relazione alla latitudine, che alle condizioni climatiche locali in cui viene coltivato.
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Tecniche coltivazione olivo






livellamento del terreno
concimazione di fondo eseguita
contemporaneamente allo scasso
totale alla profondità di 80-100 cm
sistemazione di una rete di drenaggio
alla profondità di 80 cm
lavorazione superficiale di affinamento
del terreno prima della messa a dimora
delle piante
squadro e piantagione degli alberi
Di norma le piante che provengono dal vivaio, sono state allevate in contenitore. Questa peculiarità
favorisce il loro attecchimento, non richiedendo particolari cure al momento della realizzazione dell'oliveto.
L'operazione di impianto ha inizio con la collocazione di un palo (tutore) e la messa a dimora della pianta
nella buca precedentemente preparata. E' buona norma mantenere la pianta verticale e interrarla ad una
profondità leggermente superiore a quella che aveva in vivaio. Quindi riempire la buca con terreno
finemente frantumato e asciutto. Per completare la riuscita dell'attecchimento sono necessarie 2–3
irrigazioni localizzate.
L'impianto può essere eseguito a partire dal periodo autunnale (nelle zone più calde) fino a poco prima
della ripresa vegetativa (marzo). Ciò consentirà di sfuggire ai frequenti abbassamenti termici primaverili.
Una volta messa a dimora la pianta di olivo non va abbandonata a se stessa, ma dovrà, invece, ricevere le
cure colturali necessarie per favorire la crescita e la rapida messa a frutto. Negli impianti eseguiti in zone
ventose è necessario proteggere le piante con adeguati frangivento.
12
Potatura
La potatura dell'olivo è una pratica indispensabile di cui un buon olivicoltore non può fare a meno.
Lo scopo di una corretta potatura, con appositi strumenti da taglio, è:

asportare i rami per rinnovare e favorire lo sviluppo delle branche fruttifere della pianta;

mantenere la piena efficienza della chioma;

intervenire modellando la forma della pianta per regolarne la crescita ed il portamento anche in
base ad esigenze colturali e di distribuire in modo omogeneo e corretto l'illuminazione sulle varie
parti della chioma, e la distribuzione dei rami a frutto in rapporto alla tecnica di raccolta adottata;

favorire un elevato rapporto tra superficie fogliare e legno;

ridurre gli eccessi di produzione per controllare il fenomeno dell'alternanza produttiva.
Questi interventi servono per favorire la produttività ed aumentarla in rapporto equilibrato allo sviluppo
annuale della pianta
Tecniche di Potatura:
Il periodo ideale per effettuare la potatura di un olivo è a fine inverno e comunque prima della ripresa
vegetative (germoglio delle piante): non sottovalutare, e quindi interrompere l’intervento, nel caso in cui vi
sia un possibile ritorno di periodi di gelate poiché il freddo gelido ostacola il processo di cicatrizzazione dei
tagli effettuati sul legno.
Se non si intende eseguire una potatura di ringiovanimento, è consigliabile di non effettuare tagli troppo
intensi e decisi per evitare una limitata produzione.
In generale si parla di tre tipi di potatura: la potatura di formazione, la potatura di produzione e la potatura
di ringiovanimento.
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Prima di procedere è necessario iniziare con la localizzazione dei tagli, in funzione delle finalità che ci siamo
prefissata, tenendo conto anche dell’intensità di potatura che vogliamo eseguire.
Da un controllo visivo sullo stato complessivo della pianta e dalle sue condizioni vegetative bisogna cercare
di acquisire tutti quei dati utili e tutte le indicazione della massa complessiva di fronda/chioma che si vuole
asportare.
In base alla percentuale di chioma asportata, l’intervento eseguito si può definire:
 leggero, sotto il 20%
 medio, tra 20% e 35%
 pesante (di intensità elevata) sopra il 40%
La potatura leggera è consigliata in modo particolare durante la fase di allevamento e negli anni di annata
scarica.
La potatura pesante è da attuarsi in caso di ricostituzione o ringiovanimento dell’albero, quando si vuole
dare nuova vita all’ulivo e a generare l’emissione di germogli nuovi.
Regole generali di potatura
E’ fondamentale adeguare la potatura in funzione dell'età dell'albero: deve essere più leggera su alberi
giovani mentre su alberi più vecchi bisogna andare decisi con una potatura più severa. Iniziare sempre
dall'alto e procedere verso il basso della chioma; i tagli più grossi si devono effettuare prima di quelli
piccoli.
Tutti gli strumenti adoperati per il taglio (Accetta, Coltello, Forbici, Innestatoio, Roncola o pennato,
Segaccio) debbono essere di acciaio temperato e ben affilato, così da permettere un taglio netto senza
sbavature.
Durante la potatura l’operatore dovrà costantemente ripulire la lama usata per il taglio per evitare possibili
contagi per effetto della presenza di malattie sui singoli rami. La pulizia può essere effettuata con un panno
imbevuto di alcool.
Oltre a quelli già descritti esistono altri tipi di potatura dell’olivo, qui di seguito se ne riportano quelli più
diffusi in base a quello che si vuole ottenere.
Potatura di allevamento
Si effettua per predisporre la pianta a una coltivazione e raccolta meccanizzata dei frutti.
Potatura di impianto
Eseguita nei primi anni dopo la messa a dimora definitiva, permette di determinare la forma della chioma e
il portamento dell'albero adulto (a cono, a vaso, a vaso polifonico, a vaso cespugliato ecc.).
Potatura di riforma
Praticata quando sorge l'esigenza di variare la forma di un albero, ritenuta non più idonea ai fini produttivi
(ad esempio l'adozione di macchinari per la raccolta dei frutti meccanizzata) o ornamentali. La riforma si fa
anche quando bisogna cambiare la conformazione delle piante per gelate o incendi e comporta il taglio di
grosse parti della pianta e la loro sostituzione con polloni vigorosi e accuratamente selezionati.
Potatura di ringiovanimento
Eseguita per rendere produttivi vecchi oliveti o alberi ormai senescenti o gravemente danneggiati dal gelo.
Comporta una drastica riduzione della chioma o il taglio del tronco alla base e l'allevamento di due o tre
polloni scelti fra i più robusti tra quelli che spunteranno dalla ceppaia.
Potatura di fruttificazione o di produzione
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Praticata con l'intento di favorire lo sviluppo dei rami che portano fiori e/o frutti per migliorarne la qualità e
per mantenere il giusto equilibrio tra attività produttiva e vegetativa della pianta.
Calendario Trattamenti Indispensabili in Olivicoltura
Malattie Vegetali
Periodo
(Prevenzione - Cura Consigli)
Trattamenti
Malattie Vegetali:
Primi di Marzo
Cocciniglia mezzo grano di
Pepe
Olio Bianco 3-3,5 Kg
(solo in presenza)
Prevenzione:
FineAprile
Occhio di Pavone -Rogna - Ossicloruro di Rame tetramico micro
Carie
( 38%) gr 350; o altri prodotti
- ferite da Potatura Rameici
Idrossido di Rame (40%)
Consigli e Prevenzione:
Pre- Fioritura
Per favorire
l'Impollinazione
------------------------------Tignola (solo in
presenza)
Boro
(11 - 15%) gr.200
---------------------------- Pyriproxyfen
(Admiral) gr.30/40
Consigli:
per favorire l ' Allegagione
Prevenzione:
Fine Fioritura
Boro ( 11 - 15%) gr. 200
- Cascola Floreale -
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Malattie Vegetali:
Fine Luglio
Occhio di Pavone -Rogna Ossicloruro di Rame tetramico micro
Carie
( 38%) gr 350
o
(solo se accertata
Idrossido di Rame (40%)
lapresenza)
o
altri prodotti Rameici
---------------------------- Triclorfon
---------------------------------gr.250
Prevenzione :
- Mosca dell'olivo(solo se accertata la
presenza)
Prevenzione:
- Mosca dell'olivo Fine Agosto - Inizio
Settembre
(solo se accertata la
presenza)
Prevenzione:
Fine Settembre - Inizio
Ottobre
- Mosca dell'olivo (solo se accertata la
presenza)
o
Fenitrothion (40%) gr.150
Triclorfon gr.250
o
Fenitrothion (40%) gr.150
o
Diazinone gr. 200/250
o
Dimetoato (19%) gr. 300
Triclorfon gr.250
oppure
Fenitrothion (40%) gr.150
oppure
Diazinone gr. 200/250
oppure
Dimetoato (19%) gr. 300
Consigli e Prevenzione:
Dopo la Raccolta delle
Olive
Fine Dicembre -Inizio
Gennaio
Ossicloruro di Rame tetramico micro
( 38%) gr 350
- Ferite da raccolta olive oppure
Idrossido di Rame (40%)
Occhio di Pavone -Rogna oppure
Carie
altri prodotti Rameici
Dopo una Grandinata o una forte Gelata trattare entro 36 ore con un prodotto Rameico.
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Concimazione
La concimazione dell’olivo è una pratica che spesso viene sottovalutata. Come tutte la piante da frutto è
indispensabile la somministrazione di nutrienti che rappresentano una fonte di elementi necessari alla
pianta di ulivo per vegetare e produrre frutti.
Premesso che l'oliveto è in grado di sopravvivere per molti anni senza somministrazione di fertilizzanti, è
utile sapere che l'olivo per esprimere il massimo delle sue potenzialità produttive e qualitative, ha bisogno
di essere concimato annualmente, mediante razionali apporti di fertilizzanti minerali e/o organici.
Prima di procedere alla concimazione di un oliveto è consigliabile eseguire l'analisi chimico-fisica del
terreno poiché, in base ad essa, è possibile calcolare le dosi da distribuire dei diversi concimi.
Gli elementi nutritivi:
La concimazione dell'olivo si basa principalmente su tre elementi fondamentali che, a volte, possono
scarseggiare nel terreno:



Azoto (stimola la crescita e la produzione della pianta)
Fosforo (elemento che interviene nella divisione cellulare,nella crescita delle radici, nello sviluppo dei
tessuti meristematici)
Potassio (elemento che regola il metabolismo degli zuccheri, favorendone l’accumulo sotto forma di
amido, e controlla la lipogenesi)
Oltre agli elementi fondamentali sono importanti, seppur in minime quantità, i cosiddetti microelementi, in
particolare il magnesio e il boro.
Sostanzialmente si possono evidenziare tre tipi di concimazione olivo:
1)concimazione d'impianto (o di fondo);
2)concimazione d'allevamento;
3)concimazione di produzione.
Quando concimare - periodi di somministrazione
Bisogna fare molta attenzione nella scelta dell’epoca di somministrazione degli elementi, da correlare con il
ciclo biologico della pianta di olivo. I periodi di maggiore fabbisogno sono la ripresa vegetativa (inizio
primavera) e la formazione ed ingrossamento dei frutti (primavera – estate); nonostante ciò, per
permettere alla pianta la formazione di riserve nutritive, è utile distribuire fertilizzanti anche durante il
riposo vegetativo (autunno).
Irrigazione
L'olivo è una pianta che ha poca esigenza di acqua, ma carenze idriche prolungate possono provocare gravi
danni alle piante di olivo come cascola e bassa produzione. Un razionale apporto idrico presenta molti
benefici fra cui:
 Rapido sviluppo vegetativo nei primi anni d’impianto;
 Anticipare la messa in produzione;
 Aumentare la produzione e la sua qualità;
 Diminuire i problemi di alternanza di produzione.
La specie necessita di un’elevata radiazione luminosa, una bassa umidità atmosferica, temperature non
rigide e terreni di medio impasto ben drenati e con assenza di asfissia radicale. Il suo apparato radicale è
superficiale ma è capace di sviluppare delle radici capaci di espandersi a notevole distanza dal tronco.
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Questa specie presenta delle caratteristiche morfologico, anatomiche e fisiologiche che la rendono capace
di resistere in condizioni di carenza idrica. Mediamente si può considerare che il consumo giornaliero di un
albero adulto di olivo in buone condizioni sia pari a 1.0 – 1.2 litri di acqua per metro quadro di superficie
fogliare.
Per il calcolo dei volumi irrigui da apportare alla coltura bisogna tenere conto di un Kc (Coefficiente
colturale) pari a 0.5 – 0.7 che potrebbe anche assumere il valore 1.0 negli impianti inerbiti e situati in zone
caldo aride. Mediamente il consumo idrico stagionale è di circa 2000 – 2500 m3/Ha/anno.
L’irrigazione riveste un ruolo ancora più importante nell’olivicoltura moderna superintensiva che prevede
investimenti di 1600 – 1900 piante ad ettaro con conseguente aumento del fabbisogno idrico.
Anche per l’olivo la microirrigazione è la tecnica più efficiente dal punto di vista agronomico e più
conveniente economicamente.
L’uso delle ali gocciolanti come Mono®, Tandem®, Junior® e Multibar® consentono di erogare l’acqua e la
soluzione nutritiva in posizione ottimale rispetto agli apparati radicali. La portata dei gocciolatori varia da
1,6 a 3.8 Lit/h e viene scelta in base al sesto d’impianto, alla tipologia del terreno, alla qualità della risorsa
idrica, e al tipo di uliveto. Negli impianti intensivi con sesti d’impianto 5 x 5 o 6 x 6 si preferisce usare una o
due ali gocciolanti per filare con gocciolatori distanziati tra 60 e 125 cm mentre per gli uliveti superintensivi
con sesti d’impianto di 3.5 x 1.5 m si consiglia la distanza di 50 cm in modo da creare una striscia umida
continua e favorire lo sviluppo delle piante con apparato radicale molto ridotto. Negli impianti tradizionali
con sesti elevati per evitare di sprecare l’acqua tra le due piante si possono utilizzare anche i gocciolatori di
tipo online come gli iDrop® con portata anche di 8 Lit/h in un numero sufficiente per ciascun albero.
Le ali gocciolanti possono essere installate sui fili di sostegno oppure appoggiate per terra. La pratica irrigua
che sempre di più si sta diffondendo nell’irrigazione dell’olivo è la subirrigazione che prevede
l’interramento di una o due ali gocciolanti per filare. I vantaggi dell’interramento sono evidenti:





Risparmio idrico per assenza di perdita per evaporazione;
Esaltazione della fertirrigazione;
Assenza di ostacoli alle macchine operatrici facilitando la potatura e la raccolta,
Maggiore durata dell’impianto irriguo;
Miglioramento estetico dell’uliveto;
Cultivar di olivo
Il panorama varietale dell'olivicoltura è un settore di studio in piena evoluzione. L'olivo, pur essendo
coltivato e conosciuto fin dall'antichità, è sempre stato considerato, contrariamente alla vite, una coltura
marginale in grado di offrire una produzione anche in condizioni difficili, pertanto degna di poche cure.
Nelle zone ad alta vocazione olivicola l'olivo è stato propagato da secoli utilizzando l'innesto sull'olivastro o
su semenzali nati spontaneamente o mettendo a dimora piante ottenute dagli ovoli della ceppaia,
impiegando nella generalità dei casi materiale di propagazione di provenienza locale e probabilmente
ottenuto da una lenta selezione massale. Questa tradizione ha creato un grande patrimonio genetico
costituito da un numero imprecisato di ecotipi, cioè di tipi genetici strettamente associati ad un'area
geografica. La selezione all'interno degli ecotipi ha portato alla costituzione di vere e proprie cultivar che,
nella generalità dei casi, mantengono ancora un'identità strettamente associata ad un territorio
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(comprensorio, provincia, regione). Sono poche le cultivar che hanno una diffusione su areali più vasti,
grazie soprattutto ad una notevole crescita del settore vivaistico in olivicoltura a partire dagli anni 1970.
Per questi motivi le conoscenze relative al patrimonio genetico in olivicoltura sono ancora polverizzate, al
punto che una stessa cultivar può avere talvolta denominazioni diverse secondo la provincia o il
comprensorio.
Criteri di classificazione
Il principale criterio di classificazione delle cultivar di olivo è la trasformazione a cui sono destinate le olive:



Cultivar da olio. Sono destinate prevalentemente all'estrazione dell'olio di oliva per vari motivi, spesso
concomitanti: pezzatura piccola, difficoltà di raccolta, ampia diffusione, buona resa in olio, condizioni
socioeconomiche sfavorevoli alla brucatura, sensibilità ad alcune avversità che deturpano l'oliva, ecc.
Cultivar da mensa. Sono destinate quasi esclusivamente alla trasformazione in oliva da mensa, per
motivi diversi: grande pezzatura, facilità di raccolta con la brucatura, limitata vocazione elaiotecnica del
comprensorio, resistenza della drupa alle manipolazioni, bassa resa in olio, ecc.
Cultivar a duplice attitudine. Sono generalmente destinate all'estrazione dell'olio di oliva, ma per la
pezzatura media e per altri motivi contingenti si prestano anche ad essere trasformate in olive da
mensa, perciò una parte della produzione, in genere quella qualitativamente migliore (pezzatura e
estetica) è destinata all'oliva da mensa.
Parametri d'identificazione
Rispetto ad altre specie arboree da frutto, l'olivo manifesta una spiccata omogeneità morfologica e
comportamentale, perciò il riconoscimento di una cultivar è spesso strettamente legato all'esperienza
diretta degli olivicoltori e dei frantoiani. Questa conoscenza può essere falsata dal comportamento di una
cultivar in un determinato territorio, per cui lievi differenze possono portare a identificare un ecotipo con
una cultivar. Nonostante questo è possibile caratterizzare le cultivar in funzione di vari caratteri morfologici
e fenologici. Gli studi scientifici nel settore si occupano inoltre di queste problematiche mediante ricerche
specifiche sulle relazioni filogenetiche fra gli ecotipi.
Nota: col termine cultivar si intende una varietà di pianta coltivata, ottenuta con il miglioramento genetico,
che riassume un insieme di specifici caratteri morfologici, fisiologici, agronomici e merceologici di
particolare interesse e trasmissibili con la propagazione, sia per seme sia per parti di pianta. Da un punto di
vista pratico, la cultivar sarebbe analoga alla razza di una specie animale realizzata con la selezione.
Caratteri morfologici
I principali caratteri morfologici che si possono prendere in considerazione sono l'intera pianta, la foglia,
la drupa.
Albero
I caratteri più significativi sono la vigoria e il portamento. La vigoria si apprezza con la velocità di
accrescimento e con il grado di sviluppo che raggiunge l'albero nel suo complesso. Il portamento si
apprezza facilmente osservando la direzione in cui si sviluppa prevalentemente la vegetazione. Le
cultivar assurgenti formano una ramificazione eretta con chioma globosa che tende a sfilare verso l'alto. Le
cultivar espanse formano una ramificazione patente e rigida con chioma espansa prevalentemente in senso
orizzontale. Le cultivar pendule hanno un portamento ingentilito dalla ramificazione patente e pendula, con
chioma che tende a ricadere verso il basso nella parte più esterna.
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Foglia
Sono diversi gli elementi di caratterizzazione delle foglie. Quelli più evidenti sono la forma della lamina
(lanceolata, ellittico - lanceolata, ellittica) e la lunghezza. Da questi derivano altri caratteri quali la larghezza
e la superficie. Altri elementi di caratterizzazione sono il colore delle foglie, la forma dell'apice, la curvatura
del margine, ecc.
Drupa
La drupa presenta molteplici caratteri morfologici che, purché presi nell'insieme, concorrono a identificare
una cultivar. I più evidenti sono i seguenti:




Peso: alcune cultivar hanno pesi molto elevati, superiori ai 6 g, altre pesi molto bassi, inferiori a 2 g. In
generale il peso tende a identificarsi con la pezzatura. Questo carattere influisce in modo particolare
sulla destinazione dell'oliva.
Rapporto polpa-nocciolo. È un altro carattere fondamentale per la destinazione dell'oliva. Le cultivar
da mensa hanno in generale grande pezzatura e seme piccolo perciò hanno elevati valori di questo
parametro (almeno 5). Le cultivar poco adatte all'utilizzazione come olive da tavola hanno invece valori
piuttosto bassi (inferiore 4).
Forma: alcune cultivar producono drupe sferiche (comunemente chiamate tonde), altre ovoidali, altre
ancora formano drupe allungate. Della forma è importante anche il grado di asimmetria, il profilo
dell'apice e della base, la presenza o meno dell'umbone all'apice.
Colore: le cultivar si possono distinguere in base al colore a completa maturazione (rosso, violaceo,
nero), alla dinamica dell'invaiatura (dall'apice, uniforme, dalla base) e, sulle drupe verdi, in base alla
presenza delle lenticelle.
Caratteri fenologici
Fra i caratteri fenologici ha risalto la precocità delle fasi fondamentali (mignolatura, fioritura, maturazione).
Essendo questo carattere strettamente legato anche alla regione, la precocità si può esprimere solo in
termini relativi, facendo riferimento ad un comprensorio oppure ad una cultivar di riferimento. Degno
d'interesse è anche l'autofertilità (o autocompatibilità), che mostra se ed in quale misura
il polline autoprodotto sia adatto a fecondare i fiori della pianta stessa.
Caratteri tecnologici
Definiscono la valenza di una cultivar sotto l'aspetto sia agronomico sia industriale. Questi caratteri non
sono invarianti perché possono essere condizionati sensibilmente da fattori tecnici ed ambientali, tuttavia
molte cultivar possono emergere per particolari predisposizioni.
Fra i caratteri agronomici sono di particolare interesse la rusticità, l'autofertilità, la suscettibilità alle
principali avversità (Mosca, Rogna, Occhio di pavone, Tignola).
Fra i caratteri industriali sono importanti la resa in olio per le cultivar da olio e la resistenza alle
manipolazioni per le cultivar da mensa. È presumibile che in futuro ci possa essere una caratterizzazione
che prenda in esame le correlazioni fra le cultivar e gli aspetti qualitativi della trasformazione in olio
(dietetici e organolettici)
Cultivar italiane
L'Italia vanta il maggior numero di cultivar al mondo, e hanno per la maggior parte un areale circoscritto e
sono poche quelle diffuse su più regioni. Un elemento di caratterizzazione pertanto è la regione di origine.
Dalle liste regionali sono escluse alcune cultivar di diffusione interregionale in quanto largamente utilizzate
come impollinatori.
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Frantoio
Proveniente dalla Toscana, è una delle cultivar di olivo più uniformemente diffuse sul territorio nazionale,
ma essendo ormai molto apprezzato e noto a volte viene coltivato anche all'estero.
Generalità: albero di media taglia e vigoria, con chioma allargata e mediamente fitta. I rami principali sono
nodosi, mentre quelli fruttiferi sottili e lunghi con cima risalente. Si adatta abbastanza bene a vari terreni.
Buoni impollinatori sonoAmericano, Mignolo, Morchiaio, Moraiolo, Rosciola, Leccino, Maurino e Pendolino.
Fiori e frutti: l'infiorescenza è abbastanza lunga, con fiori abbastanza numerosi di medie dimensioni. Aborto
dell'ovario: < del 10%.
La fruttificazione è alta e costante; l'invaiatura è tardiva e graduale, mentre la maturazione scalare e
tardiva. La resistenza al distacco è media. Il periodo ideale di raccolta è intorno a metà novembre. I frutti
non sono adatti per l'uso da mensa.
Produzione e olio: entra in produzione precocemente e la produttività si presenta elevata e costante.
Buona la resa in olio (20-22%). Questo, verde scuro con riflessi dorati, è di ottima qualità: fine, aromatico,
sapido e fruttato, con sfumature di piccante e amaro. Alcuni vi ravvisano vari sentori tra cui: erba
fresca, mela acerba, carciofo, maggiorana,rosmarino, lattuga, sedano e mandorla.
Leccino
Probabilmente di origine toscana, il è una delle cultivar di olivo più ampiamente diffusa nel territorio
italiano, ma le sue caratteristiche ne hanno facilitato una certa fortuna anche all'estero.
Generalità: la sua grande resistenza alle avversità principali e capacità d'adattamento a più terreni,
unitamente alla buona qualità dell'olio, sono i connotati che hanno determinato principalmente il suo gran
successo e apprezzamento; tuttavia è stata riscontrata una certa sensibilità alla fumaggine. Pianta di taglia
medio grande, la chioma è espansa fitta, mentre i rami hanno cime risalenti. Le sono buoni
impollinatori Maremmano, Morchiaio, Piangente, Pendolino,Trillo, Maurino e Frantoio.
Fiori e frutti: l'infiorescenza è piuttosto corta e con fiori mediamente numerosi e grandi. Aborto dell'ovario:
minore del 10%.
L'invaiatura è contemporanea e precoce; la maturazione precoce. Le drupe, che spesso si presentano in
grappolini di 3-5, hanno bassa resistenza al distacco.
Produzione e olio: la produttività è piuttosto costante. Resa in olio media: 18-21%. L' olio, giallo dorato con
riflessi verdi, è di ottima qualità ma, per alcuni, senza particolari picchi aromatici; dal sapore fresco, poco
fruttato, leggermente amaro e piccante; alcuni vi scorgono note di erbe aromatiche
(basilico, menta), cicoria, lattuga, carciofo e mandorla.
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Taggiasca
L'Oliva taggiasca è una cultivar di olivo di olivo tipica soprattutto del Ponente ligure e soprattutto
della Provincia di Imperia. È così chiamata perché arrivò a Taggia, qui portata dai monaci di San
Colombano provenienti dall'isola monastero di Lerino. Gli innesti di oliva taggiasca furono nei secoli diffusi
in tutta Italia, sebbene la coltivazione maggiore sia sempre rimasta nella provincia di Imperia, e oggi risulta
essere una delle più rinomate olive per produzione di olio extravergine e una delle migliori olive da mensa,
poiché il frutto, nonostante le ridotte dimensioni è molto gustoso.
Generalità : pianta che può raggiungere anche grandi dimensioni (15m d'altezza), coi rami ben aperti e
portamento pundulo. Di buona vigoria; capacità rizogena non eccellente. Le mignole sono medie sia in
lunghezza che quanto a numero di fiori, ed hanno un aborto ovarico basso.
Produzione e olio: benché sia molto suscettibile alla avversità principali ha produttività elevata e costante;
matura tardivamente (gennaio). Il frutto di forma ellittico cilindrica e leggermente più grosso alla base, ha
altissimo contenuto in olio (25-26%), che oltretutto è molto pregiato; questo è di colore giallo (giallo-verde
nel savonese), dall'odore di fruttato maturo e sapore anche fruttato con sensazione decisa di dolce,
sfumatura di piccante e sentori di mandorla e pinolo; l'acidità massima totale è inferiore allo 0,5%, a riprova
delle alte qualità organolettiche del prodotto. Spesso è pure impiegato nelle miscele per "tagliare" altri oli e
conferire un tocco elegante. Dal gennaio 1997 è stata istituita, per questa coltura, la denominazione di
origine protetta legata a un olio extravergine di oliva detto "Riviera Ligure DOP".
Si utilizza in gastronomia in molti dei piatti liguri a base sia di carne sia di pesce, in particolare gli umidi. Tra
questi i più conosciuti sono: coniglio in umido alla ligure (o alla sanremese), agnello alle olive, roast
beef alla salsa di olive,baccalà alla levantina, cappunadda, olive in salamoia.
Infine anche le olive, essendo molto saporite, sono assai apprezzate e rinomate per il consumo da mensa.
Pignola
Alberi di dimensioni inferiori alla Taggiasca. Fusto e ramificazioni non molto sviluppati; rami raccolti,
sebbene con andamento disordinato. Le foglie sono grandi, molto allungate, piegate a doccia, di colore
scuro lucente superiormente e biancastre inferiormente (rapporto tra gli assi 1:4,3). I fiori si presentano
riuniti in infiorescenze corte e serrate, provviste in media di 17 fiori. Il frutto è piuttosto piccolo,
tondeggiante, di colore nero, a maturazione piuttosto tardive. La polpa risulta consistente, con un
contenuto in olio del 25%. Resa industriale media del 22%. Produce abbondantemente e costantemente.
Resiste alle basse temperature ed è poco esigente. È apprezzata dagli olivicoltori per la resistenza al freddo,
la costante produttività e la buona qualità dell'olio.
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Mortina (o Merlina, o Mortegna)
Cultivar di olivo locale, presente a Savona e, in minore quantità, a Genova, è utilizzata per la produzione di
olio. Gli alberi sono molto vigorosi e capaci di raggiungere notevoli dimensioni. La chioma è costituita da
branche dritte, poco espanse. Le foglie sono piuttosto piccole ed acuminate. Le infiorescenza scargole,
aventi in media 13 fiori. Il frutto è quasi sferico, piccolo, di colore nero lucente con un contenuto di olio del
23-24%. La resa al torchio è del 21,5%. Estrazione dell'olio piuttosto difficoltosa; olio di buona qualità. Fra le
varietà liguri è la meno resistente alle basse temperature si considera tuttavia come una buona varietà,
specialmente per le località calde.
Colombaia (o Colombara, o Culombera)
Cultivar di olivo locale, presente nella provincia di Savona, è utilizzata per la produzione di olio. Alberi di
limitato sviluppo, provvisti di una chioma serrata, raccolta in ciuffi terminali. Le foglie sono piccole, di
colore verde superiormente e bianco-verdognolo inferiormente. Le infiorescenze si presentano corte,
raccolte con 13 fiori in media. Il frutto è di medio sviluppo, a maturazione tardiva, di colore nero.
Qualità dell’olio
Per mantenere alta la qualità di un extravergine occorre rispettare severe scelte comportamentali. A
differenza di quanto si crede, il metodo di raccolta, stoccaggio dei frutti insieme al grado di maturazione e
allo stato sanitario delle olive (frutto sano ovvero non colpito da funghi o da insetti tipo mosca olearia) sono
i fattori che influenzano maggiormente la qualità organolettica e nutrizionale dell’olio extravergine d'oliva
Per raggiungere ottimi risultati qualitativi, il produttore deve scegliere il momento migliore per la raccolta
che si ha quando l’invaiatura (cambiamento di colore del frutto che muta dal verde al violaceo ed infine
diventa nero) è al 50-60%. Infatti in questo momento si ha la maggior concentrazione quantitativa di olio e
di sostanze fenoliche responsabili delle qualità organolettiche e nutrizionali dell’olio. Lo stoccaggio deve
essere fatto in contenitori forati in modo da garantire la giusta areazione dei frutti per evitare principi di
fermentazione che altererebbero il prodotto finale. Ci sono ancora alcuni produttori convinti che le olive
raccolte a piena maturazione (invaiatura del 100% quindi olive nere) abbiano una resa maggiore in olio, una
convinzione che apparentemente sembra appagare, ma in realtà ciò è dovuto solo ad una progressiva
perdita d’acqua da parte della polpa interna all’oliva.
La raccolta quindi deve essere eseguita nel momento in cui si è raggiunto il massimo sviluppo delle olive ed
una buona maturazione o "inoliazione" (processo di arricchimento in olio di un'oliva che avviene durante la
progressiva maturazione) in questa fase, nella polpa diminuisce il contenuto in acqua, zucchero e acidi e
aumenta quello in olio. L'inoliazione della drupa inizia già in agosto e termina in novembre (riferimento
medio per l'Italia).
Fasi maturazione olive (invaiatura)
Quando il processo di inoliazione si è completato, la quantità di olio non aumenta nel frutto con la
maturazione totale ed inizia invece un processo di aumento dell’acidità oleica che aumenta con la
sovramaturazione delle olive con conseguenti perdite di molte caratteristiche organolettiche.
Durante la fase di maturazione si assiste, in particolare per alcune cultivar, ad una colorazione progressiva
delle olive (invaiatura) che inizialmente interessa la buccia (epidermide) per poi diffondersi, con il passare
del tempo, nella parte più interna dei frutti (polpa).
Il comportamento, sulla variazione di colore dell'epidermide, e più ancora della polpa, dipende, oltre che
dalle condizioni climatiche, terreno, anche dalla tipo di cultivar.
Si possono identificare le seguenti fasi di maturazione:
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Fase A -> 100% olive verdi
Fase B -> 20% olive invaiate
Fase C -> 40% olive invaiate
Fase D -> 50% - 60% olive invaiate
Fase E -> 80% olive invaiate dal colore nero o marrone scuro
Fase F -> 100% olive invaiate dal colore nero
Il miglior risultato quantità/qualità olio corrisponde al momento in cui almeno l’80% delle olive presenti
sull’albero ha l'epidermide quasi totalmente colorata non oltre la Fase E: infatti in questo stadio la qualità
dell'olio si può ritenere al massimo livello, risulterà ricco di costituenti lipidici, fenolici e volatili. Da
sottolineare che non con tutti i cultivar si assiste a un’omogenea invaiatura che interessa tutte le olive, per
questo motivo i produttori che intendono mantenere alta la qualità sono costretti a procedere con la
raccolta manuale e selettiva delle olive. Ovviamente questa scelta comporterà inevitabilmente un costo più
elevato del prodotto finale
E’ stato ampiamente dimostrato che più la raccolta sarà tardiva, più difficile sarà ottenere un prodotto
qualitativamente elevato. Con raccolti tardivi, si otterrà un olio con intensità aromatiche molto ridotte,
minore contenuto di sostanze fenoliche, maggiore acidità libera per eventuali attacchi di insetti e/o di
crittogame, presenza di difetti organolettici ecc. Inoltre, nelle zone olivicole più fredde, aumentano i rischi
dei danni dovuti alle gelate notturne: infatti il congelamento delle olive comporterà gravi conseguenze per
la qualità dell'olio.
Il periodo di raccolta delle olive è molto variabile, in linea di massima possiamo dire che in Italia si va da
metà Ottobre a tutto Dicembre, ed è influenzato da tanti fattori (temperatura, piovosità, altitudine,
terreno),ed anche le pratiche colturali adottate (potatura, concimazione, irrigazione) contribuiscono
all’epoca di raccolta e di conseguenza anche alla qualità finale del prodotto olio. E’ molto importante, dopo
la raccolta delle olive procedere il più presto possibile alla molitura delle stesse in frantoi: in ogni caso non
bisogna superare le 24 ore dal raccolto.
La resa in olio di un quintale di olive è circa il 18-20%, cioè servono circa 5-6 kg di olive per produrre un
litro di olio. Se le olive vengono raccolte prima del raggiungimento dell’invaiatura al 50% (Tra Fase A e C),
metodo utilizzato per produrre extravergini dal colore e fragranze più accentuate, oppure perché si è scelto
di anticipare il raccolto per evitare danni provocate ad esempio dalla mosca olearia, la resa in olio delle
olive risulterà minore e questo comporta inevitabilmente un aumento del prezzo dell’olio.
RACCOLTA
La raccolta delle olive è un’operazione importante: richiede impegno di manodopera e determina la qualità
del prodotto. Il rispetto delle regole sotto elencate è fondamentale per la produzione di Olio Extra vergine
di Oliva di qualità:
1) Mantenere un adeguato stato sanitario delle piante e delle olive così da evitare eventuali infestazioni.
2) Valutare il periodo migliore per la raccolta, tenendo conto dello stato di maturazione, della varietà e
l’andamento stagionale.
3) Utilizzare cestoni o contenitori forati per il trasporto delle olive e lavorarle entro breve tempo (massimo
48h dalla raccolta).
I metodi ottimali per la raccolta delle olive sono: brucatura, scuotitura, bacchiatura: variano molto, in base
all’ambiente in cui si opera e alle caratteristiche degli alberi, del suolo e delle tradizioni locali.
Brucatura
È la raccolta a mano delle olive direttamente dalla pianta. Rappresenta indubbiamente un metodo che
preserva al meglio l’integrità del frutto e ne permette una conservazione più lunga.
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Per effettuare la brucatura vengono spesso utilizzate scale di vario tipo e lunghezza che permettono di
raggiungere le parti più elevate della pianta. Da tempo, al posto delle mani, si è diffuso l’utilizzo di piccoli
agevolatori manuali, quali pettini o piccoli rastrelli, che aumentano sensibilmente la produttività e rendono
più agevole la raccolta. Le olive raccolte con la brucatura si presentano con una bassissima quantità di
foglie.
Gli oli prodotti con tale sistema sono generalmente di ottima qualità.
Scuotitura
Per aumentare la produttività e sopperire alla diminuzione della manodopera, si è avviato un processo di
meccanizzazione della raccolta delle olive mediante scuotitori del tronco o dei rami, che provocano il
distacco delle olive e la caduta su teli stesi a terra o in cestoni. Il prodotto che se ne ricava è simile a quello
ottenuto mediante brucatura. Le olive raccolte con la scuotitura si presentano con un alta presenza di foglie
e piccoli rametti.
Gli oli prodotti con questo sistema sono generalmente di ottima qualità.
Bacchiatura
È questa una pratica assai diffusa negli oliveti che presentano una dimensione degli alberi tale da rendere
impossibile la raccolta a mano. Le olive vengono fatte cadere mediante l’utilizzo di mazze che provocano la
caduta delle olive su teli stesi a terra o in cestoni: le olive così raccolte si presentano con una quantità di
foglie intermedia tra il metodo per brucatura e quello per scuotitura.
Gli oli prodotti da olive raccolte con la bacchiatura sono generalmente di ottima qualità.
Cascola naturale
Questo sistema di raccolta viene praticato prevalentemente nelle zone dove gli alberi di ulivo sono troppo
alti (circa 5 metri). Consiste nella caduta naturale delle olive con un elevato grado di maturazione, le olive
vengono raccolte su teli o da terra.
Gli oli prodotti da olive raccolte con la cascola naturale sono generalmente di scarsa qualità, non adatti al
consumo alimentare.
Estrazione dell'olio d'oliva
L'estrazione dell'olio d'oliva è un processo industriale di trasformazione agroalimentare, che ha per scopo
l'estrazione dell'olio dalle drupe dell'olivo. Tale trasformazione, attuata in una struttura detta oleificio (o,
più impropriamente, frantoio), avviene in due fasi fondamentali: la macinazione della polpa (molitura o
frangitura) e la successiva separazione della frazione oleosa dagli altri componenti solidi e liquidi
(estrazione).
Principi fondamentali
L'olio d'oliva propriamente detto è contenuto nei lipovacuoli delle cellule del mesocarpo (polpa). Il
processo prevede, pertanto, l'estrazione della fase liquida dalle cellule, la separazione dalle frazioni solide e
la separazione della frazione lipidica (oleosa) da quella acquosa.
Gli oli vergini si distinguono nettamente dagli altri oli per due prerogative: la materia prima, rappresentata
dalla polpa delle olive, e il metodo d'estrazione, rappresentato da processi di natura
esclusivamente meccanica. L'estrazione degli oli vergini impiega esclusivamente l'urto, la pressione,
la centrifugazione, la decantazione, la filtrazione, la tensione superficiale, il trattamento meccanico
delle emulsioni. È ammesso il ricorso al riscaldamento con temperature moderatamente alte al fine di
incrementare la resa in olio.
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Le altre tecniche prevedono l'impiego di metodi fisici e chimici. Va però detto che la normativa e
gli standard di qualità impongono l'impiego esclusivo di metodi meccanici. L'olio ottenuto con il ricorso a
metodi chimici e fisico-chimici è pertanto identificato con tipologie merceologiche differenti e distinte
dal vergine. Nel caso degli oli ottenuti dalle olive, i metodi fisici e chimici sono processi secondari attuati in
impianti distinti, per rettificare oli vergini non commestibili o per estrarre la frazione lipidica dal seme.
Fasi del processo
L'automazione delle fasi con il controllo centralizzato dei parametri, riduce il fabbisogno di lavoro a due soli
operatori.
Le linee di lavorazione nell'estrazione meccanica differiscono per i metodi usati nelle singole fasi, pertanto
esistono tipologie d'impianto differenti. Oltre che per le caratteristiche tecniche gli impianti differiscono in
modo marcato per la capacità di lavoro, il livello di meccanizzazione, l'organizzazione del lavoro, la resa
qualitativa e quantitativa, i costi di produzione. Quasi tutti gli impianti prevedono la successione di cinque
fasi fondamentali:





Operazioni preliminari. Hanno lo scopo di preparare le olive alla lavorazione.
Molitura. Ha lo scopo di rompere le pareti delle cellule e far fuoriuscire i succhi. Il prodotto di questa
fase è generalmente indicato con il termine di pasta d'olio, composta da olio, acqua e parti solide.
Gramolatura. È un rimescolamento della pasta d'olio ed ha lo scopo di rompere l'emulsione fra olio e
acqua e facilitarne la separazione nella fase successiva.
Estrazione del mosto d'olio. Ha lo scopo di separare la fase liquida, l'emulsione acqua-olio, dalla fase
solida, la sansa. La sansa è composta dai residui solidi delle bucce, della polpa, dei semi e dai frammenti
dei noccioli (nocciolino). L'emulsione acqua-olio è generalmente indicata con il termine di mosto d'olio.
In realtà il mosto contiene anche un residuo solido, detto morchia, che resta in sospensione
nell'emulsione.
Separazione dell'olio d'oliva.
Operazioni preliminari
Prima dell'estrazione vera e propria le olive devono essere preparate con le operazioni preliminari. Si tratta
di operazioni intercalate fra la raccolta e la molitura effettuate nel settore iniziale dell'oleificio.
Pesatura: viene effettuata nell'oleificio all'atto del conferimento. La struttura della filiera in Italia, costituita
per lo più da piccole aziende olivicole che conferiscono il prodotto in oleifici sociali o che operano in conto
terzi, fa sì che i quantitativi conferiti siano generalmente di modeste quantità. La pesatura pertanto è
effettuata dopo lo scarico dal mezzo di trasporto in cassette, bin o sacchi.
Stoccaggio: con piccole partite raccolte integralmente a mano questa fase si svolge in parte nell'azienda
olivicola allo scopo di raggiungere il quantitativo sufficiente da conferire per un ciclo di lavorazione. Con
grandi partite, in genere ottenute con sistemi di meccanizzazione, le olive raccolte vengono direttamente
conferite all'oleificio e stoccate in un'area o locale separati (l'olivaio) oppure direttamente in uno spazio
antistante la linea di lavorazione. In passato si stoccavano le olive in sacchi di juta, attualmente si usano le
cassette forate o i bin nel caso di sistemi pallettizzati, riducendo quanto più è possibile gli strati per
migliorare l'aerazione delle olive e prevenire le fermentazioni.
La qualità del prodotto finale dipende dallo stato di conservazione delle olive e dai tempi d'attesa. La
conservazione in grandi cumuli, con insufficiente aerazione della massa di olive, e tempi d'attesa dell'ordine
di diversi giorni determinano l'insorgenza di processi di fermentazione delle olive che si traducono una
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peggiore qualità dell'olio. Il fenomeno si accentua nel caso di olive che hanno subito traumi in fase di
raccolta o per attacchi da parte della mosca olearia. Gli orientamenti attuali sono i seguenti:

stoccaggio delle olive in ambiente fresco e sufficientemente ventilato in strati sottili;

riduzione dei tempi di sosta entro le 24 ore dal conferimento.
Lavaggio: si effettua mediante immersione delle olive in una vasca d'acqua o, nei moderni impianti, in
apposite lavatrici che mantengono una movimentazione forzata dell'acqua per migliorare il risultato
dell'operazione. Allo scopo di ottenere un olio di qualità, in questa fase, è anche importante che l'acqua
impiegata sia pulita ricambiandola frequentemente. Al termine dell'operazione le olive subiscono
un'asciugatura per semplice sgrondo dell'acqua di lavaggio.
Molitura
La molitura consiste nella prima fase di estrazione vera e propria. Le olive sono sottoposte ad azioni
meccaniche che provocano la rottura della parete cellulare e delle membrane con la conseguente
fuoriuscita dei succhi cellulari e dell'olio. Questa azione è affidata allo sfregamento dei frammenti del
nocciolo sulle polpe oppure all'urto di dispositivi meccanici in rotazione ad alta velocità nella massa delle
polpe. Il prodotto ottenuto da questa fase nella maggior parte degli impianti è la pasta d'olio, una massa
semifluida composta da una frazione solida (frammenti di noccioli, bucce e polpa) e una liquida (emulsione
di acqua e olio).
I sistemi utilizzati sono fondamentalmente di due tipi.
Molitura classica : la molazza è lo strumento tradizionalmente usato, derivato concettualmente dalle
antiche macine in pietra: l'azione meccanica è esercitata dalla rotazione di una o più grandi ruote in pietra
(generalmente in granito) sulla massa in lavorazione. Contrariamente a quanto si possa pensare, la
fuoriuscita dei succhi non è causata dallo schiacciamento, bensì dall'azione di sfregamento degli spigoli
taglienti dei frammenti di nocciolo sulla polpa delle olive. La funzione della ruota pertanto è quella di
frantumare i noccioli in dimensioni adatte allo scopo e rimescolare la massa in lavorazione.
In passato la molazza era costituita da una sola ruota azionata per mezzo di un braccio da un asino o da
un cavallo, pertanto aveva un notevole volume d'ingombro per consentire il movimento circolare
dell'animale. La molazza attuale è azionata da un motore di 5-12 kW ed è di dimensioni più contenute, con
un ingombro spaziale di 9-12 m. Si compone di una vasca con fondo in granito o in acciaio e bordi rialzati in
acciaio e di un sistema a 2-6 ruote ad asse orizzontale in pietra granitoide, disposte a coppie a distanze
diverse rispetto all'asse verticale della vasca. Lo scalzo delle ruote è sollevato di alcuni millimetri rispetto al
fondo della vasca ed è regolabile in modo da ottenere frammenti di nocciolo di dimensione adeguata. In
genere la regolazione dello scalzo è impostata secondo le caratteristiche dei noccioli della varietà d'olivo
prevalente nella zona dell'oleificio. La molazza è infine fornita di lame che hanno lo scopo di rimuovere la
pasta che aderisce alla ruote e migliorare il rimescolamento spingendo la pasta sotto lo scalzo.
La lavorazione con la molazza avviene con una lenta rotazione (12-15 giri al minuto per un tempo
complessivo variabile dai 20 ai 40 minuti). La quantità di olive lavorate in un ciclo è di 2,5-3 quintali in modo
da ottenere un quantitativo di pasta sufficiente ad effettuare il carico di una pressa idraulica nella fase
d'estrazione. Questa esigenza viene meno nel caso di impianti che utilizzano altri sistemi d'estrazione e in
generale la capacità di lavoro è progettata in modo da integrare la molazza in un impianto d'estrazione a
ciclo continuo.
Frangitura: il frangitore a martelli è lo strumento preferito nei moderni impianti a ciclo continuo perché
s'integra perfettamente con le esigenze di automazione dell'impianto. Il carico è effettuato
meccanicamente dall'alto, con elevatori a nastro che prelevano le olive in uscita dalla lavatrice; lo scarico
avviene dal basso, sempre meccanicamente, con il riversamento della pasta d'olio nelle gramolatrici.
Un frangitore a martelli è composto da una serie di dischi ruotanti dotati di spigoli vivi (martelli) con una
velocità di rotazione di 1200-3000 giri al minuto, azionata da motori di 10-40 kW di potenza.
Con questo sistema la rottura della polpa è causata dagli urti dei dispositivi ruotanti ad alta velocità e solo
in parte dall'azione meccanica dei frammenti di nocciolo. La lavorazione si svolge in tempi brevissimi,
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nell'ordine dei secondi, e si presta ad un funzionamento a ciclo continuo con carico e scarico automatizzato.
Lo spazio d'ingombro è dell'ordine di pochi metri quadri.
Comparazione: entrambi i sistemi presentano vantaggi e svantaggi. Sotto l'aspetto qualitativo di base
(acidità, numero di perossidi, ecc.) i due processi tendono ad equivalersi, ma si possono avere marcate
influenze sulle caratteristiche organolettiche. Il motivo risiede nel fatto che durante la frangitura, con la
rottura delle pareti delle cellule, si attivano gli enzimi, presenti sia nella polpa sia nel seme, che agiscono sui
componenti chimici dell'olio. I differenti enzimi, nel complesso, hanno una duplice azione: una, di carattere
positivo, consiste nell'estrazione delle sostanze volatili che sono responsabili dell'aroma, che conferisce il
caratteristico e complesso gusto di fruttato; l'altra, di carattere negativo, consiste nell'ossidazione, a carico
dei glucidi e, soprattutto, dei lipidi, con conseguente scadimento qualitativo e organolettico dell'olio. La
definizione del rapporto fra i due fenomeni è piuttosto complessa, in quanto determinata dalle condizioni
in cui si svolge la frangitura (durata della molazzatura, grado di frantumazione dei noccioli, velocità di
rotazione del frangitore), dalle caratteristiche della materia prima (proprietà della cultivar, qualità delle
drupe, ecc.), dai trattamenti successivi (gramolatura ed estrazione). Fondamentali, per le caratteristiche
organolettiche, sono l'estrazione enzimatica dei componenti volatili e dei polifenoli e il rilascio
della clorofilla dalle cellule della buccia.
La molitura classica comporta un basso grado di emulsiona mento, perciò permette di ottenere rese
qualitative e quantitative più elevate. In realtà la resa è virtualmente più alta con l'uso del frangitore a
martelli, ma il risultato è condizionato dalla velocità di rotazione dei dischi e dai parametri (durata e
temperatura) adottati nella successiva gramolatura. La qualità inoltre è migliorata da una valutazione
organolettica mediamente più alta e da un gusto meno piccante e meno amaro perché il tenore
in polifenoli risulta mediamente leggermente più basso. L'ossidazione della pasta d'olio per effetto
dell'esposizione all'aria è un fenomeno negativo e può avere un'incidenza rilevante secondo il metodo
d'estrazione usato, tuttavia la qualità del prodotto è potenzialmente alta, in quanto tende a prevalere
l'azione positiva degli enzimi che producono il fruttato, purché siano rispettati alcuni requisiti operativi.
L'azione violenta della frangitura provoca un grado di emulsionamento spinto fra acqua e olio, pertanto
offre rese quantitative più basse in assenza di gramolatura. La qualità del prodotto dipende in sostanza
dalla temperatura adottata nella successiva gramolatura, rendendo necessario un compromesso fra resa
del processo e qualità. I modelli più recenti, che operano con dispositivi a disco o a coltelli e a velocità più
basse, hanno tuttavia un impatto minore sulla qualità.
Il principale difetto, attribuito alla frangitura, è il grado di estrazione dei polifenoli più spinto: i polifenoli
sono responsabili del gusto piccante e del retrogusto amaro. Queste proprietà organolettiche, se
particolarmente intense, non sono gradite alla maggior parte dei consumatori e tendono ad accentuarsi
con la lavorazione di cultivar che hanno di per sé un alto tenore in polifenoli; per contro, la frangitura a
martelli consente di ottenere un olio mediamente più ricco in clorofilla e più stabile in fase di
conservazione. I vantaggi consistono nella notevole capacità oraria di lavoro, nella integrale automazione
del processo, nella perfetta integrazione in un impianto a ciclo continuo.
In definitiva il sistema classico si presta per valorizzare cultivar che hanno potenzialità di pregio, ottenendo
oli di altissima qualità il cui prezzo è in grado di remunerare i maggiori costi della lavorazione. Il sistema
della frangitura è più adatto per la produzione di oli di qualità leggermente inferiore, per valorizzare cultivar
potenzialmente meno pregiate e per filiere basate sulla lavorazione in conto terzi.
Gramolatura
La gramolatura, o gramolazione, è un'operazione che segue la frangitura ed ha lo scopo di rompere
l'emulsione fra acqua e olio e far confluire le micelle d'olio in gocce più grandi che tendono a separarsi
spontaneamente dall'acqua. Si effettua in macchine dette gramole o gramolatrici.
La gramola è in sostanza una vasca in acciaio in cui ruotano pale elicoidali che, ruotando ad una velocità di
20-30 giri al minuto, mantengono in lento rimescolamento la pasta d'olio (flottazione). L'azione del
rimescolamento rompe l'emulsione migliorando poi la resa in mosto d'olio nella successiva fase
d'estrazione. Le attuali tipologie costruttive comprendono più gramole disposte in serie (in questo caso
spesso sovrapposte per limitare lo spazio d'ingombro) oppure in parallelo e caricate meccanicamente,
mediante sistema idraulico, con la pasta d'olio uscita dal frangitore o dalla molazza. Esiste inoltre una
28
tipologia detta gramola-dosatrice fornita di un sistema di distribuzione della pasta d'olio sui diaframmi
filtranti utilizzati nell'estrazione per pressione. La macchina è infine provvista di un sistema di
riscaldamento costituito dal passaggio di acqua calda in un'intercapedine esterna.
I parametri tecnici di riferimento sono la temperatura e la durata dell'operazione. La temperatura è
fondamentale per la resa nella successiva estrazione ed è strettamente correlata alla stabilità
dell'emulsione acqua-olio. Con un basso grado di emulsionamento la gramolatura non è necessaria oppure
si può svolgere a temperature di poco superiori a quella ambientale (da 22-24 °C a 27 °C); in questo caso si
parla di gramolatura o estrazione a freddo. Con emulsioni più stabili è necessario procedere ad un
riscaldamento più spinto della pasta, con temperature superiori ai 27 °C e inferiori a 30 °C. Il limite di 30 °C
è considerato il punto critico: la resa dell'estrazione aumenta con la temperatura della gramolatura, ma
raggiunto questo livello termico, la pasta subisce un decadimento qualitativo. Per questo motivo, il
riscaldamento non deve raggiungere la soglia dei 30 °C, quando si produce un olio vergine destinato al
consumo diretto, mentre per gli oli vergini lampanti, destinati alla rettificazione, si effettua una
gramolatura a temperature superiori ai 30 °C allo scopo di incrementare la resa quantitativa.
La gramolatura ha una durata in media di 20-40 minuti e non superiore ai 60 minuti. Il prolungamento
dell'operazione non ha alcun effetto sulla resa in olio, pertanto è da evitare in quanto prolungherebbe il
contatto della pasta d'olio con l'aria determinando una maggiore ossidazione. La gramolatura va perciò
interrotta quando la pasta d'olio cessa di macchiare le mani e si presenta untuosa al tatto. I moderni
impianti hanno sistemi automatizzati per il controllo della fase. Questa fase è di notevole importanza per
determinare il congruo compromesso fra resa quantitativa in olio e qualità: il riscaldamento aumenta
l'efficacia della gramolatura permettendo l'innalzamento della resa in olio, tuttavia influisce negativamente
sulla qualità dell'olio:

peggioramento del gusto (sapore di riscaldo, sapore metallico)

perdita di sostanze volatili e di conseguenza del gusto di fruttato

minori proprietà dietetiche a causa delle perdite in polifenoli, tocoferoli e vitamina A.
Per oli di alta qualità la gramolatura si svolge a freddo oppure riscaldando moderatamente la pasta d'olio
fino ad una temperatura di 27-28 °C. Una resa superiore si può ottenere riscaldando la pasta fino a 29-30 °C
penalizzando leggermente la qualità, mentre è assolutamente sconsigliato il raggiungimento o il
superamento dei 30 °C. Il Regolamento dell'Unione Europea n. 29 del 2012 consente la dicitura in etichetta
delle locuzioni a freddo (in riferimento ai processi d'estrazione) solo se i processi si sono svolti ad una
temperatura inferiore a 27 °C.
L'efficacia della gramolatura dipende inoltre dal metodo utilizzato per la molitura. La molazzatura crea un
basso grado di emulsiona mento, per cui è sufficiente la gramolatura a freddo per ottenere una buona resa
in olio. La frangitura, per effetto dell'elevata velocità di rotazione dei martelli, crea invece un'emulsione più
stabile che necessita di un moderato riscaldamento della pasta fino a 28-29 °C per ottenere rese
accettabili. Un esperto assaggiatore è in grado di discernere con la degustazione fra un olio prodotto con la
molazza e uno ottenuto con il frangitore a martelli proprio a causa dell'effetto del moderato riscaldamento
anche quando non si supera la temperatura critica.
Estrazione dell'olio
Consiste nella separazione del mosto d'olio dalla sansa, la frazione solida costituita dai frammenti di
nocciolo, dalle buccette e da frammenti di polpa. L'estrazione è attuata con sistemi alternativi che sfruttano
principi meccanici concettualmente differenti. In ragione di queste differenze il mosto d'olio e la sansa
hanno caratteristiche differenti secondo il metodo d'estrazione impiegato, ma vanno messe in evidenza
anche profonde differenze nell'impianto, nella qualità del prodotto, nell'organizzazione del lavoro e nella
stessa gestione. I metodi d'estrazione si riconducono a tre tipi fondamentali.
Estrazione per pressione: si tratta del metodo classico, che separa il mosto d'olio dalle sanse attraverso una
filtrazione per effetto di una pressione. La pressione si attua in una pressa idraulica aperta disponendo la
29
pasta d'olio su strati sottili alternati a diaframmi filtranti in una torre carrellata. Il dispositivo utilizzato per
la costruzione della pila consiste in un piatto circolare in acciaio con sponde leggermente rialzate e
sagomate, carrellato per la movimentazione. Al centro del piatto è inserito un cilindro forato (detto
foratina) che ha lo scopo di mantenere la pila in verticale e favorire il deflusso del mosto d'olio anche lungo
l'asse centrale della pila.
La costruzione della pila avviene secondo un ordine standard: il diaframma filtrante è costituito da un disco
in fibra sintetica forato al centro in modo da essere infilato lungo la foratina. Sul primo diaframma, adagiato
sul fondo del piatto, si dispone uno strato di pasta d'oliva spesso 3 cm, si sovrappone un secondo
diaframma e un secondo strato di pasta e così via. Ogni tre strati di pasta si sovrappone un diaframma
senza pasta e un disco d'acciaio allo scopo di distribuire uniformemente la pressione. Complessivamente si
costruisce una pila composta dalla sovrapposizione di 60 diaframmi alternati a 60 strati di pasta, 20 dischi
d'acciaio e 20 diaframmi senza pasta. Il quantitativo di pasta impiegato corrisponde ad una partita di olive
molite con la molazza (2,5-3 quintali). L'intera operazione di carico di una pressa si effettuava a mano, ma
attualmente si utilizzano apposite dosatrici, spesso integrate con la gramola. A questo punto la torre viene
inserita nella pressa e sottoposta a pressioni medie dell'ordine di 400 atm. Per effetto della pressione il
mosto d'olio si separa dalla frazione solida e dal sistema drenante fluisce lungo l'esterno e lungo la foratina
e viene raccolto sul piatto. Terminata l'estrazione, la pila viene smontata e dai diaframmi viene rimossa la
sansa utilizzando apposite macchine.
I diaframmi filtranti sono spesso chiamati fiscoli. In realtà il fiscolo è un doppio disco filtrante saldato ai
margini e forato al centro realizzato in fibra di cocco. La pasta d'olio si disponeva all'interno del fiscolo.
Questo sistema presentava molteplici svantaggi. L'operazione di carico e scarico era alquanto onerosa, ma
soprattutto il difetto principale era la difficoltà di pulizia dei fiscoli: le fibre trattenevano sempre residui di
pasta che alterandosi facilmente per azione di muffe e dell'ossidazione conferivano all'olio sapori sgradevoli
(sapore di fiscolo). Per esigenze organizzative e per migliorare gli standard di qualità i fiscoli sono stati del
tutto abbandonati e sostituiti dai diaframmi circolari in fibra sintetica.
I vantaggi dell'estrazione per pressione sono i seguenti:
 buona qualità delle sanse
 ridotti consumi di energia e acqua e costi fissi contenuti
 minori quantitativi d'acqua di vegetazione da smaltire
 minore carica inquinante dell'acqua di vegetazione
Gli svantaggi sono i seguenti:
 costi rilevanti per l'impiego della manodopera
 oneri derivanti dalla difficoltà di pulizia dei diaframmi filtranti
 funzionamento a ciclo discontinuo
 rischio di peggioramento della qualità in caso di cattiva pulizia dei diaframmi
Estrazione per centrifugazione: Si tratta di un metodo di larga diffusione perché permette di superare i
molteplici svantaggi associati all'estrazione per pressione. La pasta d'olio è sottoposta ad una
centrifugazione in un tamburo conico ruotante ad asse orizzontale (detto comunemente decanter). La
centrifugazione opera in genere ad una velocità di rotazione di 3000-3500 giri al minuto. Per effetto del
differente peso specifico la centrifugazione separa 2 o 3 fasi. Secondo le specifiche tecniche si distinguono
tre tipi fondamentali di decanter.
Il decanter a 3 fasi è la tipologia più vecchia e presenta diversi svantaggi. La centrifugazione separa tre
frazioni:
 le sanse;
 il mosto d'olio, contenente una piccola quantità d'acqua;
 l'acqua di vegetazione, contenente una piccola quantità d'olio.
Questo sistema richiede la preventiva diluizione della pasta d'olio con acqua. In sostanza presenta difetti
considerevoli perché consuma elevati quantitativi d'acqua e produce elevati quantitativi di acque di
vegetazione. L'acqua ha inoltre un'azione di lavaggio della pasta che porta all'estrazione di un'elevata
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quantità di polifenoli. Le acque di vegetazione hanno pertanto una maggiore carica inquinante rendendone
ulteriormente più oneroso lo smaltimento. Per questi motivi il sistema a 3 fasi è stato abbandonato.
Il decanter a 2 fasi è stato concepito per ovviare agli inconvenienti del sistema a 3 fasi. In pratica differisce
per il minore impiego d'acqua. La centrifugazione separa due sole frazioni:
 le sanse e l'acqua di vegetazione;
 il mosto d'olio, contenente una piccola quantità d'acqua.
Il sistema riduce il problema del carico inquinante perché la quantità di polifenoli estratta è inferiore.
Presenta però il difetto di produrre sanse eccessivamente umide, non accettate dai sansifici perché hanno
uno scarso valore merceologico. Le sanse diventano pertanto un prodotto di scarto da smaltire senza
alcuna possibilità di recupero economico, essendo poco conveniente l'essiccazione.
Il decanter a 2 fasi e mezzo è la tipologia più recente e riassume i pregi dei due sistemi differenti. La
lavorazione richiede l'aggiunta di un ridotto quantitativo d'acqua e separa tre frazioni (sanse umide, acqua
di vegetazione, mosto d'olio). Il vantaggio di questo sistema è che si produce un quantitativo inferiore di
acque di vegetazione e con una minore carica inquinante. Le sanse umide hanno ancora uno scarso valore,
tuttavia possono essere trattate con sistemi che permettono un recupero economico sfruttando il
potenziale energetico del nocciolino.
Nel complesso, il sistema della centrifugazione presenta seguenti i vantaggi e gli svantaggi:
Vantaggi:
 alta capacità di lavoro;
 ridotto fabbisogno di lavoro grazie all'automazione e all'inserimento in un ciclo continuo;
 discreta qualità dell'olio per il basso grado di ossidazione e la facilità di pulizia;
 ridotti spazi d'ingombro.
Svantaggi:
 elevati consumi energetici;
 maggior consumo d'acqua;
 costi elevati di manutenzione a causa dell'usura a cui è soggetto il tamburo;
 costi di smaltimento dei reflui per la quantità d'acqua di vegetazione prodotta e per il maggior carico
inquinante;
 difficoltà di gestione delle sanse.
Estrazione in Sinolea : la Sinolea è un dispositivo integrato in un impianto specifico a ciclo continuo che si
basa su uno schema di lavorazione differente dagli altri impianti. Il principio fisico su cui si basa la Sinolea,
concepito fin dal 1911, è la differenza fra la tensione superficiale dell'acqua di vegetazione e quella
dell'olio: per effetto di questa differenza, l'olio tende ad aderire facilmente ad una superficie metallica
rispetto all'acqua, la quale viene separata per percolazione. Il metodo di estrazione viene detto
anche percolamento o filtrazione selettiva.
La Sinolea consiste fondamentalmente in una vasca contenente la pasta d'olio, prodotta da un frangitore a
martelli, nella quale s'immerge il dispositivo estrattore. Quest'ultimo è costituito da una serie di alcune
migliaia di lame d'acciaio che viene immersa nella pasta d'olio con un moto alternativo continuo che
percorre ciclicamente le seguenti fasi:
 immersione;
 sollevamento;
 raschiamento dell'olio.
Ad ogni ciclo d'immersione il sollevamento del dispositivo fa sgrondare l'acqua di vegetazione per effetto
della gravità mentre l'olio aderisce alle superfici metalliche. L'efficacia del processo si basa sull'elevato
numero di lamelle, indispensabile per una sufficiente superficie di interfaccia. Il moto è piuttosto lento, con
una velocità di rotazione dell'ordine di 7-9 giri al minuto. Durante il moto di ritorno le superfici metalliche
31
vanno a contatto con un dispositivo raschiatore che rimuove l'olio facendolo confluire in un sistema di
raccolta. Questo sistema permette di ottenere un olio di altissima qualità, tuttavia ha una resa piuttosto
bassa. Qualora esista la convenienza economica, la pasta residua può essere sottoposta ad un secondo
processo di estrazione per centrifugazione. In questo modo si ottengono due prodotti differenziati in
termini di qualità.
La valutazione data al metodo di estrazione vede in sostanza dei vantaggi relativi alla qualità del prodotto e
agli aspetti operativi. I vantaggi di ordine qualitativo sono dovuti alla lavorazione a freddo e all'assenza di
interferenze del processo di estrazione con le caratteristiche biochimiche della frazione oleosa della polpa
delle olive, come ad esempio il "lavaggio" dei polifenoli o le alterazioni causate da una cattiva pulizia dei
diaframmi: ciò permette di ottenere oli di alta qualità per l'elevato contenuto in sostanze aromatiche e in
polifenoli. I vantaggi di ordine operativo consistono nell'automazione e, di conseguenza, nella perfetta
integrazione del processo in un ciclo continuo di lavorazione; l'olio estratto dalla Sinolea, inoltre, è privo
d'acqua e non necessita della successiva separazione centrifuga.
A fronte dei sopracitati vantaggi vanno segnalati degli svantaggi relativi alle basse rese, aspetto intrinseco
di questo processo. La resa specifica dipende essenzialmente da rapporto quantitativo acqua/olio presente
nelle olive lavorate e può essere anche inferiore al 50% di quella teorica totale. Ciò obbliga ad abbinare la
Sinolea ad un impianto che permetta l'estrazione per centrifugazione della pasta residua, con conseguente
incremento dei costi di trasformazione.
Separazione dell'olio dall'acqua
Ad esclusione del metodo della Sinolea, il mosto d'olio ottenuto dall'estrazione contiene sempre una
quantità residua d'acqua che viene separata per effetto della differente densità dei due liquidi attraverso
la decantazione o la centrifugazione.
Decantazione
È il metodo tradizionale basato sulla non miscibilità dell'olio e dell'acqua. In fase di riposo l'olio, essendo più
leggero, tende ad affiorare in superficie separandosi dall'acqua. Il mosto d'olio, appena ottenuto con la
spremitura, subisce una prima separazione che permette di ottenere un prodotto di maggiore qualità. La
separazione della quantità residua richiedeva invece tempi più lunghi di stazionamento nell'oliario in
apposite vasche di muratura. Analogamente si effettuava il recupero di una quantità residua di pessima
qualità dalle acque di vegetazione stoccate nell'inferno, un locale appositamente adibito.
La decantazione è un metodo ormai del tutto abbandonato in quanto poco adatto ad ottenere prodotti di
qualità. In Italia non viene più attuato dagli anni cinquanta a seguito dell'elettrificazione rurale.
Centrifugazione verticale
La centrifugazione verticale è il sistema impiegato in tutti gli impianti (ad eccezione dell'olio estratto con la
Sinolea) per separare l'olio dall'acqua. Al processo è sottoposto sia il mosto d'olio ottenuto per spremitura
o per centrifugazione orizzontale, sia l'acqua di vegetazione ottenuta dalla centrifugazione orizzontale.
Allo scopo si utilizzano separatori centrifughi verticali. Si tratta di macchine mutuate dall'impiantistica
dell'industria lattiero-casearia (scrematrici) che effettuano la separazione in virtù di una rotazione ad alta
velocità. Il separatore centrifugo consiste in un serbatoio cilindrico contenente il tamburo ruotante
costituito da una serie di dischi conici forati e sovrapposti. Il mosto d'olio, immesso dall'alto, entra nel
tamburo ed è sottoposto ad una centrifugazione a 6000-6500 giri al minuto. Per effetto della differente
densità olio e acqua si separano in due differenti efflussi. Durante la rotazione si ha un accumulo di residui
solidi (morchie) che vengono espulsi tramite un sistema di sicurezza automatizzato.
Trattamenti successivi
All'uscita dal separatore centrifugo, l'olio è un prodotto pronto al consumo. Il prodotto tal quale contiene
residui solidi in sospensione e si presenta torbido. In situazione di riposo il residuo solido si deposita sul
fondo del recipiente e l'olio illimpidisce spontaneamente. Di conseguenza l'olio appena separato viene
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conservato in vasi d'acciaio, a contatto con un'atmosfera d'azoto per prevenire le ossidazioni, per sfruttare
la sedimentazione spontanea della morchia. L'olio destinato subito alla commercializzazione è invece
sottoposto a filtrazione mediante filtri di tipo barese o filtri-pressa prima del confezionamento.
Smaltimento dei reflui oleari
Uno dei principali problemi della gestione degli oleifici è lo smaltimento delle acque di vegetazione. Questo
sottoprodotto è un refluo che ha una carica inquinante intrinseca sia per il tenore in sostanza organica (la
cui ossidazione chimica o biologica riduce il tenore di ossigeno nelle acque superficiali) sia, soprattutto, per
l'eccessivo tenore in polifenoli (la cui biodegradabilità è bassa).
In passato era ammesso il riversamento delle acque di vegetazione nella rete fognaria civile, ma in seguito
all'applicazione della legge n. 319 del 1976 (nota comeLegge Merli) i reflui delle attività produttive che non
rispettano uno o più parametri possono essere riversati nelle acque superficiali solo dopo trattamento che
ne abbatta la carica inquinante. Negli anni ottanta, gli oleifici hanno operato in regime di deroga per
consentire alla ricerca scientifica l'individuazione di metodi di trattamento e smaltimento economicamente
sostenibili. Le soluzioni tecniche, infatti, erano e restano ancora improponibili per la realtà dell'elaiotecnica
italiana, caratterizzata da piccoli frantoi che non sono in grado di realizzare le economie di scala necessarie
per sostenere i costi di un impianto di depurazione. L'applicazione rigorosa della legge avrebbe di fatto
comportato la chiusura della maggior parte degli oleifici italiani. Una sentenza della Corte di Cassazione, nel
1986, inserì di fatto i frantoi oleari fra gli opifici soggetti alla Legge Merli.
Per questo motivo nella seconda metà degli anni ottanta si è applicata una sanatoria delle pendenze
giudiziali e avviato un regime di deroga che permettesse lo smaltimento dei reflui oleari sui terreni agricoli
(Legge n. 119 del 1987). Nel frattempo si è appurato che l'impatto ambientale dello smaltimento dell'acqua
di vegetazione è molto più basso rispetto al riversamento nelle acque superficiali, a patto che non si
superino determinati quantitativi riferiti al tempo e alla superficie, soprattutto per evitare l'inquinamento
della falda freatica. La legge, fin dagli anni ottanta, disciplina perciò lo spandimento dei reflui oleari fissando
dei vincoli operativi e procedurali e la normativa vigente è stata perfezionata, ma complicata in sede
interpretativa, con successivi provvedimenti legislativi, quali la legge n. 574 del 1996, decreti ministeriali e
sentenze giurisprudenziali.
L'acqua di vegetazione smaltita nei terreni ha inizialmente un effetto rinettante sulle erbe infestanti e
blandamente antibiotica per l'azione dei polifenoli. A questo si aggiunge l'inquinamento atmosferico a
causa dei cattivi odori emanati dai reflui oleari e la possibilità d'inquinamento delle falde acquifere[38]. Dopo
un periodo di 5-6 mesi si evidenziano gli effetti positivi sulla fertilità fisica del terreno, dovuti
all'umificazione, e, sui terreni in cui sono state smaltite le acque di vegetazione, le piante mostrano un
maggior rigoglio vegetativo, dovuto all'azione fertilizzante dei reflui. Va tuttavia precisato che le
conoscenze in materia sono ancora in via di sviluppo, nonostante la ricerca si occupi di questi aspetti fin
dagli anni ottanta.
TIPI DI OLIO
L’olio di oliva racchiude una gamma di prodotti diversi per qualità e caratteristiche, comunemente nel dire
olio di oliva si usa una frase generica per definire tutti gli oli derivanti dalla lavorazione dell'oliva. Per questo
è molto importante la denominazione di vendita riportata sull’etichetta in caratteri chiari e comprensibili
per il consumatore.
REGOLAMENTO (CE) N. 1234/2007 DEL CONSIGLIO del 22 ottobre 2007 recante organizzazione comune dei
mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM).
Allegato XVI denominazioni e definizioni degli olio di oliva e degli olio di sansa di oliva di cui all'articolo 118
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1. OLI DI OLIVA VERGINI
Gli oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni
che non causano alterazioni dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla
decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con
coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di
altra natura.
CLASSIFICAZIONE DELL'OLIO D'OLIVA
Detti oli di oliva vergini sono oggetto della classificazione e delle denominazioni seguenti:
a) Olio extra vergine di oliva: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo
di 0,8 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;
b) Olio di oliva vergine: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g
per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;
c) Olio di oliva lampante: olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è superiore a 2 g
per 100 g e/o avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
2. OLIO DI OLIVA RAFFINATO
Olio di oliva ottenuto dalla raffinazione dell’olio di oliva vergine, con un tenore di acidità libera, espresso in
acido oleico, non superiore a 0,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per
questa categoria.
3. OLIO DI OLIVA — COMPOSTO DI OLI DI OLIVA RAFFINATI E OLI DI OLIVA VERGINI
Olio di oliva ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine diverso dall’olio lampante,
con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e avente le altre
caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
4. OLIO DI SANSA DI OLIVA GREGGIO
Olio ottenuto dalla sansa d’oliva mediante trattamento con solventi o mediante processi fisici, oppure olio
corrispondente all’olio di oliva lampante, fatte salve talune specifiche caratteristiche, escluso l’olio ottenuto
attraverso la riesterificazione e le miscele con oli di altra natura, e avente le altre caratteristiche conformi a
quelle previste per questa categoria.
5. OLIO DI SANSA DI OLIVA RAFFINATO
Olio ottenuto dalla raffinazione dell’olio di sansa di oliva greggio, con un tenore di acidità libera, espresso in
acido oleico, non superiore a 0,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per
questa categoria.
34
6. OLIO DI SANSA DI OLIVA
Olio ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine diverso dall’olio di oliva
lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e avente le
altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
CARATTERISTICHE DEGLI OLI DI OLIVA - Allegato I (qui sotto riportata in modo non integrale)
del Regolamento CEE n. 2568/91
M21
Categoria
Acidità
%*
1. Olio extra vergine
di oliva
≤ 0,8
2. Olio di oliva
vergine
≤ 2,0
3. Olio di oliva
lampante
> 2,0
4. Olio di oliva
raffinato
≤ 0,3
Fonti:
www.agraria.org
www.frantoionline.it › Olivicoltura
it.wikipedia.org/wiki/Olea_europaea
www.museodell’olivo.com
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