FISIOPATOLOGIA E
CLINICA
DEL
“MAL DI SCHIENA”
NINO BASAGLIA
Direttore Dipartimento di Medicina Riabilitativa
“S. Giorgio”
Azienda Ospedaliero-Universitaria di FERRARA
FREQUENZA della LOMBALGIA
La lombalgia è
la maggiore
causa di dolore,
disabilità e
costo sociale
(Atlas SJ e Nardin RA,
2003)
FREQUENZA della LOMBALGIA
Più di un quarto della
popolazione soffrirà di
lombalgia nel corso di ogni
anno futuro (Anderson GBJ, 1997)
la maggior parte della
popolazione ne avrà
esperienza nel corso della
vita (Leboeuf-Yde C e Lauristsen JM, 1995;
Cassidy JD et al,1998; Anderson GBJ, 1999)
FREQUENZA della LOMBALGIA
Oltre il 70 % della popolazione
dei paesi sviluppati soffre di
mal di schiena in qualche
periodo della propria vita
Ogni anno il 15 - 45% delle
persone adulte soffrono di
lombalgia e 1 persona su 20 si
presenta in ospedale per un
nuovo episodio
(Andersson GBJ, 1997)
FREQUENZA della LOMBALGIA
La lombalgia è più comune
tra i 35 e i 55 anni
Il mal di schiena è correlato
al lavoro dato che sono le
persone in età lavorativa e
che lavorano che
presentano più
frequentemente tale
sintomatologia
(Andersson GBJ, 1997)
COSTI della LOMBALGIA
il 75-85% delle assenze dal lavoro sono
giustificate con il dolore vertebrale
ricorrente (Frymoyer JW, 1988)
negli USA i costi della lombalgia sono
stimati in 38-50 bilioni di dollari per anno
(Frymoyer JW e Durett CL, 1997)
I “ricavi” dalla lombalgia
La lombalgia è la quinta più comune
ragione di tutte le visite mediche e la
seconda condizione più comune
sintomatica (Hart LG et al, 1995)
Metà delle visite sono eseguite dai
medici di medicina generale e
rappresentano la più frequente causa
di visita da parte di ortopedici,
neurochirurghi (Cypress BK, 1983) e fisiatri.
EVOLUZIONE della LOMBALGIA
i soggetti con lombalgia spesso
non ricorrono a cure mediche a
causa della abituale brevità
dell’episodio algico (il 39% secondo una
indagine telefonica - Carey TS et al, 1996)
 il 75-90% dei pazienti con lombalgia
acuta visti in ambulatorio per le cure
primarie migliorano nell’arco di un
mese (Coste J et al, 1994; Deyo RA e Phillips WR, 1996;
Kelsey JL, 1992)
EVOLUZIONE della LOMBALGIA
molto comune è il permanere di sintomi
minimali o la loro ricorrenza rispetto a
quanto precedentemente ritenuto (Cherkin DC et al,
1996; Von Korff M e Saunders K 1996; Croft PR et al, 1998; Van den
Hoogen HJ et al, 1998)
Il 25-50% dei pazienti presenta degli episodi
di riacutizzazione nell’arco dell’anno
seguente (Von Korff M et al, 1993; Croft PR et al, 1998; Van den
Hoogen HJ et al, 1998; Carey TS et al, 1999)
 il 6-10% dei pazienti lombalgici
cronicizzano(Anderson GBJ, 1999; Carey TS et al, 2000;
(Cherkin DC et al, 1996; Klenerman L et al, 1995; Van den Hoogen HJ
et al, 1998)
Nonostante la
pressocché
scomparsa di lavori
pesanti/usuranti la
disabilità
secondaria a
lombalgia sta
aumentando
Nonostante lo
sviluppo delle
nostre
conoscenze e
delle modalità
di intervento
terapeutico la
disabilità
secondaria a
lombalgia sta
aumentando
Indennizzi ed invalidità per
mal di schiena in GB
Gran Bretagna, Dipartimento di
Sicurezza Sociale (Waddel G., 1999)
L’evoluzione dell’uomo
CAUSE
(Atlas SJ e Nardin RA, 2003)
 meccaniche:
si ritiene che i sintomi originino da
processi che coinvolgono la colonna
vertebrale e le strutture vicine (muscoli,
legamenti, faccette articolari, nervi, periosteo, vasi
sanguigni e disco intervertebrale).
L’individuazione esatta delle strutture che
determinano la lombalgia è difficile sia
clinicamente, sia con indagini strumentali (Deyo RA,
1986)
 non meccaniche: neoplasie, infezioni, artriti
infiammatorie croniche
CAUSE INTRINSECHE
Aspetti legati alla psiche (tensione
psichica, stress, problemi emozionali,..)
Posture mantenute a lungo, soprattutto
scorrette
Dischi collassati
Artrosi
Distorsioni con distrazioni articolari
Spasmi muscolari
CAUSE NON VERTEBRALI
Patologie ginecologiche (endometriosi,...)
Patologie intestinali (colonpatie,
pancreatiti,…)
Patologie reno-ureterali (calcolosi, …)
Patologie vascolari (aneurismi aorta
addominale, …)
Patologia vascolare Patologia prostatica
(prostatiti,…)
…………
CAUSE CERTE ….?
Sintomi, patologia ed evidenze radiologiche
sono scarsamente correlate
Il dolore è “non specifico” nell’85% delle
persone
Circa il 4% delle persone che presentano per
la prima volta dolore lombare presentano
fratture da compressione del corpo
vertebrale e circa l’1% ha un tumore
La prevalenza di dischi vertebrali collassati è
di circa l’1-3%
Spondiliti anchilosante ed infezioni vertebrali
sono molto poco comuni
( Deyo RA et al, 1992; Andersson GBJ, 1997)
PREVALENZA di POTENZIALI GRAVI CAUSE di
LOMBALGIA in AMBULATORI di MEDICINA GENERALE
(Atlas SJ e Deyo RA, 2001; Deyo RA e Weinstein JN, 2001)
EZIOLOGIA
Frattura
Ernia del disco
Stenosi vertebrale
Spondilolistesi
Neoplasia primaria o
metastatica
Artrite infiammatoria
Sindrome della cauda
Infezioni
STIMA PREVALENZA %
4
2–4
3
2
0,7
0,3
0,04
0,01
FATTORI BIOPSICOSOCIALI
associati al perdurare della lombalgia
 credere che la lombalgia sia pericolosa e
potenzialmente gravemente disabilitante
 paura di comportamenti, movimenti che
scatenino il dolore
 ridotti livelli di attività con significativa
limitazione delle ADL
 sintomi correlati a depressione o ansia
 aspettativa nell’utilità di trattamenti
“passivi” rispetto alla partecipazione attiva
(Kendall NAS et al, 1997)
Fattori di rischio di sviluppo della lombalgia
Fattori lavorativi fisici:
 Lavoro manuale pesante
 Sollevamento pesi e torsione del tronco
 Stress da postura protratta e coatta (posizione seduta, guida veicoli,..)
 Vibrazioni coinvolgenti l’intero corpo
Fattori lavorativi psicosociali:
 Lavoro monotono
 Assenza di padronanza del lavoro
 Lavoro poco gratificante
 Stress psicologico e mentale in ambiente lavorativo
Fattori fisiologici:
 Scarsa forma fisica
 Debolezza dei muscoli del tronco
Fattori psicologici:


Ansia
Depressione
Componenti correlate alla salute:
 Fumo
(Bongers PM et al, 1993; Andersson GBJ, 1997)
Entità del carico sulla colonna vertebrale nel
corso di diverse attività (Nachemson e Morris, 1964)
? ?
Stabilità
Instabilità
(Gardner-Morse et al, 1995)
clinica
clinica
vertebrale
vertebrale
Non esiste attualmente una
definizione di instabilità
spinale clinica condivisa
Non esiste attualmente una misura
standardizzata di instabilità spinale
clinica condivisa
(Pope MH, Panjabi MM, 1985; Bergmark A, 1989;
Boden SD e Weisel SW, 1990;
Ashton-Miller JA e Schultz AB, 1991; Bogduk N, 1997)
Stabilità spinale:
i tre sistemi che contribuiscono alla
stabilizzazione attiva della colonna vertebrale
Subsistema di controllo neurale
(Panjabi, MM, 1992)
Stabilità
spinale
Subsistema Passivo
(colonna vertebrale)
Subsistema Attivo
(muscoli spinali)
 “Riduzione significativa della capacità del
sistema stabilizzante della colonna vertebrale
di mantenere le zone neutre intervertebrali
entro i limiti fisiologici con conseguente
dolore e disabilità.” (Panjabi MM, 1992)
Panjabi MM (1992) identifica il controllo della
motilità intersegmentale intorno alla zona
neutrale quale parametro maggiore della
instabilità spinale coinvolta nel meccanismo
della instabilità clinica
Rappresentazione schematica del
rapporto carico-deformazione del
segmento spinale
CARICO
Range di mobilità
Flessione
Zona neutrale
DISLOCAZIONE
Estensione
(Panjabi MM, 1994)
VALUTAZIONI DIAGNOSTICHE
STRUMENTALI: IMAGING
 Rx standard: reperti inattesi rispetto
all’esame clinico sono solo 1 su
2.500 in pazienti adulti con meno di
50 anni d’età (Nachemson A, 1976) e il
rapporto costi/benefici presenta alti
costi e bassi benefici ( Liang M e Komaroff
AL,1982) senza considerare le
l’esposizione a radiazioni ionizzanti
(Doddy MM et al, 2000)
 Limiti di RX, TC e RM:
1. Segni di degenerazione dei dischi
lombari sono presenti in un terzo dei
pazienti con meno di 30 anni e in
quasi tutti i soggetti con più di 60 anni
(Powell MC et al, 1986) analogamente alla
presenza di osteofiti ed artrosi delle
faccette articolari (Andersson GBJ, 1997)
2. Spondilolisi è egualmente presente in
soggetti sintomatici e asintomatici,
così come una scoliosi moderata,
calcificazioni discali, ernie di Schmorl
ed altre anomalie congenite (Van Tulder MW
et al, 1997)
Rx e clinica:
più grave è l’artrosi evidente ai Rx,
minore può essere la sintomatologia
dolorosa
3. Molti lavori hanno documentato ernie
del disco e stenosi spinali in soggetti
asintomatici (Jensen MC et al, 1994; Boden SD et al,
1996; Jarvik JJ et al, 2001)
4. “bulging” del disco sono presenti in
più del 50% dei soggetti ed un’ernia
del disco nel 20-30%, con entrambi i
quadri più comuni nei soggetti più
anziani (Jensen MC et al, 1994)
5. Più del 20% dei soggetti asintomatici
con più di 60 anni presentano
immagini di stenosi spinale (Jensen MC et
al, 1994; Boden SD et al, 1996)
6. Nei pazienti sintomatici,
l’associazione tra menomazione
anatomica o imaging e sintomi
riportati è limitata (Beattie PF et al, 2000)
7. Spondilolistesi è riscontrata
in 1-5% di soggetti normali
ed è controverso che sia
maggiormente presente nei
soggetti sintomatici (Osterman
K et al, 1993) (uno scivolamento
di media entità (meno del
25% dello spessore
vertebrale) è frequente e
compare equamente in
persone asintomatiche e
lombalgiche; scivolamenti
superiori al 25% sono di
solito sintomatici, ma non
comuni (Atlas SJ e Nardin RA, 2003)
STUDIO ELETTRODIAGNOSTICO
 Lo studio neurofisiologico (EMG e NCS) fornisce
informazioni sulla funzione delle radici nervose ..…
tuttavia:
1. la risposta F, che fornisce una valutazione sulle vie
motrici, ha una bassa sensibilità e specificità nella
diagnosi di radiculopatia
2. Il riflesso H valuta la via sensitiva e motoria, diventa
anormale entro giorni dalla lesione e una volta
soppresso, può non ritornare normale dopo la
risoluzione della sindrome clinica; risulta inoltre
aspecifico potendo essere anormale per patologie
che colpiscono in qualsiasi parte i nervi tibiali e lo
sciatico
(Atlas SJ e Nardin RA, 2003)
“Sindrome dell’intervento chirurgico
alla schiena fallito” (Turk DC, 2004)
Solo pochi pazienti che non sono migliorati
con la chirurgia trovano qualche beneficio da
nuovi trattamenti chirurgici o da altri
trattamenti
 Nessun trattamento per questa sindrome si è
dimostrato efficace
 I soggetti in terapia a lungo termine con
oppioidi, anticonvulsivanti e antidepressivi
hanno una riduzione del dolore in solo il 3040%

Revisione sull’efficacia dei
vari trattamenti (Bogduk N, 2004)
 Non
sono significativamente efficaci
sui sintomi:

Analgesici, FANS, miorilassanti,
antidepressivi, terapie fisiche e terapia
manipolativa
 Solo
gli esercizi possono risultare
benefici, ma non curano tutto. Un
intervento multidisciplinare basato su
esercizi intensi migliora la funzionalità
fisica e ha moderati effetti sul dolore
In conclusione …..
“stiamo assistendo
ad una rivoluzione
con il passaggio dal
vecchio concetto
ortopedico basato
sulla “dinastia del
disco” ad un modello
bio-psico-sociale, un
modello di approccio
più integrato al mal di
schiena”
Alf L. Nachemson 1998
Un modello bio-psico-sociale della disabilità nel
mal di schiena
Ambiente sociale
Comportamenti
associati a malattia
Distress
psicologico
Attitudini e
pregiudizi
DOLORE
(Da Waddell G. “The
Back Pain Revolution”,
1999)
APPROCCIO
organico
SISTEMICO
ALLA
psicologico ambientale
RIABILITAZIONE:
approccio logico-deduttivo
che parte dall’uomo visto
nella sua unitarietà
sistemica bio-psico-sociale
e nella sua continua
mutevolezza in base allo
scorrere della vita e/o
all’acquisizione di
esperienze.
I vari momenti della vita
derivano
consequenzialmente l’uno
dall’altro e si influenzano
reciprocamente
(Basaglia N, 2000, 2002)
la persona e
il processo riabilitativo
Qualità della vita
sopravvivenza
relazione
produttività sociale e
lavoro
Nascita
terza età
Se la causa è
multifattoriale,
bio-psico-sociale,
anche la terapia
deve essere
multifattoriale,
multidimensionale,
multidisciplinare,
fisica, educativa,
psicologica, sociorelazionale
Terapia
L’approccio
educativo delle
“back schools”
risulta essere più
appropriato ed
efficace quando è
combinato con un
programma di
“comprehensive
rehabilitation”
(DiFabio RP, 1995)
Se l’unico strumento
che uno possiede è
il martello …..
….. tratterà ogni
problema come se
fosse un chiodo !
GRAZIE
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È POSSIBILE UNA INDIVIDUAZIONE PRECISA DELLA CAUSA