MODELLO 730 E UNICO 2012
Le novità in materia
di reddito di impresa
di Dulio Liburdi
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Le dichiarazioni dei redditi da presentare nel corso del 2012, per quello che concerne il reddito di impresa, non contengono delle novità di grandissimo spessore.
Ciò in quanto, nonostante il succedersi di
provvedimenti normativi, gli interventi in
questione hanno riguardato, in particolare, le politiche di accertamento. A questo
proposito, dunque, un ruolo fondamentale
sarà rivestito dalla applicazione degli studi di settore la cui congruità e coerenza, a
partire dal periodo di imposta 2011, rappresenterà una sorta di patente di correttezza fiscale a fronte della quale il contribuente conseguirà rilevanti vantaggi. Da
un punto di vista sostanziale, invece, devono essere di fatto segnalati tre elementi la nuova disciplina in materia di società non operative, l’applicazione dell’ACE
e l’esordio, nella dichiarazione dei redditi
delle nuove modalità di gestione e trattamento delle perdite pregresse. In relazione al primo aspetto va detto che le novità
decorrono, nella sostanza, dal periodo di
imposta 2012 ma già in questo modello
viene richiesta l’evidenziazione dell’ipotesi della cosiddetta perdita sistemica e cioè
l’avere dichiarato perdite per tre periodi
di imposta consecutivi ovvero perdite in
due periodi di imposta e nel terzo un reddito imponibile al di sotto del minimo. Ciò
in quanto, in caso di periodo di imposta
non coincidente con l’anno solare ed iniziato dopo il 17 settembre 2011, sarà questo il modello di dichiarazione da utilizzare. Appare dunque importante segnalare
la novità in questione analogamente agli
altri due interventi in materia di reddito
di impresa.
1. LE SOCIETÀ DI COMODO
CONFERME E NOVITÀ
NEI MODELLI DI DICHIARAZIONE
In relazione alla disciplina delle società
non operative, il modello Unico 2012 contiene una previsione nell’ambito del prospetto che tiene conto delle novità introdotte con il decreto legge n. 138 del 2011,
vale a dire con l’introduzione, nell’ambito
di applicazione della norma, dell’ipotesi
delle cosiddette società anti economiche
che vengono considerate tali nel momento
in cui dichiarano perdite per tre periodi
di imposta consecutivi ovvero perdite per
due periodi di imposta e per il terzo un
reddito inferiore a quello minimo. Oltre ad
incrementare, per le “vecchie” società di
comodo, l’aliquota IRES sino alla misura
del 38 per cento. Nell’ambito della modulistica, si tiene conto delle nuove disposizioni soprattutto in relazione a situazioni
nelle quali il contribuente debba presentare il modello Unico società di capitali per i
periodi di imposta a cavallo o comunque
iniziati dopo il 17 settembre 2011.
1. I CASI DI ESCLUSIONE:
LA DISCIPLINA PRECEDENTE
ALLA LEGGE N. 244 DEL 2007
La disciplina delle società non operative
elenca una serie di condizioni il cui verificarsi comporta la non applicazione automatica della normativa in esame senza che occorra a tal fine fornire la prova
contraria.
Rimangono pertanto estranei applicazione della disciplina sulle società non
operative, sin da prima delle modifiche
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normative apportate all’articolo 30 della
legge n. 724 del 1994 dalla legge n. 244
del 2007:
1. i soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di
costituirsi sotto forma di società di
capitali;
2. i soggetti che si trovano nel primo
periodo di imposta. Al riguardo, il
Ministero delle Finanze, con la circolare 48/E del 1997, ha precisato
che: “...il primo periodo d’imposta è
quello di inizio di attività, coincidente con l’apertura della partita IVA,
a prescindere dall’inizio dell’attività
produttiva”;
3. le società in amministrazione controllata o straordinaria, relativamente ai periodi di imposta interessati da tali procedure;
4. le società ed enti che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani
ed esteri, nonché alle stesse società
ed enti quotati ed alle società da essi
controllate, anche indirettamente;
5. le società esercenti pubblici servizi
di trasporto
Da subito vi è da notare come, per effetto di quanto disposto dal decreto legge n.
223 del 2006, non sia più prevista come
causa di esclusione, di carattere soggettiva, quella riferita alle società che non
si trovano in un periodo di normale attività (ipotesi che sarà in seguito commentata).
Al “semplice” verificarsi delle fattispecie
evidenziate, i soggetti interessati possono
determinare le imposte sul proprio reddito, senza attribuire alcuna importanza alla determinazione del reddito minimo imponibile ovvero proporre istanza di disapplicazione delle norme contenute nell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 come
ricordato dall’Agenzia delle Entrate nella
circolare n. 5 /E del 2 febbraio 2007.
2. LE NUOVE CAUSE
DI ESCLUSIONE
Sulla disciplina delle cause di esclusione
è poi intervenuta in modo rilevante la legge n. 244 del 2007 che ha introdotto, con
decorrenza dal periodo di imposta in corso
al 31 dicembre 2007, come precisato dalla
circolare n. 9 del 2008 e dal Provvedimen-
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to del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
del 14 febbraio 2008, nuove ipotesi oltre
a correggerne alcune già esistenti con la
finalità di ridurre in modo sostanziale, la
numerosità delle istanze di disapplicazione della norma in commento. Più in generale, la circolare dell’agenzia delle entrate
ha precisato che, con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre
2007, le nuove ipotesi di esclusione (che
giuridicamente hanno decorrenza dal periodo di imposta successivo a quello sopra
evidenziato), costituiscono delle ipotesi di
disapplicazione automatica della norma in
questione senza la necessità, dunque, di
presentare istanza di interpello.
2.1. SOCIETÀ CON NUMERO DI SOCI
NON INFERIORE A 50
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Tale clausola di esclusione, con riferimento alla numerosità della compagine
sociale non inferiore a 100 soci, è stata introdotta dall’art. 4, comma 1-ter, D.L. 11
marzo 1997, n. 50 con l’evidente intento
di non dare rilevanza alla normativa nei
confronti di società che per il solo numero
di soci coinvolti difficilmente si potrebbero
ritenere in qualche modo comprese nella
categoria dei soggetti “a rischio” a cui si rivolge la normativa delle società non operative. Per effetto della modifica apportata al
prima citato punto 6) del comma 1 dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 ad opera della legge n. 244 del 2007, sono escluse
dall’ambito di applicazione della disciplina
sulle società non operative le società che
abbiano un numero di soci non inferiore a
50 (la previgente formulazione richiedeva
un numero non inferiore a 100).
Come chiarito dalla circolare n. 9 del
2008 “ Il numero dei soci richiesto dalla norma è stato sensibilmente ridotto in
considerazione del fatto che la soglia di
cinquanta soci esprime una “dimensione” in sé sufficiente per escludere – relativamente alle società non quotate – la
presunzione di non operatività. Si precisa
che il requisito richiesto dalla norma per
l’esclusione “automatica” dalla disciplina
- ossia la soglia minima di cinquanta so-
ci – debba sussistere per la maggior parte
del periodo d’imposta”
2.2. SOCIETÀ CHE NEI DUE ESERCIZI
PRECEDENTI HANNO AVUTO
UN NUMERO DI DIPENDENTI
MAI INFERIORE ALLE DIECI UNITÀ
Questa nuova causa di esclusione riguarda le società che nei due anni precedenti hanno avuto alle dipendenze un
numero di unità lavorative mai inferiore a
10, in tal modo palesando una vitalità che
- secondo la legge – è incompatibile con lo
status di società non operativa. L’Amministrazione finanziaria, con la circolare
n. 9 del 14 febbraio 2008, ha ritenuto che
il numero minimo di dipendenti richiesto
dalla norma debba sussistere per tutti i
giorni compresi nell’arco temporale oggetto di osservazione. Ancorché la disposizione richieda - ai fini dell’esclusione - la verifica del numero minimo dei dipendenti nei
“due esercizi precedenti”, è implicito e coerente con la ratio della causa di esclusione
ritenere che tale valore debba sussistere
anche nell’esercizio per il quale debba effettuarsi il test di operatività. La circolare
citata i precisa, inoltre, che tra i dipendenti rientrano i lavoratori subordinati (con
contratto a tempo determinato o indeterminato), mentre ne sono esclusi quelli che
percepiscono redditi assimilati a quelli da
lavoro dipendenti, come i collaboratori a
progetto o gli amministratori.
2.3. SOCIETÀ IN STATO DI FALLIMENTO,
ASSOGGETTATE A PROCEDURE
DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIARIA,
DI LIQUIDAZIONE COATTA
AMMINISTRATIVA E IN CONCORDATO
PREVENTIVO
L’esclusione in esame era stata in parte già individuata in via interpretativa
nella circolare n. 25/E del 4 maggio 2007.
Inoltre, a livello di prassi, l’agenzia delle entrate aveva ribadito con la risoluzione n. 209 dell’8 agosto 2007, l’esclusione
dall’ambito di applicazione delle norme in
materia di società di comodo quelle società
in liquidazione giudiziaria. La vera novi-
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tà contenuta nella legge n. 244 del 2007
riguarda dunque le società in concordato
preventivo
2.4. SOCIETÀ CHE PRESENTANO
UN AMMONTARE COMPLESSIVO
DEL VALORE DELLA PRODUZIONE
SUPERIORE AL TOTALE ATTIVO
DELLO STATO PATRIMONIALE
L’esclusione trova giustificazione nella
necessità di esonerare dal test di operatività le società che esprimono una elevata
produttività rispetto al valore dei propri
asset. Per avvalersi della esclusione in esame, le società interessate dovranno porre a
raffronto, nell’esercizio di riferimento:
• il totale del valore della produzione,
così come risulta dal raggruppamento A dello schema di conto economico ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile, e
• il totale dell’attivo dello schema di
stato patrimoniale, ex articolo 2424
del codice civile
Per le società in contabilità semplificata, la causa di esclusione in esame deve
essere verificata tenendo conto degli stessi elementi e valori richiesti dalla norma,
evidenziati in un apposito prospetto economico-patrimoniale redatto sulla base
delle risultanze contabili. Va osservato
come l’esclusione in esame abbia una finalità chiara che è quella di “premiare”
con la esclusione dalla disciplina delle società non operative quelle società con riferimento alle quali sono verificati come
profittevoli i rendimenti dei beni iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale. A
questo fine, peraltro, i valori da assumere sono quelli di natura civilistica e non
quelli fiscali in quanto la norma richiama
espressamente le disposizioni del codice
civile e non quelle di cui all’articolo 110,
comma 1, del TUIR
2.5 SOCIETÀ PARTECIPATE
DA ENTI PUBBLICI ALMENO
NELLA MISURA DEL 20 PER CENTO
DEL CAPITALE SOCIALE
La causa di esclusione in esame si fon-
da sulla considerazione che la presenza di
un “controllo” pubblico possa escludere a
priori la natura di comodo della società.
Con riguardo a tale ipotesi, la circolare
dell’Agenzia delle Entrate n. 9 del 2008
ha precisato che il requisito della soglia
di partecipazione pubblica non inferiore
al 20 per cento del capitale, nel caso di
raggiungimento di tale valore nel corso
dell’esercizio, deve sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta.
2.6. SOCIETÀ CHE RISULTANO
CONGRUE E COERENTI AI FINI
DEGLI STUDI DI SETTORE
L’esclusione ha per oggetto le società che
risultano congrue e coerenti ai fini degli
studi di settore. Si tratta, dunque, di una
tipologia di esclusione che, potenzialmente, appare quella di maggiore interesse
già con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 Secondo
quanto chiarito dalla circolare dell’agenzia delle entrate n. 9 del 2008, vanno considerate congrue le società che, anche per
effetto dell’adeguamento in dichiarazione,
dichiarano ricavi di importo non inferiore
a quello puntuale di riferimento derivante
dalla applicazione Gerico e comprensivo
dei maggiori ricavi che si ottengono dalla
applicazione degli specifici indicatori di
normalità economica. Per quanto riguarda, invece, il requisito della coerenza l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che
lo stesso possa considerarsi sussistente solo quando la società risulti correttamente
posizionata nei confronti di tutti gli indicatori di coerenza economica applicabili
nei suoi confronti. Tali indicatori, diversi dagli indicatori di normalità economica che influenzano i livelli di congruità
ai quali si è fatto precedentemente riferimento, sono quelli tradizionalmente presi
in considerazione dagli studi di settore.
Considerato il dato letterale della disposizione la esclusione, secondo quanto chiarito dall’agenzia delle entrate, non si applica nei confronti delle società alle quali
si applicano i parametri, anche qualora le
stesse dichiarino ricavi congrui. L’agenzia
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delle entrate ha poi fatto presente infine,
che la condizione di esclusione in esame
deve essere verificata nel solo esercizio di
riferimento e non anche nel triennio utilizzato per il calcolo dei ricavi del test di
operatività.
In relazione a tale causa di esclusione, si
deve comunque osservare come una qualche perplessità potrebbe derivare dal fatto che la non coerenza rispetto agli indicatori tradizionali (e non rispetto agli indicatori di normalità economica), rischia
di riportare al periodo di imposta 2006
l’applicazione delle norme in materia di
società di comodo. Posto che infatti gli indicatori di coerenza non possono essere
alterati (pur in presenza di congruità) e
considerato che gli stessi hanno di fatto
sempre rappresentato, di fatto, un criterio
di selezione, il contribuente che si troverà
in questa situazione sarà obbligato alla
presentazione dell’istanza di interpello.
In caso di diniego, inoltre, un eventuale
adeguamento non produrrà alcun effetto sulla disciplina della società di comodo
con conseguente ed eventuale necessità di
procedere ad adeguamento anche al reddito minimo. Una conseguenza negativa,
dunque, che potrebbe derivare da una situazione per certi versi identica a quella di società che, in virtù della congruità
derivante anche da un adeguamento agli
indicatori di normalità, è invece del tutto
esclusa dalla disciplina relativa alle società non operative. Va infatti ricordato
come la società che non rientri nella causa di esclusione in esame debba, laddove
riscontri la propria non operatività:
• - richiedere se del caso la disapplicazione della norma mediante apposita istanza di interpello disapplicativa;
• - laddove la stessa non sia accolta
ed il contribuente provveda all’adeguamento alle risultanze di Gerico
ovvero dei parametri, tale adeguamento non produrrà comunque una
situazione di operatività;
• - l’adeguamento in questione potrebbe essere utile ai fini del superamento del livello di reddito mini-
mo ma, laddove tale incremento di
ricavi non raggiunga tale obiettivo,
dovrà essere effettuato un ulteriore adeguamento al reddito minimo
previsto dall’articolo 30 della legge
n. 724 del 1994.
3. PERIODO DI NON NORMALE
SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ
L’amministrazione finanziaria, nell’ambito della circolare n. 5/E del 2 febbraio 2007, ha comunque rinviato, per l’esame delle istanze di disapplicazione, alla
valutazione della ricorrenza del periodo
di non normale svolgimento dell’attività
nelle situazioni già illustrate nella prassi
conosciuta in materia di società non operative.
Anche considerando ciò appare utile ricordare quanto sostenuto in vigenza della
precedente regolamentazione legislativa
dalla prassi amministrativa e, in un caso, anche dalla giurisprudenza della Cassazione.
La prassi amministrativa nella già citata circolare 48/E del 1997 ha fornito alcune precisazioni relativamente al concetto di periodo anormale di attività ed ha
elencato una serie di ipotesi in cui non
può considerarsi integrato il requisito della normalità.
In particolare, “...va considerato periodo
di normale svolgimento dell’attività quello in cui è stata svolta l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale” ed inoltre
non è da considerare periodo normale di
svolgimento dell’attività:
• quello da cui decorre la messa in liquidazione ordinaria ovvero l’inizio
delle procedure di liquidazione coatta amministrativa o del fallimento.
Ne consegue, quindi, che l’attività
svolta in tali periodi non è, infatti,
da considerare “normale”, in quanto finalizzata alla definizione dei
rapporti della società con i terzi per
consentire la ripartizione del patrimonio residuo tra i soci. Va osservato come l’esclusione normativa della
causa soggettiva legata al periodo di
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non normale svolgimento dell’attività va a coinvolgere situazioni quali
quella di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento nella quale appare evidente come il periodo
di attività non possa essere in alcun
caso normale.
Al contrario il periodo che precede quello in cui ha avuto inizio la liquidazione è
considerato normale (e pertanto assoggettato alle regole che presiedono la disciplina delle società non operative) anche se di
durata inferiore a quella prevista ordinariamente dall’atto costitutivo.
In merito alle operazioni di liquidazione
si segnala che ai fini della disciplina delle società non operative la fattispecie in
questione si pone in sostanziale contrasto
con altre previsioni di legge o di carattere
operativo. In particolare:
• è noto che ai fini della applicazione degli studi di settore, il periodo
di imposta in cui il soggetto è in liquidazione, è considerato a tali fini
come periodo di non normale svolgimento dell’attività;
• seppure in relazione ad altra fattispecie, appare opportuno richiamare quanto affermato dall’Agenzia
delle Entrate in materia di participation exemption e cessione di una
partecipazione di società in liquidazione. E’ noto che uno dei requisiti
per la utile applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 87 del Tuir,
è quella prevista dal comma 1, lettera d) in base al quale deve esservi l”
esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale
secondo la definizione di cui all’articolo 55. Senza possibilità di prova
contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente
alle partecipazioni in società il cui
valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili
diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa,
dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio
d’impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio d’impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la
società partecipata svolge l’attività
agricola”. Tale requisito, a norma del
comma 2, deve sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo,
almeno dall’inizio del terzo periodo
d’imposta anteriore al realizzo stesso. In relazione a tale problematica,
con particolare riferimento alla posizione delle società in liquidazione,
la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 10 /E del 16 marzo 2005 ha precisato come il requisito prima evidenziato deve essere verificato non
con riferimento al momento del realizzo della partecipazione, ma con
riferimento all’inizio della fase di liquidazione della società partecipata.
Pertanto, seppure con riferimento
ad altra finalità, è la stessa amministrazione finanziaria a riconoscere
che la commercialità non può essere aspetto significativo in relazione
ad una società in liquidazione che,
dunque, in linea di principio non appare nella condizione di produrre un
ammontare minimo di ricavi previsto dalla norma.
Per quel che concerne il caso di revoca della liquidazione, invece, il Ministero delle Finanze, nella precedente circolare 140/E del 1995, ebbe a precisare che
l’esclusione dall’applicazione della disciplina sulle società non operative non avrebbe
dovuto operare “...relativamente a tutti i
periodi d’imposta interessati dallo scioglimento medesimo...”; ad analoga conclusione pervenne anche con riferimento all’ipotesi di periodi di liquidazione superiori ai
5 anni.
• quelli successivi al primo periodo
d’imposta, qualora la società, negli
stessi periodi, non abbia ancora avviato l’attività produttiva prevista
dall’oggetto sociale perché:
- la costruzione dell’impianto da
utilizzare per lo svolgimento
dell’attività si è protratta oltre
11
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12
il primo periodo d’imposta, per
cause non dipendenti dalla volontà dell’imprenditore;
- non sono state concesse le autorizzazioni amministrative
necessarie per lo svolgimento
dell’attività, a condizione che le
stesse siano state tempestivamente richieste;
- viene svolta esclusivamente
un’attività di ricerca propedeutica allo svolgimento di altra attività produttiva di beni e servizi, semprechè l’attività di ricerca
non consenta di per se la produzione di beni e servizi e quindi la
realizzazione di proventi.
Di contro, è stato specificato che deve
considerarsi periodo normale di attività:
• quello relativo ad un esercizio di
durata inferiore a quella stabilita
dall’atto costitutivo a causa di intervenute modifiche che determinano
l’interruzione della durata dell’esercizio medesimo, senza comunque incidere sul tipo di attività svolta, come, per esempio, nei casi di fusione,
scissione e trasformazione;
• quello in cui la società ha affittato o
concesso in usufrutto l’unica azienda posseduta (a differenza di quanto
previsto in materia di studi di settore con riferimento ai quali anche
tale seconda ipotesi genera periodo
di non normale svolgimento dell’attività).
La circolare n. 5/E dell’Agenzia delle Entrate aveva previsto l’applicabilità della
normativa in commento (anche) alle società in stato di fallimento e liquidazione coatta amministrativa; situazioni che, come
appena ricordato, davano luogo, per definizione, a svolgimenti “anormali” dell’attività aziendale.
Nella successiva circolare n. 14/E del 15
marzo l’Agenzia delle Entrate ha opportunamente rivisto la sua posizione, affermando che, “al pari dei soggetti in amministrazione straordinaria, esclusi espressamente dall’ambito di applicazione della disciplina delle società non operative ai sensi
dell’articolo 30, comma 1, ultimo periodo,
della legge 23 dicembre 1994, n. 724…. anche le società in stato di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa possono
ritenersi esonerate dall’onere di presentare
l’istanza di disapplicazione. In considerazione del loro status e delle speciali regole
dettate dall’articolo 183 del TUIR per la
determinazione del loro reddito, può infatti ritenersi – in deroga alle indicazioni fornite con circolare n. 5 del 2007 – che
nei confronti dei predetti soggetti non trovi
applicazione la disciplina di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994”. Con la
circolare n. 25/E del 2007 l’Agenzia ha poi
ulteriormente esteso la sua interpretazione, coinvolgendo nell’ambito della causa
di esclusione automatica anche “le società interessate da procedure di liquidazione
giudiziaria”. Continuano ad essere, invece, incluse nell’ambito di potenziale applicazione della disciplina sulle società non
operative le società in stato di liquidazione volontaria nonché quelle ammesse alla
procedura di concordato preventivo per le
quali, dunque, come vedremo, risulta necessario provare in positivo l’impossibilità
del conseguimento dei livelli minimi di ricavi e reddito presunti. Sul punto, peraltro, si rinvia da un lato a quanto osservato
in merito alle cause di esclusione previste
a far data dal periodo di imposta in corso
al 31 dicembre 2007 nonché a quanto verrà successivamente esaminato
4. L’USCITA DALLA DISCIPLINA
DELLE SOCIETÀ NON OPERATIVE:
LA PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA
DI INTERPELLO DISAPPLICATIVA
I contribuenti possono sottoporre all’attenzione dell’Agenzia delle entrate, attraverso la procedura di interpello, la verifica delle circostanze per le quali si intende
fornire prova contraria per disapplicare
la disciplina in questione. In tale ambito
può essere ricondotta anche la causa di
esclusione collegata alla esistenza di un
periodo non normale di attività”. In conclusione, quindi:
• ai fini dell’uscita dalle disposizio-
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ni normative in materia di società
di comodo, diviene necessario, con
le eccezioni che saranno esaminate
di seguito, la presentazione di una
istanza di disapplicazione della norma;
• l’istanza in questione dovrà essere
supportata dalla dimostrazione della circostanza oggettiva che non ha
consentito il superamento del test di
operatività;
• nel concetto di circostanza oggettiva
rientra anche il caso di non normale
svolgimento dell’attività
5. LA DISAPPLICAZIONE
AUTOMATICA DELLA NORMA
SENZA LA NECESSITÀ
DI PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA
DI INTERPELLO
Come precedentemente accennato, la
legge n. 244 del 2007 ha introdotto nell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994, un
nuovo comma 4 ter in base al quale si rinviava ad un apposito provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione di situazioni oggettive già regolate per legge che, in fatto, consentono
la disapplicazione della norma in materia di società di comodo senza la necessità
di presentazione dell’istanza di interpello disapplicativa. Quindi, a far data dal
periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007:
• sono ampliate le ipotesi di esclusione;
• vengono individuate alcune ipotesi
che non necessitano di presentazione di istanza di disapplicazione.
Il provvedimento in questione è il n.
23681 del 14 febbraio 2008 oggetto di commento ad opera della circolare n. 9 del 14
febbraio 2008. L’individuazione di ipotesi che non obbligano alla presentazione
di istanza di interpello, in quanto ipotesi
di disapplicazione automatica della disciplina delle società di comodo che operano
a partire dal periodo di imposta in corso
al 31 dicembre 2007 sono state così individuate:
1) società in stato di liquidazione, cui
non risulti applicabile la disciplina dello
scioglimento o trasformazione agevolata di
cui al comma 129 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che con impegno assunto in dichiarazione dei redditi richiedono la cancellazione dal registro
delle imprese a norma degli articoli 2312
e 2495 del codice civile entro il termine di
presentazione della dichiarazione dei redditi successiva; la disapplicazione opera
con riferimento al periodo di imposta in
corso alla data di assunzione del predetto
impegno, a quello precedente e al successivo, ovvero con riferimento all’unico periodo di imposta di cui all’articolo 182, commi 2 e 3, del testo unico delle imposte sui
redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917 e successive modificazioni ed
integrazioni
Come chiarito dalla circolare n. 9 del
2008, le società in liquidazione che manifestano nella dichiarazione dei redditi la
volontà di porre termine alla procedura di
liquidazione e di cancellarsi dal registro
imprese entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva a quella in cui hanno assunto l’impegno in tal
senso, sono esonerate dall’onere di presentare istanza di interpello e, conseguentemente, possono disapplicare la disciplina
delle società non operative.
La ratio della disposizione risiede nella volontà di favorire le predette società,
esonerandole dall’applicazione della disciplina delle società non operative in considerazione del loro particolare status, subordinatamente, tuttavia, all’assunzione,
da parte delle stesse, del preciso impegno
di estinguersi entro un determinato lasso
temporale, circostanza che comproverebbe l’effettività della procedura liquidatoria. A titolo esemplificativo, la circolare
ipotizza il caso in cui l’assemblea dei soci
abbia deliberato la messa in liquidazione di una società in data 13 aprile 2003
e che pertanto, come si dirà in appresso, non può accedere alla disciplina dello
scioglimento agevolato. La stessa società,
che ha l’esercizio coincidente con l’anno
solare, assume il suddetto impegno nella dichiarazione dei redditi Unico 2008,
13
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ottenendo la disapplicazione automatica
dalla disciplina in esame, per il periodo
d’imposta precedente (2007), per il periodo d’imposta in corso alla data in cui ha
assunto l’impegno (2008) e per il periodo
d’imposta successivo (che si chiude alla
data, non successiva al 31 luglio 2009, di
cancellazione dal registro delle imprese).
Resta fermo, infatti, l’obbligo per tale società di chiedere la cancellazione al registro imprese, entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi Unico 2009. Nella ipotesi negativa, si
ripristina l’obbligo di assoggettarsi alla
disciplina delle società non operative fin
dal periodo d’imposta 2007.
La scelta del provvedimento è stata dunque quella di non ancorare la disapplicazione automatica della norma alla durata
della procedura di liquidazione secondo
le disposizioni di cui all’articolo 182 del
TUIR ma di consentire la disapplicazione automatica a fronte della impossibilità
di accedere alla procedura di scioglimento agevolato ovvero di trasformazione in
società semplice. In linea di principio è
questa una scelta che potrebbe privilegiare le liquidazioni in essere da più tempo
ovvero quelle procedure liquidatorie che
si sono aperte tra il 1 giugno 2007 ed il
31 dicembre 2007 che non rientrano né
nelle disposizioni di cui alla legge n. 296
del 2006 che nelle disposizioni di cui alla legge n. 244 del 2007. Tale indicazione
vale anche in relazione a posizioni soggettive che, indipendentemente dalla apertura della procedura di liquidazione, non
consentono di accedere alla liquidazione
agevolata ovvero alla trasformazione in
società semplice (si pensi alla società non
partecipata da sole persone fisiche o società semplici)
2) società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria e di liquidazione coatta amministrativa; società in concordato preventivo e in
amministrazione straordinaria. La disapplicazione opera con riferimento ai periodi
d’imposta precedenti all’inizio delle predette procedure, i cui termini di presentazione delle dichiarazioni dei redditi scadono
successivamente all’inizio delle procedure
medesime.
La precisazione contenuta nel provvedimento è importante in quanto si abbina
l’ipotesi di esclusione in costanza di procedura con la disapplicazione automatica
in relazione al periodo precedente a quello
di apertura della procedura
3) società sottoposte a sequestro penale
o a confisca ai sensi degli articoli 2-sexies
e 2-nonies della legge 31 maggio 1965 n.
575, nonché altri casi in cui il Tribunale
in sede civile abbia disposto la nomina di
un amministratore giudiziario, con riferimento al periodo di imposta nel corso del
quale è emesso il relativo provvedimento di
nomina dell’amministratore giudiziario ed
ai successivi periodi di imposta nei quali
permane l’amministrazione giudiziaria.
4) società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in
locazione ad enti pubblici ovvero locati a
canone vincolato in base alla legge 9 dicembre 1998 n. 431 o ad altre leggi regionali o statali. La disapplicazione opera limitatamente ai predetti immobili
5) società che detengono partecipazioni in:
1) società considerate non di comodo ai
sensi dell’articolo 30 della legge n. 724
del 1994;
2) società escluse dall’applicazione della
disciplina di cui all’articolo 30 anche in
conseguenza di accoglimento dell’istanza
di disapplicazione;
3) società collegate residenti all’estero cui
si applica il regime dell’articolo 168 del
TUIR. La disapplicazione opera limitatamente alle predette partecipazioni
6) società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in
relazione ad un precedente periodo di imposta sulla base di circostanze oggettive
puntualmente indicate nell’istanza che non
hanno subito modificazioni nei periodi di
imposta successivi. La disapplicazione opera limitatamente alle predette circostanze
oggettive.
Come chiarito nella circolare n. 9 del
2008, nelle ipotesi di cui ai numeri 4, 5 e
6, sono individuate determinate fattispecie di “disapplicazione parziale”, in pre-
MODELLO 730 E UNICO 2012
senza delle quali il contribuente è esonerato dall’applicazione della disciplina in
commento, limitatamente alle fattispecie
medesime. Infatti, al verificarsi di una o
più delle fattispecie suddette è consentito
al contribuente di non tenere conto dei relativi asset in sede di determinazione del
test di operatività e di calcolo del reddito
minimo presunto. Più in particolare, sarà
cura del contribuente, “neutralizzare”, l’effetto delle predette fattispecie, non applicando i coefficienti di reddittività sul valore degli asset interessati dalla disapplicazione né considerando gli eventuali ricavi
iscritti a conto economico e direttamente
correlabili agli asset medesimi.
In relazione ad eventuali altri asset, il
contribuente sarà assoggettato comunque
alla disciplina di cui all’articolo 30 della
legge n. 724 del 1994, ivi inclusa la possibilità di presentare apposita istanza di disapplicazione qualora ricorrano situazioni oggettive che abbiano reso impossibile
il conseguimento dei ricavi e del reddito
minimo previsto dalla normativa. Inoltre,
il provvedimento include tra le situazioni oggettive che consentono la disapplicazione della disciplina sulle società non
operative, senza necessità di presentare
istanza al Direttore regionale, le medesime cause di esclusione indicate all’articolo
1, comma 128, lettere b) e c), della legge
finanziaria 2008. Detta inclusione vale ad
estendere alle nuove cause di esclusione
le medesime disposizioni procedurali indicate dall’articolo 30, comma 4-ter, con la
conseguenza che tutte le esaminate situazioni oggettive, siano esse previste dalla
norma ovvero individuate con il provvedimento in esame, rilevano anche per il
periodo d’imposta in corso al 31dicembre
2007, senza necessità di proporre istanza
di interpello.
In altri termini, le fattispecie per i periodi d’imposta successivi a quello in corso
al 31 dicembre 2007, costituiscono, come
cause di esclusione dalla disciplina delle
società non operative, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 si qualificano come situazioni oggettive al ricorrere delle quali i contribuenti sono esone-
rati dall’obbligo di presentazione dell’apposita istanza ai sensi dell’articolo 37-bis,
comma 8, del DPR n. 600 del 1973. In sostanza, le nuove cause di esclusione, limitatamente al periodo di imposta in corso
al 31 dicembre 2007, sono considerate ipotesi di disapplicazione automatica senza
la necessità di presentazione dell’istanza
di interpello.
L’effetto pratico delle novità normative e
di quanto richiamato nel provvedimento
sarà quello della riduzione delle istanze
di interpello disapplicativo che, nel corso del 2007 avevano assunto una numerosità rilevantissima. Alcune ipotesi del
provvedimento, in particolare, appaiono
suscettibili di far diminuire fortemente
il numero delle istanze. La prima di queste è la circostanza di avere ottenuto, per
i periodi di imposta precedenti sulla base
di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza e che non hanno subito
modificazioni nei periodi di imposta successivi. Potrebbe essere questo il caso della società immobiliare che, avendo provveduto a dimostrare la congruità rispetto al
mercato dei canoni di locazione praticati
e non avendo comunque raggiunto la soglia di operatività, ha comunque ottenuto
la disapplicazione della norma in questione. Per il periodo di imposta 2007, persistendo la situazione in questione, non sarà obbligata alla riproposizione dell’istanza di interpello ma sarà sufficiente quella
dell’anno precedente. In linea di principio,
tale previsione, che appare del tutto condivisibile, potrebbe far ipotizzare possibili “abusi” al fine di non rappresentare
una situazione che potrebbe essere mutata rispetto agli anni precedenti, anche in
considerazione del fatto che a partire dal
periodo di imposta 2007 entrano in vigore a tutti gli effetti le novità in materia
di applicazione delle norme sulle società
di comodo ai fini IRAP. Al momento, però, una tale situazione non è rappresentabile in sede di modello Unico, dove trovano spazio esclusivamente le esclusioni
regolate dalla legge n. 244 del 2007 che
si aggiungono a quelle già esistenti per il
periodo di imposta 2006.
15
MODELLO 730 E UNICO 2012
16
Una situazione più delicata appare quella della società che, con riferimento al periodo di imposta 2006, ha dimostrato che,
per cause non soggettive, non ha potuto
raggiungere i ricavi minimi in virtù, ad
esempio, della mancata locazione. Appare evidente che la situazione di specie si
configuri differente dal caso precedente in
quanto ancorata alla necessità, ad esempio, di produrre dimostrazione ulteriore in
merito al fatto di avere rinnovato l’impegno a locare l’immobile ma senza risultato. Poiché il provvedimento disciplina una
possibilità e non un obbligo non è dunque da escludere che, quantomeno in via
cautelativa, alcuni contribuenti possano
decidere di formulare, anche per il 2007,
l’istanza di disapplicazione. Più in generale, si deve in qualche modo immaginare
una soluzione per quelle società che, nonostante le indicazioni del provvedimento,
decidano comunque in via cautelativa di
ripresentare l’istanza nonostante ricorrano le condizioni del predetto provvedimento. In linea di principio, si potrebbe
arrivare a sostenere che si tratti di istanze inammissibili anche se tale soluzione
potrebbe non essere del tutto convincente.
Soprattutto in relazione ad ipotesi come
quelle della liquidazione con riferimento
alla quale è solo il momento dichiarativo
che attesta l’impegno alla chiusura della
procedura stessa.
6. LA CASISTICA
Devono essere ora riepilogate, alla luce delle circolari emanate dall’amministrazione finanziaria nel corso del 2007,
quelle situazioni nelle quali le istanze di
disapplicazione possono essere accolte, totalmente o parzialmente, in relazione alla
specifica connotazione soggettiva od oggettiva del contribuente
6.1. SOCIETÀ IN LIQUIDAZIONE
La circolare n. 5 del 2007 aveva fatto
presente come se la liquidazione è indubbiamente una situazione oggettivamente
valutabile ai fini della disapplicazione, la
circolare rammenta come la procedura in
questione non sia però di per sé elemento
sufficiente. Infatti, l’istanza di disapplicazione potrebbe non essere accolta in l’assenza di adeguate iniziative volte a perseguire il realizzo del patrimonio aziendale
ovvero in presenza di eventi non rispondenti alle finalità proprie della liquidazione quali, ad esempio, il godimento a
titolo personale, da parte dei soci o dei
loro familiari, dei beni sociali. Pertanto,
l’impresa in liquidazione dovrà produrre ogni tipologia di documentazione utile
a sostenere l’effettività del proprio stato
di liquidazione, nonché ogni informazione idonea a dimostrare l’inequivocabile
intenzione di portare a compimento tale
procedura.
A titolo esemplificativo, il soggetto interessato potrà allegare all’istanza quanto
segue:
• con riferimento alle società di persone, “l’inventario dal quale risulti lo
stato attivo e passivo del patrimonio
sociale” di cui all’articolo 2277, comma 2, del codice civile ed “il conto
della gestione relativo al periodo successivo all’ultimo rendiconto” di cui
al comma 1 del medesimo articolo;
• relativamente alle società di capitali, la “situazione dei conti alla data di effetto dello scioglimento” ed il
“rendiconto sulla gestione relativo al
periodo successivo all’ultimo bilancio approvato” indicati nell’articolo
2487-bis, comma 3, del codice civile,
nonché i bilanci intermedi di liquidazione redatti ai sensi dell’articolo
2490 del codice civile;
• con riguardo alla fase conclusiva
dell’operazione straordinaria di cui
è questione, il bilancio finale di liquidazione ed il piano di riparto
prescritti per le società di persone
dall’articolo 2311 del codice civile ed
il bilancio finale di liquidazione previsto per le società di capitali dall’articolo 2492 del codice civile;
• l’indicazione sommaria delle strategie, dell’andamento, delle prospettive
reddituali e temporali della liquidazio-
MODELLO 730 E UNICO 2012
ne, con l’evidenziazione delle principali cessioni effettuate e delle difficoltà
che ostano alla proficua realizzazione
del procedimento liquidatorio;
• eventuali contratti stipulati con
agenzie immobiliari o altri intermediari per la vendita dei beni;
• eventuali accordi preliminari conclusi con potenziali acquirenti dei
beni sociali;
• la descrizione dell’utilizzo che viene
fatto dei cespiti patrimoniali in corso di liquidazione.
Ulteriori ipotesi in merito alle possibilità di accoglimento delle istanze formulate
dalle società in liquidazione sono contenute nella circolare n. 44 del 2007:
1. Una società in stato di liquidazione
dal 2003 ha depositato presso il registro delle imprese, nel febbraio del
2007, un progetto di fusione per incorporazione con la propria controllante. Tale situazione non è di per se
sufficiente a riconoscere l’esistenza
dei presupposti per ottenere la disapplicazione della normativa.
2. Una società in nome collettivo, esercente attività immobiliare, era partecipata da due soci persone fisiche.
Nel 1991, si verifica il decesso di
uno dei soci e non viene ricostituita
la pluralità dei soci nel termine di
sei mesi. La società, pertanto, viene
sciolta e posta in liquidazione giudiziaria, ai sensi dell’articolo 2272
del codice civile. La mancata ricostituzione della compagine sociale,
oltre alla procedura di liquidazione,
ha comportato il sorgere di un debito
nei confronti degli eredi del socio defunto, creditori del valore della quota spettante allo stesso. Tra gli eredi del socio vi è il coniuge dichiarato fallito. Nel marzo 2005, il Tribunale, in sostituzione del precedente
liquidatore dimissionario, nominava un nuovo liquidatore giudiziario
della società. Considerato che la liquidazione giudiziaria è allo stato
“bloccata” a causa dei tempi necessari all’accettazione di un accordo,
in ordine alla quantificazione della
quota spettante agli eredi, da parte della procedura fallimentare relativa al fallimento del coniuge del
socio defunto, si ritiene sussistente
una oggettiva situazione rilevante ai
fini della disapplicazione della normativa.
3. Una società è proprietaria di una
unità immobiliare ad uso ufficio, affittata dal 30 ottobre 1990 al 31 luglio 2003 ad una università, che ha
rinunciato alla locazione con decorrenza 1° agosto 2003. La società ha
dato, quindi, incarico ad una primaria società specializzata nel settore
delle locazioni e della compravendita
immobiliare, di trovare un nuovo inquilino senza successo. La società si
è messa in liquidazione volontaria e,
nel frattempo, ha continuato ad affidare ad intermediari immobiliari
l’incarico di ricerca di un nuovo inquilino. Considerando che la stessa
sembra voler continuare a porre in
essere atti di gestione tipici dell’attività ordinaria (l’oggetto dell’attività è rappresentato dalla locazione
di beni immobili), anziché procedere
alla sua effettiva liquidazione, non
pare sussistere una situazione di carattere oggettiva tale da rendere disapplicabile la normativa.
Più in generale va osservato come, in
virtù delle modifiche intervenute con la
legge n. 244 del 2007, è possibile che siano di maggiore frequenza le ipotesi nelle
quali non si rivelerà necessaria la presentazione di una istanza di disapplicazione
da parte delle società in liquidazione.
6.2. SOCIETÀ HOLDING
In relazione a tali società, la circolare n.
5 del 2007 aveva condiviso l’approccio in
base al quale l’accoglimento di una istanza di interpello può essere motivato anche
in base alla dimostrazione che la società
non può in concreto procedere alla gestione della politica di distribuzione dei dividendi da parte delle società partecipate.
17
MODELLO 730 E UNICO 2012
18
Più in generale, la circolare sottolinea come l’indagine sulla operatività può essere
trasferita in capo alle società partecipate,
così che l’istanza di disapplicazione, ove
accolta con riferimento alle società partecipate, potrà normalmente motivare l’accoglimento anche dell’istanza presentata
dalla holding.
Al riguardo, nell’ambito delle innumerevoli e differenti “oggettive situazioni” che
possano interessare le società “non operative”, di seguito se ne individuano alcune
che, a titolo meramente esemplificativo,
potrebbero giustificare il riscontro positivo dell’istanza:
• società partecipate con riserve di
utili non sufficienti, in caso di integrale distribuzione, a consentire alla
holding di superare il test di operatività. Inoltre la circolare 25/E ha anche affermato che costituisce circostanza utile ai fini dell’accoglimento dell’istanza il fatto che la società
partecipata pur possedendo riserve
tali, in ipotesi di distribuzioni, da
permettere il raggiungimento dei
livelli minimi di ricavi, non abbia
proceduto alla distribuzione “in attuazione di un piano di autofinanziamento finalizzato al concreto rafforzamento dell’attività produttiva,
semprechè sia dimostrato che l’utile sia stato (o sarà) effettivamente
investito”;
• mancata distribuzione di dividendi
da parte delle partecipate dovuta alla necessità di coprire con le riserve di utili esistenti le perdite conseguite;
• società partecipate che si trovano in
fase di avvio dell’attività;
• società partecipate che operano in
settori in crisi;
• società costituite quali special purpose vehicle (SPV), che dimostrano
di dover necessariamente impiegare i proventi conseguiti dalla società target per il rimborso dei debiti
contratti per l’acquisto della target
stessa
• nella circolare n. 25/E è stato soste-
nuto che “non è possibile procedere all’emanazione del provvedimento disapplicativo a beneficio di una
holding qualora sia stata rigettata
l’istanza presentata da una (o più)
delle società da essa partecipate”.
Tale affermazione parrebbe configurare, come sostenuto da Assonime nella sua circolare 43 del 2007,
“un sorta di effetto osmotico della
non operatività la quale, dopo aver
colpito la società partecipata, attrarrebbe inevitabilmente anche la partecipante alla medesima condizione.
Tale effetto suscita, tuttavia, diverse
perplessità. Parrebbe logico ritenere, infatti, che la holding interessata
possa comunque produrre le proprie
autonome argomentazioni a favore
della disapplicazione senza restare,
dunque, del tutto soggetta agli esiti
delle istanze presentate dalle proprie partecipate”.
Deve essere osservato come né la circolare n. 5/E né la successiva circolare 11/E
facciano riferimento esplicito all’ipotesi in
cui la società holding non sia in grado di
orientare la politica di distribuzione dei
dividendi in quanto non in possesso della maggioranza assembleare dei voti utile ad orientare in tal senso la scelta. Si
deve comunque ritenere che tale ipotesi,
debitamente analizzata, possa comunque
condurre all’accoglimento dell’istanza di
disapplicazione.
La successiva circolare n. 44 del 2007 ha
inoltre affrontato ulteriori ipotesi:
1. Si è escluso che una holding assicurativa, in quanto iscritta obbligatoriamente tra gli intermediari
finanziari ai sensi dell’art. 113 del
Testo Unico Bancario, possa essere
esclusa dalla normativa in oggetto
in quanto per tali soggetti non è richiesta alcuna specifica forma societaria, né una misura minima di capitale sociale.
2. Una società per azioni unipersonale
detiene, come unico asset, una partecipazione in una società di diritto
estero, senza stabile organizzazione
MODELLO 730 E UNICO 2012
in Italia, a sua volta titolare di una
sola partecipazione in una società
operativa di diritto italiano. La situazione di fatto (titolarità di una
partecipazione in una società di certo esclusa, ad eccezione dall’ipotesi
di esterovestizione, dalla normativa
sulle società di comodo) non è di per
sè sufficiente a consentire la disapplicazione della normativa.
3. Una società svolge attività di amministrazione di imprese e possiede, come unico asset, una partecipazione
di controllo in una società amministrata esercente attività industriale.
La società controllata non dispone di
utili distribuibili. L’ultimo esercizio
ha infatti registrato una diminuzione dei ricavi per diversi milioni di
euro e si è chiuso in perdita. La stessa società partecipata, inoltre, non
dispone di riserve liberamente distribuibili (è iscritta in bilancio una
riserva in sospensione d’imposta). In
questo caso la normativa è stata ritenuta disapplicabile.
4. Una società in accomandita semplice, a ristretta base proprietaria,
svolge l'attività, non nei confronti del
pubblico, di assunzione di partecipazioni in altre società, a scopo di stabile investimento, e possiede da sempre, come unico asset, la nuda proprietà di una partecipazione in una
società per azioni. Gli usufruttuari
sono i soci persone fisiche della medesima società. i quest’ultima, usufruttuari delle azioni). Considerato
che l'usufrutto delle partecipazioni
sopra citate appartiene ai soci persone fisiche della società holding, è stato ritenuto che le stesse non possano
essere escluse dagli asset rilevanti
ai fini del test di operatività.
6.3. SOCIETÀ IMMOBILIARI
Per effetto dei meccanismi di funzionamento delle norme in materia di società
non operative, appare evidente come le società immobiliari siano tra i soggetti mag-
giormente interessati dalla norma stessa.
E’ noto, infatti, come il calcolo dei ricavi
presunti verta essenzialmente sulle immobilizzazioni e, tra queste, in particolare sugli immobili
La circolare n. 5 del 2007 ha analizzato
una serie di ipotesi:
1. la società immobiliare ha iscritte in
bilancio esclusivamente immobilizzazioni in corso di realizzazione, da
destinare successivamente alla locazione ma, ovviamente, non suscettibili, al momento, di produrre un reddito, ancorché minimo. La predetta
società non è di comodo in quanto come precisato nella circolare n. 48 del
26 febbraio 1997, par. 2.1 n. 3, vanno
comunque escluse dalle immobilizzazioni sia materiali che immateriali quelle “in corso” che si trovino in
una fase non idonea a produrre alcun tipo di provento. In presenza di
immobili già locati ed altri in corso
di realizzo, si potrebbe, altresì, limitatamente a questi ultimi, giungere alla loro parziale esclusione (tramite una disapplicazione parziale)
dal “test di operatività” e dal calcolo
del reddito minimo presunto. Come
chiarito anche dalla circolare n. 25
del 2007 è riconosciuta la possibilità di invocare le situazioni oggettive
solo con riguardo ad alcuni asset che
potranno così essere neutralizzati in
sede di calcolo dell’operatività e del
reddito minimo presunto;
2. dimostrata impossibilità, per la società immobiliare di praticare canoni di locazione sufficienti per superare il “test di operatività” ovvero per
conseguire un reddito effettivo superiore a quello minimo presunto. Ciò
si verifica, ad esempio, nei casi in cui
i canoni dichiarati siano almeno pari a quelli di mercato, determinati ai
sensi dell’articolo 9 del TUIR;
3. dimostrata impossibilità di modificare i contratti di locazione in corso.
Tale indicazione suscita una qualche
perplessità in quanto appare estremamente difficoltosa in termini pra-
19
MODELLO 730 E UNICO 2012
20
tici in virtù della volontà contrattuale espressa dalle parti;
4. temporanea inagibilità dell’immobile.
In forza di tali chiarimenti l’Agenzia
è dunque intervenuta a limitare l’applicazione della disciplina delle società non
operative nei confronti delle società immobiliari da un lato riconoscendo valenza ai
valori di mercato e dall’altro riconoscendo
i vincoli propri della disciplina civilistica
dei rapporti locativi. Con riguardo all’ultimo punto l’interpretazione della circolare n. 5/E consente, previo interpello, la
disapplicazione della disciplina delle società non operative nei confronti delle società che dimostrino di aver pattuito, nel
contesto di rapporti locativi già in corso,
canoni la cui entità non sia sufficiente a
raggiungere le soglie di proventi e reddito minimi individuate dall’art. 30 della
legge n. 724 del 1994, e ciò a prescindere
dall’allineamento di tali canoni agli attuali valori di mercato.
Peraltro, nell’ambito della circolare n.
44 del 2007 sono state formulate ulteriori ipotesi:
5. Una società acquisisce un complesso
immobiliare per adibirlo ad attività commerciale. La stessa provvede
a realizzare i necessari lavori di ristrutturazione che però sono effettuati solo su alcune delle strutture
immobiliari di proprietà rinviando
al futuro prossimo gli interventi di
manutenzione e ristrutturazione relativi alle restanti strutture. In tal
caso si è ritenuto che i beni immobili
non produttivi di reddito, in quanto
inagibili e non ancora ristrutturati,
non debbano essere presi in considerazione per la determinazione dei ricavi presunti. L’accoglimento è fatto
discendere dal fatto che il progetto
di ristrutturazione dell’intero complesso, tuttora in corso, non ha ancora interessato gli immobili inutilizzabili. Anche se non esplicitamente
pare di intendere che l’esclusione è
concessa solo in quanto gli immobili pur se non ristrutturati sono già
6.
7.
8.
9.
interessati da un progetto di ristrutturazione in atto.
Una legge regionale ha previsto un
blocco edificatorio per i terreni rientranti in un Piano attuativo comunale in forza del quale una società
si era impegnata alla realizzazione
di alcune strutture ricettive, provvedendo ad ottenere tutte le autorizzazioni necessarie alla realizzazione del complesso turistico. Da ciò
ne è scaturita una non operatività
della società. In tal caso si è ritenuto che la mancanza delle “necessarie autorizzazioni amministrative”
ovvero della concessione edilizia da
parte del Comune, considerando che
tale situazione ha reso impossibile
l’inizio dei lavori per la realizzazione delle strutture ricettive previste
dal Piano attuativo possa realizzare una “situazione oggettiva” determinante ai fini della disapplicazione
della disciplina
Una società concede in locazione
l’unico immobile di proprietà ad un
soggetto pubblico. Il contratto è stato stipulato nel 1993 e la durata dello stesso è stabilita in sei anni, tacitamente rinnovabili alle stesse condizioni di sei anni in sei anni. L’entità del canone di locazione venne
determinato sulla base del parere di
congruità espresso dall’UTE competente, e rifletteva saggi di redditività lordi inferiori a quelli oggi previsti. Considerando che la congruità
del canone all’epoca pattuito è desumibile dalla valutazione obbligatoria di un organo tecnico dell’Amministrazione finanziaria si ritiene
disapplicabile la normativa.
Una Srl possiede da diversi anni
unicamente un terreno agricolo che
non viene coltivato in quanto i tre
soci (fratelli) sono occupati da sempre a tempo pieno in altre attività.
In tal caso non si riconosce la possibilità di disapplicazione.
Una società possiede un immobile
interessato da contratto di locazione
MODELLO 730 E UNICO 2012
in corso alla data di acquisto. Il relativo canone di locazione è inferiore
a quello di mercato e non può essere
adeguato prima della scadenza del
contratto, per iniziativa dell’acquirente subentrato nel contratto medesimo. Non avendo la società, subentrando nel contratto di locazione in
corso, potuto influenzare il relativo
contenuto, si riconosce la disapplicazione della normativa.
10. Nel 2006 la società non ha superato
il test di operatività a causa dell’insufficienza dei canoni di locazione
previsti in un contratto stipulato nel
2002. In tal caso la disapplicazione
è concessa solo dimostrando che il
canone pattuito nell’anno 2002 era
almeno pari al canone di mercato riferito al medesimo anno.
11. Una società immobiliare è proprietaria di un unico immobile commerciale, locato da diversi anni allo
stesso soggetto. Nel gennaio 2006,
il contratto è stato rinnovato incrementando il canone di locazione ai
nuovi valori di mercato. La zona in
cui è situato l’immobile, infatti, ha
subito un notevole apprezzamento a
causa dell’apertura di un vicino centro commerciale. Nel 2006 la società non riesce a superare il test di
operatività risultando, pertanto, non
operativa. La stessa effettuando il
calcolo della media dei ricavi effettivi relativi all’esercizio 2006 e ai due
precedenti perviene ad un valore inferiore ai ricavi presunti in quanto
la media triennale è influenzata dai
canoni di locazione del vecchio contratto. Si ritiene che la disciplina di
cui all’articolo 30, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, possa essere
disapplicata limitatamente all’immobile in questione alla condizione
che i canoni previsti nel vecchio contratto fossero non inferiori ai canoni
di mercato riferiti alla data di stipula del medesimo contratto. In tal
caso, il contribuente potrà rideterminare il test di operatività senza
considerare, nel computo dei ricavi
effettivi, i canoni contabilizzati per
gli anni 2004 e 2005 e confrontando l’ammontare dei ricavi presuntivi
non con la media triennale dei ricavi effettivi, ma con l’ammontare dei
canoni di locazione riferiti al medesimo immobile per l’anno 2006.
12. Una società immobiliare non ha superato il test di operatività, in quanto i contratti di locazione in corso
prevedono un canone inferiore ai
valori di mercato. Sia la predetta
società sia la società locatrice degli
immobili presentano la medesima
compagine societaria, in quanto derivanti da una operazione di scissione del ramo immobiliare e successiva locazione degli immobili a favore
della scissa. In tal caso non si ritiene possibile la disapplicazione posto
che non sembra ravvisabile una oggettiva impossibilità di modificare i
contratti medesimi – considerata la
coincidenza tra le compagini sociali
delle due società coinvolte nel contratto di locazione.
13. Una società esercita attività di compravendita di terreni edificabili ed
è proprietaria di una serie di terreni posti in prossimità del centro
cittadino, con ampia vista sul mare. In base ad una legge regionale,
è richiesta, ai fini dell’edificabilità
dei suddetti terreni, l’esistenza di un
Piano Strutturale e di un Regolamento Urbanistico: allo stato attuale, l’autorità competente in materia
(il Comune) ha approvato il primo,
ma non il secondo. La situazione in
esame può costituire una “situazione
oggettiva” determinante ai fini della
disapplicazione della disciplina sulle
società non operative a patto che la
società stessa abbia acquistato i suddetti terreni prima dell’entrata in vigore della legge regionale. Nel caso
contrario in cui la società la situazione parrebbe da ricondurre ad una
consapevole scelta imprenditoriale
(e quindi ad una situazione “sogget-
21
MODELLO 730 E UNICO 2012
tiva” e non “oggettiva”), tale, di per
sé, da non giustificare l’accoglimento
dell’istanza di disapplicazione
6.4. LE ULTERIORI IPOTESI TRATTATE
DALLA CIRCOLARE N. 44 DEL 2007
22
Con particolare riferimento al contenuto
della circolare n. 44 del 2007, va osservato come l’amministrazione finanziaria ha
analizzato altre casistiche che comportano la possibilità o meno di accoglimento
dell’istanza di disapplicazione ovvero in
relazione ad altri aspetti legati alla applicazione della norma in esame:
1. Nel caso in cui una società abbia ceduto nel corso del precedente periodo d’imposta l’unica azienda a fronte
del pagamento dilazionato del corrispettivo, pattuito mediante cambiali
poiché il credito derivante dalla cessione dell’unica azienda non ha natura finanziaria, il relativo ammontare non rileva nella base di computo al fine dell’effettuazione del test
di operatività.
2. Ai fini dell’effettuazione del test di
operatività e della determinazione
del reddito minimo, i coefficienti previsti dalla norma si applicano, fino
al 2007, sul valore non rivalutato
dei beni d’impresa e delle partecipazioni, mentre solo dal 2008 sarà
rilevante il maggior valore derivante dalla efficacia fiscale della rivalutazione.
3. Una società è stata costituita nel
2005 con la finalità di esercitare l’attività di ristorazione su un battello
navigante lungo un fiume. Nell’anno 2006 la società non ha potuto avviare l’attività poiché l’imbarcazione
quale mezzo strumentale indispensabile all’esercizio dell’attività, è stata varata nel corso di tale esercizio
(16 maggio 2006) ed inoltre, la società ha ottenuto la licenza di navigazione dalla capitaneria di porto solamente il 18 novembre 2006. Nel caso
prospettato, si ritiene che costituisca
valida circostanza esimente il fat-
to che, nonostante gli investimenti
effettuati, l’attività della società sia
stata di fatto impedita dalla inutilizzabilità del battello, per il quale la
licenza di navigazione è stata ottenuta solo alla fine dell’anno 2006.
4. Una società è in attesa di ricevere
contributi pubblici in base ad un
Piano Operativo Regionale (POR)
che stabilisce l’impiego dei fondi
strutturali dell’Unione Europea. In
attesa della erogazione di tali fondi,
la società ritiene di non poter conseguire i ricavi minimi. In tale ipotesi
si ritiene possibile la disapplicazione
della disciplina in esame qualora sia
dimostrato che la mancata erogazione dei finanziamenti costituisce motivo per cui non è stato conseguito
l’ammontare minimo di ricavi imposti dalla norma; ciò a condizione che
i finanziamenti siano stati tempestivamente richiesti e che questi, già
riconosciuti e imputati al bilancio
della società che presenta l’istanza,
non siano stati erogati per causa non
imputabile alla società medesima.
5. Una società che opera nel settore delle analisi cliniche e diagnostiche, è
in attesa di ottenere l’autorizzazione
dal Servizio sanitario nazionale per
operare in regime convenzionato. In
tal caso le autorizzazioni attengono
ad una ulteriore e determinata attività – per la precisione quella che
si intende svolgere in regime di convenzione con il S.S.N., che non esclude altre; motivo per cui si ritiene che
la società non versi nella oggettiva
impossibilità di produrre ricavi sufficienti a superare la presunzione di
non operatività.
6. Nel caso di trasformazione entrambe le società (trasformanda e trasformata) sono tenute a compilare l’apposito prospetto contenuto nel modello
di dichiarazione (quadro RF del modello UNICO), al fine di effettuare il
c.d. test di operatività. Ai fini del calcolo delle medie triennali, la società
in nome collettivo che ha effettuato
MODELLO 730 E UNICO 2012
la trasformazione con efficacia 31 ottobre 2006 prenderà a riferimento il
periodo d’imposta ante trasformazione (1/1/2006-30/10/2006) e i due
precedenti (1/1/2004-31/12/2004 e
1/1/2005-31/12/2005).La società a
responsabilità limitata che risulta
dall’operazione di trasformazione,
invece, non essendo esclusa dall’applicazione della disciplina sulle società non operative perché non può
essere considerata nel primo periodo
d’imposta in quanto subentrante in
tutte le posizioni giuridiche, attive e
passive, del soggetto che ha effettuato la trasformazione (cfr. Circolare
n. 25/E del 2007, paragrafo 2), effettuerà il test di operatività, nell’esercizio di costituzione, unicamente
sulla base dei valori di tale frazione di anno (1/11/2006-31/12/2006).
Nell’esercizio successivo a quello interessato dall’operazione straordinaria (nell’esempio proposto, 2007), il
valore medio dovrà essere calcolato
con riferimento al periodo d’imposta
in osservazione e quello immediatamente precedente, coincidente con
l‘esercizio di costituzione.
7. Una società esercente attività di noleggio di barche da diporto turistico
può annoverare le navi da diporto
destinate al noleggio nel comparto
“immobili”, con conseguente applicazione del coefficiente del 6%, a condizione che dette navi siano utilizzate
per attività commerciali che si concretizzano nella stipula di contratti
di noleggio disciplinati dagli art. 384
e segg. del codice della navigazione.
Non può essere la sola stagionalità
dell’attività a concedere di per sé la
disapplicazione della normativa.
8. Una società per azioni - derivante dalla trasformazione, in base ad
una legge provinciale del 2005, di un
preesistente ente - svolge attività di
locazione di alloggi a nuclei familiari svantaggiati. La medesima legge
provinciale prevede una specifica disciplina dei canoni di locazione, che
sono stabiliti nell’ambito di convenzioni con gli enti locali e che sono,
per questo motivo, sottratti alla libera determinabilità della società.
In tal caso:
• la società indicata nella domanda rientra tra quelle escluse in
via automatica dall’ambito applicativo della disciplina delle società non operative, qualora risulti
dalla trasformazione di un ente
con riferimento al quale una legge ad hoc ne prevede la trasformazione con obbligo di costituirsi
in forma di società per azioni;
• se non sussiste l’obbligo di costituirsi in società di capitale la disapplicazione è possibile per l’impossibilità di allineare i canoni
di locazione a quelli normalmente praticati sul mercato, considerando che la misura degli stessi deriva da un obbligo sancito
espressamente da una legge provinciale.
9. Una società che possiede una partecipazione di minoranza in una società quotata è esclusa dalla normativa
in oggetto in modo automatico senza necessità di presentare istanza
di interpello.
10. L’accoglimento o il rigetto dell’istanza di disapplicazione non possa essere “automaticamente” collegato al
comportamento dichiarativo adottato in precedenza dal contribuente (che, ad esempio, consigliato dal
proprio consulente, abbia deciso di
calcolare il reddito in via presuntiva, onde evitare attività di accertamento o perché non era a conoscenza
della possibilità di fornire la “prova
contraria”).
6.5 LA DISAPPLICAZIONE PARZIALE
In relazione alla applicazione delle norme in materia di società di comodo, non
è scontato che l’eventuale accoglimento
sia totale e dunque riguardi, conseguentemente, i tre comparti impositivi di ap-
23
MODELLO 730 E UNICO 2012
24
plicazione della norma. Potrebbero verificarsi delle ipotesi (alcune peraltro già
delineate con riferimento alle società immobiliari ovvero in relazione alle nuove
ipotesi di disapplicazione automatica con
riferimento al periodo di imposta in corso
al 31 dicembre 2007), di disapplicazione
parziale della norma con riferimento, ad
esempio, ad alcuni beni di proprietà della società. Di questi aspetti si è occupata, in particolare, la circolare n. 25 del
2007 nella parte in cui si afferma che
qualora le situazioni oggettive invocate
dal contribuente si riferiscano ad alcuni
soltanto degli asset considerati dal comma 1 dell’art. 30 ovvero riguardino solo
parte del triennio rilevante per la determinazione dei ricavi presunti, il Direttore Regionale potrà tenerne conto ai fini
della disapplicazione parziale della disciplina nella misura in cui dette circostanze risultino determinanti per escludere
dal test di operatività alcuni asset ovvero per determinare diversamente l’ammontare dei ricavi figurativi o del reddito minimo.
In tal caso il Direttore Regionale qualora ritenga rilevanti le circostanze invo-
cate dal contribuente specificherà nella
risposta all’interpello che “ Sarà cura del
contribuente provvedere a neutralizzare
l’effetto della presenza di tali situazioni
eliminando nei calcoli il valore degli asset interessati dalle stesse e dei ricavi ad
essi direttamente correlabili “. In tal modo
le riferite situazioni rileveranno solo nella
misura in cui le stesse risultino determinanti per il superamento del “test di operatività” e/o per il conseguimento della misura minima del reddito che deve essere
dichiarata ai fini IRES ed IRAP.
Sarà cura del contribuente, in particolare, valutare il “ruolo” della specifica situazione obiettiva portata all’esame del
Direttore Regionale.
Si valuti ad esempio una società che possieda:
• l’immobile b1 con valore pari a
100.000 euro, locato per 5.000 euro annui;
• l’immobile b2 con valore pari a
250.000 euro, locato per 4.000 euro annui.
Si ipotizzi, inoltre, che nel 2006 l’immobile b2 sia stato oggetto di ristrutturazione per l’intero anno.
Beni
Valore 2004
Valore 2005
Valore 2006
Immobile b1
Immobile b2
100.000
250.000
100.000
250.000
100.000
250.000
L’ammontare dei ricavi presunti in base alle percentuali stabilite nel comma 1
dell’art. 30 in commento è pari a
Beni
Media
Percentuale
Ricavi
presunti
Totale
immobili
350.000
6
21.000
21.000
(RP)
L’ammontare dei ricavi, incrementi di
rimanenze e proventi ordinari imputati
a conto economico è, invece, pari a
Media di riferimento
100.000
250.000
350.000
Ricavi effettivi
Valore
2004
Valore
2005
Valore
2006
Immobile b1
Immobile b2
4.000
4.000
4.000
Media di
riferimento
4.000
5.000
5.000
5.000
5.000
9.000
(RE)
Non avendo superato il test di operatività (21.000 > 9.000), la società chiede e ottiene la disapplicazione evidenziando l’og-
MODELLO 730 E UNICO 2012
gettiva impossibilità di mettere a frutto
l’immobile b2.
Tenendo conto della peculiare situazioBeni
ne riguardante il 2006, il test di operatività può essere reimpostato nel seguente
modo:
Valore 2004
Valore 2005
Valore 2006
100.000
250.000
100.000
250.000
100.000
---
Beni
Media
Percentuale
Media
di riferimento
100.000
166.666
266.666
Ricavi presunti
Totale immobili
266.666
6
16.000
Immobile b1
Immobile b2
16.000
(RP)
Anche l’ammontare dei ricavi effettivi,
per omogeneità, dovrà essere adeguato al
Ricavi
effettivi
Immobile b1
Immobile b2
valore degli asset
Valore 2004
Valore 2005
Valore 2006
4.000
5.000
4.000
5.000
4.000
Considerato che i ricavi effettivi sono pari a 7.333 euro il test di operatività non
può ritenersi superato anche quando si riconosca la validità delle situazioni oggettive rappresentate dal contribuente.
L’importo di 16.000 euro va, però, considerato come limite di riferimento per l’applicazione della intera disciplina delle società di comodo. Ciò significa, ad esempio, che ai fini delle limitazioni all’utilizzo
dell’eccedenza di credito IVA, il volume di
affari conseguito in ciascuno dei tre periodi d’imposta consecutivi dovrà essere confrontato con il valore dei ricavi presunti
rideterminato nei modi precedentemente
indicati. L’accoglimento delle circostanze
oggettive rappresentate dal contribuente
produce effetti anche sulla determinazione del reddito presunto.
Nel caso prima esaminato il reddito minimo presunto è di 4.750 (pari al 4,75% di
100.000), valore non influenzato da quello
dell’immobile b2. Da questo reddito minimo si parte anche per la determinazione
del valore minimo della produzione rile-
Media di
riferimento
4.000
3.333
7.333
(RE)
vante ai fini IRAP.
In questi casi il contribuente deve compilare il prospetto di operatività contenuto nel quadro RF del modello UNICO
barrando la casella 2 ed indicando i dati al netto di quelli (riferiti, nell’esempio,
all’immobile b2) che sulla base della risposta della Direzione Regionale possono
essere legittimamente esclusi.
Come sopra precisato le disposizioni in
commento si applicano indipendentemente
dalle modalità di determinazione del reddito. Si evidenzia, al riguardo, che la determinazione forfetaria del reddito, eventualmente prevista a beneficio di un contribuente, può costituire una “oggettiva
situazione” che rende impossibile il conseguimento del reddito imponibile minimo di
cui al comma 3 dell’art. 30. Il contribuente,
in tal caso, potrà chiedere la disapplicazione delle disposizioni in commento ai sensi
del comma 4-bis dell’art. 30.
Come precisato nella circolare n. 5/E del
2007 con riguardo alle società immobiliari
che hanno per oggetto la realizzazione e
25
MODELLO 730 E UNICO 2012
26
successiva locazione di immobili, è possibile ottenere la disapplicazione qualora si
dimostri l’impossibilità di praticare canoni di locazione utili per superare il test di
operatività ovvero per conseguire un reddito effettivo superiore a quello minimo
presunto. Per la determinazione del valore
di mercato dei canoni di locazione si potrà
fare riferimento ai valori (espressi in euro
per mq al mese) riportati nella banca dati
delle quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare, consultabile gratuitamente presso il sito internet
dell’Agenzia del Territorio Per le società
che abbiano stipulato accordi in materia
di contratti agrari di cui all’art. 45 della
legge n. 203 del 3 maggio 1982, potrà assumere rilevanza, ai fini della giustificazione del mancato superamento del test di
operatività, ovvero del mancato conseguimento del reddito minimo, il canone di locazione risultante dai predetti accordi.
Ad ulteriore specificazione dei chiarimenti forniti nella menzionata circolare n. 5/E del 2007, si evidenzia che non
è possibile procedere all’emanazione del
provvedimento disapplicativo a beneficio
di una holding qualora sia stata rigettata l’istanza presentata da una (o più) delle
società da essa partecipate.
Costituisce, invece, circostanza utile ai
fini dell’accoglimento dell’istanza disapplicativa il fatto che la società partecipata,
pur disponendo di utili e riserve di utili
teoricamente sufficienti - in ipotesi di integrale distribuzione - a consentire il superamento del test di operatività da parte della holding partecipante, non abbia
proceduto alla relativa distribuzione in attuazione di un piano di autofinanziamento finalizzato al concreto rafforzamento
della attività produttiva, semprechè venga dimostrato che l’utile sia stato (o sarà)
effettivamente investito.
7. LE ULTIME INDICAZIONI
IN MATERIA DI INTERPELLO E LE
PROBLEMATICHE PER LE SOCIETÀ
IN PERDITA
In tema di interpello, va ricordato co-
me la circolare n. 32 del 2010 dell’agenzia
delle entrate abbia ribadito l’obbligatorietà della presentazione di una istanza di
interpello la cui mancanza rende sanzionabile il comportamento con una sanzione da 258 euro. Nella stessa circolare, però, viene affermato come il contribuente
possa fornire le esimenti anche in sede di
accertamento e, dunque, questo passaggio potrebbe essere letto come una sorta di messaggio indiretto che non obbliga alla presentazione dell’istanza fermo
restando che, laddove le esimenti stessi
non sussistano, la sanzione per l’infedele dichiarazione viene irrogata in misura
doppia e fermo restando che il contribuente può diasallinearsi rispetto, ad esempio,
ad una risposta negativa dell’agenzia rispetto all’istanza stessa. Sul punto, però,
la giurisprudenza di legittimità e di merito sta riservando delle sorprese non previste. Più in generale, l’ulteriore problematica che attiene alla presentazione di una
istanza di interpello che sia finalizzata
al riconoscimento, rispetto alla semplice
evidenziazione della perdita, dello svolgimento di una attività economica. Infatti,
posto che si rendono applicabili le disposizioni di cui all’articolo 30 della legge n.
724 del 1994, dovrebbe essere senza dubbio possibile proporre una istanza ai sensi
dell’articolo 37 bis, comma 8, del DPR n.
600 del 1973. In questo caso, però, l’istanza di specie non avrebbe la finalità di dimostrare il mancato raggiungimento del
test di operatività ma quella di giustificare i motivi che hanno generato una perdita fiscale in quanto, come visto, il test di
operatività viene superato da questi soggetti. In linea di principio, dunque, potrebbero valere come esimenti quelle ipotesi
delineate nel decreto legge n. 78 del 2010
finalizzate alla evidenziazione di componenti che sono tassati in capo ad altri soggetti ovvero a comportamenti dei soci che
evidenziano il fatto di “credere” nell’attività della società. Peraltro, sono moltissime
le ipotesi in cui una società può dichiarare una perdita senza che questo sia indice di pericolosità fiscale nel senso inteso
dal legislatore nell’ambito della legge n.
MODELLO 730 E UNICO 2012
148 del 2011. Basti pensare, ad esempio,
al caso di un accantonamento effettuato
in un certo periodo di imposta e non dedotto che si manifesta, in termini di variazione in diminuzione in un successivo
periodo di imposta. In questo caso la perdita non è certo generata da un comportamento anti economico. Come anticipato, la giurisprudenza si sta muovendo nel
senso di una obbligatorietà della presentazione dell’istanza di interpello e sulla
conseguente impugnabilità del diniego, a
differenza di quanto precisato dall’agenzia delle entrate. Ad esempio, la Corte di
Cassazione, con la sentenza n. 8663 del
15 aprile 2011, ha affermato la possibilità di impugnare un provvedimento di
diniego emesso dall’agenzia delle entrate
rispetto ad una istanza di disapplicazione. Sul punto, invece, l’amministrazione
finanziaria ha espresso la tesi contraria
pur affermando che il contribuente possa
disallinearsi rispetto a quanto espresso
dall’agenzia delle entrate rispetto alla richiesta formulata. Nel merito, i giudici di
Reggio Emilia, con la sentenza n. 154/4/11
del 21 settembre 2011 hanno affermato
che il diniego rispetto all’istanza di interpello è un diniego di agevolazione e dunque è questo l’atto che deve essere impugnato non rendendosi impugnabile il successivo avviso di accertamento. Appare
questa una posizione fortemente criticabile, ed appare, sul punto, maggiormente
sostenibile la posizione dell’amministrazione finanziaria.
LA DISCIPLINA ACE
L’INDICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE
ACE NEL MODELLO
27
MODELLO 730 E UNICO 2012
28
MODELLO 730 E UNICO 2012
I primi destinatari dell’agevolazione sono i soggetti IRES con l’aggiunta dei soggetti non residenti per i quali si afferma
che l’agevolazione in discorso si applica in
relazione alle stabili organizzazioni esistenti nel territorio dello Stato.
Non sono però dimenticati i soggetti IRPEF, in quanto il comma 7 della norma
afferma che destinatari della disposizione sono anche le persone fisiche titolari di
reddito di impresa, nonché le società in nome collettivo ed in accomandita semplice
a condizione che sia adottato il regime di
contabilità ordinaria. In relazione ai soggetti IRPEF, il decreto attuativo del 19
marzo 2012, afferma che rileva l’intero
patrimonio netto e non gli incrementi.
In relazione al primo periodo di imposta
di efficacia della disposizione in esame, il
comma 9 dell’articolo 1 afferma in modo
inequivoco che la stessa si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31
dicembre 2011. Quindi, in caso di periodo
di imposta coincidente con l’anno solare, il
primo effetto operativo verrà riscontrato
nell’ambito del modello Unico 2012.
I commi da 1 a 4 dell’articolo 1 del decreto legge n. 201 del 2011 delineano il
funzionamento dell’agevolazione in esame che, di fatto, è abbastanza lineare e
così sintetizzabile
• l’agevolazione opera come deduzione dal reddito complessivo netto di
un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale
proprio (comma 1);
• il rendimento nozionale del nuovo
capitale proprio è valutato mediante applicazione dell’aliquota percentuale che verrà individuata da un
apposito provvedimento alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla
chiusura dell’esercizio in corso al 31
dicembre 2010. In altri termini, il
capitale proprio riferito a tale ultimo esercizio costituirà la base di riferimento storica per la valutazione
degli incrementi che determineranno, previa applicazione dell’aliquota
percentuale, la deduzione dal reddi-
to imponibile (commi 2 e 3);
• per i primi tre anni di applicazione dell’agevolazione, l’aliquota da
applicarsi all’incremento del capitale proprio è del 3 per cento. Successivamente, sarà determinata con
apposito Decreto tenendo conto dei
rendimenti finanziari medi dei titoli
obbligazionari pubblici, aumentabile
di ulteriori tre punti percentuali a
titolo di compensazione dei maggiori rischi (comma 3);
• laddove per effetto dell’applicazione
dell’aliquota fissata al nuovo capitale
proprio il reddito complessivo dovesse azzerarsi, la parte di agevolazione non fruita è computata in aumento dall’importo deducibile dal reddito dei periodi di imposta successivi. Da un punto di vista letterale,
dunque, parrebbe che l’agevolazione in esame non possa determinare
una perdita riportabile a nuovo ma,
analogamente a quanto conosciuto
in tema di riporto a nuovo di componenti del reddito di impresa (si pensi alla parte di interessi passivi non
dedotti), considerato comunque che
l’incremento del capitale proprio verificatosi in un esercizio costituisce
base di riferimento per l’agevolazione sino a che non venga ridotto il capitale medesimo (comma 4).
Il comma 5 si apre affermando che il
capitale proprio esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre
2010, che costituisce la base di riferimento per il calcolo dell’agevolazione, deve essere identificato dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio senza tenere conto dell’utile del medesimo esercizio.
Nella sostanza, dunque, l’eventuale utile
dell’esercizio 2010 costituirà incremento
dell’esercizio 2011.
Una volta identificata la base “storica” di
riferimento, la norma delinea ed individua
gli incrementi rilevanti ai fini dell’agevolazione e cioè le variazioni in aumento
a. Conferimenti in denaro che rilevano
a partire dalla data di versamento.
Dunque, un conferimento in denaro
29
MODELLO 730 E UNICO 2012
30
effettuato il 28 febbraio 2011 rileverà per un ammontare pari all’importo conferito moltiplicato per il risultato del rapporto tra 306 e 365;
b. Gli utili accantonati a riserva, con
esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le riserve sono state formate. In altri termini,
l’accantonamento a riserva dell’utile
di esercizio 2010, diversa dalla riserva legale, costituisce incremento rilevante per l’intero esercizio 2011. Il
decreto attuativo del 19 marzo 2012
ha poi chiarito quali sono le riserve escluse dall’agevolazione individuando, tra le stesse, quelle di natura valutativa.
La formulazione della norma, dunque,
esclude dall’agevolazione in esame tutte
le ipotesi di conferimenti in natura, fermo
restando che, il comma 6 prevede che per
le aziende e le società di nuova costituzione si considera incremento tutto il patrimonio conferito a condizione, evidentemente, che si tratti di un conferimento in
denaro analogamente a quanto era stato
chiarito dall’amministrazione finanziaria
in tema di DIT. Rilevano ai fini ACE an-
che la rinuncia dei soci a crediti vantati
nei confronti della società come chiarito
dal decreto del 19 marzo scorso.
Una volta esaminati i componenti che
consentono di usufruire dell’agevolazione in quanto considerati come componenti
incrementali rispetto al capitale proprio
di riferimento al 31 dicembre 2010, vanno
esaminate le casistiche che, al contrario,
riducono la base di riferimento dell’agevolazione. In tal senso, sempre il comma 5
dell’articolo 1 afferma come rilevano come
variazioni in diminuzione
a. le riduzioni del patrimonio netto con
attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci od ai partecipanti;
b. gli acquisti di partecipazioni in società controllate;
c. gli acquisti di aziende o rami di
aziende nell’ambito del medesimo
gruppo.
Tutti i decrementi rilevano dall’inizio
dell’esercizio anche se effettuati, in astratto, l’ultimo giorno dell’esercizio.
Con la circolare n. 53 del 6 dicembre
2011, l’Agenzia delle Entrate ha fornito
la propria interpretazione sulle modifiche
apportate dall’articolo 23, comma 9, del
decreto legge n. 98 del 2011, alla disciplina contenuta nell’articolo 84 del testo
unico delle imposte sui redditi in materia
di riporto a nuovo delle perdite in capo
ai soggetti IRES. I principi introdotti dal
provvedimento normativo possono essere
riassunti in due punti
• l’eliminazione del limite temporale del riporto a nuovo quinquennale
delle perdite che si sono prodotte in
un periodo di imposta;
• la possibilità di utilizzo della perdita
non in modo integrale nel successivo
periodo di imposta ma solo nei limiti
dell’80 per cento del reddito del periodo di imposta successivo.
Posto che la modifica normativa riguarda, come detto, i soggetti IRES, nessuna
novità ha interessato invece il meccanismo di riporto a nuovo delle perdite relativamente ai soggetti IRPEF.
Di fatto, l’indicazione più attesa in relazione alle modifiche normative di specie,
era quella relativa alla decorrenza delle
novità. Infatti, una tesi che era stata sostenuta era quella dell’isolamento della
IL TRATTAMENTO DELLE PERDITE
ALLA LUCE DELLE NOVITÀ
NORMATIVE DEL 2011
MODELLO 730 E UNICO 2012
perdita in relazione al periodo di imposta di formazione cosicchè, ad esempio,
le perdite afferenti il periodo di imposta
2010 avrebbero scontato le precedenti disposizioni di cui all’articolo 84 del TUIR
e dunque il precedente limite del riporto
a nuovo quinquennale con compensazione integrale del reddito dei periodi di imposta successivi. Prendendo spunto dalla
relazione di accompagnamento al decreto legge n. 98 del 2011 e confermando la
tesi espressa dalla circolare n. 24/IR del
14 settembre 2011, l’Agenzia delle Entrate precisa come in relazione alle perdite
fruibili nel periodo di imposta in corso al
momento di entrata in vigore delle nuove disposizioni vengono riportate a nuovo
senza limiti temporali ed in compensazione dell’80 per cento del reddito dei periodi
di imposta successivi. E’ questa una tesi
del tutto condivisibile e che ha, come conseguenza, il fatto che le perdite che vengono gestite con le nuove regole sono quelle,
in generale, formatesi a far data dal periodo di imposta 2006. E’ opportuno ricordare come il predetto riporto a nuovo senza
limiti di tempo costituisce caratteristica
confermata anche dalle nuove disposizioni
normative in relazione alle perdite che si
sono formate nei primi tre periodi di imposta a condizione che il soggetto che le
ha generate svolga una attività economica
“nuova”. La differenza, rispetto al regime
ordinario di compensazione delle perdite
nei successivi periodi di imposta in quota
pari all’80 per cento, è che le stesse (cioè
le perdite dei primi tre periodi di imposta) sono utilizzabili a scomputo integrale
dei periodi di imposta successivi. Cosicchè, in relazione a perdite che si producono per quattro periodi di imposta si avrà
una suddivisione in base alla quale
• quelle dei primi tre periodi di imposta compensano il reddito imponibile per intero;
• quella del quarto periodo di imposta
compensa il reddito imponibile soltanto per l’80 per cento del relativo
ammontare.
Va segnalato come l’agenzia delle entrate non abbia preso in considerazione il
rapporto delle nuove disposizioni in materia di riporto a nuovo delle perdite con
il regime introdotto dalla legge n. 148 del
2011 in merito alla presunzione di non
operatività nei confronti dei soggetti che
producono perdite per tre periodi di imposta consecutivi. E’ evidentemente una
previsione in contrasto con il regime di
favore delineato dall’articolo 84 del testo
unico delle imposte sui redditi proprio in
relazione all’integrale possibilità di utilizzo delle perdite che si producono nei primi
tre periodi di imposta da parte di un soggetto che svolge una nuova attività economica e, dunque, in fase di start up.
Di fatto, il nuovo regime introdotto
dall’articolo 84 del TUIR ricorda da vicino il meccanismo di riporto a nuovo senza
limiti di tempo degli interessi passivi che
non trovano capienza nell’ammontare del
30 per cento del risultato operativo lordo
come delineato dall’articolo 96 del medesimo TUIR.
La circolare dell’agenzia delle entrate ricorda, in primo luogo, il disposto normativo di cui all’articolo 115, comma 3, del
TUIR In base al quale “Le perdite fiscali
della società partecipata relative a periodi
in cui è efficace l’opzione sono imputate ai
soci in proporzione alle rispettive quote di
partecipazione ed entro il limite della propria quota del patrimonio netto contabile
della società partecipata. Le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori
all’inizio della tassazione per trasparenza
non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate”. Quindi, in base alle disposizioni
normative si stabilisce la regola dell’utilizzo esclusivo in capo a ciascun soggetto
delle perdite formatesi nei periodi d’imposta antecedenti quello di esercizio dell’opzione. Queste perdite sono utilizzabili solo
dai soggetti che le hanno realizzate per
ridurre i redditi dai medesimi prodotti.
Per conseguenza, non si genera nessuna
commistione tra le perdite pregresse generatesi ante regime e i redditi imputati
per trasparenza dalla società partecipata ai soci.
In particolare, le nuove regole previste
31
MODELLO 730 E UNICO 2012
32
dall’articolo 84 del TUIR non producono
alcun effetto sulle perdite realizzate dalla società partecipata in costanza di regime e imputate ai soci: si tratta, infatti, di
“perdite di periodo” trasferite ai soci nel
limite del patrimonio netto contabile della
società trasparente riferibile a ciascun socio. Le perdite fiscali eccedenti il predetto
limite restano nella disponibilità esclusiva della società partecipata e si computano in diminuzione del proprio reddito
secondo le modalità previste dall’articolo
84 del TUIR.
L’eventuale perdita trasferita dalla società partecipata ai soci e da questi non
integralmente compensata costituisce un
componente negativo di reddito utilizzabile dai soci nei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta
per cento del proprio reddito imponibile
complessivo.
Secondo l’agenzia delle entrate, le considerazioni svolte nell’ambito del regime
della trasparenza, di cui all’articolo 115
del TUIR, trovano applicazione, in linea
di principio, anche per i soggetti che esercitano l’opzione per il regime della trasparenza fiscale delle
società a ristretta base proprietaria ai
sensi dell’articolo 116 del TUIR Diversamente, la nuova disciplina di cui all’articolo 84 del TUIR non produce alcun effetto
in capo ai soggetti che esercitano l’opzione
per il regime in esame in qualità di soci,
in quanto trattasi di soggetti che applicano le disposizioni sul riporto delle perdite
di cui all’articolo 8 del TUIR.
Per quanto concerne le disposizioni in
materia di consolidato, l’agenzia delle entrate precisa come le modifiche apportate
dal decreto legge n. 98 del 2011 all’articolo
84 del TUIR producono effetti sulle modalità di impiego delle perdite. Infatti, in
relazione alle perdite a disposizione delle
singole società, riportabili a nuovo senza
limiti di tempo ed ancora disponibili che
si sono formate in un periodo di imposta
antecedente all’opzione per il consolidato,
la compensazione avverrà con l’80 per cento del reddito imponibile dei periodi di imposta successivi. Nessun effetto, invece,
si determina in ordine alle perdite di periodo realizzate dalle società consolidate
nell’ambito del gruppo, le quali vengono
trasferite in misura integrale alla fiscal
unit. Il nuovo regime di riporto delle perdite incide, invece, sul trattamento delle
perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato conseguite
negli esercizi di validità dell’opzione. Posto che compete al soggetto controllante
il riporto a nuovo di tali perdite, le stesse
potranno essere utilizzate in compensazione del reddito complessivo globale relativo ai periodi d’imposta successivi secondo le modalità previste dal nuovo articolo
84 del TUIR.
L’agenzia delle entrate, nel documento
di prassi, non prende in alcuna considerazione l’impatto delle nuove disposizioni
di cui all’articolo 84 del TUIR in relazione
ad operazioni straordinarie quali la trasformazione ovvero al trattamento delle
stesse nel caso di liquidazione societaria.
Su questi aspetti, in via interpretativa, si
ritiene di poter condividere quanto espresso nella circolare n. 24 /IR del 14 settembre 2011.
Come osservato in tale documento, sulla scorta di quanto precisato dall’amministrazione finanziaria nella risoluzione n.
60 del 16 maggio 2005, in caso di passaggio da soggetto IRES a soggetto IRPEF,
troveranno applicazione le nuove disposizioni contenute nell’articolo 84 del TUIR.
Più articolato appare il caso della liquidazione societaria soprattutto in relazione
alle ipotesi in cui le perdite si siano formate anteriormente alla fase liquidatoria.
Come noto, le disposizioni di cui all’articolo 182, comma 3, del TUIR, prevedono come “le perdite di esercizio anteriori
all’inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell’articolo
84 sono ammesse in diminuzione in sede
di conguaglio. Se la liquidazione si protrae
per più di cinque esercizi, compreso quello
in cui ha avuto inizio, nonché in caso di
omessa presentazione del bilancio finale,
i redditi determinati in via provvisoria si
considerano definitivi e ai fini dell’imposta
MODELLO 730 E UNICO 2012
sul reddito delle persone fisiche i redditi
compresi nelle somme percepite o nei beni ricevuti dai soci, ancorché già tassati
separatamente a norma degli articoli 17 e
21, concorrono a formarne il reddito complessivo per i periodi di imposta di competenza”. Sulla scorta di queste disposizioni, l’amministrazione finanziaria, pur interpretando il precedente articolo 124 del
Tuir, identico nella sua formulazione alla
normativa attuale, ebbe modo di precisare con la risoluzione n. 124 del 23 aprile
2002, che “le perdite di esercizio anteriori alla data di messa in liquidazione della società, non compensate nel corso della
liquidazione, possono essere compensate
in sede di conguaglio finale anche se sono trascorsi più di cinque anni dalla loro
formazione (normale limite per il riporto
delle perdite, ai sensi dell’art. 102 del Tuir), a condizione però che la liquidazione si
chiuda nel termine di cinque anni e venga quindi effettuato il conguaglio finale.
Nel caso in cui la liquidazione si protrae
oltre il quinquennio, le perdite pregresse
saranno da considerare non più deducibili
dal momento che i redditi degli esercizi intermedi si considerano definitivi ai sensi
dell’articolo 124, comma 3 del Tuir, senza
possibilità, pertanto, di effettuare alcuna
operazione di conguaglio”.
Alla luce delle nuove disposizioni in materia di riporto a nuovo delle perdite senza limiti di tempo, ci si deve chiedere se
tale innovazione consenta di superare il
limite ulteriore che è posto alla durata
massima delle operazioni di liquidazione,
posto che, ovviamente, il problema non si
pone in relazione ai redditi prodotti medio
tempore. Si deve ritenere che il principio
in questione, legato alla durata massima
della liquidazione, possa non essere superabile laddove le perdite antecedenti alla
messa in liquidazione, siano ad esempio
del periodo di imposta 2005 o precedenti.
Al contrario, si deve ritenere che, indipendentemente dalla durata della stessa, le
perdite in linea di principio riportabili a
nuovo senza limiti di tempo possano compensare senza soggiacere al limite dell’80
per cento del reddito imponibile di “chiusura” della procedura. In questo caso, infatti, sopravviverebbe una quota di perdita non più utilizzabile da un soggetto non
più esistente e considerando che la ratio
della limitazione della compensazione della perdita con l’80 per cento dei redditi dei
periodi di imposta successivi si riferisce,
in linea di principio, ad un soggetto che
produce reddito e dunque in costanza di
attività.
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