GLI UCCELLI DA RICHIAMO • Per ottenere buoni cantori è necessario anzitutto armarsi di pazienza e provvedere con ogni cura al loro addestramento gradatamente attraverso varie fasi che si possono riassumere principalmente: • Fase di scelta dei soggetti presicci ritenuti a prima vista idonei per fringuelli, verdoni ecc.; dare la preferenza a quelli catturati dopo la metà d’agosto e così dicasi per i merli, l’epoca della cattura fa supporre trattasi di soggetti nostrani che hanno indubbiamente qualità canore superiori ai migratori; in essi osservare l’età preferendo i giovani e lo stato di salute che si rivela buona dalla vivacità e dall’impennamento; per i tordi invece è probabile ottenere buoni cantori da soggetti nidiacei allevati a mano. • Fase d’appastamento, cioè riuscire a far sì che il presiccio impari ad alimentarsi in gabbia. Non è molto difficile per i granivori, un po’ di più per gli insettivori: prispoloni, merli, tordi. • Buona norma è quella di coprire, appena posti in gabbia, gli uccelli avendo cura di lasciare scoperta solo la parte del cassetto mangiatoia; servono bene a questo scopo le gabbie multiple da quattro o da sei posti. Si collochi di fronte ai nuovi la gabbia di uno o due vecchi in funzione di istruttori avendo cura di mettere la mangiatoia quasi aderente alle gabbie dei presicci. • Se infine il locale sarà tranquillo e non disturbato da troppi frequenti passaggi di persone, in pochi giorni l’assuefazione alla gabbia e al cibo sarà completa. • Il tordo ed il merlo vanno messi in gabbia di legno o di plastica con le grate grosse per evitare che, dibattendosi, si feriscano. L’alimentazione iniziale del cibo bilanciato, alimento a loro del tutto • sconosciuto, va preparato nel seguente modo: nel fondo si mette il mangime, sopra ad esso, ma in modo che i grani siano appena velati di mangime, un po’ d’uva nera a chicchi piccoli, o fitolacca decandra, della quale sono ghiotti: può facilitare il compito la aggiunta di qualche tarma della farina o di qualche pezzetto di lombrichi. • Come per i granivori è necessario l’avvicinamento, nel modo già descritto, di qualche soggetto vecchio e tranquillo che insegni loro il modo di cibarsi. Superato il momento di crisi, dovuto alla emozione per la cattura, il soggetto tende a mangiare molto, forse eccessivamente; togliere allora subito la fitolacca che è particolarmente lassativa e può provocare diarrea. • Usare sempre precauzioni nel maneggio delle gabbie le quali dovrebbero sempre essere rimosse coperte da un telo, prima di venire disposte nell’appostamento Assuefazione ed addomesticamento: • Gli uccelli, specialmente quelli provenienti da cattura, sono generalmente esseri vivaci ed estremamente mobili, essendo per natura, abituati a vivere nello spazio senza confini. Fra essi poi vi sono soggetti estremamente sensibili e paurosi che si agitano solo alla vista dell’uomo, anche se lontano, altri invece di indole tranquilla. • Niente voliere per quegli uccelli destinati al richiamo, si mettano subito nelle gabbie a loro destinate, mai di ferro, ma con le gretole di legno o di plastica, in quelle di ferro si metteranno poi, ad assuefazione compiuta. • Abituiamoli gradatamente alla nostra presenza, perché siamo noi normalmente la causa delle loro reazioni e siamo noi invece che dobbiamo riuscire ad entrare nelle loro grazie e far sì che la nostra presenza non li turbi. I casi di irriducibilità non sono infrequenti, un cantore che si agiti e si dibatta nell’impiego non può rendere, è meglio liberarsene. • Il miglior modo per abituarli a gabbie piccole, come sono quelle usate per i richiami, è quello di sistemarli affiancati ad un loro simile di indole tranquilla e per alcuni giorni tenerli coperti con uno schermo. • Tolto questo, si lasciano sempre in compagnia di soggetti tranquilli ed in luogo frequentato, in casa o all’aperto, affinché si abituino alla presenza delle persone. L’irrequietezza iniziale andrà man mano riducendosi. • È comprensibile che uccelli presicci, specialmente se sono molto giovani, non siano, nel periodo dell’ingabbio, tranquilli come vorremmo; al loro addomesticamento si arriverà per gradi e in parecchi casi, dopo appena qualche mese, si sono ottenuti dei buoni risultati. • Per il prispolone (tordina), uccello di costituzione fragile ed assai timido, subito dopo la cattura, è bene legare assieme, con un sottilissimo filo, le estremità delle due remiganti primarie; si toglierà quando si noterà la disponibilità del soggetto allo spazio ridotto della gabbia. • Se dovessi fare una classifica degli uccelli difficilmente addomesticabili, metterei al primo posto la passera mattugia, il cui sostantivo di ce già tutto sul suo conto, seguita dal passero, dal fringuello, dallo zigolo e dai turdidi. • Tra quelli che si addomesticano senza difficoltà ed in breve tempo, il lucherino, il ciuffolotto, il verdone, il verzellino ed il cardellino. Gli uccelli allevati allo stecco naturalmente abituati a considerare l’uomo come il loro genitore, non hanno alcun problema d’addestramento, sanno riconoscere benissimo la persona che non è l’allevatore e mostrano qualche segno di disagio. • Se si dimostrano buoni bisogna tollerare anche la non perfetta tenuta di gabbia. Negli appostamenti avere cura di coprirli. EFFETTI DELLA LUCE • È stata ampiamente dimostrata l’importanza della luce sul ciclo riproduttivo degli esseri viventi ed in particolare sugli uccelli. • In loro la manifestazione iniziale, avviene con l’emissione dei primi timidi versi che, alle nostre latitudini, avviene di solito verso la metà di marzo, quando cioè la durata della luce diurna aumenta progressivamente di giorno in giorno influendo così sugli organi riproduttivi, tanto che ricreandola artificialmente si ottiene in ogni stagione la riproduzione di animali e piante. • Il meccanismo d’azione della luce è duplice: uno stimolo di natura neuro-ormonale, attraverso il nervo ottico e l’ipofisi, ed il potenziamento dello stimolo ad alimentarsi. • L’ipofisi, questa piccola glandola posta alla base del cervello produce, oltre agli ormoni dello sviluppo, la prolaetina, che stimola nel soggetto maschio la produzione di un ormone sessuale. • Tale stimolo fa sentire il bisogno dell’accoppiamento, che è rimasto latente per tutto il periodo invernale, in maggior misura negli uccelli ingabbiati, i quali, aumentano istintivamente le dosi d’alimentazione e cominciano a spiegare il loro canto, che è la prima manifestazione del ciclo riproduttivo da parte dei soggetti maschi. • Le evidenti conseguenze degli effluivi primaverili sugli uccelli in gabbia ed in libertà, erano note anche molti secoli fa sia agli uccellatori di quel tempo lontano sia ai vari studiosi di ornitologia. Fu un suggerimento degli studiosi, o una spontanea reazione di coloro che di quel bel canto primaverile avrebbero volentieri fatto a meno preferendo che fosse emesso alle epoche del passo? Certamente sappiamo solo che si capì quale era la causa e, drasticamente, si operò per neutralizzarla: dalla luce al buio, da un’alimentazione normale ad una dieta ridotta, nel tentativo di bloccare l’azione naturale della glandola ipofisaria. LO SCHIAMAZZO • I versi che fanno i tordi impauriti alla vista di un rapace diconsi schiamazzo. Si è osservato anche che i maschi sono molto più paurosi delle femmine e reagiscono con toni più alti e più frequenti, mentre alcune femmine, dopo ripetute apparizioni della civetta, restano indifferenti e non schiamazzano; questo sistema anticamente veniva usato per il riconoscimento del sesso. • E un richiamo usato un tempo, specialmente nei roccoli e, a quanto si legge, efficacissimo per richiamare i tordi. • Consiste in un gabbiocello diviso in due parti separate da una cateratta di legno o altro materiale; in uno degli scomparti si rinchiudono alcuni tordi presicci e nell’altro una civetta. • Quando i richiami delle gabbie cantano poco, oppure sono avvistati branchi di passo e si vuole alettarli in modo deciso, si alza la cateratta ed i tordi alla vista del rapace si mettono a strillare disperatamente attirando l’attenzione di quelli in volo che, incuriositi, si gettano nella tesa. • Ci si chiederà il perché ditale comportamento che, normalmente, anziché attirare, dovrebbe far allontanare più in fretta i passanti. Il verso emesso dai tordi terrorizzati è anche una richiesta d’aiuto, quindi, lo spirito di gregarismo comune a molti uccelli, fa si che la richiesta di soccorso non resti senza risposta. • Ricordo che un amico di mio padre, al quale, con l’occasione ne, voglio anche rendere omaggio, appassionato ed intelligente uccellatore, non usava la doppia gabbia, ma una sola con un solo tordo schiamazzatore e la civetta con i geti alle zampe poste tranquillamente sul suo fungo e sistemata più in basso, fuori dalla vista del tordo; • quando il branco era avvistato, con una funicella assicurata al trespolo della civetta, si alzava il rapace, presentandolo davanti alla gabbia dello schiamazzatore. L’apparizione improvvisa di Athèna, desta dopo il dormiveglia in cui si era caduto, ed il conseguente sbattere le ali con le successive smorfie, avevano un potere speciale ed il tordo “squagliava” a più non posso • Tanto era efficace questo sistema che anche i tordi che si allontanavano dopo aver tirato lo spauracchio, invertivano la rotta e ritornavano all’appostamento. LA CHIUSA O MUDA • Per chi desideri uccellare con soddisfazione e con profitto sono necessarie una buona posizione, linea d’afillo, ma soprattutto una buona batteria di richiami. C’è da mordersi le mani quando sull’uccellanda passano tordi e fringuelli e gli uccelli in gabbia curati, pazientemente puliti ed alimentati, non fanno un verso. Accade, accade spesso purtroppo, ed allora il divertimento si trasforma in una acuta sofferenza. • Una buona batteria che canti bene per tutto il periodo d’apertura anche quando non c’è il sole, il che coincide spesso con le giornate di buon passo, ha un valore impareggiabile. • Non metteremo certo in gabbia qualsiasi fringuello o merlo destinato a fare il richiamo, gli uccelli a ciò destinati devono, con cura e competenza, essere ben scelti e cioè uccelli, ad esempio, che si sono già sentiti cantare, uccelli giovani, sani, tranquilli, possibilmente allevati allo stecco, uccelli di buona razza insomma, e l’uccellatore anziano non avrà certo molte difficoltà nella scelta. • Questa selezione s’impone quando si debbano mettere in “chiusa” uccelli nuovi. Prima fase: • Parlerò in seguito del nuovo sistema di chiusure dei futuri richiami, un modo semplice, pratico, sicuro, moderno, tecnicamente ineccepibile. Un’ampia voliera accoglierà i futuri richiami dal novembre fino agli ultimi giorni di febbraio dando modo all’uccello di muoversi a suo agio, • di bagnarsi, di alimentarsi a piacere, in modo da rendere la fase d’assuefazione alla cavità, meno gravosa. • L’alimentazione deve essere varia, ma non eccessiva; per i granivori si faccia uso di erbe, quali lattuga e tarassacco, così per gli insettivori, con l’aggiunta di qualche tarma della farina. Il giorno che passeremo alla seconda fase, dovremo togliere dalla voliera, all’aperto dove i nostri uccelli hanno trascorso quasi l’intero inverno, dei soggetti sani, ben nutriti, ben impennati; se qualche soggetto non si dimostrasse in condizioni perfette, consiglio di non passarlo alla seconda fase, che non è affatto debilitante come quella che si usava un tempo e che è servita ai nostri denigratori per incolparci di maltrattamento verso gli uccelli. Seconda fase: • Indispensabile disporre di un locale appartato dove, per quantità ed intensità di luce e per temperatura, cercheremo di imitare e mantenere costanti le condizioni meteorologiche del mese di febbraio e ciò per la durata di cinque mesi e mezzo. Come? t sufficiente un timer automatico che accenda la luce quando si fa giorno e che la spenga quando si fa notte, né più né meno della funzione che ha il sole all’alba ed al tramonto del 15 febbraio; per fare ciò basta consultare un calendario, l’ora della levata e del tramonto. • Per la temperatura, con un semplice apparecchio per l’aria condizionata, manterremo i gradi di quel fatidico 15 febbraio ed il timer provvederà a riattivarlo od a spegnerlo; la temperatura interna in quel periodo si aggira intorno ai 6-8 0C. Con questo sistema addormentiamo la funzione ipofisaria, in altre parole non facciamo altro che prolungare l’inverno. Per sollecitare il ricambio delle penne, a metà luglio, inumidiremo il locale con il vapore acqueo prodotto da una pentola d’acqua in ebollizione, per la durata di tre o quattro giorni. Cosa fanno i fiorai? Né più né meno di un sistema inverso per far fiorire rose e garofani a dicembre e gennaio, luce e calore artificiali. Nulla di nuovo sotto il sole! Terza fase: • Estrema prudenza nel passaggio da “febbraio” ad agosto; deve avvenire per gradi, aumentando tutti i giorni la durata della luce e la temperatura; in 20-30 giorni non è difficile progressivamente far venire la primavera e l’estate. Avremo reazioni diverse da soggetto a soggetto; in alcuni uccelli avremo una rapida ripresa della azione dell’ipofisi, in altri meno, ma si può sempre stimolarla con un’alimentazione d’urto (tuorli d’uovo, pinoli, formaggio straveechio, ecc.) con un’aggiunta particolare di tarme della farina per gli insettivori. • Mi sembra già di sentire le obiezioni e le riserve dei soliti dubbiosi, attaccati ai sistemi di nove secoli fa: - In teoria tutto scientificamente in regola, l’ipofisi, il timer, il condizionatore d’aria ma la pratica è un’altra cosa, gli uccelli, se non sono al buio, cantano lo stesso, ecc. ecc. • No signori, prima di enunciare la trovata, se così può essere chiamata, abbiamo fatto per tre anni consecutivi le prove, tutte riuscite.Ho le testimonianze dirette ed indirette di molti amici uccellatori che si dichiarano soddisfatti e lamentano solo il costo eccessivo degli apparecchi. • C’è anche chi ha fatto di più e nel caso di giugno, sempre a mezzo timer, ha fatto ascoltare cassette di canto del merlo, del tordello, del fringuello ad intervalli di tempo di mezz’ora. • Viviamo nel tempo dei missili interplanetari, perché rimanere ancora nella cantina ed alla luce di una candela di sego?