Panoramix
Et alii
Panoramix
personaggio di Asterix
• L’opera di Goscinny e Uderzo: Asterix
• La fonte di Asterix: il De Bello Gallico di Cesare
• I Druidi: Caes. d. b. g. VI, 13-19
– Le classi dirigenti galliche: par. 13
– Il prestigio druidico: par. 14
– I cavalieri: par. 15
– Sacrifici e giustizia: par. 16
– Gli dèi dei Galli: par. 17
– Usanze dei Galli: par. 18
– Travagliata eredità: par. 19
Panoramix
Panoramix, personaggio della saga a fumetti di Asterix creata da R. Goscinny e
A. Uberzo, è il venerabile e rispettatissimo druido del villaggio. Anche se durante
le avventure dei due protagonisti, Asterix e Obelix, la sua figura non è sempre
presente, ha comunque un compito fondamentale: infatti egli è l’unico detentore
della ricetta della segretissima “pozione magica”, un misterioso miscuglio che
dona una temporanea forza sovrumana a colui che la beve
Per comprendere meglio la figura del druido presso i Galli riportiamo un brano di
Giulio Cesare tratto dai Commentari sulla guerra gallica.
«In Gallia esistono due ordini privilegiati, quelli dei druidi e dei cavalieri.
I primi si occupano delle cose sacre, presiedono ai sacrifici pubblici e privati, e
sono dotti in fatto di religione: presso di loro accorre gran numero di giovanetti
per essere istruiti, ed essi sono sommamente onorati. Decidono in quasi tutte le
controversie pubbliche e private; e, se è stato commesso qualche delitto od
omicidio, se vi è una lite per motivo di eredità o di confini, sono essi che
sentenziano, che stabiliscono i premi o le punizioni, e, se alcuno non sta ai loro
decreti, essi li interdicono dai sacrifici [...].
Asterix
*Immagine risalente alla prima copia uscita nel 1959
“Asterix “ è una serie di fumetti ideata in Francia da
René Goscinny (sceneggiatore) e Albert Uderzo
(disegnatore) all’inizio degli anni 60.
Il fumetto è ambientato a nell'antica Gallia al tempo di
Giulio Cesare, attorno al 50 a.C. ed ha per protagonisti il
guerriero gallico Asterix, il suo miglior amico Obelix,
trasportatore di menhir, e tutti gli abitanti del loro piccolo
villaggio gallico in Armorica, che si ostina a resistere alla
conquista romana grazie all'aiuto di una pozione magica
preparata dal druido Panoramix, in grado di conferire
una forza sovrumana a chi la beve.
La nascita di Asterix
Asterix comparve per la prima volta il 29 ottobre 1959 nella prima copia di pilote,
un quotidiano a fumetti francese, preceduto da queste parole:
(FR)
« Astérix incarne malicieusement toutes les
vertus de nos ancêtres les Gaulois.
L'humour de René Goscinny et de Albert
Uderzo vous fera aimer ce petit guerrier
moustachu, personnage nouveau dans le
monde des bandes dessinées. »
(IT)
« Astérix incarna maliziosamente tutte le
virtù dei nostri antenati Galli. L'umorismo di
René Goscinny e Uderzo vi farà amare
questo piccolo guerriero baffuto,
personaggio nuovo nel mondo dei
fumetti. »
Inizialmente Asterix doveva essere l’unico protagonista della saga. Uderzo
insistette affinché Asterix avesse una spalla, un ragazzo grasso, placido, gioviale,
che rincarnasse il tipico Gallo, appunto Obelix . Durante la prima avventura Obelix
ha solo un ruolo di contorno, limitandosi ad aspettare il protagonista al suo
ritorno. Piu avanti Astérix diventa un eroe a tutto tondo, limitato solo dal fisico,
mentre i difetti franco-gallici vanno a ricadere sul suo compare Obélix, che
appunto è suscettibile, irascibile e goloso.
Giulio Cesare
Caio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a.C. Faceva parte dell'antichissima
e nobile "gens Julia", discendente da Julo, figlio di Enea e, secondo il mito, a
sua volta figlio della dea Venere.
Era anche legato al mondo plebeo, in quanto sua zia Giulia aveva sposato Caio
Mario.
Una volta diciottenne, Cesare sposò, per volere del padre, Cossuzia, ma alla
morte del padre, la rinnegò per prendere in moglie la bella Cornelia, figlia di
Cinna, luogotenente di Mario.Ciò scatenanò l'ira del potente dittatore Silla, che
per altro aveva intuito le qualità del giovane. Le disposizioni del tiranno
prevedevano che Cesare ripudiasse la moglie Cornelia, in quanto figlia di uno
dei capi del partito democratico. Cesare si rifiutò: la cosa gli costò la condanna
a morte e la confisca della dote della moglie; la condanna in seguito, su
intervento di amici comuni, fu mutata in esilio.
Esiliato appunto in Oriente, vi fece importanti esperienze militari, per terra e per
mare. Rientrato nuovamente a Roma nel 69, intraprese il cosiddetto "cursus
honorum": venne eletto alla carica di questore. La carica gli fruttò il governatorato
e un comando militare in Spagna, dove per un po' di tempo fronteggiò i ribelli,
tornando poi in Patria con la fama di ottimo soldato e amministratore. Tre anni
dopo fu nominato propretore in Spagna, e infine divenne Pontefice Massimo nel
63 e pretore nel 62.
In Spagna sottomise quasi del tutto gli iberici, riportò un bottino enorme e il
senato gli concesse il trionfo, a causa del quale Cesare dovette ritardare il ritorno
a Roma. In questo modo gli venne impedito di presentare la sua candidatura al
consolato, dal momento che la candidatura non poteva essere presentata in
assenza del candidato. Cesare andò ugualmente a Roma, lasciando l' esercito
fuori dalla città.
Qui, strinse accordi di alleanza con il suo finanziatore Crasso e con Pompeo, in
quel momento politicamente isolato: si formò allora un patto a tre, di carattere
privato, consolidato da un solenne giuramento di reciproca lealtà, che aveva
come fine, attraverso una opportuna distribuzione di compiti, la completa
conquista del potere (luglio del 60). Il patto è conosciuto con il nome di "Primo
Triumvirato".
Nel frattempo, i legami con Pompeo si erano rafforzati attraverso il matrimonio di
quest' ultimo con Giulia, figlia di Cesare. Nello stesso periodo egli chiese e
ottenne il proconsolato in Gallia (anno 58).
Cesare aveva scelto le Gallie a ragion veduta: egli sapeva di aver bisogno, per
poter aspirare al supremo potere, di compiere gesta militari di grande importanza
e, soprattutto, di forte impatto. Le Gallie, da questo punto di vista, gli avrebbero
appunto offerto l'occasione di conquistare territori ricchi di risorse naturali e di
sottomettere un popolo ben noto per le proprie virtù militari e, per questo, molto
temuto.
I fatti confermarono pienamente i calcoli di Cesare. Anzi, riuscì ad ottenere
risultati che andavano al di là di quanto egli stesso avrebbe mai osato sperare. Le
vicende belliche gli offrirono oltretutto l'occasione di costituire un fedelissimo
esercito personale e di assicurarsi fama imperitura e favolose ricchezze. Fu in
particolare la fase finale del conflitto, quando dovette domare una ribellione
capeggiata dal principe Vercingetorige, a mettere in risalto le straordinarie
capacità militari di Cesare, che riuscì a sbaragliare il nemico nel proprio territorio
e a fronte di perdite ridotte al minimo per i romani.
La campagna militare, cominciata nel 58 a.C. e conclusa nel 51 a.C., fu
minuziosamente - e magnificamente - narrata dallo stesso Cesare nei suoi
Commentari (il celebre "De bello gallico")
IL DE BELLO GALLICO
Il De bello Gallico (in latino "Sulla guerra gallica") è lo scritto sicuramente più
conosciuto di Gaio Giulio Cesare. In origine, era probabilmente intitolato C. Iulii
Caesaris commentarii rerum gestarum, mentre il titolo con cui è oggi noto è
un'aggiunta successiva, finalizzata a distinguere questi resoconti da quelli degli
eventi successivi. Cesare descrisse minuziosamente la sua campagna militare,
inserendo nella narrazione molte curiosità sugli usi e sui costumi delle tribù
barbariche con cui veniva a contatto, oltre a tentare, surrettiziamente, di
difendere il proprio operato. Non si potrà dunque ritenerla un'opera davvero
rigorosa dal punto di vista storico, proprio perché in parte autobiografica, anche
se l'aspetto stilisticamente semplice potrebbe far pensare a una raccolta di
burocratici rapporti al Senato.
L'opera è stata scritta fra il 58 e il 50 a.C. e si divide in otto libri:
Nei primi sette, dettati da Cesare ai suoi luogotenenti, è offerta una puntigliosa
descrizione etnico-geografica non solo della Gallia ma anche
della Germania prossima al Reno e della Britannia, ed è data una rassegna delle
forze in campo; si concludono con la narrazione della battaglia di Alesia,
presso Digione, vinta contro Vercingetorige, re degli Averni (tribù stanziata
nell'odierna Alvernia, Francia centrale).
L'ottavo libro, scritto da Aulo Irzio, narra gli eventi successivi alla guerra, in
particolare le spedizioni finalizzate a sedare gli ultimi focolai della rivolta. Questi
fu un militare, scrittore e politico della Repubblica romana, che ricoprì la carica
di console dopo l'assassinio di Gaio Giulio Cesare, per il quale era stato legatus.
Il De bello Gallico fu redatto da Cesare in terza persona, come diario di guerra,
con l'intento di conferire una patina di oggettività e di difendere la propria persona
e la propria condotta politico-militare, osteggiata a Roma da gran parte del senato.
L'ambizione e le capacità politiche del condottiero erano, infatti, eccezionali e
assai temute da una corporazione politica, indebolita dal volgere degli eventi e dai
mali di sempre: corruzione, interesse personale nell'attività pubblica e vendette
tra fazioni. Oltre alla terza persona, una caratteristica dello stile di Cesare è l'uso
della oratio obliqua ovvero del discorso indiretto per ottenere uno stile più
uniforme e privo degli artifici dell'arte oratoria. Cesare ricorse spesso a temi di
riferimento ideologico: Fortuna, Clementia, Iustitia e Celeritas. Si trattava di veri e
propri slogan politici, parole d’ordine celebrative che sarebbero state utilizzate in
seguito anche nella guerra civile da lui condotta contro Pompeo. Con particolare
insistenza Cesare celebrava Fortuna, la dea del fato che aveva nelle mani il
destino di ogni esercito. Il merito della vittoria e del successo era dunque
nient’altro che derivato dal favore della sorte e di conseguenza anche simbolo di
protezione divina.
LIBER VI
Il sesto libro si apre con Cesare che effettua alcune spedizioni punitive nei paesi
dei Nervi e dei Senoni. Pacificata questa zona della Gallia, si recò nel territorio dei
Menapi ed impose loro di non ospitare Ambiorige, se non volevano diventare
nemici del popolo romano. Labieno, nel frattempo, aveva posto l'accampamento
molto vicino a quello dei Treveri. Approfittando di un errore di valutazione nemico,
che credeva l'esercito romano in fuga, Labieno ed i suoi uomini ottennero una
facile vittoria togliendo il potere alla famiglia d'Indutiomario e consegnando la
guida dal regno a Vercingetorige. Il libro presenta poi un excursus con una
descrizione di usi e costumi di Edui e Remi.
Per queste popolazioni, furono assai importanti i druidi, che avevano poteri sia
religiosi sia giudiziari, mentre, in caso di guerra, era mobilitata
un'altra classe sociale, quella dei cavalieri. Cesare dedica però un maggior spazio
alla descrizione dei druidi, avendo evidentemente compreso la loro importanza.
Le classi dirigenti galliche: par. 13
In omni Gallia eorum hominum, qui aliquo sunt numero atque honore, genera sunt duo.
Nam plebes paene servorum habetur loco, quae nihil audet per se, nullo adhibetur
consilio. Plerique, cum aut aere alieno aut magnitudine tributorum aut iniuria
potentiorum premuntur, sese in servitutem dicant nobilibus: in hos eadem omnia sunt
iura, quae dominis in servos. Sed de his duobus generibus alterum est druidum,
alterum equitum. Illi rebus divinis intersunt, sacrificia publica ac privata procurant,
religiones interpretantur: ad hos magnus adulescentium numerus disciplinae causa
concurrit, magnoque hi sunt apud eos honore. Nam fere de omnibus controversiis
publicis privatisque constituunt, et, si quod est admissum facinus, si caedes facta, si
de hereditate, de finibus controversia est, idem decernunt, praemia poenasque
constituunt; si qui aut privatus aut populus eorum decreto non stetit, sacrificiis
interdicunt. Haec poena apud eos est gravissima. Quibus ita est interdictum, hi
numero impiorum ac sceleratorum habentur, his omnes decedunt, aditum sermonemque
defugiunt, ne quid ex contagione incommodi accipiant, neque his petentibus ius
redditur neque honos ullus communicatur. His autem omnibus druidibus praeest unus,
qui summam inter eos habet auctoritatem. Hoc mortuo aut si qui ex reliquis excellit
dignitate succedit, aut, si sunt plures pares, suffragio druidum, nonnumquam etiam
armis de principatu contendunt. Hi certo anni tempore in finibus Carnutum, quae
regio totius Galliae media habetur, considunt in loco consecrato. Huc omnes undique,
qui controversias habent, conveniunt eorumque decretis iudiciisque parent. Disciplina
in Britannia reperta atque inde in Galliam translata esse existimatur, et nunc, qui
diligentius eam rem cognoscere volunt, plerumque illo discendi causa
proficiscuntur
In tutta la Gallia ci sono due classi di quegli uomini che sono tenuti in qualche conto e
rispetto. Infatti la plebe, che nulla osa di sua iniziativa, è considerata quasi alla stregua
degli schiavi, non partecipa a nessuna decisione. Molti, essendo oppressi o dai debiti o
dal peso delle tasse o della prepotenza dei potenti, si danno schiavi ai nobili, verso questi
ogni diritto è lo stesso che i signori (hanno) verso gli schiavi. Ma di queste due classi una
è quella dei druidi, l'altra quella dei cavalieri. Quelli attendono alle funzioni religiose,
fanno i sacrifici pubblici e privati, risolvono le questioni religiose; da loro accorre un gran
numero di giovani per imparare, e questi godono di grande reputazione presso quelli.
Infatti decidono quasi di ogni controversia pubblica e privata e, se viene commesso un
qualche delitto, se è stata fatta una qualche uccisione, se c'è qualche controversia circa
l'eredità, sui confini, loro stessi decidono e stabiliscono i risarcimenti e le punizioni; se
qualcuno, o privato o popolo, non si è sottomesso alla loro deliberazione, lo interdicono
dai sacrifici. Questa pena presso di loro è considerata gravissima. Coloro che sono stai
interdetti, vengono considerati nel numero degli empi e scellerati, tutti li sfuggono,
sfuggono il contatto e il discorso con loro, per non ricevere un qualche danno dal loro
contatto, né, se questi la chiedono, viene resa giustizia né si conferisce alcun carica
politica. Ma uno solo, che ha tra loro la suprema autorità, è superiore a tutti questi
druidi. Morto questo, o, se qualcuno fra gli altri eccelle in merito, gli succede; o se ci
sono molti uguali, si elegge con la votazione dei druidi, e talvolta si disputano sulla
suprema autorità anche con le armi. Questi, in un periodo stabilito dell'anno, si
riuniscono nel nel territorio dei Carnuti, regione la quale è considerata al centro di tutta
la Gallia. Qui da ogni parte convengono tutti quelli che hanno controversie, ed ubbidiscono
ai loro decreti e alle loro deliberazioni. Si reputa che questa dottrina sia nata in
Britannia e che poi sia stata portata in Gallia, ed ora, quelli che vogliono conoscere
questa disciplina più approfonditamente, perlopiù si recano là per impararla.
Argomenti del paragrafo 13:
Presenza di due classi sociali
Distinzione classi sociali
Compito dei druidi e dei cavalieri
 I Seguaci: gran numero di giovani
Decisioni su controversie pubbliche e
private
Conseguenze alla mancata
sottomissione delle deliberazioni
Sucessione
Processo
Provenienza
Il prestigio druidico: par. 14
Druides a bello abesse consuerunt neque tributa una cum reliquis pendunt;
militiae vacationem omniumque rerum habent immunitatem. Tantis excitati
praemiis et sua sponte multi in disciplinam conveniunt et a parentibus
propinquisque mittuntur. Magnum ibi numerum versuum ediscere dicuntur.
Itaque annos nonnulli vicenos in disciplina permanent. Neque fas esse
existimant ea litteris mandare, cum in reliquis fere rebus, publicis
privatisque rationibus Graecis litteris utantur. Id mihi duabus de causis
instituisse videntur, quod neque in vulgum disciplinam efferri velint neque
eos, qui discunt, litteris confisos minus memoriae studere: quod fere
plerisque accidit, ut praesidio litterarum diligentiam in perdiscendo ac
memoriam remittant. In primis hoc volunt persuadere, non interire animas,
sed ab aliis post mortem transire ad alios, atque hoc maxime ad virtutem
excitari putant metu mortis neglecto. Multa praeterea de sideribus atque
eorum motu, de mundi ac terrarum magnitudine, de rerum natura, de
deorum immortalium vi ac potestate disputant et iuventuti tradunt
I druidi hanno l'abitudine di star lontani dalla guerra e non pagano i tributi
insieme agli altri, hanno l'esenzione dal servizio militare e da ogni altra
prestazione. Indotti da così grandi privilegi, molti si recano a studiare da
loro e sono mandati (alla loro scuola) dai genitori e dai parenti. Si dice che lì
imparano a memoria un gran numero di versi. Perciò alcuni restano
nell'apprendistato per venti anni. Né stimano che sia lecito affidare quella
dottrina alla scrittura, mentre nelle altre cose, nei conti pubblici e privati,
si servono dell'alfabeto greco. Mi sembra che abbiano istituito ciò per due
ragioni: perché non vogliono che si porti tra il popolo quella dottrina né
quelli che la imparano, fidandosi della scrittura, esercitino di meno la
memoria: poiché accade quasi alla maggior parte, che con l'aiuto della
scrittura trascuri la volontà di apprendere e la memoria. In primo luogo
vogliono convincer(li) di ciò, e cioè che le anime non muoiono ma dopo la
morte passano dall'uno all'altro, e pensano che ciò inciti moltissimo al
valore, eliminata ogni paura della morte. Discutono di molte cose, e
tramandano alla gioventù molte notizie sulle stelle e sul loro moto, sulla
grandezza dell'universo e della terra, intorno alla natura, sulla potenza
degli dei immortali e sui loro poteri.
Argomenti del paragrafo 14:
immunità
privilegi di casta
la scuola druidica
la memoria
la tradizione orale
metempsicosi
astronomia
I cavalieri: par. 15
VI- 15
Alterum genus est equitum. Hi, cum est usus atque aliquod bellum
incidit (quod fere ante Caesaris adventum quotannis accidere solebat,
uti aut ipsi iniurias inferrent aut illatas propulsarent), omnes in bello
versantur, atque eorum ut quisque est genere copiisque amplissimus, ita
plurimos circum se ambactos clientesque habet. Hanc unam gratiam
potentiamque noverunt.
Traduzione:
La seconda classe è quella dei cavalieri. Questi, quando c'è bisogno, o
capita qualche guerra (cosa che soleva accadere quasi ogni anno, prima
dell'arrivo di Cesare, o che portassero offesa, o le respingessero se
ricevute) tutti prendono parte alla guerra e quanto sono più potenti per
ricchezza o per stirpe, tanti più schiavi e clienti hanno attorno a se.
Conoscono solo questa distinzione e potenza.
Gli dèi dei Galli: par. 17
Deum maxime Mercurium colunt. Huius sunt plurima simulacra: hunc omnium
inventorem artium ferunt, hunc viarum atque itinerum ducem, hunc ad quaestus
pecuniae mercaturasque habere vim maximam arbitrantur. Post hunc Apollinem
et Martem et Iovem et Minervam. De his eandem fere, quam reliquae gentes,
habent opinionem: Apollinem morbos depellere, Minervam operum atque
artificiorum initia tradere, Iovem imperium caelestium tenere, Martem bella
regere. Huic, cum proelio dimicare constituerunt, ea quae bello ceperint
plerumque devovent: cum superaverunt, animalia capta immolant reliquasque res
in unum locum conferunt. Multis in civitatibus harum rerum exstructos tumulos
locis consecratis conspicari licet; neque saepe accidit, ut neglecta quispiam
religione aut capta apud se occultare aut posita tollere auderet, gravissimumque
ei rei supplicium cum cruciatu constitutum est.
Degli dei venerano soprattutto Mercurio; di questo esistono moltissime
statue, riconoscono in questo l'inventore di tutte le arti, la guide
delle vie e dei viaggi, credono che questo abbia grandissima influenza
per la ricerca di denaro e per i commerci. Dopo di questo, Apollo e
Marte e Giove e Minerva. Su questi hanno quasi la stessa opinione
degli altri popoli: e cioè che Apollo vinca le malattie, che Minerva
insegni i principi delle attività e delle arti, che Giove regga il governo
degli dei celesti, che Marte governi le guerre. A questo, quando
hanno deciso di svolgere un combattimento, consacrano ciò che
avranno preso in guerra: dopo che l'hanno vinta, sacrificano gli
animali catturati e radunano i beni restanti in un solo luogo. In molte
città si possono vedere nei luoghi consacrati dei tumuli sopraelevati di
queste cose; e non accade spesso che qualcuno, disprezzando la
religione, osi o nascondere da lui le cose catturate o togliere le cose
(già) depositate, è stato stabilito il supplizio più grave per questo
reato in mezzo alla tortura.
Argomenti del paragrafo 17:
Divinità principali
Credenze su Mercurio
Divinità secondarie
Credenze su Apollo,Marte,Giove e
Minerva
Sacrificio di guerra
Supplizio per chi disprezza la
religione
Travagliata eredità: par. 19
Viri, quantas pecunias ab uxoribus dotis nomine acceperunt, tantas ex suis
bonis aestimatione facta cum dotibus communicant. Huius omnis pecuniae
coniunctim ratio habetur fructusque servantur: uter eorum vita superarit, ad
eum pars utriusque cum fructibus superiorum temporum pervenit. Viri in uxores,
sicuti in liberos, vitae necisque habent potestatem; et cum paterfamiliae
illustriore loco natus decessit, eius propinqui conveniunt et, de morte si res in
suspicionem venit, de uxoribus in servilem modum quaestionem habent et, si
compertum est, igni atque omnibus tormentis excruciatas interficiunt. Funera
sunt pro cultu Gallorum magnifica et sumptuosa; omniaque quae vivis cordi fuisse
arbitrantur in ignem inferunt, etiam animalia, ac paulo supra hanc memoriam
servi et clientes, quos ab eis dilectos esse constabat, iustis funeribus confectis
una cremabantur.
I mariti mettono in comune con le doti, fatta una stima, tanto denaro dai
propri beni, quanto ne hanno ricevuto dalle mogli a titolo di dote. Di tutto
questo denaro si tiene l'amministrazione in comune e si conservano gli interessi;
quello dei due che sopravvive, a lui tocca la parte di entrambi con gli interessi.
I mariti hanno poteri di vita e di morte sulle mogli come sui figli; e quando un
padre di famiglia di stirpe nobile è morto, i suoi parenti si radunano e, se viene
una cosa in sospetto circa la morte, aprono un'inchiesta sulle mogli con la
procedura usata per gli schiavi e, se si scopre qualcosa, le uccidono dopo averle
seviziate col fuoco con ogni tormento. I funerali per il grado di civiltà dei Galli
sono magnifici e sontuosi; gettano nel fuoco tutto ciò che pensano che sia stato
a cuore al vivo, anche animali, e poco prima di questo periodo, servi e clienti,
che si sapeva che erano stati da loro stimati, compiuti i dovuti funerali,
venivano bruciati insieme.
Argomenti del paragrafo 19:
 La dote
 L’eredità
 La superioriotà del pater
familias
 I funerali
I "Furor Gallico" sono un gruppo musicale italiano che racconta leggende e
suggestioni ormai perdute del mondo celtico in una chiave "folk metal".
La band si forma nel 2007 da un'idea di Melissa (basso), Ste (chitarra) e Becky
(arpa celtica), ai quali si aggiungono Pagan (voce), Marco (batteria), Oldhan
(chitarra) , Laura (violino) e Merogaisus (whistles, bouzouki e cornamuse).
Nel 2008 la band registra la sua prima demo, chiamata "390 a.C. Glorious Down".
Da qui i Furor Gallico cominciano a farsi conoscere.
Nel 2010 creano il primo full-lenght completamente autoprodotto e autodistribuito,
chiamato, appunto,"Furor Gallico". Riescono ben presto ad ottenere
riconoscimenti e fama, ed hanno così l'occasione di fare molti concerti live, non
solo in Italia ma anche all'estero. Il gruppo rimane comunque ancora in crescita
ed è in ricerca di una Label interessata a finanziare gli album futuri e concerti.
AUTORI:
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Addari Michela
Casula Alessio
Casula Fabio
Frigerio Carlo
Giagheddu Claudia
Maccioni Michele
IB Liceo classico G.M. Dettori Cagliari
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Panoramix e i druidi