Panoramix Et alii Panoramix personaggio di Asterix • L’opera di Goscinny e Uderzo: Asterix • La fonte di Asterix: il De Bello Gallico di Cesare • I Druidi: Caes. d. b. g. VI, 13-19 – Le classi dirigenti galliche: par. 13 – Il prestigio druidico: par. 14 – I cavalieri: par. 15 – Sacrifici e giustizia: par. 16 – Gli dèi dei Galli: par. 17 – Usanze dei Galli: par. 18 – Travagliata eredità: par. 19 Panoramix Panoramix, personaggio della saga a fumetti di Asterix creata da R. Goscinny e A. Uberzo, è il venerabile e rispettatissimo druido del villaggio. Anche se durante le avventure dei due protagonisti, Asterix e Obelix, la sua figura non è sempre presente, ha comunque un compito fondamentale: infatti egli è l’unico detentore della ricetta della segretissima “pozione magica”, un misterioso miscuglio che dona una temporanea forza sovrumana a colui che la beve Per comprendere meglio la figura del druido presso i Galli riportiamo un brano di Giulio Cesare tratto dai Commentari sulla guerra gallica. «In Gallia esistono due ordini privilegiati, quelli dei druidi e dei cavalieri. I primi si occupano delle cose sacre, presiedono ai sacrifici pubblici e privati, e sono dotti in fatto di religione: presso di loro accorre gran numero di giovanetti per essere istruiti, ed essi sono sommamente onorati. Decidono in quasi tutte le controversie pubbliche e private; e, se è stato commesso qualche delitto od omicidio, se vi è una lite per motivo di eredità o di confini, sono essi che sentenziano, che stabiliscono i premi o le punizioni, e, se alcuno non sta ai loro decreti, essi li interdicono dai sacrifici [...]. Asterix *Immagine risalente alla prima copia uscita nel 1959 “Asterix “ è una serie di fumetti ideata in Francia da René Goscinny (sceneggiatore) e Albert Uderzo (disegnatore) all’inizio degli anni 60. Il fumetto è ambientato a nell'antica Gallia al tempo di Giulio Cesare, attorno al 50 a.C. ed ha per protagonisti il guerriero gallico Asterix, il suo miglior amico Obelix, trasportatore di menhir, e tutti gli abitanti del loro piccolo villaggio gallico in Armorica, che si ostina a resistere alla conquista romana grazie all'aiuto di una pozione magica preparata dal druido Panoramix, in grado di conferire una forza sovrumana a chi la beve. La nascita di Asterix Asterix comparve per la prima volta il 29 ottobre 1959 nella prima copia di pilote, un quotidiano a fumetti francese, preceduto da queste parole: (FR) « Astérix incarne malicieusement toutes les vertus de nos ancêtres les Gaulois. L'humour de René Goscinny et de Albert Uderzo vous fera aimer ce petit guerrier moustachu, personnage nouveau dans le monde des bandes dessinées. » (IT) « Astérix incarna maliziosamente tutte le virtù dei nostri antenati Galli. L'umorismo di René Goscinny e Uderzo vi farà amare questo piccolo guerriero baffuto, personaggio nuovo nel mondo dei fumetti. » Inizialmente Asterix doveva essere l’unico protagonista della saga. Uderzo insistette affinché Asterix avesse una spalla, un ragazzo grasso, placido, gioviale, che rincarnasse il tipico Gallo, appunto Obelix . Durante la prima avventura Obelix ha solo un ruolo di contorno, limitandosi ad aspettare il protagonista al suo ritorno. Piu avanti Astérix diventa un eroe a tutto tondo, limitato solo dal fisico, mentre i difetti franco-gallici vanno a ricadere sul suo compare Obélix, che appunto è suscettibile, irascibile e goloso. Giulio Cesare Caio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a.C. Faceva parte dell'antichissima e nobile "gens Julia", discendente da Julo, figlio di Enea e, secondo il mito, a sua volta figlio della dea Venere. Era anche legato al mondo plebeo, in quanto sua zia Giulia aveva sposato Caio Mario. Una volta diciottenne, Cesare sposò, per volere del padre, Cossuzia, ma alla morte del padre, la rinnegò per prendere in moglie la bella Cornelia, figlia di Cinna, luogotenente di Mario.Ciò scatenanò l'ira del potente dittatore Silla, che per altro aveva intuito le qualità del giovane. Le disposizioni del tiranno prevedevano che Cesare ripudiasse la moglie Cornelia, in quanto figlia di uno dei capi del partito democratico. Cesare si rifiutò: la cosa gli costò la condanna a morte e la confisca della dote della moglie; la condanna in seguito, su intervento di amici comuni, fu mutata in esilio. Esiliato appunto in Oriente, vi fece importanti esperienze militari, per terra e per mare. Rientrato nuovamente a Roma nel 69, intraprese il cosiddetto "cursus honorum": venne eletto alla carica di questore. La carica gli fruttò il governatorato e un comando militare in Spagna, dove per un po' di tempo fronteggiò i ribelli, tornando poi in Patria con la fama di ottimo soldato e amministratore. Tre anni dopo fu nominato propretore in Spagna, e infine divenne Pontefice Massimo nel 63 e pretore nel 62. In Spagna sottomise quasi del tutto gli iberici, riportò un bottino enorme e il senato gli concesse il trionfo, a causa del quale Cesare dovette ritardare il ritorno a Roma. In questo modo gli venne impedito di presentare la sua candidatura al consolato, dal momento che la candidatura non poteva essere presentata in assenza del candidato. Cesare andò ugualmente a Roma, lasciando l' esercito fuori dalla città. Qui, strinse accordi di alleanza con il suo finanziatore Crasso e con Pompeo, in quel momento politicamente isolato: si formò allora un patto a tre, di carattere privato, consolidato da un solenne giuramento di reciproca lealtà, che aveva come fine, attraverso una opportuna distribuzione di compiti, la completa conquista del potere (luglio del 60). Il patto è conosciuto con il nome di "Primo Triumvirato". Nel frattempo, i legami con Pompeo si erano rafforzati attraverso il matrimonio di quest' ultimo con Giulia, figlia di Cesare. Nello stesso periodo egli chiese e ottenne il proconsolato in Gallia (anno 58). Cesare aveva scelto le Gallie a ragion veduta: egli sapeva di aver bisogno, per poter aspirare al supremo potere, di compiere gesta militari di grande importanza e, soprattutto, di forte impatto. Le Gallie, da questo punto di vista, gli avrebbero appunto offerto l'occasione di conquistare territori ricchi di risorse naturali e di sottomettere un popolo ben noto per le proprie virtù militari e, per questo, molto temuto. I fatti confermarono pienamente i calcoli di Cesare. Anzi, riuscì ad ottenere risultati che andavano al di là di quanto egli stesso avrebbe mai osato sperare. Le vicende belliche gli offrirono oltretutto l'occasione di costituire un fedelissimo esercito personale e di assicurarsi fama imperitura e favolose ricchezze. Fu in particolare la fase finale del conflitto, quando dovette domare una ribellione capeggiata dal principe Vercingetorige, a mettere in risalto le straordinarie capacità militari di Cesare, che riuscì a sbaragliare il nemico nel proprio territorio e a fronte di perdite ridotte al minimo per i romani. La campagna militare, cominciata nel 58 a.C. e conclusa nel 51 a.C., fu minuziosamente - e magnificamente - narrata dallo stesso Cesare nei suoi Commentari (il celebre "De bello gallico") IL DE BELLO GALLICO Il De bello Gallico (in latino "Sulla guerra gallica") è lo scritto sicuramente più conosciuto di Gaio Giulio Cesare. In origine, era probabilmente intitolato C. Iulii Caesaris commentarii rerum gestarum, mentre il titolo con cui è oggi noto è un'aggiunta successiva, finalizzata a distinguere questi resoconti da quelli degli eventi successivi. Cesare descrisse minuziosamente la sua campagna militare, inserendo nella narrazione molte curiosità sugli usi e sui costumi delle tribù barbariche con cui veniva a contatto, oltre a tentare, surrettiziamente, di difendere il proprio operato. Non si potrà dunque ritenerla un'opera davvero rigorosa dal punto di vista storico, proprio perché in parte autobiografica, anche se l'aspetto stilisticamente semplice potrebbe far pensare a una raccolta di burocratici rapporti al Senato. L'opera è stata scritta fra il 58 e il 50 a.C. e si divide in otto libri: Nei primi sette, dettati da Cesare ai suoi luogotenenti, è offerta una puntigliosa descrizione etnico-geografica non solo della Gallia ma anche della Germania prossima al Reno e della Britannia, ed è data una rassegna delle forze in campo; si concludono con la narrazione della battaglia di Alesia, presso Digione, vinta contro Vercingetorige, re degli Averni (tribù stanziata nell'odierna Alvernia, Francia centrale). L'ottavo libro, scritto da Aulo Irzio, narra gli eventi successivi alla guerra, in particolare le spedizioni finalizzate a sedare gli ultimi focolai della rivolta. Questi fu un militare, scrittore e politico della Repubblica romana, che ricoprì la carica di console dopo l'assassinio di Gaio Giulio Cesare, per il quale era stato legatus. Il De bello Gallico fu redatto da Cesare in terza persona, come diario di guerra, con l'intento di conferire una patina di oggettività e di difendere la propria persona e la propria condotta politico-militare, osteggiata a Roma da gran parte del senato. L'ambizione e le capacità politiche del condottiero erano, infatti, eccezionali e assai temute da una corporazione politica, indebolita dal volgere degli eventi e dai mali di sempre: corruzione, interesse personale nell'attività pubblica e vendette tra fazioni. Oltre alla terza persona, una caratteristica dello stile di Cesare è l'uso della oratio obliqua ovvero del discorso indiretto per ottenere uno stile più uniforme e privo degli artifici dell'arte oratoria. Cesare ricorse spesso a temi di riferimento ideologico: Fortuna, Clementia, Iustitia e Celeritas. Si trattava di veri e propri slogan politici, parole d’ordine celebrative che sarebbero state utilizzate in seguito anche nella guerra civile da lui condotta contro Pompeo. Con particolare insistenza Cesare celebrava Fortuna, la dea del fato che aveva nelle mani il destino di ogni esercito. Il merito della vittoria e del successo era dunque nient’altro che derivato dal favore della sorte e di conseguenza anche simbolo di protezione divina. LIBER VI Il sesto libro si apre con Cesare che effettua alcune spedizioni punitive nei paesi dei Nervi e dei Senoni. Pacificata questa zona della Gallia, si recò nel territorio dei Menapi ed impose loro di non ospitare Ambiorige, se non volevano diventare nemici del popolo romano. Labieno, nel frattempo, aveva posto l'accampamento molto vicino a quello dei Treveri. Approfittando di un errore di valutazione nemico, che credeva l'esercito romano in fuga, Labieno ed i suoi uomini ottennero una facile vittoria togliendo il potere alla famiglia d'Indutiomario e consegnando la guida dal regno a Vercingetorige. Il libro presenta poi un excursus con una descrizione di usi e costumi di Edui e Remi. Per queste popolazioni, furono assai importanti i druidi, che avevano poteri sia religiosi sia giudiziari, mentre, in caso di guerra, era mobilitata un'altra classe sociale, quella dei cavalieri. Cesare dedica però un maggior spazio alla descrizione dei druidi, avendo evidentemente compreso la loro importanza. Le classi dirigenti galliche: par. 13 In omni Gallia eorum hominum, qui aliquo sunt numero atque honore, genera sunt duo. Nam plebes paene servorum habetur loco, quae nihil audet per se, nullo adhibetur consilio. Plerique, cum aut aere alieno aut magnitudine tributorum aut iniuria potentiorum premuntur, sese in servitutem dicant nobilibus: in hos eadem omnia sunt iura, quae dominis in servos. Sed de his duobus generibus alterum est druidum, alterum equitum. Illi rebus divinis intersunt, sacrificia publica ac privata procurant, religiones interpretantur: ad hos magnus adulescentium numerus disciplinae causa concurrit, magnoque hi sunt apud eos honore. Nam fere de omnibus controversiis publicis privatisque constituunt, et, si quod est admissum facinus, si caedes facta, si de hereditate, de finibus controversia est, idem decernunt, praemia poenasque constituunt; si qui aut privatus aut populus eorum decreto non stetit, sacrificiis interdicunt. Haec poena apud eos est gravissima. Quibus ita est interdictum, hi numero impiorum ac sceleratorum habentur, his omnes decedunt, aditum sermonemque defugiunt, ne quid ex contagione incommodi accipiant, neque his petentibus ius redditur neque honos ullus communicatur. His autem omnibus druidibus praeest unus, qui summam inter eos habet auctoritatem. Hoc mortuo aut si qui ex reliquis excellit dignitate succedit, aut, si sunt plures pares, suffragio druidum, nonnumquam etiam armis de principatu contendunt. Hi certo anni tempore in finibus Carnutum, quae regio totius Galliae media habetur, considunt in loco consecrato. Huc omnes undique, qui controversias habent, conveniunt eorumque decretis iudiciisque parent. Disciplina in Britannia reperta atque inde in Galliam translata esse existimatur, et nunc, qui diligentius eam rem cognoscere volunt, plerumque illo discendi causa proficiscuntur In tutta la Gallia ci sono due classi di quegli uomini che sono tenuti in qualche conto e rispetto. Infatti la plebe, che nulla osa di sua iniziativa, è considerata quasi alla stregua degli schiavi, non partecipa a nessuna decisione. Molti, essendo oppressi o dai debiti o dal peso delle tasse o della prepotenza dei potenti, si danno schiavi ai nobili, verso questi ogni diritto è lo stesso che i signori (hanno) verso gli schiavi. Ma di queste due classi una è quella dei druidi, l'altra quella dei cavalieri. Quelli attendono alle funzioni religiose, fanno i sacrifici pubblici e privati, risolvono le questioni religiose; da loro accorre un gran numero di giovani per imparare, e questi godono di grande reputazione presso quelli. Infatti decidono quasi di ogni controversia pubblica e privata e, se viene commesso un qualche delitto, se è stata fatta una qualche uccisione, se c'è qualche controversia circa l'eredità, sui confini, loro stessi decidono e stabiliscono i risarcimenti e le punizioni; se qualcuno, o privato o popolo, non si è sottomesso alla loro deliberazione, lo interdicono dai sacrifici. Questa pena presso di loro è considerata gravissima. Coloro che sono stai interdetti, vengono considerati nel numero degli empi e scellerati, tutti li sfuggono, sfuggono il contatto e il discorso con loro, per non ricevere un qualche danno dal loro contatto, né, se questi la chiedono, viene resa giustizia né si conferisce alcun carica politica. Ma uno solo, che ha tra loro la suprema autorità, è superiore a tutti questi druidi. Morto questo, o, se qualcuno fra gli altri eccelle in merito, gli succede; o se ci sono molti uguali, si elegge con la votazione dei druidi, e talvolta si disputano sulla suprema autorità anche con le armi. Questi, in un periodo stabilito dell'anno, si riuniscono nel nel territorio dei Carnuti, regione la quale è considerata al centro di tutta la Gallia. Qui da ogni parte convengono tutti quelli che hanno controversie, ed ubbidiscono ai loro decreti e alle loro deliberazioni. Si reputa che questa dottrina sia nata in Britannia e che poi sia stata portata in Gallia, ed ora, quelli che vogliono conoscere questa disciplina più approfonditamente, perlopiù si recano là per impararla. Argomenti del paragrafo 13: Presenza di due classi sociali Distinzione classi sociali Compito dei druidi e dei cavalieri I Seguaci: gran numero di giovani Decisioni su controversie pubbliche e private Conseguenze alla mancata sottomissione delle deliberazioni Sucessione Processo Provenienza Il prestigio druidico: par. 14 Druides a bello abesse consuerunt neque tributa una cum reliquis pendunt; militiae vacationem omniumque rerum habent immunitatem. Tantis excitati praemiis et sua sponte multi in disciplinam conveniunt et a parentibus propinquisque mittuntur. Magnum ibi numerum versuum ediscere dicuntur. Itaque annos nonnulli vicenos in disciplina permanent. Neque fas esse existimant ea litteris mandare, cum in reliquis fere rebus, publicis privatisque rationibus Graecis litteris utantur. Id mihi duabus de causis instituisse videntur, quod neque in vulgum disciplinam efferri velint neque eos, qui discunt, litteris confisos minus memoriae studere: quod fere plerisque accidit, ut praesidio litterarum diligentiam in perdiscendo ac memoriam remittant. In primis hoc volunt persuadere, non interire animas, sed ab aliis post mortem transire ad alios, atque hoc maxime ad virtutem excitari putant metu mortis neglecto. Multa praeterea de sideribus atque eorum motu, de mundi ac terrarum magnitudine, de rerum natura, de deorum immortalium vi ac potestate disputant et iuventuti tradunt I druidi hanno l'abitudine di star lontani dalla guerra e non pagano i tributi insieme agli altri, hanno l'esenzione dal servizio militare e da ogni altra prestazione. Indotti da così grandi privilegi, molti si recano a studiare da loro e sono mandati (alla loro scuola) dai genitori e dai parenti. Si dice che lì imparano a memoria un gran numero di versi. Perciò alcuni restano nell'apprendistato per venti anni. Né stimano che sia lecito affidare quella dottrina alla scrittura, mentre nelle altre cose, nei conti pubblici e privati, si servono dell'alfabeto greco. Mi sembra che abbiano istituito ciò per due ragioni: perché non vogliono che si porti tra il popolo quella dottrina né quelli che la imparano, fidandosi della scrittura, esercitino di meno la memoria: poiché accade quasi alla maggior parte, che con l'aiuto della scrittura trascuri la volontà di apprendere e la memoria. In primo luogo vogliono convincer(li) di ciò, e cioè che le anime non muoiono ma dopo la morte passano dall'uno all'altro, e pensano che ciò inciti moltissimo al valore, eliminata ogni paura della morte. Discutono di molte cose, e tramandano alla gioventù molte notizie sulle stelle e sul loro moto, sulla grandezza dell'universo e della terra, intorno alla natura, sulla potenza degli dei immortali e sui loro poteri. Argomenti del paragrafo 14: immunità privilegi di casta la scuola druidica la memoria la tradizione orale metempsicosi astronomia I cavalieri: par. 15 VI- 15 Alterum genus est equitum. Hi, cum est usus atque aliquod bellum incidit (quod fere ante Caesaris adventum quotannis accidere solebat, uti aut ipsi iniurias inferrent aut illatas propulsarent), omnes in bello versantur, atque eorum ut quisque est genere copiisque amplissimus, ita plurimos circum se ambactos clientesque habet. Hanc unam gratiam potentiamque noverunt. Traduzione: La seconda classe è quella dei cavalieri. Questi, quando c'è bisogno, o capita qualche guerra (cosa che soleva accadere quasi ogni anno, prima dell'arrivo di Cesare, o che portassero offesa, o le respingessero se ricevute) tutti prendono parte alla guerra e quanto sono più potenti per ricchezza o per stirpe, tanti più schiavi e clienti hanno attorno a se. Conoscono solo questa distinzione e potenza. Gli dèi dei Galli: par. 17 Deum maxime Mercurium colunt. Huius sunt plurima simulacra: hunc omnium inventorem artium ferunt, hunc viarum atque itinerum ducem, hunc ad quaestus pecuniae mercaturasque habere vim maximam arbitrantur. Post hunc Apollinem et Martem et Iovem et Minervam. De his eandem fere, quam reliquae gentes, habent opinionem: Apollinem morbos depellere, Minervam operum atque artificiorum initia tradere, Iovem imperium caelestium tenere, Martem bella regere. Huic, cum proelio dimicare constituerunt, ea quae bello ceperint plerumque devovent: cum superaverunt, animalia capta immolant reliquasque res in unum locum conferunt. Multis in civitatibus harum rerum exstructos tumulos locis consecratis conspicari licet; neque saepe accidit, ut neglecta quispiam religione aut capta apud se occultare aut posita tollere auderet, gravissimumque ei rei supplicium cum cruciatu constitutum est. Degli dei venerano soprattutto Mercurio; di questo esistono moltissime statue, riconoscono in questo l'inventore di tutte le arti, la guide delle vie e dei viaggi, credono che questo abbia grandissima influenza per la ricerca di denaro e per i commerci. Dopo di questo, Apollo e Marte e Giove e Minerva. Su questi hanno quasi la stessa opinione degli altri popoli: e cioè che Apollo vinca le malattie, che Minerva insegni i principi delle attività e delle arti, che Giove regga il governo degli dei celesti, che Marte governi le guerre. A questo, quando hanno deciso di svolgere un combattimento, consacrano ciò che avranno preso in guerra: dopo che l'hanno vinta, sacrificano gli animali catturati e radunano i beni restanti in un solo luogo. In molte città si possono vedere nei luoghi consacrati dei tumuli sopraelevati di queste cose; e non accade spesso che qualcuno, disprezzando la religione, osi o nascondere da lui le cose catturate o togliere le cose (già) depositate, è stato stabilito il supplizio più grave per questo reato in mezzo alla tortura. Argomenti del paragrafo 17: Divinità principali Credenze su Mercurio Divinità secondarie Credenze su Apollo,Marte,Giove e Minerva Sacrificio di guerra Supplizio per chi disprezza la religione Travagliata eredità: par. 19 Viri, quantas pecunias ab uxoribus dotis nomine acceperunt, tantas ex suis bonis aestimatione facta cum dotibus communicant. Huius omnis pecuniae coniunctim ratio habetur fructusque servantur: uter eorum vita superarit, ad eum pars utriusque cum fructibus superiorum temporum pervenit. Viri in uxores, sicuti in liberos, vitae necisque habent potestatem; et cum paterfamiliae illustriore loco natus decessit, eius propinqui conveniunt et, de morte si res in suspicionem venit, de uxoribus in servilem modum quaestionem habent et, si compertum est, igni atque omnibus tormentis excruciatas interficiunt. Funera sunt pro cultu Gallorum magnifica et sumptuosa; omniaque quae vivis cordi fuisse arbitrantur in ignem inferunt, etiam animalia, ac paulo supra hanc memoriam servi et clientes, quos ab eis dilectos esse constabat, iustis funeribus confectis una cremabantur. I mariti mettono in comune con le doti, fatta una stima, tanto denaro dai propri beni, quanto ne hanno ricevuto dalle mogli a titolo di dote. Di tutto questo denaro si tiene l'amministrazione in comune e si conservano gli interessi; quello dei due che sopravvive, a lui tocca la parte di entrambi con gli interessi. I mariti hanno poteri di vita e di morte sulle mogli come sui figli; e quando un padre di famiglia di stirpe nobile è morto, i suoi parenti si radunano e, se viene una cosa in sospetto circa la morte, aprono un'inchiesta sulle mogli con la procedura usata per gli schiavi e, se si scopre qualcosa, le uccidono dopo averle seviziate col fuoco con ogni tormento. I funerali per il grado di civiltà dei Galli sono magnifici e sontuosi; gettano nel fuoco tutto ciò che pensano che sia stato a cuore al vivo, anche animali, e poco prima di questo periodo, servi e clienti, che si sapeva che erano stati da loro stimati, compiuti i dovuti funerali, venivano bruciati insieme. Argomenti del paragrafo 19: La dote L’eredità La superioriotà del pater familias I funerali I "Furor Gallico" sono un gruppo musicale italiano che racconta leggende e suggestioni ormai perdute del mondo celtico in una chiave "folk metal". La band si forma nel 2007 da un'idea di Melissa (basso), Ste (chitarra) e Becky (arpa celtica), ai quali si aggiungono Pagan (voce), Marco (batteria), Oldhan (chitarra) , Laura (violino) e Merogaisus (whistles, bouzouki e cornamuse). Nel 2008 la band registra la sua prima demo, chiamata "390 a.C. Glorious Down". Da qui i Furor Gallico cominciano a farsi conoscere. Nel 2010 creano il primo full-lenght completamente autoprodotto e autodistribuito, chiamato, appunto,"Furor Gallico". Riescono ben presto ad ottenere riconoscimenti e fama, ed hanno così l'occasione di fare molti concerti live, non solo in Italia ma anche all'estero. Il gruppo rimane comunque ancora in crescita ed è in ricerca di una Label interessata a finanziare gli album futuri e concerti. AUTORI: • • • • • • Addari Michela Casula Alessio Casula Fabio Frigerio Carlo Giagheddu Claudia Maccioni Michele IB Liceo classico G.M. Dettori Cagliari