Terenzio
La funzione dei prologhi:
Andria, Heautontimorumenos, Eunuchus,
Adelphoe, Phormio
La nuova funzione del prologo
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Terenzio abolisce il prologo informativo che, riferendo gli antefatti e
anticipando spesso la conclusione, metteva gli spettatori nella
condizione di seguire meglio la vicenda (il cui intreccio era spesso
complesso) e li rendeva superiori agli stessi personaggi della
commedia. Gli autori della Néa, e anche Plauto, inseriscono prologhi
informativi nelle loro commedie.
I prologhi delle commedie di Terenzio hanno carattere "critico" e
letterario: nel prologo l’autore parla di sé, del suo modo di poetare,
riporta i titoli delle commedie greche che ha contaminato e si difende
dalle accuse che i suoi avversari gli rivolgono.
A recitare il prologo spesso non è nemmeno un personaggio della
commedia, ma un attore scelto come portavoce dell’autore stesso (la
cosiddetta "persona [= maschera] protatica“ ), che indossa un costume
particolare.
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Le accuse da cui si difende Terenzio

Plagio (Eunuchus, Adelphoe)

Contaminatio (Andria, Heautontimorumenos)

Essere un prestanome (Heautontimorumenos,

Comporre commedie statarie (Heautontimorumenos)

Scarsa forza inventiva e stilistica (Phormio)
Adelphoe)
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Il prologo dell’Andria: la contaminatio
Nel prologo dell’Andria Terenzio si difende dall’accusa di contaminari...fabulas
rivoltagli nello specifico da un malevolus poeta (Luscio Lanuvino). L’autore fa il nome
del modello greco: si tratta di Menandro, che ha scritto due commedie, un’Andria e
una Perinzia, non dissimili per argomento; Terenzio afferma di aver trasferito dalla
Perinzia in questa Andria tutto quello che gli è sembrato adatto (quae convenere).
Accusando lui, i malevoli accusano anche Nevio, Plauto ed Ennio; tutti questi il nostro
autore ha per maestri e la sua ambizione è di emulare piuttosto la loro negligenza
che la oscura diligenza di quei tali [che lo accusano]: quorum aemulari exoptat
neglegentiam /potius quam istorum obscuram diligentiam.
In definitiva, Terenzio sceglie deliberatamente di adattare i testi originali, non intende
tradurli in modo pedissequo quando molte espressioni risulterebbero oscure per il
pubblico romano (procedimento che, lascia intendere l’autore, adottava il malevolus
suo detrattore). Il modus operandi di Terenzio segue dunque il principio della
verosimiglianza.
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Il prologo dell’Heautontimorumenos
Nel prologo dell’Heautontimorumenos Terenzio si difende dalle seguenti
accuse:

Multas contaminasse Graecas dum facit paucas Latinas: Terenzio risponde
in modo vago (factum id esse hic non negat), ma poco prima ha affermato
per bocca di Turpione che la commedia è tratta da una greca non ancora
imitata (integra), dunque anch’essa è nuova (e tanto basta per evitargli
l’accusa d plagio)

Un malevolus vetus poeta va dicendo che l’autore scrive commedie
contando sull’ingegno di amici e non sulla propria inclinazione naturale:
propriamente non si difende dall’accusa di essere un prestanome, lascia
giudicare il pubblico (arbitrium vostrum, vostra existumatio valebit)

Adeste aequo animo; date potestatem mihi statariam agere: Ambivio
Turpione è vecchio e chiede al pubblico di essere ben disposto verso una
commedia stataria visto che farebbe fatica a correre sulla scena;
ovviamente l’autore risponde con ironia all’accusa di comporre commedie
non basate sul farsesco e il colpo di scena (motoria) quanto sui caratteri dei
personaggi (in hac est pura ratio)
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Il prologo dell’Eunuchus: il furtum
Nel prologo dell' Eunuchus Terenzio si difende dall’accusa di furtum (plagio).
Per i Romani la materies era patrimonio comune, mentre la forma era
individuale, si ha il furtum quando viene riprodotta un’opera, o una parte di
essa, già utilizzata e rappresentata da un altro autore romano; il furtum
consisteva nel riprodurre materia e forma.
Come sempre l’autore dichiara l’opera modello: si tratta dell’Eunuchus di
Menandro, ma quando inizia la rappresentazione il malevolus Lanuvino grida
che i personaggi del parassita e del soldato provengono da una vecchia
commedia di Nevio e Plauto: l’Adulatore. L’autore non nega di aver
contaminato la sua opera inserendo questi personaggi dall’Adulatore di
Menandro, non era però a conoscenza che altri lo avessero fatto prima. Infine,
citando Orazio, Terenzio sentenzia:nullumst iam dictum quod non dictum sit
prius.
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Il prologo dell’Adelphoe: “il prestanome”
L’autore
previene
l’accusa di plagio: Difilo ha composto i
Synapothnescontes, Plauto ne ha cavato i Commorientes. Plauto ha
tralasciato completamente un brano della prima scena della commedia
menandrea, e proprio questo brano il nostro poeta ha utilizzato negli
Adelphoe, riproducendolo alla lettera (verbum de verbo). Terenzio continua
dicendo che sta per andare in scena questa novità: chiede al pubblico di
valutate se si tratti di un furto o della ripresa di quel che era stato
deliberatamente tralasciato.
Subito dopo, Terenzio si difende dall'accusa di essere il mero "prestanome"
di autori politicamente impegnati sostenendo che ciò che gli altri ritengono
una colpa, e di cui lo accusano, è per lui motivo di vanto e di orgoglio:
ritiene un merito essere aiutato dagli uomini più importanti di Roma, delle
cui imprese tutto il popolo si serviva (quod illi maledictum vehemens esse
existumant, eam laudem hic ducit maxumam, quom illis placet, qui vobis
univorsis et populo placent,quorum opera in bello, in otio, in negotio suo
quisque tempore usust sine superbia).
La difesa di Terenzio risulta, però, (volutamente) debole, forse perché non
voleva urtare la suscettibilità dei protettori, a cui quelle calunnie e quelle
dicerie evidentemente non dispiacevano affatto.
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Il prologo del Phormio
Ancora una volta incombe sulla commedia la presenza cupa di
Luscio Lanuvino, di cui Terenzio riporta le accuse riguardanti
lo stile e la capacità di stendere gli intrecci (dialogo poco
efficace e stile privo di forze).
La parte più interessante è quella in cui l’autore si difende per
avere dato alla commedia un titolo completamene diverso da
quello della commedia greca (di Apollodoro di Caristo). Se non
lo avesse cambiato avrebbe peccato, come già affermato nel
prologo dell’Andria, di obscuritas, obbligando gli spettatori a
conoscere l’istituto dell’epidikasia, usanza dei greca che
impone al parente più prossimo di un’orfana di fornirle la dote
oppure sposarla.
Terenzio sostituisce il titolo con il nome del protagonista della
commedia.
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I prologhi di Terenzio - Istituto di Istruzione Secondaria Superiore