movimento operaio
98
movimento operaio
G iulio
l’antistalinista
di Maria Antonietta Serci
Dopo aver vissuto dall'interno un'intera epoca del comunismo
internazionale, prima a Mosca e poi nella Resistenza
e ai vertici del PCI, Giulio Seniga ha rappresentato
un punto di riferimento per le forze di sinistra non disposte a cedere
al totalitarismo di matrice bolscevica. Le edizioni BFS di Pisa
gli dedicano un libro. Ecco una sintetica biografia di Seniga
e il ricordo del figlio Martino.
G
iulio Seniga nasce nel 1915 a Volongo, in provincia di Cremona, da
un bracciante e da una sarta, è un
comunista della seconda generazione. Il
suo apprendistato politico si svolge, come
molti altri suoi coetanei, in fabbrica, presso un’azienda prestigiosa, l’Alfa Romeo, nella quale si forma parte dell’aristocrazia
operaia milanese. Lo stabilimento è il Portello di Milano, dove lavora come operaio
specializzato e dal 1942 con la qualifica di
incaricato tecnico. Per Seniga gli anni vissuti in fabbrica sono determinanti per la sua
formazione di uomo e di militante, rappresentando motivo di distinzione e orgoglio, analogamente a quanto accade per
altre generazioni di comunisti e di comuniste che attribuiscono al lavoro e alla professionalità acquisita in officina o in laboratorio un posto gerarchicamente importante nella scala dei valori identitari1.
Dopo l’8 settembre Seniga è nella delegazione di antifascisti che si reca presso
il comando militare di Milano a chiedere
la distribuzione delle armi per la difesa
della città. Risale a queste settimane l’iscrizione al PCI. Per sfuggire all’arresto fugge in Svizzera e nel 1944 rientra in Italia per
unirsi ai reparti garibaldini della Valle dell’Ossola, col nome di battaglia “Nino”. Do-
po la proclamazione della Repubblica dell’Ossola, Cino Moscatelli gli affida l’incarico di mantenere i collegamenti delle brigate Garibaldi con i responsabili della Resistenza europea, rappresentati dal generale
inglese John McCaffery. In questa veste, alla caduta della Repubblica ossolana, il 21
ottobre 1944 è protagonista di una missio-
ne che ne forgerà il mito virile del partigiano
intrepido e risoluto, nota come Operazione mercurio: un convoglio ferroviario di vagoni carico di metalli pregiati e bombole di
mercurio viene messo in salvo in Svizzera
mentre i tedeschi cercano di impadronirsene, a disposizione del governo italiano e
dei comandi partigiani. Un mito rafforzato da un altro episodio, avvenuto nel mese successivo e noto nella memorialistica e
nella pubblicistica successiva come “Il salto del Nino”.
Nella Resistenza
e nel PCI
Nei primi giorni di novembre del 1944
organizza assieme a tre compagni, contro
la volontà dei rappresentanti delle forze alleate in Svizzera, una missione per rientrare
in Italia, con l’obiettivo di portare armi e
denaro alle formazioni partigiane. Per sfuggire ad un rastrellamento, attraversa dei passi di alta quota ormai completamente innevati e il 13 novembre precipita da un
burrone presso il Passo Cingino con un
salto di più di 100 metri. Gravemente ferito, viene salvato da Ruggero Ascoli, un
medico componente della spedizione nonché guida alpina e dai guardiani del lago Cin-
99
movimento operaio
Anita Galliussi
gino, i quali lo mettono in salvo presso una
baita a 2.200 metri di altezza dove rimane,
privo di cure mediche, per circa due mesi.
gennaio 1945, quando le fratture sono in parte ricomposte, con l’ausilio di un bastone
raggiunge a valle le brigate garibaldine,
con le quali combatte sino alla Liberazione con l’incarico di ispettore militare.
Dopo la Liberazione lavora nella federazione di Cremona e nel 1947 la direzione del PCI lo chiama a Roma presso la segreteria di Pietro Secchia, allora responsabile dell’organizzazione del partito e vice segretario. Dopo l’attentato a Togliatti del
luglio 1948, viene costituita la commissione nazionale di vigilanza e Seniga è nominato vice responsabile dell’organismo, col
compito specifico dell’organizzazione dei
“covi segreti”, ossia della ricerca e della
cura delle abitazioni clandestine dove far alloggiare i massimi dirigenti del partito in caso di pericolo; e dei “fondi clandestini”, ossia della custodia delle casseforti contenenti il denaro proveniente dall’Unione
Sovietica2. Informazioni che sono condivi-
Giulio Seniga
nel ricordo del figlio Martino
Perché il 25 luglio del 1954 Giulio Seniga si dimette dall’incarico di (vice)responsabile dell’«apparato di riserva» del pci?
Il 25 luglio 1954 Giulio Seniga esce per l’ultima volta dalla sede del pci in via delle Botteghe Oscure a Roma. Nella borsa che porta con sè una parte dei fondi segreti, che
il partito riceveva regolarmente da Mosca, e alcuni documenti politici. Iniziava così quella che Seniga, nell’introduzione alla terza edizione del suo Togliatti e Stalin1, ha definito: «una ribellione cosciente e determinata sotto ogni
aspetto politico e organizzativo».
Nei mesi precedenti Seniga aveva inutilmente cercato di
convincere Pietro Secchia, allora numero due del pci, ad agire contro l’egemonia politica e il culto della personalità di
Palmiro Togliatti. Nella lettera che invia a Secchia con le
sue dimissioni dagli incarichi di partito, ma non dal partito, chiarisce che
quella che ha intrapreso è un’iniziativa motivata dal
«malcostume fatto
di opportunismo,
paura e conformismo che vige nei
massimi organismi
dirigenti» e che intende agire perché
Martino Seniga
«il movimento ope-
100
se solo con Togliatti e Secchia. È in questa
veste che gli viene affidato il compito di
pilotare un aereo per mettere in salvo Togliatti nel caso le condizioni politiche lo richiedessero: un Sokol cecoslovacco per
condurre il quale frequenta un corso presso l’Aeroclub di Roma-Urbe.
La storiografia si è molto soffermata
sull’esistenza nel PCI delle due anime rappresentate dal partito del nord e da quello del sud, sull’insofferenza dei partigiani
comunisti e di quelli non comunisti nei
confronti dell’ambiente romano, sul cosiddetto “vento del nord”, sulle aspettative deluse, sul tema dell’occasione mancata. disagio e la delusione del partigiano
Seniga all’impatto con la politica e la gestione del partito a livello nazionale, nella
Roma ministeriale, possono essere letti,
raio italiano è stato un’altra volta imbarcato su una strada in fondo alla quale non ci sarà che il fallimento completo»2.
A questo punto si possono formulare almeno due ipotesi:
1.Seniga sperava di obbligare Secchia ad opporsi apertamente a Togliatti anche a costo di uscire dal partito comunista;
2.Seniga aveva capito che Secchia non intendeva ribellarsi
all’apparato di partito ed aveva deciso di dotarsi dei
mezzi (danaro e documenti) necessari per costruire un
movimento politico militante ed operaista con l’obiettivo di spingere il partito ad un rinnovamento di linea
politica e di agevolare un ricambio della dirigenza.
Oggi sappiamo che, tra queste due possibilità, quella che
si è avverata è la seconda, anche se non escludo che, per
qualche tempo, mio padre abbia sperato nell’avverarsi
della prima ipotesi.
Da anni Palmiro Togliatti guidava un partito servo di due
culti della personalità, quello del «Piccolo Padre» Stalin
e quello del «Migliore», lo stesso Togliatti, che era ad un
tempo confidente e complice di Stalin, nell’Internazionale comunista, e leader del maggiore partito comunista al
di fuori del cosiddetto blocco comunista. Un partito in cui
le voci di dissenso, quando erano ritenute pericolose, erano immediatamente schiacciate. Nel 1954 perfino Secchia,
unico possibile antagonista politico del capo, trovava sempre meno spazio, rischiava di perdere il ruolo di responsabile della Commissione centrale di organizzazione e veniva privatamente calunniato. Tra le altre voci messe in giro nel partito e stranamente riprese, con tattica trasversale,
dalla rivista «Risorgimento socialista» di cui era responsabile Valdo Magnani1, c’era persino quella di una propensione omosessuale di Secchia, cosa che in quegli anni
movimento operaio
pur nella loro specificità, come caso esemplare anche perché, come avremo modo di
vedere, ha affidato alla scrittura autobiografica il racconto dei propri sentimenti e
delle proprie valutazioni. È in questo contesto che «matura la ribellione», come recita il titolo di un fascicolo conservato nel
suo archivio privato.
La volontà di alzare al limite della rottura la critica alla gestione del gruppo dirigente del PCI è sancita da un gesto estremo: l’allontanamento da Roma in un giorno carico di significati simbolici – il 25 luglio, giorno della caduta del fascismo – con
un “bagaglio che scotta”, efficace metafora che egli stesso utilizzerà come titolo di
un libro nel 1973, per riferirsi materialmente e idealmente al contenuto della valigia con la quale compie il viaggio dalla Ca-
pitale alla Milano operaia3. Trattasi di un nucleo di documenti del PCI e di una quantità ingente di denaro ai quali Giulio Seniga
ha accesso grazie al suo ruolo nella commissione nazionale di vigilanza. Un capitale
da utilizzare per il finanziamento di un
progetto politico del quale ha chiaro l’obiettivo: la creazione di un movimento di dissidenza organizzata.
Un gesto volitivo, consapevole dei rischi e
delle difficoltà che si propone subito come una
sfida propositiva. Che non si tratti solo di un
beau geste lo dimostra la lettera di dimissioni scritta a Pietro Secchia, documento che
assume il senso, come avremo modo di vedere
più avanti, di una mozione politica.
Milano dunque e poi subito la Francia, un
viaggio fatto di spostamenti veloci, serrati, con
l’obiettivo di depistare gli inseguitori, tute-
era considerata una degenerazione morale gravissima indegna di un dirigente del partito.
Dagli appunti di mio padre risulta chiaro che, nel luglio del
1954, Secchia, sulla via di essere sostituito da Amendola
nella responsabilità organizzativa del partito e calunniato per le sue presunte propensioni sessuali, stava subendo gli attacchi con rassegnazione, senza provare a ribellarsi
alla tenaglia che lo stava stritolando.
Probabilmente fino all’ultimo Seniga ha sperato che Secchia
prendesse in mano la situazione opponendosi a Togliatti
dentro o fuori dal partito. Giorgio Galli ricorda che quando mio padre era andato a cercarlo a Milano, su incarico di
Togliatti1, Seniga gli aveva parlato di un gruppo di opposizione interna al partito. Forse questo gruppo non esisteva veramente e si basava solo sulla adesione a parole, quasi carbonara, di alcuni militanti e dirigenti che si richiamavano a
Secchia ed alle sue posizioni operaiste. Certamente Seniga
riteneva che, per sopravvivere nel partito, un gruppo di questo tipo doveva contare su un leader politico della levatura
di Secchia. Insomma Seniga si riteneva “in missione” per conto di Secchia ma probabilmente non aveva mai avuto l’avallo di Secchia.
Davanti al rifiuto ad agire del suo referente politico Seniga ha deciso di fare tutto da solo, cercando di realizzare lui stesso, seppure con obiettivi diversi, quella “svolta”
che Secchia non aveva né la forza, né la voglia di fare. Come appare chiaro dalla lettera a Secchia, Seniga si ribellava essenzialmente al culto della personalità stalino-togliattiano ed all’andazzo politico che vedeva la crescita, all’interno del PCI, di una nuova “casta” di funzionari che (anche se non operava nei modi disonesti e truffaldini, che diventeranno la norma per i partiti politici italiani negli anni Ottanta e Novanta) era il riflesso di quella “terza clas-
lare il «bagaglio che scotta» e prendere i
primi contatti politici: «Domani cercherò di
vedere qualche partigiano di Milano, poi
partirò per la Francia, via Svizzera per prendere contatto con quei compagni dissidenti
del PCF»4.
È in queste settimane convulse, cariche
di preoccupazioni, paure e speranze, di
contatti frenetici che nasce il progetto di
Azione comunista, attorno al quale si concentrano bordighisti e anarchici, trostkisti
e singoli intellettuali critici verso la politica del Pci, operai comunisti dissidenti ed
espulsi.
Esperienze e sensibilità diverse che per
alcuni anni convivono affidando ad iniziative pubbliche ma soprattutto ai periodici,
prima «Lettera ai compagni» e successivamente «Azione comunista», la diffusio-
se” di burocrati di partito che si era andata formando in
Unione Sovietica e nei paesi del cosiddetto “socialismo reale” dove, per dirla con George Orwell, «tutti gli animali sono uguali ma qualcuno è più uguale degli altri».
A Pietro Secchia probabilmente è mancato il coraggio di
fare quel passo che avrebbe consentito di aprire anche in
Italia il dibattito sulla degenerazione del sistema sovietico, sul culto della personalità staliniana e i suoi riflessi italiani. Una scelta che l’ex numero due del pci ha pagato perdendo ogni posizione di potere e restando isolato all’interno del suo stesso partito, ma senza mai rinunciare agli
onori delle cariche parlamentari ed istituzionali. Secchia,
che è morto a Roma il 7 luglio 1973, è stato regolarmente rieletto al parlamento ed ha rivestito, per alcuni anni,
l’incarico di Vice presidente del Senato.
■ Martino Seniga
1
2
3
4
G. SENIGA, Togliatti e Stalin, Milano, SugarCo, 1978.
Ibid.
Ex partigiano, deputato e segretario della federazione di Reggio Emilia, cugino di Nilde Iotti, era stato espulso dal partito
nel 1951 con Aldo Cucchi per aver espresso dubbi sulla politica attendista del PCI, aveva fondato l’Unione socialista indipendente e la rivista «socialista». Proprio su questa rivista
venne pubblicato nel 1954 un trafiletto intitolato La secchia
bucata con chiare allusioni alle presunte tendenze sessuali di
Secchia.
Giorgio Galli ricorda che, dopo la pubblicazione della prima
edizione della Storia del Partito Comunista,che aveva scritto
nel 1953 con G. Bellini, Seniga era stato incaricato da Togliatti
di scoprire se lui e Bellini fossero in collegamento con
Ignazio Silone.
101
movimento operaio
Milano 28 aprile 1945 comizio della liberazione.
Moscatelli sta parlando alla folla. Sotto di lui si
riconosce Luigi Longo (è importante perché
secondo alcune "testimonianze" quel giorno
Longo si sarebbe trovato a Dongo per
organizzzare la fucilazione di Mussolini).
Mio padre è il primo da destra.
Novara, 25 aprile 1945
comizio della liberazione.
Seniga in primo piano.
Il comando delle Brigate Garibaldi nei giorni della
liberazione. Cino Moscatelli è quello con il cappello
da alpino, mio padre è il secondo da destra.
Frattocchie, Roma. Fine anni '40 si riconoscono in prima fila
Togliatti, Secchia e Alba la moglie di Secchia con il pechinese,
dietro a lei mia nonna Mira Ronco vedova Galliussi.
102
Inverno 1945. Formazione partigiana in Val
d'Ossola. Seniga è il seduto sulla ringhiera in alto.
movimento operaio
ne delle proprie idee tra gli iscritti al PCI.
Il primo numero di «Lettera ai compagni»
viene prodotto in occasione della IV Conferenza di organizzazione, svoltasi dal 9 al
14 gennaio 1955, col proposito di stimolare tra i delegati un dibattito critico nei riguardi della linea politica del gruppo dirigente, così come del costume:
I quadri del partito sono dominati dall’opportunismo, dall’ambizione, dal conformismo e dalla paura. La vigilanza rivoluzionaria è stata trasformata in una vigilanza di polizia preoccupata soltanto di soffocare e controllare ogni voce di critica o di
dubbio sulla politica del partito e sulla pretesa infallibilità dei dirigenti. Nel partito
regna l’acquiescenza e l’omertà verso atti
di indisciplina morale a volte molto più
dannosi di quelli di indisciplina politica.
“Azione comunista”
e l’espulsione
Monopolio del vertice sono le designazioni dei dirigenti periferici e l’assegnazione delle circoscrizioni elettorali. Vige
nel partito il gerarchismo nel tratto e nelle abitudini l’infatuazione cieca e il culto meschino e servile dei dirigenti. Nessun controllo e autocontrollo è rivolto al costume
di vita dei dirigenti e parlamentari ed ai limiti della loro partecipazione alle abitudini e alle consuetudini di vita della società
borghese. Ciò espone il fianco alla facile speculazione qualunquista che i capi sono tutti uguali5.
Vengono pubblicati cinque numeri di
«Lettera ai compagni» con gli articoli firmati collettivamente “I compagni di Azione comunista”, con il proposito espresso sulle pagine del periodico di non esporsi pubblicamente ed evitare così l’espulsione dal
PCI. Il progetto è di creare una corrente interna di dissenso:
«Premesso che noi compagni di Azione
comunista siamo dei militanti del partito e
intendiamo rimanervi per esercitare a fondo la nostra azione di attivisti d’avanguardia in tutti i settori dell’attività politica, organizzativa e sindacale, riteniamo utile fare alcune precisazioni chiarire i motivi della nostra azione e indicare alcune gravi responsabilità»6.
Il primo numero di «Azione comunista» è del 21 giugno 1956, quando è ormai
chiaro che ogni tentativo di promuovere un
dissenso interno al partito è inutile. Con il
primo articolo firmato viene pubblicata su
«l’Unità» del 25 luglio la notizia dell’espulsione da partito7.
L’esperienza di Seniga all’interno di AC
si conclude nel 1958, a seguito di contrasti non più sanabili tra le diverse anime
del movimento. Egli vuole mantenere una
struttura agile, movimentista mentre la
maggioranza degli aderenti ad Azione
comunista intende costituire un nuovo
partito organizzato alla sinistra del PCI.
Seniga e altri militanti, tra i quali lo storico socialista libertario Masini, vengono espulsi tra il 1958 e il 19598.
Il pretesto formale per l’espulsione di
Seniga è un’iniziativa assunta senza una
consultazione preventiva con gli altri dirigenti del movimento, in occasione del dibattito parlamentare sull’esecuzione di
Imre Nagy. Si tratta ancora una volta di
un gesto dimostrativo, di grande impatto
scenico: il 17 giugno 1958 il dissidente co-
munista si introduce, con la sua compagna
Anita Galliussi9, nell’Aula parlamentare
e assieme fanno cadere sulle teste dei deputati una pioggia di volantini che denunciano la responsabilità del PCI con il
partito comunista ungherese. Un gesto
che simbolicamente chiude il decennio
mentre si apre una fase di transizione foriera di un nuovo percorso politico. Un momento colto nella sua immediatezza da
Gianni Brera, suo amico dagli anni della
guerra partigiana, il quale ne indica gli elementi essenziali mentre tratteggia un quadro della personalità di Seniga:
Per ridare vitalità e vigore al movimento
[Azione comunista], sostenevano ancora in
molti, sarebbe stato necessario riportarlo
ad una prassi politica più immediata: e Seniga vide nell’azione per l’unità sindacale
un nuovo scopo degno del suo fervore. Attivista per passione, mordeva il freno nella piccola fortezza che egli stesso aveva
costruito. Le parole non potevano bastare.
[…].
Ora Seniga è all’imbocco di una nuova
strada.
Chi lo conosce, inquieto sino alla frenesia, non esita a definirlo un’anima «attraversata». Né egli nasconde che la lotta lo esalta. Non più – dice – iperboli retoriche, non più sterile dottrinarismo. La
dialettica lo aiuta a capire che, quando una
classe permane inerte, l’altra si organizza e progredisce. Nei giorni in cui [Achille] Lauro e [ ] Covelli si uniscono e il
«cattolico di sinistra» Fanfani viene battuto in breccia, gli operai restano divisi in
cinque o sei sindacati senza nerbo. I lavoratori italiani assommano a quindici
milioni: i sindacati ne organizzano al massimo cinque10.
I libri
di Azione Comune
La priorità è dunque il rafforzamento del
movimento operaio ma sono indispensabili
alcuni passaggi interdipendenti: l’unità sindacale, da perseguire attraverso un ridimensionamento della forza della CGIL e
un progressivo riequilibrio delle altre componenti nonché la crescita di un partito
socialista sempre più indipendente dal PCI.
Si avvicina così in questi anni, assieme ad
altri compagni, al Partito socialista, con
l’obiettivo dichiarato di sostenere lo sviluppo
della corrente autonomista.
In questo contesto si inserisce l’impegno
intellettuale di Seniga come pubblicista, autore di monografie e operatore culturale.
Nei primi anni Sessanta fonda una casa edi-
103
movimento operaio
Mosca 1949 nei giorni del compleanno di Stalin.
Mio padre è al centro. In senso orario dall'alto:
Matteo Secchia, Giuliano Gramsci, Mario
Spallone, l'interprete sovietica e Delio Gramsci.
Primi anni 50 mio padre e Secchia in attesa che arrivino i Russi.
VII congresso PCI.
Togliatti e Secchia.
Seniga a Milano alla fine degli anni '80.
104
movimento operaio
trice, Azione Comune e il motto che le affianca, “Perché i giovani sappiano e gli anziani ricordino”, definisce la sostanza di questa progettualità che passa anche attraverso l’edificazione di una memoria collettiva
altra rispetto a quella dominante, dove trovano spazio comunisti critici, anarchici e socialisti riformisti espulsi dal racconto costruito per un trentennio dai comunisti italiani. Salvaguardare dunque la memoria storica del movimento operaio, attraverso il recupero di rivoluzionari comunisti non ortodossi come Rosa Luxemburg e Alexandra
Kollontaj11 e anarchici, come la russa Ida
Mett12; riabilitare l’onore politico di quegli
antifascisti colpiti dalla scure stalinista, ridotti
all’isolamento esistenziale e politico attraverso
il recupero delle loro biografie, come accade per Pietro Tresso (alias Blasco) e la pubblicazione di loro scritti, come accade per
l’anarco-socialista Camillo Berneri e il socialista Ezio Riboldi;13 tutelare i valori dell’antifascismo e della Resistenza14.
Le pubblicazioni della piccola casa editrice si propongono anche come stimolo al
dibattito teorico interno all’area del socialismo riformista, attraverso saggi prodotti
da studiosi e politici italiani, come avrò
modo di descrivere meglio avanti.
È attraverso la sua attività, intensa, di
pubblicista che diffonde le critiche alla politica e al costume morale del gruppo dirigente
del partito, alla pratica del culto della personalità, denunciando le responsabilità dello stalinismo sovietico nella persecuzione di
anarchici e comunisti nonché della sua versione italiana, per definir la quale conia la categoria di stalinotogliattismo. primo libro,
Togliatti e Stalin, è dato alle stampe nel 1961
mentre il secondo, Un bagaglio che scotta, nel
1973 con Azione Comune.
Quest’attività si è concretizzata in un lavoro individuale svolto da Giulio Seniga a
tempo pieno, per definire il quale può utilizzarsi la categoria di militante professionale, utile a rappresentare la complessità
di un’esistenza dove la dimensione politica è stata dominante, se non totalizzante.
lavoro pensato e gestito in modo solitario,
con l’impegno e i tempi di un funzionario
di partito o di un “rivoluzionario professionale” pur senza stare all’interno di un partito, attraverso il quale egli si propone l’ambizioso obiettivo di condizionare la politica del Pci con il racconto della propria verità, rivendicando un riconoscimento politico alla sua “scelta di vita”. Un’organizzazione del lavoro politico scandita da
quelle dinamiche del rapporto militante
comunista-partito efficacemente descritte
da Sandro Bellassai:
La militanza comunista assume senza
alcun dubbio una dimensione totalizzante,
rappresenta […] una “scelta di vita”: il lavoro organizzativo è vera e propria mobilitazione permanente. L’attivismo e le sue
“qualità”, per così dire, sono scanditi e condizionati in maniera totale dalla radicalità
dell’impegno richiesto, in termini sia di tempo quotidiano dedicato al lavoro politico che
di ridefinizione complessiva di se stessi e del
proprio orizzonte esistenziale15.
■ Maria Antonietta Serci
1
2
3
4
5
6
7
8
9
S. Bellassai, La morale comunista. Pubblico e
privato nella rappresentazione del Pci (19471966), Roma, Carocci, 2000.
G. Gozzini, R. Martinelli, Storia del Partito
comunista italiano. VII. Dall’attentato a Togliatti all’VIII congresso, Torino, Einaudi, 1998,
pp. 151-158.
G. Seniga, Risorgimento socialista, Milano,
Azione Comune, 1973.
AGS, Diario, b. 17, fasc. 1, «Trascrizione pagine di diario e di corrispondenza», S. ad Anita
Galliussi, trascrizione dattiloscritta dell’originale mancante, 26 luglio 1954.
I compagni di Azione comunista, Per un’azione comunista, «Lettera ai compagni delegati
alla IV Conferenza nazionale del Pci per
un’azione comunista», s.d. [gen. 1955].
Esposto di “Azione Comunista” alla Commissione Centrale di Controllo del Pci, «Lettera ai compagni per una azione comunista»,
n. 2, s.d. [18, post gennaio, 1955].
Si v. «l’Unità», 25 luglio 1956.
Una ricostruzione della storia di Azione comunista e di come si è giunti alle espulsioni si
trova in una lettera aperta scritta dallo stesso S. ai lettori: AGS, Azione comunista, b. 22,
fasc. 8., “Documenti di Azione comunista e dei
gruppi della sinistra rivoluzionaria e corrispondenza”, G. Seniga, «Ai lettori e ai compagni di Azione comunista», cicl., maggio 1959.
Anita Galliussi Seniga è nata a Udine nel
1925, figlia di Sante, un artigiano del ferro
battuto, dirigente del Pci e di Mira Ronco,
operaia. Nel 1931 espatria clandestinamente
con la madre in Francia, per incontrare il padre, un funzionario comunista che ha scontato una condanna al confino al quale il partito ha affidato una missione clandestina in Italia. Nel 1932 apprende che il padre è stato
arrestato e sconta una lunga pena inflitta dal
Tribunale Speciale e in agosto, il partito organizza la sua partenza per l’Unione sovietica, assieme alla madre Mira. Dal 1932 al 1941
frequenta regolari corsi di studio presso istituti che accolgono i figli di dirigenti comunisti reclusi nelle carceri fasciste o impegnati nel-
la lotta clandestina nei vari paesi: nel 1932 in
una struttura promossa dal Soccorso Rosso e
dal 1933 presso la Casa internazionale per
l’infanzia di Ivanovo. Nel 1942, mentre è in procinto di iscriversi all’università, il rappresentante italiano presso il Comintern le propone
di frequentare la Scuola politica di quella organizzazione. Quando nella primavera del
1943 viene sciolta l’Internazionale comunista, lavora presso la segreteria di Togliatti, sino alla partenza di questi per il viaggio che lo
riporterà in Italia. Mentre attende di essere inviata in Italia per partecipare alla guerra partigiana e ritrovare il padre, nel marzo 1944 al
luglio 1945 frequenta la Scuola speciale di radiotelegrafia presso l’Istituto di ricerche scientifiche di Mosca, uffici che proseguono l’attività degli uffici centrali del Comintern. Ottenuta l’autorizzazione a tornare in Italia, rientra con regolare passaporto assieme alla madre nell’ottobre 1945. Solo al suo arrivo a
Udine, il 1 novembre, apprende dalla nonna
materna la notizia della morte del padre, avvenuta il 3 febbraio 1943 pochi giorni dopo essere uscito dal carcere.
Qualche giorno dopo è in partenza per Roma,
dove è attesa da Togliatti che l’ha destinata ad
un incarico clandestino da svolgere presso un
appartamento della periferia cittadina: delle
esercitazioni quotidiane per il collegamento via
etere con Milano, Genova e Torino, prive però di informazioni. Un’attività, nota solo a
Togliatti e a Umberto Massola, che cesserà, con
lo smantellamento delle apparecchiature, durante la campagna elettorale del 1948. Nel
marzo 1947 viene chiamata a lavorare presso
gli uffici della direzione e nelle settimane successive incontra Giulio Seniga, anch’egli appena arrivato a Roma dalla federazione di
Cremona. Dal 1947 al luglio 1954 le vengono
affidati sia un lavoro d’ufficio sia incarichi riservati. In questa veste, per diversi anni, recapita
presso la legazione cecoslovacca i passaporti
per i visti speciali di entrata in quel paese e compie mensilmente dei viaggi clandestini a Praga, per portare in Italia il bollettino del Cominform.
Il 25 luglio 1954, giorno in cui il suo compagno si allontana da Roma, la coglie a Udine
mentre, ignara degli eventi in corso, ritorna da
una missione in Cecoslovacchia. Il 28 luglio,
dopo il suo rientro a Roma, riceve un espresso speditole da Seniga, contenente la lettera
di dimissioni inviata a Pietro Secchia, con la
richiesta di trascriverla e inviarla al destinatario. Mentre Secchia, Cino Moscatelli e altri
dirigenti cercano di rintracciare Seniga, intrattiene con lui una corrispondenza epistolare.
In questi giorni ha già deciso di condividere
la scelta di vita di Giulio Seniga. Il 12 agosto
si reca a Udine dove concorda un appunta-
105
movimento operaio
mento con Seniga per raggiungere assieme il
paese natale di quest’ultimo, Volongo. Non
appena giunti in paese, apprendono che il padre di Seniga è stato colto da un ictus. Mentre si svolgono gli incontri familiari, è testimone
delle lunghe riunioni e discussioni tra il dissidente e il gruppo di dirigenti del Pci che nel
frattempo hanno raggiunto Volongo, tenutesi sia in case private sia presso la federazione
provinciale di Cremona. Alla richiesta del
partito di rientrare immediatamente a Roma
Anita Galliussi oppone un rifiuto, decidendo
di ripartire solo dopo lo svolgimento dei funerali del padre di Seniga. Al suo rientro al lavoro, è convocata in direzione da Arcangelo
Valli e Antonio Cicalini, collaboratori di Secchia, i quali le chiedono di chiarire il suo ruolo nella vicenda. In questa occasione comunica
al partito che ha deciso di aderire alla scelta
politica del suo compagno. Si trasferisce così
a Milano e da questo momento la sua storia
politica si interseca con quella di Giulio Seniga,
del quale è la più stretta collaboratrice in tutte le iniziative intraprese in un quarantennio
di attività. Assieme compiono numerosi viaggi all’estero, in Francia, in Israele, in Inghilterra,
negli Stati Uniti. Nel 1966 da alle stampe un
libro, I figli del partito, contenente il diario
scritto negli anni in cui è vissuta nell’istituto
di Ivanovo integrato dalla corrispondenza con
il padre Sante, negli anni in cui sconta la pena inflittagli dal Tribunale Speciale. Il libro inaugura un lavoro di recupero e di conservazione delle carte e di recupero della memoria del
padre, abbandonato dal suo partito nelle mani dell’Ovra perché sospettato di simpatie
trostkiste.
Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1999,
si è trasferita a Roma, dove ha proseguito
quest’impegno dedicandosi alla conservazione dell’archivio personale di Giulio Seniga, testimonianza anche di gran parte della propria storia politica.
10
Mario Padano [pseudonimo di G. Brera], La
nuova battaglia di Seniga, «Settimo Giorno»,
7 maggio 1958.
11
R. Luxemburg, Centralismo o democrazia?
(Replica a Lenin), Testo integrale del saggio:
“Questioni di organizzazione della socialdemocrazia russa” (Stuttgart, 1904), a cura di
Gruppi d’azione Carlo Pisacane, Introduzione di P. Carlo Masini, 1962; Sciopero generale: partito e sindacati: pagine scelte, con la 3. edizione di Centralismo o democrazia? (Replica a Lenin), introduzione di M. Pinzauti, 1963;
e di A. M. Kollontaj L’opposizione operaia” in
Russia. “Rabociaia Oppositzia” (Inedito per
l’Italia), introduzione e note a cura di G. Bian-
co, A. Galliussi, P. Luigi Gasparotto, 1962,
L’opposizione operaia da Kronstadt a Danzica. 1921-1971, pagine scelte di V. Serge, prefazione di P. Carlo Masini, [dopo il 1971].
Un’operazione avviata già qualche anno prima durante la militanza in Azione comunista,
con le edizioni milanesi Prometeo e Movimento operaio: R. Luxemburg, La rivoluzione russa, introduzione di O. Damen, Milano,
Edizioni Prometeo, s.d. [1957]; Replica a Lenin a proposito di centralismo e democrazia:
il testo integrale del saggio “Questioni di organizzazione della socialdemocrazia russa”
1904, introduzione di P. Carlo Masini, Milano,
Movimento Operaio, 1957.
12
I. Mett, La rivolta di Kronstadt (Il ruolo della Marina nella rivoluzione russa). Pagine inedite di storia sovietica, 1962; I contadini russi
50 anni dopo. Luci e ombre della rivoluzione
sovietica, prefazione di L. Paladini, 1967.
13
A. Azzaroni, Blasco. La riabilitazione di un militante rivoluzionario, introduzione di I. Silone, 1962; C. Berneri, Mussolini: psicologia di
un dittatore, a cura di P. Carlo Masini, 1966; E.
Riboldi, Vicende socialiste. Trent’anni di storia
italiana nei ricordi di un deputato massimalista, introduzione di G. Tamburrano, 1964.
14
G. Marozin , Odissea partigiana.” I 19 della Pasubio”, introduzione e note di F. Catalano, 1965.
La prima
rivista
italiana
(in ordine
alfabetico)
Editrice A, cas. post. 17120 - Mi 67, 20128 Milano / telefono 02 28 96 627 / fax 02 28 00 12 71 / e-mail [email protected]
/ sito web arivista.org / conto corrente postale 12 55 22 04 / Banca Popolare Etica Iban IT 10 H 05018 01600 0000
0010 7397 / se ne vuoi una copia-saggio, chiedicela / per informazioni e ordinativi anche sui nostri numerosi “prodotti
collaterali” (dossier/CD/DVD su Fabrizio De André, DVD sullo sterminio nazista degli Zingari, dossier su ecologia,
classici dell’anarchismo, antifascismo anarchico, Simone Weil, bibliografia dell’anarchismo, ecc.) visita il nostro sito.
106
Scarica

A367_seniga(98-106) - Credevo nel Partito