Luglio-Settembre 2013 • Vol. 43 • N. 171 • Pp. 140-145
Gastroenterologia pediatrica
Nuove strategie terapeutiche per le malattie
infiammatorie intestinali
Salvatore Cucchiara, Laura Stronati*
Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile, Unità di Gastroenterologia e Epatologia Pediatrica, Sapienza,
Università di Roma
*ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile), Unità di Radiobiologia e Salute dell’Uomo, Roma
Riassunto
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD, da inflammatory bowel disease) comprendono la malattia di Crohn (MC) e la colite ulcerosa (CU), e sono caratterizzate da andamento cronico recidivante, elevata morbidità e mediocre qualità di vita. I pazienti pediatrici con IBD sono maggiormente a rischio per
alcune variabili, quali ritardo di crescita, malnutrizione e impatto emozionale. Recentemente l’obiettivo del trattamento delle IBD ha subito un’evoluzione
con la guarigione della mucosa (mucosal healing) e la remissione completa (deep remission), considerati target principali. Questo si è reso possibile grazie
all’avvento di nuovi agenti, i farmaci biologici, in grado di modificare il corso di queste malattie, bloccando la cascata infiammatoria alla base delle IBD. Tradizionalmente utilizzati nei soggetti refrattari alle terapie convenzionali, i farmaci biologici sono sempre più spesso impiegati nelle prime fasi della malattia,
che più comunemente riguardano l’età pediatrica, al fine di interrompere precocemente il processo infiammatorio.
Fino a pochi anni fa i programmi terapeutici delle IBD pediatriche erano mutuati dai trials degli adulti, mentre gli studi pediatrici erano spesso retrospettivi e
non controllati. Recentemente sono state pubblicate in pediatria sia linee guida che trials controllati, prospettici e randomizzati. L’obiettivo di questa review
è descrivere le più recenti acquisizioni in tema di trattamento farmacologico delle IBD pediatriche.
Summary
Inflammatory bowel disease (IBD) includes two classical entities, Crohn’s disease and ulcerative colitis, characterized by a chronic relapsing course causing
heavy morbidity and impairment of quality of life. Children with IBD are vulnerable in terms of growth failure, malnutrition and emotional impact. Recently,
the aims of therapy of IBD have moved from symptomatic control to the achievement of mucosal healing and deep remission. This has been possible with
the advent of disease-modifying drugs, able to interrupt the inflammatory cascade underlying IBD, such as the biological agents. The latter are usually
administered in subjects refractory to conventional therapies. However, there is a growing view that they could be used in the initial phases of the disease,
that typically involves the pediatric age, in order to shutdown deeply the inflammatory process.
Until few years ago most therapeutic programs in pediatric IBD were borrowed from adult trials, while pediatric studies were often retrospective and
uncontrolled. Recently, guidelines on the therapeutic management and controlled, prospective, randomized trials regarding children with IBD have been
published. In this review the current knowledge in treatment options for children with IBD is reported, and the pediatric features in terms of effectiveness
and safety are highlighted.
Parole chiave: malattia infiammatoria intestinale, malattia di Crohn, colite ulcerosa, terapia biologica
Key words: inflammatory bowel disease, Crohn’s disease, ulcerative colitis, biological therapy
Metodologia della ricerca bibliografica effettuata
La ricerca è stata condotta su PubMed utilizzando i termini inflammatory bowel disease e therapy, entrambi singolarmente e in combinazione. Ulteriori filtri utilizzati per restringere il campo sono stati
Ages, Child: birth-18 years. Sono stati valutati tutti gli articoli originali, le review, gli editoriali e la loro bibliografia. In particolare, sono
stati recuperati 4713 articoli, di cui 1953 ritenuti utili e 455 utilizzati.
Non sono state utilizzate delle restrizioni linguistiche. La ricerca della letteratura è stata condotta nel mese di aprile 2013.
Introduzione
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD da inflammatory
bowel disease) comprendono due entità classiche, la colite ulcerosa
(CU) e la malattia di Crohn (MC), caratterizzate da andamento cro-
140
nico e recidivante, con un impatto sulla qualità di vita e sul sistema
sanitario (Abraham et al., 2012). Dati epidemiologici recenti indicano
un’incidenza più elevata nei paesi occidentali, che si attesta in età
pediatrica attorno agli 8-10 casi/100.000/anno (Molodecky et al.,
2012). Circa il 25% dei casi di IBD sono diagnosticati in bambini e
adolescenti (Malaty HM et al., 2010). I bambini con IBD, generalmente, tendono ad avere una malattia più severa e con più rapida
evoluzione rispetto agli adulti. La CU pediatrica spesso si presenta
come una pancolite (70-90% dei casi) e la localizzazione esclusivamente colonica della MC è più comune nei bambini rispetto agli
adolescenti, nei quali prevale la malattia ileale tipica degli adulti
(Levine et al., 2013). Dati epidemiologici forniti dal registro Francese “EPIMAD” (Registre des Maladies Inflammatoires Chroniques
du Tube Digestif) hanno mostrato nei bambini una prevalenza di MC
complicata (stenosante e/o fistolizzante) del 30% alla diagnosi e del
59% al follow-up (Gower-Rousseau et al., 2009).
Nuove strategie terapeutiche per le malattie infiammatorie intestinali
Figura 1.
Elenco dei tradizionali e recenti obiettivi nella terapia delle malattie infiammatorie intestinali pediatriche.
Figura 2.
Schematica rappresentazione dell’approccio terapeutico step-up e topdown delle malattie infiammatorie intestinali.
Gli obiettivi delle terapie tradizionali delle IBD pediatriche sono finalizzati ad indurre e mantenere la remissione, promuovere la crescita,
migliorare la qualità di vita e ridurre al minimo l’uso di farmaci e le
complicanze di malattia (Griffiths, 2004). L’avvento di nuovi farmaci
in grado di modificare il corso delle IBD, ha posto la guarigione della mucosa (mucosal healing, MH) come obiettivo cruciale (De Cruz
et al., 2013) (Fig. 1). Recentemente, il concetto di “remissione profonda”, comprendente la guarigione della mucosa e la remissione
clinica e biologica, è stato introdotto come misura dell’efficacia del
trattamento (Zallot e Peyrin-Biroulet, 2013), con l’obiettivo di prevenire a breve e medio termine il danno intestinale e la chirurgia, e a
lungo termine la morbidità.
Fino a pochi anni fa l’evidenza di efficacia dei farmaci e gli algoritmi terapeutici per le IBD pediatriche erano mutuati dagli studi sugli
adulti, da non molto sono invece disponibili consensus statements e
linee guida, oltre a trials clinici controllati, esclusivamente pediatrici.
L’obiettivo di questa review è di fornire una panoramica sulle ultime
acquisizioni nel campo del management terapeutico delle IBD pediatriche, enfatizzandone le peculiarità sia in termini di efficacia che
di sicurezza ed evidenziando le aree di interesse per future ricerche.
nistrate per 8-12 settimane come nutrizione esclusiva, in assenza
di terapie farmacologiche, si sono dimostrate in grado di indurre
remissione clinica e dell’infiammazione in circa il 75%-80% dei pazienti trattati (Grogan, 2012). Nonostante sia comunemente noto che
gli steroidi e la terapia nutrizionale esclusiva non si differenziano
per il rate di risposta e di remissione clinica (Alhagamhmad, 2012),
uno studio del nostro gruppo ha mostrato che la terapia nutrizionale esclusiva a base di formula polimerica è nettamente superiore
agli steroidi nell’indurre remissione endoscopia e istologica (Borrelli,
2006). La nutrizione enterale parziale (50% di calorie come formula
speciale e 50% come dieta libera) di lunga durata sembra anche
molto utile nel mantenere la remissione clinica in pazienti con MC,
con gradi di remissione a 1 anno intorno al 75% (Levine, 2013). L’identificazione di marcatori genetici, laboratoristici o clinici in grado
di far prevedere il decorso della malattia e quindi applicare terapie
mirate al paziente rappresenta oggi una sfida importante per la ricerca sulle IBD. In particolare, alcuni gruppi nord-americani hanno
documentato una stretta relazione tra aumentata immuno-reattività
verso specifici antigeni batterici (anti-OmpC, anti-flagellina, Anti-I2,
ASCA) e fenotipo di malattia particolarmente aggressivo (es. malattia penetrante o stenosante per la MC, o con necessità di colectomia
per la CU) (Dubinsky, 2008; Elkadri, 2013).
Terapie convenzionali
La gestione dei pazienti pediatrici con IBD per lo più si basa sulle cosiddette terapie convenzionali – corticosteroidi (CS), 5-aminosalicilati (5-ASA), immunomodulanti (IM) e terapia nutrizionale. Quest’approccio, che prevede un iniziale utilizzo dei farmaci con un profilo
di sicurezza maggiore, ma una minore efficacia (mesalazina, sulfasalazina), fino ad arrivare a quelli con un’efficacia maggiore, ma un
maggiore rischio di effetti collaterali (CS, IM, biologici, chirurgia), è
definito step-up e ha il vantaggio di limitare l’utilizzo di farmaci più
aggressivi, maggiormente tossici, solo ai pazienti che ne richiedono
strettamente l’uso (Hanauer, 2009) (Fig. 2). D’altro canto, le terapie
convenzionali non alterano il corso della malattia, ad esempio non
riducono le probabilità di complicanze e la necessità di chirurgia;
pertanto si avverte la necessità di ricorrere, nei soggetti con decorso
di malattia grave, ad un approccio “aggressivo” più precoce (Ruemmele, 2010).
Nell’ambito delle terapie convenzionali un ruolo interessante ha la
terapia nutrizionale nella MC, con la somministrazione di formule
alimentari polimeriche, semi-elementari (a base di idrolizzati) e elementari (a base di miscele di aminoacidi). Queste formule, sommi-
Farmaci biologici e malattia di Crohn
Le principali novità in campo terapeutico per il trattamento delle IBD
riguardano i farmaci biologici, introdotti nella pratica clinica pediatrica dalla fine del secolo scorso. L’uso in età pediatrica dell’Infliximab
(IFX), un anticorpo monoclonale chimerico diretto contro il TNF-α, è
stato approvato nel 2006 (Hyams et al., 2007) a seguito dei risultati
dello studio REACH che dimostrava una percentuale di risposta e di
remissione nei pazienti trattati con IFX 5mg/Kg a 0, 2 e 6 settimane,
rispettivamente del 63,5% e del 55,8% a un anno. Altri studi non
controllati pediatrici hanno confermato l’efficacia dell’IFX nell’ottenere e mantenere la remissione a un anno, oltre ad una maggiore
efficacia nell’ottenimento del guarigione mucosale (MH, da mucosal
healing) rispetto agli IM (Hyams et al., 2009; Assa et al., 2012).
L’adalimumab (ADA), è un anticorpo monoclonale anti-TNF-α umanizzato. Inizialmente considerato la terapia biologica di seconda linea nei pazienti non responsivi all’IFX, è ora comunemente utilizzato
come prima scelta nella MC pediatrica (Viola et al., 2009; Rosh et al.,
2009; Hyams et al., 2012). Uno studio ha riportato una percentuale
141
S. Cucchiara, L. Stronati
di remissione del 41% a un anno (Russell et al., 2011). Un trial clinico randomizzato in doppio cieco, mirato a valutare l’efficacia e la
sicurezza dell’ADA, ha dimostrato che questo farmaco può indurre la
remissione con una percentuale di risposta del 38,7% e 33,3% a 26
e 52 settimane, rispettivamente (Hyams et al., 2012). Inoltre, è stato
dimostrato che i pazienti naïve all’IFX ottengono maggiormente la
remissione rispetto a pazienti precedentemente esposti (Hyams et
al., 2012).
È attualmente disponibile un terzo anti-TNFα per il trattamento della
MC, il Certolizumab pegol, di cui non sono però disponibili dati pediatrici.
Il Natalizumab (NTZ) è un anticorpo monoclonale umanizzato IgG4
diretto contro la sub-unità alfa4 dell’integrina, una molecola di adesione. Hyams e colleghi, autori dell’unico trial sul NTZ, hanno valutato la sicurezza e l’efficacia di questo farmaco a 0, 4 e 8 settimane
in adolescenti con MC moderata-severa, ottenendo percentuali di
risposta e di remissione rispettivamente del 55% e 29% (Hyams
et al., 2007). Lo studio fu condotto precedentemente ai primi casi
di leucoencefalopatia multifocale riportati negli adulti; questo grave
evento avverso costituisce la principale riserva all’utilizzo di questa
terapia su larga scala.
La tabella I elenca i trials prospettici sull’efficacia dei biologici nella
MC pediatrica.
La comparsa dei biologici nell’armamentario terapeutico per le IBD
ha generato grandi aspettative riguardo la loro capacità di modificare la storia naturale di queste malattie, sebbene i dati a conferma
di questa ipotesi siano ancora scarsi. Dai dati provenienti da trials
effettuati sull’adulto e da studi pediatrici non controllati (Kugathasan
et al., 2000; Kim et al., 2011), che suggeriscono una migliore rispo-
sta dei biologici nei pazienti con storia di malattia breve, è emerso
un nuovo schema terapeutico, definito top-down, secondo il quale
terapie più aggressive, quali quelle basate su biologici e IM, vengono
utilizzate come terapie di prima linea. Tuttavia l’efficacia di questo
approccio nel modificare il corso della malattia necessita di ulteriori
conferme.
Studi con follow-up più prolungati in bambini affetti da IBD in terapia con biologici stanno pertanto diventando di cruciale importanza
per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza a lungo termine di
tali farmaci. In particolare, per quanto concerne la safety, le problematiche principali riguardano le infezioni opportunistiche e il rischio
tumorale.
Le infezioni opportunistiche sono il rischio principale delle terapie
immunosoppressive in generale: la letteratura pediatrica in proposito, per quanto riguarda le IBD pediatriche, è piuttosto scarsa.
(Veereman-Wauters et al., 2012; De Greef et al., 2012). Dati relativi allo studio REACH hanno dimostrato che la maggior parte delle
infezioni che insorgono in bambini con IBD in terapia con IFX è di
entità lieve, con solo il 5,7% dei casi di infezioni severe richiedenti
ricovero ospedaliero (Hyams et al., 2007). Nel successivo studio di
follow-up a 36 mesi dei medesimi pazienti, gli eventi avversi più frequentemente riscontrati erano le infezioni della alte vie respiratorie
con 10% di infezioni severe (Hyams et al., 2011). Infezioni segnalate
meno frequentemente sono quelle da Herpes Zoster, Epstein Barr
virus, Istoplasma e Listeria Monocytogenes.
Dati più consistenti derivano dal registro TREAT che ha valutato la
sicurezza a lungo termine di pazienti adulti affetti da IBD. Tale registro ha dimostrato che IFX non è un fattore predittivo indipendente
per infezioni severe (Liechtenstein et al., 2012).
Tabella I.
Trials prospettici sull’uso dei farmaci biologici nella malattia di Crohn pediatrica.
Trial
N
Valutazione dell’efficacia
Risultati
Trattamento
Risposta
Remissione
Hyams et al., 2007
(REACH trial)
112
PCDAI a 10 e 54 sett.
IFX 5 mg/kg a 0,2 and 6 sett. seguito da
randomizzazione a ogni 8 sett. o ogni
12 sett.
IM (requisito per entrare nello studio)
Ogni 8 sett. 65,5%
Ogni 12 sett. 33,3%
Ogni 8 sett. 55,8%
Ogni 12 sett. 23,5%
Hyams et al., 2009
202
PGA a 1, 2 e 3 anni di
FU in pz che avessero
almeno 1 anno di FU dopo
l’induzione
Terapia di mantenimento con IFX,
episodica ed episodica convertita al
mantenimento
IM permesso
1 anno 64%
2 anni 70%
3 anni 83%
1 anno 26%
2 anni 44%
3 anni 33%
Viola et al., 2009
23
PCDAI a 2, 4, 12, 24 e 48
settimane
Induzione con ADA peso≥40 kg: 160 mg
seguiti da 80 mg dopo 2 sett.;
Mantenimento: 80 mg ogni altra
settimana quindi 40 mg ogni altra sett.
Induzione peso≤40 kg: 80 mg seguiti da
40 mg dopo 2 sett.
Mantenimento: 40 mg ogni altra sett.
IM permesso
2 sett. 87%
4 sett. 88%
12 sett. 70%
24 sett. 86%
48 sett. 91%
2 sett. 36,3%
4 sett. 60,8%
12 sett. 30,5%
24 sett. 50%
48 sett. 65,2%
Hyams et al., 2012
(IMAGINE trial)
188
PCDAI a 26 e 52 + CDAI
a 26 e 52 sett. in pazienti
≥13 anni
Induzione con ADA peso≥40 kg: 160 mg
seguiti da 80 mg dopo 2 sett.;
Mantenimento: 40 mg ogni altra
settimana quindi 20 mg ogni altra sett.
Induzione peso≤40 kg: 80 mg seguiti da
40 mg dopo 2 sett.
Mantenimento: 20 mg ogni altra sett. o
10 mg
IM permesso
Sett. 26:
Dose alta 59,1%
Dose bassa 48,4%
Sett. 26:
Dose alta 38,7%
Dose bassa 28,4%
Sett. 52:
Dose alta 41,9%
Dose bassa 28,4%
Sett. 52:
Dose alta 33,3%
Dose bassa 23,2%
IFX: infliximab; ADA: adalimumab; PCDAI: Pediatric Crohn’s Disease Activity Index; PGA: Physician Global Assessment; sett: settimana; IM: immunomodulanti
142
Nuove strategie terapeutiche per le malattie infiammatorie intestinali
Tabella II.
Principali eventi avversi relativi alla terapia biologica con anti-TNF-α.
Eventi avversi
Infezioni
Comuni: infezioni delle alte vie respiratorie ed infezioni delle vie urinarie
Rare: sepsi, istoplasmosi, infezione o riattivazione da HSV TBC, infezione o riattivazione di EBV
Formazione di anticorpi
Anticorpi anti infliximab, anticorpi anti adalimumab
Reazioni all’infusione
Comune: reazione nel sito di iniezione (ADA)
Rare: Anafilassi, ipersensibilità ritardata
Autoimmunità
Comune: positività di ANA e anti DNA a doppia catena
Rara: sindrome simil-lupus
Manifestazioni cutanee
Dermatite psoriasiforme
Tumori
Rare: Linfoma, linfoma epatosplenico T cellulare, melanoma
Sistema nervoso
Comune: parestesie
Rara: Sindrome di Guillan-Barrè
Alterazioni della funzionalità epatica
Rare: aumento delle transaminasi, epatite, colecistite
Alterazioni cardiache
Comune: tachycardia durante l’infusione (IFX)
Rara: Insufficienza cardiaca
Per quanto riguarda il rischio tumorale, la descrizione di una rara
forma di linfoma, il linfoma epatosplenico a cellule T, in pazienti giovani adulti di sesso maschile in terapia con tiopurine associate a IFX
o a ADA, ha ulteriormente accresciuto la preoccupazione legata alla
sicurezza della terapia biologica nelle IBD (Cucchiara et al., 2009;
Mackey et al., 2009). Il numero di casi segnalati resta attualmente
limitato e riguarda sempre pazienti in terapia combinata (IFX o ADA
con una tiopurina), ponendo dubbi sull’effettivo ruolo causale della
terapia biologica. In seguito a tali segnalazioni i gastroenterologi pediatrici hanno modificato la propria attitudine terapeutica utilizzando
la terapia combinata per periodi meno prolungati ed in pazienti selezionati, tendendo a prediligere la monoterapia.
Nella tabella II sono indicati effetti collaterali più segnalati relativi sia
ad IFX che ad ADA.
Concludendo, le terapie biologiche sono attualmente di uso comune
nella MC pediatrica e sembrano in grado di ottenere e mantenere
la remissione nel breve-medio periodo. Non sono disponibili chiare
e definitive indicazioni in favore di un approccio top-down, ma in
caso di una malattia complicata fin dall’esordio, questo sembra lo
schema terapeutico più promettente nell’ambiziosa prospettiva di
modificare la storia naturale della malattia.
Biologici e colite ulcerosa
Secondo le recenti linee guida congiunte ECCO ed ESPGHAN sulla
gestione della CU pediatrica, il candidato all’IFX è il bambino con una
malattia persistentemente attiva, non controllata o dipendente dai
CS, nonostante una terapia concomitante con IM, e per il quale sia
prospettata una colectomia, oltre ai pazienti con colite severa acuta
(acute severe colitis, ASC) che necessitano di una terapia di seconda
linea (Turner et al., 2012). La Figura 3 riporta in forma schematica
l’algoritmo di trattamento del bambino con CU acuta severa, come
emerso dalle recenti linee guida sulla CU di ESPGHAN e ECCO (Turner et al., 2012).
Una consensus sulla CU dell’adulto, non responsiva alle terapie convenzionali, ha rivelato come l’IFX sia efficace nell’indurre la remissione clinica, promuovere il MH e ridurre il rischio di chirurgia (Reinisch et al., 2012). ACT1 e ACT2 sono stati i primi studi controllati
randomizzati in doppio cieco che hanno valutato l’efficacia dell’IFX
rispetto al placebo nell’induzione e nel mantenimento della remissione negli adulti con CU ad attività moderata-severa (Rutgeerts et
al., 2005). Nello studio ACT1, le percentuali di risposta per l’IFX a 5
mg/kg, a 10mg/kg e placebo sono state rispettivamente del 69%,
61% e 37% a 8 settimane e del 45%, 44% e 20% a 54 settimane. È
stata calcolata inoltre una riduzione del rischio di colectomia del 7%
rispetto al placebo a 54 settimane.
Un recente studio multicentrico randomizzato ha valutato in maniera prospettica l’efficacia e la sicurezza dell’IFX nei bambini con CU
moderata severa, rispetto alla terapia con CS e IM. A 8 settimane, il
73,3% dei pazienti mostrava una risposta clinica e il 40% era in remissione clinica; un miglioramento dei sintomi era visibile già dalla
seconda settimana (Hyams et al., 2012).
In un precedente studio osservazionale multicentrico effettuato dal
Pediatric Inflammatory Bowel Disease Collaborative Research Group
Registry 52 bambini con CU attiva (di cui l’87% con pancolite), 63%
steroido-resistenti e 35% steroido-dipendenti, hanno ricevuto IFX ad
una distanza media dalla diagnosi di 8 mesi (Hyams et al., 2010).
Le terapie concomitanti all’introduzione dell’IFX erano i CS (87%), le
tiopurine (63%), 5-ASA (51%). I risultati hanno mostrato una malattia inattiva, senza necessità di ricorso ai CS, nel 38% e nel 21% dei
casi a 12 e a 24 mesi di follow-up rispettivamente, mentre il 61% ha
evitato la colectomia a 24 mesi.
Un dato interessante emerso da un recente sondaggio presso i gastroenterologi pediatri sul dosaggio dell’IFX nel trattamento della CU
ha evidenziato come l’attitudine a somministrare dosi elevate di IFX
(10 mg/kg) è più comune di quanto si potesse pensare, sia presso gli
ospedali che le istituzioni accademiche (Nattiv et al., 2012).
Nuovi orizzonti e prospettive
Nonostante i recenti progressi nella conoscenza dei meccani-smi patogenetici alla base delle IBD e la maggiore disponibilità di nuovi farmaci
diretti contro specifiche molecole responsabili dell’infiammazione intestinale (Fig. 4), si è ancora lontani dal di-sporre di una cura definitiva
sia per la MC che per la CU. Data la complessità della patogenesi delle
IBD, non tutte le molecole biologiche sviluppate hanno dimostrato una
loro reale efficacia nell’uomo.
Nell’ambito dei nuovi farmaci, l’asse IL23/Th17 è oggi considerato
143
S. Cucchiara, L. Stronati
Figura 3.
Schema dell’algoritmo diagnostico della colite ulcerosa acuta severa del bambino (linee guida ESPGHAN e ECCO).
Figura 4.
Meccanismi patogenetici delle malattie infiammatorie intestinali e principali tappe della cascata infiammatoria come target per terapia biologica.
144
Nuove strategie terapeutiche per le malattie infiammatorie intestinali
un target biologico particolarmente interessante, in quanto i suoi
componenti sono risultati determinanti nello sviluppo del processo
infiammatorio. Ad esempio, l’ustekinumab, un anticorpo monoclonale umano diretto contro la subunità p40, comune sia alla IL23
che IL12, si è dimostrato efficace nell’indurre e mantenere la remissione negli adulti con MC moderata-severa (Sandborn et al., 2012).
Il secukinumab invece, un anticorpo anti-IL17, è risultato inefficace
nel trattamento della MC dell’adulto moderata-severa, presentando
anche molteplici eventi avversi (Hueber et al., 2012)
Tra gli agenti biologici più promettenti, il tofacitinib, un inibitore delle
chinasi Janus 1, 2 e 3 è stato impiegato con successo nella CU
attiva (Sandborn et al., 2012), mentre il golimumab, un nuovo antiTNFα umanizzato, ha dimostrato la sua efficacia nei pazienti con MC
e CU moderata severa (Sandborn et al., 2012). Il vedolizumab, un
anticorpo monoclonale intestino-specifico diretto contro l’integrina
α4β7, una molecola di adesione che regola il traffico leucocitario,
ha dimostrato una marcata efficacia nell’indurre la risposta clinica e
il MH nella CU attiva, non responsiva a precedenti terapie con antiTNFα (Feagan et al., 2012).
Nell’ambito delle nuove cure per le IBD, sono inoltre da segnalare
le terapie basate sulle cellule staminali che stanno facendo il loro
ingresso nell’arena terapeutica per il trattamento di queste malattie
(Dalal et al., 2012).
Alla luce del ruolo che il microbiota intestinale svolge nei meccanismi di malattia, interagendo con geni dell’immunità innata della
mucosa intestinale (in minore misura dell’immunità adattiva), la
caratterizzazione molecolare del microbiota e la sua modificazione
con probiotici o antibiotici (Loh et al., 2012) sono oggetto di ricerche cliniche o di base. Il trapianto di microbiota fecale, attualmente
impiegato con successo in condizioni di infezione intestinale con
disbiosi (ad esempio nell’infezione da Clostridium difficile antibiotico-resistente) può diventare un interessante campo di applicazione
nelle IBD (Aroniadis et al., 2013).
In conclusione, va ricordato che, oltre alla remissione clinica, attualmente costituiscono obiettivi primari delle terapie anche il MH e
la remissione profonda, che è il risultato di misure oggettive dell’infiammazione in atto (ottenute tramite endoscopia, markers o imaging). Inoltre esiste una sempre più forte convinzione che le terapie
debbano essere personalizzate ed adattate alle specifiche condizioni del paziente. In futuro, i soggetti con IBD dovranno essere analizzati sotto il profilo genetico, sierologico, endoscopico, di imaging e,
auspicabilmente, anche dello scenario citochinico che li caratterizza,
in modo da prevedere il decorso della malattia e applicare terapie
mirate. Per esempio, un paziente che si presenti con una malattia colonica estesa documentata endoscopicamente, arresto della
crescita e coinvolgimento perianale potrà essere sottoposto ad una
strategia top-down, con l’utilizzo combinato di biologici e IM. Questo
in accordo con la visione immunologica per cui le IBD comprendono
fasi precoci e fasi tardive, caratterizzate da differenti meccanismi
fisiopatologici, e che un terapia “aggressiva” nelle prime fasi di
malattia potrebbe interrompere il processo patologico e prevenirne
l’evoluzione verso una cronicizzazione.
Box di orientamento
Gli obiettivi tradizionali del trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) sono il controllo dei sintomi e l’incremento della qualità
di vita.
Recentemente gli obiettivi terapeutici delle IBD hanno virato verso il raggiungimento della guarigione mucosale e della remissione profonda.
L’introduzione di farmaci biologici, in grado di cambiare il corso delle malattie, ha modificato drasticamente la strategia terapeutica delle IBD.
Vi sono forti evidenze a supporto di una precoce introduzione delle terapie biologiche per interrompere drasticamente la cascata infiammatoria alla
base delle IBD.
Il progresso nella conoscenza dei meccanismi patogenetici delle IBD ha condotto all’identificazione di nuove molecole quali possibili target per terapie
specifiche.
Un’importante sfida è rappresentata dall’identificazione dei migliori candidati a terapie cosiddette “aggressive” (solitamente con la combinazione di
biologici e immunomodulatori), con l’impiego di markers sierologici, genetici e immunologici, predittivi di un decorso complicato.
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** L’articolo presenta una serie di riflessioni sui nuovi target terapeutici delle IBD.
Corrispondenza
Salvatore Cucchiara, Dipartimento Universitario di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile, SAPIENZA, Università di Roma, UOC di Gastroenterologia e Epatologia
Pediatrica, Policlinico Universitario Umberto I, Viale Regina Elena, 324 - 00161 Roma. Tel.: +39 06 49979326/4. Fax: +39 06 49979325/06 62277415.
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