Anno XXIV
Numero 2
Giugno 2015
ONORANZE
FUNEBRI
TOP MOTOR
“S. Bartolomeo”
NOTIZIARIO DELLA FAMIJA VINOVÈISA
AUTORIPARAZIONI
CENTRO REVISIONI AUTOVEICOLI MOTO E CICLOMOTORI AUTORIZZATO
Periodico trimestrale d’informazione e di cultura
Copia gratuita
Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4463 del 1° Aprile 1992
Grande emozione ha suscitato nei vinovesi la Sua dipartita
L'EDITORIALE
Don Giorgio, quel sorriso
carico di umanità,
amore e ottimismo
Pensioni:
giustizia
è fatta?
Dopo la sentenza della Corte
Costituzionale che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del
blocco per gli anni 2012 e 2013
della perequazione automatica
delle pensioni di ammontare
lordo superiore a tre volte il
trattamento minimo Inps, si
è aperta e subito chiusa per
il Governo la questione della
corresponsione ai pensionati
delle somme non percepite.
Infatti per ristabilire il principio
costituzionale violato dalla
norma illegittima si sarebbe
dovuto ricostruire il calcolo delle
pensioni per gli anni dal 2012 al
2015 e rimborsare la differenza
tra l’importo ricalcolato e quello
già erogato, con l’aggiunta degli
interessi. Invece, non essendoci
nel bilancio statale le risorse
necessarie per la restituzione
integrale del maltolto, si è
aggirato l’ostacolo con perfetto
tempismo stabilendo con un
decreto-legge di corrispondere
una somma forfettaria una
tantum (cosiddetto bonus), cioè
una modesta quota della somma
spettante e per giunta non a tutti
gli aventi diritto.
Speriamo il denaro così
“risparmiato” non venga
utilizzato per pagare spese
gonfiate ad arte o per ripianare
deficit di enti, finendo
direttamente o indirettamente
nelle tasche di faccendieri, come
troppo spesso accade.
Dall’Unità (1861) sino ai
nostri giorni le cronache sono
costellate di innumerevoli
scandali finanziari, ed è un dato
di fatto che l’Italia nel consesso
delle nazioni sia considerata un
paese ad alto rischio corruzione.
Lo dice anche Papa Francesco.
Con le risorse immense che si
sono volatilizzate in tangenti,
appalti gonfiati, opere pubbliche
D
on Giorgio Gonella è nato a
Villafranca Piemonte il 25 dicembre 1931. La famiglia è stata la culla della sua fede: spesso ricordava
la sapienza della mamma, la sua
preghiera costante che diventava
più intensa davanti ai momenti di
difficoltà, alle malattie, ai lutti.
È attorno agli otto anni che avverte, in modo semplice e sorprendente, il desiderio di incamminarsi
verso il sacerdozio.
Compie il regolare iter di studi e
di formazione nei nostri Seminari:
ne ricorderà la disciplina severa
… che tentò di contenere la sua
voglia di sorridere e di scherzare
… senza successo.
Diventa prete nella festa dei Santi
Pietro e Paolo del 1956.
Dopo un anno di Convitto ecclesiastico ed uno come Assistente in
Seminario viene inviato proprio a
questa Parrocchia.
È il 1958 quando don Giorgio arriva a Vinovo e molti ricordano la
sua attenzione ai giovani.
Don Giorgio stesso raccontava
quegli anni con dovizia di particolari, senza dimenticare la motocicletta con la quale scortava le gite
dei gruppi giovanili.
Dopo due anni è trasferito a
sant’Alfonso, in Torino. A testimonianza vivente del suo servizio a
Sant’Alfonso è la presenza di Mons.
Danna, bambino di allora e oggi
Vicario Generale dell’Arcidiocesi.
Cascina Don Gerardo. Don Giorgio Gonella ringrazia per il premio ricevuto.
incompiute o addirittura inutili,
ecc. quante manovre economiche
si sarebbe potuto varare per
contrastare la crisi economica,
senza ricorrere a iniqui rimedi
come la sospensione sia pure
temporanea della rivalutazione
delle pensioni?
Tuttavia i pensionati non si
devono scoraggiare perché
il decreto-legge deve essere
ancora convertito in legge dal
Parlamento e in ogni caso resta
sempre aperta la via giudiziale.
E’ prematuro concludere con il
famoso ritornello:
“chi ha avuto, ha avuto, ha
avuto…., chi ha dato, ha dato,
ha dato…… scurdàmmoce ‘o
passato…..”.
Il Direttore
È la seconda esperienza di vicecura che lo aiuterà ad affrontare
il primo di una serie di impegni
gravosi.
Gli viene chiesto, infatti, di essere
il primo Parroco dell’erigenda parrocchia di San Giacomo in Chieri.
Nella costruzione della chiesa e
della comunità don Giorgio investe
le sue energie migliori: crea spazi
di preghiera e di tempo libero,
in quella attenzione a creare le
condizioni perché le persone potessero stare bene insieme che ha
caratterizzato la sua vita e il suo
ministero fino alla fine.
A San Giacomo fa i conti con
la nascita di un nuovo quartiere,
con l’integrazione di famiglie di
provenienza diversa … e con tutti
instaura legami cordiali.
Fino a quando l’Arcivescovo Anastasio Ballestrero gli chiede una
collaborazione più diretta nominandolo suo vicario territoriale per
il distretto Sud Est della Diocesi.
Sono anni nei quali, anche attraverso il contatto con il Card.
Uscita del feretro attorniato dai fedeli dalla parrocchiale S. Bartolomeo.
Egli si è speso
fino alla fine nel
preziosissimo
servizio delle
confessioni e dei
colloqui spirituali.
Ballestrero (Don Giorgio ha deposto nel processo di beatificazione),
don Giorgio affina ulteriormente
la sua saggezza, la sua capacità di
affrontare sfide e difficoltà con pacatezza, con decisione e con amore della verità, con autorevolezza.
Al termine di questo servizio assume l’incarico di parroco di San
Lorenzo in Giaveno.
Anni intensissimi di lavoro pastorale e ancora una volta di grande
Don Giorgio intento nella lettura.
impegno – in termini di risorse
umane e non solo – per il recupero
di spazi incontro e di occasioni di
aggregazione.
La dimensione diocesana non ha
impedito a don Giorgio di allargare lo squardo della sua carità: in
Colombia, insieme ai suoi familiari, sostenne e permise la costruzione di una casa per le suore di
Betania.
È nell’estate del 2000 che don
Giorgio sceglie di concludere la
sua esperienza di parroco e ritorna
qui a Vinovo come collaboratore
delle due parrocchie e dei due parroci che, in questo tempo, si sono
succeduti.
Fin da subito egli ha messo a disposizione la sua competenza in
molteplici campi e la sua capacità
di relazione e di amicizia hanno
raggiunto praticamente tutte le fa-
Don Marco benedice il feretro prima della tumulazione nella tomba dei Parroci vinovesi.
2 IL VINOVESE
sce di età ed i ceti sociali.
Nessuno si è sentito escluso dalla
sua accoglienza, anche a costo di
sentire una battuta o una presa
in giro capace di correggere senza
offendere.
La sua attenzione è andata dai
fanciulli della catechesi alle coppie
di fidanzati fino alla condivisione
della responsabilità delle opere,
soprattutto nei lavori di ristrutturazione che hanno interessato la
Cascina e la Parrocchia di Garino.
Un’attenzione particolare egli ha
saputo averla verso la terza età,
accompagnando la nascita dei due
circoli dei pensionati.
Negli ultimi anni il venir meno
delle energie non ha rallentato il
lavoro di don Giorgio. Piuttosto lo
ha purificato.
Egli si è speso fino alla fine nel
preziosissimo servizio delle confessioni e dei colloqui spirituali,
nel quale ha manifestato le virtù
maturate: la mitezza e la carità.
La capacità di contemplare il bene
nella vita di ciascuno e di farlo
emergere come motivo di speranza.
Il desiderio di annunciare il
Vangelo che offre uno sguardo
nuovo sulla realtà e che soprattutto apre gli occhi al nostro destino
di eternità.
La scorsa domenica 17 maggio ha
ricevuto il premio Bravo che una
Associazione vinovese ogni anno
assegna ad una persona che si
è distinta per il suo servizio alla
popolazione.
Il quella circostanza gli venne regalato un bastone che ancora adesso è accanto a lui, nella bara.
Don Giorgio è stato per questo
popolo come quel bastone: capace di sostenere in modo discreto,
senza sostituirsi alle gambe, ma
efficacissimo.
La sua intercessione continui a
sostenerci dal cielo.
Elogio a don Giorgio letto in chiesa da don Marco.
antiche e la sua fondazione risale
al periodo della dominazione dei
Romani, i quali gli diedero il nome
di Portus Delphini. Passeggiata con
l'accompagnatrice.
Rientro in battello a Rapallo e
pranzo in ristorante.
Nel primo pomeriggio proseguimento della passeggiata a Rapallo
(sempre con accompagnatrice) per
visitare la splendida località balneare sul golfo del Tigullio, che
conserva la tipica impronta delle
abitazioni liguri. Il nucleo più antico dell’abitato, in parte rinnovato, è compreso tra il mare e la
ferrovia; la parte moderna, sorta
in seguito allo sviluppo avvenuto
a partire dagli ultimi decenni del
secolo scorso e soprattutto nel
dopoguerra, si estende ad arco intorno all’insenatura e sulle pendici
delle colline retrostanti, caratterizzate da una tipica vegetazione
mediterranea.
Alle ore 17.30 partenza per il viaggio di rientro in serata.
Piazzetta di Portofino, salotto a cielo aperto, definito “locale storico d’Italia”.
Una domenica estiva tra ieri e oggi
Un itinerario tra storia
e ambiente nel blu
del Golfo del Tigullio
La Famija Vinovèisa organizza domenica 12 luglio una gita a Portofino e Rapallo. Partenza ore 6,00
da Piazza 2 Giugno per Rapallo,
imbarco sul battello per Portofino.
Posta nel cuore del Tigullio, all'interno del Parco Naturale Regionale
di Portofino, il borgo è una rinomata località di villeggiatura estiva, meta prediletta del jet-set internazionale. Le origini sono molto
Insegna stradale all’ingresso della città.
Particolare di edifici costruiti a strapiombo sul mare.
Quota a persona
e 65,00
Viaggio su Bus GT Chiesa,
navigazione in battello,
visite guidate,
pranzo, bevande incluse.
Le adesioni si raccolgono entro il 3 luglio p.v. presso:
Giardino Fiorito di Grazia,
Via Marconi 35;
Erboristeria S. Bartolomeo,
Via S. Bartolomeo 6
Altro scorcio suggestivo e caratteristico di Rapallo.
Scultura di Stefano Bombardieri.
storia di
un liberale
Pag. 19
Rita da Cascia, la “santa dell’impossibile”5
Ricordo di Giuseppe Bergamasco 7
Il sogno di correre
8
I borgh ëd Vineuv
La compagnia delle Indie orientali
la storia
sabauda
a stupinigi
Pag.10
le “coppie
d’oro”
in festa
Pag. 13
la CROCE
DEI CADUTI
Al cimitero
Pag. 4
9
11
Il premio “Bravo 2014” a don Giorgio 17
I volti della Liberazione
21
Eccellenza italiana nel mondo
22
I nostri morti
27
Quando
l’abito fa il
monaco
Pag. 6
IL VINOVESE 3
Per non dimenticare le vittime dell’ “inutile strage”
La Croce dei Caduti
tocca il cuore
di tutti noi
H
o partecipato la domenica dopo il quattro novembre al piccolo
corteo che dalla chiesa si è recato
a rendere omaggio al monumento
dei Caduti nella piazza del municipio e ho notato la fitta selva degli
stendardi di tutte le organizzazioni religiose e civili del paese e le
rappresentanze delle associazioni
combattentistiche, dagli alpini ai
bersaglieri.
Scarsa era purtroppo la partecipazione dei privati, per effetto, forse,
della lontananza temporale dai luttuosi avvenimenti commemorati.
Mentre me ne tornavo a casa,
ho ripensato agli anni della mia
gioventù, quando il Parco della
Rimembranza era ancora situato
in via Chisola e la gente lo chiamava “Il Piave”, perché il corteo,
aperto dal podestà e dal segretario
del Fascio, vi si recava al suono del
leggendario inno.
Più tardi il Parco è stato spo-
"Spose che il
duol consunse - e
vergini indarno
fidanzate - madri
che i nati videro
trafitti impallidir".
stato di fianco al lato ovest del
Cimitero. Nel 1984 infine nella sede centrale, più dignitosa e
più curata, e nell’occasione della
festa dei Defunti la benemerita
Amministrazione comunale ha cura di corredare ogni alberello di
un mazzetto di fiori con il nastro
tricolore, e tanti devoti vi depositano un fiore.
Ogni anno visito quei luoghi sacri
e sosto davanti alla grande croce marmorea posta nel cimitero,
davanti alla quale un cavalletto
sorregge i ritratti dei Caduti.
Mi fermo a guardarli e quasi a
parlare con loro, che non ho conosciuto, ma, rileggendo quei cognomi, così vinovesi, ricordo tante
famiglie lasciate nella desolazione.
Allora mi tornano in mente – inguaribile malattia di un professore
di lettere! i versi del Manzoni, che
evocano le tante vittime, dirette
e indirette, delle guerre: “spose
che il duol consunse – e vergini
indarno fidanzate - madri che i
nati videro trafitti impallidir” sotto
i colpi dei Longobardi, la “rea progenie” progenitrice dei Tedeschi
4 IL VINOVESE
Cimitero di Vinovo, Campo B. La Croce ai Caduti inaugurata nel 1919 opera
dello scultore Tancredi Pozzi.
moderni, disumani e spietati, “ cui
fu prodezza il numero – cui fu ragion l’offesa – e diritto il sangue – e
gloria il non aver pietà”.
Provo allora un sordo rancore verso quei governanti che nel 1915
a cuor leggero hanno ceduto alla gazzarra di certe minoranze
- nazionalisti, futuristi, interventisti di ogni tipo e razza, in primis Gabriele D’Annunzio e altri
intellettualoidi che non meritano
di essere citati, i quali nelle piazze
d’Italia, lanciavano ingiurie sboccate e oscene contro i neutralisti
e cinicamente e forsennatamente
invocavano la guerra come “sola
igiene del mondo”, mentre i figli
della povera gente, quella che non
urla ma lavora, si avviavano a lasciare la loro giovinezza tra le nevi
delle Alpi, nel fango e nel gelo delle
trincee tra i topi e gli scarafaggi, o
sugli aridi altopiani del Carso.
Inutilmente il “reazionario” e
sconciamente sbeffeggiato Giolitti
esortava i governanti ad accontentarsi del “parecchio” che la
Triplice Intesa ci offriva in cambio della neutralità; inutilmente la
Chiesa, per bocca dei suoi uomini
migliori, lanciava il grido allarmato
contro il crimine che si stava perpetrando (“l’inutile strage” l’avrebbe proclamato più tardi il papa
Benedetto XVI).
Ma spesso nella storia sulla ragione
e sul cuore prevalgono gli istinti
brutali, che trasformano gli uomini
in belve.
Allora i giovani cadono, atroce-
Vinovo, 4 novembre 1984. Inaugurazione del nuovo viale della Rimembranza presso il Cimitero (a sinistra don Gerardo).
mente falciati da armi sempre più
micidiali, le vedove e le madri
si consumano nel dolore, le case
crollano colpite dalle bombe e i
villaggi bruciano e fumano sotto
gli occhi indifferenti, quasi compiaciuti, dei guerrafondai e dei
predicatori della violenza.
E non pensano, gli autori di questi
crimini, che un giorno o l’altro dovranno pur presentarsi, per rendere conto del sangue di tanti innocenti, al tribunale di Dio, il quale
non li giudicherà secondo i cinici e
amorali schemi della politica.
Lodovico Griffa
Gli amici
non dimenticano
Piero
Lo scorso mese di aprile è improvvisamente mancato Piero Vivalda. A
lui avevamo dedicato un articolo nel
numero di marzo del nostro giornale; oggi, immaginandolo intento a
tenere in ordine il suo angolo di paradiso, desideriamo ricordarlo con
il saluto degli amici, letto durante il
rito funebre:
“Ciao Piero,
ti porto il saluto di tutti i tuoi amici, di
tutti coloro ai quali sapevi rivolgerti
in tono semplice e garbato.
Sei entrato in punta di piedi nella
nostra comunità; ti sei messo a disposizione con discrezione e umiltà,
com’era nel tuo stile.
Sappi che noi tutti abbiamo apprezzato i tuoi piccoli grandi gesti, il tuo
saper fare senza nulla chiedere.
Ora, ti sei allontanato in silenzio,
senza recare disturbo, ancora una
volta in punta di piedi, forse senza
neppure accorgerti d’aver lasciato
un’impronta dietro di te.
Nel congedarci da te, nel rispetto
del tuo modo di essere, ti salutiamo con un’unica semplice parola:
“Grazie!”.
Si ringraziano tutti coloro che
hanno contribuito con offerte per
le S. Messe e le spese sostenute, tra questi la Ditta Imberti per
la lapide, il sig. Luigi Obito e il
sig. Carlo Gaido (custode) per la
posa e le Onoranze Funebri San
Bartolomeo per il coprifossa e la
foto in ceramica.
Rita da Cascia la "Santa dell'impossibile"
Paciera di Cristo,
esempio di pazienza e perdono
Santa Rita (Margherita) da Cascia,
nacque nel 1381 a Roccaporena,
frazione di Cascia (PG).
Il primo miracolo, detto delle “Api
Bianche”, le venne attribuito a soli
5 giorni dalla nascita.
Mentre i genitori erano impegnati
nella mietitura, le api si avvicinarono a Rita lasciata in una culla
sotto ad un albero. Le api cominciano a entrare e uscire dalla sua
bocca senza mai pungerla, depositandole in bocca del miele.
Nei pressi un contadino, che si era
ferito a una mano con la falce, lasciò il lavoro in cerca di cure.
Passando davanti alla culla, e vedendo le api ronzare sopra a Rita,
cercò di scacciarle con l'arto ferito, che incredibilmente guarì.
Già dai primi anni dell’adolescenza Rita manifestò apertamente la
sua vocazione a una vita religiosa, ma i genitori, come usanza
dell'epoca, la promisero sposa a
Paolo di Ferdinando Mancini, così
giovanissima convolò a nozze.
Lo sposo era burbero, collerico
e violento, ma Rita, armata di
pazienza, oltre a sopportare tutto
il male ricevuto seppe portare il
marito alla conversione.
Dal matrimonio nacquero due
bambini, ma dopo pochi anni
l’unione fu interrotta dall’assassinio di Paolo, avvenuto a causa del
suo passato burrascoso.
Nonostante la famiglia Mancini e
i suoi stessi figli bramassero vendetta, Rita non rivelò mai il nome
di chi aveva compiuto l’infausto
gesto, invocandone invece il perdono.
Quando vide che i suoi figli, accecati dall’odio, non volevano darle
retta, pregò Dio affinché allontanasse il pericolo di vederli macchiati di simili atrocità.
Da lì a poco i due fratelli si ammalarono e morirono.
Rimasta sola ancora giovane
provò ad entrare al Monastero
Agostiniano Santa Maria Madda-
Immagine di S. Rita da Cascia
lena, a Cascia, ma venne rifiutata
per ben tre volte.
Solo nel 1407 ottenne finalmente il
permesso di entrare nel Monastero
e vi rimase fino alla sua morte.
Durante la vita monastica si distinse per la sua obbedienza.
Nel giardino del monastero si custodisce ancora la "Vite miracolosa" della Santa, vale a dire la pianta germogliata da un ramo ormai
secco, innaffiata per diverso tempo
da Suor Rita per compiacere la
propria Superiora.
Tra i principali prodigi ricordiamo
quello della spina della corona di
Cristo sulla fronte, stigmate che
portò negli ultimi 15 anni della
sua vita con l'eccezione del viaggio
a Roma per la canonizzazione di
San Nicola, quando scomparve per
poi riapparire una volta tornata a
Cascia.
Pochi mesi prima di morire, immobilizzata a letto, chiese che le
venissero portati dei frutti e una
rosa, nonostante fosse ancora inverno.
La rosa, fiorita fuori stagione, divenne suo simbolo per eccellenza
e tuttora si dice che, ogni qualvolta
Mè pogieul...
LIBERTÀ SEMPIA
Cand che la vita ‘d s’òm a treuva longh
ël temp ëd le giornà curte dl’invern
e a stanta l’anciarm dru dël bel temp
për ëslarghé j’ante scure ‘d so cheur,
A sarà col orisont ch’it base
minca giornà ch’a-i ven
mè car pogieul ‘d vita...
It saras mach na sèmpia lòbia
busticà dal nèbie dl’otogn
e mut, come un ròch ë Dòria.
a-j fa assè avèj un cit pogieul
archincà da ‘n vas ëd geranio viòla
e n’ombrela da rivera për l’ombra
për sent-se argalà ‘d so tòch ëd la vita.
Ma quand ch’i veuj pensè
ch’i veuj pensé lontan
Là... Arlongh al cheur ch’a bat.
Setà a l’ombra, carëssà da l’òora,
co’ ij pé patta su le pianele càude,
s’òm a seugna a euj sarà ‘l paradis.
Rita interceda per un miracolo,
accanto al suo corpo si diffonda un
intenso profumo di rose.
Si narra inoltre che il giorno della
morte venne avvistato uno sciame
di api nere (dette murarie) nel
convento, che ancora oggi sono
presenti vicino all'albero di vite.
Il primo miracolo da defunta avvenne al momento di celebrare le
sue esequie.
Un falegname, da poco diventato invalido alle mani, non potendo più lavorare vedendo la salma
di Rita, disse: “Oh, se non fossi
'struppiato', la farei io questa cassa!”.
Il falegname guarì immediatamente, e le suore lo incaricarono della
costruzione della “cassa umile”.
La gente accorse numerosa per
venerarla, mentre si diffondeva la
voce che Rita compisse dei miracoli, tra tutti il più straordinario:
il miracolo di un cieco che riebbe
la vista.
Successivamente, forse a causa di
un incendio divampato nell’oratorio, la cassa e il corpo rimasti intatti, vennero messi nel sarcofago,
conosciuto come “Cassa Solenne”.
Il corpo incorrotto di Santa Rita
venne poi spostato ulteriormente,
fino a giungere nella bellissima
cappella dentro la Basilica a lei
intitolata, ove riposa in un’urna
trasparente esposta alla venerazione dei fedeli.
Fu proclamata Santa durante il
Giubileo del 1900 da Leone XIII,
dopo un lunghissimo processo di
canonizzazione.
È una delle figure più invocate e
venerate dai cattolici e il suo culto
è seguito in diversi centri d’Italia.
Protettrice degli esseri umani in
gravi difficoltà viene chiamata
“Santa dell’impossibile”.
Il 22 maggio, sua ricorrenza onomastica, durante le funzioni liturgiche, si celebra il consueto rituale
della benedizione delle rose.
mgb
Im faso pòst an mes a Ti
e Ti, come sèmper it ses lì
càud e pien ëd parfum d’antan
a pijé ij mè magon d’om
e deme pas, come na maròta...
Un ciusion ëd passaròt a lo cun-o,
una nìvola ‘n cel a lo cudiss
e l’aria përfumà a lo arfranca,
a-i va nen tant al mond a sté bianes.
Carlin Pòrta
Villar Perosa (TO)
Fabrizio Pignatelli
Torino
IL VINOVESE 5
Storia e folclore del popolo tirolese
Quando l’abito
fa il monaco
D
iscendenti dei celti, al confine
tra Italia e Germania, i Tirolesi
rappresentano una minoranza etnica per la quale le norme sul
bilinguismo e la parità dei diritti
sono effettivamente applicate.
Sono un popolo abituato a vivere
in montagna, capace di condividere all’interno della Comunità valori come il rispetto per l'ambiente,
la solidarietà e il senso civico,
ma anche il modo di esprimersi
attraverso simboli, costumi e tradizioni.
Perfino gli abiti tipici, alcuni dei
quali risalenti al XVII secolo e il
grembiule blu (proibito in epoca
fascista perché ritenuto elemento
d’identificazione popolare) viene
indossato con un certo rigore, quasi a sottolineare quanto usanze e
costumi siano una cosa seria e non
soltanto folclore.
Con il termine “Tirolo”, (in tedesco “Tirol”) ci si riferisce ad una
zona che, dal punto di vista linguistico-culturale, copre la Baviera
meridionale, l’Austria centro-occidentale, fino a giungere alla zona
italiana oltre l’Adige.
Oggi il gruppo
linguistico tedesco
gode di forte
tutela, grazie
all'autonomia
della provincia di
Bolzano.
Il nome deriva da Castel Tirolo, il
castello che fu la residenza della
famiglia dei Conti di Tirolo e che è
uno dei principali edifici fortificati
dell’Alto Adige.
Il Sud Tirolo, già abitato in epoca
preromana, dopo la nascita dei
principati vescovili di Trento e
Bressanone e l’estensione dello
stato feudale, passò sotto l’influenza dell’Austria.
Ad opera di Maria Teresa d’Asburgo il decreto delle norme relative
al Maso chiuso (già precedentemente regolamentato dal Governo
del Tirolo).
Il Maso chiuso è un insediamento, con allevamento di animali da
reddito per il sostentamento di un
ampio nucleo familiare, che ha lo
scopo di salvaguardare la redditività dell’azienda agricola.
Durante l’invasione napoleonica il
Tirolo passò sotto la giurisdizione
della Baviera, ma ciò provocò una
rivolta popolare guidata dall’eroe
6 IL VINOVESE
“Tirolesi”, scena di vita contadina del pittore austriaco Franz Defregger, famoso in tutto il mondo (1920 circa).
Castel Tirolo nel comune di Tirolo in provincia di Bolzano.
tirolese Andreas Hofer e, dopo il
congresso di Vienna, il Sud Tirolo
e il Trentino vennero posti all’interno dell’Impero Austro-Ungarico.
Dopo l’avvento della “Grande
Guerra” venne ceduto al Regno
d’Italia.
Il regime fascista, con la conseguente italianizzazione forzata,
impose il divieto di usare il tedesco
negli edifici pubblici, la chiusura
di giornali in lingua tedesca, l’italianizzazione della toponomastica
e dei cognomi.
Quando l’Austria venne annessa
al Terso Reich nacque il problema
della presenza tedesca in territorio
italiano; fu istituito un referendum che prevedeva il trasferimento di parte della popolazione in
Germania.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale nacque la Südtiroler
Volkspartei (SVP), un movimento
conservatore di ispirazione democristiana che chiese immediatamente l'annessione del Sud Tirolo
all'Austria.
Nel '46, però, gli accordi De Gasperi-Gruber sancirono la nascita
della regione a statuto speciale del
Trentino-Alto Adige.
Oggi il gruppo linguistico tedesco
gode di forte tutela, grazie all’autonomia della provincia di Bolzano.
Come già precisato, se si parla di
usanze e costumi, in Alto Adige
non si parla di folclore, ma di tradizioni vissute ancora oggi.
Da Pasqua a Natale, dall'autunno
all'estate, è un susseguirsi di ricorrenze e feste per celebrare, ricordare, invocare o semplicemente
per stare insieme.
Tra le tante iniziative citiamo
quella promossa dagli “Schützen”
(bersaglieri tirolesi), gruppi d’antichissima origine, che si occupano
della conservazione della memoria
storica, delle tradizioni locali e
della fede cristiana.
Essi si pongono come punto di
riferimento culturale, nello spirito
solidale e democratico che unisce
le genti mitteleuropee.
Derivano dall'antico ordinamento
militare tirolese (milizia volontaria
adibita alla difesa del territorio,
insignita del titolo di “Bersaglieri
Imperiali”) e, dal punto di vista
giuridico, oggigiorno sono associazioni di volontariato di carattere
privato.
Maria Grazia Brusco
SCARPE N. 21
Ti vogliamo raccontare
di prodezze senza pari
quando tu eroe bambino
ci calzavi come ali.
Pomeriggi popolati
di fantastiche avventure
a combattere pirati
a sconfiggere creature.
Ogni giorno una battaglia
nel cortile e nei giardini
a inventare un altro mondo
come riescono i bambini.
Ma del tempo tanto amato
non rimane che memoria
ora sei un ragazzone
sempre in giro a far baldoria.
Il tuo piede è così grande
che le scarpe sembran navi
e la mamma per ricordo...
ci ha promesso portachiavi.
Barbara Accosato
Vinovo (TO)
Anno 1960. Una folla composta di vinovesi segue la bara di Giuseppe Bergamasco preceduta da don Pietro Donadio.
Foglio, terreno
difficile da arare,
A cinquantacinque anni dalla scomparsa
Quel drammatico due maggio
tra ricordi e lezioni di vita
Il 2 maggio 1960 scomparve a soli
33 anni Giuseppe Bergamasco nato a Vinovo nel 1927.
I funerali vennero svolti il giorno
successivo. Allora si usava ancora
recitare il santo rosario alla sera
in casa, e in questa occasione si
fermarono le giostre ed il ballo
sulla vicina piazza Rey che funzionavano in quanto erano i giorni
della Fiera primaverile di Vinovo.
Il funerale partito dall’abitazione
di via Stupinigi 2 (allora casetta
privata perché non c’era ancora il
palazzone) raggiunse a piedi il cimitero dove si svolsero le esequie
religiose con la santa messa in San
Desiderio e poi la tumulazione nella tomba di famiglia.
La bara fu portata a spalla dai compagni di leva seguita da molta folla.
Pino come era da tutti semplicemente conosciuto, oltre ad essere molto devoto alla Madonna di
S. Desiderio, partecipava puntualmente alla messa specialmente
Conclusi
gli incontri
alla scoperta
di nuove
conoscenze
Il 27 maggio si è concluso il ciclo
d'incontri del mercoledì pomeriggio
in un'atmosfera allegra e serena.
Erano iniziati ad ottobre nella ca-
nella Chiesa di Santa Croce (conosciuta come la cesa dij Batù).
Al termine della cerimonia religiosa incontrava gli amici con i quali
si prodigava per la riuscita delle
feste paesane ed i pranzi di leva ed
altre feste, conservando anche le
bandiere o i labari.
Era un bravo ballerino di lisco che
in coppia con la moglie si faceva
notare sul ballo.
Grande gioia ebbe alla nascita della figlia Rosanna che col passar
degli anni sarebbe stata la sua
“ballerina”.
Di carattere era buono, gentile
onesto e leale, amico con tutti e
gran lavoratore, sia in fabbrica che
in cascina con i fratelli.
Non faceva mancare il proprio sostegno a nessuno.
Nella breve vita terrena ha lasciato un bel ricordo positivo nelle
persone che lo hanno conosciuto.
Anche a distanza di 55 anni il
suor ricordo resta sempre vivo ed
indelebile.
E con grande affetto così lo ricordano la moglie Angela, la figlia
Rosanna ed il genero Nerio.
scina Don Gerardo, in sordina quasi
come esperimento. Si è rilevato
una gradita sorpresa per l'entusiasmo di chi ha partecipato. Letture,
proiezioni, viaggi, storia e tanti altri
argomenti sono stati trattati.
Un grazie riconoscente a Don
Marco che ha concesso i locali, a
tutti i volontari che si sono resi disponibili perché ogni incontro fosse
interessante e piacevole.
Questo è il frutto dell'Amore!
Grazie anche alle persone che han-
no partecipato, la loro presenza è
stata preziosa per questa iniziativa.
Ci aguriamo di riprendere nell'autunno quando le giornate si fanno
più corte e buie e la solitudine diventa compagnia. La preghiera finale è
stata: "Donaci o Signore la gioia di
cercare il bene e il gusto di viverlo
insieme".
Si Signore, ascolta la nostra preghiera perché è bello stare insieme
e volersi bene.
Lidia Magliano Bosco
Il compianto Giuseppe Bergamasco
in divisa militare.
IL FOGLIO
ma quando
avrai seminato,
guarderai
le parole germogliare
e con la fronte
sudata dirai:
“Com’è bello
il mio campo di carta”Èlodie Maria Melano
Castagnole Piemonte (TO)
Rispettoso
ringraziamento
del Maresciallo
Costa
Alla cortese attenzione del Presidente della Famija Vinovèisa,
sig. Dino Sibona e al caro padrino
Gervasio Cambiano.
La presente per ringraziare caramente riguardo l’articolo che riportava, nel vostro periodico, la notizia della mia nomina a Maresciallo
Ispettore della Guardia di finanza.
Colgo l’occasione per ringraziare
anche tutti coloro che, in questi tre
anni di formazione non mi hanno
mai fatto mancare affetto e sostegno.
Con molta umiltà sono orgoglioso
di avere incontrato, in questi anni di
apprendistato, molti giovani colleghi
pronti a portare il proprio entusiasmo e il proprio impegno per servire
lo Stato e operare per la Giustizia e
per l’Equità di tutti i Cittadini.
Grazie per la considerazione e per
l’affetto.
Francesco Costa
IL VINOVESE 7
Una visita alla Sindone d'altri tempi
Per l’esposizione della Sindone svoltasi nel 1933 un numerosissimo
gruppo di vinovesi andarono in pellegrinaggio a Torino a vedere il Sacro
Sudario. Funzionava ancora la linea tramviaria Piobesi-Vinovo-StupinigiTorino con fermata in via Sacchi. Molte persone sono riconoscibili nella
foto scattata sul sagrato del Duomo di Torino. In basso a sinistra con
il cappello Antonio Aliberti. Al centro riconoscibile il nostro parroco don
Francesco Bottino e subito dietro il vice don Tamagnone. In terza fila
sulla destra un giovane don Giovanni Aghemo.
Incontro con Francesco Lerose
Correre dietro al sogno di correre...
Per parlare del nostro concittadino Francesco Lerose dobbiamo
“prenderla di corsa”! Francesco,
originario di Grassano (Mt), si è
trasferito a Vinovo nel 1987 e, proprio per le strade del nostro paese,
è facile incontrarlo durante i suoi
allenamenti.
Francesco ha iniziato ad appassionarsi alla corsa durante il servizio
militare, vedendo altri commilitoni allenarsi per l’atletica dell’Esercito.
Dopo essersi chiesto: “Se lo fanno
gli altri perché non dovrei riuscirci anch’io?” ha avuto i primi
approcci con quest’attività sportiva. Terminata la naja purtroppo,
a causa degli orari di lavoro, il
tempo da dedicare a questa sua
passione, era davvero poco.
Successivamente, assunto alle dipendenze della ditta “Carello”, è
entrato a far parte della società
podistica aziendale. Così, a partire
dal 1979-’80, il gruppo composto
da 25-30 atleti si incontrava tutte
le domeniche mattina per allenamenti e gare.
Nel 1997 si è iscritto alla podistica
vinovese, con la quale ha parteci8 IL VINOVESE
pato a numerose competizioni.
Nel 1998, durante il torneo dei
borghi, un amico vinovese lo ha
convinto ad iscriversi alla 42 km
195 m della Turin Marathon. Si
trattava di affrontare, per la prima
volta, una gara più lunga del solito!
Partito entusiasta, ha terminato
il percorso senza mai fermarsi,
raggiungendo così il traguardo con
grande soddisfazione.
Tra le varie competizioni alle quali
Francesco ha partecipato, citiamo
il “Trofeo Agnelli” (quando lavorava alla Automotive Lighting), conseguito con un buon risultato e
Francesco in primo piano durante l’attraversamento di Piazza Navona a Roma.
che, ancora una volta, gli ha dato
modo di mettere a prova la sua
resistenza fisica.
Inoltre dal 2003 ha partecipato a
tutte le edizioni della “Tuttadritta”
di Torino, ad eccezione del
2005 quando ha preso parte alla
Maratona di Milano, che si svolgeva contemporaneamente.
La “Tuttadritta” è una corsa unica
nel suo genere, adatta a tutti. Dieci
chilometri in rettilineo dal centro
di Torino alla Palazzina di Caccia
di Stupinigi, che possono essere
percorsi correndo, marciando o
camminando.
In totale Francesco ha partecipato
a 17 maratone, l’ultima delle quali
a Roma, il 22 marzo scorso.
La maratona di Roma, con partenza e arrivo in via dei Fori Imperiali,
è considerato il più partecipato
evento sportivo d’Italia, dato l’elevato numero di atleti che vi prende
parte, compresi numerosi stranieri, provenienti da diversi paesi.
Il percorso è pianeggiante e attraversa il centro storico della capitale. La lunghezza del tracciato,
come per tutte le maratone, è stato
fissato in 42 km e 195 m dalla federazione IAAF.
A caratterizzare la gara capitolina
sono l’altimetria, il fondo, le condizioni atmosferiche (quest’anno
piuttosto piovose), l’ampiezza del
tracciato e le curve, con un unico
tratto più accidentato, ossia l’isola
pedonale che costeggia la Fontana
di Trevi, lastricata con sanpietrini.
I tempi sono cronometrati grazie a
dei chip posti dietro ai pettorali e
ogni 5 km sono presenti dei punti
di ristoro, con dei giudici di gara.
Anche in quest’occasione, Francesco, nonostante la fatica, ha raggiunto l’obbiettivo prefissato nel
portare a termine la corsa, che gli
ha valso, lungo il percorso, una
bella medaglia unita all’attestato di
partecipazione, oltre alla soddisfazione di “esserci stato”.
Durante tutti questi anni l’unica
delusione gli è stata data dall’Eco-
maratona di Cuneo, nel 2014 a
causa di una scarsa organizzazione.
Il percorso che si sviluppava interamente nei boschi, lungo tratti
che costeggiavano il fiume, era
insufficientemente segnalato, per
questo motivo oltre allo sforzo
fisico è stato grande il timore di
perdersi, anche se alla fine è andato tutto bene.
Francesco saluta tutti i lettori con
un consiglio rivolto a coloro che
hanno voglia di correre un po’:
“Anche se non a livello agonistico,
allenatevi due volte alla settimana per circa 40 minuti: fa bene al
fisico e alla mente!”
mgb
'L CANTUN
DEL BARBOTON
'L BARBOTON
A BORBOTA NEN PERCHÉ...
Una volta tanto il barboton non ha da brontolare, ma da rallegrarsi
perchè il nuovo sindaco, contrariamente alle spudorate abitudini dei
nostri politici, ha mantenuto la promessa, fatta in periodo elettorale,
di far aprire alla domenica la Chiesa di San Desiderio. Grazie, signor
Sindaco, grazie Assessore Giuseppe Alessiato e grazie anche a Carlo
Gaido che vigila sulla chiesa, a nome di tanti vinovesi, che frequentando il cimitero desiderano almeno per pochi minuti entrare nel santuario. Com’è bello non aver da brontolare, ma potersi congratulare
con gli amministratori della cosa pubblica!
Ora aspettiamo l’adempimento di un’altra promessa: far spalmare
una o due mani di impregnante conservativo sulla parte bassa del
portone della Chiesa, il quale, flagellato dalle intemperie e cotto dal
sole, sta inesorabilmente andando in rovina.
Dopo di che, il barboton se ne starà zitto fino … alla prossima occasione.
Lodovico Griffa
Ël temp passà con ij mè grand
A l’ha contà sicura pì che ij comand,
L’esempi ‘d coma a vivìo minca dì
An mia vita a l’è stàit ben scurpì.
L’hai capì, an minca ocasion,
come fé a spartì ‘l gram dal bon,
a contesse tut, vorèisse bin,
fé front an doi a gòj e sagrin.
Mia granda, dlicà, comodanta
Con chi a l’avìa damanca,
sempe pronta a përdoné,
lassé core, speté, passienté,
a l’ha mostrame a travajé con passion
për podej gusté le sodisfassion;
a esse pront a quaich sacrifissi
për gòdse antregh ij benefissi.
Mè grand, quandi i j’era ‘ncor cit,
a l’ha mostame la giustissia, a righé drit,
a deje sempe da ment a la cossiensa
e soagné la tèra con passiensa.
IL BORGO del centro storico
Il centro storico di Vinovo, è racchiuso nel quadrilatero costeggiato da
due lati, sud ed est dalla Bealera del Molino, a nord la cascina don
Gerardo ad ovest la linea via Roma - via Torta. Si tratta dell’ antico
ricetto medioevale: via Marconi e via san Bartolomeo sono i due assi
stradali: il cardine ed il decumano. Al loro incrocio il centro cittadino. Non per niente questo angolo era popolarmente denominato “
‘l cantun dij barboton ” come ben ricorda nei suoi magistrali scritti il
prof. Griffa. Questa curiosa denominazione era dovuta principalmente
alla consuetudine che dopo messa “granda” si trovavano gli uomini
a chiacchierare (e quindi a borbottare) , ma anche perché al fondo
della memoria collettiva tramandata da generazione in generazione
era rimasto il concetto dell’incrocio principale dei due assi stradali del
Ricetto (dal latino receptum). L’attuale piazza Marconi non esisteva
fino agli anni 1875/76. Al suo posto diverse piccole casette. Solo
dopo l’acquisto da parte del Comune del palazzo o villa della contessa Bosco di Rufino (ex conte Costelli di Sessant ) che è l’attuale
palazzo comunale, piano piano il comune acquistò le casette e realizzò la piazza. Lungimiranza dei nostri vecchi. L’Ala comunale risale
al sec XVII , naturalmente era più bassa e meno elegante dell’attuale,
che venne rifatta secondo il progetto del geniale Crescentino Caselli.
L’edificio addossato all’Ala (casa Marchiaro dove c’è la panetteria) tra
la fine del sec XVIII ed il 1860 fu sede del Comune. Il lungo edificio
d’angolo tra via Marconi e via san Bartolomeo cioè le case Bertero
e Ferrando sono rimaste grosso modo uguali da quando vennero
Il Municipio in una cartolima dell'inizio dello scorso secolo.
Ël cadò dij mè grand
‘I BORGH
ËD VINEUV
Beppe Sinchetto
Moncalieri (TO)
edificate all’ inizio del 1800. Dall’ altra parte dell’Ala e cioè il grande
palazzone a 7 piani con i portici che corre fino di fianco al Palazzo
municipale (e dall’altro fino quasi alla Chiesa) venne edificato tra
il 1969 ed il 1972 e sostituiva un vecchio caseggiato (dove c’era
il bar Stella d’Italia, il tabaccaio ed un negozio) oltre ad un paio di
cascine (quella della famiglia Sarasino e quella dei Farò). Sempre
per via Marconi è tutt’ora presente il vecchio Molino medioevale
poi ricostruito nel sec, XVII. In direzione nord chiudono il quartiere
la Chiesa Parrocchiale, la casa parrocchiale, il massiccio edificio
dell’Asilo, le imponenti scuole Rey ed infine la cascina don Gerardo
che fino al 1997 era di proprietà dell’ Ordine Mauriziano di Torino.
Il castello della Rovere è situato come una appendice un poco
isolata dal resto del centro: si tratta dell’ultimo, anzi degli ultimi due
castelli “nuovi” cioè quelli edificati dai conti della Rovere all’inizio
del 1500. Prima di loro nell’angolo tra la cascina don Gerardo e la
chiesa di San Bartolomeo (che era molto più corta) esisteva il vecchio castello o meglio casaforte medioevale abitata da un “valvassino” insediato dai della Rovere che abitavano a Torino.
La bealera citata all’inizio di questa descrizione venne fatta tutta
a mano con corvè degli uomini di Vinovo nel 1402 e si stacca
dall’Essa alle cosiddette “Porte neire”, che a sua volta si stacca
dalla Chisola a Piobesi.
Gervasio Cambiano
IL VINOVESE 9
Vinovo coinvolta nel progetto di valorizzazione
Nella Palazzina di caccia di Stupinigi
il fascino della grande storia
I
l 17 aprile scorso è stato firmato
il "protocollo d'intesa per l'individuazione di azioni comuni volte
a valorizzare l'area di Stupinigi:
palazzina di caccia, parco e poderi tra i sei comuni che circondano il parco e cioè Nichelino,
Candiolo, Orbassano, Beinasco,
Vinovo e None presso l'Info Point
di Stupinigi.
Alla cerimonia hanno preso parte
tutte le autorità interessate che
hanno voluto mettere in risalto
tutta la potenzialità che rappresenta il complesso di Stupinigi che si
può riassumere in "un tesoro sotto
gli occhi e un sogno nel cassetto".
Si vuol procedere ad una vera e
propria "chiamata alla creatività"
del pubblico e del privato, di tutte
le realtà culturali ed artistiche per
contribuire con idee e proposte
per lavorare tutti insieme e poter
concretizzare un sogno.
Riassumiano i termini dell'intervista che il Sindaco Guerrini ci ha
gentilmente concesso, nella quale abbiamo chiesto quali possono
essere i risvolti per Vinovo di tale
iniziativa.
Innanzitutto ha tenuto a pecisare
che il protocollo è estremamente importante per un'iniziativa di
lungo termine (15-20 anni) poiché
vincola i sei comuni indipendentemente dalle strutture politico-amministrative che potranno seguire
alle attuali.
Sarà un impegno comune che supererà i possibili campanilismi.
La valorizzazione del parco e della
palazzina di Stupinigi, unito al
futuro Centro commerciale che
sta sorgendo in via Debouché non
possono che avere sviluppi economici positivi per tutto il territorio
circostante.
Si può pensare ad un utilizzo delle cascine anche per laboratori,
atelier d'arte mentre la possibilità
d'inserirsi in un più ampio tour
culturale (ad esempio con Venaria
e Racconigi) o la realizzazione
di un parcheggio camper turistici
non possono che essere positivi
per l'economia e l'occupazione.
Lo stesso progetto di far arrivare
la linea tramviaria alla Palazzina
potrà essere sviluppato anche in
termini di collegamento logistici
sia per la città di Vinovo che per
tutto il suo Castello.
E a proposito del Castello "Della
Rovere" abbiamo chiesto ragguagli.
Il sindaco ci ha confermato che
Palazzina di Stupinigi. Anno 1991. Vista aerea dal lato sud.
Marmi - Pietre
Graniti - Onici
Lavorazioni edili
e funerarie
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d’Interni
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dal 16 luglio il Castello rientrerà
nella completa disponibilità del
Comune di Vinovo e ha tenuto a
precisare che la sua riallocazione
"non sarà un problema ma un'opportunità".
Bisogna quindi privilegiare il lungo
termine e non avere fretta; attualmente vedrebbe bene una destinazione turistico-congressuale che
naturalmente va ricercata tra gli
operatori del settore.
Il complesso
di Stupinigi:
un tesoro
sotto gli occhi
e un sogno
nel cassetto.
E ci ha anche confermato che
il parco sarà sempre fruibile ai
cittadini di Vinovo, ovviamente
con qualche manutenzione in più
rispetto all'attuale.
Ci siamo permessi di richiamare l'attenzione sul fatto che nel
Castello ai visitatori che chiedono informazioni sulla fabbrica
delle tanto celebri porcellane del
Gioanetti non è possibile dare alcuna risposta.
Non si potrebbe attrezzare almeno
una sala con fotografie e stampe
della fabbrica da mostrare ai visitatori?
Il sindaco ci ha ricordato che l'idea
di presentare una mostra delle
porcellane non ha potuto aver luogo per i problemi connessi alla
sicurezza che attualmente sono
insormonabili ma non dispera per
il futuro.
Ma ha promesso che comunque
si studierà il modo di poter ricordare ai visitatori l'antica fabbrica
di porcellane in qualche sala del
Castello che si renderà libera.
Mario Bernardi
"La Compagnia inglese delle Indie orientali"
Dai Mercanti, agli Amministratori,
ai Soldati
Tra il XVII e il XVIII secolo in
Europa sorsero numerose compagnie commerciali privilegiate, che
avevano lo scopo di promuovere
e dirigere traffici a lunga distanza,
specialmente con i territori d’oltremare.
Nella vastissima area asiatica operarono, su scala più o meno ampia,
diversi paesi del vecchio continente.
I mercanti erano interessati ad
associarsi per affrontare meglio
i costi dei viaggi e gli assalti dei
pirati, dividendosi i profitti e i
rischi delle imprese, mentre i governi cercavano di favorire i propri
mercanti per non dipendere dagli
stranieri nell'approvvigionamento
dei prodotti.
Per questo motivo alle Compagnie
venivano concessi diversi privilegi:
monopolio dei commerci, esenzioni fiscali e spesso anche poteri
sovrani sulle terre amministrate.
Il buon andamento degli affari dipendeva esclusivamente dalla capacità degli agenti di mantenere
relazioni amichevoli con le autorità locali.
Pistola "da marinaio" lunga 39 cm con
il logo della Compagnia delle Indie,
Particolare del meccanismo di sparo della pistola “da marinaio”.
Per questo motivo, seguendo l’esempio di altre compagnie, anche
l’inglese “East India Company”,
impegnata nei commerci con le
Indie orientali, cioè i territori a
est del Capo di Buona Speranza
(Africa orientale e Asia), evitò di
entrare in conflitto con le autorità locali durante i primi insediamenti, solo molto più tardi, per
costa orientale dell’India.
I mercati diedero ottimi profitti e
l’attività venne estesa al Bengala
e alla costa del Malabar, dove si
cercò di riprendere il traffico del
pepe.
Il risultato più importante fu però
l’acquisizione di Bombay, fondamentale punto di scambi commerciali.
L’Inghilterra importava spezie,
tè, caffè, salnitro, ma soprattut-
contrastare la crescente potenza
commerciale dei rivali europei,
s’intromise nella politica interna
degli Stati indiani.
Inizialmente la Compagnia aveva
concentrato i propri interessi sulla
to tessuti: sete, cotone, broccati,
kashmir.
Ciò portò a una rivoluzione dei
costumi e al diffondersi di nuove
mode.
Cedendo alla pressione dei produt-
IL VINOVESE 11
tori locali, che vedevano minacciate le proprie attività, il Parlamento
inglese introdusse una serie di
misure limitative alle importazioni
di cotonate dall’India.
Durante i primi cinquant’anni il
valore delle importazioni superava
di gran lunga quello delle esportazioni, per questo fu necessario
ricorrere al pagamento in oro e
argento della parte eccedente.
Successivamente, grazie al “Country Trade”, cioè il commercio interno e al commercio con la Cina
Pistola "da ufficiale" della Compagnia
delle Indie, lunga 35 cm.
fu possibile ristabilire un giusto
equilibrio.
Anche se la Compagnia inglese
godeva di fondamentali diritti concessi dal sovrano, non possedeva
alcun potere militare e diplomatico.
Questa situazione, nella seconda
metà del XVII secolo causò non
pochi problemi ai mercanti inglesi, i cui interessi vennero spesso
messi in pericolo dalla sempre più
grave anarchia dovuta all’indebolimento del potere moghul.
Costretti a pagare dazi supplementari oltre a quelli pattuiti con le
autorità centrali e coscienti della
propria vulnerabilità nei confronti
dei concorrenti europei i direttori
della Compagnia abbandonarono
la politica pacifica e iniziarono a
difendere gli interessi inglesi con
le armi.
Dopo aver avuto la meglio sui mercanti olandesi prima e sui francesi
poi, la Compagnia inglese trasformò quello che fino ad allora era
stato un dominio commerciale in
un vero e proprio possedimento
coloniale.
La Compagnia era diventata anche
una fonte di corruzione della vita
politica inglese; molti dei funzionari che si erano arricchiti più o
meno lecitamente in terra straniera, al loro ritorno in patria cercavano di ascendere socialmente
attraverso la carriera parlamenta-
re negli interessi della Compagnia
stessa, che puntava più al vendere
prodotti indiani sul mercato europeo che a creare mercati per i
prodotti inglesi in India.
Agli inizi dell’età dell’imperialismo, gli inglesi, oltre all’India “perla” del loro impero, possedevano
Ceylon, Hong Kong, Singapore e
numerose basi nell’oceano indiano
e nel Sud-Est asiatico.
I tentativi di avviare un processo
di modernizzazione da parte dei
colonizzatori inglesi nell’arcaica
società indiana provocarono violente reazioni alle quali il governo
britannico rispose con una sanguinosa repressione e con la riorganizzazione della colonia.
Nel 1858 la Compagnia fu soppressa e il paese passò sotto la diretta
amministrazione della corona.
Furono ristrutturati l’esercito e la
burocrazia, costruite nuove ferrovie, incrementati gli scambi e il
controllo militare e, nel 1876, a
coronamento di quell’opera di riorganizzazione, la regina Vittoria fu
proclamata imperatrice dell’India.
Risalenti a questo periodo storico
le due pistole d’ordinanza inglesi
riprodotte in fotografia: una da
“marinaio” (lunga 39 cm.) e l’altra da “ufficiale” (lunga 35 cm.)
entrambe appartenute a membri
della Compagnia delle Indie britannica.
Queste armi furono prodotte a
Birmingham nel XIX secolo ed
hanno la caratteristica di una batteria (meccanismo di sparo) a molla avanti, ossia il cane è azionato
da una molla interna, rivolta verso
la bocca da fuoco.
Questo sistema non era una novità
per l’epoca, in quanto già adottato
nella realizzazione di armi a pietra
focaia nel XVIII secolo.
Entrambe le pistole sono dotate
di finimenti in ottone e bacchetta dell’avancarica integrata (espediente che permetteva di averla
sempre a portata di mano durante
i combattimenti).
Interessante il logo impresso sulla
canna : “il leone rampante” simbolo della Compagnia britannica.
Giovanni Clerico
Maria Grazia Brusco
Tributo ai caduti sul lavoro
Vinovo, Primo maggio, festa del
lavoro. Il corteo con in primo
piano la corona d’alloro portata
da due vedove e gli stendardi,
si avvia verso il Monumento ai
caduti sul lavoro.
D D
Foto Grafica
FOTO
GRAFICA
*Servizi fotografici
matrimoniali
*Ritratti
*Fotografia per attività
commerciali e produttive
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commerciali e produttive
(logo, pubblicità, bigliettini
da visita, volantini)
*Siti web
*Fotoritocco
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346-6563053
12 IL VINOVESE
Nella cascina “Don Gerardo” sfilano le coppie d’oro
Le coppie con un tuffo nel
passato si raccontano con storie che
sfidano i nostri giorni
L’
A dirla tutta, avevo addirittura osato sperare che quest’anno affidasse
l’incarico a qualcun altro, per il solo motivo di non correre il rischio
di cadere in banali ripetizioni.
Ed eccomi qui, ancora una volta
a raccontare la favola delle coppie
che quest’anno hanno celebrato le
loro nozze d’oro e oltre.
Forse il loro percorso non è sempre stato “tutto rose e fiori”, ma la
complicità, la pazienza e il saper
“costruire insieme” sono per tutti
noi esempio e modello di vita.
La bella giornata è iniziata solennemente con la celebrazione
della S. Messa officiata dal nostro
Prevosto don Marco.
Al termine della funzione liturgica
si è dato il via ai festeggiamenti
nella cascina don Gerardo.
Come sempre la presentazione è
stata affidata a Giovanni Olivero
che, vinovese di nascita, conosce aneddoti delle coppie presenti,
perlomeno quelle d’antico ceppo.
ha detta giusta l’amico Mario
Bernardi, in occasione del pranzo
sociale, riferendosi al presidente
Sibona in veste di coordinatore dei
redattori de “Il Vinovese”:
“Ci dirige tempestivamente, come
un direttore d’orchestra e quando
usa la bacchetta…”.
Le parole usate da Bernardi non
erano proprio queste ma il “succo”
del messaggio si!
Infatti, prima di andare in stampa
il nostro Presidente, in men che
non si dica assegna i compiti, dirige i lavori, pianifica i contatti e
soprattutto aspetta con ansia gli
elaborati… per il giorno dopo, anzi
“per ieri”.
Ed eccolo arrivare, due giorni dopo
il pranzo sociale (neanche il tempo
di smaltire le calorie in eccesso),
convinto che io abbia già provveduto alla stesura del presente
articolo... cosa che non mi era
neppure passata per l’anticamera
del cervello.
Caro don Giorgio,
desideriamo
ringraziarla per
il grande lavoro,
che con il suo
ministero, fa per
noi tutti.
Le coppie “d’Oro” in posa sulla gradinata del Castello “Della Rovere”.
La simpatica e briosa Carlotta Iossetti
nei panni di “Magna Angiolina”.
Parrocchia S. Bartolomeo. Foto di gruppo davanti all’altare con il Prevosto Don Marco.
La giornata è stata allietata dall’intrattenimento di Carlotta Iossetti,
supportata dal collaboratore Beppe
Carosso.
A circa metà pranzo, è stato consegnato il premio “Bravo 2014”,
assegnato a don Giorgio Gonella.
Le motivazioni, che hanno spinto
la Famija Vinovèisa a scegliere
il nostro amato Sacerdote come
assegnatario del premio, sono ampiamente espresse in un articolo
a parte, mentre in quest’ambito
IL VINOVESE 13

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Bruno e Gianna Agnelli
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Giovanni e Beatrice Alessiato
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Agostino e Clelia Armando
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Pierino e Olimpia Barbotto
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Caterina e Giacomo Bastonero

Mario e Antonietta Cantasano

Maria e Antonio Casamassa

Agnese e Dino Divià
14 IL VINOVESE
Mario e Margherita Alberico
(65 anni)
Carlotta s’intrattiene con la Companìa Tradissional Vinovèisa.
Caterina e Giovanni Demichelis
(57 anni)

Giuseppe e Maddalena Frignani

Giorgio e Enrichetta Gelli

Romeo e Violetta Maneo
Riccardo e Maddalena Bauducco
(55 anni)

Santi e Maria Menchetti

Sebastiano e Rosina Piovano

Ariego e Silvia Sandron

Angela e Bartolomeo Valinotto

Clenzio e Giulia Vecchiato
Don Marco Ghiazza con i genitori al termine della S. Messa in San Bartolomeo.
Ercole e Giuseppina Mortara
(53 anni)
Le coppie con oltre 50 anni di matrimonio nella Chiesa di S. Bartolomeo con il Prevosto don Marco Ghiazza.
IL VINOVESE 15
Cecilia e Ugo Bozzone
(55 anni)
Livio e Margherita Sada
(52 anni)
Premiazione della Redazione al completo de "Il Vinovese".
pubblichiamo la dedica unita agli
omaggi che abbiamo avuto il piacere di donargli:
“Caro don Giorgio, desideriamo
ringraziarla per il grande lavoro,
che con il suo ministero, fa per
noi tutti. Da quando la sua vita
consacrata ha incontrato la vita
della nostra Comunità, abbiamo
colto l’intensità della sua fede
e ascoltato i suoi insegnamenti,
quale “Uomo di Dio”.
Preghiamo il Signore di benedirla
e conservarla in buona salute”.
È stato un momento particolarmente intenso e seguito con attenzione da tutti i commensali.
Ringraziamo don Giorgio ancora
una volta per la sua grande disponibilità e per le belle parole che
ha rivolto verso tutta la nostra
comunità.
Il pranzo è poi proseguito tra musica, brindisi e risate.
Tra una portata e l’altra sono stati
presentati i componenti della redazione del nostro giornale: primo
su tutti il presidente Dino Sibona,
il Direttore responsabile Dottor
Giovanni Ameglio, Il Professor
Lodovico Griffa, il Dott. Gervasio
Cambiano, la Sig.ra Vera Miletto
Scuero, insegnante elementare,
Mario Bernardi relatore, passo per
Cucaeuv e polajere in posa con Carlotta Iossetti e Beppe Carosso.
Teresa e Dino Allegro
(58 anni)
Maria e Luigi Biancotto
(60 anni)
Luciana e Giuseppe Mairo
(58 anni)
Due festeggiati particolari per i loro
35 anni di matrimonio: Giovanna e
Fabrizio Franzoso.
Angela e Giovanni Dogliotti
(55 anni)
Carlo e Flavia Imberti
(56 anni)
Rita e Giuseppe Alessiato
(56 anni)
Melchiorre e Concetta Vaglienti
(51 anni)
Liliana e Secondo Pelissetti
(54 anni)
Lorenzo e Maddalena Aimone
(51 anni)
Attilio e Giuseppina Candelo
(55 anni)
16 IL VINOVESE
Marilena e Dino Sibona
(52 anni)
Tonino e Nevina Belliero
(55 anni)
Carlo e Luigina Ravinale
(51 anni)
Vittorina e Giuseppe Raule
(52 anni)
gogliosi, si sono prestati per una
foto ricordo.
Ringraziamo di cuore tutti coloro che hanno collaborato per
una buona riuscita della manifestazione: il Prevosto don Marco,
don Giorgio, l’Amministrazione
Comunale, il Cucaeuv e le polajere, i coniugi Franzoso, ai quali
rinnoviamo gli auguri per i loro 35
anni di matrimonio, e tutti i partecipanti che hanno avuto il piacere
di unirsi a noi.
Maria Grazia Brusco
La spigliata Carlotta scherza con il Cucaeuv.
Raimonda e Aldo Losanno
(51 anni)
passo, dei lavori dei “Batù” e, fanalino di coda, la sottoscritta.
Una menzione particolare, da parte
di tutto lo staff, va al responsabile
del progetto grafico Sig. Giovanni
Alessiato, colonna portante per la
realizzazione de “Il Vinovese” e
del calendario.
Infine, poco prima del taglio della
torta nuziale, sono stati omaggiati
gli sposi, che belli, eleganti ed or-
Don Giorgio protagonista alla festa sociale della Famija
Una vita a insegnare "l'ordinaria
straordinarietà del quotidiano"
Questo articolo è stato scritto quando Don Giorgio era ancora tra
noi; abbiamo scelto di pubblicare
il testo originale senza apportare alcuna modifica, per ricordarlo
sereno e sorridente in quella bella
giornata e sentire ancora viva la
sua presenza.
Prima di trascrivere queste poche
righe per esporre a tutti voi qui
presenti le ragioni e le motivazioni
che hanno portato quest’anno la
Famija Vinovèisa alla scelta della persona, per l’assegnazione del
premio BRAVO 2014, sono stato
pervaso dalla paura di non essere
in grado e soprattutto all’altezza di
valorizzare in modo giusto le qualità del nostro personaggio…… però
la Sua disponibilità, la Sua serenità
e la Sua dolcezza e tenerezza mi
hanno facilitato il compito.
“Signore fa’ che tutti gli uomini
riconoscano di essere al mondo
perché chiamati da Te ad una
missione d’amore…. Chiama molti a consacrarsi a Te totalmente,
perché siano sale della terra e
luce del mondo, a servizio Tuo e
dei fratelli.“
Queste belle e profonde parole,
tratte da una preghiera, ci aiutano
a capire meglio e a meglio identificare il personaggio che oggi vogliamo ringraziare e festeggiare.
Nasce in un paesino non molto lontano da noi a Villafranca Piemonte,
il 25 dicembre di qualche decennio fa, da genitori contadini: ha la
Cascina "Don Gerardo". Assegnazione del premio "Bravo 2014" a don Giorgio
Gonella, consegnatoli dalla figlioccia Giulia Zerbin.
possibilità di frequentare le scuole
elementari di trascorrere momenti
importanti per la sua crescita presso la parrocchia …ed è proprio in
queste circostanze che sente forte
e decisa una voce che gli dice:…
“per la mia vigna, ho bisogno di Te
Giorgio”.
Sì, proprio Giorgio, così si chiama
questa persona: finite le elementari entra in Seminario prima a
Giaveno, poi a Rivoli prosegue
negli studi verso la meta, l’Ordinazione sacerdotale che avviene il 29
giugno 1956, cinquantanove anni
orsono, con il titolo appropriato di
Don Giorgio, Don Giorgio Gonella.
Due anni dopo l’ordinazione viene
inviato come Vice Parroco qui a
Vinovo, nella nostra parrocchia: la
Sua presenza ed il Suo continuo
e costante dialogare con i giovani
fanno sì che l’Oratorio, rimasto
un po’ fermo, riprende forza nella
vita di formazione, nella vita spirituale ed entusiasmo nelle attività
ricreative.
A tutto questo si aggiunge l’assistenza spirituale alle persone
anziane, agli ammalati, amorevolmente visitati e confortati.
Dopo qualche tempo, incarichi più
gravosi gli vengono affidati dai suoi
Superiori, che lo chiamano a reggere la Parrocchia di S. Alfonso a
Torino dove continua con efficacia
e dedizione la pastorale in mezzo
ai giovani ed ai ragazzi … gli uomini del domani.
Dopo questo periodo, a Chieri,
nella Parrocchia di San Giacomo
e nella nuova Chiesa, da lui e dalla
sua nuova comunità fortemente
voluta e fatta costruire, continua la
sua missione di Pastore di anime…
fino a quando il card. Ballestrero
lo chiama affidandogli un nuovo
incarico di responsabilità : Vicario
episcopale della diocesi per una
certa parte del territorio.
Un nuovo cambiamento si profila
all’orizzonte: per mantenere fede
al voto di obbedienza fatto al momento dell’ordinazione sacerdotale don Giorgio accetta la reggenza
della parrocchia di San Lorenzo a
Giaveno, che porterà avanti per
alcuni anni.
Dopo questo periodo, un po’ per gli
anni, un po’ per la salute divenuta
più cagionevole lascia questo incarico di non poca responsabilità.
Non si arrende però a questa sua
IL VINOVESE 17
situazione: il desiderio di continuare la sua missione di pastore
di anime è ancora forte, non vuole
mollare e proprio in quei momenti, ricordando i suoi primi anni
di giovane sacerdote trascorsi a
Vinovo, chiede di ritornare proprio
in mezzo a noi.
E l’allora parroco Don Beppe
Marcon lo accoglie con gioia e
gratitudine, perché sa con quale
maestro spirituale e uomo di esperienza ha a che fare.
Se durante la giornata entri in
Chiesa e noti la lucina accesa del
confessionale, oppure una persona
sulla sinistra seduta, con un libro
aperto posto su di un banco di
traverso, la testa appoggiata su una
mano e gli occhiali tra le dita …..
è lui, don Giorgio, immerso nella
lettura per imparare, sempre disponibile però se lo chiedi per una
parola di aiuto, un consiglio, per
una confessione o anche per una
semplice chiacchierata.
E oggi, caro don Giorgio tutti noi,
tutta la comunità, con le coppie
che festeggiano i loro 50 anni di
matrimonio, vogliamo condividere
con Te questo riconoscimento che
è il Premio Bravo 2014.
E concludo con le Tue stesse parole, don Giorgio, dette qualche
tempo fa:
“Mi auguro che il buon Dio mi
aiuti a continuare a cercare ogni
giorno la Sua volontà, con la
consolazione di sentirmi amato
da Lui e con la disponibilità di
donare alle anime che incontro la
conoscenza di Gesù che è la forza
per dare senso alla vita e all’amore per il prossimo”.
E il nuovo bastone donato dalla
Famija Vinovèisa sia per Te da oggi
in avanti sì un sostegno per la Tua
persona, ma sia anche con il Tuo
spirito paterno, uno stimolarci a
reagire di fronte alle difficoltà della
vita.
Tutti Ti abbracciamo e Ti diciamo
GRAZIE DON GIORGIO….
Giovanni Olivero
Santuario di N.S. di Lourdes di Forno di Coazze. Messa celebrata da don Marco Ghiazza alla Grotta di Massabielle.
Nel riquadro pellegrini in marcia tra Sangonetto e Forno di Coazze.
Le Parrocchie di Vinovo e Garino a Forno di Coazze
Se la marcia della fede
impone un altro modo di vivere
Lo scorso sabato 30 maggio, come
è consuetudine da molti anni, le
Parrocchie di Vinovo e Garino
hanno organizzato una marcia
della fede da Sangonetto (Val
Sangone) al Santuario di N.S. di
Lourdes di Forno di Coazze.
Oltre cento persone a piedi hanno
partecipato al pellegrinaggio raggiungendo verso le ore 17 la Grotta
della Madonna presso il Santuario.
Qui erano in attesa un quarantina
di persone che erano giunte con
il pullman. È quindi seguita la
Santa Messa officiata da don Marco
Ghiazza che durante l’omelia ha
ricordato con commosse parole la
scomparsa di don Giorgio Gonella
avvenuta appena la notte precedente. Al termine della funzione
parecchie persone si sono soffermate sul posto per godersi ancora
qualche momento di convivialità
in amicizia.
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Piccolo mondo antico
Storia di un vero liberale
fuori dal coro
V
ogliamo ricordarlo, il dottor
Ferrando, che fu un autentico liberale, non di militanza politica,
ma di pensiero e di stile di vita,
non un vociante antifascista di
professione, ma un professionista
mai venuto a compromessi con il
Regime.
Fu combattente nella Grande
Guerra per spirito patriottico, e
non per frenesia di avventura come certi interventisti precursori
del fascismo; dopo il rientro nella vita civile si dedicò tutto alla
sua professione umanitaria, senza
simpatizzare, e tanto meno collaborare, con i beceri movimenti
sovversivi e liberticidi di tutte le
parti politiche.
Tanto era il prestigio e la fama
di integerrimo professionista, che
si guadagnava giorno per giorno
nell’esercizio scrupoloso della sua
professione e nell’ineccepibile vita
privata, che i trionfatori del 1922
non osarono attaccarlo.
Eppure tutti conoscevano il suo
pensiero e la sua posizione politica.
Era un liberale alla Giolitti e alla
Einaudi, o, se vogliamo risalire
all’ Ottocento, alla Cavour o alla
Alexis De Tocqueville, schivo e riservato, per cui il liberalismo non
era etichetta di partito o esibizione
per convenienza, ma sostanza di
vita, amore per la libertà cercata
sempre nella legalità e nella moderazione.
Vinsero, allora, i fascisti fecero
anche a Vinovo le loro ridicole,
piccole, bravate, per anni celebrarono le loro vittorie con chiassose
esplosioni di entusiasmo, culmi-
nate nel trionfalismo della fine
degli anni trenta quando, dopo la
conquista dell’Etiopia, il Regime
giunse al culmine della sua popolarità, coinvolgendo, come ben vide
lo storico De Felice, nel consenso
sia le masse sia uomini politici fino
a quel momento rimasti abbastanza scettici.
Fu un errore, comprensibile anche
se non giustificabile, in cui cademmo un po’ tutti.
Solo i contadini per il loro inna-
to buon senso e qualche nobile
intellettuale per la sua onestà ne
furono esenti. Fra questi il dottor
Ferrando.
Quando tutti ci rassegnavamo alle
piccole, ma tronfie, soperchierie
dei gerarchetti, o per errata valutazione o per debolezza e per paura
di rappresaglie (ricordo la minaccia di ritirarci il libretto di lavoro,
che si faceva a noi giovani, quando
sgarravamo non per opposizione
politica - non sapevamo neppure
che cosa significasse questa parola - ma per semplice, spensierata,
indisciplina), il dottor Ferrando
non concedeva nulla al Regime,
non indossava la camicia nera,
non partecipava ad alcun corteo
fascista e a nessuna delle farsesche esibizioni di piazza volute dal
populismo mussoliniano; tacito e
riservato, non si curava del pericolo di essere esonerato dal suo
incarico, come era capitato al dottor Camillo Norcia (Castellamonte
Vinovo, via San Bartolomeo. Il dott. Ferrando accompagna la figlia Pia all'altare.
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IL VINOVESE 19
1886 - Giaveno 1979).
Da vero liberale era fermo nella
sua posizione politica, ma non
considerava come nemici personali quelli che non la pensavano
come lui, anzi li frequentava come
concittadini e amici.
Di questo suo nobile comportamento purtroppo oggi non si parla.
Però c’è ancora qualcuno in paese, per fortuna. che, ricorda la
sua abilità di diagnostico, quasi
infallibile, pur con i limitati mezzi
di allora: i medici, per misurarti
il respiro non disponevano che
Il dottor Ferrando
non concedeva
nulla al Regime,
non indossava
la camicia nera,
non partecipava
ad alcun corteo
fascista.
delle loro orecchie appoggiate alla
schiena, non sempre pulitissima,
del paziente sollecitato a ripetere “trentatré”, e per auscultare il
cuore usavano una semplice cannuccia di legno, che chiamavano
stetoscopio.
Di esami clinici e di analisi di laboratorio non si parlava neppure.
E le medicine? Consistevano in
un qualche miscuglio preparato in
farmacia su prescrizione galenica
o in qualche polverina da ingoiare
avviluppata in un’ostia ammollita
nell’acqua.
Ancor oggi mi rivedo davanti agli
occhi, con tanta tenerezza, la figura del dottor Ferrando mentre ti
porgeva la sua ricetta con queste
parole, in cui si poteva leggere una
sottile vena di garbato e ironico
UN CIT GRAND PERSONAGE
Purtròp tante còse as rimando
e as dësmentio facilment:
ricordom-se dël Dotor Ferando
ch'a l'ha curà a Vineuv tanta gent.
L'era n'omlucio fait a la bon-a,
dasia pöche sodisfassion,
chiel a curava ògni person-a,
dai cit ai giovo e a coi ën pension.
Tante ancora adess a deuvo ringrassielo,
anche s'a son già veciòto con ij barbis,
përchè i pare andasìo a ciamelo,
për feje nasse, anséma a la levatris.
Da sol a cudija tut ël pais,
sia le cassin-e che le borgà;
ai piasìa gieughe a taròc con j'amis,
ma purtròp a l'era sempre ëmpegnà.
Na còsa curiosa, cola dël fumé;
a tutti aj disìa it deuv piantè lì,
ma chiel, con na cica, a tornava anvischè
n'aut sigarët, andasand avanti tut ël dì.
Ad un anno
dalla morte di
Matteo
Lanfranco
A l'invern da le cassin-e e le borgà
a vnisìo a piélo con ël biròcc e 'l caval,
con la mantlin-a, tut ëncrovatà
andasìa visitè chi a l'avia mal.
Per Vineuv l'é stait un personage da nen dësmentié;
anche s'a dasìa pòche sodisfassion, l'era sempre prèsent;
l'important a l'è ij malave saveje a curè,
com'a lìha fait ël Dotor Ferando, salvand tanta gent.
Aldo Artero
Vinovo (TO)
umorismo : “Ca vada ‘n farmacia cun ‘nbut parei” e sollevava
alquanto la mano sinistra con il
pollice e l’indice divaricati per
indicare le dimensioni della bottiglietta necessaria.
Allora tu andavi nella farmacia
Sarasino, dove tota Emma prendeva il but e ti invitava a ripassare nel pomeriggio per ritirare la
misteriosa medicina, più simile
agli intrugli che il vecchio Catone,
più di duemila anni fa, preparava
di sua mano per la famiglia, che
non alle medicine di oggi, studiate
in laboratorio e sperimentate su
ogni sorta di cavie (anche umane,
dicono i maligni) e approvate da
burbanzosi membri del Consiglio
Superiore della Sanità, i quali si
spera non facciano come i tanti
garanti che ronzano nell’amministrazione statale, intenti a non
garantire nulla se non le loro laute
prebende.
In tali condizioni, pedalando modestamente in bicicletta sullo
sconnesso acciottolato del paese
(come stride il paragone con gli
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su automobili con tanto di autista accompagnatore, mentre il
Servizio Sanitario affoga nell’oceano del disavanzo finanziario!),
andava a svolgere la sua missione
con scrupolo laicamente religioso
il dottor Ferrando e, con l’aiuto
della natura, guariva le malattie
diagnosticate con tanta perizia.
E gli ammalati non degenti, che affollavano la sua sala di attesa in via
Marconi (ho ancora negli occhi la
vetrinetta con le preziose ceramiche di Gioanetti !) riconoscevano
e apprezzavano la sua dedizione
e la sua onestà professionale, che
noi anziani dovremmo sempre additare come esempio alle giovani
generazioni.
Lodovico Griffa
Consulenze nutrizionali in caso di
·
·
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Alimentazione sregolata
Sovrappeso
Gravidanza e allattamento
Allergie e intolleranze
·
·
·
·
Obesità
Diabete
Ipertensione
Patologie del tratto digerente
Due manifestazioni per il 70° anniversario
Per non dimenticare le
storie e i volti
della Liberazione
A Garino manifestazione commemorativa al Monumento caduti partigiani.
INNO ALLA PACE
Deposizione della corona di alloro al Monumento ai Caduti di piazza Marconi.
Venticinque aprile bene arrivato
Sei simbol di pace come il ramo d'olivo
Sulle vie e le piazze aleggi giulivo
Inviti alla pace anche l'ostile.
Fischia il vento soffia la bufera
Inno in tuo nome eterna primavera
Scandisci le note più belle dell'ora
Inneggiando alla pace appena all'aurora
Ventique aprile segno di pace
Debella la droga dall'Itala terra
Sconfiggi il rachet che il popolo atterra
Rendi giustizia senza la guerra.
Venticinque aprile senza rancore
Scandisci le note più belle dell'ora
Cancella il crimine eterno dolore
Nel popolo libero degno d'onore.
Venticinque aprile negli anni a venire
Simbolo di onore sempre all'aurora
Sconfiggi la crisi economica e sociale
Portando sul mondo un nuovo natale.
Evviva la pace....
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in piazza Marconi.
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IL VINOVESE 21
Il 70 anniversario della Liberazione
dal nazifascismo è stato celebrato
con la manifestazione svoltasi in
Vinovo il giorno 25 aprile.
Dopo la Santa Messa in Chiesa
Parrocchiale autorità cittadine,
rappresentanti delle associazioni e popolazione si sono ritrovati in piazza Marconi davanti al
Monumento ai caduti.
Discorso del Sindaco ai presenti e
deposizione della corona di alloro.
Il 30 aprile la seconda manifestazione presso il Monumento ai
caduti partigiani di Garino.
Partecipazione di due classi delle
medie della vicina scuola.
Ha parlato a nome dell’ANPI Provinciale Maria Airaudo di Pinerolo.
Presenti ad entrambe le manifestazioni Carlo Petrini ottantottenne
partigiano combattente delle brigate Garibaldi in Val Sesia.
L'anice è un
laboratorio
di benefici
Pianta erbacea, annuale, alta fino
a 50 cm. Originaria del bacino del
Mediterraneo è largamente coltivata
in Sicilia e in Puglia. I semi per la
riproduzione delle piante devono
essere conservati durante l’inverno
mescolati a sabbia umida, poiché
seccandosi perdono le capacità
germinative.
L’aroma dell’anice è facilmente individuabile in canditi e dolci, ma
anche in sciroppi e pastiglie per la
tosse. Nel Medioevo era usato in
casi di cefalea, asma e bronchite.
In Inghilterra ai primi del trecento il
re Edoardo I° decise di imporre una
tassa sulla compravendita di questa
erba al fine di reperire i soldi per
riparare il ponte di Londra.
L’anice trova impiego nella nostra
cucina per la preparazione di dolci,
conserve, in tipi particolari di pane.
Sulla traccia di un piemontese emigrato in Brasile
Eccellenza italiana,
una storia senza confini
Dolcetti all’anice:
Ingredienti: 250 gr. farina, 150 gr.
zucchero, 2 cucchiai di liquore
all’anice, 3 uova, 1 limone, olio. Mescolare in una terrina la farina, lo
zucchero e il liquore. Sbattere gli
albumi a neve ferma con 1 cucchiaio di limone; uniteli al composto
e incorporateli mescolando delicatamente dal basso verso l’alto.
Formate delle palline che disporrete
sulla teglia del forno unta di olio e
spolverizzata di farina.
Fatela cuocere in forno già caldo a
180° C per 30 minuti.
Lidia Bosco Magliano
CIÒCHE
Mè cheur
bat fòrt
a j’afann dël temp...
E doman,
Se ... l’avrai paura,
veurai che ‘l tamburn
dla vita
peussa bate
con chiel.
Për sente
fòrt ël son
e ambrassélo...
Parej dël mè nòno
che meuirend
vorìa sente
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Daniela Ponsero
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Furono oltre due milioni i piemontesi che emigrarono, tra il
1870 e il 1970, e sono attualmente oltre sei milioni i nostri
corregionali e gli oriundi piemontesi (figli e nipoti dei piemontesi
emigrati) che vivono all’estero e
si parla solo di coloro i quali risultano iscritti all’AIRE.
Questi sono i dati forniti in occasione della prima Conferenza dei
Piemontesi nel Mondo tenutasi al
Lingotto di Torino nel novembre
1999.
Peraltro gli stessi dati sono stati
poi riconfermati nelle successive
Conferenze tenutesi a Novara nel
2003 e ad Alessandria nel 2007;
incontri che hanno visto la partecipazione dei delegati delle 190
Associazioni dei Piemontesi nel
Mondo.
L’Argentina vanta il maggior numero di piemontesi pari a tre
milioni che sono residenti in particolare nelle province di Cordoba,
Santa Fè, Mendoza e Buenos Aires.
Seguono Brasile e Stati Uniti con
700 mila piemontesi ciascuno; in
Brasile i piemontesi hanno scelto
in prevalenza le città di San Paolo
e Belo Horizonte mentre negli USA
i piemontesi sono in maggioranza
in California, a Chicago e a New
York.
In Europa oltre mezzo milione
risiede in Francia.
Seguono la Spagna con 200 mila
presenze (Madrid e Barcellona),
Inghilterra (Londra) e Germania
(città del sud).
In Australia sono oltre 300 mila e
200 mila in Venezuela, 150 mila
in Cile e 100 mila in Uruguay.
Presenze piemontesi minori si rilevano in Canada (30.000) e in
altri paesi.
Ritenere il Piemonte una regione
ad elevato tasso di immigrazione deriva dalle forti immigrazioni
nella regione sia dalle regioni del
Nord Italia, il Veneto in ordine di
tempo a seguito sia dell’alluvione
del Polesine del 1951 e della tragedia del Vajont, sia dalle regioni
meridionali in concomitanza con
il boom economico degli anni ’60
che vide lo sviluppo delle industrie
dell’allora “triangolo manifatturiero”.
In tempi recenti la regione è stata
la meta di immigrazioni provenienti dai Paesi dell’Africa, dell’Albania, della Cina.
Analizzando le statistiche a nostra disposizione vediamo che la
crescita demografica di Torino,
passata da 719.300 abitanti del
1951 ad oltre un milione nel censimento del 1961, fu dovuta, per
circa il 50%, al forte esodo dalle
altre province del Piemonte, che
portò allo spopolamento di intere
frazioni delle montagne cuneesi,
o al sensibile calo demografico dei
paesi collinari del Monferrato, delle Langhe e del Roero.
Ma se viaggiassimo in lungo ed in
largo il Piemonte ad intervistare
le persone nate nel primo quarto
del Ventesimo secolo, in uno dei
1200 comuni del Piemonte, ci sentiremmo raccontare un pezzo della
storia dell’emigrazione, dello zio
emigrato in Argentina di cui non
si sono più ricevute notizie, o del
cugino vissuto per anni in Francia
e poi ritornato al paese per morire.
Quasi tutti i nuclei familiari hanno una storia d’emigrazione alle
spalle e non sempre, queste narrazioni raccontano un finale fatto
di successo e soddisfacimento e,
tantomeno di ricchezza.
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Carlo Bauducco, nel 1948, partì
da Moncalieri, una cittadina allora
alle porte di Torino, ed ora facente
parte dell’Area Metropolitana della
città, verso il Brasile con la sua
famiglia con l’intento di portare
la tradizione dolciaria italiana e
piemontese nel Paese.
Crede fermamente nella sua idea
di poter realizzare una serie di
prodotti che incontreranno il gusto della gente e che saranno venduti a prezzi alla portata di tutti.
Nel 1952, dopo aver lavorato per
realizzare il suo sogno di far conoscere i prodotti da forno dolci
e semi dolci, fonda la prima “Il
Doceira Primo Bras” e punta a far
conoscere il Panettone italiano nel
Paese.
Padre, madre e figlio sono attenti
alla conduzione dell’azienda ed a
creare sempre sbocchi economici
verso nuovi mercati.
La moglie, Margherita, cura l’amministrazione e il figlio Luigi aiuta
Carlo nella vendita e nella produzione di panettoni che stanno
avendo un successo sorprendente.
Decaduta la legge che imponeva agli stranieri di avere partner
brasiliani, la famiglia apre finalmente il suo negozio di pasticceria
nel quartiere di Bras, e sempre
nel 1952 nasce il marchio del
Panettone Bauducco.
Con la famiglia ha sempre avuto
l’obiettivo di essere un buon imprenditore ed anche di creare buoni rapporti, sotto il profilo umano,
con i collaboratori e dipendenti
per realizzare una forte sinergia di
cooperazione.
Ha fatto proprio il concetto di
welfare nei confronti di chi si
trovava, e si trova, in condizioni
di bisogno e quindi ha “investito”
anche a favore di questa categorie
di persone.
Mentre lo sviluppo della sua attività procedeva senza arresti, continuava a creare nuovi prodotti
per incrementare fortemente le
vendite.
Da queste idee innovative nasce
La famiglia Bauducco con sullo sfondo il logo dell’azienda.
“la torta Bauducco” ricetta con
uvetta e canditi, che ha guadagnato un posto d'onore sulla tavola
delle famiglie brasiliane.
Un panettone modello “piemontese” il cui successo è incontrastato
in tutta l’America Latina e non
solo.
Nel 1962 da vita al primo impianto industriale a Guarulhos aumentando il volume d’affari: nello
stabilimento si creano le antiche
ricette della tradizione, sviluppate
secondo le esigenze dei consumatori.
Il business nazionale ed internazionale cresce costantemente e la
linea di biscotti conquista un successo strepitoso che va ad incrementare la clientela ed il volume
di ordini, vendite e produzione.
Conseguentemente aumentano gli
addetti in tutte le aziende.
Nel 1962 inaugura la sua prima
CLERICO
MARCO
MANUTENZIONE
fabbrica Bauducco e nel 1965 il
panettone Bauducco conquista il
mercato in una nuova veste con
una scatola di imballaggio.
Nel 1972 Bauducco inizia a partecipare ad alcune trasmissioni
televisive realizzando campagne
pubblicitarie che associano il marchio ai maggiori prodotti chiave.
La realizzazione di un filmato,
con una colonna sonora d’impatto,
che racconta la storia vera della
famiglia, e mostra Bauducco con
il figlio intenti nella preparazione dei prodotti frutto di ricette
della tradizione, in un’atmosfera
di amore familiare ha un impatto
straordinario.
Il messaggio è semplice: tutto ciò
che rende Bauducco non solo un
marchio ma un nome di richiamo è
il “cuore della famiglia Bauducco”
su cui è incentrata la famiglia stessa e l’attività lavorativa.
La nuova passione nazionale diventa Chocottone frutto dell’unione tra cioccolato brasiliano e panettone che Bauducco crea nel
1978 continuando a catturare
sempre più palati, e soprattutto
tra i giovani, si diffonde una vera e
propria “mania”.
Oggi il Chocottone è uno dei prodotti più importanti dell'azienda
Nel 1979 c’è l’espansione dal
Brasile nel mondo.
La Bauducco panettoni ha iniziato, per la prima volta nel 1979,
negli Stati Uniti le sue esportazioni di prodotti dolciari e soprattutto
del panettone.
Con questo prodotto, la tradizione
natalizia italiana si è diffusa in
tutto il mondo.
Oggi l’azienda Bauducco esporta
panettoni in più di 50 paesi.
Nel 1990 la BAUDUCCO ha
aperto un secondo stabilimento.
La produzione è aumentata a tal
punto che, negli anni novanta,
Bauducco cambiato il suo marchio aziendale, che unisce il logo
rosso con lo sfondo giallo, affinché
sia più facile per i consumatori
riconoscere i prodotti nei supermercati.
Nel 2000, Bauducco apre il suo più
grande impianto a Minas Gerais e,
otto anni dopo, la fabbrica deve
essere raddoppiata per consentire
la realizzazione di nuovi prodotti.
Nel 2011 la produzione dei panettoni assomma a ben 60.000.000
di pezzi e, nello stesso anno,
l’azienda supera ogni suo precedente record produttivo.
Nel 2012 viene inaugurata la prima “Casa Bauducco” un punto di
vendita con esposizione di tutti
i prodotti che offre panettoni appena sfornati tutto l’anno. “Casa
Bauducco” è anche un centro d’incontro degli amanti dei dolci e dei
prodotti da forno dell’azienda.
L’azienda
E’ diventata, nel corso degli anni,
la più grande industria di prodotti
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IL VINOVESE 23
da forno del Paese e il più grande
produttore di panettoni al mondo
ed una delle aziende alimentari
più importanti del Brasile, con
una capacità produttiva pari a più
di 200 tonnellate all'anno.
Oltre ad essere produttrice dei
marchi Bauducco, Visconti e
Tommy, ha una joint venture con
Hershey, il più grande produttore
di cioccolato in America del Nord,
ed è il distributore del marchio
Ovomaltina.
Tra le principali categorie di prodotti esportati vi sono i panettoni
bassi del tipo piemontese che
viene chiamato “pandurata”, i panettoni , i biscotti per la colazione,
il pane per toast, torte, pasticceria
secca per il tè e cioccolatini.
Il tocco personale
è la ricetta del successo
Nonostante sia il primo marchio
di panettoni in Brasile, con oltre
il 40% di quota di mercato, la ricetta base per la realizzazione dei
prodotti è la stessa che realizzò
dopo il suo arrivo in Brasile: riunire i migliori ingredienti, lasciare
lievitare la pasta a fermentazione
naturale e dedicare 52 ore per la
produzione di ogni unità.
Insieme a Visconti, sono circa 65
milioni di panettoni prodotti annualmente oltre a quelli cosiddetti
“da forno”.
Unione di Grandi Marche
Nel 2001, ha acquistato la fabbrica Visconti in Brasile ed i marchi
di Yo-yo Granuli Crem e Visconti,
e l'anno successivo ha iniziato la
produzione dei prodotti a livello
locale adattandoli sia dal punto di
vista dei componenti che da quello
del confezionamento, al gusto del
consumatore brasiliano.
Dal 2008, dopo aver siglato una
joint venture con l’Americana
USA Hershey, leader nel settore
cioccolato in Nord America, ha
altresì assunto il Ovomaltina linea
di distribuzione in Brasile.
Sviluppo in ambito
Nazionale e Internazionale
Attualmente, “la pandurata” è
prodotta da una serie di stabilimenti industriali più avanzati in
America Latina, con 12 linee di
produzione e la più grande è la
linea del pane tostato in fetta che
sta avendo successo nel mondo.
I suoi 3000 dipendenti fissi e
1600 temporanei lavorano in
quattro stabilimenti che si trovano
a: Itapegica, Endres, Bonsucesso e
Extreme.
Con dodici filiali e 7 centri di
distribuzione a livello nazionale, “la pandurata” si trova in più
di 150.000 punti vendita dove si
possono acquistare anche tutti i
prodotti della catena alimentare
“Bauducco”.
Oltre al Brasile, altri 50 paesi nel
mondo sono stati conquistati dai
prodotti di quest’azienda che primeggia non solo nella qualità della
produzione ma anche nel livello
di tecnologia gestionale produttiva
che è all’avanguardia.
Con l'aumento del volume delle
esportazioni, l'azienda ha deciso
di avviare l'operazione di due
controllate estere: Cibi Bauducco
- Miami / USA e pandurata Argentina - Buenos Aires / AG.
Un uomo di successo che somiglia
molto ad un altro piemontese, o
meglio albese, che ci ha lasciato
da poco e che ha fatto conoscere
il Piemonte in tutto il Mondo:
Michele Ferrero.
I nostri emigrati si identificano nei
suoi prodotti, simbolo di tradizione e del gusto italiano esattamente
come si identificano nei prodotti
Bauducco.
listi Gianfranco Bianco e Paolo
Girola con operatore Stefano
Rogliatti, un documentario realizzato per conto dell’Associazione – Federazione associazioni
Piemontesi nel Mondo, con finanziamento della Regione Piemonte.
Le comunità di Piemontesi in questo Paese sono molte composte
sia dai nostri corregionali che da
numerosi discendenti già di terza
generazione.
Nel documentario vengono raccontate, con approfondimenti e
ricordi, molte storie di fortune
raggiunte e di normalità acquisite.
In Brasile ci sono due Associazioni
di Piemontesi che operano in collaborazione con le Istituzioni Locali
e Piemontesi e tra loro ricordiamo la Società Italiana Di Castello
Compagnia Radici Città Di Torino
che si trova a Castelo nello Stato di
Espirito Santo e soprattutto l’Associazione Piemontesi nel Mondo
di Sao Paulo il cui presidente è
Giorgio, Giovanni Manassero, e
mail [email protected] Sito
Internet: www.piemonte.com.br
che da anni realizza una serie
di iniziative a livello nazionale
ed internazionale non solo per la
Comunità Piemontese ed Italiana
ma, più in generale, per l’intera
Comunità Paulista.
Molto interessante ed aggiornato
è il sito su cui si trovano anche
articoli che offrono uno spaccato
dell’emigrazione piemontese non
solo in Brasile ma nel mondo.
Un punto di riferimento molto
importante quindi anche per chi
volesse avere informazioni sulla
logistica industriale e sulle possibilità di creare joint venture nel
Paese.
Il Brasile è un Paese sempre in
movimento, la cui popolazione è
giovane ed ha grandi risorse economiche anche se vi sono altrettante contraddizioni.
I nostri giovani ne sono attratti
e quindi, oggi, è una delle mete
preferite cui indirizzarsi per trovare non solo una sistemazione
economica ma anche una propria
identità di persona che riveste
un ruolo attivo nella società; ed è
appunto questo che manca attualmente, per la maggioranza di loro,
in Italia.
Paola Taraglio
LA PÉNDOLA
La péndola ch’a l’era già ‘d mè cé,
për tuta la famija a marca l’ore
da pì ‘d sent ani sensa mai chité,
sensa mai tardé, sensa mai core.
A ca ‘d mè cé, da masnà, im amusava
A controlé a tute le ore ij bòt,
ma ‘l moment ëd conté mai arivava
e a smiava ch’a ‘ndeissa ‘n po’ adagiò.
Adess che la péndola il l’hai mi,
vate a savej, tuti ij moment a son-a
e l’ore as coro apress sensa fërmesse
Me Pais Tropical e
l’Associazionismo
Piemontese in Brasile
Sulla storia dell’emigrazione
piemontese in Brasile e sulla
Comunità di piemontesi ed oriundi è stato realizzato dai giorna-
come se’l temp vurèissa ‘n po’ scursesse
për rivé ‘n pressa a la mira bon-a
ëd dime che për mi a l’è tan tòst fini...
Vittorio Gullino
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Da un'idea della Banca del Tempo
Terminata la lodevole iniziativa
"Spazio Compiti"
Le giornate si allungano, l’inverno
è veramente finito e con i primi
tepori torna la voglia di giochi
all’aria aperta; l’anno scolastico
volge al termine e col consueto
anticipo si è concluso lo “Spazio
Compiti” dando modo e tempo
di prepararsi, allievi e tutor, per
eventuali esami o recuperi finali.
Così il 5 maggio (qualcuno ancora
si ricorda di “ei fù…?”) in Sala
Consigliare, presenti il Sindaco
Guerrini, gli Assessori Mairo e
Midollini e il funzionario comunale Marcolin, ci si è riuniti per un
saluto ed una verifica su quanto
svolto.
C’era lo sciopero della scuola e
forse per questo non si sono visti
gl’insegnanti, ma i giovani tutor
erano quasi tutti presenti, fornendo così un bell’esempio di serietà.
Purtroppo continuano a brillare
per le loro assenze anche gli allievi
ed i loro genitori cui peraltro l’iniziativa è dedicata.
Siamo al 3° anno di questa esperienza che molti tutor affrontavano per la prima volta; ma dai loro
brevi racconti traspare la soddisfazione per il rapporto instaurato
con gli alunni delle medie, giovanissimi che chiedono un aiuto od
una spiegazione, e loro nella inedita veste di dispensatori di sapere.
Già ma cos’è questo progetto noto
come “Spazio Compiti”?
Da un’idea della Banca del Tempo
di Vinovo, con la fattiva collaborazione del Comune e della Scuola
Media Gioanetti, si sono unite le
disponibilità degli studenti delle
Superiori, sparsi nel circondario
visto che Vinovo non potrà mai
ospitarne una, ed assistere gli allievi della Scuola Media di Vinovo
Inaugurazione della sede della Banca del Tempo in piazza 2 Giugno. L'Assessore
Maria Teresa Mairo, il sindaco Guerrini, Adriana Lovera, Francesca Paraboschi,
l’ing. Guandalini e Francesco Viotto.
Benedizione della sede della Banca del Tempo da parte del Prevosto don Marco.
Benso
Legnami
nell’esecuzione dei compiti.
Così il Comune si è preoccupato di contattare gli studenti delle
Scuole Superiori del circondario
tramite le dirigenze scolastiche,
per avere la disponibilità dei tutor,
e la Scuola di Vinovo ha messo a
disposizione i locali ed indicato gli
allievi bisognosi di un “aiutino”.
Il martedì ed il venerdì, quest’anno anche a Garino, e sotto la supervisione dei Senior della Banca
del Tempo, che vigilano sull’organizzazione e sulla regolarità delle
“lezioni”, si riuniscono tutor ed
allievi per un simpatico momento
di aggregazione attorno a nozioni,
teoremi e babele di lingue a volte
difficili da assimilare.
La serietà dimostrata si rivela in
un miglioramento per gli allievi ed
in crediti scolastici e punti per la
pyou card per i tutor.
Seguendo un calendario ormai
consolidato da due anni di esperienza, anche per questo anno
scolastiico 2014-15, ci si è incontrati da novembre a maggio presso
le sedi scolastiche preposte e dopo
le iniziali logiche diffidenze si è
instaurato un rapporto simpatico
e collaborativo tra i 18 tutor e gli
oltre 50 allievi (come le onde del
mare questi ultimi vanno e vengono!) ed i senior a “sorvegliare”, a
volte ad aiutare.
Il tutto si è concluso dinanzi ad
una varietà di pizze, in un più
disinvolto conversare, con la speranza di ritrovarci in autunno per
una nuova e consolidata avventura
(purtroppo le buone idee corrono
veloci e sono numerosi i tentativi
d’imitazione!).
Considerato il notevole impegno
della Banca del Tempo, la maturità
e serietà dei tutor, la favorevole
accoglienza degli allievi, sarebbe
auspicabile una maggiore partecipazione degli insegnanti e dei
genitori, anche per avere riscontri
al nostro operare; ma forse è chiedere troppo alla Provvidenza!
Ah già, quasi si dimenticava!
F.C.F. FABBRO
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IL VINOVESE 25
Grazie all’Amministrazione Comunale, abbiamo una nuova e più
spaziosa sede in piazza 2 Giugno,
inaugurata il 23 maggio scorso,
finalmente dotata anche di un servizio, (nel 2015 a volte è una novità) ed al piano terra, utile per gli
ultra 70enni, ciò ci consentirà di
svolgere agevolmente i programmi
in corso e quelli in divenire, finchè
le vulcaniche menti dei soci continueranno a sforgiarne.
Il sindaco Guerrini ha tagliato il
nastro, insieme all’assessore sig.a
Mairo alla presenza del comitato
direttivo e di un folto pubblico,
quindi Don Marco ha proceduto
alla benedizione dei locali.
La Presidente ha ringraziato le
autorità e i presenti, ha ricordato come l’impegno di tutti ha
permesso l’allestimento dei locali
che si presentano freschi e ben
organizzati pronti per l’impegno
che l’associazione profonde nelle
iniziative a favore degli studenti
delle Scuole Medie Gioanetti.
La Famija Vinoveisa formula i migliori auguri per il proseguimento
dell’attività.
Adriana Lovera
Banca del Tempo
Promozione al camilliano di Vinovo
Il sacro attraverso l’ordinario
Roberta Alagna (ex Majorette) e Gian Luigi Manzo, genitori di
Gianmarco, fanno il bis con un bel fiocco rosa. È nata Marianna.
Tanti auguri a Marianna ... un viso meraviglioso, due occhi
chiari, un biondo caschetto e sì che sei proprio un vivace
angioletto.
Di mamma e papà sei il primo pensiero del mattino e poi tutto il
giorno ti stanno vicino...
... per mostrarti la prima farfalla, il primo arcobaleno...
con tanta serenità e senza sosta ti aiuteranno a diventare grande e forte.
Tutti quanti facciamo gli auguri a Marianna affinché la sua vita sia
la cornice di poesia per un quadro di musica melodica.
Maria Luisa Pergola
L’EREDITÀ ËD MÈ BËCCÉ ‘D CRIMEA
Padre Mario Ramello mentre celebra la S. Messa.
Il nostro caro amico don Mario
Ramello padre camilliano, (ordinato sacerdote a Vinovo nel 1989),
dopo oltre 11 anni trascorsi come Cappellano presso l’ Ospedale
Infantile Regina Margherita di
Torino, è stato trasferito a Roma
presso la Casa Generalizia dei
Padri Camilliani, per svolgere l’impegnativo servizio di Economo locale presso questa Comunità.
Sarà quindi in stretta collaborazione con l’Economo Generale
dell’ Ordine e naturalmente con
il Superiore generale per le molteplici ed impegnative incombenze
burocratiche ed economiche che
comporta tale incarico.
Dopo le esperienze di apostolato
sempre nel campo assistenziale
ospedaliero-sanitario che è la specificità dell’Ordine camilliano di
Genova, Haiti, Torino, padre Mario
è ora a Roma.
Gli amici di Vinovo non possono
che rallegrarsi e mandargli tramite
“Il Vinovese” molti cordiali auguri.
Gervasio Cambiano
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26 IL VINOVESE
I veuj crijelo a tuti fòrt e ciàir:
“Ij Piemontèis ch’a parlo an piemontèis!”
Ij Piemontèis a devo avej fierëssa
ëd parlé e scrive costa nòbil lenga,
ch’a l’é l’istessa lenga che Broferi
a dovrava për scrive soe canson
setà an su ‘n taborèt ëd soa përzon,
ch’a l’é l’istessa lenga che Giandoja
a dòvra për pijé an gir ij prepotent,
la lenga dij bajèt mòrt a Noara
quand che ‘l Piemont a l’ha sfidà n’imperi,
la lenga dël rè Tòjo a Vilafranca,
la lenga parlà ‘dcò da mè bëccé
quand a l’han spedilo lassù an Crimea
e a l’ha vagnà cola midaja ‘d guera
për porté àut ël drapò dël Piemont.
Sercoma d’arcordess-lo noi ch’i soma
ij novod ësgairà ëd cola gent gajarda,
sërcoma ‘dcò ‘d mostrelo ai nòsti fieuj
përchè la scòla a l’ha nen veuja ëd dijlo
che nòsta patria unìa, costa Italia,
a l’han creala an parland piemontèis.
Gianfranco Ribolzi
Torino
Onestà, rispetto, puntualità,
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dando la possibilità di scegliere e di affrontare
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rigorosamente italiani.
CI HANNO LAsciati...
Lo scorso 17 aprile è improvvisamente
venuto a mancare Luigi Menichelli di anni 69 mentre era intento a eseguire lavori
nell’orto in via Carignano. Era nativo di Treia
(Macerata) e dopo il servizio militare svolto
nell’arma dei carabinieri, con molti mesi distaccato presso il grande aeroporto militare
di Ghedi, si era trasferito in Piemonte. Aveva
quindi lavorato presso la famiglia dei marchesi Thaon di Revel sia a Torino che nella
grande tenuta di Ternavasso. Poi nel 1971 il
matrimonio a Vinovo con la sig.ra Ermanna
e l’abitazione in piazza Rey. In seguito era
Luigi Menichelli
entrato come sorvegliante alla Lancia ed alla
Fiat Avio. Dei due figli, la figlia Erika era stata brava majorettes negli
anni novanta. Luigi molto conosciuto nel paese era iscritto a diverse
associazioni. Naturalmente la sezione di Vinovo dei carabinieri in congedo e poi il Nucleo della Aviazione nato due anni fa. Collaborava con la
Pro Loco ed il Gruppo Anziani. Di carattere buono e sereno era stimato
e benvoluto da tutti. Nella bella stagione era facile vederlo intento ai
lavori nell’orto che tanto amava e teneva con grande cura. La Famija
Vinoveisa porge sentite condoglianze alla sig.ra Ermanna ed a tutta la
famiglia.
Lo scorso mese di aprile è mancata Teresa
Bertero, nata a Vinovo il 5 ottobre 1944.
Teresa era un volto molto conosciuto nel
nostro paese, in quanto “figlia della Nevina”,
commerciante in centro paese negli anni passati e commerciante lei stessa. Nel
1963 Teresa si unì in matrimonio con
Roberto Tuninetto, presso la parrocchia
San Bartolomeo; dalla loro unione nacque
il figlio Massimo. Nel 1973, dopo la chiusura del piccolo negozio di commestibili di
mamma Nevina, Teresa con i genitori e il
marito, avviarono il supermercato A&O di via
Teresa Bertero
Cottolengo. Insieme gestirono l’attività di famiglia fino al 1982. Ammalatasi nel 2011, per gravi problemi al cuore, è
stata sottoposta a frequenti ricoveri, amorevolmente assistita dal marito
Roberto. Si è spenta l’8 aprile presso l’ospedale Molinette di Torino. Ai
suoi cari le più sincere condoglianze dalla Famija Vinovèisa e dal direttivo de “Il Vinovese”.
Il 23 maggio è serenamente mancata a 79
anni, presso l’Ospedale di Carmagnola Lucia
Piumatti in Lettario. Era nata a Savigliano
ma visse la gioventù a Saluzzo e quando convinse la famiglia a trasferirsi nella Frazione
Brillante di Carignano lei trovò lavoro con la
sorella presso la Ditta Garis.
Quindi scelse di stabilirsi a Vinovo dove
conobbe il futuro marito Giuseppe Lettario.
Dall’unione avvenuta nel 1960 nacquero
Adriano, che allietò la coppia per poche ore e
Graziella. Perse la mamma prematuramente
e come da promessa fattale, sostenne il padre
Lucia Piumatti
e i fratelli. Durante la sua vita subì parecchi
interventi chirurgici per i quali, grazie al carattere forte e solare, non
si è mai arresa sostenuta dall’affetto della famiglia e trovando conforto
nella preghiera. Proprio per un intervento delicato dovette lasciare il
lavoro in fabbrica e colse l’occasione per mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti in gioventù, quindi svolse quello di sarta con passione e
professionalità. Era molto affezionata e dolce con le due nipoti, Silvia
e Selene, che contraccambiavano questi sentimenti con grande attaccamento fin da bambine. Nel 2010 festeggiò con la Famija Vinovèisa
l’anniversario delle nozze d’oro. Infine un pensiero speciale va rivolto
al marito Giuseppe che durante tutti i 55 anni di matrimonio ed in particolare negli ultimi anni della malattia invalidante, l’ha accompagnata
nella Sua quotidianità giornaliera con affetto e molta premura.
Il 7 febbraio 1930 nasce a Vinovo Lucia
Appendini nell’abitazione-negozio in via
San Bartolomeo 4 (adiacente alla Chiesa dei
Battuti) dove i genitori Lorenzo e Carolina
fanno i panettieri. Cresce in mezzo alla farina con il fratello Giuseppe (Pendin ‘l panaté), aiutando in negozio e lavorando presso
una fornace spostando mattoni. Frequenta
la scuola fino alla 2ª Ginnasio e poi lavora
in FIAT come segretaria. Conosce Giovanni
(di Giuseppe Curletto e Maria Bracco) classe
1926, di Nichelino, con cui si sposa nel marLucia Appendini
zo del 1950 e va a vivere nella di lui
ved. Curletto
famiglia, nella casa che sorgeva davanti al
Municipio (oggi Piazza Di Vittorio). Qui, il 23 dicembre 1951, nasce
il primogenito Giuseppe mentre, nella casa natia di Vinovo, il 9 luglio
1953 il secondogenito Lorenzo. Lascia il lavoro, per dedicarsi a tutta la
numerosa famiglia (6 persone) e così farà per tutta la vita di ogni membro, non lesinando l’aiuto ed il conforto anche agli altri parenti, amici e
conoscenti. Fino allo stremo delle forze, anche psichiche, ha accudito al
suo amato Giovanni (mancato nel gennaio del 2011) staccandosi, poi,
dal resto del mondo con sempre maggior celerità, eccezion fatta per le
funzioni religiose, a cui ha sempre partecipato anche attivamente, col
canto. Gli acciacchi ed una improvvisa (o forse trascurata) malattia,
l’hanno portata alla morte l’8 maggio scorso, nella ricorrenza della Festa
della Mamma.
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Fondata da
Servidio Nicola
opera su tutto
il territorio nazionale.
Tuttora la moglie
Annamaria Celano,
con la socia
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I principi di grande moralità garantiscono un servizio
in modo esemplare
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Offriamo la nostra professionalità per il disbrigo di tutte le pratiche.
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IL VINOVESE 27
Giovedì 2 aprile, nella Comunità di Corato
in provincia di Bari, ci ha lasciato Suor
Graziana, al secolo Zavattero Maria. Ne
hanno dato l’annuncio la Superiora e
le Consorelle dell’Istituto, suore di San
Giuseppe di Pinerolo, insieme ai fratelli
Antonio, Arnaldo, Bruno, Giulio e Ilario e le
sorelle Elsa, Silvia e Vittoria, cognati e parenti, affidandola alla bontà di Dio e alla preghiera di quanti l’hanno amata e stimata. Era
nata a Teolo (Padova) il 6 maggio 1933, consacrandosi nelle Suore Giuseppine giovanisSuor Graziana
sima. Molti di noi, nati tra il 1975 e il 1997,
la ricordano con gratitudine soprattutto per la sua attenta e affettuosa
opera di insegnante di scuola materna presso l’Asilo Infantile di Vinovo,
dove ha prestato servizio dal settembre del 1979 all’agosto del 2000.
Sfogliando l’archivio fotografico dell’Asilo la ritroviamo in una foto che
la ritrae sorridente con i suoi piccoli alunni all’inizio del suo primo anno scolastico e, anno dopo anno, lo stesso sorriso ricompare a saluto ed
incoraggiamento per tutti i suoi bambini nelle foto di fine anno.
Qualcuno ricorderà come con lo stesso sorriso e la stessa francescana letizia, che costituivano la sua caratteristica più evidente, Suor
Graziana abbia accolto anche il suo nuovo incarico che, dopo anni di
vita vinovese, la portava ad operare nel Napoletano. Certamente la pazienza e la dolcezza che contraddistinguevano il suo insegnamento sono
stati un punto di riferimento per i genitori che le hanno affidato con
fiducia i figli durante i suoi 21 anni di servizio presso l’Asilo Infantile
di Vinovo. Il suo attaccamento all’Asilo e ai bambini è d’altra parte
confermato dal fatto che sia stata proprio Suor Graziana ad avviare la
“scuola” di ricamo e cucito poi proseguita per parecchi anni presso i
locali dell’Asilo Infantile. Ma non erano soltanto queste le sue occupazioni, dedicando infatti parecchie ore della sua giornata a servizi meno
“apparenti” ma certo non meno importanti: non è infatti possibile dimenticare la sua costante presenza e guida durante i rosari mariani e
quelli per i defunti della Comunità e tutte le visite e le opere caritative
svolte a favore degli ammalati e delle persone sole di Vinovo che certo
ne serberanno, così come tutti coloro che l’hanno conosciuta, un vivo e
caro ricordo.
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L’11 maggio è mancata, all’età di 88 anni,
Druetta Maria, nata a Orbassano il 29 maggio 1926, da una modesta famiglia di operai
Lancia. Era la seconda di 6 fratelli/sorelle;
visse la sua gioventù nella borgata di Tetti
Griffa. Al temine della guerra, nel 1945, conobbe il giovane Peretto Andrea, cittadino
di Vinovo e lo sposò nel 1947. Maria era una
persona di profonda fede e grande lavoratrice. Condusse una vita semplice e riservata,
aiutando il marito in campagna, sbrigando le
faccende domestiche, accudendo i genitori
anziani ed allevando le due figlie: Lucia e
Maria Druetta
ved. Peretto
Domenica. Infine collaborò nella crescita dei
nipoti. Negli ultimi mesi del 2014 si acutizzarono i malanni della vecchiaia, con la perdita progressiva della memoria
e della mobilità. Dopo un breve ricovero nell’ospedale di Carmagnola,
volò verso la Gerusalemme celeste per raccogliere le ricompense del
suo lavoro e della sua bontà. Noi tutti famigliari, amici e conoscenti la
ricordiamo e la ringraziamo per le sue opere con profondo affetto.
Lo scorso 14 maggio è mancata dopo un
periodo di tempo la cui salute era andata
diminuendo, Lucia Cambiano di anni 89.
Era nata in una delle più vecchia famiglie di
Vinovo ed aveva sempre abitato nella casa di
famiglia di via San Desiderio. Si era sposata
con Giovanni Mellano nel 1953. Madre di
due figlie e nonna di 5 nipoti rimase vedova
del caro “Giuanin” nel 1990. Era molto devota della Madonna, specialmente del Santuario
di Forno di Coazze come lo sono i vinovesi
del vecchio ceppo. Di carattere gentile e
riservato, fino allo scorso inverno si poteva
Lucia Cambiano
incontrarla alla S. Messa accompagnata dalla
ved. Mellano
figlia maggiore. Alle due figlie, generi e nipoti
porge sentite condoglianze la redazione de “Il Vinovese”.
La Famija Vinovèisa unitamente alla redazione de “Il Vi­no­vese”
porge le più sentite con­doglianze alle famiglie dei defunti.
MÈ POGIEUL DL’ ARCÒRD
A-i é na canson
ant la memòria
ch’am disìa tante còse,
ch’a j’ero cole dle soe paròle.
Mi i j’era giovo, giovo
e an cola neuit d’istà
ant la cort dle vacanse
un a cantava
“Ti voglio bene assai...”:
e mi i j’era an-namorà.
L’aria a l’era tëbbia
e mi pogià a cola lòbia,
tra le feuje ‘d l’uva bianca,
i guardava anàns ant la scurità
e la cantava an silensi,
an pensand a chila,
tut për mè cont, con sentiment.
Giuseppe Bertola
Torino
Direttore responsabile:
Giovanni Ameglio
Redazione: Gervasio Cambiano, Vera Miletto
Scuero, Mario Bernardi, Maria Grazia Brusco,
Giovanna Franchino, Fabrizio Franzoso,
Michelina Alessiato, Tersilla Sola, Rino Visconti.
Progetto grafico: Giovanni Alessiato
Via G. Cottolengo, 3 - 10048 VINOVO (TO)
Tel. 011 9 623 615
Editore:
Famija Vinovèisa Onlus
Fotocomposizione: Foehn s.n.c.- Torino
Presidente:
Dino Sibona
www.famijavinoveisa.it
e-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Artigiana Vinovese
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Giugno 2015 - famija vinoveisa