Capitolo 1Nozione e fonti del diritto
del lavoro
Sommario1. Il diritto del lavoro. - 2. Le fonti del diritto del lavoro. - 3. La disciplina
del pubblico impiego. - 4. Il sistema delle fonti del pubblico impiego:
legge e contratto. - 5. Interventi di riforma. - 6. Le manovre economiche
2011-2012. - Questionario
1.Il diritto del lavoro
A) Nozione, oggetto e finalità
Il diritto del lavoro è il complesso di norme che disciplinano il rapporto di lavoro e
che tutelano oltre che l’interesse economico, anche la libertà, la dignità e la personalità del lavoratore (DE LUCA TAMAJO).
L’oggetto scientifico della materia è la disciplina dei rapporti di lavoro e della relazione giuridica tra il datore di lavoro ed il lavoratore che è caratterizzata da una peculiarità rispetto alla generalità dei rapporti giuridici: se, infatti, dal punto di vista
giuridico, le parti operano formalmente sullo stesso piano di parità (entrambe, cioè,
sono soggetti liberi ed eguali), dal punto di vista economico, il prestatore di lavoro
viene a trovarsi in una posizione di inferiorità che fa di esso il contraente più debole
(SANTORO-PASSARELLI, MAZZONI, SCOGNAMIGLIO).
La posizione di debolezza del lavoratore discende sia dalla condizione di strutturale disoccupazione che caratterizza il mercato del lavoro (dipendenza economica), sia dal fatto di essere subordinato al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro (subordinazione tecnica).
Le norme del diritto del lavoro hanno, pertanto, la finalità di tutelare il lavoratore,
attenuando gli effetti più deleteri della subordinazione e assicurando, nei rapporti con
il datore di lavoro, il rispetto e la promozione delle condizioni economiche e della sua
libertà e personalità (Mazziotti).
Come si realizza la funzione di garanzia del diritto del lavoro?
Il diritto del lavoro è caratterizzato da una funzione di garanzia nei confronti del lavoratore, che si realizza con
un apparato di norme imperative, cioè inderogabili in senso peggiorativo dalle parti del rapporto e dai soggetti che rappresentano le categorie professionali (vale a dire le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori).
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B) L’evoluzione del diritto del lavoro
Si è soliti assumere come punto di partenza il passaggio dalla scarna disciplina del
codice civile del 1865 (che non prevedeva una disciplina del rapporto di lavoro, ma
solo, agli artt. 1570 e ss., quella della locazione delle opere e dei servizi) alla regolamentazione del rapporto di lavoro in tutti i suoi aspetti.
In un primo momento il legislatore è intervenuto limitatamente agli aspetti del rapporto di lavoro
più gravosi per i lavoratori (tutela del riposo settimanale e festivo e delle cd. mezze-forze: donne
e minori), dando luogo ad «un insieme di norme speciali ed eccezionali rispetto al diritto privato
comune», aventi una chiara finalità protettiva, e che ha caratterizzato la cd. fase della prima legislazione sociale (GHERA).
Negli anni del fascismo il contratto collettivo corporativo concorre allo sviluppo della materia lavoristica in quanto dotato di generale ed inderogabile (dall’autonomia individuale) efficacia.
Con l’entrata in vigore del codice civile del 1942 si ha una sistemazione organica
della materia del lavoro, cui è dedicata una disciplina ben distinta da quella concernente i contratti in genere.
La disciplina del lavoro è ricompresa unitamente a quella dell’impresa e delle società,
nel Libro V (in particolare, i primi quattro titoli: artt. 2060-2246).
Ma il momento più importante coincide con la Costituzione repubblicana, approvata il 22-12-1947 ed entrata in vigore il 1°-1-1948, che alla visione corporativistica
dello stato fascista (cui è ispirato il codice civile del 1942) sostituisce quella democratica e sociale, fondando la Repubblica sul lavoro (art. 1 Cost.).
Inizia così, una nuova stagione del diritto del lavoro interpretato e orientato alla luce
dei principi costituzionali che segnano i limiti e le direttive entro cui il conflitto tra gli
opposti interessi della produzione e dei lavoratori devono trovare soluzione.
C) Partizioni
Le norme di diritto del lavoro vengono tradizionalmente ripartite in:
a) diritto del lavoro in senso stretto (o diritto privato del lavoro), comprendente la
materia oggetto del contratto e del rapporto di lavoro;
b) diritto sindacale, che disciplina le associazioni professionali, i rapporti sindacali,
la contrattazione collettiva, lo sciopero etc.;
c) legislazione sociale (o diritto pubblico del lavoro), comprendente le norme che
regolano i rapporti tra lo Stato e i datori e prestatori di lavoro (cd. disciplina amministrativa del lavoro) e le norme in materia di previdenza e assistenza sociale.
È appena il caso di osservare che il diritto sindacale e la legislazione sociale hanno oggigiorno
assunto una tale vastità, importanza e complessità, da giustificarne un certo grado di autonomia
didattica e scientifica.
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2.Le fonti del diritto del lavoro
A) Le fonti di diritto internazionale e sovranazionali
Sono molteplici, aggregabili in tre partizioni:
a) trattati internazionali;
b) convenzioni dell’O.I.L. (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro) nata nel 1917
per assicurare standard di tutela dei lavoratori subordinati;
c) norme dell’Unione Europea (UE).
Le prime due sono fonti indirette in quanto devono essere ratificate con leggi dello
Stato per entrare a far parte dell’ordinamento giuridico italiano ed essere quindi efficaci e vincolanti.
Rispetto al diritto internazionale, maggiormente evidente è l’influenza esercitata in campo lavoristico
dal diritto comunitario che ricomprende sia il Trattato istitutivo della Comunità Economia Europea
(CEE), ora Unione Europea (UE), sia gli accordi della Comunità con Stati terzi (cd. diritto comunitario originario), sia gli atti che promanano dalle istituzioni comunitarie (cd. diritto comunitario derivato).
Il 1°-12-2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona, che modifica, senza sostituirli, il Trattato istitutivo della Comunità Europea (25-3-1957), che assume la nuova
denominazione di «Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea» (TFUE), e il
Trattato sull’Unione Europea (7-2-1992).
Particolare attenzione meritano le fonti del diritto comunitario derivato (TUE).
Il regolamento è un provvedimento normativo di portata generale (si rivolge a Stati membri,
persone fisiche e giuridiche), obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile
senza che sia necessario un atto interno di ricezione o adattamento.
La direttiva rappresenta un indirizzo comunitario vincolante per gli Stati membri, i quali, però,
sono liberi di scegliere il concreto modo di attuazione.
Le direttive devono essere recepite con un atto interno (legge, decreto legislativo, decreto legge,
atto amministrativo).
La decisione è un atto obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile per i destinatari da essa designati.
B) La Costituzione
La Costituzione dedica alla materia del lavoro sia i principi generali (artt. 1, 3, 4) che
l’intero Titolo III della Parte I (rapporti economici).
In particolare:
— l’art. 35: riguarda la tutela del lavoro, la formazione e l’elevazione professionale
dei lavoratori, con particolare riferimento alle condizioni del mercato del lavoro,
interno ed internazionale;
— l’art. 36: definisce i criteri di determinazione della retribuzione. Lo stesso articolo contiene una disposizione programmatica sulla durata della giornata lavorativa
(riserva alla legge la fissazione della sua durata massima) e stabilisce l’inderogabilità del riposo settimanale e delle ferie annuali;
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— l’art. 37: garantisce alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le
stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Il principio della «parità» è esteso,
nell’ultimo comma, anche al lavoro dei minori;
— l’art. 38: sancendo il diritto del lavoratore ad adeguate forme di previdenza ed
assistenza sociale ha inteso garantire il lavoratore (e, in una visione più ampia,
l’individuo in genere) da quei rischi che possono incidere sulla sua capacità lavorativa e sui suoi bisogni;
— gli artt. 39-40: tutelano l’attività sindacale e riconoscono il diritto di sciopero.
Numerose sono, poi, le disposizioni costituzionali che si riferiscono, indirettamente,
al rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni. A tale riguardo si osserva, infatti, che non vi è alcuna norma di rango costituzionale che si
occupi specificatamente del rapporto di pubblico impiego, anche se vi sono principi di
carattere generale nonché riferimenti a figure specifiche, quali funzionari (artt. 28 e
29), impiegati (art. 98) e dipendenti pubblici (art. 28).
Tra le prescrizioni che assumono rilevanza per il pubblico impiego ricordiamo:
— la riserva di legge in materia di organizzazione. L’art. 97 Cost. precisa che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge e che nell’ordinamento
di questi sono fissati le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari;
— i principi di imparzialità e di buon andamento. Il principio d’imparzialità, sancito
dagli artt. 97 e 3 Cost., afferma l’obbligo della P.A. di svolgere la propria attività
nel rispetto di esigenze generali di giustizia, assumendo una posizione di equa
terzietà, non ponendo in essere atti di discriminazione e comportandosi correttamente nei rapporti diretti con chiunque.
Il principio di buon andamento indica l’obbligo per i funzionari amministrativi e
per tutti gli agenti dell’amministrazione di svolgere la propria attività secondo
modalità idonee e opportune al fine di garantire l’efficacia, l’efficienza, la speditezza e l’economicità dell’azione amministrativa con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli;
— i principi relativi all’accesso ai pubblici impieghi. L’art. 97, co. 3 Cost. prevede che
agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
Vi è, ancora, una serie di norme relative allo svolgimento del rapporto di pubblico impiego:
a) in base all’art. 98, co. 1 Cost., i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione;
b) per alcune categorie di dipendenti pubblici (magistrati, militari di carriera in servizio attivo, i funzionari e agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero) la legge può anche
stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici (art. 98, co. 3 Cost.);
c) i cittadini che ricoprono funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed
onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge (art. 54, co. 2 Cost.);
d) i funzionari e i dipendenti pubblici assumono anche una responsabilità diretta, civile, penale
e amministrativa, per gli atti compiuti in violazione di diritti (art. 28 Cost.);
e) chi ricopre cariche elettive (art. 51, co. 3 Cost.) o adempie il servizio militare (art. 52, co. 2
Cost.) o il sostitutivo civile ha diritto di conservare il proprio posto e, nel primo caso, di disporre del tempo necessario per adempiere il mandato.
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C) Le altre fonti di diritto statuale
Vi rientrano il codice civile, che contiene la nozione di lavoratore subordinato (art.
2094 c.c.) e dedica al lavoro il Libro V, e la legislazione ordinaria nella materia specifica, comprendente le leggi e gli altri atti aventi forza di legge, nonché i regolamenti di attuazione e di esecuzione dei suddetti atti.
Tra i provvedimenti più importanti ricordiamo:
— la L. 15-7-1966, n. 604 (modificata e integrata dalla L. 11-5-1990, n. 108) sui licenziamenti individuali;
— la L. 20-5-1970, n. 300, nota come «Statuto dei lavoratori»;
— la L. 9-12-1977, n. 903 sulla parità tra uomo e donna in materia di lavoro;
— la L. 24-6-1997, n. 196, in materia di promozione dell’occupazione (cd. pacchetto Treu);
— il D.Lgs. 23-12-1997, n. 469 di riforma del collocamento;
— il D.Lgs. 25-2-2000, n. 61 di attuazione della dir. 97/81/CE sul lavoro a tempo parziale;
— il D.Lgs. 26-3-2001, n. 151, Testo Unico per il sostegno della maternità e della paternità;
— il D.Lgs. 6-9-2001, n. 368 sul rapporto a tempo determinato;
— il D.Lgs. 8-4-2003, n. 66 in materia di orario di lavoro;
— il D.Lgs. 10-9-2003, n. 276 di riforma del mercato del lavoro;
— il D.Lgs. 23-4-2004, n. 124 per il riassetto della disciplina relativa alla vigilanza in materia di
lavoro;
— la L. 24-12-2007, n. 247 di attuazione del Protocollo welfare del 23-7-2007;
— il D.Lgs. 9-4-2008, n. 81 noto come Testo Unico della sicurezza sul lavoro.
Per quanto concerne, infine, il rapporto di lavoro pubblico bisogna ricordare il D.Lgs. 30-3-2001,
n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche.
D)Le fonti regionali
La competenza legislativa delle Regioni ad autonomia ordinaria è stata per molto
tempo limitata nell’ambito del lavoro, riguardando l’istruzione professionale e l’assistenza sanitaria e ospedaliera.
Solo a seguito del D.Lgs. 23-12-1997, n. 469, le competenze regionali hanno abbracciato appieno la materia del collocamento e delle politiche del lavoro.
Con la modifica integrale del titolo V della parte seconda della Costituzione, dedicato
appunto a Regioni, Province e Comuni, ad opera della L. cost. 3/2001, si è provveduto ad
una nuova suddivisione della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni (art. 117 Cost.).
La norma individua settori in cui lo Stato legifera in modo esclusivo, riservando a sé ben 17 materie, settori in cui le Regioni hanno potestà legislativa concorrente con lo Stato (sono tenute a
legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della Repubblica) e settori in cui esiste una potestà
legislativa esclusiva delle Regioni, senza interferenze da parte delle autorità statali.
Con specifico riferimento alle competenze in materia di lavoro e previdenza sociale,
attengono:
— alla competenza esclusiva dello Stato, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale, la previdenza sociale e l’ordinamento civile;
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— alla competenza concorrente delle Regioni, la tutela e sicurezza del lavoro, la
tutela della salute e la previdenza complementare e integrativa;
— alla competenza esclusiva delle Regioni, le materie non riservate alla legge statale
e alla legislazione regionale concorrente, compreso il potere di dare attuazione ed
esecuzione agli atti dell’Unione Europea.
La disciplina del rapporto di lavoro non rientra nell’ambito della «tutela e sicurezza del lavoro» di
competenza regionale ai sensi dell’art. 117, co. 3, Cost., ma attiene all’ordinamento civile di esclusiva competenza statale (Corte cost. sent. 28-1-2005, n. 50).
Il campo della tutela del lavoro, definito con una espressione di ampia interpretazione, deve ritenersi non comprensivo di tutta la disciplina del lavoro, bensì limitato alla disciplina degli aspetti
gestionali del mercato del lavoro, quali la mediazione tra domanda e offerta di lavoro e gli interventi per favorire l’occupazione e il reimpiego dei lavoratori (Corte cost. sent. 14-10-2005, n. 385).
E) Le fonti sindacali (o contrattuali collettive)
I contratti stipulati tra le associazioni rappresentanti i lavoratori e quelle dei datori di
lavoro (a volte singoli datori di lavoro) disciplinano il trattamento economico e normativo del personale dipendente di una determinata categoria professionale (es. metalmeccanici, industria etc.). La funzione ausiliaria della legge (art. 2099 c.c.), svolta
sia in ambito privato che pubblico dalla contrattazione collettiva, è più ampiamente
esaminata nel succ. Cap. 3 cui si rinvia.
Che ruolo svolge il contratto individuale tra le fonti del diritto del lavoro?
Il contratto individuale, espressione dell’autonomia delle parti del contratto, datore e lavoratore, nella determinazione dei vari aspetti del rapporto di lavoro, ha tradizionalmente svolto un ruolo marginale rispetto alla
legge e al contratto collettivo e ciò per limitare la possibilità del datore di definire, facendo leva sulla posizione di inferiorità negoziale e sociale del lavoratore, un contenuto negoziale sfavorevole a quest’ultimo.
Da ciò deriva l’assoggettamento dell’autonomia individuale a quella collettiva ed il fatto che, una volta
che le parti abbiano scelto di dar vita ad un rapporto di lavoro subordinato, non possono autonomamente
decidere di disapplicare la disciplina imperativa prevista dalla legge (diritto del lavoratore alle ferie, alla
retribuzione proporzionata e sufficiente etc.). Pertanto la disciplina del rapporto di lavoro derivante dalle
disposizioni della legge e del contratto collettivo è inderogabile, salvo che per condizioni di maggior favore verso il lavoratore.
F) La consuetudine
Consiste nella ripetizione costante e uniforme di una determinata condotta, con la
convinzione della sua giuridica necessità (cd. uso normativo), nel diritto privato comune opera solo in assenza di regola legislativa (praeter legem) o su suo espresso
rinvio (secundum legem).
Nel diritto del lavoro, la consuetudine è regolata dall’art. 2078 c.c., che, da un lato,
prevede l’applicabilità dell’uso solo in assenza di disposizioni di legge o contrattuali
(collettive), dall’altro, stabilisce che gli usi più favorevoli al prestatore di lavoro
prevalgono sulle norme dispositive di legge (ma mai sui contratti individuali di lavoro).
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G)Le regole interpretative
Il favore per il lavoratore subordinato (principio del favor prestatoris) è un principio
che informa l’intero ordinamento giuridico: con tale locuzione si indica la particolare
tutela, che nel contratto individuale di lavoro, viene accordata al contraente più debole,
e cioè al prestatore, come conseguenza della necessità di riequilibrare il diverso peso
contrattuale delle parti.
Il principio è affermato in tutta una serie di disposizioni: basti pensare al principio della invalidità
delle rinunce e transazioni stipulate durante il rapporto di lavoro (art. 2113 c.c.) e alla possibilità di
derogare le norme imperative di legge con altre che risultino più favorevoli al prestatore di lavoro.
L’equità, criterio interpretativo e metodo di giudizio della giustizia del caso concreto,
è richiamata dagli artt. 2109 c.c. (ferie annuali), 2110 c.c. (retribuzione e indennità per
infortunio, malattia, gravidanza e puerperio), 2118 c.c. (preavviso).
3.La disciplina del pubblico impiego
Il rapporto di impiego pubblico può essere delineato come quel rapporto di lavoro per
cui una persona fisica pone, volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività,
in via continuativa, alle dipendenze di una P.A.
La disciplina del pubblico impiego è stata assoggettata, negli anni, ad un complesso
ed articolato iter di riforme, che, a loro volta, devono essere collocate nel più vasto
disegno di innovazione dell’apparato pubblico nel suo complesso.
A partire dalla fine degli anni Ottanta, infatti, la P.A. italiana è stata teatro di importanti cambiamenti, nell’ottica del superamento delle problematiche di lentezza ed
inefficienza burocratica che erano venute a crearsi parallelamente a situazioni di insoddisfazione dei cittadini; innovazioni, queste, finalizzate ad una progressiva crescita degli standard qualitativi delle prestazioni lavorative nonché ad un miglioramento
del funzionamento della P.A., sulla base dei criteri di ­­modernizzazione, efficienza e
trasparenza.
Dalla costituzione dello Stato unitario, il rapporto di pubblico impiego è stato oggetto
di una disciplina rigorosamente unilaterale, scandita da atti di natura legislativa o regolamentare, in seno alla quale non è mai stato riconosciuto rilievo alcuno alla fonte
contrattuale.
In particolare, la disciplina del rapporto di impiego era contenuta nel R.D. 11 novembre 1923, n.
2395 (ordinamento gerarchico) e nel R.D. 30 ottobre 1923, n. 2960 (stato giuridico).
Un primo passo verso la parificazione è stato rappresentato dal Testo Unico impiegati civili dello Stato, contenuto nel D.P.R. n. 3 del 1957, nel quale era regolamentata
la distinzione delle carriere lavorative (direttiva, di concetto, esecutiva e ausiliaria) e
la disciplina delle funzioni inerenti le qualifiche medesime. Tale Testo Unico, insieme
al D.P.R. 748 del 1972 istitutivo della dirigenza pubblica, rimase la disciplina di riferimento fino alla emanazione della legge quadro sul pubblico impiego, n. 93 del 1983.
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Tuttavia, nonostante l’enunciazione della volontà di colmare le distanze tra lavoro
pubblico e lavoro privato, la normativa relativa all’impiego pubblico rimaneva profondamente differenziata rispetto a quella del lavoro privato; soprattutto a seguito della
emanazione dello Statuto dei Lavoratori emersero i vuoti di tutela che presentava la
condizione giuridica ed economica del pubblico dipendente rispetto al lavoratore privato.
È in tale prospettiva che si colloca il D.Lgs. n. 29 del 3 febbraio 1993, con cui
viene suggellato il faticoso percorso di riavvicinamento tra lavoro pubblico e privato e sancita la privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A.:
la disciplina dei pubblici impiegati viene assoggettata, salvo poche eccezioni soggettive ed oggettive, alla disciplina del lavoro privato, e, di conseguenza, alla
contrattazione collettiva, e la relativa tutela viene spostata dinanzi al giudice ordinario.
In questa fase viene delineandosi la distinzione tra organizzazione amministrativa e regolazione e
gestione del rapporto di lavoro: mentre la prima continua ad essere disciplinata in regime di diritto
pubblico, la seconda, cioè la gestione dei rapporti di lavoro in quanto tali, viene rimessa alla regolamentazione di diritto comune, alle norme del codice civile e ai contratti collettivi negoziati con le
organizzazioni sindacali, al pari di quanto accade nelle imprese private.
Il processo di riforma ha subito una importante accelerazione sia attraverso l’emanazione dei primi contratti collettivi quadriennali, destinati a rappresentare il momento del definitivo passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina del lavoro pubblico, negli anni 1994 e 1995, sia grazie al D.Lgs. 80 del 1998, con cui viene meglio
delineata la separazione delle fonti pubblicistiche e privatistiche di disciplina
delle macro-aree del pubblico impiego, marcata la devoluzione del relativo contenzioso al giudice ordinario (G.O.) ed estesa la privatizzazione anche ai dirigenti generali di categoria, che in una prima fase ne erano stati esclusi. Si tratta della cd. seconda privatizzazione del pubblico impiego. L’area riservata al diritto comune viene,
infatti, ampliata e il contratto collettivo diventa la fonte privilegiata della disciplina
del rapporto di lavoro, capace di disapplicare le stesse disposizioni di legge e di regolamento o statuto.
L’emanazione di numerosi interventi normativi in materia ha fatto poi sorgere l’esigenza del coordinamento tra le stesse; a questo fine è stato emanato il D.Lgs. 165/2001
(cd. Testo Unico del pubblico impiego) che domina l’attuale panorama normativo,
recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, successivamente integrato, soprattutto con riferimento alla
dirigenza e alla vicedirigenza, dalla L. 145/2002.
Tale decreto contiene la disciplina dell’organizzazione degli uffici e dei rapporti di
lavoro pubblico, del procedimento di contrattazione collettiva, della mobilità, dell’utilizzo delle forme di lavoro flessibile alle dipendenze della P.A., nonché norme in tema
di giurisdizione.
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Quali sono le finalità della privatizzazione dell’impiego alle dipendenze della P.A.?
L’art. 1 del D.Lgs. 165/2001 chiarisce l’ambito di applicazione della normativa in esame (per amministrazione pubblica si intende «ogni amministrazione dello Stato») ed enuncia le finalità della privatizzazione:
— accrescere l’efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi
dei Paesi dell’Unione europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;
— razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta
e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
— realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle Pubbliche Amministrazioni, assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, applicando condizioni uniformi rispetto
a quelle del lavoro privato e garantendo le pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori nonché l’assenza di qualunque altra forma di discriminazione o di violenza morale o psichica.
4.Il sistema delle fonti del pubblico impiego: legge e contratto
In virtù del secondo comma dell’art. 2 del D.Lgs. 165/2001 — i rapporti di lavoro
dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni
del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel
decreto — il pubblico impiego è assoggettato, tendenzialmente, alla medesima regolamentazione privatistica.
Il D.Lgs. 150/2009 (Riforma Brunetta, su cui amplius infra) ha aggiunto che:
— le speciali disposizioni del D.Lgs. 165/2001, che modellano i tratti specifici del
rapporto dei pubblici dipendenti, rappresentano «disposizioni a carattere imperativo»;
— nell’ipotesi di nullità delle disposizioni contrattuali per violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla contrattazione collettiva, si applicano gli artt. 1339 e
1419, comma 2, c.c., secondo il meccanismo della sostituzione automatica delle
clausole difformi e della conservazione del contratto affetto da nullità parziale.
L’art. 1 della L. 15/2009 era precedentemente intervenuto a modificare il rapporto
tra norme speciali, destinate ai pubblici dipendenti, e contratto collettivo, disponendo che «eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti
delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da
successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge». Il previgente dettato, invece, consentiva ai contratti collettivi successivi di derogare alla
speciale normativa intervenuta, azzerandola, a meno che la legge stessa non la
autodefinisse insuscettibile di modifica da parte del contratto collettivo. La forza di
deroga affidata al contratto collettivo era finalizzata ad evitare che la legge (e le
altre fonti unilaterali) si riappropriasse stabilmente di ambiti riservati alla contrattazione medesima.
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Oggi è, viceversa, l’inderogabilità della legge ad essere presunta, senza alcuna necessità di una sua menzione espressa, mentre la derogabilità da parte del successivo
contratto collettivo deve essere dichiarata. Ciò consente più facilmente la rilegificazione di intere materie e/o ambiti.
Rimane, peraltro, salvo il valore «rafforzato» del contratto collettivo rispetto alle disposizioni di
legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti dai
contratti stessi. La modificazione prevista dalla L.15/2009 riguarda, infatti, solo i trattamenti normativi, non incidendo sulla disapplicazione «automatica» delle disposizioni speciali in materia
retributiva, ex comma 3 dell’art. 2 del D.Lgs. 165/2001. Queste ultime «cessano di avere efficacia
a far data dall’entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale», mentre «i trattamenti economici
più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti
collettivi».
Per una analitica trattazione della contrattazione collettiva nel lavoro pubblico, si
rinvia al successivo Cap. 3.
5.Interventi di riforma
A) Tendenze attuali
Le trasformazioni economiche e tecnologiche di questi anni hanno determinato la
necessità di una disciplina diversificata e non più rigida del rapporto di lavoro.
Accanto al tradizionale lavoro subordinato si sono diffuse altre tipologie contrattuali: il
lavoro parasubordinato, il lavoro cooperativo, il lavoro associato; inoltre sono state
introdotte nella regolamentazione del lavoro subordinato forme di deregolamentazione
o di flessibilità controllata (DE LUCA TAMAJO), caratterizzate dalla tecnica di rinviare alla contrattazione collettiva la determinazione di una disciplina flessibile. Ancora,
profonde innovazioni sono intervenute nel contesto del lavoro alle dipendenze della P.A.
B) La riforma del mercato del lavoro (D.Lgs. 276/2003)
Un’importante riforma sulla disciplina del mercato del lavoro e delle tipologie contrattuali cd. speciali, si è avuta, in attuazione della L. 14-2-2003, n. 30, con il D.Lgs. 109-2003, n. 276 che si caratterizza soprattutto per aver:
1) completato il processo di privatizzazione dell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro mediante la rimozione dei numerosi vincoli alla operatività dei
collocatori privati;
2) revisionato i compiti degli uffici pubblici per l’impiego la cui attività è orientata
sempre più in termini di servizi da offrire sul mercato ad imprese e lavoratori, in
particolare a quelli svantaggiati;
3) riformato i contratti di lavoro a contenuto formativo;
4) promosso il lavoro a tempo parziale mediante la rimozione di alcune regole ritenute troppo rigide e introdotto nuove tipologie contrattuali ad orario modulato o
flessibile, quali il lavoro intermittente e il lavoro ripartito (cd. a coppia);
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5) introdotto il contratto di lavoro a progetto per inquadrare le collaborazioni coordinate e continuative;
6) introdotto la certificazione della volontà delle parti per la definizione del testo
contrattuale, con l’intento, da un lato, di dare certezza in ordine alla qualificazione
giuridica del rapporto di lavoro;
7) generalizzato la fornitura di manodopera da agenzie abilitate ad imprese utilizzatrici (ex lavoro interinale, trasformato in somministrazione di lavoro, a tempo determinato o indeterminato).
C) La riforma in materia di «previdenza, lavoro e competitività» (L. 247/2007)
Dopo pochi anni, è emersa nuovamente l’esigenza di riformare e ridisciplinare taluni
istituti contrattuali, che si è inteso soddisfare con il Protocollo su previdenza, lavoro
e competitività (23-7-2007) poi trasposto nella L. 24-12-2007, n. 247.
Con specifico riguardo al mercato del lavoro, la legge ha previsto:
— integrazioni e modifiche alle disposizioni del D.Lgs. 276/2003 concernenti i servizi pubblici per l’impiego nell’ottica del loro potenziamento;
— il riordino dell’apprendistato e correzioni alla disciplina sul lavoro a termine;
— modifiche al lavoro a tempo parziale;
— l’abrogazione delle norme del D.Lgs. 276/2003 concernenti il lavoro a chiamata
ed il contratto commerciale di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato
(poi ripristinato).
D)Il Testo Unico della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008)
Di estrema importanza è stata l’emanazione, in attuazione della legge delega n.
123/2007, del D.Lgs. 9-4-2008, n. 81 che coordina, in un unico testo legislativo, gran
parte delle disposizioni che regolavano la materia della sicurezza nei luoghi di lavoro
ed opera un’ampia riforma finalizzata ad accrescere il livello di tutela dei lavoratori.
Le disposizioni del D.Lgs. 165/2001 si applicano a tutti i settori di attività, privati
e pubblici, nonché a tutte le tipologie di rischio
E) La riforma del lavoro privato e pubblico nella manovra economica 2008 (D.L. 112/2008,
conv. in L. 133/2008)
Nel D.L. 25-6-2008, n. 112, conv. in L. 6-8-2008, n. 133 (detta anche manovra d’estate del 2008) è stato predisposto un insieme di misure (cd. pacchetto lavoro) con
l’obiettivo di «incoraggiare la maggiore propensione delle imprese ad assumere», realizzando una semplificazione dei rapporti di lavoro tale da determinare effetti positivi in termini di crescita economica e sociale (art. 1, lett. b).
I punti principali del provvedimento concernenti il lavoro privato riguardano:
— il lavoro a tempo determinato e principalmente le possibilità di deroga riconosciute alla contrattazione collettiva;
16

Capitolo 1
— il lavoro accessorio, disciplinato per la prima volta dal D.Lgs. 276/2003, che viene
esteso alla generalità dei lavoratori;
— l’apprendistato professionalizzante e per l’alta formazione;
— l’orario di lavoro ed in particolare il lavoro notturno ed il riposo giornaliero e
settimanale;
— il lavoro intermittente, che viene ripristinato dopo l’abrogazione operata dalla L.
247/2007;
— l’istituzione del libro unico del lavoro, in sostituzione dei tradizionali libri obbligatori aziendali (di matricola e di paga).
Tra le numerose novità in materia di pubblico impiego apportate dal provvedimento,
sono rilevanti quelle in materia di:
— collaborazioni e consulenze nella P.A.
L’art. 46 del D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008, rivedendo l’art. 7 del D.Lgs. 165/2001, introduce delle limitazioni all’utilizzo di incarichi esterni presso le amministrazioni;
— reclutamento ordinario e lavoro flessibile.
La regola generale per cui la P.A. assume solo attraverso contratti di lavoro a tempo indeterminato subisce una deroga mediante la reintroduzione della possibilità di ricorrere a forme
contrattuali flessibili (contratti di lavoro a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro,
somministrazione di lavoro e altri rapporti formativi) al fine di fronteggiare esigenze eccezionali e temporanee, che devono essere individuate dalle amministrazioni stesse;
— controlli su incompatibilità e cumulo di impieghi e incarichi.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri — Dipartimento della Funzione pubblica può disporre
verifiche sul rispetto della disciplina delle incompatibilità, per il tramite dell’Ispettorato per la
funzione pubblica;
— certificazione dei contratti collettivi integrativi.
Le amministrazioni sono obbligate a trasmettere alla Corte dei conti specifiche informazioni
sulla contrattazione integrativa, certificate dagli organi di controllo interno, per accertare il rispetto dei vincoli finanziari;
— eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali.
In tale prospettiva di razionalizzazione, la citata normativa ha soppresso, tra gli altri, l’Alto
Commissario per la prevenzione ed il contrasto alla corruzione e alle altre forma di illecito
nella P.A.; a seguito di tale soppressione, il Dipartimento della Funzione pubblica ha istituito
il Servizio Anticorruzione e Trasparenza (S.A.@T.).
F) Dalla cd. legge delega Brunetta (L. 15/2009) al Piano Industriale della P.A. (L. 69/2009)
Sulla disciplina del pubblico impiego è intervenuta anche la L. 4-3-2009, n. 15: si
tratta della cd. legge delega per la produttività nel pubblico impiego (definita spesso, nel linguaggio comune, anche «legge antifannulloni», messa a punto dal Ministro
per la Pubblica Amministrazione e l’innovazione Brunetta).
Nozione e fonti del diritto del lavoro
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Gli ambiti di intervento dell’esecutivo riguardano, in particolare:
— la contrattazione collettiva ed integrativa e la funzionalità delle amministrazioni
pubbliche, soprattutto riguardo alla esigenza di riordino delle procedure della contrattazione medesima, anche in coerenza con il settore privato;
— i meccanismi di valutazione delle strutture e del personale delle Pubbliche Amministrazioni, nonchè il principio di trasparenza, con particolare riferimento alla
accessibilità delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione delle
amministrazioni stesse;
— l’introduzione, nell’ambito dell’organizzazione della P.A., di strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità
della prestazione lavorativa;
— la materia della dirigenza pubblica, soprattutto in relazione ad una maggiore responsabilizzazione ed autonomia dei dirigenti, nel più ampio contesto del rafforzamento della distinzione tra attività di indirizzo e controllo e funzioni di gestione
amministrativa;
— la responsabilità dei dipendenti pubblici e, in particolare, il sistema delle sanzioni
disciplinari.
La successiva L. 18-6-2009, n. 69 (recante, tra l’altro, disposizioni per lo sviluppo
economico, la competitività e la semplificazione) si pone nel solco già delineato dalla
manovra 2008, da un lato, e dalla cd. legge anti-fannulloni, dall’altro.
Il Capo III della citata legge, in particolare, è integralmente dedicato al Piano Industriale della Pubblica Amministrazione.
Tra i profili che più strettamente interessano la disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, bisogna citare, in particolare:
— l’obbligo per le amministrazioni di pubblicare nel proprio sito internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica e i numeri telefonici ad uso professionale dei dirigenti e dei
segretari comunali e provinciali nonché di rendere pubblici, con lo stesso mezzo, i tassi di assenza e di
maggiore presenza del personale distinti per uffici di livello dirigenziale (art. 21);
— l’autorizzazione, per la P.A., nonché per gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del
bilancio dello Stato, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato
i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di
gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica (art. 22);
— la diffusione delle buone prassi nelle Pubbliche Amministrazioni e la definizione dei tempi per l’adozione dei provvedimenti o per l’erogazione dei servizi al pubblico (questi, a loro volta, costituiscono
anche elementi di valutazione del personale dirigenziale) (art. 23).
G)La cd. Riforma Brunetta del pubblico impiego (D.Lgs. 150/2009)
Sulla scorta della legge delega n. 15 del 2009 è stato approvato il D.Lgs. 27-10-2009,
n. 150, recante «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività nel pubblico impiego»; si tratta di una riforma destinata a rivoluzionare il funzionamento dell’amministrazione italiana, soprattutto nell’ottica
dell’aumento di produttività del lavoro pubblico nonché di una migliore organizzazione del lavoro sulla base dei principi di efficienza e trasparenza.
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
Capitolo 1
I punti salienti di tale riforma riguardano:
— il principio di trasparenza e la valutazione della performance lavorativa.
La trasparenza è una parola-chiave della riforma: essa è intesa quale accessibilità totale
delle informazioni sull’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni. L’altro profilo portante della riforma riguarda l’attribuzione selettiva degli incentivi economici e di
carriera, al fine di premiare i dipendenti capaci e meritevoli. In questa prospettiva si colloca il
cd. ciclo di gestione della performance: si tratta di un sistema diviso in varie fasi, tra cui
occorre citare la definizione degli obiettivi da raggiungere, il monitoraggio della performance,
individuale ed organizzativa, la rendicontazione dei risultati raggiunti, spettante agli organi di
indirizzo politico-amministrativo nonché ai competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti
interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi;
— la valorizzazione del merito e gli strumenti di premialità.
Il Titolo III del provvedimento reca strumenti di valutazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa, sulla base dei
principi di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera nonché nel riconoscimento degli incentivi;
— le innovazioni in materia di dirigenza e di contrattazione collettiva.
Nel Titolo IV del D.Lgs. 150/2009 sono contenute nuove norme sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, che, a loro volta, incidono su determinate disposizioni del D.Lgs. 165/2001 modificandole e/o sostituendole.
Gli ambiti maggiormente toccati dalla riforma riguardano la disciplina della dirigenza nonchè
della contrattazione collettiva;
— le sanzioni disciplinari e le responsabilità dei pubblici dipendenti.
Gli artt. 67 e seguenti del D.Lgs. 150/2009 attuano le misure della L. 15/2009 sulla disciplina
delle sanzioni disciplinari e del sistema di responsabilità dei dipendenti pubblici, soprattutto
in vista della lotta all’assenteismo e alla scarsa produttività.
I soggetti coinvolti nel ciclo di gestione della performance previsti dalla
Riforma Brunetta
Tali soggetti sono:
— la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni
pubbliche, avente il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio delle
funzioni di valutazione;
— l’Organismo indipendente di valutazione della performance, con il compito di monitorare il funzionamento complessivo dei meccanismi di valutazione nonché di sostituire i
servizi di controllo interno;
— l’organo di indirizzo politico-amministrativo, che promuove la cultura della responsabilità per il miglioramento della performance;
— i dirigenti, chiamati a valutare i dipendenti.
H)Gli interventi straordinari anticrisi
L’aggravarsi della fase di crisi economica ha indotto il Governo a varare, a partire
dalla fine del 2008, in via transitoria e fino alla riforma degli ammortizzatori sociali,
Nozione e fonti del diritto del lavoro
 19
un pacchetto di importanti misure per contrastare le pesanti conseguenze in campo
produttivo, sociale e occupazionale. Una proroga di tali misure a tutto il 2012 è stata
prevista, da ultimo, dalla legge di stabilità 2012 (L. 12-11-2011, n. 183).
L’intervento è stato attuato, dapprima con il D.L. 185/2008 conv. in L. 2/2009, poi con il D.L. 5/2009
conv. in L. 33/2009 e con il D.L. 78/2009 conv. in L. 102/2009, fino alla L. 191/2009 e alla legge di
stabilità 2011 (L. 13-12-2010, n. 220).
Tali provvedimenti, da un lato, hanno determinato il potenziamento e l’estensione
degli strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione, nell’ottica di fornire una forma di sostegno del reddito anche a categorie di lavoratori escluse dalle tradizionali coperture previdenziali e, dall’altro, hanno introdotto degli incentivi per favorire la ricollocazione al lavoro dei soggetti sospesi o licenziati.
I) Le modifiche in materia di lavoro pubblico nella cd. manovra finanziaria d’estate 2010
(D.L. 78/2010 conv. in L. 122/2010)
Il D.L. 31-5-2010, n. 78, conv. con modif. in L. 30-7-2010, n. 122, cd. manovra finanziaria d’estate 2010, contiene una serie di misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Stringenti, tra l’altro, i vincoli recati
dalla manovra in questione alle spese nell’ambito del pubblico impiego nonché del
settore pubblico considerato nel suo complesso.
Tra le suddette misure occorre citare:
— l’imposizione di uno specifico tetto al trattamento economico destinato, nel triennio 2011/2013,
sia a dipendenti che a dirigenti, che non potrà superare quello ordinariamente spettante nel
2010;
— la previsione del blocco della contrattazione collettiva dal 2010 al 2012, per tutti i dipendenti,
contrattualizzati e non;
— l’abrogazione del vincolo introdotto dal D.Lgs. 150/2009 sulla revoca e mancata conferma
degli incarichi dirigenziali;
— il blocco delle progressioni automatiche previste per i dipendenti, e la previsione che le progressioni di carriera produrranno effetto solo da un punto di vista giuridico e non economico;
— i limiti alle attività di formazione: quelle, infatti, intraprese dal 2011 in poi non possono superare le attività del 2009 e devono essere effettuate prioritariamente attraverso la Scuola superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA).
Stretta anche sugli incarichi di consulenza, studio e ricerca: dal 2011 la relativa spesa non può
superare quella sostenuta nell’anno 2009; la violazione di tale previsione configura illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.
L) Gli interventi in materia di lavoro privato e pubblico della L. 183/2010 (cd. collegato
lavoro)
Con la L. 4-11-2010, n. 183 (cd. collegato lavoro) è stata predisposta un’importante
riforma della disciplina del lavoro, notevole sia per la quantità delle modifiche sia
per la rilevanza delle stesse.
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
Capitolo 1
Il cd. collegato tocca aspetti, quali, tra l’altro, i congedi, le aspettative e i permessi di
cui possono usufruire i lavoratori in determinate circostanze, gli ammortizzatori sociali, i servizi per l’impiego, gli incentivi all’occupazione, l’apprendistato, l’occupazione femminile, nonché le misure contro il lavoro sommerso.
Il provvedimento interviene, inoltre, in materia di controversie di lavoro introducendo
importanti modifiche alla disciplina prevista dal codice di procedura civile (art. 409
ss.) per lo svolgimento del processo del lavoro, portando a compimento un articolato
sistema di procedure conciliative e di arbitrato.
Per quanto concerne, poi, le specifiche misure in tema di pubblico impiego tra i principali punti incisi dalla nuova normativa, occorre ricordare: le concrete misure per garantire le pari opportunità e l’assenza di discriminazioni sul luogo di lavoro; le innovazioni in materia di mobilità del personale delle amministrazioni pubbliche; l’introduzione di specifici adempimenti formali in capo alle amministrazioni pubbliche; le
modifiche alla disciplina del trattamento dei dati personali effettuate da soggetti pubblici; la previsione della possibilità, per i dipendenti pubblici, di essere collocati in aspettativa per massimo 12 mesi al fine di avviare attività professionali e imprenditoriali.
6.Le manovre economiche 2011-2012
A) Dal cd. decreto sviluppo (D.L. 70/2011 conv. in L. 106/2011) alle manovre economiche
2011 (D.L. 98/2011 conv. in L. 111/2011 e D.L. 138/2011 conv. in L. 148/2011)
L’aggravamento dello stato di crisi dell’economia italiana ha reso necessario il varo di
una serie di misure straordinarie nell’obiettivo del risanamento del crescente debito
pubblico e della crescita economica.
L’intervento è stato attuato, dapprima, con il D.L. 70/2011 conv. con L. 12-7-2011, n.
106 (cd. decreto sviluppo) che, per quanto concerne l’ambito del lavoro privato, ha
modificato la disciplina in materia di contratto di inserimento.
Successivamente, la L. 15-7-2011, n. 111 di conv. del D.L. 98/2011 (cd. manovra
economica 2011) e la L. 14-9-2011, n. 148 di conv. del D.L. 138/2011 (cd. manovra
bis 2011) hanno inciso significativamente in materia.
Per quanto concerne l’ambito del lavoro privato, l’intervento ha toccato vari aspetti
(tra cui festività, contrattazione decentrata, collocamento obbligatorio), soprattutto in
un’ottica di contenimento dei costi e di flessibilizzazione della disciplina di legge e
negoziale.
Anche il lavoro pubblico è stato inciso dalle manovre estive del 2011, nella prospettiva della riduzione della spesa pubblica. Tra le principali misure adottate con il D.L.
98/2011, conv. in L. 111/2011, ricordiamo: la proroga delle norme sulle limitazioni
delle facoltà di assunzione per le amministrazioni statali nonché del blocco dei trattamenti economici; la semplificazione delle procedure di mobilità tra le amministrazioni; la riduzione dell’utilizzo delle autovetture di servizio (cd. auto blu) e la lotta
all’assenteismo.
Nozione e fonti del diritto del lavoro
 21
Dal canto suo, la manovra bis, prevede, tra l’altro, un’ulteriore riduzione delle dotazioni organiche nonché l’estensione, anche al settore pubblico, della compensazione
territoriale dell’obbligo di assumere soggetti disabili, in precedenza riservata al solo
lavoro privato.
B) Le modifiche al decreto Brunetta (D.Lgs. 141/2011)
Il D.Lgs. 150/2009 è stato novellato con il D.Lgs. 1°-8-2011, n. 141, cd. correttivo
Brunetta. Con la detta manovra:
— sono introdotte alcune modifiche in tema di conferimento degli incarichi dirigenziali, mediante l’introduzione di un nuovo comma, il 6quater, nell’art. 19
D.Lgs. 165/2001 (v. sul punto Cap. 6, Sez. II, par. 10);
— viene prevista la non applicabilità dell’art. 19 D.Lgs. 150/2009 sulle fasce di merito e graduatoria di performance, se il numero dei dipendenti in servizio nell’amministrazione non è superiore a 15 (prima il limite era di 8 lavoratori) e i dirigenti
non sono più di 5;
— è fornita l’interpretazione autentica dell’art. 65 D.Lgs. 150/2009, che, subito
dopo la Riforma Brunetta, aveva generato dei dubbi applicativi.
In particolare è statuito che: a) l’ultrattività dei contratti collettivi integrativi opera solo nei
confronti di quelli già vigenti alla data di entrata in vigore del decreto Brunetta, dovendo i
contratti successivi rispettare quanto previsto dal D.Lgs. 150/2009; b) le norme del D.Lgs. 150
cit. sulla contrattazione collettiva nazionale che si applicano dalla prossima tornata contrattuale sono solo quelle riguardanti l’iter di formazione dei contratti, mentre tutte le altre disposizioni sono immediatamente applicabili.
La codificazione in materia di Pubblica Amministrazione: la L. 174/2011
Con la L. 3-10-2011, n. 174, l’esecutivo è stato delegato all’emanazione di uno o più decreti
legislativi con cui raccogliere, in appositi codici o testi unici, le disposizioni vigenti nelle
materie di cui:
a) alla L. 241/1990, legge generale sul procedimento amministrativo;
b) al D.P.R. 445/2000, cd. testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa;
c) al D.Lgs. 165/2001, T.U. pubblico impiego;
d) al D.Lgs. 150/2009, cd. Riforma Brunetta.
La ratio di tale intervento è da rinvenire, essenzialmente, nell’organizzazione delle disposizioni per settori omogenei o per materie nonché nel coordinamento delle stesse, mediante la ricognizione ed abrogazione espressa delle norme abrogate, prive di effetto normativo o comunque obsolete.
C) La legge di stabilità 2012 (L. 183/2011)
A fronte dell’eccezionale crisi economica che il Paese si è trovato ad affrontare all’indomani del mese di agosto 2011, è stato necessario varare l’ennesima manovra economica, in grado di fornire adeguate rassicurazioni sia ai nostri partner nell’ambito
dell’Unione Europea, sia ai mercati finanziari.
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
Capitolo 1
Sicché con la L. 12-11-2011, n. 183, cd. legge di stabilità 2012, sono state approvate
ulteriori misure per il risanamento del debito pubblico e per il rilancio dell’attività
economica, che, per quanto qui interessa, hanno riguardato tra l’altro anche la disciplina del lavoro privato e pubblico, con particolare riguardo all’attività di collocamento e ad alcuni contratti speciali di lavoro e alla mobilità collettiva dei dipendenti
pubblici (v. amplius succ. Capp. 10 e 12).
Questionario
1. Classificare le fonti del diritto del lavoro (par. 2)
2. Quali sono le principali norme della Costituzione dedicate al lavoro? (par. 2)
3. Quali norme costituzionali tutelano l’attività sindacale? (par. 2)
4. Come sono ripartite le competenze legislative in materia di lavoro tra Stato e
Regioni? (par. 2)
5. Quale ruolo svolgono le fonti contrattuali collettive? (par. 2)
6. Qual è il ruolo della consuetudine nell’ambito del diritto del lavoro? (par. 2)
7. Qual è la funzione del principio del favor prestatoris? (par. 2)
8. Quali sono gli obiettivi della contrattualizzazione del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche? (par. 3)
9. Le fonti del pubblico impiego (par. 4)
10. Indicare i principali interventi di riforma in materia di lavoro e legislazione
sociale (par. 5)
11. Quali sono i principali punti di intervento della Riforma Brunetta? (par. 5)
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Capitolo 1 Nozione e fonti del diritto del lavoro