TERRITORIALITA’ IVA
DELLE CESSIONI DI BENI
di Franco Ricca
1 - LA FUNZIONE DELLA TERRITORIALITÀ NEL SISTEMA DELL’IVA
L’art. 1 del D.P.R. 26/10/72, n. 633 dispone che l’Iva si applica sulle cessioni di beni
e sulle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello stato nell’esercizio dell’impresa o
nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.
Tralasciando le importazioni, che rappresentano una categoria autonoma sotto diversi
profili, affinché le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano sottoposte all’Iva sono
dunque necessari tre presupposti:
- presupposto oggettivo: occorre la sussistenza di una “operazione” in senso tecnico, ossia
una cessione di beni o una prestazione di servizi, nel senso precisato, rispettivamente,
dagli articoli 2 e 3
- presupposto soggettivo: l’operazione deve essere effettuata nell’esercizio di un’attività
d’impresa o di lavoro autonomo, nel senso precisato, rispettivamente, dagli articoli 4 e 5;
utilizzando il linguaggio della normativa comunitaria, occorre cioè che l’operazione sia
posta in essere da un “soggetto passivo che agisce in quanto tale”1;
- presupposto territoriale: l’operazione deve essere effettuata nel territorio dello stato,
secondo i criteri indicati negli artt. 7-bis e seguenti2.
Occorre subito osservare che i tre presupposti non sono del tutto equivalenti. Se
manca il presupposto oggettivo oppure quello soggettivo, l’operazione è, in via di principio,
completamente irrilevante ai fini dell’imposta. In assenza del (solo) presupposto territoriale,
invece, esiste comunque un’operazione rilevante ai fini del tributo, che ha relazioni con la
disciplina sia sostanziale sia procedurale dell’imposta: quello della territorialità non è,
infatti, un presupposto, per così dire, “genetico” dell’operazione (per la cui esistenza sono
necessari e sufficienti i presupposti oggettivo e soggettivo), ma un elemento necessario per
la localizzazione, appunto, territoriale dell’operazione stessa. Ciò risulta immediatamente
percepibile se si allarga la visuale dall’area nazionale a quella comunitaria, nel cui ambito,
quello che abbiamo definito presupposto territoriale ha la funzione di stabilire in quale dei
27 stati membri dell’Ue deve essere prelevata l’imposta relativa all’operazione
oggettivamente e soggettivamente individuata, nel rispetto del principio secondo cui
1
Così stabilisce infatti l’art. 2 della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006. Ai sensi dell’art. 9 della direttiva,
si considera “soggetto passivo” chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, indipendentemente dallo
scopo e dai risultati, una delle attività economiche di produttore, commerciante, prestatore di servizi, comprese le
attività estrattive, agricole, nonché quelle delle libere professioni e assimilate. Secondo la stessa disposizione, si
considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento economico di un bene materiale
o immateriale per ricavarne introiti stabili.
2
I richiami normativi si riferiscono agli articoli del D.P.R. n. 633/72 come modificati o aggiunti dal D.Lgs 11 febbraio
2010, n. 18, di recepimento delle direttive 8, 9 e 117 del 2008, pubblicato nella G.U. n. 41 del 19 febbraio 2010.
F. Ricca – LA TERRITORIALITÀ NELL’IVA – Marzo 2013
l’operazione rientrante nel sistema armonizzato dell’Iva, dotata cioè dei presupposti
oggettivo e soggettivo, “consumata” all’interno del territorio comunitario, deve essere
tassata in un (solo) luogo, secondo i criteri di riparto previsti dalle disposizioni del Titolo V
della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (che dal 1°gennaio 2007 ha sostituito la
sesta direttiva), di seguito per brevità direttiva 112; tali disposizioni sono finalizzate,
appunto, all’individuazione del “luogo delle operazioni imponibili”. Pertanto, l’operazione
che, in base ai detti criteri, non è territoriale in Italia, lo sarà necessariamente in un altro
stato membro, sicché non può definirsi irrilevante agli effetti del tributo.
Nella prospettiva comunitaria, insomma, l’elemento territoriale, che nell’ottica
domestica è indispensabile per l’applicazione dell’imposta in Italia, non assurge a
presupposto per la determinazione dell’appartenenza o meno dell’operazione al sistema
dell’imposta, essendo invece necessari e sufficienti, a tal fine, i presupposti oggettivo e
soggettivo.
A ben vedere, ciò emerge direttamente anche dalla normativa interna. Dall’esame
delle disposizioni del D.P.R. n. 633/72 si evince infatti che le operazioni carenti del solo
requisito territoriale, a differenza di quelle che si potrebbero definire “non operazioni” (in
quanto carenti di uno dei due presupposti fondamentali), non sono irrilevanti per il tributo.
In primo luogo, esse possono attribuire al soggetto passivo il diritto di detrazione
dell’imposta assolta “a monte”: l’articolo 19, comma 3, lettera b), ai fini della detrazione,
assimila infatti alle operazioni imponibili “le operazioni effettuate fuori dal territorio dello
stato le quali, se effettuate nel territorio, darebbero diritto alla detrazione dell'imposta. La
disposizione parifica pertanto, ai detti fini, l’operazione non territoriale a quella territoriale,
per cui anche l’operazione non territoriale potrà essere classificata tra le operazioni con
diritto a detrazione, se tale sarebbe la classificazione qualora fosse effettuata in Italia3. Per
esempio, la consulenza legale prestata da un professionista italiano ad un’impresa francese,
in base ai criteri che saranno esaminati più avanti, è una prestazione territoriale non in Italia
ma in Francia; tuttavia, poiché la medesima prestazione, se fosse effettuata in Italia, sarebbe
un’operazione con diritto a detrazione, conserva tale caratteristica (necessaria per assicurare
la neutralità dell’imposta) anche nella dimensione extraterritoriale. Nel caso, invece, di
un’operazione finanziaria resa da un’impresa nazionale ad un’impresa francese, prestazione
di servizi anche in questo caso territoriale in Francia, il diritto di detrazione non spetta
perché l’operazione, se fosse effettuata in Italia, sarebbe esente ai sensi dell’art. 10, D.P.R.
n. 633/72.
E’ evidente, pertanto, che le operazioni extraterritoriali non sono affatto estranee al
sistema dell’imposta, perché se così fosse non vi sarebbe ragione di annoverarle fra quelle
che consentono la detrazione “a monte”.
Va inoltre osservato che l’art. 30, terzo comma, lettera d), attribuisce il diritto di
chiedere il rimborso del credito risultante dalla dichiarazione annuale al contribuente che
effettua prevalentemente operazioni non soggette all’imposta per effetto delle regole degli
3
Secondo la Corte di cassazione (sentenza 2 settembre 2002, n. 12756), anteriormente all’introduzione della
disposizione in esame, ad opera del dlgs n. 313/97, l’Iva relativa ad acquisti impiegati per effettuare operazioni non
territoriali non era detraibile. La statuizione non sembra tuttavia condivisibile, poiché la disposizione non è
sostanzialmente innovativa in quanto ha reso esplicito, nella normativa nazionale, il chiaro principio enunciato dall’art.
17, par. 3, lett. a), della sesta direttiva (ora dall’art. 169, lett. a, direttiva 112 del 2006), che già poteva trovare ingresso
nell’ordinamento domestico in forza di un’interpretazione adeguatrice.
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artt. 7-bis e seguenti.4 Il professionista dell’esempio precedente, dunque, non soltanto ha
diritto a detrarre l’Iva assolta sugli acquisti di beni e servizi che si ricollegano alle proprie
prestazioni non territoriali, ma se l’ammontare di tali prestazioni supera il 50% del fatturato
totale dell’anno, potrà chiedere il rimborso dell’eventuale eccedenza detraibile (purché di
importo superiore a 2.582,28 €).
Quanto agli aspetti formali, infine, occorre rilevare che l’articolo 21, comma 6-bis,
del D.P.R. n. 633/72, aggiunto dalla legge n. 228/2012 con effetto dal 1° gennaio 2013,
impone l’obbligo di emissione della fattura anche per le operazioni non territoriali,
eccettuate quelle localizzate in un altro Stato membro e per le quali l’imposta è dovuta dal
destinatario con il meccanismo dell’inversione contabile. 5
2 – LA NOZIONE DI TERRITORIO DELLO STATO
L’art. 7, comma 1, lett. a) identifica il territorio dello stato con quello della
Repubblica italiana, eccettuati i comuni di Livigno e di Campione d’Italia e le acque italiane
del lago di Lugano.
Appartengono pertanto al territorio dello stato, ai fini Iva, anche i punti franchi, i
depositi franchi ed altri analoghi istituti considerati extraterritoriali ai fini doganali.
Secondo la definizione normativa, il territorio dello stato comprende dunque:
- lo spazio terrestre compreso entro i confini politici
- lo spazio aereo sovrastante
- le acque territoriali entro il limite di 12 miglia marine (un miglio equivale a 1852
metri)
- le acque comprese fra golfi, baie e insenature i cui punti estremi distino tra loro non
più di 24 miglia marine.
Come già anticipato, ai fini Iva non si considerano appartenenti al territorio nazionale
(e, di conseguenza, neppure a quello comunitario), i comuni di Livigno e Campione d’Italia,
nonché le acque italiane del lago di Lugano; ciò comporta che i predetti territori devono
essere considerati, nell’applicazione dell’imposta, alla stregua di paesi terzi, sia riguardo
alle movimentazioni di merci che alle prestazioni di servizi.
Prestazioni a bordo di aerei e di navi
Ai sensi del codice della navigazione, appartengono al territorio dello stato le navi e
gli aeromobili italiani in navigazione in acque o spazi aerei internazionali.
Con la risoluzione 28 febbraio 1997, n. 36/E, l’amministrazione finanziaria si è
pronunciata in merito al trattamento da riservare, agli effetti dell’Iva, alle prestazioni
pubblicitarie rese nei confronti di committenti comunitari ed extracomunitari, sotto forma di
spot proiettati sui voli internazionali ed intercontinentali dell’Alitalia.
L’amministrazione ha osservato che l’art. 4 delle disposizioni preliminari del codice
della navigazione considera territorio italiano gli aeromobili italiani che si trovano in luogo
4
La disposizione, introdotta nel 1990 nel quadro della revisione della disciplina del rimborso, postula evidentemente,
come sostenuto nella nota precedente, l’esistenza del diritto di detrazione sugli acquisti di beni e servizi impiegati per
l’effettuazione di operazioni non territoriali. Anche questo dimostra che se vi è un effetto innovativo della riforma del
dlgs n. 313/97, con l’inserimento della previsione dell’art. 19, terzo comma, lett. b), tale effetto non è “costitutivo”, ma
piuttosto “limitativo” del diritto stesso (che viene, infatti, espressamente subordinato alla condizione ivi stabilita).
5
Tali operazioni non influenzeranno, però, il meccanismo di verifica dello “status” di esportatore abituale, né
alimenteranno il c.d. plafond.
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o spazio non soggetto alla sovranità di alcuno stato; l’articolo 30 del codice dell’aria
prevede inoltre che i fatti compiuti ed avvenuti nello spazio a bordo dell’aeronave restano
sottoposti alla legislazione ed alla giurisdizione del paese di cui l’aeronave ha la nazionalità.
Pertanto, tenuto conto che la diffusione dello spot pubblicitario avviene a bordo dell’aereo,
il quale, ai sensi delle predette disposizioni, costituisce territorio dello stato,
l’amministrazione ha concluso per l’assoggettamento ad imposta delle prestazioni, in quanto
utilizzate nel territorio dello stato (secondo la disciplina dell’epoca, le prestazioni
pubblicitarie rese ad un committente extracomunitario si consideravano territoriali se
utilizzate nel territorio dello stato).
Indicazioni analoghe erano state fornite in relazione alle prestazioni rese a bordo
delle navi in navigazione in acque internazionali, sia pure con riguardo principalmente
all’imposta sugli spettacoli, con la risoluzione n. 340653 del 21/12/1985. Nell’occasione,
l’amministrazione finanziaria, premesso che, in applicazione del principio dell’ordinamento
internazionale secondo cui le navi in alto mare si considerano territorio dello stato di
appartenenza e sono sottoposte, pertanto, all’autorità del medesimo, aveva rilevato che gli
atti compiuti a bordo delle navi in alto mare sono sottoposti alla legge dello stato nazionale
(o della bandiera), anche agli effetti tributari ove manchino disposizioni contrarie. Sempre
secondo il diritto internazionale, il potere di governo dello stato della bandiera, salvo
determinate eccezioni, si esercita sulle navi ovunque si trovino, e quindi anche nelle acque
adiacenti a stati esteri e negli stessi porti stranieri, ovviamente nei limiti della vita e delle
attività della comunità a bordo, sempreché non si interferisca con la vita e le attività della
comunità territoriale straniera.
3 – LA NOZIONE DI TERRITORIO DELLA COMUNITÀ
Lo stesso art. 7, comma 1, stabilisce alla lettera b) che per territorio della Comunità si
intende il territorio corrispondente al campo di applicazione del Trattato istitutivo della
Comunità, definito ora dall’art. 299 del Trattato (in pratica, i ventisette paesi che
attualmente aderiscono all’Unione europea6: Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo,
Paesi Bassi, Lussemburgo, Grecia, Austria, Finlandia, Belgio, Svezia, Gran Bretagna,
Danimarca, Irlanda, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Estonia,
Lettonia, Lituania, Cipro, Malta, Bulgaria, Romania), con le seguenti esclusioni:
- per la Repubblica italiana: i comuni di Livigno e di Campione d’Italia e le acque italiane
del lago di Lugano;
- per la Repubblica ellenica: il Monte Athos;
- per la Repubblica Federale di Germania: l’isola di Helgoland ed il territorio di
Busingen;
- per la Repubblica francese: i Dipartimenti d’oltremare (Guadalupa, Guiana, Martinica e
Riunione);
- per il Regno di Spagna: Ceuta, Melilla e le isole Canarie;
- per la Repubblica di Finlandia: isole Aland
- per il Regno Unito: le isole Anglo-normanne, note anche come “isole del Canale” (Jersey,
Guernsey ecc.) e Gibilterra7.
6
7
Dal 1° luglio 2013 è previsto l’ingresso della Croazia.
Con sentenza 21 luglio 2005, C-349/03, la Corte di giustizia dell’Ue ha chiarito che la normativa comunitaria sulla
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La Corte di giustizia dell’Ue, con sentenza C-181/97 del 28 gennaio 1999, ha chiarito
che le Antille Olandesi si intendono escluse dal territorio comunitario.
Si rammenta che la Repubblica di San Marino non fa parte né del territorio italiano
né del territorio comunitario; nondimeno, nei riflessi dell’Iva, in relazione a particolari
tipologie di operazioni (ad esempio, le c.d. vendite a distanza), i rapporti italo-sammarinesi
sono disciplinati alla stregua di quelli intracomunitari.
Inclusioni
La medesima disposizione, conformemente alla normativa comunitaria, dispone
infine che ai fini dell’Iva:
- il Principato di Monaco si intende compreso nel territorio della Francia
- l’Isola di Man si intende compresa nel territorio del Regno Unito
- le zone di sovranità del Regno Unito di Akrotiri e Dhekelia (Cipro) si intendono comprese
nel territorio di Cipro.
I suddetti paesi si considerano pertanto comunitari agli effetti dell’applicazione
dell’Iva (e dunque sia nei riflessi della disciplina applicabile agli scambi di beni sia in
merito alla territorialità delle prestazioni di servizi).
4 – LA TERRITORIALITA’ DELLE CESSIONI DI BENI
I criteri per la localizzazione delle cessioni di beni sono dettati dall’art. 7-bis, il cui
contenuto corrisponde sostanzialmente a quello del secondo comma dell’art 7 vigente fino
al 31 dicembre 2009.
La riforma del 2010 rappresentava l’occasione per rimuovere alcune anomalie della
normativa nazionale, riconducendo all’interno della disciplina della territorialità le
particolari regole dettate per le c.d. “vendite a distanza” (art. 40, D.L. n. 331/93) e
correggendo l’asimmetria sugli scambi intracomunitari con istallazione a destino;
l’occasione non è stata colta, sicché persistono nell’ordinamento interno, su queste materie,
le anomalie delle quali si dirà oltre.
Sembra inoltre di poter rilevare un’ulteriore incongruenza rispetto alla normativa
comunitaria, consistente nel mancato recepimento della previsione di cui al secondo comma
dell’art. 32 della direttiva n. 112, concernente la localizzazione delle cessioni di beni che si
trovano in un paese terzo effettuate dall’importatore, nonché delle cessioni successive.
Anche questo punto sarà brevemente ripreso più avanti.
E’ utile rammentare che sono qualificate cessioni di beni quelle aventi ad oggetto
beni “materiali”; l’aggettivo, invero, non figura nella norma nazionale (art. 2 del D.P.R. n.
633/72), ma nella norma comunitaria (art. 14 della direttiva n. 112 del 2006), la quale
prevede altresì che sono assimilati a beni materiali l’energia elettrica, il gas, il calore, il
freddo e simili (art. 15, par. 1), e che gli stati membri possono considerare beni materiali
anche determinati diritti su beni immobili, i diritti reali che conferiscono al loro titolare un
potere d’uso sui beni immobili, le quote di interessi e le azioni il cui possesso assicura, di
reciproca assistenza fra gli stati membri nei settori dell’Iva e delle accise è applicabile anche nel territorio di Gibilterra,
ancorché escluso dall’armonizzazione fiscale. Secondo la sentenza, non consentendo tale applicazione il Regno Unito è
venuto meno agli obblighi derivanti dal trattato istitutivo della Comunità.
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diritto o di fatto, l’attribuzione in proprietà o in godimento di un bene immobile o di una sua
parte (art. 15, par. 2).
Ai sensi dell’art. 2, primo comma, del D.P.R. n. 633/72, costituisce cessione di beni
non soltanto l’atto di trasferimento della proprietà, ma anche l’atto che comporta la
costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento su beni (materiali, come anzi
precisato) di ogni genere; tale previsione appare dunque più ampia rispetto alla facoltà
accordata dall’art. 15, par. 2 della direttiva n. 112 del 2006, che, come sopra riferito,
riguarda soltanto i diritti su immobili.
Le cessioni aventi ad oggetto beni (o diritti) immateriali costituiscono invece
prestazioni di servizi.
4.1 – BENI IMMOBILI
Il criterio per localizzare le cessioni di beni immobili è un criterio semplice ed
oggettivo: il comma 1 dell’art. 7-bis stabilisce che tali cessioni si considerano effettuate nel
territorio dello stato se ivi è situato il bene; non assumono pertanto alcuna rilevanza le
variabili di carattere soggettivo, come la sede, il domicilio o la residenza delle parti (cedente
e cessionario).
La nozione di beni immobili è trattata nella seconda parte della dispensa, nell’ambito
dell’analisi della disciplina delle prestazioni di servizi.
Con risoluzione ministeriale n. 25472 del 2/12/1976, è stato dichiarato che la
cessione di un fabbricato situato nel territorio nazionale, appartenente ad una società priva
di stabile organizzazione in Italia, rientra nella sfera di applicazione dell’Iva anche se si
tratti di un’operazione occasionale. Va osservato, al riguardo, che il trattamento concreto
della cessione (imponibile oppure esente), in base alle modifiche apportate al trattamento
delle operazioni immobiliari con l’art. 35 del D.L. n. 223/2006, convertito dalla legge n.
248/2006, dipende dalle caratteristiche del fabbricato e, qualora si tratti di fabbricato
strumentale per natura, anche dallo status del cessionario, dalla sua percentuale di
detrazione o, infine, dalla volontà del cedente (che può infatti manifestare l’opzione per
l’applicazione dell’imposta).
4.2 – BENI MOBILI
Per quanto riguarda le cessioni di beni mobili, oltre al requisito della esistenza fisica
nel territorio dello stato, la norma prende in considerazione anche la posizione giuridica del
bene: il comma 1 dell’art. 7-bis stabilisce infatti che le cessioni di beni mobili si
considerano effettuate nel territorio dello stato se si tratta di beni “nazionali, comunitari o
vincolati al regime della temporanea importazione” esistenti nel territorio stesso. Come per
gli immobili, è del tutto irrilevante il luogo in cui sono stabilite le parti (cedente e
cessionario).
La medesima norma stabilisce che si considerano inoltre effettuate nel territorio dello
stato le cessioni di beni spediti da altro stato membro, quando sono installati, montati o
assiemati nel territorio dello stato a cura del fornitore o per suo conto.
Il successivo comma 2, poi, stabilisce che si considerano effettuate nel territorio dello
stato le cessioni di beni ai viaggiatori nel corso di un trasporto intracomunitario con
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partenza dall’Italia, mentre il comma 3 detta particolari criteri per le cessioni di gas
mediante reti di distribuzione e di energia elettrica.
Si esaminano qui di seguito distintamente le suddette previsioni, ribadendo che,
diversamente dalla normativa comunitaria, quella nazionale non contempla, nel quadro delle
disposizioni sul luogo delle cessioni di beni, regole particolari per le “vendite a distanza”, la
cui disciplina è dettata invece, in modo non del tutto conforme alla direttiva, nell’ambito del
D.L. n. 331/93.
La norma interna, inoltre, come accennato, non contempla la fattispecie delle cessioni
di beni, anteriormente all’importazione, poste in essere dal soggetto che si considera
debitore dell’imposta all’importazione, le quali, ai sensi del secondo comma dell’art. 32
della direttiva n. 112, si considerano effettuate nel territorio dello stato membro
d’importazione (come pure le cessioni di beni successive, effettuate prima
dell’importazione).
4.2.1 Cessioni di beni mobili esistenti nel territorio
Affinché la cessione di un bene mobile sia localizzata nel territorio dello stato,
secondo il criterio generale, è richiesta la coesistenza di due requisiti oggettivi:
- uno di carattere giuridico, attinente alla condizione del bene, che, come si è detto, deve
essere nazionale, comunitario oppure vincolato al regime della temporanea importazione;
- uno di carattere materiale, dovendo il bene trovarsi fisicamente nel territorio dello stato al
momento della cessione.
Deve pertanto ritenersi che, in difetto di uno dei due requisiti, la cessione non si
considera effettuata nel territorio dello stato.
Condizione giuridica del bene
In merito al primo requisito, che non è espressamente contemplato dalla normativa
comunitaria, va anzitutto rilevato che da esso discende, a contrariis, la delocalizzazione
dell’operazione qualora la cessione abbia per oggetto un bene che non sia né nazionale, né
comunitario, né temporaneamente importato: è da considerare non territoriale, per esempio,
la cessione di un bene “allo stato estero”, ancorché fisicamente in Italia in regime doganale
di transito8.
Per stabilire la condizione giuridica del bene occorre fare riferimento alla posizione
doganale quale risulta, in genere (ma non sempre), dalla documentazione presentata e/o
rilasciata dall’autorità competente.
Si ricorda che, ai fini della determinazione della base imponibile, sono previste
disposizioni particolari per le cessioni riguardanti beni in temporanea importazione ovvero
beni che, anteriormente all’importazione, abbiano formato oggetto di più cessioni in Italia.
Più precisamente:
8
Ai sensi dell'articolo 91 del Codice doganale comunitario (regolamento CEE 12 ottobre 1992, n. 2913), il regime di
transito esterno consente alle merci non comunitarie di circolare da una località all'altra del territorio doganale della
Comunità senza l’assoggettamento ai dazi d’importazione né ad altre imposte o misure di politica commerciale; lo
stesso regime si applica, in determinati casi ed a certe condizioni, alle merci comunitarie. Si rammenta che le cessioni
relative a beni in transito, sebbene non territoriali, sono sottoposte all’obbligo di fatturazione ai sensi del comma 6
dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/72.
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-
-
ai sensi dell’articolo 13, secondo comma, lettera e), del D.P.R. n. 633/72, per le
cessioni di beni vincolati al regime della temporanea importazione la base imponibile
è costituita dal corrispettivo della cessione diminuito del valore accertato dall’ufficio
doganale all’atto della temporanea importazione;
ai sensi dell’articolo 69, stesso decreto, per i beni che prima dello sdoganamento
hanno formato oggetto nello stato di una o più cessioni, la base imponibile è
costituita dal corrispettivo dell’ultima cessione; al riguardo, si ribadisce che, al
realizzarsi dei presupposti previsti dall’art. 32, secondo comma, della direttiva n. 112
del 2006, le cessioni anteriori all’importazione si considerano effettuate nel territorio
dello Stato, ai sensi di detta disposizione (non recepita nell’ordinamento interno).
Esistenza fisica del bene
Quanto al secondo requisito, che richiede l’esistenza del bene nel territorio dello
stato, se ne desume, sempre a contrariis, che in difetto di presenza fisica la cessione dovrà
considerarsi non territoriale. Di conseguenza, la vendita di un bene nazionale situato al di
fuori del territorio italiano - ad esempio, un bene che, al momento della cessione, si trova
all’estero, anche in posizione di temporanea esportazione - si qualifica come operazione
extraterritoriale, pur se si tratti di un bene nazionale e indipendentemente dai soggetti
coinvolti e dal luogo in cui l’operazione è perfezionata giuridicamente (nel senso che la
cessione resta extraterritoriale anche se il contratto di vendita viene stipulato in Italia tra due
operatori nazionali).
La risoluzione 22 dicembre 1982, n. 391613, affronta la questione del trattamento
della cessione di beni temporaneamente esportati, sollevata da una società italiana che,
avendo acquistato da un'altra impresa italiana alcuni veicoli che questa aveva
temporaneamente esportato all’estero, chiedeva di conoscere se fosse corretto l’operato
della società venditrice, che aveva assoggettato la cessione all’Iva. Il ministero ha risposto
che tale cessione, avendo per oggetto beni mobili nazionali che, al momento
dell’effettuazione dell’operazione, si trovavano all’estero, non rientra nel campo di
applicazione dell’imposta per mancanza del presupposto della territorialità. Ha aggiunto,
inoltre, che non rileva, nella specie, il luogo di effettuazione della cessione - che, senza
dubbio, è in Italia, trattandosi di operazione posta in essere fra due soggetti nazionali - bensì
la circostanza tassativamente prevista dalla norma in esame, che richiede, ai fini
dell’attrazione della cessione medesima nell’ambito dell’imposta, l’esistenza fisica dei beni
nel territorio nazionale.
Per il vero, quest’ultima considerazione incidentale, che identifica nel territorio
nazionale il luogo di effettuazione della cessione in ragione del fatto che essa viene posta in
essere tra due operatori residenti, appare un po’ ambigua. Sembrerebbe che l’estensore della
risoluzione abbia considerato la questione dal punto di vista civilistico, senza tenere conto
che l’extraterritorialità della vendita di beni situati all’estero, desumibile dal secondo
comma dell’art. 7 (ora art. 7-bis), si fonda sulle disposizioni degli articoli 31 e 32 della
direttiva 112 del 2006, in base alle quali:
a) se il bene viene spedito o trasportato dal fornitore o dall’acquirente o da un terzo, il
luogo della cessione è quello in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione
o del trasporto a destinazione dell’acquirente;
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b) se il bene non viene spedito o trasportato, il luogo della cessione è quello in cui il bene si
trova al momento della cessione.
Anche in questa sede si deve tornare a richiamare la previsione, non recepita
nell’ordinamento interno, di cui al secondo comma dell’art. 32, che attrae nel territorio dello
stato le cessioni di beni effettuate dall’importatore anteriormente all’introduzione nel
territorio stesso.
Cessioni perfezionate successivamente all’esportazione
In via di principio, come si è detto, le cessioni che si realizzano quando i beni non si
trovano fisicamente nel territorio nazionale devono considerarsi non soggette all’Iva per
mancanza della territorialità.
Occorre tuttavia distinguere l’ipotesi in cui la “manifestazione” della cessione
quando i beni si trovano all’estero dipende esclusivamente dal differimento del momento di
effettuazione dell’operazione rispetto all’invio dei beni. E’ il caso, ad esempio, delle
cessioni di beni in base a contratto estimatorio, per le quali l’art. 6, secondo comma, lett. c),
stabilisce che la cessione tra il tradens e l’accipiens si considera effettuata, anziché nel
momento della consegna o spedizione, all’atto della rivendita dei beni al terzo, ovvero, per i
beni non restituiti, alla scadenza del termine convenuto tra le parti, e comunque dopo il
decorso di un anno dalla consegna o spedizione. In tal caso può ritenersi che il
“perfezionamento” della cessione – sin dall’origine concepita come tale fra i contraenti – in
un momento successivo all’invio o spedizione dei beni, in applicazione di specifiche
disposizioni che differiscono, in considerazione degli accordi tra le parti, l’effetto traslativo
della proprietà, realizzi una sorta di condizione sospensiva e consenta pertanto di attribuire
all’operazione la medesima natura che avrebbe avuto in assenza dei presupposti per il
differimento del momento di effettuazione, ossia di qualificarla come “cessione
all’esportazione” territoriale nello stato e non imponibile ai sensi dell’art. 8, dpr 633/72,
anziché cessione extraterritoriale.
Questa conclusione è stata confermata dall’agenzia delle entrate con la risoluzione n.
58 del 5 maggio 2005, in relazione alla fattispecie del cd. consignment stock, negozio in uso
in campo internazionale simile al contratto estimatorio, caratterizzato dal fatto che il cedente
nazionale invia le merci a destinazione di un acquirente stabilito fuori del territorio della
Comunità, presso un deposito del medesimo (oppure di un terzo, nel quale l’acquirente
possa accedere), con l’intesa che le merci resteranno di proprietà del cedente fino a quando
non saranno prelevate dall’acquirente. In tal caso, all’atto dell’espletamento delle formalità
doganali di esportazione si è in presenza di una cessione a titolo oneroso delle merci in
uscita, cessione che, in virtù delle pattuizioni di cui al contratto di consignment stock, è
realizzata secondo un procedimento che si perfezionerà solo in un secondo momento,
all’atto del prelievo dal deposito. In questa ipotesi, prosegue l’agenzia, con il prelievo di
merci si è data esecuzione alla compravendita da parte dell’acquirente, cui i beni sono stati
inviati e posti a disposizione: si realizzano quindi i presupposti per inquadrare l’operazione
come cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettera
a), dpr 633/72, anche se il plafond di cui all’articolo 8, secondo comma, si andrà a costituire
solo nel momento e nella misura in cui le merci risultino prelevate dall’acquirente e
debitamente fatturate dal fornitore.
F. Ricca – LA TERRITORIALITÀ NELL’IVA – Marzo 2013
Secondo la norma di comportamento n. 161, emanata nel luglio 2005
dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti, la stessa conclusione può essere estesa
ad altre tipologie di operazioni assimilabili alle esportazioni, nelle quali l’atto negoziale
compiuto successivamente alla spedizione dei beni all’estero si ricollega all’originaria
finalità di vendita già esistente al momento della spedizione: ad esempio, la tentata vendita e
le cessioni di beni eseguite all’estero in occasione di fiere-mercato.
L’estensione, benché auspicabile in un’ottica agevolativa delle imprese esportatrici,
non sembra tuttavia giustificabile sul piano strettamente normativo, non essendo le
situazioni esemplificate riconducibili alla categoria delle cessioni con effetto traslativo
differito. Peraltro, il trattamento delle cessioni di beni inviati all’estero a fini di tentata
vendita ha formato oggetto, in tempi non lontani, di una pronuncia dell’amministrazione
finanziaria, che ha concluso per l’extraterritorialità di tali cessioni perché, nel momento in
cui si realizzano, hanno per oggetto beni non esistenti nel territorio dello stato. Si tratta della
nota prot. n. 839 del 5 giugno 2000, ove il dipartimento delle dogane ha osservato che i beni
inviati in paesi terzi a fini di tentata vendita, in regime di esportazione temporanea ex
articolo 214, Tuld o con utilizzo di carnet A.T.A. ex articolo 91 del codice doganale
comunitario, restano di proprietà dell’esportatore fino al momento della vendita, la quale
costituisce presupposto per la trasformazione dell’esportazione temporanea in definitiva e
per l’emissione della fattura ai sensi dell’articolo 21 del dpr n. 633/72 (è da osservare che,
invero, la stessa cosa si verifica nelle cessioni con effetto traslativo differito).
Nel momento in cui si realizza l’effetto traslativo della proprietà, i beni non si
trovano nel territorio dello stato, in quanto precedentemente spediti all’estero, per cui la
cessione deve considerarsi al di fuori del campo di applicazione dell’Iva per mancanza del
presupposto della territorialità. Ne discende, conclude la nota, che i corrispettivi di tali
cessioni non possono concorrere alla formazione del plafond per acquistare in sospensione
d’imposta.
Una fattispecie simile alla tentata vendita, ma inquadrata fino a qualche tempo fa in
modo differente, è quella esaminata dal ministero delle finanze nella risoluzione prot.
520657 del 4/12/75. Si tratta delle cessioni all’estero di beni precedentemente esportati in
regime cosiddetto “franco valuta”, ossia stoccati dall’impresa italiana presso propri depositi
all’estero, per esempio al fine di dare corso con tempestività agli ordini d’acquisto da parte
di clienti stranieri. Nella predetta risoluzione, il ministero ritenne di poter qualificare tali
vendite come “cessioni all’esportazione nei sensi voluti dal primo comma dell’art. 8”, e non
“fuori campo” per difetto di territorialità. Quella pronuncia, tuttavia, appare superata dalla
risoluzione n. 58/2005, citata prima, nella quale l’agenzia delle entrate ha puntualizzato che
le considerazioni espresse in relazione alle cessioni all’estero in dipendenza di contratti di
consignment stock non valgono in una fattispecie in cui l’operatore nazionale invia merci
verso un proprio deposito situato in un paese terzo per la successiva rivendita; in tal caso,
infatti, all’atto dell’esportazione delle merci non si verifica alcuna cessione a titolo oneroso
e la rivendita effettuata nel paese terzo non rileverà agli effetti dell’Iva, giusta l’articolo 7,
secondo comma (ora art. 7-bis, comma 1).
Cessioni di beni insistenti su più territori
F. Ricca – LA TERRITORIALITÀ NELL’IVA – Marzo 2013
Una questione interessante, risolta dalla corte di giustizia con un’interpretazione non
priva di creatività rispetto al dettato normativo, è quella che ha formato oggetto del
procedimento pregiudiziale C-111/05. Il caso controverso riguardava l’inquadramento, ai
fini dell’individuazione del luogo di tassazione, di un’operazione consistente nella fornitura
di un cavo a fibre ottiche di collegamento fra due stati membri, comprensiva dei lavori di
posa e dei successivi collaudi. Il contratto aveva ad oggetto la cessione, con installazione tra
il territorio della Svezia e quello di un altro stato membro, di un cavo sottomarino a fibre
ottiche, che l’acquirente avrebbe utilizzato per fornire servizi di trasmissione ad operatori
delle telecomunicazioni. Per effettuare l’operazione, la società doveva acquistare il cavo e
gli altri materiali, noleggiare una nave e assumere personale specializzato. Il cavo sarebbe
stato fissato e interrato sul territorio continentale svedese e successivamente nei fondali
marini, inizialmente nelle acque interne e nel mare territoriale svedese, quindi sulla
piattaforma continentale della Svezia, poi nel mare territoriale e nelle acque interne
dell’altro stato membro, per essere alla fine fissato e interrato nel territorio continentale di
quest’ultimo. Dopo la posa e l’effettuazione di collaudi preliminari, il diritto di proprietà sul
cavo sarebbe stato trasferito all’acquirente; sarebbero seguiti ulteriori collaudi per circa
trenta giorni, necessari per eliminare eventuali difetti.
La questione sottoposta alla corte mirava a chiarire se l’operazione descritta
costituisse cessione di beni o prestazione di servizi e con quali criteri dovesse essere
individuato il luogo di tassazione.
Nella sentenza del 29 marzo 2007, la corte ha osservato che è anzitutto necessario
stabilire se si è in presenza di una o di più operazioni. Atteso che il contratto riguarda la
cessione, dopo il completamento dell’installazione e la realizzazione di collaudi, di un cavo
in opera e in grado di funzionare, tutti gli elementi dell’operazione sono necessari alla sua
realizzazione e strettamente connessi. Pertanto, ai fini Iva, l’operazione è unica.
Accertato questo, occorre stabilire se tale operazione vada qualificata come cessione
di beni o prestazioni di servizi, esaminando se una delle componenti possa ritenersi
accessoria all’altra. Dato che la posa in opera del cavo richiede la realizzazione di
procedimenti tecnicamente complessi e l’impiego di apparecchiature specializzate, nonché
conoscenze specifiche, essa è non solo indissociabile dalla fornitura, ma anche
indispensabile all’impiego e allo sfruttamento del bene. Si deve quindi escludere che la posa
in opera del cavo costituisca un accessorio della fornitura.
Di conseguenza, per qualificare l’operazione come cessione o come prestazione di
servizi si deve accertare se prevalga la fornitura del cavo o la sua posa in opera. In
proposito, risulta che, per il fornitore, il valore dell’operazione è costituito per la maggior
parte dal costo del cavo vero e proprio e del materiale residuo. Tale rapporto è indicativo,
ma non deve comunque rivestire, da solo, importanza decisiva, per cui si deve esaminare
anche l’importanza della prestazione di servizi rispetto alla fornitura del cavo. Nondimeno,
pur valutando l’importanza e la complessità dei lavori di posa, la corte ha rilevato che tali
lavori non hanno comunque lo scopo o il risultato di alterare la natura del bene, né di
adattarlo ai bisogni specifici del cliente, per cui l’operazione va qualificata cessione di beni.
Per quanto riguarda la determinazione del luogo della cessione, dopo avere
richiamato i vari criteri previsti dall’art. 8 della sesta direttiva (ora artt. 31 e 32 della
direttiva n. 112 del 2006), la corte ha risolto la questione affermando che quando il bene,
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come nella fattispecie, deve essere istallato sul territorio di un primo e poi su quello di un
secondo stato membro, il luogo della cessione si trova, successivamente, sul territorio di
ciascuno di tali stati, i quali esigeranno l’Iva, anche sui relativi servizi di installazione, in
proporzione alla lunghezza del cavo installata nel proprio territorio.
Quanto, infine, al trattamento della parte dell’operazione che ricade in una zona non
appartenente alla Comunità, dopo avere ricordato l’ambito di applicazione territoriale della
sesta direttiva e la normativa del diritto internazionale, la corte ha dichiarato che non deve
essere assoggettata all’Iva la parte dell’operazione che viene effettuata nella cosiddetta zona
economica esclusiva, sulla piattaforma continentale e in alto mare.
4.2.2 Cessioni con istallazione a destinazione
A decorrere dal 1° gennaio 1993, in occasione dell’introduzione della disciplina
(transitoria) degli scambi intracomunitari, è stata inserita una previsione diretta a
considerare territoriali le cessioni di beni, anche in dipendenza di contratti di appalto,
d’opera e simili (cfr. al riguardo la circolare 23 febbraio 1994, n. 13, del ministero delle
finanze) provenienti da altro stato membro, che vengono installati, montati o assiemati nel
territorio dello stato dal fornitore o per suo conto. In pratica, la prestazione complementare
(installazione, montaggio, ecc.) “a destino” sradica l’operazione principale, ossia il
trasferimento della proprietà, dal territorio di partenza per attrarla nel territorio di arrivo dei
beni.
E’ il caso, ad esempio, della vendita di un macchinario che il fornitore tedesco si
impegna a installare a destinazione dell’acquirente italiano: questa operazione non
configura una cessione intracomunitaria in Germania né, specularmente, un acquisto
intracomunitario in Italia, bensì una cessione interna nel territorio italiano (nel senso
dell’esclusione dell’acquisto intracomunitario, nel caso di specie, dispone correttamente
l’art. 38, comma 5, lett. b del dl n. 331/93 del dl 30 agosto 1993, n. 331, recante il
recepimento della predetta disciplina transitoria degli scambi intracomunitari).
Occorre precisare che si prescinde dallo status dell’acquirente, essendo ininfluente
che si tratti di un soggetto passivo oppure di un privato consumatore (circostanza che
assume rilievo, invece, per individuare il soggetto tenuto ai conseguenti adempimenti, ossia
il “debitore dell’imposta”).
La disciplina delle cessioni con istallazione appena descritta è definita, a livello
comunitario, nell’art. 36 della direttiva 112 del 2006, secondo cui quando il bene deve
essere installato o montato con o senza collaudo da parte del fornitore o per suo conto, si
considera come luogo di cessione il luogo dove avviene l’installazione o il montaggio;
qualora l’installazione o il montaggio siano effettuati in uno stato membro diverso da quello
del fornitore, lo stato membro all’interno del quale avviene l’installazione o il montaggio
adotta le misure necessarie per evitare una doppia imposizione in quest’ultimo stato.
Identico trattamento deve applicarsi, ovviamente, alla speculare fattispecie delle
cessioni “in uscita” dall’Italia e dirette verso un altro stato membro, con installazione a cura
o per conto del fornitore. Di conseguenza, la cessione di un macchinario che il fornitore
italiano si impegna a installare a destinazione dell’acquirente tedesco, ad esempio, dovrebbe
configurare una cessione “fuori campo” per mancanza di territorialità in Italia, in quanto il
luogo dell’operazione è il paese di destinazione, cioè la Germania. Le cose, però, non stanno
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esattamente in questi termini, perché l’art. 41, comma 1, lett. c), del citato dl n. 331/93,
qualifica (impropriamente) cessioni intracomunitarie non imponibili “le cessioni, con
spedizione o trasporto dal territorio dello stato, nel territorio di altro stato membro di beni
destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati da parte del fornitore o per suo conto”.
Per effetto di questa asimmetria domestica delle operazioni in esame, le cessioni “in
uscita” non sono qualificabili extraterritoriali, come dovrebbe essere, ma costituiscono
operazioni non imponibili e pertanto, ai sensi del successivo comma 4 del medesimo art.
41, concorrono alla formazione del “plafond”.
4.2.3 Cessioni a viaggiatori
Ai sensi dell’art. 7-bis, comma 2, lett. a), si considerano effettuate nel territorio dello
stato le cessioni di beni nei confronti di passeggeri nel corso di un trasporto
intracomunitario a mezzo di navi, aeromobili e treni, se il trasporto ha inizio nel territorio
dello stato.
Ai predetti fini si considera:
- intracomunitario il trasporto con luogo di partenza e di arrivo situati in stati membri
diversi
- luogo di partenza quello di primo punto di imbarco dei passeggeri
- luogo di arrivo quello dell’ultimo punto di sbarco.
La corrispondente disposizione comunitaria, contenuta nell’art. 38 della direttiva n.
112 del 2006, precisa che si considera parte di un trasporto di passeggeri effettuata
all’interno della Comunità la parte di trasporto effettuata senza scalo fuori della Comunità
tra il luogo di partenza e il luogo di arrivo del trasporto di passeggeri.
Sull’argomento, con sentenza 15 settembre 2005, C-58/04, la corte di giustizia ha
statuito che la sosta effettuata da una nave nel porto di un paese terzo, nel corso della quale i
viaggiatori possono sbarcare a terra, anche per breve tempo, costituisce “scalo fuori della
Comunità” ai sensi della disposizione in esame. Pertanto, qualsiasi cessione di beni
effettuata su una nave nel corso di tale sosta è considerata realizzata fuori dell’ambito di
applicazione della sesta direttiva, rientrando in tal caso il trattamento fiscale della cessione
di beni nella potestà tributaria dello stato del luogo di scalo. La pronuncia pone
problematiche di non poco momento, concernenti, da un lato, le modalità di rilevazione
delle cessioni non soggette ad Iva in quanto extraterritoriali e, dall’altro, l’applicazione, sui
beni oggetto di tali cessioni, dell’imposta all’atto del rientro nel territorio della Comunità.
4.2.4 Cessioni di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo mediante reti
Il trattamento delle cessioni di energia elettrica e gas naturale è stato modificato dalla
direttiva 2003/92/CE del 7 ottobre 2003, che ha introdotto disposizioni atte a disciplinare in
modo speciale il criterio della territorialità, poi trasfuse negli artt. 38 e 39 della direttiva 112
del 2006.
Tali modifiche, ancora prima del formale recepimento, avvenuto con dlgs.
15/12/2005, n. 294, sono state illustrate dall’agenzia delle entrate con la circolare n. 54 del
23 dicembre 2004, sul presupposto che, come si legge nel documento, le disposizioni della
direttiva 2003/92 sono direttamente applicabili, a decorrere dal 1° gennaio 2005, in quanto
F. Ricca – LA TERRITORIALITÀ NELL’IVA – Marzo 2013
sufficientemente precise e dettagliate.9 Si riportano, di seguito, le istruzioni impartite
dall’agenzia.
Territorialità delle operazioni
Il gas e l’energia elettrica sono considerati beni fisici la cui cessione è
territorialmente rilevante, secondo il criterio generale della direttiva, nel luogo in cui i beni
si trovano all’atto del trasferimento della proprietà, ovvero, nel caso in cui i beni siano
spediti o trasportati, nel luogo in cui si trovano nel momento in cui ha inizio la spedizione
o il trasporto.
Tuttavia, per talune fattispecie, caratterizzate dalla modalità del trasporto nonché
dalla qualità del soggetto cessionario, è stato previsto il trattamento speciale appresso
descritto.
Ambito oggettivo
Dal punto di vista oggettivo, la particolare disciplina introdotta dalla direttiva
2003/92/CE riguarda le cessioni di gas che avvengono attraverso la rete di distribuzione del
gas naturale e di energia elettrica. Mentre l’energia elettrica, per sua natura, è fornita,
comunque, attraverso la propria rete di distribuzione, il gas può essere trasportato e fornito
attraverso sistemi diversi: la nuova disciplina, riguardando solo le cessioni effettuate
attraverso la rete di distribuzione, non interessa pertanto quelle effettuate con sistemi
diversi, ad esempio le cessioni di gas in bombole.
Per quanto riguarda la portata del concetto di “rete di distribuzione”, si può fare
riferimento alle definizioni contenute nella direttiva 2003/55/CE del 26 giugno 2003,
intendendo quindi la locuzione in senso ampio, con riferimento cioè all’intero sistema di
trasporto del gas, che include:
- la rete di trasporto (rete di distribuzione primaria - gasdotti ad alta pressione),
- la rete di distribuzione (rete di distribuzione secondaria - gasdotti locali o regionali),
- gli impianti di stoccaggio.
Ambito soggettivo
Dal punto di vista soggettivo, il nuovo sistema prevede due distinte figure di
cessionario, a seconda che trattasi di soggetto rivenditore ovvero di soggetto diverso.
a) Cessioni nei confronti di soggetti rivenditori
La prima categoria di soggetti è rappresentata dai “soggetti passivi-rivenditori”, che
sono coloro che svolgono come attività principale, per quanto riguarda l’acquisto di gas e di
elettricità, la rivendita dei prodotti. La qualificazione di “rivenditore” non viene meno se
una parte del prodotto acquistato sia destinata agli immediati bisogni del soggetto stesso,
nell’ambito dell’esercizio della sua attività economica, a condizione che tale uso e consumo
sia di trascurabile entità.
Le cessioni di gas e di energia elettrica nei confronti di tali soggetti si considerano
effettuate in Italia qualora il cessionario:
- sia domiciliato nel territorio dello Stato, oppure
- sia residente nel territorio dello Stato e non abbia il domicilio all’estero, oppure
- sia una stabile organizzazione nazionale di soggetto domiciliato o residente all’estero.
Al contrario, le cessioni effettuate nei confronti di soggetti rivenditori esteri non si
9
In materia, è intervenuta anche l’agenzia delle dogane con la circolare n. 79 del 24/12/2004.
F. Ricca – LA TERRITORIALITÀ NELL’IVA – Marzo 2013
considerano territorialmente rilevanti in Italia.
In considerazione di tali regole, con risoluzione n. 79 del 26 aprile 2007 è stato
dichiarato che le cessioni di gas nei confronti di una società svizzera, che acquista il
combustibile al fine di produrre energia elettrica da destinare alla commercializzazione, non
sono soggette all’Iva in Italia, dovendosi riconoscere all’acquirente la qualifica di soggetto
passivo rivenditore, in quanto l’acquisto del gas non è finalizzato al consumo.
b) Cessioni effettuate nei confronti di soggetti diversi
Tali cessioni sono effettuate nei confronti di soggetti che acquistano i prodotti per il
consumo finale; esse si considerano effettuate nel territorio dello stato qualora il prodotto
sia effettivamente utilizzato/consumato nel territorio stesso.
I soggetti interessati da queste operazioni possono essere sia soggetti passivi (diversi
dai rivenditori) sia privati consumatori. In sostanza, per gli acquisti destinati al consumo
finale, si può dire che il luogo di tassazione è quello in cui è situato il contatore del cliente.
Può verificarsi che il soggetto passivo cessionario, che ha acquistato i prodotti per
consumarli, non li consumi in Italia, in tutto o in parte. In tal caso, limitatamente alla parte
non consumata in Italia, l’originaria cessione si considera effettuata nel territorio dello stato
se il cessionario è ivi domiciliato, residente o abbia una stabile organizzazione. In sostanza,
in questa ipotesi, pur non essendo il soggetto qualificabile come “rivenditore”, di fatto si
utilizza la stessa regola prevista per i rivenditori, in considerazione del fatto che in ogni caso
i beni risulterebbero tassati definitivamente nel paese di consumo.
Prestazioni di servizio connesse
La disciplina particolare coinvolgeva anche talune tipologie di servizi strettamente
connessi con la fornitura di energia elettrica e gas, e precisamente:
- i servizi relativi alla concessione dell’accesso ai sistemi di distribuzione di gas naturale o
di energia elettrica
- i servizi di trasporto o trasmissione mediante gli stessi
- la fornitura di altri servizi direttamente collegati.
Le prime due tipologie sono riferibili a servizi strettamente connessi con il
trasporto dei beni, mentre la terza categoria richiede ulteriori approfondimenti.
Per il settore del gas detti servizi possono essere ricondotti ad ipotesi quali la
modulazione, lo stoccaggio, la rigassificazione del gas liquido, in quanto sono tutte
operazioni direttamente collegate alle reti di distribuzione; per l’energia elettrica, i servizi
interessati vanno individuati in quelli relativi agli impianti di trasformazione per aumentare
e/o ridurre la tensione ai fini della trasmissione.
Per la disciplina ai fini della territorialità si rinvia alla successiva trattazione delle
prestazioni di servizi.
Obblighi dei contribuenti
Per quanto riguarda il debitore dell’imposta, la direttiva prescrive il ricorso
obbligatorio al sistema dell’inversione contabile in tutti i casi in cui il fornitore del bene o
del servizio sia un soggetto non stabilito nel paese di effettuazione dell’operazione (tale
sistema, come si dirà più avanti, è oramai la regola generale per tutte le operazioni poste in
essere da soggetti esteri nei confronti di soggetti passivi residenti).
Pertanto, qualora l’operazione sia territorialmente rilevante in Italia, l’imposta dovrà
essere assolta dal cessionario o committente soggetto passivo mediante l'emissione di
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autofattura.
Qualora il cessionario o committente sia invece un privato consumatore, il cedente o
prestatore del servizio non residente sarà tenuto ad identificarsi o a nominare un
rappresentante fiscale in Italia, al fine di assolvere gli obblighi d’imposta.
Importazioni ed esportazioni
Il nuovo sistema di tassazione delle cessioni di gas e di energia elettrica
“retetrasportati” è accompagnato da un meccanismo di detassazione delle importazioni:
all’atto della materiale introduzione di detti beni, infatti, pur dovendosi adempiere agli
obblighi doganali, l’importazione non sarà soggetta all’imposta in dogana, come prevede
l’art. 68, lett. g-bis, del dpr 633/72.
Le operazioni di esportazione dei prodotti in discorso, con l’espletamento delle
relative formalità doganali, sono considerate a tutti gli effetti cessioni all'esportazione ai
sensi dell’art. 8 del dpr 633/72.
Le cessioni che non risultano territorialmente rilevanti in Italia, infine, pur non
costituendo esportazioni, consentono la detrazione dell’Iva “a monte”.
Estensione della disciplina speciale
La direttiva 2009/162/UE del 22 dicembre 2009, modificando l’art. 38 della direttiva
2006/112/CE, ha esteso i criteri speciali in esame anche alle cessioni:
- di gas trasportato mediante gasdotti che non fanno parte della rete di distribuzione, in
particolare i gasdotti della rete di trasporto (in pratica, il criterio particolare abbraccia tutte
le cessioni di gas mediante ogni sistema di gas naturale situato nel territorio della Comunità
o ogni rete connessa a tale sistema)
- di calore o di freddo mediante reti.
Questo perché le suddette operazioni presentano le stesse problematiche del gas e
dell’energia elettrica.
In relazione alla modifica del luogo della cessione, la direttiva ha apportato inoltre le
necessarie modifiche di coordinamento, stabilendo:
- che le cessioni dei suddetti beni non costituiscono cessioni-acquisti intracomunitari
- l’esenzione dall’Iva per l’importazione dei beni stessi (compreso il gas immesso nel
sistema da una nave)
- il conseguente adattamento delle previsioni in materia di prestazioni di servizi di fornitura
di accesso al sistema e di prestazioni di servizi direttamente collegati.
Gli stati membri avevano l’obbligo di adottare le disposizioni di recepimento della
direttiva in modo da consentire l’avvio delle nuove regole a partire dal 1° gennaio 2011.
Nell’ordinamento interno, il recepimento è avvenuto con l’art. 8 della legge 15
dicembre 2011, n. 217, con effetto per le operazioni effettuate dal 17 marzo 2012.
F. Ricca – LA TERRITORIALITÀ NELL’IVA – Marzo 2013
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