Impariamo a respirare
EV-K2-CNR, il progetto Share
e l’inquinamento indoor
I
l progetto SHARE, Stations at High Altitude for Research in the Environment, intende promuovere lo studio
degli impatti dei cambiamenti climatici attraverso osservazioni scientifiche in regioni d’alta quota. Un contributo
alla conoscenza dei cambiamenti di clima a livello regionale e globale. In particolare, sono state installate delle
stazioni di rilevamento climatico/ambientale per il monitoraggio continuo della composizione atmosferica. SHARE
è stato lanciato due anni fa dall’associazione “Comitato
Ev-K2-CNR”, un ente privato autonomo che, in collaborazione con il CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, propone e realizza progetti di ricerca scientifica e tecnologica
in alta quota. Le indagini si concentrano soprattutto nelle
aree montuose dell’Hindu Kush, Karakorum, Himalaya, in
Pakistan, Tibet, India e Bhutan. In Nepal, il Comitato EvK2-CNR ha creato e gestisce il Laboratorio-Osservatorio
Piramide, a 5050 metri di quota sul versante nepalese del
monte Everest. L’osservatorio è divenuto negli anni punto di riferimento della ricerca internazionale sulla Fisiologia d’Alta quota. Nella valle del Khumbu, in Nepal, ci sono
tre stazioni (a Lukla, Namche Bazar e Campo Base Everest) che forniscono informazioni continue sulla presenza
e quantità di inquinamento ambientale outdoor (esterno),
qui inaspettatamente presente anche se a concentrazioni
molto basse. L’evolversi delle conoscenze scientifiche e
il divario sempre più ampio tra mondo occidentale e i cosiddetti Paesi in via di sviluppo, hanno portato a una progressiva modifica degli obiettivi della ricerca. Gli studi hanno infatti iniziato a rivolgersi non più solo agli adattamenti
dell’organismo sano (nativo o non nativo) all’alta quota, ma
anche alle esigenze di salute della popolazione residente.
Le popolazioni che vivono nella valle del Khumbu, come
spesso accade nei Paesi in via di sviluppo, sono esposte a
un’elevata concentrazione di inquinamento indoor, interno
cioè alle mura di casa. Gli abitanti della valle usano infatti
biomasse (legna, sterco, residui del raccolto) che bruciano
in bracieri aperti, spesso in assenza di camini, per il riscaldamento e la cucina. Le ore di esposizione alla fonte di
inquinamento variano tra le 3 e le 24 ore a seconda della
stagione e della quota (le basse temperature necessitano
di bracieri sempre accesi). Ci troviamo quindi di fronte a
un campione particolare di popolazione con un’abitudine
al fumo di sigaretta molto bassa, che vive in un ambiente
senza traffico né insediamenti industriali, ma che è esposta a un’elevata concentrazione di inquinamento indoor. E’
questo a causare numerose patologie, soprattutto respiratorie e cardiovascolari. SHARE si è posto allora l’obiettivo
di studiare l’incidenza della Bronco Pneumopatia Cronica
Impariamo a respirare
Impariamo a respirare
Perché e obiettivi
“B
reathing Himalaya: Impariamo a respirare” è
un’iniziativa educazionale che intende offrire a scuole, associazioni, famiglie, enti o persone attivi nel campo della salute e dell’educazione, un
“pacchetto” di documentazione e approfondimento su una
esperienza tutta italiana di studio e solidarietà. Il progetto
è realizzato dal Comitato “Ev-K2-CNR” e Interactivecom
in collaborazione con l’Università di Ferrara e con il sostegno e patrocinio di importanti realtà pubbliche e private. Da
questa esperienza si potranno ricevere una serie di indicazioni molto importanti, quali:
1. la necessità di abbattere le fonti inquinanti o almeno ridurre l’esposizione ai fattori di rischio attraverso una corretta strategia preventiva e una maggiore consapevolezza
2. i progressi della ricerca scientifica con la possibilità di
eseguire - anche in ambienti “difficili” - alcune tecniche
diagnostiche
3. l’importanza della spirometria per una diagnosi precoce
Ostruttiva (BPCO) e del danno endoteliale precoce in queste popolazioni non esposte ad altre fonti di inquinamento.
La BPCO è una malattia molto diffusa e in aumento nel
mondo, che può portare problemi respiratori anche molto
gravi. Allo studio partecipano anche medici nepalesi, uno
dei quali addestrato in Italia nell’esecuzione e interpretazione della spirometria, un esame che valuta le capacità
del respiro. Si vuole anche insegnare l’uso di tecnologie e
conoscenze agli specialisti locali: mostrare come si esegue la spirometria ad alcuni medici nepalesi e fornirli di
uno strumento semplice, portatile, ma rigoroso per eseguire uno screening nella popolazione. E iniziare campagne
educazionali sulla salute respiratoria. Una preziosa opportunità di svolgere una rigorosa attività scientifica in un ambiente particolare. Un mondo agricolo e montanaro rimasto
allo stesso livello di sviluppo di infrastrutture e tecnologie
del mondo occidentale all’inizio del XX secolo. Per la prima volta in quella popolazione, l’approccio diagnostico alla
patologia respiratoria non si baserà solo sulla clinica, ma
utilizzerà anche la tecnologia con strumenti che per noi
sono ormai indispensabili. Si verificherà quindi l’importanza degli esami strumentali per la diagnosi delle patologie
respiratorie, dimostrando come sia possibile eseguire correttamente un esame di funzionalità respiratoria e come si
riesca ad eseguire correttamente la spirometria anche in
situazioni disagiate, al di fuori dell’abituale laboratorio. BH
della BPCO, grave malattia che colpisce l’apparato respiratorio
4. l’attività di ricerca italiana in zone remote extraeuropee
5. il trasferimento di tecnologie a medici dei Paesi in via di
sviluppo.
In particolare, la problematica della BPCO (Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva), della sua diagnosi, prevenzione e cura, verrà “letta” attraverso quanto il progetto di
studio della Professoressa Annalisa Cogo, professore associato presso l’Università di Ferrara e Direttore del Centro Studi Biomedici Applicati allo Sport, e dei suoi collaboratori ha verificato nell’esperienza himalayana. L’obiettivo
è contrastare in modo sempre più efficace una patologia
respiratoria che si presenta anche da noi ancora in costante crescita. Sensibilizzazione e informazione, soprattutto
del pubblico più giovane, possono infatti contribuire a una
diagnosi sempre più precoce della patologia nelle sue fasi
iniziali, migliorando i risultati delle terapie disponibili. BH
Asia, Nepal
e la regione Sherpa
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Il mondo Sherpa
Il Solu Khumbu
L
a crescente popolarità del trekking al campo base
dell’Everest (Sagarmatha in nepali e sanscrito,
Chomolongma in tibetano e lingua Sherpa) così
come le sempre più numerose spedizioni alpinistiche per
raggiungerne la vetta hanno contribuito a fare di questa
regione del nord del Nepal una meta turistica di eccezionale
richiamo per viaggiatori di ogni parte del mondo. Le fitte
foreste di pini himalayani, i fiumi generati dai ghiacciai,
le numerose cascate stagionali e perenni, i meravigliosi
scorci sugli “ottomila” sono le più note “cartoline” dal Solu
Khumbu, la terra del popolo Sherpa, un’etnia proveniente
dalla Mongolia e successivamente dal Tibet, stabilitasi qui
da circa 500 anni. Villaggi Sherpa quali Lukla (principale
aeroporto della regione), Phakding, Namche Bazar hanno
oggi finito con l’assumere l’aspetto di località montane
occidentali, con un sempre maggior numero di lodge,
caffetterie e ristoranti, nei quali la TV satellitare permette di
seguire partite del rugby australiano o del football inglese.
A dispetto della sua popolarità, però, il trekking al campo base
dell’Everest rimane uno dei percorsi più duri dell’Himalaya
nepalese, snodandosi in un continuo saliscendi tra valli e
cime, con un dislivello complessivo di oltre 9000 metri. BH
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La popolazione
P
astori nomadi originari dell’altopiano tibetico, gli
Sherpa introdussero il buddismo tibetano nel
Solu Khumbu e con esso le tipiche architetture
devozionali dei gompa (monasteri) e dei chorten (reliquiarii,
idealmente dei resti del Buddha altrimenti di oggetti ritenuti
sacri), più noti con la parola sanscrita stupa. La società
Sherpa è individualista e non contempla alcuna gerarchia
legata alla casta. Ogni primogenito dopo la maggiore età e
con il matrimonio “taglia i ponti” con la famiglia di origine,
spesso abbandonando il villaggio di origine. Secondo l’uso
tibetano la donna Sherpa è piuttosto indipendente e - fino a
pochi anni fa - era diffusa la “poliandria” ovvero la possibilità
per la donna di avere due mariti, in genere fratelli o cugini,
scelta questa anche favorita dalle necessità delle attività
economiche tradizionali. Con il diffondersi della cultura
occidentale tale usanza pare essersi perduta, così come
quella che voleva i figli maschi non primogeniti o gli anziani
che perdono il coniuge, destinati alla vita monastica e al
ritiro in un gompa. BH
Italia e Nepal,
Giuseppe Tucci
Il grande orientalista Giuseppe Tucci alternò ai viaggi
in Tibet numerosi soggiorni in Nepal. All’epoca, siamo
negli anni ‘50, il Nepal era una terra tenacemente serrata
e proibita agli stranieri per volere della monarchia allora
al potere. In poche frasi Tucci ce ne dà una immagine
per molti versi ancora attuale: un paese in veloce
trasformazione con un profondo legame alla tradizione,
capace, dopo alterne e drammatiche vicende, di voltare
nel 2008 le spalle alla dinastia reale di Gyanendra,
scegliendo per la Repubblica. Viaggiare in Nepal, dalla
capitale Katmandu alle più lontane regioni occidentali,
significa ancora oggi entrare in un patchwork geografico,
culturale ed etnico assolutamente originale e per molti
versi sorprendente. Con più di 100 gruppi etnici, circa
50 lingue, quattro religioni principali (predominante
l’induismo, il buddismo precede cristianesimo e islam,
ma sono ancora presenti il bon, l’antica religione
tibetana e numerosi credo collegati alla natura) e un
territorio che va dalle giungle tropicali del Terai alla
catena Himalayana. Prima di Tucci i rapporti tra Italia
e Nepal risalivano ai “viaggi di missionari che nel 1700
vi penetrarono (…) vi predicarono e costruirono una
piccola chiesa” in quella che oggi è un’area centrale di
Katmandu. La città che affascinò dalla fine degli anni
’60 quella crescente marea di viaggiatori occidentali che
sulle orme della beat generation e dei Beatles, sempre
più numerosi arrivavano in Nepal. Poi il popolo dei
trekker e degli appassionati della montagna ha preso il
posto di quella generazione di viaggiatori, facendo del
Nepal una delle destinazioni più popolari dell’intero sub
continente indiano.
La bandiera del Nepal, l’unica bandiera
doppia del mondo, di cui i nepalesi vanno
molto fieri. E’ stata cambiata lievemente
diverse volte ma la struttura doppia, il colore
rosso e il sole sono stati sempre mantenuti.
Impariamo a respirare
Impariamo a respirare
Le abitazioni
L
a tradizionale abitazione tibetana che gli Sherpa
hanno introdotto nel Khumbu era (e in parte è
ancora) una “macchina abitativa” che doveva
consentire agli abitanti la sopravvivenza a quote elevate,
con molti mesi di freddo intenso. L’attuale habitat ha visto
numerose modificazioni, la più evidente l’abbandono
del tradizionale tetto piatto a favore dello spiovente e la
progressiva sostituzione delle tegole in pietra con la lamiera
ondulata. In ben poche case del Khumbu oggi uomini e
animali condividono gli stessi spazi, come in passato e in
più modeste condizioni economiche. Restano però ben
riconoscibili gli ampi vani destinati alla conservazione
degli alimenti, le grandi cucine, spesso ancora prive di
canne fumarie e alimentate con biomasse, secondo una
disposizione che riesce a organizzare in pochi metri gli spazi
per ogni attività, non dimenticando la pratica devozionale.
In ogni abitazione incontriamo infatti minuscoli altari, foto
del Dalai Lama, luci votive e libri sacri della tradizione
buddista tibetana. BH
Cultura materiale e lavoro
A
llevamento nomadico e colture stagionali, queste
erano le basi della economia Sherpa fino a qualche
decennio fa. Con l’inizio della buona stagione (intorno
alla fine di marzo) si risale di quota dai villaggi principali,
permanenti, per cominciare il lavoro dei campi (dove si
coltiva principalmente orzo ed è stata progressivamente
introdotta la patata). Poi in estate chi possiede yak si sposta
a quote ancora superiori, intorno ai 4500 metri, negli yersa,
equivalente dei nostri alpeggi. Il sempre maggiore afflusso
turistico verso l’Himalaya nepalese ha però accelerato
il fenomeno già diffuso dell’abbandono delle attività
economiche tradizionali a favore del lavoro come portatore
(di cui Sherpa è addirittura, erroneamente, divenuto
sinonimo) o come alpinista. Il prestigio e la considerazione
sociale della scelta monastica hanno lasciato il posto
dall’inizio degli anni ’80 alla ricerca di un impiego nelle
spedizioni e viaggi himalayani. La fatica di un portatore è
certo meglio remunerata di quella di un allevatore nomade
e molti Sherpa sono oggi titolari di attività legate al turismo
o scelgono di emigrare a Katmandu per impiantarvi qualche
impresa. BH
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La religione
L
’onnipresenza del mantra “om mani padme hum” (lett.
“saluto il gioiello nel loto”) ribadita dagli innumerevoli
muri mani (ovvero dove sono incisi mantra) e dalle
moltitudini di bandiere da preghiera che si osservano
all’ingresso e all’uscita dei villaggi come nei pressi di un
chorten o di un ponte sospeso, testimonia come nella
visione buddista l’uomo sia in profonda relazione con la
natura che lo circonda, in una visione universale di unione.
Il buddismo tibetano, diffuso grazie alla migrazione Sherpa
nella regione, vi pervenne con i suoi profondi legami con
l’antica tradizione bon, ricca di aspetti demonistici e magici
come di divinità tradizionali che non vennero del tutto
abbandonate ma si integrarono con la filosofia buddista
nella tradizione popolare, dando luogo a un pantheon a
prima vista molto complesso.
Al centro del sistema religioso era il gompa, il monastero, i
cui abati godevano in passato un notevole potere temporale,
facendo parlare di una vera e propria teocrazia, in passato
definita lamaismo. Con i radicali cambiamenti intervenuti
oggi, i monasteri hanno perso progressivamente la loro
importanza, vivendo anche una crisi vocazionale molto
profonda. Per quanto il sentimento religioso sia ancora
presente tra gli Sherpa, sempre meno giovani intraprendono
la vita ecclesiale, spopolando anche il gompa di Tengboche,
il maggiore centro monastico del Khumbu. BH
“OM MANI PADME HUM”
Le bandiere di preghiera incorniciano i reliquiari
spruzzati di calce bianca, i chorten, costeggiano i
ponti, addobbano templi e stupa, case e altari. Quattro
prayer flags, dette chattar in tibetano, erano legate alla
piccozza di Tenzing Norgay durante la storica scalata
della vetta dell’Everest nel 1953, insieme all’esploratore
neozelandese Edmund Hillary. Sono blu, bianche,
gialle, rosse e verdi secondo una precisa simbologia.
Blu: Aria/Cielo, Bianco: Spazio, Rosso: Fuoco, Verde:
Acqua: Giallo: Terra. Il loro sventolio nel vento porta
lontano, in ogni angolo dell’universo, a beneficio di
ogni essere vivente, benedizioni, brevi preghiere e “il
mantra dei mantra” OM MANI PADME HUM. Ma qual
è il significato di questa frase sanscrita (la pronuncia
tibetana è leggermente diversa OM MA NI PAD ME
HUNG), onnipresente nei luoghi del buddismo?
Il Buddha storico, il principe nepalese Siddharta
Gauthama, nato a Lumbini nel 586 a.C., amava dire che
era impossibile descrivere quanta energia positiva si
creasse con la recitazione di questo mantra. In Occidente
ci si è limitati a tradurre con “Salve gioiello nel fiore di
loto”, ma ovviamente la forza del mantra ne travalica
in chiave simbolica il significato puramente verbale.
Tra le moltissime interpretazioni, che ne abbracciano
aspetti diversi, le autrici Olga Amman (etnologa) e
Giulia Barletta (geografa) spiegano che la recitazione
del mantra aiuta la realizzazione delle sei perfezioni
morali: OM la generosità, MA la buona condotta, NI
la pazienza, PE la perseveranza entusiastica, ME la
meditazione, HUM la conoscenza.
Everest 1953, Hillary e Tensing
“Agitai in aria le braccia, poi le buttai al collo di Hillary e
ci demmo grandi manate sulla schiena, tanto da restare
senza fiato nonostante l’ossigeno. Poi ci guardammo
intorno. Erano le 11.30 del mattino, splendeva il sole
e il cielo era dell’azzurro più profondo che avessi mai
visto”. Così Tenzing Norgay Sherpa descrive l’attimo
nel quale, con il neozelandese Edmund Hillary,
compirono l’impresa storica di raggiungere per primi
– il 29 maggio 1953 – la vetta dell’Everest. Impresa
che già molte generazioni di scalatori avevano tentato
invano, lasciando un pesante tributo di vite umane
al sogno di guardare dall’alto il resto del pianeta. Nel
regno dell’aria sottile non si fanno sconti. Prima e dopo
Tenzing e Hillary, dal 1922 al 2001, 172 scalatori hanno
perso la vita sulle pendici ghiacciate della montagna.
La loro impresa, con i mezzi pionieristici dell’epoca
che oggi possono farci sorridere, ci riporta all’essenza
della sfida senza fine che l’uomo lancia ai propri limiti.
A Mallory, il grande alpinista inglese che pagò con la
vita il suo tentativo del 1924, un cronista chiese “perché
l’Everest?” e lui, semplicemente rispose “perché è lì”.
Nel suo libro “Primi sull’Everest” (Piemme 2003) Tenzing
ce ne offre una fotografia incredibilmente emozionante
“…più in l’intera fuga della più grande catena del mondo
pareva solo una serie di collinette sotto la vasta volta
del cielo. Uno spettacolo che non avrei mai più rivisto;
selvaggio, meraviglioso e terribile. Amavo troppo le
montagne. Amavo troppo l’Everest”.
Bibliografia consigliata
O. Amman, G. Barletta, Nella terra degli dei, Dall’Oglio, 1982
A. David-Néel, Mistici e maghi del Tibet, Astrolabio-Ubaldini, 1965
C. von Fuhrer-Haimendorf, The Sherpas of Nepal, Chessler Books, 1964
F. Maraini, Segreto Tibet, (nuova edizione) Corbaccio, 1998
F. Maraini, Incontro con l’Asia, Laterza, 1973
J. Tenzing Norgay, Lo Sherpa, Piemme, 2001
J. e T. Tenzing, Gli Sherpa dell’Everest, Piemme, 2002
G. Tucci, Nel paese delle donne dai molti mariti, (raccolta) Neri Pozza, 2005
G. Tucci, Le religioni del Tibet, Mondadori, 1987
P. Verni, Mustang, ultimo Tibet, (pref. F. Maraini) Corbaccio, 1994
Viaggio all’interno
dei nostri polmoni
I compiti che svolgono
I loro nemici
La funzione principale della respirazione è quella di
introdurre l’ossigeno (02) nell’organismo e di eliminare
l’anidride carbonica (CO2). Attraverso i polmoni, l’ossigeno
passa nel sangue dove si lega all’emoglobina contenuta
nei globuli rossi e viene trasportato in tutto l’organismo,
fino ai mitocondri microstrutture situate all’interno delle
cellule, dove viene utilizzato per produrre energia.
I polmoni sono una struttura elastica nella quale sono
inserite le vie aeree, o bronchi. Questa sorta di “tubi” si
ramificano, diventando sempre più strette, corte e fitte
quanto più profondamente si addentrano nel polmone.
I bronchi più piccoli sfociano negli alveoli, piccolissime
strutture dove avviene lo scambio tra ossigeno e anidride
carbonica.
Lungo le vie aeree sono presenti cellule in grado di
produrre un fluido viscoso, detto muco. Il compito di questa
sostanza è quello di catturare le particelle estranee che
si trovano nell’aria respirata. Le “cilia”, filamenti di cellule
ciliate, provvedono poi a spingere il muco verso le vie aeree
superiori. Le particelle di dimensioni più piccole sfuggono
però a questo sistema di controllo.
Essendo dunque il “cancello” tra l’ambiente esterno e
l’organismo, il polmone è il primo bersaglio delle particelle
nocive che inaliamo.
Le particelle nocive per l’organismo sono: fumo di sigaretta
(si parla di inquinamento autoindotto) e fumo passivo.
L’inquinamento degli ambienti esterni e interni. Le polveri
e le sostanze chimiche inalate in ambienti professionali.
Questi elementi dannosi quando vengono inalati causano
infiammazione sulle pareti delle vie aeree. Questo
processo provoca una maggiore produzione di muco,
l’ispessimento della parete e una conseguente riduzione
del calibro dei bronchi. Inoltre le cilia rallentano la propria
attività, provocando ristagno di muco. Successivamente
viene danneggiata tutta la struttura dei polmoni, con
riduzione dell’elasticità e distruzione delle pareti degli
alveoli (fenomeno noto con il nome di enfisema).
Quando aumenta la ventilazione, cioè l’azione per cui
una certa quantità di aria entra ed esce dall’apparato
respiratorio ogni minuto, aumenta anche la quantità di
inquinanti inalata. Inoltre, quando si ventila molto, si tende
a respirare attraverso la bocca, “saltando” i meccanismi di
filtrazione del naso. Succede ad esempio quando si compie
un’attività sportiva. Le sostanze irritanti e inquinanti in tal
modo arrivano più in profondità.
Il fumo di sigaretta
L’abitudine di fumare è una dipendenza e come tale deve
essere trattata. Una sigaretta contiene una miriade di
sostanze nocive. Innanzitutto la nicotina, una sostanza
che in pochi secondi arriva al cervello provocando un
senso di benessere. E facendo sì che il fumatore cerchi
sempre un’altra sigaretta e non riesca più a farne a meno.
Sono almeno 4000 le sostanze dannose di una sigaretta
che hanno un effetto cancerogeno e irritante. I bronchi si
infiammano determinando una maggiore produzione di
muco. Una sigaretta contiene anche monossido di carbonio
(CO) che si lega all’emoglobina causando una minore
disponibilità dell’ossigeno nell’organismo.
La BPCO
LA BPCO, sigla per Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva, è una malattia respiratoria cronica caratterizzata dalla presenza
di tosse e catarro e da una progressiva e irreversibile riduzione del calibro delle vie aeree. Questi fenomeni sono provocati
da un’infiammazione causata dall’inalazione di fumo di sigaretta o di altri elementi inquinanti. La BPCO è però un disturbo
prevenibile. E’ una malattia frequente e in continua crescita. Se ne prevede un aumento nei prossimi 20 anni. Interessa
entrambi i sessi, anche se è in aumento soprattutto nelle donne. E’ importante anche l’età: oltre la metà dei fumatori con
più di 60 anni presenta tosse e catarro. Il 4-6% degli adulti europei soffre di BPCO. La malattia che rappresenta la quinta
causa di morte nel mondo. Nel 2000 l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha stimato che ci siano state 2,8 milioni
di morti per questa malattia.
Come riconoscerla...
La spirometria è l’esame che serve a valutare la
presenza di problemi respiratori, in particolare la
presenza di riduzione del calibro dei bronchi, o
ostruzione bronchiale. Consiste nel far inspirare
ed espirare una persona fino al massimo delle
sue capacità attraverso un boccaglio collegato a
un apparecchio. La macchina (spirometro) misura
i volumi e i flussi di aria respirata. E’ l’esame più
importante per la diagnosi di BPCO.
... e prevenirla
Questionario per l’identificazione precoce dei pazienti con
BPCO. Potrebbe trattarsi di BPCO?
- Hai tosse e catarro frequentemente?
- Fai fatica a respirare rispetto ai tuoi coetanei?
- Hai limitato l’attività fisica per questo?
- Hai più di 40 anni?
- Sei un fumatore o lo sei stato?
SI
SI
SI
SI
SI
NO
NO
NO
NO
NO
Se hai risposto sì a tre o più domande potresti essere affetto da BPCO,
chiedi al tuo medico se ritiene necessario che tu faccia una spirometria.
Una diagnosi precoce di BPCO è fondamentale nel prevenire un
aggravamento di questa malattia.
(Questionario tratto dalle linee guida Gold (www.goldcopd.it))
Come prevenire questa malattia cronica? Con la
riduzione dei fattori di rischio. Cioè non bisogna
fumare, e soprattutto non fumare all’interno di
case e altri ambienti chiusi (come l’auto). Inoltre
si dovrebbe ridurre l’esposizione all’inquinamento
negli ambienti sia esterni che interni. Altre azioni
utili sono montare una cappa di aspirazione sopra
i fornelli, verificare la composizione di vernici e
collanti dei mobili dato che talvolta sono realizzati
con sostanze tossiche. Se si abita in zone
inquinate si deve limitare la ventilazione dei locali
nelle giornate molto nebbiose o senza vento. Infine
cercare di ridurre l’esposizione alle polveri, ai fumi
ai gas in ambito professionale. Allontanandosi
dal traffico si riduce in modo esponenziale la
concentrazione di molti inquinanti. E il vento tende
a diluire e disperdere queste sostanze tossiche
nell’aria. Quindi è bene praticare un’attività fisica
il più lontano possibile dal traffico, scegliendo
zone di campagna o parchi. Meglio non recarsi in
strada nelle ore di punta di traffico. Mentre nelle
giornate fredde e nebbiose è consigliabile fare
esercizi fisici in un luogo chiuso.
Impariamo a RESPIRARE
www.breathinghimalaya.org
Un progetto di
Con il supporto di
Con il patrocinio di
Con il contributo non condizionato di
BREATHING HIMALAYA - Impariamo a RESPIRARE
Progetto scientifico
Responsabile
Annalisa Cogo, Università di Ferrara
Ricercatori
Manuela Bartesaghi, Università di Milano-Bicocca
Rosa Maria Bruno, Università di Pisa
Enrico Duo, Università di Ferrara
Lorenza Pratali, CNR-IFC, Pisa
Ramesh Sharma, Tribhuvan University Teaching Hospital,
Kathmandu, Nepal
Testi
Annalisa Cogo
Roberto R. Franchi
Alessandra Margreth, collaborazione
redazionale
Ev-K2-CNR Committee
Francesca Steffanoni
Institutional Relations & Communication
Mostra fotografica
Roberto R. Franchi, testi e foto
Roberto Spaiardi, photo editor
Sponsor tecnico: Vemedia
Coordinamento
Giusi De Rosa
Realizzazioni video
Pablo Chieffo, regia
Manuel Drexl, montaggio
Alvise Menegazzo, musiche
Realizzazioni digitali
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Supplemento a HwNews n.1, 2012.
HW News.it è un periodico mensile di
aggiornamento in tema di salute e benessere.
Reg. Trib. di Milano n. 232 del 13.04.01.
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