29 Maggio 1953 – 29 Maggio 2013
EVEREST
COSA RESTA
DI UNA CONQUISTA
Si celebra il 29 maggio il 60° anniversario della
prima scalata certa dell’Everest, la montagna più
alta del mondo (8.848 metri), realizzata il 29
maggio 1953 da due alpinisti passati alla storia per
questa impresa eccezionale: Edmund Hillary (19192008), nato a Tuakau vicino a Auckland, in Nuova
Zelanda, e lo sherpa Tenzing Norgay (1914-1986),
nato nel villaggio di Thame in Nepal. I due
protagonisti di quell’epica ascensione furono
celebrati in tutto il mondo come eroi, ricevendo
prestigiosi riconoscimenti e guadagnando fama
internazionale. La spedizione all’Everest, situato al
confine tra Nepal e Tibet, era guidata dal
colonnello John Hunt e composta tra gli altri da
Tom Bourdillon, Charles Evans, George Lowe, Alf
Gregory oltre a vari portatori sherpa. Il gruppo
partì da Kathmandu, capitale del Nepal, e si arrestò
vicino al monastero di Tengboche per allestire il
primo campo, consentendo agli alpinisti di
acclimatarsi e acquisire familiarità con
l’attrezzatura da scalata comprese le bombole
d’ossigeno.
Dopo questa fase preliminare allestirono un campo
a 5.500 metri sul ghiacciaio del Khumbu e sul West
Cwm, e il 26 maggio cominciò la scalata, con
Bourdillon ed Evans che raggiunsero quota 8.751
metri. Ma sarà solo con il tentativo di Hillary e
Tenzing che la cima verrà raggiunta, superando
una placca verticale di roccia alta una quindicina di
metri che costituiva il problema finale da risolvere
prima di giungere sul tetto del mondo. Quello
stesso gradino porta da allora il nome di colui che
riuscì a superarlo – “Hillary Step”. Pochi giorni
dopo, la notizia fa il giro del mondo. Ne parlano
tutti i giornali e la montagna più alta, la più ambita
dalle spedizioni alpinistiche dell’epoca per motivi
di prestigio nazionale, entra finalmente nel novero
delle “conquiste” dell’uomo.
Ma qual è l’eredità di Hillary e Tenzing a
sessant’anni di distanza dal raggiungimento della
vetta dell’Everest? Solo passione per la montagna
ed emulazione di quei primi pionieri sulle pareti
del mondo?
Everest
Hillary, anche dopo aver scalato la montagna, si
recò più volte in Himalaya e vedendo le condizioni
di vita della popolazione locale, chiese ai suoi
amici sherpa cosa avrebbe potuto fare per “aiutare
le persone e in definitiva restituire qualcosa alla
montagna”. La regione dell’Everest era allora
molto arretrata e isolata dal resto del mondo, con
un disperato bisogno di aiuto in diversi settori
come l’istruzione scolastica, la salute e le
infrastrutture. All’inizio degli anni Sessanta, Hillary
si attivò dunque con iniziative di fund-raising per
costruire una scuola nel villaggio di Khumjung
insieme a molte altre in Nepal, e gettare le basi di
ciò che l’Himalayan Trust avrebbe fatto,
intervenendo nell’educazione, nella sanità, nella
riforestazione e nella conservazione culturale
anche in partnership con altre istituzioni come
l’Himalayan Foundation. Nel suo testamento
dichiarò che “se, nell’opinione di alcuni, ho
contribuito al prestigio del mio paese, allora la cosa
migliore che costoro possono fare è di continuare il
modesto supporto alle genti dell’Himalaya con le
quali ho lavorato per tanti anni”. Hillary sosteneva
inoltre che la sua più grande soddisfazione non
fossero i trionfi che l’avevano reso celebre o le
esplorazioni, ma le scuole e gli ospedali che aveva
costruito per i suoi amici sherpa. E che aiutare a
tenere in funzione quelle strutture sarebbe stato il
modo migliore di mostrargli rispetto.
Reinhold Messner, leggenda vivente dell’alpinismo
e primo uomo ad aver scalato tutti gli Ottomila,
ricorda Hillary come un una figura fondamentale
non solo nella storia dell’alpinismo, ma anche per i
notevolissimi contributi proprio sul piano dell’aiuto
concreto, volti a migliorare la vita delle
popolazioni himalayane. Attraverso le istituzioni
che ha fondato o di cui faceva parte “ha costruito
ospedali, scuole, diverse infrastrutture, perfino un
aeroporto nel piccolo villaggio di Lukla”, spiega
Messner. Che poi continua: “la grandezza di
Edmund Hillary come essere umano viene prima di
qualunque considerazione sul suo valore di
alpinista. Nutro un grande rispetto per ciò che ha
fatto sull’Everest, realizzando qualcosa che è
passato alla storia come una pietra miliare. Ma lo
stimo ancora di più per quello che ha lasciato al
popolo nepalese”. Come alpinista, Hillary non era
forse il più forte della sua epoca, però era quello
più disposto a rischiare, a tentare di salire in vetta
anche quando gli altri membri della spedizione
pensavano di rinunciare. “Il gruppo di cui faceva
parte poteva contare su una logistica ideale,
prosegue Messner. Tuttavia la solidità
organizzativa, così come l’abilità tecnica, non
sempre bastano. Lui ci ha messo quella forza di
carattere, quello spirito e quella disponibilità a
fare che sono determinanti per vincere. Insomma,
ci ha creduto fino in fondo. E alla fine ha vinto”.
MESSNER
Messner con Hillary e, sotto, il
logo dell’Himalayan Trust
fondato dallo stesso Hillary.
Ma il valore dell’impegno in campo sociale è
indiscutibilmente superiore alle imprese sportive.
“Io stesso ho contribuito per diverso tempo alle
attività della Fondazione di Hillary, che realizzava
progetti encomiabili e di alta qualità, spiega
l’alpinista altoatesino. Poi, vedendo che si poteva
fare tanto anche in altre zone dove la Fondazione
non arrivava, ho deciso di avviare mie iniziative
altrove”. La Messner Mountain Foundation ha
costruito scuole, case, ospedali, ed aiutato la
popolazione locale in molte aree remote e isolate.
La prima struttura è nata nella valle del Diamir, ai
piedi del Nanga Parbat, una delle montagne più
alte del mondo. Si tratta della Gunter Messner
School, che ha un significato particolare perché
intitolata al fratello di Messner, Gunter appunto,
tragicamente scomparso nel 1970 proprio sulla
parete Diamir del colosso himalayano, travolto da
una valanga. Poi sono state finanziate scuole a
Raikot, nella Buner Valley e nell’area del GilgitBaltistan. Sono stati inoltre inviati aiuti ai
terremotati dell’Alai-Valley e ad altre popolazioni
residenti in zone remote e poco accessibili, colpite
da inondazioni e calamità naturali. Infine sono stati
erogati finanziamenti per la costruzione o la
riparazione di case danneggiate da alluvioni,
sempre nella regione del Nanga Parbat, insieme ad
altri aiuti per costruire scuole elementari. “Molti
alpinisti ancora oggi vanno in Himalaya e sugli
Ottomila per scalare, per prendere qualcosa dalla
montagna, magari per guadagnare fama e notorietà
sui media, ma in pochi poi restituiscono qualcosa.
Invece, la lezione più profonda di Hillary è forse
quella di fare, di usare le risorse a disposizione non
solo per compiere grandi imprese, ma soprattutto
per migliorare la condizione di chi sta peggio di
noi”.
“Il mio ricordo di Hillary è prima di tutto quello di
una grande persona dal punto di vista umano, poi
quello di un grande alpinista”, dichiara Fausto De
Stefani. Sesto uomo al mondo ad aver scalato tutti
gli Ottomila, incontrò non troppi anni fa il grande
alpinista neozelandese in Italia, ad un’edizione del
Trento Film Festival, quando il primo scalatore
dell’Everest scherzò sulla propria non più giovane
età. “Gli augurai di vivere fino a cent’anni, e gli
dissi che in realtà non sarebbe mai morto perché la
povera gente dell’Himalaya lo avrebbe ricordato.
Anch’io, come Hillary, credo che l’alpinismo non
abbia senso se oltre al piacere di frequentare la
montagna non contribuisce anche a dare un aiuto
concreto a chi è meno fortunato”. De Stefani è
impegnato da diversi anni in importanti progetti in
campo sociale a favore dei bambini del Nepal. La
scuola “Rarahil” di Kirtipur, nella periferia di
Kathmandu, è esemplare per la qualità ed i servizi
che offre. Intitolata a quattro “martiri” (Rajendra
Maharjan, Rajman Mali, Hirakaji Maharjan and Lan
Bahadur Maharjan) del movimento popolare
democratico che nel 1990 si oppose al regime
allora al potere, oggi ospita circa 700 ragazzi, cui
offre istruzione, un servizio mensa e per alcuni
anche un posto dove dormire.
DE STEFANI
Rarahil Memorial School,
Kirtipur (Kathmandu).
Copre quasi tutto il normale percorso scolastico, dalle elementari fino a quello che in Italia
corrisponde al ginnasio o all’istituto professionale, ed è inoltre una scuola materna per i
più piccoli. Vi si insegnano tutte le materie che si imparano a scuola anche a casa nostra,
dalla storia alla geografia, dalla letteratura alle materie scientifiche, con laboratori di
artigianato di alto livello per imparare un mestiere che poi servirà in futuro, magari nel
business del turismo. Accanto al nepalese, tutti i ragazzi conoscono l’inglese. La struttura
è inoltre dotata di aule d’informatica e chimica con attrezzature nuovissime, secondo
standard che non sempre si vedono neppure da noi, di un centro sportivo ed un
poliambulatorio che serve anche il centro urbano di Kirtipur, e infine di una sala
conferenze.
Giovani allievi della mRarahil
Memorial School, Kirtipur
(Kathmandu).
“La Rarahil Memorial School nasce nel 1993 per onorare la memoria di quattro giovani che
hanno dato la vita testimoniando le idee democratiche in cui credevano, contro un regime
che non tollerava il dissenso, spiega De Stefani. Noi crediamo che il modo migliore per
ricordarli sia portare avanti il loro discorso sul piano sociale. Democrazia e libertà non si
possono ottenere che con un adeguato livello di istruzione per le nuove generazioni,
ponendo le basi di una vita dignitosa”. La scuola si sostiene grazie ai contributi delle
famiglie dei ragazzi iscritti, alle iniziative di fund-raising e agli aiuti che De Stefani e la
Fondazione “Senza Frontiere” offrono, oltre alle adozioni a distanza. L’alpinismo, almeno
quello fatto per sport e non per motivi scientifici, è stato tradizionalmente considerato
come la “conquista dell’inutile”, perché scalare una montagna non contribuisce al reddito
di una famiglia. “Ma io credo, conclude De Stefani, che sia troppo comodo andare in
Himalaya, scalare le montagne più alte del mondo, poi tornarsene a casa senza lasciare
nulla alla montagna e alle sue genti e senza ascoltare la voce silenziosa di coloro che non
hanno voce per farsi sentire. Edmund Hillary ha costituito una Fondazione e gestito diversi
progetti, lavorando sempre con grande qualità. Si recava di persona a controllare se le
scuole e gli ospedali costruiti funzionavano, e io credo che abbia lasciato agli alpinisti che
sono venuti dopo di lui un’eredità importante e significativa. La vera sfida, per certi versi
molto più ardua che salire un Ottomila, è costruire qualcosa di materialmente utile per la
gente del posto, soprattutto i giovani, che sono il futuro del paese”.
Jamling
“Mio padre scalava le montagne per amore dell’arrampicata e dell’esplorazione,
spiega Jamling Tenzing Norgay, figlio di Tenzing, il primo sherpa sull’Everest
insieme a Hillary. Fu lui a far guadagnare fama mondiale agli sherpa come gruppo
etnico”. E’ noto che gli sherpa, almeno quelli delle prime spedizioni in alta quota
al servizio degli alpinisti stranieri, si fermavano un passo prima di toccare la cima
per rispetto della divinità della montagna. “Anche mio padre lasciò delle offerte
alla dea madre del mondo, continua Jamling: una matita che mia sorella gli aveva
dato prima che lui partisse e alcuni dolci”. Dopo aver scalato l’Everest, Tenzing si
recò diverse volte in Nuova Zelanda con Hillary, e viaggiò spesso in altri
paesi per tenere conferenze. I guadagni di quelle iniziative andarono a finanziare
le attività che si stavano conducendo insieme ad Hillary a favore degli sherpa.
Tenzing fu anche coinvolto nel fund-raising a sostegno del monastero di Tengboche
e “aiutò molti sherpa a trovare un lavoro presso il Governo dell’India e le
istituzioni che si occupavano di montagna, lavorando poi a sostegno delle vedove
dei portatori che erano morti nelle spedizioni alpinistiche dei primi anni ‘50”.
Nonostante la fama mondiale acquistata dopo la sua impresa più eclatante, Tenzing
rimase sempre un uomo modesto. Insieme ad Hillary aveva ormai aperto la strada
per altre grandi realizzazioni alpinistiche che si sarebbero avute negli anni
successivi, restando comunque una delle icone più riconoscibili dell’avventura e
dell’esplorazione. “Mio padre era una leggenda, ma restò una persona semplice
per tutta la vita”. Nel 1996 Jemling tornò a seguire le sue orme scalando l’Everest
con una spedizione dell’Imax, dalla quale nasce poi “In the Footsteps of Tenzing
Norgay: Touching My Father’s Soul” (“Sulle orme di Tenzing Norgay: toccando
l’anima di mio padre”). “Ho scalato la montagna in omaggio alla figura di colui che
è stato il mio punto di riferimento principale, un modello cui ispirarmi e che
continua a rendermi orgoglioso per tutte le cose che ha fatto nella sua vita”,
conclude Jamling.
“Tenzing è vivo ancora oggi nel ricordo delle genti
di montagna e del popolo nepalese. E’ un emblema
del nostro valore come gruppo etnico”, spiega Apa
Sherpa, entrato nel Guinness dei Primati per aver
scalato l’Everest ben 21 volte nella sua carriera
alpinistica. Da anni è inoltre impegnato in iniziative
di sensibilizzazione degli effetti del riscaldamento
globale sulla catena himalayana, per cui ha portato
a termine, tra le altre cose, il Great Himalayan
Trail, un trekking trans-himalayano di 1.700
chilometri. “Tenzing e Hillary hanno fatto cose
straordinarie insieme, e non parlo solo di
alpinismo. Hanno aperto gli occhi del mondo sulla
nostra regione”. Anche Apa Sherpa ha dato vita a
una Fondazione per l’educazione e lo sviluppo
economico delle comunità locali del Nepal,
lavorando per migliorare le condizioni soprattutto
dei bambini che frequentano le scuole, dando loro
nuove opportunità di istruzione. “L’eredità di
Hillary e Tenzing è importante ancora oggi, anche
sul piano sociale. Dall’alpinismo si sono aperti
nuovi orizzonti per dare un futuro migliore alle
genti dell’Himalaya attraverso contributi sul piano
sociale”. Come recordman dell’Everest, Apa Sherpa
si sente legato alla figura di Tenzing in quanto “lui
è stato per tutti noi sherpa una sorta di eroe. Ci ha
resi fieri di essere il popolo che siamo, e credo che
il modo migliore per onorare la sua memoria sia di
continuare sulla strada che ha iniziato, portando
aiuto a chi ne ha bisogno”.
Michele Mornese
Apa Sherpa
Sullo sfondo: Everest.
Qui sotto: Hillary e
Tenzing.
Alcuni francobolli
celebrativi dell’impresa:
Nuova Zelanda, Romania,
Zambia, Korea.
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everest 60 anni: cosa resta di una conquista