STAMPA SOCIATARIA BPM
APRILE 2015
Sommario
29 Aprile
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I dipendenti nei board delle pop - L'iniziativa contribuirebbe a stabilizzare i nuovi assetti di
governance e a dare rappresentanza ai lavoratori. Ma nessun ingresso nel capitale, come invece
stanno ipotizzando altre sigle sindacali
Per il risiko serve una bad bank - L'analisi firmata Bcg-Bernstein suggerisce quattro matrimoni: UbiMps, Bpm-Banco, Bpm-Bper e Bpvi-Veneto Banca. Il rote potrebbe superare il 10%. Per Siena anche
l'ipotesi di una scissione
Popolari, con le nozze risparmi per un miliardo
27 Aprile
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Bpm, Ubi, Bper, Veneto Banca. Benvenuti alla fiera delle fusioni tra Popolari
22 Aprile
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Bpm restituisce 500 milioni di prestiti Tltro
Cariverona tifa per il polo veneto - La fondazione vuole inserirsi nel progetto di una superpopolare
regionale costruita intorno al Banco, che però potrebbe preferire Pop Milano. La partita va chiusa
entro fine anno. Presto nel vivo la partita nomine.
Ecco i nuovi padroni delle pop - Acquisti di BlackRock su Banco e Ubi. Dopo il blitz di Renzi spunta il
big degli Etf Lyxor (SocGen) Generali primo socio del Creval, mentre in Popolare di Milano si rafforza
Intesa, oggi all'1,06%.
Banco Popolare, Bpm, Bper. Così Unicredit giudica la riforma Renzi delle Popolari
Fusione Banche Popolari: riduzione sportelli, esuberi e nulla ai correntisti
20 Aprile
 Banco & Bpm. Ecco come sarà la Superpopolare del Nord - Attivi per 170 miliardi, più di 2.500
sportelli e 10 miliardi di capitalizzazione BPM, BPER e Banco Popolare: ipotesi di fusione e scenari
possibili
15 Aprile
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Banche Popolari: 5 matrimoni in vista
14 Aprile
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I banchieri popolari iniziano il «risiko». Il Banco punta la Bpm, che però non intende farsi
colonizzare. Zonin verso l'addio, ma prima Vicenza vuole Veneto B
Popolari alla doppia prova della riforma e delle aggregazioni
Popolari, in arrivo gli advisor per le fusioni
13 Aprile
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Banche popolari, scatta il giorno delle assemblee.
Popolare di Milano, gli azionisti approvano il bilancio del 2014
Banco Popolare, Fratta Pasini: «Obiettivo è creare banca di dimensioni adeguate»
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Bpm, Banco, Vicenza. Le banche popolari sono pronte ad aggregarsi
8 Aprile
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Bpm suona l'adunata per i soci - Confermati gli obiettivi del piano, ora l'istituto è pronto al
consolidamento. All'assise prevista un'alta affluenza anche per l'attesa di annunci fuori programma
su spa e m&a
7 Aprile
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Popolari, si muovono i dipendenti - Il progetto, ispirato al modello di Bonomi, potrebbe contribuire
alla nascita di un nocciolo duro Terreno fertile in Bpm, Ubi e Banco. Ma prima serve il placet di
amministratori e Bankitalia
Assonime: voto plurimo per tutti - La legge oggi consente alle società già presenti in borsa di
premiare i soci fedeli con una maggiorazione dei diritti di voto, ma vieta l'emissione di categorie di
titoli con maggiori poteri rispetto alle ordinarie
Ultime assemblee con il voto capitario nelle banche Popolari bruscamente riformate da Matteo
Renzi
2 – 3 Aprile
In occasione del 150°.
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BANCA POPOLARE DI MILANO DA’ AVVIO AL BPM TOUR: IL TAGLIO DEL NASTRO PARTE DA
LEGNANO.
Arriva francobollo per i 150 anni di BPM
Popolari: Citi, Bpm non stara' sola, Banco comprera' banche piu' piccole - Ubi ha la maggiore
probabilita' di rimanere stand alone
E ora la parola ai soci - Sabato 11 inizieranno le assemblee di bilancio dei principali istituti
cooperativi. Previsti i primi interventi sugli statuti e annunci di operazioni straordinarie. A fine marzo
il regolamento di Bankitalia
Popolari spa, assicurazioni in campo - I dossier possibili: Bper-Unipol banca e Pop. Vicenza-Cattolica
1 Aprile
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Bpm, ok alle 10 deleghe agli azionisti
Bpm, l'advisor dopo l'assemblea - L'operazione prevista tra maggio e giugno. Il candidato favorito
resta il Banco con un sistema di governance duale, Castagna ceo, Fratta Pasini e Saviotti alle due
presidenze.
Popolari, passaggio a Spa con fusioni - Nodo governance cruciale per scegliere la via di una società
«terza»
Voto capitario light Cambiano le nomine
Assemblee con maggioranze «leggere»
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I dipendenti nei board delle pop - L'iniziativa contribuirebbe a stabilizzare i nuovi assetti di
governance e a dare rappresentanza ai lavoratori. Ma nessun ingresso nel capitale, come invece
stanno ipotizzando altre sigle sindacali
Per il risiko serve una bad bank - L'analisi firmata Bcg-Bernstein suggerisce quattro matrimoni: UbiMps, Bpm-Banco, Bpm-Bper e Bpvi-Veneto Banca. Il rote potrebbe superare il 10%. Per Siena anche
l'ipotesi di una scissione
Popolari, con le nozze risparmi per un miliardo
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I dipendenti nei board delle pop - L'iniziativa contribuirebbe a stabilizzare i nuovi assetti di governance e a
dare rappresentanza ai lavoratori. Ma nessun ingresso nel capitale, come invece stanno ipotizzando altre
sigle sindacali - MF-MILANO FINANZA mercoledì 29 aprile 2015
I sindacati del credito sono pronti a giocare un ruolo di primo piano nel processo di trasformazione in spa delle banche
popolari italiane. È questa la proposta emersa ieri al consiglio nazionale della Fabi, la principale sigla dei bancari
guidata dal segretario generale Lando Sileoni. L'idea sarebbe quella di concordare con i vertici degli istituti e con gli
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organi di vigilanza l'inserimento di un rappresentante dei lavoratori (ma non un sindacalista) nei consiglio di
amministrazione delle banche, secondo un modello simile a quello applicato in Germania. Con questa mossa i
dipendenti entrerebbero attivamente nella governance delle future spa attraverso un percorso lineare e senza strappi
con amministratori, azionisti e organi di vigilanza. Un'iniziativa di questo genere potrebbe presentare vantaggi anche
agli stessi vertici delle banche, che oggi sono in cerca di alleati con i quali costruire i futuri assetti di governance. Da
qualche mese si ragiona per esempio della costituzione di patti e noccioli duri tra gli stakeholder di riferimento per
dare stabilità alla vita societaria. La proposta della Fabi non prevede l'ingresso dei dipendenti nel capitale delle future
spa né tantomeno l'adesione a patti parasociali con veicoli di nuova costituzione, ma non c'è dubbio che l'ingresso di
un rappresentante dei lavoratori nei cda inciderà sui futuri equilibri degli istituti. Del resto anche il clima politico
potrebbe essere favorevole a un'iniziativa di questo genere. Il disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori alla
gestione delle imprese (recentemente adottato dalla commissione Lavoro del Senato su iniziativa dell'ex ministro
Maurizio Sacconi) prevede infatti che il coinvolgimento dei dipendenti nella governance sia legato alla contrattazione
aziendale. Se il provvedimento entrasse in vigore, i lavoratori delle popolari riceverebbero un assist di non poco conto.
La proposta della Fabi insomma si inserisce con uno spirito nuovo in un dibattito destinato a durare fino alla
trasformazione in spa e probabilmente anche oltre, visto che la stabilizzazione sarà impresa complessa e ricca di
sorprese. Del resto quella della Fabi non sarebbe l'unica proposta oggetto di dibattito. Come riportato nelle scorse
settimane da MF-Milano Finanza un'altra sigla sindacale, la Uilca, starebbe ragionando su una formula diversa cioè la
costituzione di un contenitore, nella forma di cooperativa o fondazione, che sia socialmente utile ai dipendenti e che
al contempo partecipi alla governance e probabilmente anche all'azionariato della futura spa. L'idea non è nuova, ma
riprende un progetto elaborato in tempi non sospetti dalla Fisac-Cgil per la Banca Popolare di Milano , anche se l'idea
della Uilca sarebbe quella di estenderlo anche ad altri istituti. Mentre insomma il dibattito entra nel vivo, le banche
sono al lavoro per sensibilizzare anche le altre categorie di stakeholder sul tema della futura governance. L'obiettivo
principale sarebbe quello di riunire gli azionisti principali (imprenditori, fondazioni e soggetti finanziari) in patti di
sindacato in grado di blindare il 10-20% del capitale e sbarrare la strada a eventuali scalatori.
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Per il risiko serve una bad bank - L'analisi firmata Bcg-Bernstein suggerisce quattro matrimoni: Ubi-Mps,
Bpm-Banco, Bpm-Bper e Bpvi-Veneto Banca. Il rote potrebbe superare il 10%. Per Siena anche l'ipotesi di
una scissione
Quattro matrimoni e una bad bank. Parafrasando una commedia degli anni 90, potrebbe esserci tutto questo nel
futuro delle banche popolari italiane in vista della loro trasformazione in spa decisa dal governo. La previsione è
contenuta in un rapporto di Boston Consulting Group e Bernstein (società globale di gestione patrimoni e analisi)
dedicato alla riforma del settore e presentato ieri, proprio al termine della stagione assembleare. Secondo lo studio, la
nuova normativa preannuncia un'ondata di operazioni di consolidamento, che potrebbe rilanciarne la redditività del
comparto: le popolari più grandi si aggregheranno, anche per difendersi da possibili offerte ostili, mentre gli istituti
stranieri potrebbero a loro volta fare qualche acquisizione mirata dopo che la trasformazione in spa. «Le popolari», ha
spiegato Gennaro Casale, partner & managing director di Bcg, «potrebbero aumentare il rote (return on tangible
equity, ndr), portandolo da negativo a oltre il 10%, grazie all'effetto combinato di consolidamento settoriale e ripresa
economica. I contributi maggiori a tale miglioramento arriverebbero dalla riduzione dei costi tramite la
razionalizzazione delle filiali, lo snellimento delle direzioni centrali e l'efficientamento processi operativi». Secondo lo
studio, le Popolari dovranno dimostrare un chiaro impegno verso il cambiamento attirando investitori istituzionali per
stabilizzare l'azionariato. Inoltre bisognerà dirottare i non performing loans in portafogli non-core o nell'eventuale bad
bank di sistema, garantendo maggiore trasparenza e una gestione specializzata di tali asset. Proprio la possibile
creazione di una bad bank, secondo lo studio, potrebbe ulteriormente stimolare questo processo. I crediti deteriorati
verrebbero infatti rimossi dai bilanci delle banche la maggiore pulizia e i maggiori profitti attesi potrebbero attrarre
nuovi investitori. «L'effetto combinato della riforma e della bad bank», ha concluso Casale, «potrebbe essere simile a
quello già osservato in Spagna, Irlanda, Svezia: consolidamento settoriale, riduzione del numero di filiali, ritorno delle
banche all'utile e maggiore solidità patrimoniale». Il rapporto di Bcg e Bernstein si sofferma anche sulle possibili
business combination tra le grandi popolari, confermando sostanzialmente le indiscrezioni che da tempo circolano sul
mercato. L'operazione di maggiore portata sarebbe quella tra Ubi Banca e il Monte dei Paschi che darebbe vita a un
grande campione regionale. L'operazione potrebbe avvenire sia attraverso una fusione tout court che attraverso una
scissione della parte core di Mps (che Ubi acquisirebbe) da quella non core che sarebbe dismessa, potenzialmente a
favore di una ipotetica bad bank. Resta poi aperta la possibilità che il gruppo lombardo metta le mani soltanto sulla
sola rete ex Antonveneta, ben radicata nel Nordest. Altra operazione citata nello studio è quella tra il Banco Popolare
e la Bpm che darebbe vita un leader di mercato nelle regioni più ricche del Paese con un significativo potenziale per
generare sinergie di costo. Nel dettaglio i costi operativi potrebbero essere ridotti di 300-400 milioni e il Cet1
atterrerebbe all'11,7%. In alternativa Piazza Meda potrebbe rispolverare il dossier di un matrimonio con la Popolare
dell'Emilia Romagna , mentre, tra le non quotate, lo studio dà per favorito un matrimonio tra Bpvi e Veneto Banca
grazie «alle forti similitudini culturali tra le due banche e tra le rispettive comunità locali che potrebbero consentire di
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superare la tradizionale rivalità.
 Popolari, con le nozze risparmi per un miliardo - IL SOLE 24 ORE mercoledì 29 aprile 2015
Massima frammentazione, minima redditività. Solo il round di aggregazioni che porterà con sè la riforma delle
popolari potrà consentire al sistema bancario italiano di colmare almeno parte della distanza che lo separa dal resto
d’Europa. Tira aria di nozze, e secondo gli analisti di Boston Consulting e di Bernstein le più probabili rimangono tre:
tra il Banco Popolare e Bpm, tra Ubi e Mps, tra Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Difficile, almeno in una prima
fase, ipotizzare operazioni allargate a tre (o più) soggetti: «Sarebbe una prima volta, non c’è esempio al mondo di
un’integrazione di questo genere», taglia corto Gennaro Casale, partner e managing director di Bcg. Ipotesi non
nuove, quelle contenute nell’ampio studio divulgato ieri, accreditate però da premesse e benefici potenziali che le
rendono quanto mai opportune. In pratica: le aggregazioni, per Bcg, sono utili e questi matrimoni s’hanno da fare. Il
più ambizioso, per dimensioni e sentiment, rimane quello tra Ubi e Mps, progetto ritornato d’attualità dopo che il ceo
della popolare, Victor Massiah, sabato scorso al termine dell’assemblea ha detto che «non si può escludere niente».
Nell’ipotesi più hard, cioè di una fusione completa tra le due banche (considerata preferibile, da Bcg, rispetto a uno
spezzatino tra parte core e non core o allo spin off della reta ex Antonveneta), nascerebbe «un grande campione
nazionale», con la rete più estese in Italia (4.110 filiali, di cui 5-600 a rischio chiusura ) e una quota di mercato tra le
prime tre in tutte le regioni. Soprattutto, però, un’integrazione consentirebbe risparmi nell’ordine dei 450-500 milioni.
Sì, perché dal report emerge chiaramente che le nozze, ad oggi, rappresentano la scorciatoia per la redditività: «Il
consolidamento, insieme ad altri fattori, potrebbe condurre a un RoTE del 10,5%, contro il -41,5% del 2014», ricorda
ancora Casale, insieme a Garabet Ayvazian di Bernstein. Il dato è d’insieme sulle principali 11 popolari, ma tiene conto
dei tre merger previsti: oltre a Ubi e Mps, si diceva, si guarda al grande polo veneto composto da Popolare Vicenza e
Veneto Banca. Un’unione che non scalda (ancora) tutti i cuori, ma che vedrebbe sovrapposizioni limitate in termini di
sportelli (50-100 da razionalizzare sui 1.163 totali) e una riduzione dei costi per 150-200 milioni l’anno, tale da portare
il cost-income al 58-60%. Infine, il big deal Banco Popolare-Bpm. Punto di partenza, la compatibilità “culturale” e forte
radicamento in aree ricche, l’approdo invece sarebbe una riduzione dei costi operativi pari a 3-400 milioni. E Bper?
L’altra grande popolare, stimano gli analisti di Bcg, continua a rappresentare una valida alternativa per Bpm nel caso in
cui non vadano in porto le nozze con il banco: insieme, Modena e Milano costituirebbero la quinta banca italiana e «si
costituirebbe un’importante piattaforma per successivi M&A», a partire da Carige.
27 Aprile
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Bpm, Ubi, Bper, Veneto Banca. Benvenuti alla fiera delle fusioni tra Popolari
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Bpm, Ubi, Bper, Veneto Banca. Benvenuti alla fiera delle fusioni tra Popolari - Formiche.net
27/4/2015
l consolidamento tra le Popolari assume contorni sempre più definiti. Lo dicono gli analisti e trapela tra le righe dei
bilanci appena approvatiI dagli istituti: il processo di M&A è ormai irreversibile e vede alcuni campioni in primo piano.
M&A AL VIA, COME COMANDA BCE
La Bce ha dato la sua benedizione al processo di consolidamento, avviato sulla carta con la pubblicazione della riforma
delle Popolari, che impone a quelle con attivi sopra gli 8 miliardi di trasformarsi entro 18 mesi in Spa. E la Bce darebbe
anche indicazioni sulla direzione di queste fusioni. “Bper starebbe valutando un’operazione con Veneto Banca –
scriveva Equita Sim a fine marzo – per aumentare l`esposizione al nord est, dato che la Bce non gradirebbe una
fusione fra Veneto banca e Popolare Vicenza; i contatti fra Bpm e Banco Popolare starebbero proseguendo, mentre
Bnp e Crédit Agricole starebbero seguendo più da vicino il dossier Bpm; la Bce vedrebbe favorevolmente
un`operazione a tre fra Ubi, Banco popolare e Bpm, con una necessità di ricapitalizzazione da 3-4 miliardi”.
L’AGGREGATORE UBI
Da fine marzo la situazione si è evoluta e i contorni delle possibili alleanze si fanno più delineati. Ubi, la seconda tra le
Popolari italiane e la quinta in assoluto per impieghi è “una banca – scrivono gli analisti di Citigroup – vista dai mercati
come un acquirente assoluto nel processo di consolidamento in atto. Crediamo che sia un’ipotesi possibile ma, dato
l’approccio prudente di questo istituto, non ci aspettiamo deal distruttivi di valore”. La banca d’affari Usa fa una
simulazione con tre scenari diversi: il più probabile è quello di un’aggregazione con un soggetto più grande di Ubi, pari
al 150% della sua capitalizzazione. Scenario in cui comunque la banca conserva il giudizio buy con target price di 8,6
euro.
RIFLETTORI SULL’IPOTESI BP-BPM
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Ma l’unico istituto più grande di Ubi è Banco Popolare che sta conducendo una campagna su Milano per accaparrarsi
Bpm. “Durante le assemblee di Banco Popolare e Bpm – scrive Giovanni Razzoli, di Equita Sim, in una nota del 13
aprile – sono stati fatti riferimenti al processo di consolidamento”. In dettaglio, “il management di Banco Popolare
continua ad auspicare una fusione con Banca Popolare di Milano, operazione che è ritenuta difficile da realizzare ma
non impossibile. Da non escludere anche un deal con Ubi; Banca Popolare di Milano sta analizzando le ipotesi ed
eventuali fusioni dovrebbero essere realizzate prima del termine previsto per la demutualizzazione”. Probabilmente
per via della dimensione, è proprio questa la triade su cui si concentra maggiormente l’attenzione degli operatori. E
c’è chi considera l’alleanza tra Verona e Milano praticamente cosa già fatta. Se Banco Popolare e Bpm trovassero
l’accordo ne verrebbe fuori la terza banca italiana, dopo Unicredit e Intesa. “Il progetto – ha scritto Stefano Righi sul
Corriere Economia – è ancora nella fase embrionale, ma i contatti ci sono stati. Senza crismi di ufficialità, ma concreti”.
Anche perché i legami sono già esistenti: “il presidente del consiglio di Sorveglianza della Bpm, l’ex ministro Dino Piero
Giarda è stato per anni amministratore del Banco Popolare e diversi amministratori di allora siedono ancora nel board
della banca veronese. Si conoscono bene anche gli amministratori delegati dei due gruppi, Pier Francesco Saviotti
(Banco) e Giuseppe Castagna (Bpm)”, che dovrebbero vedersi entro fine aprile per discutere ancora.
ALTRI INDIZI DI FUSIONE VERONA-MILANO
Bp non è interessata a un polo del Nord-Est (quindi scartata l’ipotesi di M&A con Veneto Banca e Popolare di Vicenza).
Bpm invece starebbe valutando, sempre secondo il Corriere Economia, anche Bper come preda, una strada peraltro
già tentata e fallita. Però “Bper – scrive Righi – sembra più interessata a muoversi autonomamente verso altre
direzioni: il Veneto, la Valtellina”. Insomma tra Bp e Bpm sembra davvero l’unico matrimonio perfetto.
SALTATE LE NOZZE CREVAL-SONDRIO, IN VISTA QUELLE TRA BPER E VENETO BANCA
Sembra invece definitivamente saltata l’alleanza tra Creval e Sondrio: ceo e presidente della banca valtellinese “hanno
segnalato di non aver fretta di trasformare il Creval in spa e che le opzioni di aggregazione sono varie – scrive Razzoli
di Equita Sim – ma durante l’approvazione dei conti non si è parlato molto di possibile aggregazione con Popolare
Sondrio”. Quest’ultima, che ha pubblicato i conti il 18 aprile e a cui sarebbe interessata anche Bper, che intende
rafforzarsi in Lombardia e Veneto, “sembra voler perseguire almeno nel breve una strategia stand-alone”. Le nozze più
probabili in questo gruppo di banche minori restano dunque quelle tra Popolare dell’Emilia Romagna e Veneto Banca.
Quest’ultima ha confermato, secondo quanto riporta Razzoli “l’obiettivo di trasformazione in Spa entro l’estate e la
fusione con un’altra popolare entro fine anno. Il deal potrebbe anche prevedere un’ulteriore manovra di
rafforzamento patrimoniale. Sembra perdere di consistenza l’ipotesi di fusione con Popolare Vicenza, mentre
aumenterebbero le chance di un deal con Bper”.
22 Aprile
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Bpm restituisce 500 milioni di prestiti Tltro
Cariverona tifa per il polo veneto - La fondazione vuole inserirsi nel progetto di una superpopolare
regionale costruita intorno al Banco, che però potrebbe preferire Pop Milano. La partita va chiusa
entro fine anno. Presto nel vivo la partita nomine.
Ecco i nuovi padroni delle pop - Acquisti di BlackRock su Banco e Ubi. Dopo il blitz di Renzi spunta il
big degli Etf Lyxor (SocGen) Generali primo socio del Creval, mentre in Popolare di Milano si rafforza
Intesa, oggi all'1,06%.
Banco Popolare, Bpm, Bper. Così Unicredit giudica la riforma Renzi delle Popolari
Fusione Banche Popolari: riduzione sportelli, esuberi e nulla ai correntisti
Bpm restituisce 500 milioni di prestiti Tltro. - MF-MILANO FINANZA mercoledì 22 aprile 2015
Doppia mossa della Banca Popolare di Milano. L’istituto di credito ha chiuso un’operazione di riacquisto su alcuni bond
fino a un valore nominale di 365 milioni di euro con accettazioni per 358,45 milioni. Domani, invece, Bpm annullerà
500 milioni di euro di prestiti Tltro con scadenza 2017, garantiti dallo Stato. I 500 milioni potevano essere usati come
collaterale per le operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Ltro) presso la Banca centrale europea. Di fatto la
banca sottolinea che “tale passività era stata sottoscritta all'emissione dallo stesso istituto e che non è mai stata
collocata sul mercato”. Secondo una sim milanese, il prezzo di riacquisto dei bond è stato in media pari a 103, ma
alcuni analisti non si aspettano impatti sul conto economico perché la perdita in conto capitale dovrebbe essere
compensata dalle minori commissioni pagate sui bond garantiti dallo Stato e rimborsati da Bpm (1,5 miliardi di euro
rimborsati, di cui 1 miliardo a fine 2014 e 500 milioni rimborsati adesso). Banca Imi conferma oggi il rating buy e il
target price di 0,95 euro su Bpm. Gli analisti ritengono “moderatamente positivo” l’impatto sugli introiti da
commissione per 3-5 milioni rispettivamente nel 2015 e 2016 (secondo le previsioni), con un effetto invece
“marginale” sulla bottom line nei due anni (circa l’1%). Il titolo ha aperto a Piazza Affari in rialzo dell’1,55% a 0,9145
euro.
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Cariverona tifa per il polo veneto - La fondazione vuole inserirsi nel progetto di una superpopolare
regionale costruita intorno al Banco, che però potrebbe preferire Pop Milano. La partita va chiusa
entro fine anno. Presto nel vivo la partita nomine.
Il Banco Popolare , si sussurra nelle stanze del potere di Verona, è a un bivio. Superate egregiamente le prove degli
ultimi anni sotto la regia del consigliere delegato Pier Francesco Saviotti, il gruppo è pronto a crescere per dar vita a
quello che si prospetta il terzo polo bancario italiano. I protagonisti della partita giocano ancora a carte ben coperte,
ma i rumor parlano di due soluzioni possibili: o un matrimonio con la Popolare di Milano , che sposterebbe il
barincentro del nuovo gruppo verso la Lombardia, o una soluzione tutta veneta che coinvolga le due principali banche
non quotate, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Questa seconda soluzione, va da sé, piace ai soci veronesi del
Banco che vedrebbero così garantita la propria centralità nei futuri assetti di governance. Tra questi c'è la Fondazione
Cariverona che, complici le recenti disposizioni del protocollo Acri, dovrà presto ridefinire la strategia di investimento.
L'ente presieduto da Paolo Biasi dovrà infatti scendere sotto al 2% di Unicredit entro tre anni. Nell'ultimo bilancio
disponibile il 3,5% di Piazza Gae Aulenti era iscritto al valore di 2,09 miliardi e rappresentava quasi il 62% dell'attivo
della fondazione, contro il 33% fissato dal recente protocollo Acri. Anche se il disimpegno non si prospetta imminente,
la scelta di non aderire alla lista per il rinnovo del cda di Unicredit va certamente in questa direzione. In un'ottica di
diversificazione, Cariverona potrebbe insomma allontanarsi da Milano per giocare un ruolo da protagonista nel
sistema bancario veneto. …...... E se invece il Banco scegliesse il matrimonio con la Bpm , come oggi appare più
probabile? Al momento tra i consiglieri della fondazione si registra una certa perplessità su questa ipotesi, che
rischierebbe di penalizzare Verona, ma non si può parlare di una contrarietà vera e propria. Anche perché, guardando
ai fondamentali, quella con Piazza Meda potrebbe rivelarsi la combinazione ideale per il Banco. Al momento insomma
Cariverona non ha preclusioni e il lavoro per la ridefinizione del portafoglio finanziario potrebbe iniziare già nel mese
di maggio. C'è da giurare che l'ente si muoverà con estrema cautela, anche perché gran parte degli organi direttivi
sono in scadenza e non potranno essere rinnovati. …..
Ecco i nuovi padroni delle pop - Acquisti di BlackRock su Banco e Ubi. Dopo il blitz di Renzi
spunta il big degli Etf Lyxor (SocGen) Generali primo socio del Creval, mentre in Popolare di Milano
si rafforza Intesa, oggi all'1,06%.
In attesa che si aprano le danze sulle aggregazioni, i vertici delle grandi banche popolari sono al lavoro per costituire
noccioli duri di soci che stabilizzino la governance in vista della trasformazione in spa. La partita non sarà semplice,
anche perché da qualche anno i grandi azionisti delle cooperative quotate non sono più imprenditori o artigiani, ma
colossi della finanza internazionale. La riforma voluta dal governo Renzi ha ulteriormente accresciuto l'appetito di
questi soggetti, che oggi sono l'interlocutore imprescindibile per qualunque progetto sulla governance delle popolari.
La mappatura di questi soggetti non è impresa semplice, perché molti decidono di restare sotto la soglia rilevante del
2% e dunque possono essere individuati solo al momento dello stacco cedola. In base ai dati Bloomberg, comunque, il
soggetto più attivo risulta BlackRock. Negli ultimi mesi il gestore americano ha rastrellato ancora azioni delle due
principali banche popolari, Ubi Banca e Banco Popolare , portandosi rispettivamente al 2,47% e al 2,44% dei due
istituti. Oggi BlackRock (che fra l'altro può avvalersi dell'esenzione dall'obbligo di comunicare partecipazioni tra il 2 e il
5% del capitale) ha quote significative in tutte le principali banche cooperative, per un valore di mercato complessivo
di quasi 500 milioni di euro. A 431 milioni ammonta invece il pacchetto di azioni accumulato da Dimensional Fund
Advisors, il gruppo d'investimento di Austin (Texas) oggi azionista di riferimento di quasi tutte le popolari e numero
uno in Bper con il 3,17%. Vanguard Group, il terzo più grande fornitore mondiale di Etf con sede a Malvern, in
Pennsylvania, ha invece in portafoglio quasi 300 milioni di euro di titoli mentre Norges Bank, la banca centrale della
Norvegia, mantiene ben stretta la presa su Banco (2,13%), Bpm (2,05%) e Bper (2,02%). La novità di questi primi mesi
dell'anno è rappresentata anche dai blitz di Lyxor, la società d'investimento francese controllata da Société Générale e
specializzata in Etf. Il gruppo ha acquisito partecipazioni sotto l'1% in quasi tutte le banche popolari, da Ubi a Banco,
da Bpm a Bper, dimostrando un forte interesse per il settore. Così come non è venuto meno l'interesse dei grandi
istituti nordeuropei come Deutsche Bank (0,29% di Ubi, 0,24% del Banco e 0,69 di Bper), Ubs (2,97% della Popolare di
Sondrio e 0,34% di Ubi) e Credit Suisse (0,32% di Ubi e 0,37% del Banco). Ma anche gli investitori italiani stanno
mostrando grande interesse per il comparto delle banche popolari. Dal terzo trimestre 2014 a oggi, per esempio,
Intesa Sanpaolo ha guadagnato posizioni nell'azionariato di Bpm diventandone quinto socio all'1,06%. Molto attive
sono state anche Generali che, oltre allo 0,85% di Piazza Meda, custodiscono il 2,73% del Credito Valtellinese di cui
oggi risultano primo azionista. Ci sono poi i soci fedeli, anzi fedelissimi nonostante il carattere speculativo dell'attività.
Tra questi merita senza dubbio una menzione il fondo americano Silchester International Investors, entrato in Ubi nel
2010 con il 2,15% e da allora in costante crescita nell'azionariato fino all'attuale 4,9% che, ai prezzi di mercato, vale
320 milioni di euro e che, da inizio anno, si è apprezzato di quasi il 20%. Tra i fedelissimi non bisogna dimenticare le
fondazioni, altri soggetti che nei prossimi mesi potrebbero giocare un ruolo determinante nella definizione della
nuova governance. Gli enti Cr Cuneo e Cr Lucca, per esempio, restano ben ancorati a Ubi e Banco Popolare dove
detengono rispettivamente il 2,28 e il 2,89%.
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Banco Popolare, Bpm, Bper. Così Unicredit giudica la riforma Renzi delle Popolari Formiche.net, 22 - 04 - 2015
Non ci sono rilievi critici, anzi, nel giudizio che si rileva dal position paper di Unicredit elaborato dalla direzione Affari
istituzionali del gruppo creditizio sulla riforma del governo che riguarda le banche popolari. Il documento, che passa in
rassegna in maniera approfondita, le “principali politiche, riforme e interventi del governo Renzi a sostegno della
crescita” si sofferma tra l’altro anche sul decreto trasformato in legge che impone entro 18 mesi alle maggiori dieci
banche popolari la trasformazione in società per azioni, abbandonando dunque la governance basata sul voto
capitario.
IL RISIKO - La riforma del governo ha da un lato provocato malumori e sbuffi ai vertici di Assopopolari e nel contempo
ha prodotto la disponibilità dei capi azienda delle banche interessate a individuare fattori positivi dell’azione del
governo. Come, in primis, l’accelerazione su progetti di fusioni e acquisizioni, come quelle di cui si parla in questi
giorni. Così mentre non si placano le polemiche sull’intervento intrusivo del governo, che secondo alcuni osservatori è
a rischio costituzionalità, oltre che a rischio ricorsi perché la Bce non è stata consultata preventivamente sul
provvedimento, si apre uno scenario in cui le fondazioni bancarie in progressiva uscita dalle maggiori banche possano
decidere di investire nei principali istituti popolari in fase di riconfigurazione azionaria con l’abbandono del principio di
una testa un voto. FINI DEL GOVERNO - Il governo Renzi, si legge nel paper della banca presieduta da Giuseppe Vita e
guidata dall’ad, Federico Ghizzoni, “si è mosso in sintonia con gli intendimenti del Fondo monetario, della Banca
d’Italia e della Bce”. L’obiettivo, è scritto, è quello di “rafforzare il sistema bancario, aumentandone la
capitalizzazione”. GLI EFFETTI POSITIVI DEL DECRETO - La prima conseguenza del provvedimento, secondo il
documento, “sarà quella di accelerare le aggregazioni tra le banche popolari e forse anche con le operazioni di fusione
con altre banche commerciali, come Monte dei Paschi di Siena e Carige”.
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Fusione Banche Popolari: riduzione sportelli, esuberi e nulla ai correntisti - Bergamonews, 22
Aprile 2015
La trasformazione delle Banche Popolari da società cooperative a Spa, voluta dal Governo Renzi, interessa dieci istituti
di credito che vantano un attivo sopra gli otto miliardi di euro. In queste settimane si stanno svolgendo le assemblee
ordinarie in cui si approva il bilancio e si fanno ipotesi di fusioni.
Le Popolari sono costrette ad aggregarsi per rimanere competitive su un mercato che è sempre più globale e che
richiede la capacità di fare economie di scala in un periodo nel quale per gli istituti di credito è difficile guadagnare con
i tassi bassi. Sullo sfondo ci sono ipotesi di fusione, alcune date ormai per certe, come la Banca Popolare di Vicenza
che dovrebbe fondersi con Veneto Banca per costituire un grande polo bancario del Nord Est.
Poi c'è la corte serrata alla Banca Popolare di Milano, contesa perché ha il cuore nella città della Borsa e per le buone
condizioni di salute della banca. C'è chi ipotizza anche un grande accorpamento tra Ubi Banca, Banco Popolare (che ha
incorporato il Credito Bergamasco), la Banca Popolare dell'Emilia Romagna e Banca Popolare di Milano, oltre alla
Banca Popolare di Sondrio. Nascerebbe un colosso bancario accomunato dagli stessi valori mutualistici, ma sarebbe
una mannaia per la sovrapposizione di filiali e per i troppi dipendenti. Basti pensare che Ubi, Banco Popolare , Bper e
Bpm – che sono le popolari più grandi – contano unite 5.500 sportelli per lo più concentrati al Nord Italia per gestire
un attivo di circa 355 miliardi di euro. Ora è facile capire che queste fusioni porterebbero a tagli delle filiali e
consistenti esuberi, se si pensa che Unicredit e Intesa Sanpaolo – che hanno rispettivamente 844 e 646 miliardi di
attivo – con un rete di circa 4mila sportelli a testa. C'è da aggiungere anche un dettaglio, nella fusioni tra diverse
banche si scontrano anche contratti differenti e sovrapposizioni di ruoli che darebbero vita ad un riassestamento non
indifferente. Oltre alla perdita di legame con il territorio.
Se si aggregassero le quattro più grandi popolari, i vertici sarebbero pronti ad abdicare il ruolo di sede di territori come
Bergamo, Verona, Milano e Modena? Un “no” chiaro e senza appelli alle fusioni è arrivato sabato scorso
dall'assemblea della Banca Popolare di Sondrio. “In questi anni non abbiamo comprato banche, o reti di costosissimi
sportelli, nessuna aggregazione. Siamo stati una banca controcorrente” ha rimarcato da Bormio il consigliere delegato
Mario Alberto Pedranzini. E la tentazione di andare controcorrente alletta anche le altre banche. Infine, c'è una
domanda che agita i soci: in questa ottimizzazione dei costi in caso di fusioni tra popolari, quanto ricaderà sui
correntisti? La risposta è di Elio Lannutti, presidente Adusbef: "In Italia in media paghiamo i conti correnti 200 euro
all'anno in più che nel resto dell'Europa. La musica non è cambiata con le grandi aggregazioni degli anni passati.
Perché dovrebbe farlo ora?".
7
20 Aprile
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Banco & Bpm. Ecco come sarà la Superpopolare del Nord - Attivi per 170 miliardi, più di 2.500
sportelli e 10 miliardi di capitalizzazione
BPM, BPER e Banco Popolare: ipotesi di fusione e scenari possibili
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Banco & Bpm. Ecco come sarà la Superpopolare del Nord - Attivi per 170 miliardi, più di
2.500 sportelli e 10 miliardi di capitalizzazione - CORRIERE ECONOMIA lunedì 20 aprile 2015
L’affascinante idea di unire il Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano, sta delineando i propri contorni.
L’obiettivo è industrialmente ambizioso, si verrebbe a creare una banca che emergerebbe in Italia subito dopo i due
colossi Unicredit e Intesa, con una presenza importante in alcune regioni strategiche dal punto di vista industriale ed
economico: Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto.
Contatti - Il progetto è ancora nella fase embrionale, ma i contatti ci sono stati. Senza crismi di ufficialità, ma concreti.
Le parti, infatti, si conoscono da tempo. Il presidente del consiglio di Sorveglianza della Bpm, l’ex ministro Dino Piero
Giarda è stato per anni amministratore del Banco Popolare e diversi amministratori di allora siedono ancora nel board
della banca veronese. Si conoscono bene anche gli amministratori delegati dei due gruppi, Pier Francesco Saviotti
(Banco) e Giuseppe Castagna (Bpm), che hanno lavorato assieme nella vecchia Comit e si sono ritrovati in Intesa
Sanpaolo quando Saviotti rientrò alla banca di Piazza Scala. In particolare, sembra che Castagna e Saviotti si siano visti
nelle scorse settimane a Milano e, incrociando le agende, abbiano fissato un nuovo appuntamento entro la fine del
mese di aprile.
Risvolti industriali - Il progetto, come detto, ha risvolti industriali importanti. Sommando algebricamente i dati di
bilancio allo scorso 31 dicembre, si otterrebbe un gruppo con 170 miliardi di attivi, 10 miliardi di capitalizzazione
borsistica (ai depressi valori di oggi), 120 miliardi di raccolta diretta, e oltre 110 miliardi di crediti verso la clientela.
Numeri da terza banca italiana, con ampio margine di vantaggio sulle quarte (Ubi e Monte dei Paschi, che peraltro
sembra stiano studiando un loro progetto comune). Certo, sono anche numeri che andrebbero depurati da alcune
sovrapposizioni, ma la dimensione del progetto incontra il favore sia delle autorità italiane che della vigilanza europea,
oltre a interessanti opportunità di sviluppo. Non mancano, però, gli ostacoli. La Popolare di Milano, ad esempio, non
vorrebbe rinunciare alla sede sotto la Madonnina. Difficile contrastare una simile posizione. Per quanto il Banco
Popolare sia oggi nettamente più grande, come confermano i numeri di bilancio, la centralità della città lombarda
rispetto ai territori coperti, oltre al ruolo di «capitale economica», non concedono chance alle possibili istanze
veronesi. Vanno quindi ricercati dei nuovi equilibri. La governance , dovrebbe riposizionare i pesi, considerando anche
le dotazioni di capitale delle due banche, non solamente la dimensione delle strutture e non dimenticando neppure
che Pier Francesco Saviotti ha già annunciato che la sua straordinaria avventura al Banco Popolare si concluderà
definitivamente con l’approvazione del bilancio 2016, nella primavera 2017. Così per il Banco, la Milano appare essere
la prima opzione. Al momento l’unica. A Verona han fatto capire di non essere interessati a un polo del Nordest con
Veneto Banca e Popolare di Vicenza: vogliono una aggregazione forte, che dia vita, come si sussurra nei corridoi della
sede di Piazza Nogara, a «una gran bella banca».
Creazione di valore - L’unico vero pre-requisito da soddisfare appare proprio questo: che da una futura aggregazione
la banca esca con una struttura solida, ambiziosa, di livello nazionale. Il tempo degli interventi di salvataggio, da
Novara a Lodi a Italease, è scaduto. Oggi, sia Saviotti che il presidente Carlo Fratta Pasini appaiono orientati a un
atteggiamento aggressivo nei confronti dei mercati e la prossima trimestrale dovrebbe sottolinearlo, anche perché
dopo la pesante perdita del 2014 dovrebbero emergere i benefici della fusione di Italease (85 milioni) a cui poi
affiancare i 150 milioni di euro derivanti dalla cessione dell’Icbp. Quindi, da Verona, nessun interesse nei confronti
delle banche più piccole: si pensa in grande, a una aggregazione che crei valore, che non sia penalizzante per i conti,
né per la reputazione degli istituti coinvolti. Bpm è oggi il partner ideale.
Visioni lombarde - E Milano? A una parte del board della Bpm interessa esplorare l’ipotesi di aggregazione con la Bper,
la Popolare dell’Emilia-Romagna guidata da Alessandro Vandelli. Il matrimonio stava già per celebrarsi qualche anno
fa, ai tempi della presidenza milanese di Roberto Mazzotta. Naufragò all’ultimo, per il colpo di coda dei sindacati
interni. Riproporlo oggi è interessante dal punto di vista industriale, ma assai meno dell’ipotesi Banco. Anche perché la
Bper sembra più interessata a muoversi autonomamente verso altre direzioni: il Veneto, la Valtellina. A rigor di
governance sembra poi che il boccino sia oggi in mano al consiglio di gestione della PopMilano, quindi al presidente
Mario Anolli e all’amministratore delegato Castagna. A loro le prossime mosse. Intanto, si avvicina la trimestrale, il cui
risultato dovrebbe beneficiare di un portafoglio ricco di titoli di stato ben comprati.
 BPM, BPER e Banco Popolare: ipotesi di fusione e scenari possibili - Investireoggi, 20 aprile 2015
Secondo alcune indiscrezioni di stampa apparse sul Corriere della Sera, trattative serrate sarebbero in corso tra la
Banca Popolare di Milano e il Banco Popolare in vista di una possibile aggregazione. L’operazione darebbe vita a un
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gruppo bancario da 170 miliardi di euro a livello di attivi e con una capitalizzazione di borsa pari a 10 miliardi di euro.
La possibile fusione tra le due banche è una delle prospettive che si sono aperte con la riforma delle banche popolari
voluta nei mesi scorsi dal governo Renzi. Anche la Banca Popolare dell’Emilia Romagna potrebbe essere al centro di
interessanti giochi. Il numero uno dell’istituto Alessandro Vandelli, infatti, ha affermato che il suo gruppo punta ad
essere un soggetto aggregante e ha aggiunto che BPER guarderà ad altri popolari di dimensioni simili o inferiori Questa
presa di posizione significa semplicemente che la strada che porterebbe BPER verso Ubi Banca o il Banco Popolare è
impercorribile. Ricordiamo che nel fine settimana di è tenuta l’assemblea di Banca Popolare dell’Emilia Romagna che
ha eletto il consiglio di amministrazione per il triennio 2015-2017 confermando nel board gli attuali vertici Caselli
Ettore e Vandelli Alessandro. Il cda di 7 membri comprende anche Boldrini Giosuè, Cicognani Giulio (indipendente),
Gualandri Elisabetta (indipendente) e Masperi Valeriana Maria (indipendente) oltre a Marotta Roberto (indipendente
e “Consigliere di Minoranza” tratto dalla seconda lista presentata).
15 Aprile
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Banche Popolari: 5 matrimoni in vista
 Banche Popolari: 5 matrimoni in vista - Panorama 14/4/2015
Da una parte la riforma voluta da Renzi che spinge le Popolari ad abbandonare il principio di mutualità per
trasformarsi in Spa e dall'altro la Bce che chiede ulteriori rafforzamenti patrimoniali ai principali istituti di credito
italiani. Sono le due condizioni che, a detta di molti osservatori, daranno il via a un risiko bancario che coinvolgerà
almeno 10 banche italiane di medio - grandi dimensioni e che porterà a un ulteriore consolidamento del mercato del
credito lungo la Penisola. Si parte dalle grandi Popolari del Nord Italia, costrette ad aggregarsi per rimanere
competitive su un mercato sempre più globale e che richiede la capacità di fare economie di scala in un periodo in cui
per le banche è difficile guadagnare con i tassi bassi, per poi finire in Liguria e nel Centro Italia dove Mps, Carige, Banca
Marche e Banca Etruria, banche che riusciranno difficilmente a camminare da sole nei prossimi anni (le ultime due
sono commissariate), restano ancora in attesa di un socio - compratore tricolore per evitare di finire in mani straniere.
Di seguito le unioni ipotizzate sulla stampa finanziaria nelle scorse settimane.
Bpm, la più corteggiata
La Popolare che tutti vorrebbero in sposa è quella di Milano, forte della posizione geografica, nel cuore della
Lombardia, una delle zone più ricche e produttive d’Europa. Guidata dall’ex Intesa Sanpaolo Giuseppe Castagna, è la
più piccola delle grandi Popolari (dietro UBI, Banco Popolare e Bper). Il pretendente numero uno è il Banco Popolare.
L'attuale numero uno dell'istituto veronese, Pier Francesco Saviotti, vede di buon occhio un asse con Milano che
porterebbe alla creazione di un istituto fortissimo in tutto il Nord Ovest e con una buona presenza nel Nord Est.
L’unione tra le Popolari in Veneto
Da anni si parla del matrimonio tra la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che forse convoleranno finalmente a nozze
nel 2015. Il presidente dell’istituto vicentino, il banchiere - viticoltore Gianni Zonin, ha di recente lanciato un appello
agli "amici di Montebelluna" ribadendo la necessità di costruire "una grande banca del Veneto". Tra un elenco di
quattro possibili partner, stilato da Mediobanca, advisor incaricato dai vicentini per sondare il terreno in vista della
trasformazione in Spa, costringendo le Popolari più grandi a trovarsi un partner per aumentare le dimensioni
patrimoniali, Veneto Banca è il solo che manterrebbe la centralità del territorio, rispetto a Carige e alle due popolari
valtellinesi.
Bper in pressing su Unipol Banca
La fusione tra Bpm e Banco Popolare, secondo alcuni, potrebbe addirittura diventare a tre, con l’ingresso dell’emiliana
Bper da cui nascerebbe una banca da 230 miliardi di euro in attivi. Tuttavia, dalle parti di Modena si stanno studiando
anche altri dossier: Veneto Banca (non tutti gli azionisti dell'istituto di Montebelluna vedono con favore un’unione con
i vicentini), in vista di una futura espansione nel Nord Est, e Unipol Banca, che andrebbe a rafforzare le relazioni con
Unipol, con cui l'istituto ha già avviato una partnership nella bancassurance tramite Arca Vita.
Il matrimonio tra le due "big"
Per il Banco Popolare c’è un’altra strada, ben più ambiziosa, oltre a quella dell’unione con la milanese Bpm: il
matrimonio con l’altra grande popolare del Nord, UBI, condizione necessaria per la futura acquisizione del
Montepaschi di Siena che rischia di passare in mani straniere. UBI, Banco Popolare e Mps darebbero vita alla terza
grande banca italiana con oltre 400 miliardi di euro in attivi, anche se in questo caso sarà difficile trovare un equilibrio
tra i vari centri di potere, distribuiti tra Bergamo, Brescia, Verona e Siena.
Nozze in Valtellina
Un altro matrimonio "chiacchierato" è quello tra le due Popolari della Valtellina, il CreVal e la Popolare di Sondrio. I
due istituti dovranno decidersi se mettersi assieme o se, eventualmente, aggregarsi a un’altra banca popolare.
Mediobanca, in qualità di advisor, ha incluso le due banche valtellinesi nell'elenco delle migliori opzioni strategiche a
disposizione della Popolare di Vicenza che è a caccia di partner in vista della trasformazione in spa.
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14 Aprile
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I banchieri popolari iniziano il «risiko». Il Banco punta la Bpm, che però non intende farsi
colonizzare. Zonin verso l'addio, ma prima Vicenza vuole Veneto B
Popolari alla doppia prova della riforma e delle aggregazioni
Popolari, in arrivo gli advisor per le fusioni
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I banchieri popolari iniziano il «risiko». Il Banco punta la Bpm, che però non intende farsi
colonizzare. Zonin verso l'addio, ma prima Vicenza vuole Veneto B - - Il Giornale 12/4/2015
Subita la disfatta in Parlamento sulla riforma Renzi che le obbliga a diventare spa, le banche popolari prendono posto
al tavolo del riassetto. Non si è parlato quasi d'altro ieri alle assemblee di Popolare Milano, Banco Popolare, Popolare
Vicenza e Creval, formalmente chiamate ad approvare i bilanci. Un'aggregazione con Milano «non è impossibile», ha
ribadito l'ad del Banco, Pier Francesco Saviotti che da mesi definisce «un sogno» questa operazione. Gestita la
transizione, il banchiere sarebbe peraltro disposto a passare il timone al capo azienda di Bpm, Giuseppe Castagna.
Davanti a un'assemblea gremita (32mila soci presenti, deleghe comprese), il presidente Carlo Fratta Pasini ha fatto il
resto, assicurando che il Banco non vuole essere «nè aggregato nè aggregante». L'idea sarebbe creare un spa quotata
che faccia da comune cappello, sotto cui far sopravvivere le banche reti con le rispettive strutture commerciali ma
senza i costosi cda; uno schema quindi non distante da quello adottato della francese Credit Agricole. Pur in un clima
di mezzo disarmo, i piccoli soci e la politica provano però la zampata per indirizzare il processo di aggregazione e
predisporre nelle nuove «coop-spa» un nocciolo duro in chiave antiscalata. Non a caso i primi a muovere sono state
proprio Milano e Verona. La Fondazione Cariverona di Paolo Biasi si è infatti detta pronta a investire nel Banco «per
garantire la stabilità dell'azionariato», e potrebbe essere affiancata da CariLucca, (2,89%).
La base di Bpm ha invece partorito un «patto parasociale di preventiva consultazione». L'iniziativa, presentata dall'ex
candidato sindaco di Milano per l'Ulivo Sandro Antoniazzi, nasce da pensionati e soci non dipendenti, ma la «sacra
alleanza» potrebbe estendersi a una parte dei dipendenti così da racimolare almeno il 5% del capitale. Il piano di
battaglia è riassunto in un volantino distribuito all'assise (3.976 soci presenti, deleghe comprese): creare una
cooperativa cui affidare una quota di minoranza della spa; difendere i soci mutualistici con un cocktail di azioni
speciali, limiti ai diritto di voto, posti in Cds e voto plurimo. Alcuni degli storici collettori del consenso di Bpm puntano
invece alle piccole aggregazioni, ma c'è un allineamento con il vertice sul fatto che occorre trovare lo sposo
velocemente e comunque prima di rinunciare al voto capitario. «Fare prima la spa ci renderebbe più aggredibili
rispetto ad offerte ostili», ha avvertito Castagna, mantenendo però le carte coperte: «Esamineremo varie opportunità.
A oggi non ci sono stati contatti di nessuno con nessuno».
Se la strada maestra Milano-Verona risultasse davvero sbarrata, Bpm potrebbe guardare come primo passo a Carige o
al Creval, che però continua a strizzare l'occhio ai vicini di casa della Popolare di Sondrio. Sembra invece aver perduto
ulteriore appeal l'idea di riproporre le nozze con Popolare Emilia Romagna, difficoltose dal punto di vista della
governance visto che il suo ad Alessandro Vandelli non avrebbe alcuna intenzione da fare da spalla. Tanto che Bper,
per non restare isolata, avrebbe aumentato il pressing su Unipol Banca e su Veneto Banca, dove c'è un partito che
vuole nuovamente respingere la mano tesa dalla Popolare Vicenza di Gianni Zonin: «Siamo in grado di costruire una
grande banca del Veneto, per fare questo il cda ha bisogno di serenità e pazienza», ha ribadito il banchiere-viticoltore.
Zonin, alle prese con le critiche dei soci che hanno dovuto accettare di tagliare da 62,5 ai 48 euro il prezzo delle azioni
(- 23%),ha anche anticipato che passerà la mano: «Non sarò presidente della spa». Un passaggio storico, ma c'è da
scommettere che non sarà il solo tra i «Signori» delle Popolari, perché con la rottamazione del voto capitario finisce
un modo di intendere la banca.
Negli uffici della Bce non sembra però esserci grande entusiasmo all'idea di un'aggregazione tra i due istituti veneti
non quotati, perché entrambi hanno delle debolezze da superare: il direttore generale Samuele Sorato ha già avvertito
che Vicenza potrebbe abbinare il salto verso la spa a una nuova ricapitalizzazione, perché molti soci venderanno.
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Popolari alla doppia prova della riforma e delle aggregazioni - MF-MILANO FINANZA martedì 14
aprile 2014
A latere delle assemblee delle Popolari di sabato 11, è stato rilanciato, in alcuni casi, il tema delle aggregazioni. L'ad
del Banco Popolare , Pier Francesco Saviotti ha ipotizzato, per ora solo in via accademica, una concentrazione con altri
istituti della specie, in particolare con la Popolare di Milano , il cui ad Giuseppe Castagna, forte del buon risultato
d'esercizio, non nasconde l'intenzione di partecipare a questa fase di consolidamento ma ipotizza, per la Bpm , un
ruolo di soggetto aggregante. In effetti la fase successiva alla manifestazione di queste aspirazioni o intenti sarà quella
della discussione sulle banche aggreganti e su quelle aggregande. In questo processo sono soprattutto coinvolte,
stando alle dichiarazioni di esponenti aziendali o alle loro offerte, la Popolare di Vicenza (il cui presidente aveva ben
visto per tempo la necessità di un'autoriforma), Veneto banca, Ubi banca , la Popolare dell'Emilia, oltre alle due già
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citate. Qua e là si esprimono malumori verso la presunta riforma degli istituti del settore, ma poi si riflette sulle
modalità da adottare per non essere preda di acquisizioni, in particolare dall'estero. In alcune banche si prospetta
l'opportunità di promuovere le aggregazioni prima di passare alla trasformazione in spa, in modo da fare leva ancora
sul voto capitario o, magari, da compiere un'operazione che veda in sequenza la concentrazione e l'aggregazione.
Sotto il profilo giuridico non dovrebbero esservi ostacoli in quanto l'obbligo della trasformazione deve essere
soddisfatto in 18 mesi dall'adozione della normativa. Piuttosto, sulle aggregazioni bisognerà tener conto di quanto il
Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha detto in alcuni interventi, sostenendo che verosimilmente si aprirà la
strada a una stagione di integrazioni e aggregazioni nel settore delle Popolari, che tra l'altro dovranno accrescere
l'innovazione e la capacità di operare nel mercato internazionale. Ma ha pure precisato che esse andranno promosse
con cautela, che le concentrazioni sono un mezzo, non un fine, e che i tempi sono generalmente lunghi perché due
banche che si aggreghino possano poi dare vita a un istituto unitario nel quale tutte le funzioni (organi, strategie,
personale, risorse di qualsiasi tipo) siano effettivamente integrate. Compiuta l'aggregazione, bisogna poi realizzare il
soggetto unico di questa operazione. Vanno, poi, dimostrati con i numeri i benefici che si traggono e che si debbono
riverberare sui prenditori di credito e sui risparmiatori. Sono passaggi non semplici. In ogni caso l'attuazione della
riforma potrà essere integrata con altre scelte non gattopardesche che riguardino le aggregazioni o lo scorporo o
ancora la holding postconcentrazione, nonché altri aspetti a latere delle Popolari soggette alla trasformazione, perché
mantengano alcuni caratteri di mutualità e solidarietà non confliggenti con la revisione. Sullo scorporo non è da
escludere che siano i singoli progetti, che passino il vaglio delle Autorità monetarie, a introdurlo, caso per caso. Ex
malo bonum? Da una riforma pessima possono trarsi elementi positivi? È possibile, sempreché non si imbocchi la
strada giurisdizionale, che non sarebbe peraltro contestabile e che potrebbe portare anche a una riconsiderazione
generale dell'innovazione, così come a un lungo percorso privo di sbocchi nel breve-medio termine. Una gestione
intelligente e propositiva della riforma, tuttavia, già di per sé costituirebbe un fattore di avanzamento.
 Popolari, in arrivo gli advisor per le fusioni - IL SOLE 24 ORE martedì 14 aprile 2014
Advisor in movimento. La stagione del risiko bancario è alle porte, come preannunciato dai principali banchieri nel
corso del weekend in occasioni delle assemblee dei soci. Ecco perchè le banche popolari sono ai colloqui preliminari
per la selezione delle banche d’affari che dovranno aiutare nel processo di consolidamento. Mentre Popolare di
Vicenza e Veneto Banca si sono già mosse (assegnando il mandato rispettivamente a Mediobanca e Rothschild), gli
altri gruppi del credito sceglieranno gli advisor nei prossimi giorni. In pole position per Bpm c’è Piazzetta Cuccia, così
come per il Banco Popolare, che potrebbe trovare supporto anche nella banca d’affari svizzera Ubs. Bper non ha
ancora alzato il velo sulle proprie scelte, ma gli addetti ai lavori guardano a Mediobanca, Citigroup e Jp Morgan. In
movimento nel settore anche Lazard, Credit Suisse e Goldman Sachs.
All’indomani della tornata assembleare del weekend - che ha coinvolto Banco Popolare, Bpm, Popolare Vicenza e
Creval - le banche popolari italiane si preparano al risiko del comparto. Agli incontri informali di queste settimane («in
questa fase tutti parlano con tutti», ha riconosciuto l’ad del Banco Pier Francesco Saviotti), seguiranno ora valutazioni
più approfondite. Una volta conclusa la serie di appuntamenti assembleare di aprile «credo che tutti questi contatti
dovranno concretizzarsi, trasformarsi in qualcosa di più vero», ha aggiunto il manager al termine dell’assemblea di
Novara. «Da domani ci dedicheremo ad esaminare tutte le opportunità», gli ha fatto eco l’ad di Bpm, Giuseppe
Castagna, al termine dell’assise dei soci a Milano. Per “fidanzarsi” serve però un aiutante. Ecco perchè il primo passo
per tutti è la scelta degli advisor, i consulenti il cui compito è quello di accompagnare gli istituti nella selezione del
partner più adatto. Nei prossimi giorni sia il Banco che Pop Milano alzeranno il velo sulle nomine.
E così, nelle prossime settimane, dovrebbero fare gli altri istituti coinvolti nel processo di consolidamento, da Bper a
Ubi. Alcune banche, in verità, si sono già mosse, spinte dall’urgenza della trasformazione in Spa. Popolare di Vicenza a
metà marzo ha individuato in Mediobanca l’advisor «per analizzare le opzioni strategiche, considerato lo scenario
bancario attuale e prospettico». E così ha fatto anche Veneto Banca, che ha affidato a Rothschild il mandato per
esplorare le opportunità del mercato «in vista del probabile consolidamento del settore».
Per ora non c’è alcuna conferma ufficiale ma in pole position per Piazza Meda, secondo diversi rumors di mercato,
rimane Mediobanca, con cui i rapporti sono storicamente consolidati. Analoga la situazione per il Banco, che potrebbe
trovare anche l’appoggio di Ubs, anche alla luce del rapporto di fiducia che esiste, sin dai tempi della Comit e poi in
Merrill Lynch, tra Saviotti e il ceo dell’investment bank svizzera Andrea Orcel. In movimento è anche Bper, altro
potenziale protagonista del risiko bancario che sta per scattare. A Modena per ora tutto tace, ma non è un mistero
che il clima sia buono con Mediobanca, Citigroup e JP Morgan, tre banche d’affari che non a caso hanno formato il
consorzio di garanzia in occasione dell’aumento di capita le da 750 milioni varato lo scorso anno.
Va detto che la fase dei colloqui tra popolari e investment bank è ancora in uno stadio preliminare. L’intera mappa di
corrispondenze potrebbe essere soggetta a cambiamenti anche per evitare possibili sovrapposizioni di advisory tra
piazze potenzialmente interessate tra loro. E visto che le prospettive del risiko bancario appaiono ancora fluide, non è
da escludere che anche altre banche d’affari entrino in partita. In movimento ci sono ad esempio Lazard, Credit Suisse
o Goldman Sachs, solo per citarne alcuni, che potrebbero rivelarsi outsider. L’attenzione del mercato intanto è
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concentrata sulla seconda tornata assembleare del comparto, prevista per questo fine settimana. Sabato 18 ci
saranno le assise dei soci di Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Sondrio e Veneto Banca. Proprio
al management dell’istituto di Montebelluna toccherà rispondere all’invito lanciato sabato scorso dal presidente di
PopVi Gianni Zonin, che ha aperto all’ipotesi di una fusione tra le due banche popolari non quotate.
13 Aprile
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Banche popolari, scatta il giorno delle assemblee.
Popolare di Milano, gli azionisti approvano il bilancio del 2014
Banco Popolare, Fratta Pasini: «Obiettivo è creare banca di dimensioni adeguate»
Bpm, Banco, Vicenza. Le banche popolari sono pronte ad aggregarsi
 Banche popolari, scatta il giorno delle assemblee. - La Repubblica 11/4/2015
E' stato il giorno delle assemblee per tre banche: Banca popolare di Milano, Popolare di Vicenza e Banco Popolare. Per
tutte c'è all'orizzonte la trasformazione in spa, decisa per legge. E per tutte c'è la corsa a guardarsi intorno, per
concludere matrimoni che le rendano più grandi e quindi più difficilmente scalabili. Intanto, aver alzato le deleghe a
dieci ha già fatto segnare un record di soci a Novara, dove si svolgeva l'assemblea del Banco popolare: tra presenze
fisiche e deleghe erano in 32.700.
Partiamo dal Banco popolare (che ha approvato il bilancio con due miliardi di perdita netta): l'ad Pier Francesco
Saviotti è tornato a fare avances alla Bpm, considerata un sogno. "Non l'ho mai nascosto - ha detto - non si sa mai, non
mettiamo limiti, non è impossibile ma non è facile". Il numero uno del gruppo ha anche detto: "Sono fiducioso che
dopo anni di carestia, inizi un periodo di vacche grasse" mentre in assemblea la Fondazione Cariverona si è detta
pronta ad investire nella banca per garantire la stabilità dell'azionariato, nel processo di trasformazione in spa.
Alla Bpm invece (tornata al dividendo dopo tre anni) il presidente del consiglio di sorveglianza Piero Giarda ha parlato
di "scossa elettrica nell'acqua in cui nuotavano" le popolari, riferendosi al terremoto della legge sulla trasformazione
in spa. L'amministratore delegato Giuseppe Castagna ha detto che la partita delle aggregazioni comincia ufficialmente
adesso: ora che è "finita l'assemblea ci dedicheremo a valutare eventuali opportunità". Dal canto suo Giarda ha
sottolineato l'importanza di trasferire i geni della cooperativa nella Spa che nascerà.
Infine la Popolare di Vicenza, forse l'assemblea più agitata (alcuni soci si sono lamentati per le lungaggini nella vendita
delle azioni). L'obiettivo è la trasformazione in società per azioni entro l'anno ma, ha detto il presidente Gianni Zonin,
non sarà lui il presidente della spa. Per quanto riguarda le aggregazioni, continua a guardare a Veneto banca.
"Abbiamo dato incarico a Mediobanca - ha detto Zonin - di individuare un partner. Auspico che gli amici di
Montebelluna accolgano l'invito poiché siamo in grado di costruire una grande banca del Veneto anche se si tratta di
una Spa. Se riusciamo a metterle assieme diventiamo il quinto-sesto istituto bancario italiano".
 Popolare di Milano, gli azionisti approvano il bilancio del 2014 - soldionline.it 11/04/2015
L’assemblea dei soci della Popolare di Milano ha approvato il bilancio dell’esercizio 2014, chiuso con un utile netto
consolidato di circa 232 milioni di euro e ha deliberato la distribuzione di un dividendo di 0,022 euro che sarà staccato
il 18 maggio. Inoltre, l’assemblea ha autorizzato il consiglio di gestione ad acquistare e disporre delle azioni proprie. …
Il Sole24Ore di domenica 12 aprile ha riportato le dichiarazioni del consigliere delegato della Popolare di Milano,
Giuseppe Castagna, in occasione dell'assemblea degli azionisti della banca. Il manager ha aperto le porte a
un'eventuale fusione con altri soggetti del settore. Castagna non ha fornito indicazioni puntuali, limitandosi a
segnalare la preferenza per un'altra banca popolare. …
Il Sole24Ore di domenica 12 aprile ha riportato le dichiarazioni dell’amministratore delegato del Banco Popolare, Pier
Francesco Saviotti, che ha avanzato l'ipotesi di una fusione con altri istituti di credito. Il quotidiano finanziario non
esclude una possibile integrazione con la Popolare di Milano, operazione che potrebbe creare il quarto soggetto
bancario italiano con circa 175 miliardi di euro di attivi. …
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Banco Popolare, Fratta Pasini: «Obiettivo è creare banca di dimensioni adeguate» Il Sole24Ore
11/4/2015
Aperti al «dialogo» per creare una banca di «dimensioni adeguate» ma senza l'intenzione di «aggregare nessuno».
Carlo Fratta Pasini, nel corso dell'assemblea degli azionisti del Banco Popolare in corso a Novara, spiega la linea che
l'istituto veronese conta di tenere in una fase come quella attuale, con un risiko bancario oramai alle porte e voci di
possibili alleanze tra istituti che si rincorrono giorno dopo giorno.
L'obiettivo del Banco, spiega Fratta Pasini ai circa 6600 soci, tra quelli presenti a Novara e collegati nelle sedi di Verona
e Lucca (circa 28mila i voti comprensivi delle deleghe), rimane quello creare una banca «di dimensioni adeguate» che
però non perda i suoi legami con il territorio in vista della trasformazione in Spa prevista dalla riforma del settore.
«Stiamo dialogando con il mondo della banche popolari che ha gli stessi nostri problemi di prospettiva - ha detto
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Fratta - non andiamo in cerca di aggregare nessuno». Non è una questione «di aggreganti e aggregati» ma piuttosto
l'intenzione «di capire se ci sono compagni di strada». Per questo, ha aggiunto, il presidente del gruppo bancario, «se
c'è qualcuno che condivide questi obiettivi cercheremo di farlo assieme». Da tempo sul mercato si susseguono voci di
un possibile merger tra il Banco e Banca Popolare di Milano, anche se non sono esclusi possibili interessamenti del
Banco verso il Veneto. Nel corso del suo intervento di presentazione del bilancio, l'a.d. Pier Francesco Saviotti si è
invece concentrato sull'andamento gestionale della banca. Rivolgendosi ai soci, il manager ha sottolinato che il primo
trimestre 2015 si chiuderà con un utile «largamente positivo». Ecco perché Saviotti si è detto «fiducioso» che dopo
«anni di carestia», inizi «un periodo di vacche grasse che possa ripagarvi della fiducia che ci avete sempre dato».
PerSaviotti, il 2014 è «lo spartiacque tra un passato incerto e ricco di problemi e un presente indubbiamente più
sereno».
 Bpm, Banco, Vicenza. Le banche popolari sono pronte ad aggregarsi - CorSera 11/04/2015
Le banche popolari sono pronte alle aggregazioni, cercando di salvaguardare lo spirito, il «dna», delle cooperative:
vicinanza al cliente e ai territori di riferimento. Lo ripetono i capi azienda e i presidenti degli istituti che hanno tenuto
oggi le assemblee per il bilancio come Bpm, Banco Popolare, Popolare di Vicenza, Credito Valtellinese. Oltre diecimila
persone fisicamente, e altre decine di migliaia di soci rappresentati per delega, hanno ascoltato nelle varie sedi in sui si
tenevano le assise gli orientamenti dei banchieri. «Da domani» si comincerà a discutere seriamente di aggregazioni. Il
decreto Renzi che impone alle popolari con oltre 8 miliardi di attivo di trasformarsi in spa entro 18 mesi, ora diventato
legge, «ha dato una scossa elettrica nell’acqua in cui nuotavano questi istituti», ha esordito il presidente di Bpm, Piero
Giarda, in assemblea. «Il decreto vuol cambiare faccia al sistema bancario italiano, è naturale che succeda», perché ha spiegato - «dietro c’è l’idea della vigilanza Ue che nel nostro sistema ci siano poche grandi banche e che
l’ammodernamento del sistema passi dalle aggregazioni». E le novità cominciano già ad emergere: Gianni Zonin ha
detto che «non sarà il presidente della spa», quando la Popolare di Vicenza, di cui è lo storico numero uno, avrà
abbandonato la forma cooperativa. E, a Verona, la fondazione Cariverona ha ribadito di essere pronta a stabilizzare
l’azionariato del Banco Popolare anche aumentando l’investimento rispetto all’attuale 0,5%.
Popolare di Milano
A Milano partecipazione massiccia, con 2959 soci presenti fisicamente che salgono a 3976, contando le deleghe. La
Bpm è il partner potenziale per le altre popolari «perché si trova a Milano» e perché «abbiamo un bilancio in ordine»,
ha detto il presidente Piero Giarda. «La Bpm si è ricostruita la propria reputazione: abbiamo una situazione
patrimoniale guadagnata con una politica coraggiosa nel passato fatta di rettifiche su crediti, aumenti di capitale e poi
con la rimozione delle tasse imposte da Bankitalia». Per Giarda ora il tema non è tanto quello del partner quanto «ma
se sarà possibile mantenere alcuni dei caratteri della cooperativa e della Banca Popolare di Milano» come il principio
di mutualità nei territori, il rilievo dei piccoli azionisti, l’attenzione verso le imprese di cui concorriamo nello sviluppo,
l’interesse per i nostri dipendenti e le loro rappresentanze. «Finora ci siamo concentrati sulla chiusura dell’anno. Ora,
dopo l’assemblea, esamineremo varie opportunità. A oggi non ci sono stati contatti di nessuno con nessuno», ha
spiegato Giuseppe Castagna, consigliere delegato dell’istituto milanese. «Le studieremo e le analizzeremo per tempo:
crescere è importante anche per difendersi». In generale, invece, «non ci sono preclusioni» nei confronti di nessuno,
ha detto con riferimento a Pierfrancesco Saviotti, amministratore delegato del Banco Popolare che ha descritto come
«un sogno» un matrimonio con la Milano. Sulle tempistiche dell’aggregazione, e soprattutto sull’eventualità che
avvenga prima della trasformazione in Spa «è chiaro che — dice Castagna — la trasformazione in spa ci renderebbe
più aggredibili rispetto a operazioni ostili» quindi «finché c’è la possibilità di intavolare trattative non lo faremo». Ad
ogni modo, Bpm «definirà con eventuali partner» i passaggi. Ad oggi, la banca non ha nominato advisor per le
operazioni strategiche e ritiene «difficile» un’aggregazione con una banca straniera ma «ci piacerebbe - spiega
Castagna – essere parte di un progetto che crei una banca importante, con base a Milano».
8 Aprile
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Bpm suona l'adunata per i soci - Confermati gli obiettivi del piano, ora l'istituto è pronto al
consolidamento. All'assise prevista un'alta affluenza anche per l'attesa di annunci fuori programma
su spa e m&a
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Bpm suona l'adunata per i soci - Confermati gli obiettivi del piano, ora l'istituto è pronto al
consolidamento. All'assise prevista un'alta affluenza anche per l'attesa di annunci fuori
programma su spa e m&a - MF-MILANO FINANZA mercoledì 8 aprile 2015
I vertici della Banca Popolare di Milano fanno il punto sul lavoro svolto nell'anno della nuova gestione e preparano il
terreno per i prossimi obiettivi. È questo il riassunto della lettera che ieri l'istituto di Piazza Meda ha inviato ai soci in
vista dell'assemblea di bilancio di sabato prossimo. Il documento, firmato dai presidenti Piero Giarda e Mario Anolli e
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dal consigliere delegato Giuseppe Castagna, arriva insomma alla vigilia di un appuntamento molto atteso, sia per
l'imminente trasformazione in società per azioni sia per la possibilità di operazioni di m&a. L'assemblea potrebbe
essere l'occasione ideale per fare il punto su questi processi e c'è chi ritiene probabili annunci fuori programma. Ecco
perché all'evento è attesa un'affluenza superiore alla media, con gruppi organizzati di soci in arrivo da tutta Italia. La
lettera di ieri è stata insomma un ulteriore elemento per tenere alta l'attenzione sulle mosse di Piazza Meda. Il
documento conferma «gli ambiziosi obiettivi contenuti nel piano industriale» e la volontà «di consolidare il nostro
posizionamento di rilievo nel panorama delle banche italiane. Nel corso degli ultimi anni», continua la lettera,
«nonostante la complessa congiuntura economica nazionale e internazionale, il gruppo Bpm ha saputo rafforzare i
propri fondamentali di bilancio attraverso l'aumento dei livelli di copertura dei crediti problematici, l'ottimizzazione
della gestione della liquidità e l'azzeramento degli avviamenti».
In particolare, «i risultati del gruppo Bpm evidenziano in primis l'ottimo livello di patrimonializzazione, rafforzato
dall'aumento di capitale da 500 milioni di euro concluso con successo nel corso del 2014. Inoltre, proseguiva il
documento, «nello scorso anno abbiamo ottenuto l'integrale rimozione da parte di Banca d'Italia della penalizzazione
sul capitale che ci era stata imposta (i cosiddetti add-on), ciò grazie agli sforzi messi in atto dalle valide risorse
professionali della Banca per risolvere le criticità rilevate nel 2011 dalla stessa Autorità di Vigilanza». Giarda, Anolli e
Castagna hanno poi citato «gli importanti test europei del comprehensive assessment», che «hanno dimostrato che
Bpm è una banca solida e in grado di reggere gli esami complessi condotti dalla Bce». Secondo gli amministratori,
insomma, la banca «è risultata una delle migliori banche italiane, registrando un'eccedenza patrimoniale di oltre 700
milioni».
Se questo è il bilancio delle iniziative prese sinora, l'attenzione dei soci è tutta concentrata sulle prossime mosse della
banca. L'intenzione di Castagna sembra quella di muoversi speditamente verso i nuovi assetti di governance, senza
lasciar trascorrere i diciotto mesi previsti dalla legge. «La Bpm non aspetterà i 18 mesi previsti dalla legge per la
trasformazione in spa», aveva spiegato il consigliere delegato qualche settimana fa a margine dell'esecutivo Abi. Il
cambio di governance potrebbe procedere di pari passo con l'aggregazione se è vero che, come anticipato da
MFMilano Finanza, subito dopo l'assemblea l'istituto potrebbe nominare l'advisor per il matrimonio. Il candidato
favorito è il Banco Popolare che, fondendosi con la Bpm , darebbe vita al terzo polo dell'industria bancaria italiana e al
campione nella categoria delle popolari. Da fine 2013 l'operazione è uno dei gossip preferiti di Piazza Affari e i rumor
(mai smentiti) hanno ripreso quota con forza nelle ultime settimane, in concomitanza con il varo della riforma RenziPadoan. Anche perché, da un punto di vista industriale, un'aggregazione sull'asse Milano-Verona avrebbe senso. Non
manca, comunque, qualche sostenitore di un'aggregazione tra Piazza Meda e la Bper. I due gruppi si conoscono da
tempo, almeno da quando nel 2007 la fusione sfumò sul filo del traguardo. Una riedizione di quel progetto appare
complessa, soprattutto per difficoltà relative alla governance. Per Bper potrebbe risultare più interessante spostare
l'attenzione su Carige o su Veneto Banca, a patto che Montebelluna ridimensioni il prezzo delle proprie azioni
portandole a valori di mercato.
7 Aprile
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Popolari, si muovono i dipendenti - Il progetto, ispirato al modello di Bonomi, potrebbe contribuire
alla nascita di un nocciolo duro Terreno fertile in Bpm, Ubi e Banco. Ma prima serve il placet di
amministratori e Bankitalia
Assonime: voto plurimo per tutti - La legge oggi consente alle società già presenti in borsa di
premiare i soci fedeli con una maggiorazione dei diritti di voto, ma vieta l'emissione di categorie di
titoli con maggiori poteri rispetto alle ordinarie
Ultime assemblee con il voto capitario nelle banche Popolari bruscamente riformate da Matteo
Renzi
Popolari, si muovono i dipendenti - Il progetto, ispirato al modello di Bonomi, potrebbe
contribuire alla nascita di un nocciolo duro Terreno fertile in Bpm, Ubi e Banco. Ma prima
serve il placet di amministratori e Bankitalia - MF-MILANO FINANZA martedì 07 aprile 2015
I dipendenti-soci sono stati tra gli stakeholder fondamentali delle banche popolari. In alcuni casi il contributo dato agli
assetti di governo è stato determinante, anche se la Banca d'Italia ne ha criticato le ingerenze eccessive, come
accaduto in passato alla Popolare di Milano . Oggi la riforma RenziPadoan rischia di mettere in discussione questo
storico legame, ragion per cui c'è chi sta studiando nuove forme di partecipazione, in linea con il modello delle società
per azioni. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, in alcuni istituti gruppi organizzati di dipendenti e sigle
sindacali interne sarebbero intenzionati a prendere parte al riassetto societario. L'idea allo studio sarebbe quella di
dar vita a un contenitore, magari nella forma di cooperativa, che sia eticamente e socialmente utile ai dipendenti e
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che partecipi all'azionariato della futura spa. Si tratterebbe insomma di una riedizione del progetto elaborato per la
Banca Popolare di Milano sotto la presidenza di Andrea Bonomi, a cui oggi molti in Piazza Meda guardano con un
pizzico di rimpianto. Oggi la discussione su un progetto di questo genere potrebbe trovare terreno fertile anche in altri
gruppi, da Ubi Banca alla Banca Popolare dell'Emilia Romagna , passando anche per il Banco Popolare dove
storicamente il peso dei dipendenti è sempre stato piuttosto limitato. Il tema della partecipazione dei dipendenti al
governo societario del resto è molto caro ad alcune sigle sindacali, ed è recentemente tornato in auge nel dibattito
parlamentare. Il disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese (recentemente
adottato dalla commissione Lavoro del Senato su iniziativa dell'ex ministro Maurizio Sacconi) prevede infatti che il
coinvolgimento dei dipendenti nella governance sia legato alla contrattazione aziendale. Se il provvedimento entrasse
in vigore, i lavoratori delle popolari riceverebbero insomma un assist di non poco conto. Tanto più che «l'aggregato
dipendente» potrebbe contribuire alla costituzione di quello zoccolo duro di azionisti su cui si fonderà la governance
delle future società per azioni. «È certo che il coinvolgimento diretto dei dipendenti nel processo di trasformazione
delle popolari sarebbe utile e necessario», spiega a MFMilano Finanza Agostino Megale, segretario generale della
Fisac-Cgil, sulla stessa lunghezza d'onda di Giulio Romani, numero uno della Fiba-Cisl: «Saremo in prima fila in questa
partita. Un coinvolgimento diretto dei lavoratori potrebbe creare la coesione necessaria per affrontare la
trasformazione e le tappe successive senza tensioni e rotture». Al momento comunque sul tema non ci sarebbe
ancora una posizione unitaria a livello nazionale, e anzi in alcuni ambienti regnerebbe un certo scetticismo sull'esito
dell'iniziativa. I dubbi non sono legati soltanto alla traduzione pratica del progetto, ma anche alla disponibilità di
amministratori, soci esterni e organi di vigilanza ad avallare un'iniziativa senza dubbio insolita per una società quotata.
Di certo nei prossimi mesi le ambizioni dei dipendenti-soci potrebbero giocare un ruolo determinante nel definire la
governance delle ex popolari. Già oggi, alla vigilia delle assemblee di bilancio, la priorità per gli amministratori è
soprattutto quella di stabilizzare la governance, raccogliendo gli azionisti forti attorno a noccioli duri il più possibile
stabili nel tempo. Un'operazione che potrebbe procedere in parallelo con l'individuazione di partner con cui convolare
a nozze durante o subito dopo la trasformazione in società per azioni. Una governance stabile potrebbe infatti rivelarsi
doppiamente vantaggiosa per gli attuali amministratori delle popolari. Se infatti da un lato patti di voto o di blocco
delle quote potrebbero sbarrare la strada agli eventuali scalatori, dall'altra una base di azionisti amici potrebbe
favorire soluzioni di continuità al vertice.
Nella maggior parte degli istituti infatti la trasformazione in spa sarà accompagnata dalla nomina di un nuovo consiglio
di amministrazione, con conseguenze potenzialmente assai destabilizzanti per i gruppi di potere che hanno finora
guidato le popolari. Con l'abolizione del sistema del voto capitario e senza una salda presa sui grandi azionisti, gli
attuali gruppi dirigenti rischiano insomma di essere spazzati via. Per ovviare a questi rischi le grandi manovre
sarebbero già cominciate, soprattutto nelle popolari di dimensioni maggiori. I contatti tra i grandi soci sarebbero in
corso già da qualche settimana e interesserebbero principalmente imprenditori, grandi famiglie, dipendenti, ex
dipendenti, soggetti finanziari e qualche fondazione di origine bancaria come la Cariverona (sul Banco Popolare ) o
l'Ente Banco di Sardegna (per la Bper).
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Assonime: voto plurimo per tutti - La legge oggi consente alle società già presenti in borsa di
premiare i soci fedeli con una maggiorazione dei diritti di voto, ma vieta l'emissione di
categorie di titoli con maggiori poteri rispetto alle ordinarie
Andare oltre lo strumento della maggiorazione dei diritti di voto per gli azionisti delle società quotate che mantengono
il possesso dei titoli per almeno due anni e consentire anche alle aziende già presenti in borsa di avvalersi delle azioni
a voto plurimo previste invece per le società non quotate (o che si quoteranno dopo l'entrata in vigore della riforma).
È questo il suggerimento che arriva da Assonime, l'associazione fra le società per azioni italiane presieduta da Maurizio
Sella e guidata dal direttore generale Stefano Micossi, contenuto in una circolare di prossima pubblicazione intitolata
«Le azioni a voto plurimo e a voto maggiorato».
Nella sua disamina sulla riforma introdotta dal decreto legge del 24 giugno 2014 (il cosiddetto decreto competitività),
che ha modificato l'articolo 2351 del codice civile e l'articolo 127-quinquies del Tuf, Assonime fa notare come siano
stati introdotti due strumenti per consentire il potenziamento dei diritti di voto: il primo rivolto alle società non
quotate, ovvero le azioni a voto plurimo; il secondo rivolto alle società non quotate, il voto maggiorato. Nel primo
caso le aziende non presenti sul listino hanno la possibilità di prevedere in via statutaria la creazione di azioni con
diritto di voto plurimo, fino a un massimo di tre voti per ciascuna azione. Nel secondo caso, invece, alle società già
quotate è consentito di attribuire un voto maggiorato, fino a un massimo di due, per ciascuna azione appartenuta al
medesimo soggetto per almeno due anni. Le società quotate, dunque, non possono emettere azioni a voto plurimo.
Tuttavia nel caso in cui una società oggi non quotata che ha fatto ricorso alle azioni a voto plurimo decidesse di andare
in borsa, tali azioni speciali emesse prima della quotazione non sarebbero convertite in ordinarie e manterrebbero le
loro caratteristiche anche dopo lo sbarco sul listino.
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Il divieto per le società già quotate di utilizzare le azioni a voto plurimo è stato introdotto dal legislatore per evitare
una eccessiva concentrazione dei diritti di voto in capo ai soci titolari di un frazione ridotta del capitale, da cui
deriverebbe un riduzione della contendibilità del controllo. Proprio per questa ragione per le quotate è stato previsto
uno strumento, quello della maggiorazione dei diritti di voto, che non è trasmissibile in caso di cessione delle azioni e
che pertanto si estingue al momento della vendita dei titoli. «Sotto questo punto di vista», si legge nella circolare di
Assonime, «appare allora incoerente il mantenimento delle azioni a voto plurimo emesse prima della quotazione. È
infatti evidente come tale previsione consenta di configurare azionisti a voto plurimo di società proprio in vista della
successiva quotazione».
Nella circolare Assonime prova a smontare le motivazioni che erano state portate per vietare alle società già quotate
l'adozione delle azioni a voto plurimo. In primo luogo, sostiene l'associazione, tale divieto sarebbe incoerente con la
possibilità attualmente prevista per le società quotate di emettere, accanto ai titoli ordinari, azioni prive del diritto di
voto. Non solo; in ottica di corretto funzionamento del mercato dei capitali, «mentre le azioni a voto limitato
presentano conseguenze negative in termini di liquidità del titolo ed effetti sui prezzi, questi problemi non si
presentano nel caso di emissione di azioni a voto plurimo, che non sono di regola scambiate sui mercati». All'estero,
per esempio, negli ordinamenti in cui le azioni a voto plurimo sono consentite anche per le quotate, queste non sono
negoziate, mentre lo sono invece le ordinarie. Per queste ragioni Assonime invita dunque il legislatore a ripensare
l'attuale normativa: «Sarebbe dunque auspicabile un ripensamento del divieto di emissione delle azioni a voto plurimo
nelle società quotate per arrivare a consentire la creazione di classi di azioni a voto plurimo anche per le società
quotate, seppure circondato dei temperamenti opportuni».
Nella circolare Assonime respinge inoltre le critiche arrivate da una parte del mercato e degli osservatori secondo cui
l'introduzione del principio della maggiorazione dei diritti di voto possa essere funzionale al consolidamento di
posizioni di controllo esistenti. Secondo l'associazione, infatti, molto dipende dall'attuale configurazione azionaria
della società che decide di avvalersi della maggiorazione dei diritti di voto e del modo in cui tale maggiorazione viene
introdotta negli statuti. «Le legge», sottolinea Assonime, «definisce gli elementi essenziali dello strumento ma lascia
ampi spazi all'autonomia statutaria nella definizione dei contenuti, come per esempio l'entità della maggiorazione o la
scelta relativa agli effetti della maggiorazione sui quorum».
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Ultime assemblee con il voto capitario nelle banche Popolari bruscamente riformate da
Matteo Renzi - ITALIA OGGI martedì 07 aprile 2015
Sabato prossimo - fra poco più di 80 ore - va in scena una super-assemblea collettiva. Banco Popolare e Credito
Valtellinese, Popolare di Milano e di Vicenza. A stretto giro, nei fine settimana di aprile, sono convocate le assise
annuali di Ubi, Popolare Sondrio e Bper: per tutte sarà l'ora dell'anteprima bruscamente decretata dal governo e
subito approvata sotto fiducia dal Parlamento. Per l'ultima volta quindi le grandi Popolari metteranno ai voti bilancio
con la governance cooperativa: con il voto «per teste», per quanto modernizzato dalla facoltà allargata - per ciascun
socio - di intervenire in assemblea con dieci deleghe.
Era il percorso (molto) gradualistico intrapreso dalle Popolari ancora fiduciose di poter patteggiare con governo e
Bankitalia un'autoriforma di sostanziale continuità. Il colpo di mano di Renzi – forse l'unica riforma rottamatoria
davvero riuscita in assoluto in un anno di governo - costringerà quasi sicuramente tutte le grandi Popolari a
trasformarsi in Spa assai prima dei 18 mesi concessi dall'«investment compact». Probabilmente già prima della fine
dell'estate, altre assemblee in sede straordinaria obbligheranno decine di migliaia di soci a far calare il sipario su una
forma di governo dell'impresa creditizia che vantava un radicamento plurisecolare in Italia. Liturgie superate e
pericolose secondo il decreto-blitz varato a gennaio, sotto la pressione tacita della nuova vigilanza Bce e con l'assenso
notarile della Banca d'Italia. Giusto o sbagliato, le Popolari hanno saputo far valere ben poco le loro ragioni: anzitutto
sottraendosi al ruolo di capri espiatori per il credit crunch, simbolo della grande recessione. E ora. in fondo, sembrano
aver ragione quei vertici di Popolari che hanno accettato la sfida della ruvidissima «suasion» del governo. Sia il Banco
che la Milano paiono orientati a favorire al più presto la nascita di nuclei di soci stabili: incaricati a loro volta di
preparare aggregazioni.
L'intervento delle Fondazioni - peraltro già presenti nell'azionariato di varie Popolari - pare scontato: tanto più che la
recentissima «autoriforma» negoziata dall'Acri con il Tesoro sembra addirittura favorire lo spostamento degli
investimenti dalle vecchie «banche conferitarie» (come UniCredit e Intesa Sanpaolo) ai nuclei in cantiere per le
Popolari. Le stesse Fondazioni - pur proiettate tradizionalmente su investimenti a medio e lungo termine – non
potranno discostarsi troppo dall'approccio degli investitori di mercati: quali Popolari hanno ancora margini di crescita
nel loro progetto d'impresa? Quali piani d'aggregazione possono rispondere meglio alle attese concentriche di Borse,
mercato del credito, governo e authority?
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2 – 3 Aprile
In occasione del 150°.
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BANCA POPOLARE DI MILANO DA’ AVVIO AL BPM TOUR: IL TAGLIO DEL NASTRO PARTE DA
LEGNANO.
Arriva francobollo per i 150 anni di BPM
Popolari: Citi, Bpm non stara' sola, Banco comprera' banche piu' piccole - Ubi ha la maggiore
probabilita' di rimanere stand alone
E ora la parola ai soci - Sabato 11 inizieranno le assemblee di bilancio dei principali istituti
cooperativi. Previsti i primi interventi sugli statuti e annunci di operazioni straordinarie. A fine marzo
il regolamento di Bankitalia
Popolari spa, assicurazioni in campo - I dossier possibili: Bper-Unipol banca e Pop. Vicenza-Cattolica
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BANCA POPOLARE DI MILANO DA’ AVVIO AL BPM TOUR: IL TAGLIO DEL NASTRO PARTE
DA LEGNANO. (mi-lorenteggio.com) Legnano, 31 marzo 2015 –
E’ partita oggi a Legnano la prima tappa del BPM TOUR, insieme da 150 anni alla presenza di Dino Piero Giarda,
Presidente del Consiglio di Sorveglianza, Mario Anolli, Presidente del Consiglio di Gestione, e Giuseppe Castagna,
Consigliere Delegato. L’evento si è svolto presso la storica sede dell’allora Banca di Legnano, ora agenzia 1201, che
rappresenta il più importante polo creditizio del Gruppo BPM dell’alto milanese, punto di riferimento del distretto
Ovest. Con circa 900 addetti al servizio di oltre 200mila clienti tra privati e realtà imprenditoriali, masse totali di
depositi e finanziamenti che arrivano a 11 miliardi di euro, il distretto Ovest è un esempio di come lo stretto legame
tra Banca e territorio crei valore per tutti i soggetti coinvolti, favorendo lo sviluppo non solo economico, ma anche
sociale, culturale e sportivo. BPM sostiene storicamente, tra gli altri, il Palio di Legnano, la Coppa Bernocchi, la
Fondazione Ticino Olona, l’Associazione Famiglia Legnanese. Proprio il rapporto con il territorio costituisce il fil rouge
che anima il BPM TOUR: un “viaggio” nelle principali aree di presidio della Banca per celebrare l’importante traguardo
dei 150 anni e ripercorrere le tappe fondamentali che l’hanno portata a diventare uno dei primi gruppi bancari del
Paese. Come ha ricordato il prof. Giarda: “BPM è nata nel 1865 con l’obiettivo di promuovere l’accesso al credito delle
fasce più deboli della emergente classe di operatori economici e incentivare il processo di sviluppo e di crescita. Dopo
150 anni continuiamo a essere al servizio dei nostri territori, orgogliosi del nostro passato e proiettati al futuro e ai
prossimi obiettivi da raggiungere”. “Il 2014 è stato un anno complicato non solo per BPM, ma per l’intero sistema
bancario” – ha proseguito il prof. Anolli – “Siamo però riusciti ad affrontare con successo le numerose sfide e a
chiudere l’esercizio con ottimi risultati sia di tipo patrimoniale che economico, così da riposizionare il nome della
Banca tra le migliori del Paese”. Anche a Legnano, così come avverrà nelle prossime tappe, è stata data voce alle storie
di imprese, comunità locali e persone che, grazie anche al supporto della Banca, hanno raggiunto il loro piccolo o
grande traguardo, contribuendo a creare valore per sé e per la collettività. Il tour è l’occasione per presentare Casa
BPM, la prestigiosa Sala delle Colonne della sede di Piazza Meda in pieno centro a Milano, che verrà messa a
disposizione delle imprese, delle istituzioni, dei partner dei territori e della clientela per l'organizzazione di eventi,
conferenze, presentazioni, convegni e altre iniziative. Casa BPM è il dono che la Banca desidera offrire a tutti coloro
che le hanno permesso di giungere a questo importante anniversario: assume quindi un valore simbolico di
accoglienza e ospitalità, testimonianza della vicinanza che la Banca ha sempre manifestato nei confronti dei propri
stakeholder. Un progetto di BPM per le sue comunità di riferimento, con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo e alla
realizzazione di iniziative meritevoli, in linea con i valori e gli obiettivi di Banca Popolare di Milano. “BPM Tour e Casa
BPM sono solo alcune delle iniziative che rientrano nel ricco programma di celebrazioni per i 150 anni” – dichiara il
Consigliere Delegato, Giuseppe Castagna - “Desideriamo rimettere la Banca al centro dei nostri territori per far sì che
continui ad avere un ruolo centrale nella crescita del Paese, così come dal 1865”.
 Arriva francobollo per i 150 anni di BPM - Ansa 3/04/2015
Sarà emesso l'11 aprile prossimo il francobollo autoadesivo da 80 centesimi che celebrerà i 150 anni dalla fondazione
della Banca Popolare di Milano (BPM). Le Poste Italiane ne hanno diffuso l'immagine: il francobollo raffigura la cupola
che caratterizza l'interno del palazzo di piazza Meda che dal 1931 ospita la sede centrale della Banca, nonchè alcuni
particolari della facciata esterna. In alto, affiancati, sono presenti i loghi della Banca Popolare di Milano e del 150°
anniversario della fondazione. A commento dell'emissione verrà messo in vendita il bollettino illustrativo con un
articolo del Prof. Dino Piero Giarda, Presidente del Consiglio di Sorveglianza della BPM. La BPM fu fondata nel 1865
nella forma della società cooperativa a responsabilità limitata per iniziativa di Luigi Luzzati e con la partecipazione di
350 cittadini milanesi. Ancora oggi la presenza di residenti a Milano e provincia rappresenta il 35% degli azionisti (che
sono in tutto oltre 113 mila). Nell'esercizio 2014 l'utile netto consolidato del gruppo BPM è salito a 232 milioni di euro
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con una raccolta diretta di 36,8 miliardi di euro. E' una delle grandi ''popolari'' che, in base alla recente riforma, dovrà
trasformarsi in ''spa''
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Popolari: Citi, Bpm non stara' sola, Banco comprera' banche piu' piccole - Ubi ha la maggiore
probabilita' di rimanere stand alone - (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 02 apr 2015
Tra le principali banche popolari italiane, la Banca Popolare di Milano e' quella che ha meno probabilita' di rimanere
stand alone nei prossimi mesi. Ne sono convinti gli analisti di Citi, che in un report intitolato "Speed dating prima della
stagione delle nozze?" hanno analizzato il probabile consolidamento del settore dopo l'entrata in vigore della legge
che impone la trasformazione in spa alle Popolari con asset superiori agli 8 miliardi. Tra le quattro banche popolari
esaminate (oltre a Bpm sono Ubi, Banco Popolare e Bper), all'istituto di Piazza Meda viene assegnato soltanto il 10% di
probabilita' di rimanere stand alone, mentre una fusione con un istituto grande il 125% di Bpm e' ritenuta probabile al
50% e un'aggregazione con un target di dimensioni pari al 150% dell'istituto e' quotata al 40%. Secondo Citi Bpm
quindi si fondera' con un istituto piu' grande. La banca che secondo Citi ha piu' chance di rimanere da sola e' Ubi
Banca (30%), per cui comunque un'aggregazione con un target di pari dimensioni e' ritenuta altrettanto verosimile ed
e' stimata ancor piu' probabile (40%) la fusione con una banca grande il 150% di Ubi. Per quanto riguarda il Banco
Popolare, le probabilita' sono cosi' distribuite: al 25% rimarra' da solo, al 40% acquisira' una banca piu' piccola, grande
il 25% del Banco, e al 35% alzera' un po' il target, comprando una banca di dimensioni pari a meta' delle proprie.
Quanto infine a Bper, lo scenario stand alone e' ritenuto probabile al 20%, al 50% comprera' una banca poco piu'
piccola (grande il 75% di Bper) e al 30% si fondera' con una banca di pari dimensioni o con due banche che insieme
hanno le stesse dimensioni di Bper, contemporaneamente o in due fasi successive.
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E ora la parola ai soci - Sabato 11 inizieranno le assemblee di bilancio dei principali istituti
cooperativi. Previsti i primi interventi sugli statuti e annunci di operazioni straordinarie. A fine
marzo il regolamento di Bankitalia - MF-MILANO FINANZA venerdì 3 aprile 2015
Concluso l'iter parlamentare la riforma delle banche popolari è pronta a entrare nel vivo. Le assemblee di bilancio di
aprile saranno infatti un primo banco di prova per gli istituti cooperativi che si avviano alla trasformazione in spa. Non
solo perché all'ordine del giorno ci saranno i primi interventi sugli statuti, ma anche perché gli amministratori
potrebbero dettagliare la tabella di marcia e alzare il velo su eventuali aggregazioni. Nel frattempo entro la fine del
mese è atteso il regolamento attuativo della Banca d'Italia che di fatto darà luce verde per la convocazione delle
assemblee straordinarie e il cambio di governance. Ecco allora, giorno per giorno, quali saranno gli appuntamenti
principali per l'aprile delle banche popolari.
Banca Popolare di Milano . L'istituto di Piazza Meda riunirà l'assemblea sabato 11 a FieraMilanoCity per l'approvazione
del bilancio e le prime modifiche statutarie imposte dalla riforma, come l'innalzamento da cinque a dieci delle deleghe
di voto. L'appuntamento è molto atteso anche perché proprio Bpm potrebbe aprire le danze del risiko bancario.
Anche se la lettera ai soci si sofferma sulla ricorrenza del 150esimo anniversario dalla nascita e sui risultati industriali
della banca, l'attenzione sarà focalizzata soprattutto sul possibile annuncio di operazioni straordinarie. Secondo un
report di Citi, tra le principali popolari italiane, la Bpm è quella che ha meno chance di rimanere autonoma . «Vista la
posizione geografica e la qualità del suo bilancio riteniamo che Bpm sia il partner ideale», spiegano gli analisti di Citi,
che scommettono sulla fusione con un istituto più grande.
Secondo quanto risulta l'opzione numero uno è da tempo il Banco Popolare , che riunirà l'assemblea sempre sabato
11 a Novara, nel Complesso Sportivo Comunale del Terdoppio. Secondo quanto riportato da MF-Milano Finanza, il
nuovo gruppo potrebbe assumere un modello di governance duale, lo stesso attualmente in vigore in Bpm , mentre il
Banco è passato al tradizionale nell'autunno del 2011. I due board dovrebbero infatti dare piena rappresentanza alle
anime del nuovo gruppo, consentendo un'equa ripartizione delle poltrone. Sempre secondo indiscrezioni, la guida
operativa potrebbe andare all'attuale consigliere delegato di Bpm , Giuseppe Castagna, mentre le presidenze dei due
consigli potrebbero essere affidate a Pier Francesco Saviotti e Carlo Fratta Pasini (rispettivamente amministratore
delegato e presidente del Banco).
Il terzo appuntamento di sabato 11 è fissata al Polo Fieristico Provinciale di Morbegno (Sondrio) dove si daranno
appuntamento i soci del Credito Valtellinese . All'ordine del giorno ci sono alcuni interventi sullo statuto, come
l'abbassamento del quorum per le fusioni che dovrebbe favorire le operazioni straordinarie. Già nell'estate scorsa il
direttore generale Miro Fiordi, pur senza fare nomi, aveva avanzato l'ipotesi una fusione per la popolare valtellinese.
Secondo i più l'opzione numero uno era un matrimonio con la Banca Popolare di Sondrio , che quest'anno riunirà i soci
sabato 18 al centro polifunzionale Pentagono di Bormio. Finora il gruppo ha preferito conservare l'indipendenza sotto
l'egida del presidente onorario Piero Melazzini. Una scelta che potrebbe spingere il Credito Valtellinese a guardarsi
intorno per uscire dalla valle e aggregarsi a uno dei nascenti poli popolari. La strada favorita dagli analisti porta a
Milano dove intorno alla Bpm potrebbe nascere una delle due popolari, ma l'ipotesi è tutta da verificare.
L'appuntamento principale di sabato 18 sarà l'assemblea della Banca Popolare dell'Emilia Romagna che si terrà nelle
strutture di Modena Fiere. Oltre ai temi di routine, all'ordine del giorno c'è una riforma statutaria che prevede lo
18
snellimento del board e il conferimento di maggiori poteri all'ad, Alessandro Vandelli. Anche in questo caso però
l'attenzione dei soci potrebbe concentrarsi sulle operazioni straordinarie visto che Bper starebbe guardando in diverse
direzioni. Messi da parte i ritorni di fiamma per il dossier Bpm , il gruppo modenese potrebbe puntare il timone o
verso la Liguria dove potrebbe aggregarsi con Banca Carige , oppure verso il Nordest dove potrebbe dar vita a un polo
allargato a Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Su questa seconda opzione pende però l'incognita dei concambi, visto
che i titoli dei due istituti non quotati hanno prezzi assai lontani dai correnti valori di borsa del comparto bancario.
Proprio di questo tema si potrebbe discutere nel corso dell'assemblea di Veneto Banca che si terrà sempre sabato 18 a
Volpago del Montello (Treviso). Secondo fonti vicine alla banca, il cda presieduto da Francesco Favotto potrebbe
svalutare drasticamente il prezzo delle azioni, soprattutto alla luce della perdita da 968 milioni incassata nel bilancio
2014. Altro tema che potrebbe scaldare la platea di Montebelluna è l'ipotesi di un'integrazione con la Banca Popolare
di Vicenza, operazione che darebbe vita a un grande polo bancario del Nord Est con la benedizione della politica e
delle istituzioni locali. L'assemblea di Bpvi del resto sembra fissata apposta per consentire un dialogo tra i due istituti,
visto che si terrà sabato 11 al Centro Congressi dell'Ente Fiera di Vicenza.
Nessuno invece ruberà la scena a Ubi Banca che ha dato appuntamento ai soci per sabato 25 aprile alla Nuova Fiera di
Bergamo. Secondo gli analisti di Citi, Ubi è la popolare che ha più chance di rimanere da sola nel prossimo round di
aggregazioni. Opinione condivisa anche dagli esperti di Equita che ritengono improbabile una fusione tra il gruppo
lombardo guidato da Victor Massiah e il Monte dei Paschi , anche se proprio questa è oggi l'ipotesi più gettonata dal
mercato. Tra le non quotate invece, per sabato 18 è fissata l'assemblea della Banca Popolare di Bari che sotto la guida
dell'amministratore delegato Vincenzo De Bustis ha recentemente concluso l'acquisto della Cassa di Risparmio di
Teramo.
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Popolari spa, assicurazioni in campo - I dossier possibili: Bper-Unipol banca e Pop. VicenzaCattolica - IL SOLE 24 ORE venerdì 3 aprile 2015
Non solo le Fondazioni in fase di diversificazione, o i grandi soci privati storicamente presenti nell’azionariato. Tra i
soggetti che potrebbero entrare a far parte dei nascenti noccioli duri delle Popolari in formato Spa potrebbero esserci
anche le assicurazioni. Che sulla carta hanno non soltanto importanti risorse da investire, ma anche l’interesse a farlo,
visto che le banche restano pur sempre un interlocutore privilegiato in virtù delle possibili sinergie nella distribuzione
delle polizze. Per il momento è materia per banche d’affari. Le popolari, fresche di riforma e al momento soprattutto
affaccendate nell’organizzare le imminenti assemblee di bilancio (che devono passare lisce per poter poi affrontare
con tutta la calma necessarie le eventuali opzioni straordinarie), al massimo ragionano fra di loro di m&a. Ma c’è chi
guarda oltre, e così nel mondo dei consulenti in diversi stanno lavorando su possibili sinergie non solo industriali ma
anche a livello di partecipazioni: una volta trasformate in Spa, le (ex) popolari, d’altronde, avranno tutto l’interesse a
poter contare su una quota di azionariato stabile, che metta al riparo da ogni possibile sorpresa.
È così che anche nelle popolari potrebbe ripetersi una situazione non diversa da quella che si sta verificando
nell’azionariato di Mps, dove Axa - partner storico della banca, in cui ha una quota del 3,17% - al momento è uno dei
pochi soci che a Siena fanno professione di stabilità sul medio-lungo periodo, non a caso nel nuovo board che sarà
eletto in assemblea tra due settimane si preparano a inserire cinque consiglieri, quattro in più della rappresentanza
attuale. Panni analoghi potrebbero toccare in sorte ad altre compagnie assicurative con le banche popolari. Quali? Un
dossier su cui i banchieri d’affari si stanno cimentando è quello che vede coinvolte Bper e Unipol: stesso territorio di
riferimento, analogo dna cooperativo e - non ultimo - una partnership collaudata in Arca Vita, controllata da Unipol
con una quota del 63,39% ma partecipata da Bper (19,67%) e Popolare di Sondrio (14,84%). Tutto questo potrebbe
costituire le premesse per un’integrazione delle attività bancarie per lo meno tra le prime due; uno scambio di asset a
tutti gli effetti che porterebbe in dote a Bper un azionista di peso, più masse e clienti. Al tempo stesso ciò
consentirebbe a Unipol di fidelizzare la più importante tra le relazioni bancarie attualmente in essere. L’ipotesi, per
ora, sarebbe stata sottoposta ai potenziali partner ma non sarebbe ancora finita sul tavolo degli organi: nel caso, se ne
riparlerà dopo l’assemblea Bper del 18 aprile.
Lo stesso schema potrebbe essere ripetuto in altri casi. Meno immediati, forse, di un potenziale asse Bper-Unipol (più
Sondrio?) ma su cui si stanno esercitando gli advisor. L’interesse, ovviamente, è concetrato soprattutto a Nord-Est:
dove c’è il Banco Popolare, che tradizionalmente lavora con Aviva (insieme controllano Avipop assicurazioni) oltre che
con Unipol, partner in Popolare Vita. Ubi, invece, da tempo viaggia in tandem con Ageas e Bnp Paribas Cardif (con cui
ha sciolto la jv nell’estate scorsa ma ha rinnovato l’accordo per la distribuzione), tuttavia si ritrova nell’azionariato
Cattolica Assicurazioni, con una quota dello 0,56%. Potrebbe essere la compagnia veronese un azionista stabile?
Possibile ma improbabile. Così come in Ubi la compagnia è presente in Veneto Banca (0,95%) e in Popolare di Vicenza
(0,46%), e soprattutto con quest’ultima i legami sono particolarmente solidi considerato che la banca guidata da
Gianni Zonin è il primo azionista con una quota del 15,07%. Infine, la Banca Popolare di Milano: Piazza Meda è socio
(di minoranza) dei francesi di Covéa in Bipiemme Vita, e questo sarebbe inevitabilmente il punto di partenza per un
potenziale rafforzamento dei rapporti, con implicazioni sull’azionariato della banca; anche se la pista, al momento,
sembra difficile da battere.
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1 Aprile
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Bpm, ok alle 10 deleghe agli azionisti
Bpm, l'advisor dopo l'assemblea - L'operazione prevista tra maggio e giugno. Il candidato favorito
resta il Banco con un sistema di governance duale, Castagna ceo, Fratta Pasini e Saviotti alle due
presidenze.
Popolari, passaggio a Spa con fusioni - Nodo governance cruciale per scegliere la via di una società
«terza»
Voto capitario light Cambiano le nomine
Assemblee con maggioranze «leggere»
 Bpm, ok alle 10 deleghe agli azionisti - MF-MILANO FINANZA martedì 31 marzo 2015
Sono sempre più numerose le banche popolari con attivi superiori a 8 miliardi di euro che si adeguano alla legge
secondo la quale dovranno presto trasformarsi in spa. Dopo Ubi Banca , anche la Banca popolare di Milano ha deciso
di rivedere il numero di deleghe che i soci potranno portare in assemblea. Nell'assemblea convocata per il prossimo
10- 11 aprile 2015 (rispettivamente in prima e seconda convocazione) ogni socio di Bpm potrà avere fino a 10 deleghe
(numero minimo previsto dal decreto), contro le cinque massime stabilite dal precedente statuto della banca. Una
mossa che segue di pochi giorni quella della banca guidata dal consigliere delegato Victor Massiah che ha di recente
modificato lo statuto per permettere ai soci di portare fino a 10 deleghe nell'assemblea convocata per il 25 aprile.
Come detto, per le popolari non si tratta di una scelta, ma di un obbligo. Il testo del decreto di gennaio, convertito in
legge la scorsa settimana, stabilisce che il numero di deleghe in questa categoria di istituti debba essere compreso tra
dieci e venti.
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Bpm, l'advisor dopo l'assemblea - L'operazione prevista tra maggio e giugno. Il candidato favorito
resta il Banco con un sistema di governance duale, Castagna ceo, Fratta Pasini e Saviotti alle due
presidenze. MF-MILANO FINANZA mercoledì 01 aprile 2015
Dopo la conversione del decreto Renzi-Padoan, le popolari sono pronte al valzer delle aggregazioni, e la Banca
popolare di Milano sembra destinata a giocare il ruolo del jolly. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, subito
dopo l'assemblea di bilancio di sabato 11 Piazza Meda dovrebbe nominare l'advisor che la seguirà nel processo di
aggregazione. Al momento il lavoro di selezione sarebbe ancora in corso, ma è chiaro che l'istituto si muoverà in tempi
rapidi. Se qualche anticipazione potrebbe arrivare già in assemblea (per la quale si prevede un'affluenza consistente),
l'intenzione sembra quella di chiudere i giochi tra maggio e giugno, dunque prima della pausa estiva. Il candidato
favorito è il Banco Popolare che, fondendosi con la Bpm , darebbe vita al terzo polo dell'industria bancaria italiana e al
campione nella categoria delle popolari. Da fine 2013 l'operazione è uno dei gossip preferiti di Piazza Affari e i rumor
(mai smentiti) hanno ripreso quota con forza nelle ultime settimane, in concomitanza con il varo della riforma RenziPadoan. Anche perché, da un punto di vista industriale, un'aggregazione sull'asse Milano-Verona avrebbe senso. In
primo luogo le sovrapposizioni territoriali di sportelli risulterebbero contenute. Le uniche difficoltà potrebbero sorgere
nella provincia di Milano, dove storicamente la presenza di Bpm è sempre stata molto forte e dove il Banco conta oggi
un'ottantina di sportelli. Nelle altre province lombarde, invece, non dovrebbero presentarsi criticità e, anzi, Verona
avrebbe l'opportunità di espandersi in aree oggi poco presidiate come la Brianza, la bergamasca e soprattutto Milano
città. Un altro vantaggio potrebbe derivare dal modello commerciale adottato recentemente dalle due popolari. Si
tratta del modello hub&spoke, che in sostanza prevede una struttura distributiva flessibile con filiali principali (hub) e
altre satellite (spoke). Questo sistema permette di ridurre i costi e aumentare l'efficienza operativa, pur evitando la
chiusura di filiali. Se insomma sotto il profilo industriale l'aggregazione dovrebbe funzionare, eventuali intoppi sulla
governance potrebbero essere appianati da opportuni accorgimenti. Il nuovo gruppo potrebbe infatti assumere un
modello di governance duale, lo stesso attualmente in vigore in Bpm , mentre il Banco è passato al tradizionale
nell'autunno del 2011. I due board dovrebbero infatti dare piena rappresentanza alle anime del nuovo gruppo,
consentendo un'equa ripartizione delle poltrone. Sempre secondo indiscrezioni, la guida operativa potrebbe andare
all'attuale consigliere delegato di Bpm , Giuseppe Castagna, mentre le presidenze dei due consigli potrebbero essere
affidate a Pier Francesco Saviotti e Carlo Fratta Pasini (rispettivamente amministratore delegato e presidente del
Banco). Se insomma il Banco potrebbe essere l'opzione numero uno per la Bpm , non manca qualche sostenitore di
un'aggregazione tra Piazza Meda e la Bper. I due gruppi si conoscono da tempo, almeno da quando nel 2007 la fusione
sfumò sul filo del traguardo. Una riedizione di quel progetto appare complessa, soprattutto per difficoltà relative alla
governance. Per Bper potrebbe risultare più interessante spostare l'attenzione su Carige o su Veneto Banca, a patto
che Montebelluna ridimensioni il prezzo delle proprie azioni portandole a valori di mercato.
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Popolari, passaggio a Spa con fusioni - Nodo governance cruciale per scegliere la via di una
società «terza» IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
La fine del 2016 coinciderà con la fine della storia delle banche popolari di maggiori dimensioni : il dl 3/2015,
convertito nella legge 33/2015, sancisce infatti che, per quell’epoca, le banche popolari con attivo superiore agli 8
miliardi dovranno essere trasformate in società per azioni, a pena del blocco della loro attività da parte della Banca
d’Italia. Più dettagliatamente, il futuro delle banche popolari italiane è stato così ridisegnato dal dl 3/2015:
• le banche popolari che d’ora innanzi chiudano il bilancio esponendo meno di 8 miliardi di euro, potranno continuare
la loro tradizionale operatività cooperativa (salve alcune modifiche );
• le banche popolari che, nel corso della loro esistenza, si trovino invece ad approvare un bilancio che presenti più di 8
miliardi di euro di attivo, avranno un anno di tempo per trasformarsi in Spa (sempre a pena di
sospensione della loro attività);
• quanto, infine, alle banche popolari che, al momento di entrata in vigore del dl 3/2015 (e cioè il 25 gennaio 2015),
già presentino un attivo (evidentemente certificato nel bilancio 2014, di imminente approvazione) superiore a 8
miliardi, esse devono senz’altro provvedere alla trasformazione in Spa, avendo tempo 18 mesi (dall’entrata in vigore
del regolamento attuativo del dl 3/2015, che Bankitalia sta predisponendo) per adempiere a questo obbligo.
La trasformazione di una banca popolare in società per azioni provoca una violenta sterzata della governance di questi
istituti: nelle banche popolari i soci infatti votano con il sistema delle elezioni politiche, improntato al massimo grado
di democrazia, e cioè con il principio «one man, one vote» che nullifica il peso del capitale ed esalta il voto del singolo
socio prescindendo dal numero delle sue azioni; invece, nelle Spa trionfa il principio capitalistico, secondo il quale la
maggioranza si forma contando (o, in alcuni casi, “pesando”) le azioni a prescindere dalle “teste” dei soggetti che ne
siano i proprietari.
Nel sistema cooperativistico, evidentemente, se i dipendenti (o i pensionati) della banca comprano le azioni della
cooperativa (anche una sola azione), essi sono in grado di esprimere un rilevante peso in assemblea (come ce l’hanno,
indirettamente, le loro unions, se si tratta di lavoratori organizzati sindacalmente); nel sistema capitalistico invece il
potere decisionale nell’assemblea dei soci è correlato al rischio di perdere il proprio capitale investendolo in azioni
(quanto più si rischia, tanto più potere decisionale si ha).
Per ragioni di adeguato dimensionamento organizzativo, questo coattivo percorso di trasformazione stimolerà tutte o
quasi le banche popolari di maggiori dimensioni a valutare, nel contempo, progetti aggregativi. E quindi l’iter di
trasformazione in società per azioni potrebbe presentare le seguenti variabili:
• una banca popolare si trasforma in Spa, e cioè con una operazione stand alone;
• una banca popolare si fonde con altra banca popolare e successivamente la società cooperativa risultante dalla
fusione procede alla sua trasformazione in Spa;
• una banca popolare si fonde con altra banca popolare formando contestualmente una nuova Spa (oppure una banca
popolare ne incorpora un’altra allo stesso tempo trasformandosi in una Spa).
È quest’ultima (e cioè l’ipotesi della fusione “trasformativa”) la casistica che si prospetta più probabile: dato che tutte
o quasi tutte le banche popolari costrette alla trasformazione daranno corso ad aggregazioni, non è pensabile, intanto
che si progetta l’aggregazione, che non si progetti allo stesso tempo anche la governance della Spa cui si deve
necessariamente dar vita entro poco tempo.
Come si giunge dunque a una “fusione trasformativa”?
Prima della fase “giuridica”, c’è evidentemente da percorrere una fase “politica”: occorre lo svolgimento di una
trattativa per comprendere se vi sia un partner disponibile all’aggregazione, con il quale deve essere affrontato
l’impervio tema di stabilire chi è dei due che incorpora l’altro (a meno che si dia corso a una “fusione per unione”, e
cioè all’estinzione di entrambi i partner per dar vita a una società completamente nuova).
In entrambi i casi c’è poi da gestire lo scivoloso tema di individuare i componenti degli organi della società che
risulterà dalla fusione (il presidente del board, l’amministratore delegato, i membri del cda o di gestione e quelli del
collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza) perché evidentemente un’operazione di fusione comporta il
dimezzamento delle poltrone disponibili.
Inevitabile inoltre una fase di due diligence, durante la quale le due società soppesano le proprie peculiarità al fine di
definire il rapporto di cambio tra le rispettive azioni (e quindi di determinare gli assetti proprietari nella società
trasformata).
 Voto capitario light Cambiano le nomine - IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
Il dl 3/2015 introduce importanti cambiamenti di scenario normativo non solo per le grandi banche popolari
(“costrette” a trasformarsi in Spa), ma anche per quelle di piccole dimensioni, cioè con un attivo minore di 8 miliardi,
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la cui disciplina viene notevolmente innovata. Non vi sono modifiche invece per le banche di credito cooperativo, la
cui regolamentazione rimane immutata.
Per le banche popolari “superstiti” vengono infatti previste rilevanti novità in tema di emissione di strumenti
finanziari, di elezione dei componenti degli organi sociali e di rappresentanza in assemblea. In particolare, sotto
quest’ultimo aspetto, le banche popolari:
• devono fissare nel loro statuto il numero massimo di deleghe per il voto in assemblea che possono essere conferite a
un socio (il numero deve essere stabilito in misura non inferiore a dieci né superiore a venti);
• fermo comunque restando il principio del voto capitario, possono ora prevedere che l’atto costitutivo
attribuisca ai soci cooperatori persone giuridiche più voti, ma non oltre cinque, in relazione all’ammontare della quota
oppure al numero dei loro membri.
Con riferimento poi all’emissione di strumenti finanziari, le banche popolari possono ora emettere strumenti finanziari
(sia del tipo “partecipativo” che del tipo degli strumenti “di debito”) dotati di diritti patrimoniali o di diritti
amministrativi secondo la medesima disciplina dettata per l’emissione di strumenti finanziari da parte delle Spa, con il
limite che ai possessori di questi strumenti finanziari non può, in ogni caso, essere attribuito più di un terzo dei voti
spettanti all’insieme dei soci presenti o rappresentati in ciascuna assemblea generale.
Con riguardo infine alla nomina degli organi sociali:
• viene abrogata la norma secondo cui la maggioranza degli amministratori doveva essere scelta tra i soci cooperatori
ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche;
• lo statuto può ora prevedere che i possessori di strumenti finanziari dotati di diritti di amministrazione eleggano nel
complesso sino a un terzo dei componenti dell’organo di controllo;
• nel caso di sistemi di governance dualistico o monistico, i possessori di strumenti finanziari peraltro non possono
eleggere più di un terzo dei componenti del consiglio di sorveglianza e più di un terzo dei componenti del consiglio di
gestione/amministrazione (e in caso di sistema monistico questi ultimi non possono essere destinatari di deleghe
operative né far parte del comitato esecutivo).
Evidentemente, tutte queste novità possono incidere significativamente sulla governance delle banche popolari
“superstiti”, in quanto, stemperando il voto capitario, impattano sia sulla nomina degli organi (nella quale i titolari di
strumenti finanziari potrebbero avere una rilevante voce in capitolo) sia su coloro che possono essere nominati, i quali
sono svincolati dall’avere la qualità di soci cooperatori o di soggetti individuati dai soci-cooperatori persone giuridiche.
Anche il maggior numero di deleghe attribuibili a chi partecipa fisicamente all’assemblea attenua il principio “one
man, one vote”, premiando la capacità organizzativa di chi sia in grado di far incetta delle deleghe disponibili.
 Assemblee con maggioranze «leggere» - IL SOLE 24 ORE mercoledì 01 aprile 2015
L’evoluzione che una società cooperativa deve compiere per divenire una Spa è caratterizzata da una significativa
serie di passaggi strettamente giuridici (sui quali senz’altro influirà il regolamento che la Banca d’Italia sta elaborando
per dare attuazione al dl 3/2015 e dal cui contenuto qui evidentemente si deve prescindere).
Se una banca popolare si trasforma in Spa senza dar corso a una operazione di fusione, la procedura è relativamente
semplice, in quanto è sufficiente (con l’assenso di Bankitalia) lo svolgimento di una assemblea straordinaria che
deliberi la trasformazione e che adotti il nuovo statuto. In questo caso, gli organi sociali preesistenti continuano la loro
permanenza in carica fino alla loro naturale scadenza. La trasformazione dà luogo normalmente a un diritto di recesso
del socio assente o dissenziente: ma il dl 3/2015 ha limitato questa possibilità dando facoltà alla Banca d’Italia di
impedire il drenaggio di patrimonio che si produrrebbe nel caso di un suo massiccio esercizio.
Assai più complicato è l’iter di una “fusione trasformativa”. Si inizia con la predisposizione del progetto di fusione,
corredato da un’apposita relazione (che illustra l’operazione e giustifica il rapporto di cambio), da parte dell’organo
amministrativo delle società che partecipano all’operazione. Al progetto di fusione va unito lo statuto (con il nuovo
nome e la nuova governance della banca) che disciplinerà la società risultante dalla fusione (e cioè la società
incorporante, nel caso di fusione “per incorporazione” o la nuova società risultante dalla fusione, nel caso di fusione
“per unione”).
Il progetto di fusione (con il nuovo statuto) viene quindi mandato in Banca d’Italia e, dopo il via libera, si procede alla
sua pubblicazione nel Registro imprese (o sui siti internet delle società che partecipano all’operazione). Nel frattempo,
una o più società di revisione devono aver predisposto una relazione sulla congruità del rapporto di concambio tra le
azioni delle società interessate. Prende il via, quindi, il meccanismo di convocazione delle assemblee dei soci,
chiamate ad approvare il progetto di fusione, nel corso delle quali si vota:
• in prima convocazione, con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi (purché all’assemblea sia rappresentato
almeno un decimo dei soci della banca);
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• in seconda convocazione, con la maggioranza di due terzi dei voti espressi, qualunque sia il numero dei soci
intervenuti all’assemblea.
Si tratta di quorum particolarmente semplificati, imposti dal dl 3/2015 in sostituzione di quelli ordinari (per legge o per
statuto) in casi del genere, e ciò per agevolare questo coattivo passaggio dalla forma cooperativa alla forma azionaria.
Una volta che le assemblee abbiano approvato il progetto di fusione, si passa alla fase esecutiva: le delibere dei soci
sono pubblicate nel Registro imprese e, dopo 15 giorni, si può far luogo alla stipula dell’atto di fusione, nel cui ambito
vengono designate le cariche sociali della società per azioni che risulta dall’operazione. Infine, l’atto di fusione viene
pubblicato nel Registro imprese: si sancisce così la fine del sistema delle banche popolari di grandi dimensioni nel
nostro Paese e l’inizio di una nuova vita delle ex grandi banche popolari sotto la forma della società per azioni.
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