4° lezione – 2013/04/04
Metodi e tecnologie per
l'insegnamento della
matematica
a.a. 2012/2013
valore aggiunto
delle tecnologie
e
per
secondo
livello
e
struttura
presentare
di
e
per
tecnologie
e
sostegno
per
e
costruire
primo livello
e
Web 2.0
sono
di
nuove
tecnologie
tecnologie
autonome
e
e
formazione
e
e
artefatti informatici
nella pratica didattica
metodo per
creare con
e
e
nuovo
digital divide
e
slow learning
e
Tecnologie autonome
•
•
•
•
•
esperienze realizzabili solo con queste
propri linguaggi e regole
non presentazione di mondi fittizi, virtuali, ma loro realizzazione
percorsi di apprendimento consapevole con prassi di lavoro autonome e attive
un esempio;
– nella prassi ipertestuale: costruzione; più codici; reticolarità della loro struttura,
assimilabile al nostro modo di accedere alla conoscenza;
– oggi approccio tipico ad uso delle tecnologie; si caratterizza per: la realizzazione di
artefatti indirizzati ad una rappresentazione di conoscenza; l’uso di strumenti che ne
facilitano la costruzione;
• esistono altri significativi approcci; essi delineano:
– gestione della conoscenza che si sviluppa anche con approcci maggiormente
procedurali ovvero orientati alla soluzione di problemi
– percorsi con metodologie di lavoro che facilitano il processo di apprendimento
(incontro con il problema, ipotesi risolutiva, prove, ..);
– percorsi basati su attività
• “[…]. Le personalità non vengono formate da ciò
che sentono o vedono, ma dal lavoro e dall’attività.
Il più importante metodo di educazione, di
conseguenza, è sempre stato quello dal quale
l’allievo veniva spinto ad agire realmente. Ciò vale sia
per i primi tentativi di scrivere del bambino, nelle scuole
elementari, sia per le tesi di dottorato, dopo la laurea
universitaria, sia per la stesura di una composizione, per
l’interpretazione e la traduzione di un testo; per la
soluzione di un problema informatico […]” (Einstein A.,
1996, citato in Antiseri D., 2000, pag. 9)
Un metodo
• Riferimento a Popper (Vienna, 28 luglio 1902 –
Londra, 17 settembre 1994);
• le teorie scientifiche nascono nel ciclo ricorsivo
congetture-confutazioni:
– “inciampiamo in qualche problema;
– tentiamo di risolverlo, ad esempio, proponendo qualche nuova teoria
(congettura);
– impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi
presenti dalla discussione critica dei nostri tentativi di risoluzione
(confutazione).
O, per dirla in tre parole: problemi-teorie-critiche. Credo che in queste tre
parole, problemi-teorie-critiche, si possa riassumere tutto quanto il modo
di procedere della scienza” (Popper K.R, 1969, pag. 146, citato in Antiseri D., 2000, pag. 13)
per Popper, dunque
• si incontra un problema,
• si escogita un’ipotesi risolutiva, una congettura e la si
sperimenta,
• si attendono delle confutazioni o si partoriscono proprie
confutazioni che possano smentire quella congettura;
• la confutazione può partorire una congettura, quindi
• ipotesi, realizzazione, sperimentazione
• nuova confutazione,…..
• di un’ipotesi non si potrà mai dire che è vera in assoluto, per
sempre, perché non possiamo sapere se poi interverranno
delle confutazioni a falsificarla
contro metodo induttivo
quindi:
• via opposta a quella dell’induzione. Il metodo induttivo si
basa sul procedimento di raccolta di grande quantità di
accurate osservazioni, dalle quali il ricercatore trarrà delle
leggi;
• in sostanza si passa da molteplici casi singolari a una
legge generale;
• Popper nega che possa esistere un metodo induttivo:
eccepisce che una legge possa essere inferita da una
quantità di osservazioni.
• il metodo della scienza di
Popper utilizzabile per lo
sviluppo di esperienze didattiche
(in special modo orientate
all’uso di tecnologie autonome)
Storiografia della scienza
• la ricerca scientifica muove i suoi passi
su controversie, su confutazioni per
produrre nuove teorie;
• la storiografia deve indagare e
immedesimarsi in quei ‘fatti
controversi’ e reinventare i problemi
che rappresentano il punto di partenza
di nuovi percorsi.
• uno storiografo della scienza, nel ricostruirne
il cammino, indaga sempre le cause che
hanno generato lo sviluppo delle varie teorie.
• un docente dovrebbe assumere questo
approccio da storiografo della scienza per
evitare di presentare le teorie come oggetti
astorici, che non hanno una genesi e uno
sviluppo legato al prima e al durante della
loro evoluzione.
• se assumiamo che la storia della scienza sia la storia dei
problemi della scienza e, come docenti, decidiamo di assumere
l’atteggiamento dello storico, allora dobbiamo conoscere quei
problemi ed essere in grado di ricrearli; così facendo gli
studenti sperimentano il metodo delineato da Popper
• come fare?
• è necessario partire dai problemi dei nostri allievi e se questi
non ci conducono a quelli profondi legati alla disciplina,
occorre saper creare delle situazioni che possano farli, via via,
emergere
• in sostanza, si ha un problema, lo studente ipotizza una
soluzione e la realizza
si può avere
• “confutazione collaborativa” nella costruzione
(della congettura),
• oppure, “confutazione come condivisione”;
confronto fra soluzioni già realizzate
singolarmente, le confutazioni possono essere
indirizzate a migliorare la soluzione o
individuare errori nascosti che l’autore non era
riuscito a stanare autonomamente;
attenzione!!
• una applicazione informatica si regge su un
programma che ha una struttura logica, che è una
rappresentazione di quello che verrà realizzato
durante l’esecuzione;
• leggere e studiare la struttura del programma,
significa capire la ‘teoria’ che lo sostiene e,
un’eventuale confutazione, può avvenire anche
attraverso una sperimentazione, nella mente del
‘confutatore’, dello sviluppo risolutivo voluto
dall’autore.
In definitiva, la costruzione di
applicazioni informatiche ha
• un fondamentale significato: esprime ‘il pensiero
risolutivo’ dell’autore su quel problema.
• forte valenza formativa: si opera su idee e processi
risolutivi;
quindi
• no a prassi istintiva di prova, errore, prova, errore,
…, per sviluppare confutazioni;
• cioè no a isterico vortice di tentativi
superficiali e veloci di correzioni nel punto in
cui l’elaboratore indica un errore, evitando di
leggere e interpretare la logica complessiva
che sostiene quella teoria (il programma).
due livelli nell’impiego delle tecnologie nella
didattica:
• un primo livello che prevede la realizzazione di
artefatti (tecnologie autonome);
• un secondo livello che prevede l’uso di artefatti già
realizzati; questi vengono inseriti in percorsi
didattici e utilizzati secondo proprie modalità
(tecnologie come sostegno).
Costruire applicazioni e formazione
• inizialmente uso degli elaboratori per
programmazione da parte di esperti
• poi, successive generazioni di computer
e di nuovi utenti; verso nuovi campi di
interesse, spesso fortemente orientati a
realizzazioni grafiche e ad attività con
alto tasso di partecipazione e
interazione.
Costruire applicazioni e formazione
• spesso si afferma che i computer
siano utilizzati non solo per attività
di programmazione informatica, ma
anche per attività legate alla
formazione, per il gioco, per
comunicare, per organizzare e gestire
informazione e/o conoscenza. Però!!
• non solo …. ma anche
• ma anche per attività legate alla
formazione, per il gioco, per
comunicare, per organizzare e gestire
informazione e/o conoscenza
Costruire applicazioni e formazione
• occorre ampliare l’orizzonte di utilizzo delle
tecnologie nei percorsi formativi;
• inoltre, dopo che per anni l’attenzione si è
concentrata principalmente su web, ipertestualità e
multimedialità, occorre individuare altri settori che
offrono la possibilità di sviluppare efficaci
esperienze didattiche;
• più che individuare, occorre prendere atto che
esistono altri settori già ben delineati ed accettarli
nella didattica della propria proposta formativa;
Costruire applicazioni e formazione
• esigenza nel campo della costruzione di prodotti ipertestuali
– nella realizzazione di ipertesti si usano strumenti semplici e di
facile utilizzo,
– quando si vogliono inserire effetti particolari, lo strumento
che si ha a disposizione non riesce a soddisfare quelle
esigenze;
• bisognerebbe intervenire con una prassi di programmazione,
solitamente presente e attivabile in questi strumenti, molte volte
anche in modo non complesso, però occorrerebbe essere in
grado di programmare
Costruire applicazioni e formazione
• si assiste invece a ricerche forsennate di strumenti
per realizzare, in modo trasparente alla
programmazione, questi artefatti. Da una parte si
trascura o si nega la validità della
programmazione, dall’altra se ne sente la necessità
e si interroga il mondo della tecnologia affinché
provveda alla realizzazione di strumenti che
possano sostituirla, quando invece basterebbe una
competenza di base per poter superare in modo
anche formativo queste criticità.
Costruire applicazioni e formazione
• di certo, in questo contesto non si intende sostenere la
necessità di saper costruire programmi per superare le
difficoltà evidenziate, nonostante tale aspetto sia rilevante;
piuttosto, si vuole insistere sull’aspetto formativo della
costruzione di programmi;
• ricordiamo Friedrich Kittler (citato in Manovich L., 2012, pag.
20), letterato e teorico dei media, il quale afferma che oggi i
ricercatori dovrebbero conoscere almeno due linguaggi di
programmazione; solo “allora saranno in grado di dire
qualcosa su ciò che la ‘cultura’ è in questo momento”. In
questa prospettiva è sicuramente importante l’introduzione, a
diversi livelli e nei diversi ordini di scuola e con significati
diversi, di attività di programmazione
Costruire applicazioni e formazione
• gli approcci alla programmazione possono essere diversi,
ad esempio realizzazioni di micromondi, di storie, di
simulazioni, di dispositivi robotici;
• in particolare, con questi ultimi, è possibile organizzare
esperienze che incontrano momenti legati a realizzazioni
di micromondi e/o narrazioni e/o simulazioni.
• ciascuno di questi approcci ha significati diversi, ma tutti
hanno in comune quello derivante dall’esperienza di
realizzazione di artefatti attraverso attività di costruzione
programmi.
Un nuovo digital divide
• Il digital divide, inizialmente inteso come la divisione fra gruppi di individui
legata alle diverse possibilità di accesso alle tecnologie digitali, sta assumendo
oggi un ulteriore significato.
• massiccio ed esteso avvento delle tecnologie nella società e quindi nella
scuola;
• a una sempre maggiore diffusione delle tecnologie corrisponde un
progressivo e profondo distacco da esse;
• sempre più identificazione tra tecnologia e interfaccia e sempre più la
tecnologia si fa sottile:
– un esempio è il tablet, che sempre più tende ad assomigliare a fogli, suggerendo
con le proprie dimensioni la stessa sottigliezza della pagina di giornale;
– l’essere sottile del tablet rappresenta una metafora della corrispondente sottigliezza
della conoscenza e della competenza sull’uso delle tecnologie.
• infatti, accanto alla tendenza a impadronirsi delle funzionalità dell’interfaccia,
si riscontra un interesse sempre minore circa le modalità di funzionamento di
un qualsivoglia dispositivo.
• questa deriva, purtroppo, sta coinvolgendo
anche l’ambito scolastico: l’emergere di un
nuovo, più significativo e profondo digital
divide, si può far risalire, oggi, non tanto alle
diverse possibilità di accesso alle tecnologie
quanto, piuttosto, a diversi livelli di qualità
nell’utilizzo delle stesse, laddove, la scuola
dovrebbe essere il luogo in cui è possibile
raggiungere lo stesso spessore competenziale.
• scuola superiore di secondo grado, istituti ad indirizzo tecnico,
percorsi didattici finalizzati all’acquisizione di competenze
tecnologiche;
• auspicabile che la scuola tutta, in ogni ordine e grado e tenendo conto
delle diverse proposte formative, contribuisca a formare, negli studenti,
un background culturale che permetta loro di dialogare, in futuro, in
modo consapevole ed efficace con le tecnologie;
• formare ad una consapevolezza tecnologica significherebbe poter
contare anche e soprattutto sulla possibilità di incidere sulla diffusione
dello sviluppo tecnologico e del suo orientamento secondo una
modalità piuttosto che secondo un’altra;
• non si possono delegare queste decisioni solo agli esperti (det. Sociale,
SCOT [Social Construction of Technology], flessibilità interpretativa,
dibattito, chiusura).
Oltre a ciò, la
• “scuola dovrebbe sempre avere come suo fine che i giovani ne
escano con personalità armoniose, non ridotti a specialisti.
Questo, secondo me, è vero in certa misura anche per le scuole
tecniche, i cui studenti si dedicheranno ad una ben determinata
professione. Lo sviluppo dell’abitudine generale a pensare e
giudicare indipendentemente, dovrebbe essere sempre al primo
posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate. Se una
persona è padrona dei principi fondamentali del proprio settore e
ha imparato a pensare e a lavorare indipendentemente, troverà
sicuramente la propria strada e inoltre sarà in grado di adattarsi al
progresso e ai mutamenti più di una persona la cui istruzione
consiste principalmente nell’acquisizione di una conoscenza
particolareggiata” (Einstein A., 1966, citato in Antiseri D, 2000, pag. 10).
• Quanto affermato da Einstein ci spinge a
considerare dannosi i percorsi che forzano gli
studenti verso forti specializzazioni in quanto
rischiano di pregiudicare una crescita armoniosa.
Inoltre una competenza meno specialistica ma
maggiormente distribuita su diversi ambiti,
permetterebbe di maturare un atteggiamento più
propositivo nei confronti di se stessi: si può
scegliere con più libertà, evitando percorsi
canalizzati esclusivamente verso i settori
pesantemente praticati durante la formazione
scolastica.
• Si ribadisce che non si vuole proporre
una ‘ingegnerizzazione informatica’ in
modo capillare, anche se con carichi
diversi fra i vari ordini di scuole, ma si
auspica unicamente un approccio alla
costruzione con le tecnologie,
piuttosto che al semplice uso.
non sempre sostenitori
• Ad esempio, Jonassen (Jonassen D., 2000, pag. 8) si chiede
retoricamente: “Was it necessary to complete a course on
‘washing machine literacy’ in order to use the last new
washing machine that you encountered?”; probabilmente
non serve all’addetto all’uso della lavatrice seguire un
corso di alfabetizzazione sulla struttura e sul
funzionamento di una lavatrice, però se riformuliamo la
domanda nel seguente modo “Was it necessary to
complete a course on ‘computer literacy’ in order to use
the last new computer that you encountered?”, la
domanda perde il suo valore retorico e potrebbe valere la
pena di articolare una risposta.
• “Una alfabetizzazione sulla struttura di un computer può essere
veramente utile se con essa è possibile sviluppare delle attività che
si ritengono utili ai fini del raggiungimento di obiettivi di
apprendimento e che gli studenti possano percepire come rilevanti.
[…] È bene conoscere il funzionamento della tecnologia per un
suo migliore utilizzo, ma anche per permettere acquisizioni di
competenze significative nella formazione. Conoscere il
funzionamento di un elaboratore permette, ad esempio, di capire
cosa è e come nasce l’intelligenza artificiale classica, di cogliere il
senso dei sistemi esperti, di comprendere come si sviluppa la
nuova intelligenza artificiale, di apprendere il significato dei
linguaggi e in particolare di quelli artificiali, di acquisire basi per
una corretta progettazione di artefatti informatici” (Alessandri G.,
2008, pag. 66).
• Pierre Bourdieu in Les héritiers. Les étudiants et la culture (1964,
pagg. 103-109), scritto insieme a Jean-Claude Passeron,
conduce una significativa critica alla riproposizione della
disuguaglianza sociale da parte della scuola del suo tempo. Gli
autori spiegavano che i giovani delle classi popolari erano, non
solo, esclusi dagli studi superiori e universitari ma, fatto ancor
più grave, nel frequentare la scuola ritrovavano una
riproduzione della selezione che già pativano nella società. La
scuola avallava i dislivelli sociali riproponendoli in forme di
ineguaglianze scolastiche; così facendo ratificava e riproduceva
la suddivisione classista esistente nel tessuto sociale. In altre
parole la scuola, piuttosto che rappresentare strumento di
liberazione e quindi di emancipazione, diveniva custode della
conservazione della suddivisione della società in classi.
• prendendo ad esempio l’analisi di Bourdieu, applicandola
alla diffusione delle tecnologie, la scuola attualmente
mantiene e anzi perpetua la suddivisione in classi delle
competenze digitali. Invece di proporre un uso
significativo delle tecnologie, spesso si interroga ancora se
usarle oppure no e, comunque, troppo spesso nell’ottica
di strumenti facilitatori nei vari ambiti disciplinari.
• Nella sua analisi, Bourdieu propone un’azione bifronte: da
un lato una spinta riformatrice che proviene dal mondo
della scuola attraverso una didattica rinnovata e sotto
l’impulso dei docenti e, dall’altro, attraverso delle
illuminate prese di posizione della classe politica deputata
a percepire le esigenze emergenti dalla società.
nel mondo della scuola e nei vertici politicoistituzionali, allignano, prosperano e si diffondono
iniziative volte a prefigurare un uso massiccio delle
cosiddette ‘nuove tecnologie’: lavagne interattive
multimediali, tablet, e-book, libri misti; nel
complesso ci si allontana sempre più da una pratica,
se mai è esistita, e si preferisce un semplice uso delle
tecnologie, assottigliandone costantemente il vero
significato; sempre più esse diventano piatte e
trasparenti e sempre più assume dimensioni
rilevanti il nuovo digital divide.
• La storiografia è in senso letterale la descrizione (in
greco graphia, da graphè, "descrizione") della storia e
comprende tutte le forme di interpretazione, dalla
trattazione e trasmissione di fatti e accadimenti della
vita degli individui e delle società del passato storico
all'interpretazione che ne danno gli storici. Tra le
discipline scientifiche e letterarie, la storiografia è forse
quella più ostica da definire, poiché il tentativo di
scoprire e conoscere gli eventi accaduti nel passato,
formulandone un resoconto (logos) intelligibile, implica
necessariamente l'uso e l'influsso di numerose
discipline ausiliarie.
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