Come leggere e usare
i casi clinici sulle
riviste di medicina?
Salvatore è un medico siciliano quarantenne;
la
sua
formazione
Chi segue le riviste di medicina si
domanda se valga la pena dedicare del tempo
alla lettura dei casi clinici o delle serie di casi,
vale a dire l’insieme di casi utili a individuare le
caratteristiche prevalenti di un insieme di
pazienti o a determinare gli esiti delle
manifestazioni patologiche vissute dai malati
studiati (le serie di casi si distinguono dagli studi
di frequenza in epidemiologia perché, in
sostanza, sono soltanto “studi di numeratori”,
dal momento che i denominatori sono
sconosciuti o estremamente complicati da
definire).
In effetti, soprattutto negli ultimi
decenni, la validità dei case report ai fini
dell’educazione permanente degli operatori
sanitari è stata energicamente messa in dubbio.
Troppe volte in passato i casi descritti in
letteratura si sono soffermati su manifestazioni
“bizzarre” di disturbi o patologie se non su
episodi sorprendenti o addirittura farseschi,
tutto sommato non inusuali nella pratica clinica
quotidiana. L’affermarsi di un’ottica orientata
ai principi della medicina basata sulle prove ha
certamente contribuito ad una maggiore
severità di giudizio nei confronti del caso clinico:
una condanna senza appello del case report,
però, equivarrebbe a gettare il bambino con
tutta l’acqua sporca (Vandenbroucke, 2001).
–
portato a coniugare pratica clinica e capacità
informatiche, motivandolo a partecipare sin da
giovane
alle
attività
di
ricerca
clinica
in
svolgimento presso l’Istituto universitario di
appartenenza.
“I case report, le serie di casi possono
rappresentare il gradino ‘più basso’ o l’elemento
più debole nella gerarchia delle prove, ma spesso –
ha scritto Milos Jenicek (2001) - restano la
‘prima linea dell’evidenza’. Il luogo dove tutto ha
inizio”.
adolescenziale
Programmatore e operatore elettronico – lo ha
La
competenza
sviluppata
nell’uso della banca dati Medline e della sua
interfaccia web PubMed fa sì che la sua
consulenza per risolvere casi clinici particolari
sia
richiesta
da
numerosi
colleghi
sia
all’interno dell’Ospedale, sia da altre sedi. “I
casi clinici non comuni sono un difficile banco
di
prova
per
veri
esperti
nell’utilizzo
di
PubMed, afferma. Al contrario, i cosiddetti
‘inesperti’ sono abilissimi nel trovare materiale
utile per la risoluzione di casi clinici non
usuali. Perché? Perché è necessario, spiega
Salvatore,
partire
da
una
ricerca
assai
semplificata per aumentare il più possibile il
recall”.
Salvatore gira l’Italia essendo invitato a parlare
a convegni e seminari: nella sua relazione non
possono mancare gli esempi di casi clinici
“reali”,
risolti
grazie
alla
consultazione
intelligente della letteratura scientifica. Come
quello
del
bambino
di
due
anni,
con
cardiopatia grave/terminale, che la ricerca in
Medline permise di associare ad un case report
di un coetaneo anche lui affetto da megaipertrofia
tonsillare.
Risultato:
guarigione
completa con restitutio ad integrum dopo
tonsillectomia…
Tra il 1997 e il 2002 sono stati pubblicati
in letteratura medica più di 240 mila case report
(Sorinola et al, 2004). Nonostante i detrattori,
nel lustro successivo il ritmo di pubblicazione
non sembra essere diminuito di molto se una
ricerca su Medline ci indica in 220.674 il numero
di casi editi dal 2002 ad oggi. E’ stata da poco
fondata, inoltre, una rivista ad accesso aperto
dedicata esclusivamente ai casi clinici: The
Journal of Medical Case Reports.
http://www.jmedicalcasereports.com/
Ma a che serve leggere un caso clinico?
Una sintesi efficace della funzione
potenziale dei resoconti di pazienti individuali è
quella proposta da Jan P. Vandebnbroucke, del
Dipartimento di Epidemiologia Clinica
dell’Università di Lovanio (Vandenbroucke,
2001).
A COSA PUO’ SERVIRE UN CASO CLINICO?
•
A riconoscere e descrivere una nuova malattia
•
A individuare effetti sconosciuti di farmaci,
sia avversi (indesiderati) sia benefici
•
Ad approfondire i meccanismi delle malattie
•
A supportare l’attività formativa sia
precedente la laurea, sia successiva, in un’ottica
di Educazione continua in medicina
•
A riconoscere manifestazioni rare delle
malattie
Come vediamo dai punti evidenziati nel
box, sembrerebbe da escludere qualsiasi utilizzo
del caso clinico a mero scopo di vivacizzare il
contenuto di una rivista, pubblicando resoconti
su casi stravaganti. “E’ l’inatteso, sostiene
Vandenbroucke, a innescare il percorso verso la
scoperta, piuttosto che lo stravagante”. Si tratta
di una presa di coscienza che ha avuto un
impatto evidente, così che la qualità
metodologica dei casi oggi riportati è
sicuramente migliore di un tempo. I casi clinici
che possiamo giudicare i “migliori”, se così si
può dire, sono quelli che suggeriscono, appunto,
un percorso. “Piuttosto che presentare nuovi
dati, i report basati sulle prove intendono
illustrare un processo”, scrisse Fiona Godlee
annunciando nel 1998 una nuova sezione del
BMJ proprio dedicata agli “Evidence-based case
reports” (Godlee, 1998). Da resoconti di questo
tipo emerge tutta la valenza didattica che uno
scenario clinico può avere nel momento in cui
riesce a chiarire la successione delle tappe
logiche che devono comporre il quadro del
clinical reasoning.
The American Journal of Medicine, the “green
journal”, organo della Association of Professors of
Medicine, presta particolare attenzione alla
presentazione didattica dei casi. La sezione si
chiama “Diagnostic Dilemmas” e la disciplina
medica a cui i casi si riferiscono varia ogni mese.
Largo uso di immagini e scansione preordinata:
Assessment, Diagnosis, Management.
Se diverse testate hanno preferito
abbandonare la presentazione di casi a
definitivo vantaggio degli articoli originali o di
rassegne, alcune prestigiose riviste hanno invece
mantenuto la tradizione; le più emblematiche
sono certamente il New England e il Lancet.
Molto utili e assai ben presentati sono anche i
casi pubblicati sul Canadian Medical Association
Journal.
Il Lancet affidò al proprio direttore
Richard Horton e a John Bignall il compito di
riaffermare l’importanza di questa particolare
forma di articolo scientifico in una nota apparsa
nel 1995. I contributi, scrivevano, avrebbero
dovuto illustrare “un singolo, interessante caso,
che non dovrebbe essere una rarità ma qualcosa
di frequente riscontro nella clinica quotidiana
del medico pratico, caso in cui ci siano difficoltà
nella formulazione della diagnosi e che
costituisca un elemento utile ai fini didattici”
(Bignall & Hortom, 1995).
Nel 1998, fu di nuovo Bignall a tornare
sull’argomento, riaffermando che “i nostri casi
clinici non devono essere un archivio di rarità” e
dando (finalmente) agli autori direttive più
circostanziate per la redazione dei contributi.
Una lettera alla rivista, nel 2003, però,
mise in luce la relativa aderenza degli autori – e
forse il discutibile filtro operato dalla direzione
della rivista – alle direttive del Lancet. Infatti,
come vediamo nella tabella, i casi di Neurologia
risultarono essere i più numerosi senza che ciò
corrispondesse ad una paragonabile
distribuzione delle patologie neurologiche nella
popolazione generale. Dei 152 casi descritti , il
20 per cento era stato redatto da autori che
lavoravano presso divisioni di Medicina interna,
e solo la metà in reparti di Neurologia.
Gli autori concludevano che
probabilmente era la “difficoltà” della clinica
neurologica ad aver ispirato un così alto numero
di articoli; le neuroscienze, sottolineavano gli
autori citando alcuni studi aneddotici, sembrano
essere le specialità in cui ci si sente spesso meno
sicuri ed è, al tempo stesso, tra le più
interessanti…
Il NEJM si affida invece ad una fonte sempre
uguale di casi, il Massachusetts General Hospital
di Boston. Troviamo casi clinici, però, anche in
altre sezioni del settimanale, come i “Brief
Reports” (serie di fino a tre pazienti o più malati
all’interno di una stessa famiglia) e “Clinical
Problem Solving” strutturato come un processo a
gradini in cui il ragionamento dell’autore viene
esplicitamente condiviso con il lettore. Si tratta in
entrambi i casi di rubriche brevi, non eccedenti le
2000-2500 parole, corredate da un numero
limitato di voci bibliografiche.
I casi clinici didattici del Canadian Medical
Association Journal.
Altre riviste internazionali offrono
comunque contributi importanti, soprattutto
considerando le peculiarità disciplinari. Age &
Ageing, rivista della British Geriatric Society, è
utile, per esempio, per avvicinare casi clinici su
anziani, che presentano spesso problemi
complessi anche per la presenza di comorbilità e
di effetti indesiderati conseguenti alle terapie
concomitanti.
Come abbiamo visto anche in
precedenza, il caso clinico è uno spazio
importante per valorizzare un’iconografia
particolarmente emblematica. Il “green journal”
prima citato, include accanto ai propri
“Diagnostic Dilemmas” sia spazi dedicati alle
immagini dermatologiche e radiografiche, sia
un’originale rubrica che ospita ogni mese un
tracciato elettrocardiografico (“ECG Image of
the month”) che il lettore è invitato a leggere e
interpretare insieme con l’autore seguendo la
scala consueta: presentazione del caso,
valutazione, formulazione della diagnosi e
definizione del trattamento. Tutte queste
rubriche sono molto sintetiche, dal momento che
non contengono più di 1500 parole; rimandano
ad una bibliografia essenziale e possono essere
lette e studiate in un tempo molto contenuto.
A QUESTO PUNTO COSA SAPPIAMO?
•
Dai casi clinici o dalle serie di casi raramente
non è opportuno attendersi “prove” di efficacia o
di danno, ma possono essere suggestivi di ipotesi
etiopatologiche o cliniche
•
Cresce l’attenzione per le esigenze di lettori
sempre più distratti e meno disponibili
all’approfondimento
•
I case report sono la forma più adatta e
ancora non sufficientemente utilizzata per la
segnalazione di effetti inattesi delle terapie
•
Partire dai casi clinici è il modo migliore per
apprendere e valutare criticamente sia il proprio
agire professionale, sia la letteratura scientifica
•
L’ampiezza standard di un caso clinico è tale
da renderlo facilmente e rapidamente leggibile
… E LA PROSSIMA SETTIMANA?
•
Le medical humanities nella letteratura
medica
Sopra, la rubrica sugli ECG dell’American Journal of
Medicine. In basso, “Images in Obstetrics”, spazio
sull’American Journal of Obstetircs and Gynecology,
esemplare per chiarezza del layout.
•
I filler: come le riviste riempiono i “bianchi”
Fonti citate in questa scheda
Godlee F. Applying research evidence to
individual patient. BMJ 1998;316:1621-2.
Bignall J. Three years of case reports. Lancet
1998; 352:1570.
Bignall J, Horton R. Learning from stories: The
Lancet's Case reports. Lancet 1995;346:1246.
Jenicek M. Casi clinici ed evidence-based
medicine. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore,
2001.
Sorinola O, et al. Instructions to authors for
case reporting are limited: A review of a core
journal list. BMC Medical Education 2004;4:4.
Vandenbroucke JP. In defense of case reports
and case series. Ann Intern Med 2001;134:330-4.
© 2007 Il Pensiero Scientifico Editore
www.pensiero.it „ www.vapensiero.info
Schede a cura di Carlo Fudei [email protected]
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Come leggere e usare i casi clinici sulle riviste di medicina?