Politiche delle quote
ed
azioni positive
Vantaggio per le donne?
Sabato 20 ottobre 2012 ore 9-12
Le politiche del lavoro
l’insieme degli interventi e delle misure
utilizzate dai governi, centrali o periferici,
per ridurre la disoccupazione e
incentivare l’occupazione
 si rivolgono spesso alle categorie più
svantaggiate del mercato del lavoro:

◦ Giovani, Anziani, Donne, Disabili
◦ Basso livello di istruzione
◦ Minoranze etniche
Politiche passive
hanno lo scopo di sostenere il
disoccupato attraverso integrazioni
temporanee o permanenti del
reddito  sussidi o indennità di
disoccupazione
 in questa categoria rientrano la CIG e i
sussidi per gli iscritti alle liste di mobilità

Politiche attive

hanno l’obiettivo di sostenere la ricerca di
lavoro dei non occupati, aumentare la
probabilità di impiego e risolvere le
rigidità del sistema attraverso azioni su:
◦ offerta di lavoro  formazione e
riqualificazione professionale
◦ domanda di lavoro  incentivi
all’occupazione
◦ incontro tra domanda e offerta di lavoro 
servizi all’impiego
Le politiche attive
sono indirizzate alle categorie più
svantaggiate sul mercato del lavoro, per le
quali occorre prevedere delle misure
specifiche perché l’inserimento lavorativo
possa aver luogo ed abbia successo
 hanno come obiettivo il passaggio dallo
stato di disoccupazione all’occupazione

I tre obiettivi delle politiche attive
1) mobilizzare la forza lavoro;
2) fornire della formazione professionale;
3) migliorare le prospettive di impiego di
lavoratori svantaggiati.
 La loro attivazione dipende dalle scelte
politiche in relazione alle specifiche
esigenze del mercato del lavoro
 tendono a modificare le caratteristiche
della forza lavoro e a rimuovere le rigidità
dal lato dell’offerta.
effetti delle politiche attive
migliorare la ricerca di lavoro dei
disoccupati e favorire l’incontro tra
disoccupati e datori di lavoro.
 i programmi di sovvenzione diretta
dell’occupazione, nel settore sia privato
che pubblico, offrono un’opportunità di
lavoro alle persone che, dopo un lungo
periodo di disoccupazione, possono
sentirsi demotivate e considerate meno
produttive dai datori di lavoro.

Le categorie delle politiche attive
creazione temporanea di lavoro
 formazione
 servizi reali per la ricerca del lavoro
 sussidio salariale per l’occupazione
regolare
 servizi reali e sostegno finanziario per la
nuova imprenditorialità

effetti diretti
Si riduce la disoccupazione esplicita  di
un ammontare pari al numero delle
persone che partecipano ai diversi
programmi tesi ad aumentare
l’occupazione regolare e ridurre la
disoccupazione di lunga durata
 Si riduce la spesa per il sostegno del
reddito dei disoccupati e crescono le
entrate fiscali grazie alla tassazione del
reddito dei nuovi occupati.

effetti indiretti
maggiore competizione nel mercato del
lavoro, dovuta all’inserimento dei nuovi
occupati, riduce la pressione salariale
 si abbassano i costi di ricerca del
personale per le imprese

effetti negativi delle politiche attive
condizionano la capacità di creare
occupazione  misure che cambiano la
composizione dell’occupazione senza
modificarla nel lungo periodo.
 Ma se i soggetti destinatari sono
lavoratori deboli nel mercato del lavoro,
gli effetti di dispersione sono poco
rilevanti perché le imprese difficilmente li
assumerebbero senza ricevere incentivi o
in sostituzione di altri lavoratori

effetti negativi delle politiche attive
disincentivano la ricerca di un lavoro
regolare durante il periodo di attivazione
dei programmi  la partecipazione è di
solito retribuita
 se costano molto e vengono finanziate
aumentando le imposte alle imprese gli
effetti positivi sull’occupazione saranno
controbilanciati da una minore domanda
di lavoro dovuta proprio a una maggiore
pressione fiscale

Le politiche attive
interazione con altri interventi fiscali e
sociali possono indebolirne l’azione.
 gli effetti attesi differiscono a seconda del
tipo di politica attiva considerata:

◦ sull’offerta di lavoro  formazione
professionale e servizi per l’impiego
◦ sulla domanda per creare nuovi posti di lavoro
 sussidi all’occupazione, creazione di lavoro
temporaneo nel settore pubblico, sostegno al
lavoro autonomo
Politiche che agiscono sull’offerta
politiche di formazione rivolte ai disoccupati
 riducono la disoccupazione esplicita
per la durata del periodo di formazione;
 la formazione professionale, rafforzando
la capacità lavorativa e la produttività dei
partecipanti, dovrebbe aumentare le loro
probabilità di entrata nell’occupazione e
ridurre quelle di rientro nella
disoccupazione.

effetti sul tasso di disoccupazione
incerti  i programmi di formazione per
i disoccupati incentivano una maggiore
partecipazione al lavoro  aumenta
l’offerta di lavoro anche senza ridurre la
disoccupazione.
 effetti di lungo periodo ed effetti indiretti
positivi sui non formati  potrebbero
essere incentivati ad investire in
formazione  le imprese potrebbero
migliorare la loro posizione di mercato.

Politiche che agiscono sull’offerta
servizi pubblici per l’impiego  mediazione
nell’incontro domanda-offerta di lavoro:
informazione, orientamento, consulenza,
sostegno alla ricerca di lavoro, pre-selezione.
 riduzione della disoccupazione legata alla
scarsa informazione e ai fenomeni di
scoraggiamento,
 dal lato delle imprese dovrebbe ridurre i
costi di selezione e reclutamento.

Politiche che agiscono sull’offerta
in work benefits  integrazioni del reddito
in caso di bassi salari per chi accetta di
lavorare  riduzioni fiscali e contributive
o la possibilità di mantenere parte dei
sussidi, con l’obiettivo di ridurre la
dipendenza dai sussidi e la spesa sociale.
 ostacoli legati al ridisegno del sistema di
tassazione e contributivo per evitare costi
troppo alti per l’erario.

in work benefits
i risultati più evidenti si registrano
soprattutto nei paesi caratterizzati da
bassi livelli di tassazione e di sostegno al
reddito e bassi salari minimi come i paesi
anglosassoni.
 rischiano di rafforzare gli effetti di
disincentivo al lavoro nei paesi dell’Europa
continentale in cui i livelli di tassazione e
di sussidio sono molto elevati e sono
elevati anche i minimi salariali.

Politiche di sostegno creazione di lavoro
I sussidi all’occupazione  riduzioni del
costo del lavoro per specifiche categorie
di lavoratori attraverso l’abbattimento
degli oneri contributivi e fiscali o il
contributo pubblico al salario.
 aumenta la domanda di lavoratori
sussidiati che in questo modo riprendono
il lavoro e ricevono formazione.
 Al termine del sussidio i partecipanti
dovrebbero avere maggiori probabilità di
ottenere posti di lavoro regolari

l’effetto spreco (o di “peso morto”)  la
probabilità di sussidiare l’occupazione di
persone che verrebbero comunque assunte.
 l’effetto di sostituzione  induce le imprese
a sostituire i lavoratori senza sussidio con
quelli sussidiati che costano meno
 l’effetto piazzamento  le imprese che
assumono lavoratori con sussidio pagano
costi del lavoro più bassi e riescono a
spiazzare nel mercato dei prodotti altre
imprese che non usano personale sussidiato.

le politiche di sostegno al lavoro autonomo
erogazione di incentivi economici e di
servizi di consulenza, assistenza tecnica e
accompagnamento nella fase di avvio
dell’impresa.
 distinguere l’obiettivo:

◦ il sostegno alla creazione di imprese
◦ l’inserimento occupazionale dei disoccupati.

effetti sull’occupazione i disoccupati che
riescono a creare una buona attività siano
quelli più “forti” nel mercato del lavoro
politiche di creazione di lavoro
temporaneo nel settore pubblico
periodi di occupazione (in genere sei
mesi) per alcuni gruppi particolarmente
deboli di disoccupati.
 In Italia lavori socialmente utili (LSU),
sostenendo l’idea che una maggiore
esperienza di lavoro possa accrescere le
probabilità occupazionali.
 lavori aggiuntivi o sostitutivi? Attività che
altrimenti non verrebbero realizzate.

le politiche attive
l’esperienza internazionale dimostra che
esse da sole hanno una scarsa capacità di
creare posti di lavoro aggiuntivi, ma se ben
gestite, sono efficaci nel migliorare le
opportunità occupazionali delle fasce più
deboli dell’offerta di lavoro.
 Un miglioramento delle opportunità
occupazionali dei partecipanti si evidenzia
in alcuni casi specifici di applicazione delle
politiche attive:

politiche attive strettamente legate al
mercato  azioni dirette alle imprese per
sensibilizzare ed incentivare all’assunzione in
prova delle fasce più deboli
 programmi mirati a fasce specifiche di
utenza  sono soprattutto le donne e gli
adulti senza qualificazione che beneficiano
 programmi di piccolo taglio  i programmi
più vasti rischiano di avere elevati effetti di
dispersione per il maggior rischio di
spiazzare attività di mercato;

la combinazione e l’integrazione di diverse
misure è più efficace di ciascuna misura
presa isolatamente;
 maggiore controllo nell’accesso ai sussidi 
limitare i casi di abuso e frode;
 come sono amministrati i sussidi e le
politiche attive  l’efficacia delle politiche
dipende dalla capacità e professionalità delle
istituzioni che gestiscono gli interventi e
dalla capacità di tener conto delle esigenze
della domanda e offerta di lavoro

womenomics
specificità dell’approccio femminile
all’economia
 il lavoro delle donne oggi è il più
importante motore dello sviluppo
mondiale
 rappresenta un contributo essenziale
all’efficienza economica complessiva per
ogni paese

Allocazione del tempo

lavori domestici, di cura e di assistenza
non essendo retribuiti
◦ non entrano nella contabilità nazionale del
lavoro formale
◦ non contribuiscono alla dimensione del
prodotto lordo, né interno né nazionale
Equità eliminazione delle
discriminazioni di genere
 Efficienza  ottima allocazione delle
risorse

Agenda di Lisbona
Al Consiglio europeo di Lisbona nella
primavera del 2000 i capi di Stato e di
governo dell’Unione Europea si sono
prefissi l’obiettivo strategico di “diventare
l’economia basata sulla conoscenza più
competitiva e più dinamica del mondo”
 un’accelerazione al tasso di occupazione
ed in particolare alla presenza femminile
nel mercato del lavoro

Obiettivi di occupazione
tasso di occupazione al 70% entro 10 anni,
passando per un obiettivo intermedio del
67% entro il 2005.
 tasso di occupazione femminile da
innalzare al 60% entro il 2010
 tasso di occupazione dei lavoratori anziani
(tra i 55 e 64 anni di età) da portare al
50% entro il 2010.

Nel 2010 obiettivo raggiunto?
l’UE, nel suo complesso, registra un tasso
di occupazione femminile del 62.1%
 il dato medio nasconde il fatto che,
 alcuni paesi membri hanno superato
l’obiettivo stabilito (es. Svezia, Finlandia,
Danimarca e Olanda),
 altri lo hanno largamente disatteso (es.
Italia, Grecia e Malta).

Discriminazione di genere e
segregazione occupazionale

Tendenza a essere impiegati in differenti
settori occupazionali in base al genere
◦ Orizzontale  concentrazione di uomini e
donne in settori e occupazioni diverse
◦ Verticale  concentrazione di donne e
uomini in specifici gradi/livelli di responsabilità
o posizioni che determinano una disparità
retributiva di genere
segregazione dal lato dell’offerta
confrontare le preferenze degli uomini e
delle donne è difficile
 diversità di costi e benefici connessa alle
varie alternative sul mercato del lavoro
 le cause delle differenze tra le varie scelte
professionali
 Ma se la struttura degli incentivi fosse
uguale per uomini e donne, esse
potrebbero manifestare preferenze
individuali differenti

segregazione dal lato della domanda
“individui con le stesse caratteristiche
economiche ricevono salari differenti, e le
differenze sono sistematicamente
correlate con talune caratteristiche non
economiche dell’individuo”
 una donna con la stessa produttività di un
uomo non verrà assunta o verrà sottoretribuita a causa delle sue caratteristiche
biologiche, ovvero per la sua
appartenenza di genere

segregazione nel mercato del lavoro
Il tema non può essere affrontato senza
tenere in considerazione la divisione del
lavoro all’interno delle famiglie e le
differenze tra i vari paesi.
 il rapporto delle donne con il mercato del
lavoro è profondamente influenzato dalla
ripartizione dell’impegno femminile tra
attività domestica e tutte le funzioni a
essa collegate e l’attività professionale

Segregazione per scelta?
la promozione di una maggiore occupazione
femminile porta con sé il costo di una
maggiore segregazione di genere?
 Le carriere femminili sono condizionate dal
ruolo sociale di moglie e madre anche
quando individualmente non sono né mogli
né madri?
 Le donne sono quindi destinate a carriere e
ruoli predeterminati?

gender-blind o gender-specific?
È preferibile combattere le differenze di
genere e con esse gli stereotipi andando
incontro almeno nell’immediato a costi di
adeguamento
 oppure sfruttarle e così rafforzarle in
modo da conseguire una maggiore
efficienza nell’immediato.
 Test: il giudizio che si dà riguardo alla
presenza femminile nelle posizioni apicali

una donna manager
viene apprezzata per alcune sue doti
specifiche e che avere entrambi i generi
rappresentati nei consigli di
amministrazione porta l’impresa a
conseguire migliori risultati
 comportamenti “dominanti” dei manager
 capacità di leadership e caratteristiche
“gratuite” (sostegno, disponibilità, capacità
di ascolto, comprensione emotiva,
abnegazione)

Global Gender Gap Index
Il World Economic Forum dal 2005
pubblica il Global Gender Gap Report
 il GGGI si calcola in base a 14 indicatori
raggruppati in 4 argomenti:

◦ 1) la partecipazione e le opportunità nel
mercato del lavoro;
◦ 2) il livello di istruzione;
◦ 3) la salute e la sopravvivenza;
◦ 4) la rappresentanza politica
ranking GGGI UE
Belgium
2006 (115 countries)
0
2007 (128 countries)
2008 (130 countries)
2009 (134 countries)
2010 (134 countries)
Bulgaria
Czech Republic
Denmark
10
Germany
Estonia
Ireland
20
Greece
Spain
France
30
Italy
Cyprus
40
Latvia
Lithuania
Luxembourg
50
Hungary
Malta
Netherlands
60
Austria
Poland
Portugal
70
Romania
Slovenia
80
Slovakia
Finland
Sweden
90
United Kingdom
l’indice di sviluppo di genere

il Rapporto sullo Sviluppo Umano
contiene informazioni relative alle
disuguaglianze tra uomini e donne
presenti nei vari paesi in relazione
all’Indice di Sviluppo Umano (ISU-HDI),
che viene sintetizzato attraverso l’indice
di sviluppo di genere (Gender-related
development index - GDI).
GDI UE
GDI 2001
0
GDI 2002
GDI 2003
GDI 2004
GDI 2005
Belgium
GDI 2007-2008
GDI 2009
Bulgaria
Czech Republic
Denmark
Germany
Estonia
10
Ireland
Greece
Spain
France
20
Italy
Cyprus
Latvia
Lithuania
30
Luxembourg
Hungary
Malta
Netherlands
40
Austria
Poland
Portugal
Romania
50
Slovenia
Slovakia
Finland
Sweden
60
United Kingdom
misura dell’empowerment di genere
la Gender empowerment measure (GEM)
sintetizza le opportunità delle donne
relativamente a tre ambiti:
 1) la partecipazione politica;
 2) la partecipazione economica;
 3) il controllo sulle risorse economiche.

GEM UE
GEM 2001
0
GEM 2002
GEM 2003
GEM 2004
GEM 2005
Belgium
GEM 2007-2008
GEM 2009
Bulgaria
Czech Republic
Denmark
Germany
10
Estonia
Ireland
20
Greece
Spain
France
30
Italy
Cyprus
Latvia
40
Lithuania
Luxembourg
50
Hungary
Malta
Netherlands
60
Austria
Poland
Portugal
70
Romania
Slovenia
80
Slovakia
Finland
Sweden
90
United Kingdom
indice di disuguaglianza di genere
A partire dal 2010, gli indici di sviluppo
(GDI) e di empowerment (GEM) di genere
sono stati sostituiti da un (Gender Inequlity
Index – GII) il quale include tre dimensioni
ritenute critiche per le donne:
 1) la salute riproduttiva;
 2) l’empowerment;
 3) la partecipazione al mercato del lavoro

Istituto Europeo per l’Eguaglianza di
Genere
European Institute for Gender Equality
(EIGE) http://www.eige.europa.eu/
 incaricato dalla Commissione Europea di
assistere il Consiglio dell’Unione Europea
nella realizzazione del programma
d’azione.
 è stato deciso di analizzare il rapporto
delle donne con l’economia, in particolare
la conciliazione della vita professionale,
familiare e privata.

strategia di Europa 2020
prevede di innalzare al 75% il tasso di
occupazione di uomini e donne (tra i 20 e
i 64 anni)
 il raggiungimento di questo obiettivo
impone ai paesi membri di intervenire
innanzitutto nella facilitazione
dell’ingresso delle donne nel mercato del
lavoro e nell’aumentare la partecipazione
degli uomini ai compiti familiari

Le nuove generazioni
in gran parte dei paesi membri, più il
numero di figli aumenta, più il tasso di
occupazione delle donne diminuisce
 in altri invece si osserva una relazione
contraria: il tasso di fertilità aumenta con
l’aumentare del tasso di occupazione
femminile

all women aged 20-50
0,9
Denmark
FLP
0,8
Germany
0,7
UK
0,6
Italy
0,5
0,4
0,009
0,011
0,013
0,015
TFR
0,017
0,019
mothers aged 20-50 of infants aged 0-4
0,9
Denmark
0,8
FLP
F
E
M
AL
E
LA
B
O
U
R
P
A
R
TI
CI
P
AT
IO
N
0,7
0,6
Italy
Germany
UK
0,5
0,4
0,009
0,011
0,013
0,015
TFR
0,017
TOTAL FERTILITY RATE
0,019
congedo parentale
la proporzione di uomini che usufruisce di
questo diritto, riconosciuto ad entrambi i
sessi, è minimo
 il tempo di assenza dal lavoro è molto
spesso inferiore rispetto a quello
richiesto dalle donne
 promuovere un maggiore utilizzo del
congedo parentale da parte degli uomini

Consiglio Europeo di Barcellona
nel 2002 raccomanda di portare al 33% la
copertura di servizi per i bambini di età
compresa tra gli 0 e i 3 anni entro il 2010
 hanno raggiunto l’obiettivo nove paesi:
Belgio, Danimarca, Spagna, Francia,
Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Regno
Unito e Svezia
 meno del 10% altri nove: Austria, Bulgaria,
Ungheria, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica
Ceca, Romania e Slovacchia

Le vecchie generazioni

la cura delle persone anziane ricade quasi
totalmente sulle donne
◦ in famiglia,
◦ nel settore informale
◦ come sbocco occupazionale

Ciò contribuisce a rafforzare un’immagine
della donna stereotipata e tradizionale
dedita principalmente a svolgere funzioni
di cura e lavori domestici all’interno e
all’esterno della struttura familiare
lavoro informale
la quota di lavoro informale arriva
 quasi all’80% in Bulgaria, Cipro, Estonia,
Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Romania
e Slovacchia
 mentre in altri il lavoro informale in
questo settore è del tutto assente
(Danimarca, Malta, Olanda e Svezia).

In Italia
L’Istat dà conto dell’allocazione del tempo
per genere, età, ed attività
 La divisione dei ruoli nelle coppie, Anno
2008-2009. Statistiche in breve, novembre
2010
 L’aggiornamento si trova qui:
 http://www3.istat.it/dati/catalogo/2012070
5_00/Arg_12_43_Uso_del_tempo_e_ruo
li_di_genere.pdf

15-24
25-44
45-64
Classe di età
65 e più
Totale
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
6
5
4
3
Lavoro retribuito M
2
Lavoro retribuito F
1
0
15-24
25-44
45-64
Classe di età
65 e più
Totale
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
3.5
3
2.5
2
1.5
Istruzione e formazione M
Istruzione e formazione F
1
0.5
0
15-24
25-44
45-64
Classe di età
65 e più
Totale
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
2008-2009
2002-2003
1988-1989
8
7
6
5
4
Lavoro familiare M
3
Lavoro familiare F
2
1
0
Lussemburgo
Paesi Bassi
Germania
Austria
Grecia
Spagna
Italia
Regno unito
Cipro
Repubblica Ceca
Norvegia
Romania
Estonia
Belgio
Polonia
Islanda
Lituania
Portogallo
Bulgaria
Slovacchia
Lettonia
Irlanda
Francia
Svezia
Finlandia
Danimarca
Ungheria
Slovenia
Figura 10: divari retributivi relativi per paese
1,4
1,2
1
0,8
0,6
0,4
0,2
0
uomini
donne
Figura 11: divari tra i redditi medi relativi per professione
2,5
2
1,5
1
0,5
0
6667667676766766667681871816176858818851881248511185883422555583538243852372325518545144121341344232244311424443
uomini donne
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