dott. Nicola Fascilla giudice della IV sez. civile presso il Tribunale di Milano SULLA IMPROCEDIBILITA’
DELL’OPPOSIZIONE Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la tardiva
costituzione dell'opponente va equiparata alla sua mancata
costituzione, con la conseguenza della improseguibilità della
opposizione per effetto del semplice decorso del termine, a
nulla rilevando che il creditore opposto si sia poi costituito
nel termine assegnatogli, atteso che, una volta verificatasi,
detta improseguibilità non può essere eliminata con lo
svolgimento di un'attività che interviene oltre il termine
previsto. (Cfr. tra le tante Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16117
del 14/07/2006.)
I DUE PRINCIPI CARDINE DEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE 1)  per effetto dell'opposizione non si verifica alcuna inversione
della posizione sostanziale delle parti nel giudizio
contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di
attore e l'opponente quella di convenuto, ciò che esplica i
suoi effetti non solo in tema di onere della prova, ma
anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni processuali
rispettivamente previsti per ciascuna delle parti;
2)  il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, si atteggia
come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla
verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del
decreto stesso, ma si estende all'accertamento, con
riferimento alla situazione di fatto esistente al momento
della pronuncia della sentenza
SULLA CHIAMATA DI TERZO In tema di procedimento per ingiunzione, per effetto dell'opposizione non
si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel
giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore
e l'opponente quella di convenuto, ciò che esplica i suoi effetti non solo in
tema di onere della prova, ma anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni
processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti. Ne consegue
che il disposto dell'art. 269 cod. proc. civ., che disciplina le modalità
della chiamata di terzo in causa, non si concilia con l'opposizione al
decreto, dovendo in ogni caso l'opponente citare unicamente il soggetto
che ha ottenuto detto provvedimento e non potendo le parti
originariamente essere altre che il soggetto istante per l'ingiunzione e il
soggetto nei cui confronti la domanda è diretta, così che l'opponente deve
necessariamente chiedere al giudice, con l'atto di opposizione,
l'autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritenga comune la
causa sulla base dell'esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche
contenute nel ricorso per decreto. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4800 del
01/03/2007)
SULLE DOMANDE RICONVENZIONALI Nell'ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito
dell'opposizione a decreto ingiuntivo, solo l'opponente, in via
generale, nella sua posizione sostanziale di convenuto, può
proporre domande riconvenzionali, ma non anche l'opposto,
che, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può
avanzare domande diverse da quelle fatte valere con
l'ingiunzione, potendo a tale principio logicamente derogarsi
solo quando, per effetto di una riconvenzionale formulata
dall'opponente, la parte opposta si venga a trovare a sua volta in
una posizione processuale di convenuto cui non può essere
negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia
pretesa della controparte, mediante la proposizione (eventuale)
di una "reconventio reconventionis”. (cfr. Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 21245 del 29/09/2006)
Nell'ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito
dell'opposizione a decreto ingiuntivo, l'opposto, rivestendo la
posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande
diverse da quelle fatte valere con l'ingiunzione, potendo a tale
principio derogarsi solo quando, per effetto di una
riconvenzionale formulata dall'opponente, la parte opposta si
venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di
convenuto cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto
alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la
proposizione di una "reconventio reconventionis", che però, per
non essere tardiva, può essere introdotta solo nella domanda di
risposta e non nel corso del giudizio di primo grado. (cfr. Cass.
Sez. 3, Sentenza n. 22754 del 04/10/2013).
In tema di procedimento di opposizione a decreto
ingiuntivo dinanzi al giudice di pace, poiché la
competenza, attribuita dall'articolo 645 cod. proc. civ.
all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha
emesso il decreto, ha carattere funzionale e inderogabile stante l'assimilabilità del giudizio di opposizione a quello
di impugnazione -, nel caso in cui sia proposta
dall'opponente domanda riconvenzionale eccedente i
limiti di valore della competenza del giudice di pace,
questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella
relativa all'opposizione e rimettendo l'altra al tribunale.
(cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3870 del 19/02/2014).
Nel procedimento davanti al giudice di pace, qualora siano
state proposte una domanda principale di valore non
eccedente euro 1.100,00 e una riconvenzionale, connessa
ex art. 36 cod. proc. civ., eccedente la competenza del
giudice di pace, non può il giudice medesimo separare la
riconvenzionale e rimettere essa sola al giudice superiore,
dovendo, viceversa, rimettere al tribunale l'intera causa, ai
sensi dell'art. 40, sesto e settimo comma, cod. proc. civ., in
modo che la domanda principale e la riconvenzionale
siano trattate in "simultaneus processus" e decise
entrambe con pronuncia secondo diritto, impugnabile, in
tutti i capi, con l'appello. (Cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n.
1848 del 28/01/2013).
SULLA COMPETENZA PER TERRITORIO L'adesione dell'opposto all'eccezione dell'opponente di incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo comporta, a norma dell'art. 38 cod. proc. civ,. che viene escluso ogni potere del giudice adito di decidere sulle competenza e conseguentemente di pronunciare sulle spese processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa. Tuttavia l'ordinanza con la quale il giudice dell' opposizione a decreto ingiuntivo, prendendo atto dell' adesione dell'opposto all'eccezione, dispone la cancellazione della causa dal ruolo, deve contenere la revoca dell'ingiunzione, essendo a tal fine necessario un provvedimento espresso, e non implicito, che impedisca al decreto di produrre gli effetti provvisori di cui esso è capace in pendenza dell'opposizione. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6106 del 20/03/2006) L'adesione all'eccezione di incompetenza territoriale proposta da controparte comporta, ai sensi dell'art. 38 cod. proc. civ., l'esclusione di ogni potere del giudice adito di decidere sulla competenza e conseguentemente di pronunciare sulle spese processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa. (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 25180 del 08/11/2013; contra Tribunale di Torino, Sezione III Civile, Sentenza 18 novembre 2013, n. 6731) La decisione del giudice di appello non può essere invece condivisa
nella parte in cui ha ritenuto giustificata la condanna dell'opposto al
pagamento delle spese processuali per il fatto che egli non ha aderito
immediatamente all'eccezione.
L'adesione della parte all'eccezione di incompetenza territoriale
proposta dalla controparte comporta, a norma dell'art. 38 cod. proc.
civ., l'esclusione di ogni potere del giudice adito di decidere sulle
competenza e conseguentemente di pronunciare sulle spese
processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui, dovendo
provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa (Cass. civ. Sez. 3, 20
marzo 2006 n. 6106).
Nè la legge impone termini perentori per prestare l'adesione:
essenziale è che l'accordo fra le parti sussista effettivamente all'atto in
cui il giudice provvede, e che tale accordo sia posto a fondamento
della decisione.
Le ragioni per emettere condanna al pagamento delle spese
processuali consistono infatti nel carattere definitivo della decisione
giudiziale e nella soccombenza di una delle parti sulla questione
decisa (cfr. sul tema, Cass. civ. 8 luglio 1980 n. 4345): presupposti
entrambi che non ricorrono nel caso in esame.
In sede di opposizione a decreto ingiuntivo, il provvedimento recante la dichiarazione di incompetenza del giudice che ha emanato il decreto monitorio, non è una decisione soltanto sulla competenza, ma presenta un duplice contenuto, di accoglimento in rito dell'opposizione e di caducazione per nullità del decreto, con la conseguenza che ad esso non si applica la previsione della forma conclusiva dell'ordinanza, di cui all'art. 279, primo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 46 della legge 18 giugno 2009, n. 69. (cfr. Cass. Sez. 6 -­‐ 2, Ordinanza n. 14594 del 21/08/2012) SULLA PROVVISORIA ESECUZIONE DEL DECRETO INGIUNTIVO OPPOSTO Il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per
decreto ingiuntivo e si chiude con la notifica del decreto stesso
non è autonomo rispetto a quello che si apre con l'opposizione
di cui all'art. 645 cod. proc. civ.; ne consegue che nel giudizio
di opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al
fascicolo, nel termine di cui all'art. 184 cod. proc. civ., la
documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio, tale
documentazione può essere utilmente prodotta nel giudizio di
appello, non potendosi considerare come nuova. (Principio
enunciato in relazione al testo dell'art. 345 cod. proc. civ. come
formulato dall'art. 52 della legge 26 novembre 1990, n. 353,
applicabile alla fattispecie "ratione temporis"). (cfr. Cass. Sez.
2, Sentenza n. 11817 del 27/05/2011)
La documentazione prodotta con il ricorso per ingiunzione
è destinata, per effetto dell'opposizione al decreto e della
trasformazione in giudizio di cognizione ordinaria, ad
entrare nel fascicolo del ricorrente, restando a carico della
parte opposta l'onere di costituirsi in giudizio depositando
il fascicolo contenente i documenti offerti in
comunicazione. Ne consegue che, in difetto di tale
produzione, questi ultimi non entrano a fare parte del
fascicolo d'ufficio e il giudice non può tenerne conto.
(cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17603 del 18/07/2013).
Ai sensi dell'art. 648, 1 comma, seconda parte, c.p.c. (aggiunto
dall'art. 9, d.lg. n. 231/2002 in attuazione della direttiva 2000/35/CE)
secondo cui il giudice concede l’esecuzione provvisoria parziale del
decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate,
salvo che l’opposizione sia stata proposta per vizi procedurali, non
può essere concessa la provvisoria esecuzione parziale allorché la
contestazione dell'opponente investa l’intera somma ingiunta,
poiché ciò si tradurrebbe in una sostituzione o modifica del decreto,
che spetta al Giudice soltanto in fase di decisione, visto che
l’orientamento giurisprudenziale contrario all'ammissibilità della
concessione della provvisoria esecuzione parziale del decreto
ingiuntivo, ha trovato conferma nella citata modifica dell'art. 648
c.p.c. ad opera dell'art. 9 d.lg. n. 231 del 2002 che l’ha selettivamente
introdotta nella sola e specifica ipotesi in cui sia contestata solo una
parte dell'importo ingiunto (cfr. ad esempio Tribunale di Torino
ordinanza del 5 dicembre 2006)
SULLA SOSPENSIONE DEL DECRETO INGIUNTIVO IMMEDIATAMENTE ESECUTIVO
In tema di sospensione della provvisoria esecuzione del
decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 649 cod. proc. civ., la
natura di cautela in senso lato di tale provvedimento
consente di applicare la normativa sul cosiddetto
procedimento cautelare uniforme e, pertanto, l'art. 669sexies cod. proc. civ., nella parte in cui permette
l'adozione di provvedimenti prima dell'instaurazione del
contraddittorio sull'istanza cautelare stessa, salva loro
conferma o modifica o revoca a contraddittorio pieno. (cfr.
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3979 del 13/03/2012)
In tema di sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto
ingiuntivo, l'art. 649 c.p.c. non individua in modo rigido i
presupposti della sospensione, ma parla genericamente della
necessità che vi siano "gravi motivi”. Tale clausola deve
interpretarsi nel senso che l'esecuzione forzata del decreto
ingiuntivo possa danneggiare in modo grave il debitore, senza
garanzia di risarcimento in caso di accoglimento
dell'opposizione; la verifica della sussistenza dei gravi motivi
deve essere compiuta dal giudice anche alla stregua della
fondatezza dell'opposizione, affinché il pregiudizio paventato
dall'opponente non si concretizzi esclusivamente nel pericolo
di versare il quantum oggetto di ingiunzione ma trovi riscontro
nella probabilità di successo dell'opposizione (accolta, nella
specie, la domanda di sospensione alla luce delle perizie
proposte dagli opponenti, che costituiscono documenti
utilizzabili ai fini dell'esame dell'istanza ex art 649 c.p.c.) (cfr.
da ultimo Tribunale Modena sez. I del 22/01/2014 n. 1654)
SULLE ORDINANZE ANTICIPATORIE (186 BIS E TER C.P.C.)
Qualora, nel corso di un procedimento di opposizione a decreto
ingiuntivo, non risulti ammissibile la concessione
dell’esecuzione provvisoria del decreto opposto di cui all’art.
648 c.p.c., il convenuto-opposto, sussistendo contestazione
della parte opponente, potrà chiedere l’emanazione di
un’ordinanza ingiuntiva in corso di causa ex art. 186 ter c.p.c.
per un importo inferiore rispetto a quello oggetto di
ingiunzione “ante causam”, dal momento che il rischio di
duplicazione dei titoli esecutivi per il medesimo credito
dipenderebbe da inerzia e negligenza del debitore e sarebbe
comunque ovviabile in sede di esecuzione. (cfr. Tribunale
Napoli sez. II, 06/12/2013; conf. Tribunale Torino sez. III
04/02/2011; Tribunale Ivrea 05 novembre 2004).
ESTINZIONE PARZIALE DEL CREDITO ED EFFETTI SUL DECRETO INGIUNTIVO OPPOSTO Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che nel sistema
delineato dal codice di procedura civile, si atteggia come un
procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle
condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si
estende all'accertamento, con riferimento alla situazione di fatto
esistente al momento della pronuncia della sentenza - e non a quello
anteriore della domanda o dell'emissione del provvedimento opposto-,
dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, il giudice, qualora
riconosca fondata, anche solo parzialmente, una eccezione di
pagamento formulata dall'opponente (che è gravato dal relativo onere
probatorio), con l'atto di opposizione o nel corso del giudizio, deve
comunque revocare in toto il decreto opposto, senza che rilevi in
contrario l'eventuale posteriorità dell'accertato fatto estintivo al
momento dell'emissione suddetta, sostituendosi la sentenza di
condanna al pagamento di residui importi del credito all'originario
decreto ingiuntivo. (cfr. Cass. SSUU Sentenza n. 7448 del
07/07/1993)
Il decreto ingiuntivo deve essere necessariamente revocato nel
giudizio di opposizione esclusivamente quando risulti la
fondatezza anche solo parziale dell'opposizione stessa con
riferimento alla data di emissione del decreto; cosicché quando
il debito si estingua per un adempimento successivo alla
suddetta data e debba quindi escludersi l'indicata fondatezza il
provvedimento non va revocato e devono porsi a carico
dell'ingiunto le spese del procedimento, salva restando
l'opponibilità dell'avvenuto pagamento se il creditore, ancorché
soddisfatto, si avvalga del decreto non revocato come titolo
esecutivo. (In base al suddetto principio la S.C. ha confermato
la sentenza di merito che aveva ritenuto che non dovesse essere
revocato il decreto ingiuntivo emesso per un credito
compensato parzialmente con un credito dell'opponente essendo
stata esclusa la fondatezza anche solo parziale dell'opposizione
con riferimento alla data di emissione del provvedimento). (cfr.
Cass. Sez. L, Sentenza n. 12521 del 12/12/1998)
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che nel sistema
delineato dal codice di procedura civile si atteggia come un
procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle
condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si
estende all'accertamento, con riferimento alla situazione di fatto
esistente al momento della pronuncia della sentenza - e non a quello
anteriore della domanda o dell'emissione del provvedimento opposto
-, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, il giudice, qualora
riconosca fondata, anche solo parzialmente, una eccezione di
pagamento formulata dall'opponente (che è gravato dal relativo onere
probatorio), con l'atto di opposizione o nel corso del giudizio, deve
comunque revocare in toto il decreto opposto, senza che rilevi in
contrario l'eventuale posteriorità dell'accertato fatto estintivo al
momento dell'emissione suddetta, sostituendosi la sentenza di
condanna al pagamento di residui importi del credito
all'originario decreto ingiuntivo. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n.
15186 del 10/10/2003; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22489 del
19/10/2006; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6514 del 19/03/2007)
Il pagamento della somma ingiunta comporta
che il giudice dell' opposizione, revocato il
decreto ingiuntivo, debba regolare le spese
processuali, anche per la fase monitoria,
secondo il principio della soccombenza
virtuale, valutando la fondatezza dei motivi di
opposizione con riferimento alla data di
emissione del decreto (cfr. da ultimo Cass. Sez.
2, Sentenza n. 8428 del 10/04/2014)
In materia di opposizione a decreto ingiuntivo, nel caso di
sentenza non definitiva di accoglimento parziale
dell'opposizione e di revoca del decreto, con prosecuzione
del giudizio ai fini dell'accertamento dell'entità del credito
oggetto della domanda contenuta nel ricorso monitorio,
resta ferma, ai sensi dell'art. 653, comma secondo, cod.
proc. civ., la conservazione degli atti di esecuzione già
compiuti in forza dell'originaria esecutività del decreto
(atti nei quali rientra anche l'ipoteca iscritta ai sensi
dell'art. 655 cod. proc. civ.), nei limiti della somma o della
quantità ridotta, quali risulteranno dalla sentenza
definitiva. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21840 del
24/09/2013)
Non sussiste il vizio di "extrapetizione" (art. 112 cod. proc.
civ.) se il giudice dell' opposizione a decreto ingiuntivo giudizio di cognizione proposto non solo per accertare
l'esistenza delle condizioni per l'emissione dell' ingiunzione,
ma anche per esaminare la fondatezza della domanda del
creditore in base a tutti gli elementi, offerti dal medesimo e
contrastati dall'ingiunto - revoca il provvedimento monitorio ed
emette una sentenza di condanna di questi per somma anche
minore rispetto a quella ingiunta, dovendosi ritenere che nella
originaria domanda di pagamento di un credito, contenuta nel
ricorso per ingiunzione, e nella domanda di rigetto
dell'opposizione (o dell'appello dell'opponente) sia ricompresa
quella subordinata di accoglimento della pretesa per un
importo minore. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1954 del
27/01/2009)
La richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto,
formulata dal creditore al momento della costituzione o
nel corso del giudizio di opposizione, comprende in sé in
modo implicito la richiesta di condanna al pagamento del
credito o di una parte di esso, che può pertanto essere
pronunziata dal giudice per un importo inferiore a quello
per il quale è stato emesso il decreto ingiuntivo, anche in
difetto di esplicita domanda in tal senso, senza incorrere
in vizio d ultrapetizione. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n.
9021 del 30/04/2005)
PROFILI SOSTANZIALI IN MATERIA DI PROVA a) In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il
creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il
risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve
soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto
ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera
allegazione della circostanza dell'inadempimento della
controparte
b) mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della
prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito
dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto
dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in
cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione
o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di
inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso,
invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore
eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed
il creditore agente dovrà dimostrare il proprio
adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza
dell'obbligazione).
c) anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento
dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al
creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione
dell'inesattezza dell'adempimento (per violazione di doveri
accessori, come quello di informazione, ovvero per
mancata osservanza dell'obbligo di diligenza, o per
difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando
ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare
l'avvenuto, esatto adempimento (cfr. per tutte Cass. SSUU
Sentenza n. 13533 del 30/10/2001). La fattura è titolo idoneo per l'emissione
di un decreto ingiuntivo in favore di chi
l'ha emessa, ma nell'eventuale giudizio di
opposizione la stessa non costituisce
prova dell'esistenza del credito, che dovrà
essere dimostrato con gli ordinari mezzi
di prova dall'opposto. (cfr. Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 5915 del 11/03/2011)
Il creditore che agisce per il pagamento ha l'onere di provare il
titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacché
il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al
debitore che l'eccepisca. L'onere della prova torna a gravare sul
creditore il quale, di fronte alla comprovata esistenza di un
pagamento avente efficacia estintiva, ossia puntualmente
eseguito con riferimento a un determinato credito,
controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito
diverso da quello indicato dal debitore, fermo restando che, in
caso di crediti di natura omogenea, la facoltà del debitore di
indicare a quale debito debba imputarsi il pagamento va
esercitata e si consuma all'atto del pagamento stesso, sicché
una successiva dichiarazione di imputazione, fatta dal debitore
senza l'adesione del creditore, è giuridicamente inefficace. (cfr.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19527 del 09/11/2012)
Il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è
tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del
titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare
il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un
fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che
l'eccepisca; soltanto di fronte alla comprovata esistenza di
un pagamento avente efficacia estintiva (cioè
puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato
credito) l'onere della prova viene nuovamente a gravare
sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve
imputarsi ad un credito diverso o più antico. (cfr. Cass.
Sez. 3, Sentenza n. 20288 del 04/10/2011)
UN CASO DI ILLEGITTIMITA’ DEI D.I. Tutto quanto premesso, la società alfa, ut supra,
CHIEDE
che la S.V. Ill.ma voglia ingiungere all’impresa
individuale XXXXXX di pagare alla ricorrente la
somma capitale di € 6.200,76 oltre interessi e
rivalutazione, nonché le spese e le competenze della
presente procedura come spettanti e le successive
occorrende.
Con l'ingiunzione di pagamento - dovendo questa avere ad
oggetto, ai sensi dell'art. 633, primo comma, cod. proc.
civ., esclusivamente una somma liquida di denaro o una
determinata quantità di cose fungibili o una cosa mobile
determinata - il creditore non può domandare (in aggiunta
alla somma dovutagli ed ai relativi interessi) il
risarcimento, ai sensi dell'art. 1224, secondo comma, cod.
civ., del maggior danno derivatogli dal ritardo
nell'adempimento (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6757 del
17/05/2001)
Nelle obbligazioni pecuniarie, in difetto di discipline particolari
dettate da norme speciali, il maggior danno di cui all'art. 1224 c.c.,
comma 2 (rispetto a quello già coperto dagli interessi legali
moratori non convenzionali che siano comunque dovuti) è in via
generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore
che ne domandi il risarcimento - dovendo ritenersi superata
l'esigenza di inquadrare a tale fine il creditore in una delle
categorie a suo tempo individuate - nella eventuale differenza, a
decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del
rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non
superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali
determinato per ogni anno ai sensi dell'art. 1284 cod. civ., comma
1; (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19499 del 16/07/2008)
Nel procedimento per decreto ingiuntivo, sebbene nella
fase monitoria la cognizione del giudice di merito sia
limitata al solo credito, con esclusione di ogni voce di
maggior danno ex art. 1224 cod. civ., la domanda inerente
tale ultima categoria di danno, proposta con il ricorso ex
art. 633 cod. proc. civ., deve essere considerata validamente
rientrante nel "thema decidendum" della fase a cognizione
piena, pur difettando una formale riproposizione della
medesima nella costituzione in sede di giudizio di
opposizione. (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18767 del
07/08/2013).
BUON LAVORO A TUTTI THE END 
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