UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA
Corso di laurea magistrale in
LINGUE PER LA COMUNICAZIONE TURISTICA E
COMMERCIALE
TESI DI LAUREA
NUOVE TENDENZE NEL SETTORE COSMETICO:
LA COSMESI ECOBIO E I SOCIAL MEDIA
Da una panoramica del settore cosmetico alle beauty community online
Relatore
Ch.mo Prof. Fabio CASSIA
Laureanda
Silvia Rubin
VR091913
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
Dedicato a chi sa combattere per un ideale.
A chi sa vivere con impegno e a chi sa morire col sorriso.
Dedicato a coloro che cadono:
a chi riesce a rialzarsi e a chi non ce la fa.
Dedicato, soprattutto, a chi non ha mai avuto una dedica.
Diego Dalla Palma
INDICE GENERALE
INDICE DELLE FIGURE
i
INTRODUZIONE
I
CAP. 1 COSTUME E COSMESI NEL TERZO MILLENNIO
1
1.1 Definizione e breve excursus storico della cosmesi
1.2L’economia
della
bellezza:
da
un’economia
1
dell’occhio
a
4
un’economia come esperienza del corpo
CAP. 2 IL MERCATO DELLA COSMESI
7
2.1 Alcune premesse: lo scenario macroeconomico
7
2.2 I consumi nel settore cosmetico a livello europeo
9
2.3 La crescita del settore cosmetico italiano dentro la crisi
11
2.4 La distribuzione geografica delle imprese del settore cosmetico in
14
Italia
2.5 L’evoluzione dei canali di distribuzione
16
2.6 Verso nuovi modelli di consumo?
19
CAP. 3 IL NUOVO TREND: LA COSMESI ECOBIO
3.1 Verso una definizione precisa: prodotto naturale, biologico o eco-
23
23
compatibile?
3.2 I cosmetici naturali: fitocosmesi ed ecobio
25
3.2.1 Il makeup minerale
28
3.3 Come riconoscere un cosmetico ecobio?
30
3.3.1 INCI: uno strumento per il consumo consapevole
31
3.3.2 Enti di certificazioni ed eco-label
40
3.4 Il canale distributivo privilegiato per il cosmetico ecobio:
49
L’ERBORISTERIA
3.5 L’e-commerce: un nuovo canale distributivo. Alcuni portali ecobio
53
CAP. 4 COSMETICI E TEST SU ANIMALI
57
4.1Direttiva 76/768/CEE, detta “direttiva cosmetici” e successive
58
modifiche
CAP.
4.2 Direttiva 2003/15/CE
58
4.3 Regolamento (CE) 1223/2009
59
4.4 Standard Internazionale “Non testato su animali”
61
4.5 L’impegno continuo per rimpiazzare i test sugli animali
63
4.6 Cruelty-free: leggende e verità
64
5
IL
GREENWASHING
E
ALCUNI
STRUMENTI
PER
67
SMASCHERARLO
5.1 Cos’è il Greenwashing?
67
5.2 GreenBean e i sei modi per cadere nel greenwashing
70
5.3 Come contrastare il greenwashing
73
5.4 Cosa avviene in campo cosmetico?
74
CAP. 6 IL MARKETING NEL SETTORE COSMETICO: IL RUOLO DEI
78
SOCIAL NETWORK
6.1 Alcune definizioni del termine marketing
6.2L’evoluzione
del
marketing:
dalla
78
massificazione
alla
79
personalizzazione
6.3 Il marketing relazionale
82
6.4 Il marketing One-to-One (1to1): oltre il marketing relazionale
85
6.5 Il web come strumento di marketing in campo cosmetico
90
6.6 Le guresse del makeup
96
CAP. 7 COSMETICI ECOBIO E SOCIAL MEDIA. LA PAROLA ALLE 101
BEAUTY BLOGGER E V-LOGGER
7.1 Motivazioni della ricerca
101
7.2 Metodo di ricerca e scelta dei soggetti da intervistare
102
7.3 Le domande del questionario alla base delle interviste
106
7.4 Analisi dei risultati
107
7.5 Considerazioni finali
114
CONCLUSIONI
115
BIBLIOGRAFIA
117
SITOGRAFIA
122
RINGRAZIAMENTI
125
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1: Consumi Europei di prodotti cosmetici
10
Figura 2: Evoluzione mercato cosmetico italiano
12
Figura 3: Evoluzione Industria Cosmetica
12
Figura 4: Distribuzione geografica delle imprese
15
Figura 5: Evoluzione del mercato - i canali
16
Figura 6: Pittogramma raffigurante il PAO
32
Figura 7: Legenda dei “semafori” per interpretare i risultati
34
Figura 8: COSMOS e Natrue, differenze e analogie
47
Figura 9: Come evitare di cadere in errore
72
Figura 10: Rappresentazione schematica del marketing tra domanda e offerta
79
Figura 11: Differenze tra Mass Marketing e Relationship Marketing
83
Figura 12: Schema riassuntivo: dal marketing di massa al marketing relazionale
85
Figura 13: Il rapporto tra relationship marketing e marketing 1to1
87
Figura 14: I diversi utilizzi della Rete da parte dell’azienda
89
Figura 15 : l’intricato insieme dei Social Media
91
Figura 16: I social media in cui sono presenti le aziende cosmetiche italiane
94
i
INTRODUZIONE
Il mio interesse per il mercato cosmetico e per le varie forme ed espressioni della
bellezza, nasce da un’intensa passione per i cosmetici in generale e per il makeup in
particolare che ormai coltivo da diverso tempo. Alcuni anni fa ho cominciato invece
ad interessarmi in modo più approfondito alla composizione dei prodotti che si
possono trovare nei diversi canali distributivi e a paragonarli tra loro.
Ho iniziato così a chiedermi quale fosse il reale impatto di un determinato prodotto
sulla mia pelle e se il suo costo fosse veramente giustificato da particolari
caratteristiche e proprietà benefiche o fosse semplicemente frutto di abili strategie di
marketing.
Conseguentemente allo sviluppo di una forte allergia ad alcune sostanze presenti
nella maggior parte dei prodotti cosmetici tradizionali e ad una crescente coscienza
etica e ambientale, ho concentrato la mia ricerca verso i cosmetici di origine naturale,
creati a partire da ingredienti derivanti da colture biologiche certificate e con il minor
impatto ambientale possibile.
È iniziata così una ricerca, che prosegue tuttora, sulla cosmetica ecobio. Ho subito
notato la mancanza di una letteratura competente su tale argomento e la presenza di
una generale confusione soprattutto nel web.
Il presente lavoro ha l’obiettivo di fare chiarezza su tale ambito, attraverso una
ricerca basata su basi solide, in grado anche di divenire uno strumento per tutti quei
consumatori che vogliono avvicinarsi ai prodotti ecobio. A tale scopo è stata
effettuata un’intensa attività di ricerca di dati e informazioni anche attraverso
interviste ad un campione di beauty blogger v-logger.
Al fine di rendere logica e organica l’analisi svolta, il lavoro si divide in sette
capitoli, ognuno dei quali esplora un tema ben preciso.
Dopo una breve introduzione (capitolo 1) alla definizione della cosmesi dal punto di
vista linguistico e giuridico, si ripercorre la sua evoluzione storica, dalla sua nascita
in epoca preistorica fino ai giorni nostri, notando come ogni epoca abbia dei
particolari canoni di bellezza e come, nel corso dei secoli, si sia considerata la
bellezza come una concreta possibilità di business.
I
Il secondo capitolo intende fornire una panoramica sull’andamento del mercato
cosmetico, soprattutto italiano, durante questa congiuntura macroeconomica
sfavorevole. Si porrà soprattutto l’accento sui mutamenti nei canali distributivi e
sull’evoluzione della figura del consumatore.
Il terzo capitolo rappresenta il core di questo elaborato in cui viene riportata
un’analisi approfondita di un trend che non accenna a fermasi: la ricerca del
benessere inteso in senso più olistico e più rispettoso dell’ambiente. Quella che
inizialmente appariva come una moda destinata ad esaurirsi nel giro di poche
stagioni è diventata uno dei trend trainanti dei consumi. Di conseguenza, l’acquisto e
l’utilizzo di quei prodotti che un tempo erano considerati come destinati a nicchie di
consumatori con abitudini “particolari”, “esotiche”e, per certi versi, “snobistiche”
sono ormai definitivamente sdoganati e più che di moda passeggera oggi è possibile
parlare di un vero e proprio stile di vita. Negli ultimi anni si è assistito, infatti, ad un
cambiamento culturale che ha portato progressivamente il consumatore ad una
maggiore attenzione verso la cura del proprio benessere psico-fisico.
La trattazione è orientata verso una spiegazione chiara su cosa significhi veramente
“cosmetico ecobio”, come riconoscere tali prodotti rispetto a quelli della cosmesi
tradizionale e tramite quali canali sono solitamente distribuiti.
Il capitolo quarto invece cerca di affrontare il complesso tema della vivisezione nel
settore cosmetico ripercorrendo le varie tappe legislative a livello europeo e
nazionale dagli anni ’70 ad oggi.
Il quinto capitolo ha come obiettivo quello di spiegare al lettore come non tutto
quello che viene proposto come green lo sia veramente. Il fenomeno del
greenwashing (lavaggio verde) è purtroppo diventato una realtà che negli ultimi anni
colpisce sempre più settori, compreso anche quello dei cosmetici. Nel capitolo verrà
fornita la spiegazione del termine e dei principali indizi per riconoscere quelle
aziende le cui azioni in favore della sostenibilità sono puramente di facciata. Inoltre
si riportano alcune iniziative online volte ad arginare il fenomeno greenwashing con
l’obiettivo di guidare il consumatore verso un acquisto realmente consapevole.
Nel capitolo sesto verrà brevemente ripercorsa l’evoluzione del marketing (dalla
massificazione alla personalizzazione) al fine di comprendere come i nuovi mezzi di
comunicazione abbiano portato ad un radicale cambiamento nel rapporto tra azienda
II
e consumatore finale. In particolare, verrà posto l’accento sull’influenza che i social
media esercitano sul comportamento d’acquisto dei consumatori nel settore
cosmetico e verrà poi introdotta una nuova figura di opinion maker in campo
cosmetico: le “guresse del makeup”.
Nel settimo capitolo si è voluto, infine, approfondire questo nuovo ed interessante
binomio “social media/cosmetici ecobio”. A tal proposito è stata condotta una serie
di interviste ad un campione di ventuno beauty blogger e v-logger che si dedicano in
modo particolare ai cosmetici ecobio. A partire dalle loro risposte si è inteso fornire
alcune chiavi di lettura di questa nuova tendenza.
I cosmetici rivestono un ruolo importante nella vita quotidiana e rappresentano una
categoria di prodotti di largo consumo e di ampia diffusione. Ho avvertito per questo
motivo la necessità di affrontare la tematica ecobio cercando di fare chiarezza al fine
di comprendere meglio questa nicchia di mercato che, anche per esperienza
personale, non gode della giusta visibilità.
III
CAP. 1 COSTUME E COSMESI NEL TERZO MILLENNIO
In questo capitolo, dopo una breve definizione della cosmetica dal punto di vista
linguistico e giuridico, verrà ripercorsa la sua storia, dalla nascita in epoca preistorica
fino ai giorni nostri, illustrando congiuntamente l’evoluzione dei canoni di bellezza.
1.1 Definizione e breve excursus storico della cosmesi
Nell’immaginario comune quando si pensa ai cosmetici, i primi prodotti che vengono
in mente sono sicuramente: creme idratanti e antirughe e makeup; solo pochi sanno
infatti che con tale termine si designa una vasta gamma di prodotti, da quelli per la
cura di viso e corpo fino ai detersivi e ai prodotti per l’igiene orale.
Nel dizionario della lingua italiana alla voce “cosmetica”, si legge “arte di curare il
volto e la persona in genere mediante l'impiego di cosmetici”1; la voce “cosmetici”,
invece, viene così descritta “prodotti che servono a conservare la morbidezza e la
freschezza della pelle e a sottolineare la bellezza della persona”.2 Queste sono le
definizioni diffuse presso l’opinione pubblica, alle quali si affianca la definizione
contenuta nell’articolo II del decreto legislativo del 24 aprile 1997, n.126, conosciuta
quasi esclusivamente dagli operatori del settore.3
L’articolo II del decreto legislativo del 24 aprile 1997, n.1264, definisce i prodotti
cosmetici come segue: “ai fini della presente legge si intendono per prodotti
cosmetici le sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali, destinate ad essere
applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e
capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della
bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne
l’aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato”.
1
“Dizionario Italiano”, Garzanti Linguistica, maggio 2009, s.v cosmetica.
“Dizionario Italiano”, Garzanti Linguistica, maggio 2009, s.v cosmetici.
3
BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano,
2009, pag 13-14.
4
Attuazione della direttiva 93/35/CEE recante la sesta modifica alla direttiva 76/768/CEE concernente
il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici.
2
1
Il termine “cosmetico” deriva dall’aggettivo greco țȠıȝİIJȚțȩȢ (kosmetikós) e dal
verbo greco țȠıȝȑȦ (kosméo) il cui significato è “che ha il potere di sistemare” o
“abile nel decorare”.5
La storia dei cosmetici segue le vicende evolutive dell’essere umano, al punto che
già 30.000 anni fa l’uomo primitivo era solito utilizzare i colori (oltre che per
pitturare le caverne) per decorare il proprio corpo come una sorta di protezione, allo
scopo sia di mimetizzarsi sia di incutere timore nel nemico, animale o uomo che
fosse.6
Le ricerche degli archeologi hanno portato alla luce formule di bellezza molto
antiche, a testimonianza che già nell’antichità l’uomo dedicava parte del suo tempo
alla cura estetica. Le prime spatole usate per ottenere polveri colorate, infatti, sono
state fatte risalire a circa diecimila anni fa. Altre ricerche hanno ricondotto al 5000
a.C. circa, un’importante quantità di accessori per il trucco come ad esempio piccole
giare e vasetti contenenti prodotti di bellezza.
Nella civiltà egiziana, la bellezza era considerata al pari di un culto; erano infatti i
sacerdoti a preparare i profumi e i cosmetici il cui uso era declinato su tre diversi
piani: l'ambiente religioso, quello sociale e quello della mummificazione.7
Fin dall’infanzia agli uomini egizi veniva insegnato come guardarsi allo specchio; i
cosmetici facevano a tal punto parte della vita quotidiana da risultare indispensabili
sia alle classi altolocate che a quelle meno abbienti: persino gli operai e gli artigiani
ricevevano sempre, assieme alla loro razione di alimenti dei prodotti cosmetici.8
Anche nel mondo ellenistico la bellezza era una condizione necessaria richiesta per
nobili ed intellettuali tanto che lo stesso Ippocrate raccomandava digiuno, esercizio
fisico e bagni frequenti.9 Tutti i valori estetici, da quelli dell’arte a quelli
dell’abbellimento della persona, raggiungevano livelli altissimi, come se la bellezza e
l’armonia fossero esigenze indispensabili per l’uomo.10
5
PENAZZI G., “La pelle e i cosmetici naturali”, Tecniche Nuove, collana Natura e salute, Milano,
2003, pag.73.
6
http://www.bec-natura.com/approfondimenti/storia-prodotto-cosmetico.html
7
ROVESTI P., “Alla ricerca dei cosmetici perduti. Con un saggio di Giampiero Bonetti”, Blow-up di
Marsilio Editori, Venezia, 1975, pag. 30.
8
Ibidem, pag 39.
9
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime
tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 17.
10
ROVESTI P., “Alla ricerca dei cosmetici perduti. Con un saggio di Giampiero Bonetti”, Blow-up di
Marsilio Editori, Venezia, 1975, pag. 104.
2
Con l’affermarsi del Cristianesimo, i predicatori demonizzarono bagni e belletti
facendoli coincidere con un doppio peccato: lussuria e orgoglio, poiché civetteria e
seduzione portano alla dissolutezza. I cosmetici vennero considerati deleteri per il
corpo e causa di ulcerazioni e necrosi (tesi medica ereditata da Galieno).11 È così
che, come in altre epoche buie e represse, durante il Medioevo, i cosmetici furono
messi al bando dai Santi Padri della Chiesa. Tutto ciò che era naturale era ritenuto
dono di Dio, mentre l'artificioso era considerato opera del demonio.12 Durante il
Rinascimento venne nuovamente esaltata la bellezza femminile poiché era tramite la
bellezza del mondo e delle creature, che Dio si manifestava all’umanità. La
Rinascenza rimise in valore i trattamenti estetici come mezzi per onorare ed esaltare
maggiormente l’opera divina; non più artificio quindi, ma vera e propria arte.13 La
sfrenata passione per i cosmetici fu propria dell’epoca rinascimentale, la quale scandì
mode e puntualizzò ricette e ricerche che spinsero all’utilizzo di belletti. Tipica di
questo periodo è la moda veneziana di imbiondire i capelli con tinture varie in modo
da ottenere la sfumatura fulva battezzata “biondo veneziano”.14 In aggiunta, fanno la
loro comparsa i finti nei sul viso, destinati a nascondere lentiggini e sfoghi cutanei.
Durante il Settecento nei consumatori cresce l’esigenza di utilizzare prodotti
cosmetici sempre più sicuri e ottenuti con processi produttivi sempre più scientifici.
Questa necessità si traduce in controlli più severi sui prodotti finiti, oltre che in una
maggiore professionalità nei processi di distribuzione.
Com’è noto, il Romanticismo rappresenta il dolore individuale e cosmico, la
nostalgia di cose e persone lontane nel tempo e nello spazio; di conseguenza, in quel
periodo i canoni estetici, “vagheggiano di un corpo flessuoso e sottile come un fuso,
di una donna pallida ed emaciata”.15 Questa bellezza sofferente era esaltata dalla
pelle diafana che era ottenuta grazie all’utilizzo di ciprie e creme schiarenti.
Nella seconda metà dell’ǥ800, lo sviluppo della tecnica e della scienza,
congiuntamente ai cambiamenti negli stili di vita introdotti dalla Rivoluzione
11
PAQUET D., “Storia della bellezza. Canoni, rituali, belletti”, Einaudi-Gallimard srl, Torino, 1997,
pag 31.
12
BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano,
2009, pag 40.
13
Id. pag 164.
14
PAQUET D., “Storia della bellezza. Canoni, rituali, belletti”, Einaudi-Gallimard srl, Torino, 1997,
pag 48.
15
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime
tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 19.
3
industriale, porta a un incremento nell’uso dei cosmetici. I cosmetici, fino a quel
momento confezionati in casa, diventarono prodotti specifici e mirati, testati e sicuri,
e vengono introdotti sul grande mercato rendendoli prodotti di largo consumo.
Grazie alla produzione industriale, alla ricerca scientifica e alla chimica organica
viene stimolato lo sviluppo dell’industria cosmetica.16
Nel 1900 la bellezza diventa contemporaneamente diritto e dovere, personale e
sociale, di ogni cittadino e arriva ad assumere un'impostazione individuale e
personalizzata. La vendita di prodotti per il corpo subisce un'ulteriore impennata
grazie all’affermazione dei grandi imperi cosmetici francesi e americani e grazie
all'avvento della televisione, elemento centrale nello sviluppo di un nuovo modello
di bellezza.17
Negli ultimi decenni il trucco non si accontenta più di correggere le imperfezioni, ma
diventa una vera e propria arte. Essere belli equivale a tuffarsi nel mercato dei volti e
dei corpi, che vengono esibiti per segnalare la classe sociale o il proprio “clan” di
appartenenza: yuppies, new wave, rocker, punk, techno, grunge, emo, ecc..18
1.2 L’economia della bellezza: da un’economia dell’occhio a un’economia come
esperienza del corpo
Nel complesso, il ragionamento esposto nel precedente paragrafo porta a concludere
che, nel tempo, è cambiata la visione della bellezza e si è sviluppato attorno ad essa
un mondo in forte evoluzione che porta con il tempo a vedere il termine “bellezza”
come una concreta possibilità di business. Ogni periodo storico ha avuto il suo
canone di bellezza femminile e si tratta di vere e proprie metamorfosi nella forma
della femminilità, ritenuta ideale. Se la cultura clericale del Medioevo vede nel corpo
femminile “il luogo del peccato”, il Rinascimento attribuisce invece un nuovo valore
alla bellezza femminile: essa è concepita come “segno” della bontà interiore. Ne
consegue quindi l’obbligo di essere belli, in quanto la bruttezza diventa segno di
16
Id, pag 13-14.
BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano,
2009, pag. 54
18
PAQUET D., “Storia della bellezza. Canoni, rituali, belletti”, Einaudi-Gallimard srl, Torino, 1997,
pag 89.
17
4
inferiorità e di depravazione morale.19 I cosmetici hanno così contribuito a
nascondere i difetti, a rendere la pelle più bianca, liscia e luminosa, ad accentuare lo
sguardo e le labbra. Anche per quanto riguarda i modelli di bellezza femminile a cui
le donne aspirano, ogni epoca richiama caratteristiche diverse: dalle adiposità delle
Veneri dell’età paleolitica, alle spalle strette e i ventri prominenti delle Eve di
Cranach, fino alla lussureggiante maestà delle ninfe di Poussin, dalle estremità
minuscole e i seni generosi delle bagnanti di Fragonard, ai vitini di vespa e i fianchi
fecondi delle Grazie di Vittore Carpaccio, fino alle gambe fusiformi delle Pin-up di
Aslan.20
Con l’evoluzione del concetto di bellezza, cambia anche l’economia della bellezza;
più nello specifico, guardando ai tempi recenti, è entrato definitivamente in crisi il
modello che ha caratterizzato la storia del consumo degli ultimi trent’anni; un
modello fondato sull’occhio e sulla moda, sull’immagine e sulla pura sensibilità
visiva. In questo modello impera lo status personale, attraverso la troppo abusata
formula della personalizzazione. Questa economia viene definita “economia
dell’occhio e della vista”21 in quanto le priorità di consumo partono con le proposte
della moda, dell’abbigliamento e dei suoi accessori, con un ruolo centrale della
griffe, della firma. Viene esasperato il modello visivo, la potenza dell’occhio
trascurando altre priorità e portando all’esternalizzazione visiva del consumo che ha
trovato la sua punta più elevata nell’idea del mondo virtuale come proiezione della
propria immagine. Il percorso di questa economia continua attraverso il mondo della
tecnologia e del virtuale, dai videogiochi agli avatar che con l’occhio
sperimentavano e sperimentano la possibilità di un paesaggio virtuale totale, che
sostituisce i riferimenti materiali, tangibili, senza alcuna interferenza esterna.
Nell’ economia dell’occhio solo alla fine si approdava al corpo, alla sua cura, come
punta estrema della finzione che ognuno era impegnato a mettere in scena.
Nel terzo millennio, abbiamo assunto un modello nuovo, che in un certo senso però,
richiama l’antico. Ciò presuppone un sistema diverso di assorbimento della realtà,
capovolgendo le priorità precedenti per focalizzarsi nuovamente sulle priorità
19
CALANCA D., “Storia sociale della moda, Bruno Mondadori”, Milano, 2002, pag 56.
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime
tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 13.
21
Ibid.
20
5
corporee, di cura e di alimentazione, sulle competenze cinestetiche, tattili e gustative.
Un mondo in cui il paesaggio dei prodotti e degli oggetti viene assunto direttamente
dalle persone, sulla propria pelle. In questa nuova “economia come esperienza del
corpo”22, l’immagine e la sua virtualità vengono neutralizzate dall’esperienza
tangibile, in cui il toccare con mano diventa il segno dell’autenticità, di un reale che
rischia di fuggire all’esperienza emotiva più diretta e gratificante.
In questo capovolgimento di prospettiva l’esperienza del corpo e della nostra
bellezza diventa di nuovo il centro dell’attenzione, la principale preoccupazione ed
occupazione. Questo cambiamento si estende non solo direttamente all’esperienza di
cura del corpo, ma anche all’abbigliamento e ad accessori che prendono le distanze
dalle loro caratteristiche tattili e materiali per sollecitare emozioni, evocando un
coinvolgimento emotivo e sensoriale totale.
22
Id. pag 14.
6
CAP. 2 IL MERCATO DELLA COSMESI
Nel seguente capitolo verrà fornita una panoramica del settore cosmetico. Dapprima
si presenterà brevemente lo scenario macroeconomico e le conseguenze che la crisi
internazionale ha avuto e ha tuttora in Italia. Successivamente si analizzerà in
particolare il settore cosmetico a partire dai consumi a livello europeo per poi
soffermarsi sull’andamento del comparto in Italia, ponendo l’accento sui
cambiamenti avvenuti nei canali distributivi e sull’evoluzione della figura del
consumatore.
2.1 Alcune premesse: lo scenario macroeconomico
La crisi internazionale iniziata già nel 2009 e che si pensava potesse assestarsi nel
2011, presenta ancora oggi dei picchi notevoli soprattutto in Europa, dove si registra
una notevole diminuzione della ricchezza, conseguente all’incapacità di adottare
politiche di ripresa adeguate.23 Questa diminuzione della ricchezza ha portato ad un
inevitabile calo dei consumi e ad un aumento della disoccupazione. Inoltre l’aumento
dei prezzi del petrolio e delle materie prime sta incrementando i riflessi della crisi a
livello mondiale.24
La crisi europea, la debole ripresa ciclica statunitense e le incertezze che ancora
caratterizzano i mercati finanziari internazionali, stanno vincolando la crescita degli
scambi commerciali. Il rallentamento delle economie emergenti, alle prese con
squilibri interni, una domanda estera (soprattutto europea) molto debole,
condizionano il quadro economico internazionale che ha registrato un nuovo
indebolimento negli ultimi mesi del 2012, sia nei Paesi avanzati che nei mercati
emergenti.25 In Europa, la ridotta affidabilità dei debiti sovrani dei Paesi del Sud
23
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012,
pag. 1 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf .
24
Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/
25
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre
2012, pag. 2.
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static
a.pdf
7
fatica a sostenere la progressiva riduzione dello spread italiano e spagnolo per cui
l’economia europea non ha potuto evitare la recessione nel corso del 2012, con le
cadute del PIL per i Paesi più in difficoltà nella gestione dei bilanci pubblici, in
contrapposizione alla ripresa dell’economia tedesca.26
Una moderata ripresa degli scambi commerciali globali potrebbe prendere avvio
nello scorcio finale del 2013. Solo nel 2014, tuttavia dovrebbero ristabilirsi
condizioni normalizzate sui mercati internazionali, con gli stati emergenti a fare da
traino alla crescita economica mondiale.27
La crisi a livello mondiale ha avuto e sta avendo tuttora, delle ripercussioni
sull’economia e sui consumi anche in Italia, in particolare:
•
Le tensioni che stanno maturando in vista del ciclo elettorale (con elezioni in
Germania e in Italia nel 2013) portano a prevedere che lo spread tra BTP e
BUND non si stabilizzerà sui livelli di minimo relativo raggiunti di recente,
ma tornerà a crescere sino a quando le incertezze sull’esito elettorale non si
saranno diradate.28
•
La diminuita ricchezza degli italiani incide sulla generale propensione
all’acquisto, con uno stallo dei consumi procapite che nel 2012 hanno
registrato la flessione più grave dal secondo dopoguerra (-3,6%).29
•
Nel terzo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2%
rispetto al trimestre precedente e del 2,4% nei confronti del terzo trimestre del
2011. Questo è quanto comunicato dall'Istat che ha rilevato inoltre come si
tratti del quinto trimestre consecutivo di calo.30
26
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012,
pag.1 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf .
27
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre
2012, pag. 2.
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static
a.pdf
28
Ibid.
29
Redazione Il Fatto Quotidiano, “Crisi, Confindustria: “Calo consumi più grave del dopoguerra”. Pil
-2,4%”, Il Fatto Quotidiano, 13 settembre 2012, http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/13/crisiconfindustria-calo-consumi-piu-grave-del-dopoguerra/350977/
30
Redazione La Repubblica, “Italia in profonda recessione, Pil giù del 2,4%”, La Repubblica, 15
novembre 2012, http://www.repubblica.it/economia/2012/11/15/news/pil_europa_crisi-46690754/
8
•
Dai dati Istat emerge, inoltre, il costante calo di soddisfazione degli italiani
per quanto riguarda la qualità della vita in generale e soprattutto per la propria
situazione economica nel 2012: il 40,5% delle famiglie giudica la propria
situazione economica invariata rispetto all'anno precedente, ma cresce dal
43,7% al 55,8% la quota di famiglie che ne dichiara un peggioramento.31
•
L’inflazione annua nel mese di Novembre 2012 si attesta intorno al 2,5%
contro il 2,6% di Ottobre 2012.32
•
Sul fronte occupazionale, le aspettative sono state riviste al ribasso di 0,2 e
0,3 punti percentuali con tassi di disoccupazione che sfiorano i 9 punti
percentuali.33
2.2 I consumi nel settore cosmetico a livello europeo
Nonostante la profonda crisi economica e finanziaria che ha colpito l’Europa negli
ultimi anni e che non sembra dare cenni di frenata, il comparto cosmetico a livello
europeo sembra risentirne solo marginalmente. Infatti, tra i beni di consumo, i
cosmetici sono la categoria di prodotti che hanno registrato i risultati migliori.
Cosmetics Europe - The Personal Care Association34, l’associazione europea di
rappresentanza dell’industria cosmetica, ha divulgato la propria analisi sui consumi
europei di cosmetici riferiti all’anno 2011. I dati dello studio (espressi in milioni di
Euro sulla base dei prezzi al pubblico) confermano la Germania come leader dei
consumi di cosmetici, con un valore di 12.673 milioni di Euro, seguita dalla Francia
con 10.211 milioni di Euro. Terzo posto invece per l’Italia con 9.809 milioni di Euro,
che supera il Regno Unito, fermo a 9.628 milioni di Euro e Spagna, con 7.037
milioni di Euro. Fanalino di coda della ricerca sono le Repubbliche Baltiche occupate
31
Ibid
http://www.rivaluta.it/inflazione/ultimo-dato-inflazione-italia.htm
33
Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/
34
Cosmetics Europe - The Personal Care Association, conosciuta con il nome di Colipa fino alla fine
del 2011, è la voce dell’industria cosmetica europea, fin dalla sua creazione nel 1962. L’associazione
rappresenta le imprese cosmetiche a livello europeo; il suo compito è di fornire alle imprese del
settore informazioni sui regolamenti, sulla sicurezza e sulle guideline emanate a livello europeo.
https://cosmeticseurope.eu
32
9
dell’ex Unione Sovietica, Lituania (144 milioni di Euro), Lettonia (88 milioni di
Euro) ed Estonia (85 milioni di Euro).35
CONSUMI EUROPEI DI PRODOTTI COSMETICI
Valori espressi in milioni di Euro – prezzi al pubblico
Germ ania
Francia
It alia
Regno Unito
Spagna
Paesi Bassi
Polonia
Belgio/Lussem burgo
Svezia
Svizzera
Port ogallo
Aust ria
Norvegia
Danim arca
Grecia
Finlandia
Rom ania
Repubblica Ceca
Ungheria
Irlanda
Slovacchia
Bulgaria
Slovenia
Lit uania
Let tonia
Est onia
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
Figura 1: Consumi Europei di prodotti cosmetici
Fonte: Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro” http://www.unipro.org
I valori comunicati da Cosmetics Europe - The Personal Care Association e riportati
nel precedente grafico, confermano che i primi cinque Paesi, coprono da soli poco
meno del 70% del mercato europeo.
Nel complesso l’Europa, con quasi 42 miliardi di euro si conferma al primo posto nei
consumi mondiali, seguita dagli Stati Uniti, con oltre 27 miliardi di euro, e dal
Giappone, prossimo ai 15 miliardi di euro.36
35
Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro”,
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/RAPPORTO_ANNUALE/Rapporto_annuale_
2011_-_WEB_-_DEF.pdf
36
Ibid.
10
2.3 La crescita del settore cosmetico italiano dentro la crisi
Nell’economia nazionale, il settore cosmetico (composto sia dai produttori che dai
distributori italiani di prodotti cosmetici), riveste un ruolo decisamente importante.
La fotografia del comparto cosmetico italiano mostra una situazione positiva e in
crescita, nonostante subisca i condizionamenti del calo della propensione all’acquisto
(Fig. 2). Le previsioni per la fine del 2012 sono prudenti. Tali proiezioni consentono
ancora margini di tenuta dei valori di produzione delle imprese cosmetiche italiane,
grazie (oltre che ai mercati internazionali) all’incremento del giro d’affari registrati
in alcuni canali distributivi (erboristeria in primis) che alleggeriscono le tensioni sui
fatturati delle imprese (Fig. 3); d’altro canto preoccupano le contrazioni di consumo
nel canale profumeria e nei saloni di acconciatura .37
Per fare il punto sullo “stato di salute” delle imprese del comparto cosmetico italiano,
sono utili le analisi che Unipro38 compie periodicamente attraverso delle indagini
presso le aziende associate, italiane e multinazionali operanti in Italia.39
37
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012,
pag.1 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf .
38
Unipro: Associazione Italiana delle Imprese Cosmetiche è l’organismo di rappresentanza del
sistema industriale italiano della cosmesi; nasce il 6 novembre 1967 dall'iniziativa di venti industriali
ed operatori del settore e si afferma rapidamente quale punto di riferimento per tutto il mercato, fino a
contare, oggi, oltre 500 imprese associate che rappresentano oltre il 90% del fatturato del settore. Da
oltre quarant’anni Unipro affianca le aziende che operano in Italia e ne stimola la crescita e lo
sviluppo attraverso una qualificata assistenza in materia tecnica, normativa, fiscale, economica e
promozionale. Promuove e favorisce all’estero e in Italia iniziative tese allo sviluppo dell’industria sul
piano tecnico-normativo e commerciale. http://www.unipro.org/home/it/
39
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime
tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 45.
11
Figura 2: Evoluzione mercato cosmetico italiano
Fonte: Unipro http://www.unipro.org
Figura 3: Evoluzione Industria Cosmetica
Fonte: Unipro http://www.unipro.org
La crescita di oltre quattro punti percentuali registrata tra il 2010 e il 2011,
difficilmente potrà essere eguagliata alla fine del 2012 anche se si prevede che la
12
nota anticiclicità del mercato cosmetico italiano può in parte compensare la
contrazione dei consumi.
Il rapporto annuale di Unipro riferito al contesto socio-economico del 201140, denota
un trend in crescita per il mercato cosmetico in Italia nonostante che sui fatturati
delle aziende pesino i rallentamenti dei mercati esteri oltre che l’aumento del petrolio
e delle materie prime.
Come si osserva dalla Fig. 3, i dati del 2011 del settore cosmetico indicano una
crescita dei fatturati del 4,4% registrando un fatturato pari a circa 9 miliardi di euro,
denotando quindi un “attraversamento dinamico” della crisi.41
Il comparto cosmetico ha quindi dimostrato di saper attraversare l’attuale crisi
mondiale in maniera attiva, grazie all’intreccio virtuoso che esiste tra a-ciclicità ed
anti-ciclicità del settore.42
Tuttavia l’anti-ciclicità del settore cosmetico italiano si è indebolita nell’ultimo
trimestre del 2012 pur confermandosi meno elastica alla crisi rispetto ad altri settori
contigui.43 Gian Andrea Positano, Responsabile del Centro Studi di Unipro rivela in
un recente comunicato stampa che “le proiezioni per il 2013 sono orientate a
un’ulteriore, anche se marginale, contrazione dei consumi, che dovrebbero ripartire
a cavallo della seconda metà dell’esercizio”.44
40
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012,
pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf
41
Dati Unipro. Comunicato stampa: “44ª Assemblea Unipro. Presentato il Rapporto Annuale 2011:
l’attraversamento della crisi porta i fatturati del settore alla soglia dei 9 miliardi di euro (+4,4%)”,
Milano, 19 giugno 2012. http://www.unipro.org
42
“Il settore cosmetico ha saputo mantenere un andamento positivo grazie a due motori paralleli e
complementari. Il primo motore è costituito dal comportamento a-ciclico del settore che si manifesta
nel consolidamento dell’occupazione e nell’aumento degli investimenti rispetto agli anni precedenti; il
secondo motore si identifica invece con un comportamento anti-ciclico e che riguarda il recente
mutamento delle strategie aziendali che sono passate da quelle di attesa/adattamento a quelle di
movimento”. Commento del sociologo dott. Nadio Delai, presidente di Ermeneia, società di
consulenza e ricerca sociale diretta di Roma, in occasione della presentazione del Beauty Report 2012.
http://www.allure.it/index.php?method=section&action=zoom&id=197
43
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre
2012, pag. 3.
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static
a.pdf
44
Dati Unipro. Comunicato stampa: “Unipro: rallentano i consumi, ma gli italiani non rinunciano al
cosmetico”, Milano, 20 dicembre 2012. http://www.unipro.org
13
Il Beauty Report 2012,45 che analizza annualmente i tratti caratteristici del settore
cosmetico italiano, ha evidenziato: un incremento della produzione del settore
cosmetico che mantiene così un andamento migliore rispetto a quello dell’insieme
dei beni di consumo non durevoli nel 2011 ( l’incremento registrato è stato del
+4,4% contro un -3,4% dei beni non durevoli); un incremento parallelo dell’export
della cosmetica rispetto all’insieme dell’export nazionale (al netto dell’energia); una
capacità di recuperare l’andamento del saldo commerciale attivo da parte
dell’industria cosmetica italiana che, dal -13,7% del 2009 sale al +28,2% nel 2010 e
al +22,3% nel 2011.46
2.4 La distribuzione geografica delle imprese del settore cosmetico in Italia
Dopo aver osservato, nel paragrafo precedente, l’andamento positivo registrato negli
ultimi anni dal settore cosmetico, è importante puntualizzare la distribuzione delle
imprese cosmetiche lungo il territorio nazionale al fine di poter ottenere un quadro
completo dell’importanza del settore in esame per l’economia e l’occupazione
italiana.
La Fig. 4, tratta dal “Rapporto Annuale 2011 Unipro”, fornisce in modo chiaro i dati
riguardanti questa distribuzione.
45
Il Beauty Report è la pubblicazione ideata da Unipro e redatta da Ermeneia, per comunicare agli
interlocutori istituzionali le tendenze, i risultati e le specificità del settore cosmetico nei suoi aspetti
economici e imprenditoriali. http://www.unipro.org
46
Dati Unipro: “Beauty Report 2012. Terzo Rapporto sul valore dell’industria cosmetica in Italia.
Sintesi dei risultati.”
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Beauty_Report_2012/Sintesi__Beauty_Report_2012.pdf
14
Figura 4: Distribuzione geografica delle imprese
Fonte: Unipro “Rapporto Annuale 2011 Unipro” http://www.unipro.org
Come si può facilmente evincere dalla precedente tabella, la distribuzione geografica
sul territorio nazionale risulta tutt’altro che omogenea e il Centro-Nord d’Italia
mostra maggiore concentrazione d’imprese del settore rispetto al resto d’Italia. In
testa la Lombardia con una densità di imprese cosmetiche prossima al 53%, seguono
l’Emilia Romagna con il 9,9%, il Piemonte 7,6%, e il Veneto 6,6%. Praticamente
assenti gli insediamenti in Basilicata, Calabria, Sardegna e Molise, mentre il Lazio,
con una quota del 6%, registra un lieve incremento di imprese cosmetiche rispetto
alle precedenti rilevazioni ISTAT.47
47
Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro”,
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/RAPPORTO_ANNUALE/Rapporto_annuale_
2011_-_WEB_-_DEF.pdf
15
2.5 L’evoluzione dei canali di distribuzione
La quotidianità del consumo di cosmetici salva, solo in parte, l’effetto della crisi
internazionale sulle propensioni d’acquisto dei consumatori.48
L’aspetto che, invece, preoccupa maggiormente i professionisti del settore, è la forte
disomogeneità nell’evoluzione dei diversi canali di distribuzione del settore
cosmetico causato, forse, dall’esasperazione dell’effetto “clessidra” dei consumi, già
evidenziato negli ultimi esercizi: i consumatori non rinunciano ai livelli premium
(l’alta gamma di prodotto che si trova in profumeria) e in parallelo (non in
contrapposizione), si orientano verso livelli di prodotto dall’altro rapporto
qualità/prezzo (prodotti della GDO).
Un’indagine congiunturale proposta dal Centro Studi di Unipro sull’andamento dei
diversi canali distributivi dal 2005 al 2011 fa emergere proprio una profonda
disomogeneità al loro interno (Figura 5).
Figura 5: Evoluzione del mercato - i canali
Fonte: Unipro http://www.unipro.org
48
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012,
pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf
16
Esistono due categorie di canali: quello tradizionale (profumerie, GDO, farmacie,
erboristerie) e quello professionale (istituti di bellezza, parrucchieri e saloni di
bellezza, i cosiddetti canali diretti e professionali).
Dal confronto tra i vari canali distributivi più rappresentativi (GDO, farmacia, canali
diretti e professionali e profumeria) tra il 2005 e il 2011 si osserva come la vendita
del prodotto cosmetico cresca notevolmente per quanto riguarda la GDO; invece si
può notare una flessione nelle vendite nei canali diretti e professionali e nella
profumeria.49
In un momento di crisi congiunturale, la GDO si conferma come il più importante
canale di vendita del cosmetico in quanto riesce a soddisfare ampie fasce di
consumatori, che le riconoscono la capacità di offrire prodotti ad alto rapporto
qualità/prezzo.50
Secondo Unipro, è da monitorare il fenomeno della distribuzione monomarca che nel
futuro andrà probabilmente scorporata dalle valutazioni sul mass market.51
La profumeria riporta la più importante contrazione tra i canali tradizionali degli
ultimi anni; tuttavia, rimane comunque un luogo privilegiato per vendita di
cosmetici, soprattutto per il makeup e la profumeria alcolica. La qualità di
counselling e sperimentazione che offre è percepita di alto livello e il consumatore lo
riconosce; inoltre va osservato che le situazioni distributive sono disomogenee: se da
una parte si rileva la staticità di molte profumerie tradizionali, dall’altra si
riscontrano dinamiche di successo da parte delle catene organizzate come Sephora,
Douglas e Limoni.52
Negativo anche l’andamento del canale dell’acconciatura professionale, che fa
segnare una proiezione del -3,8% nel secondo semestre del 2012.
49
Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012,
pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf .
51
Unipro. Comunicato stampa: “Unipro: rallentano i consumi, ma gli italiani non rinunciano al
cosmetico”, Milano, 20 dicembre 2012.
52
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012,
pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf .
50
17
In antitesi ai canali in sofferenza, l’erboristeria53, anche grazie al fenomeno dei
negozi monomarca e del crescente orientamento green e salutista dei consumatori,
erode sempre maggiori quote di mercato agli altri canali distributivi.
In rallentamento il ritmo di crescita della farmacia, che dopo anni di trend superiori
alla media del comparto, mostra i primi segnali di difficoltà.54
Tali dati vanno analizzati guardando, in senso più ampio, all’evoluzione del
commercio al dettaglio che mostra un calo del numero dei punti vendita e l'aumento
del peso delle organizzazioni distributive più grandi come la GDO. Tale tendenza è
dovuta soprattutto alla maggiore forza competitiva di cui si avvalgono le forme
distributive moderne (supermercati, ipermercati, ecc.). Esse infatti sono in grado di
offrire al cliente finale prezzi più contenuti, risparmio di tempo nel processo di
acquisto, assortimenti più vasti, migliori garanzie sulla qualità dei prodotti venduti.
Questi vantaggi sono in gran parte resi possibili dalla maggiore dimensione delle
organizzazioni distributive che possono ottenere sconti maggiori dai fornitori e
disporre di maggiori risorse per organizzare una ottimale offerta ai consumatori.
Il commercio tradizionale può difendersi da questa competizione ricorrendo a forme
di ri-specializzazione dei punti vendita e allo sviluppo del servizio personalizzato; si
pensi proprio al caso dell’erboristeria citato in precedenza.55
53
All’erboristeria in quanto canale distributivo in crescita è dedicato il paragrafo “il canale
distributivo privilegiato per il cosmetico ecobio: L’ERBORISTERIA” nel terzo capitolo.
54
Dati Unipro, comunicato stampa: “Occhi puntati sul rallentamento dei consumi. Mercati
internazionali, erboristeria e mass market specializzato rafforzano la tenuta dei fatturati delle
imprese”, Milano, 12 luglio 2012, http://www.unipro.org
55
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime
tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 60-61.
18
2.6 Verso nuovi modelli di consumo?
I fenomeni di condizionamento che il comparto cosmetico registra in questi ultimi
esercizi di congiuntura economica negativa sono sempre più evidenti, anche se ormai
il consumo cosmetico è entrato da tempo nel paniere quotidiano degli italiani che, in
questo periodo di crisi, modificano le abitudini d’acquisto e le variabili
prezzo/canale, ma non rinunciano ai prodotti legati alla cura e all’igiene personale.56
Nel corso degli anni sono naturalmente mutati i valori, gli ideali e le abitudini dei
consumatori sebbene si sia sempre avvertita l’esigenza di migliorarsi, valorizzarsi,
che, sempre di più, è percepita come una necessità, in uno stile di vita che assegna
alla cura della propria immagine un peso rilevante, sia come auto-gratificazione sia
come fattore di facilitazione nei rapporti interpersonali, professionali e sociali.
Oggigiorno, in un clima di generalizzata flessione dei consumi, alla quale fa da
contraltare una propensione d’acquisto sempre più attenta e differenziata, la domanda
di cosmetici ha subito una contrazione inferiore rispetto alla media nazionale dei beni
di consumo, confermando che la cosmetica si trova ai primi posti nelle scelte di
consumo quotidiano.57 Appare quindi utile provare a comprendere tale fenomeno.
Secondo un’indagine Eurisko del 2009 in un momento di crisi di identità e di valori,
ci si rifugia nel consumo di beni più vicini all’indole e all’intimo dell’individuo, che
lo fanno sentire bene dopo l’acquisto (fenomeno chiamato “nesting”: costruzione di
un nido all’interno del quale fa rientrare tutti i consumi della sfera intima quali
l’alimentare e il benessere).58
In aggiunta, è utile analizzare le spese per i prodotti cosmetici da parte dei
consumatori italiani, al fine di mettere in evidenza la componente aciclica del
comportamento d’acquisto. Su un campione nazionale di 2150 individui adulti
intervistati per la redazione del Beauty Report 2012, è emersa la relativa tenuta della
spesa per tali prodotti rispetto alla stessa indagine svolta nella primavera del 2010. I
56
Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre
2012, pag. 3.
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static
a.pdf
57
Ibid.
58
BERTOLINI A., “Il mercato non penalizza il cosmetico, parola di Unipro” Intervista Fabio
Franchina (allora presidente Unipro), MARKUP, il Sole 24Ore, Maggio 2009, pag 8.
http://www.mark-up.it/01NET/Card_Library/MARKUP_Beauty_09_008_Unipro.pdf
19
consumatori intervistati hanno ribadito la “centralità” della spesa per i prodotti
cosmetici (per la cura dei capelli, per la cura e l’igiene del corpo, per il trucco, per
profumi e deodoranti), ritenendola “irrinunciabile” e collocandola al terzo posto,
immediatamente a ridosso delle spese per l’alimentazione (1° posto) e alle spese per
la salute (2° posto).
L’indagine sui consumatori mostra come il 17% degli intervistati dichiara di aver
speso di più nel 2011 rispetto all’anno precedente, ma tale percentuale sale al 41,6%
se vi si aggiunge la componente di consumatori che dichiarano comportamenti di
spesa analoghi al 2010 ma comunque consistenti, venendo così a configurare una
sorta di “zoccolo a-ciclico” che interessa ben 4 persone su 10, (fermo restando che la
parte maggioritaria, pari al 58,4% si posiziona sul fronte opposto, quello cioè di una
minore spesa rispetto all’anno precedente). Anche per quanto riguarda la previsione
di spesa per il 2012, tale proporzione si ripete (39,4%) qualora si considerino le
previsioni positive e/o di tenuta di spesa nel 2012 rispetto al 2011.59
Una duplice conferma dell’importanza dei prodotti cosmetici per i consumatori
viene, da una parte, dal 39,7% degli intervistati che affermano esplicitamente come
la crisi non abbia cambiato sostanzialmente le loro abitudini di spesa, “perché alla
propria cura e al proprio benessere non si può rinunciare”, dall’altra, si è rilevato che
il 36,3% degli intervistati ammette che la crisi ha portato ad una diminuzione nella
quantità di prodotti acquistati per preferire un numero inferiori di prodotti ma di
elevata qualità in quanto, ritenuti essenziali. Ed infine, circa il 20% degli intervistati
ha affermato che, malgrado la crisi in corso, abbia consumato forse più di prima,
secondo l’opinione che “bisogna tenersi su di morale concedendosi qualche piccola
gratificazione specie nei momenti che sono o che possono sembrare più seri e con
più problemi”.60
Ciò che sicuramente è emerso dall’analisi proposta da Unipro è il cambiamento delle
abitudini del consumatore tipo che si è stancato di essere il bersaglio passivo della
pubblicità e dell’offerta proposta dalle aziende. Il consumatore, infatti, risulta sempre
più autonomo, data la molteplicità di fonti di informazione che ha a sua disposizione
59
Dati Unipro: “Beauty Report 2012. Terzo Rapporto sul valore dell’industria cosmetica in Italia.
Sintesi dei risultati.”
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Beauty_Report_2012/Sintesi__Beauty_Report_2012.pdf
60
Ibid.
20
e si presenta sotto una nuova veste, il “consum-attore”61: un acquirente più
informato, più liberamente selettivo, arbitro delle proprie scelte, che non si
accontenta più di scegliere un prodotto a caso ma sa dove guardare, a chi rivolgersi
ed è interessato a scoprire sempre nuovi prodotti che si possano perfettamente
adattare alle sue esigenze.
Gli acquirenti di cosmetici stanno progressivamente esprimendo esigenze sempre più
sofisticate, che li portano ad essere più accurati nella scelta del prodotto. La quantità
di prodotti offerti è ampia e diversificata ma il consumatore odierno non è spaventato
da questo sovraffollamento di proposte cosmetiche, anzi è felice di avere, finalmente,
la possibilità di effettuare una scelta consapevole.
Di conseguenza il consumatore è meno fedele e abitudinario rispetto al passato:
cambia frequentemente prodotto ed è sempre più difficile che si fidelizzi ad una
marca o ad un punto vendita; d’altro canto però, il consumatore di prodotti cosmetici,
opera delle scelte sempre più chiare: individua un paniere di prodotti per i quali è
disposto ad accettare una versione meno costosa a tutto vantaggio di beni di livello
maggiore che interessano di più.62
A queste nuove opportunità si stanno adattando le strategie delle imprese, sempre più
orientate al servizio, all’innovazione e alla ricerca con l’unico obiettivo di competere
con la qualità dell’offerta.63
Tra i nuovi “stili di consumo”, senz’altro quello più interessante riguarda
l’atteggiamento “salutista” di coloro che hanno a cuore i problemi sociali e
ambientali legati alla produzione e/o al consumo di beni e servizi. In questo “stile di
consumo”, proteso verso i prodotti naturali, meglio ancora se ecobio64, si possono
ritrovare alcuni connotati tipici del cosiddetto consumatore verde.
Risulta difficile identificare un profilo preciso del consumatore verde/responsabile.
In linea generale si può affermare che si tratta di un consumatore il cui
61
Secondo Giampaolo Fabris si sta delineando sempre più chiaramente una nuova figura di
consumatore più autonomo, più esigente e più competente sull’oggetto del consumo: il consum-attore.
Secondo tale definizione, il consumatore è diventato più selettivo, meno legato ai prodotti di
riferimento, meno fidelizzato, più disincantato e più scettico. FABRIS G., “Societing. Il marketing
nella società postmoderna”, EGEA, Milano, 2009.
62
Commento del sociologo dott. Nadio Delai, presidente di Ermeneia, in occasione della
presentazione del Beauty Report 2012.
http://www.allure.it/index.php?method=section&action=zoom&id=197
63
Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/
64
Il termine “ecobio” sarà debitamente spiegato e analizzato nel capitolo seguente: “la cosmesi ecobio”
21
comportamento di acquisto, di consumo e di riciclaggio, è guidato da una coscienza
ambientale, determinata dal proprio livello di conoscenza e dalle proprie attitudini
verso questa tematica. La peculiarità del consumatore “verde” risiede nel suo grado
di “coscienza ecologica”.65
Non esiste perciò un prototipo di consumatore verde ma ci sono numerose tipologie
di consumatori che, in certe circostanze, si dimostrano più propensi all’acquisto di
prodotti ecobio.66
65
CANALI C., PUGLISI M.A., SOLIANI L. “L'economia, l'ambiente e l'etica: il consumatore verde”,
EUT Edizioni Università di Trieste, 2004, pag.87
66
IRALDO F., MELIS M, “Green marketing. Come evitare il greenwashing comunicando al mercato
il valore della sostenibilità”, Gruppo 24 Ore Spa, Milano, 2012
22
CAP. 3 IL NUOVO TREND: LA COSMESI ECOBIO
3.1 Verso una definizione precisa: prodotto naturale, biologico o eco-compatibile?
Come osservato in precedenza, gli ultimi dati forniti da Unipro dimostrano
chiaramente che i consumatori si stanno sempre più avvicinando a prodotti cosmetici
green, a rimedi alternativi per curare alcuni disturbi cutanei e cominciano a preferire
l’erboristeria rispetto alla tradizionale profumeria per l’acquisto dei prodotti per il
viso e la cura del corpo.
Oggi il mondo del biologico non si limita più ai soli ai prodotti agroalimentari ma è
diventato un vero e proprio stile di vita e di consumo che si estende a molteplici
settori, dall’abbigliamento alla cosmesi fino all’edilizia, uniti nell’attenzione alla
salute umana, alla sostenibilità ambientale e al rispetto delle risorse naturali.67
Questa tendenza, riscontrata in una fetta sempre maggiore di consumatori, deriva
dalla consapevolezza che i prodotti cosmetici usati hanno sia una grande importanza
salutistica sia un elevato impatto sull’ambiente; ed è così che, questa filosofia di
consumo, si sta estendendo anche nella cura del proprio corpo.
All’immagine di “prodotto naturale” si associano delle caratteristiche ben precise:
l’utente lo considera più sicuro rispetto a un prodotto tradizionale in quanto esente da
sostanze chimiche dannose, senza controindicazioni e più rispettoso dell’ambiente.68
Nonostante la volontà di molti consumatori a prediligere l’acquisto etico e
responsabile, non è sempre facile scegliere un prodotto veramente biologico ed ecocompatibile considerato anche che si è “bombardati” da claim pubblicitari di prodotti
che di green hanno solo il packaging.69
È fondamentale quindi, conoscere chiaramente la differenza tra i significati dei
termini “naturale”, “biologico” ed “eco-compatibile” che quotidianamente sono
proposti dai media, dalla pubblicità e dalle etichette dei prodotti.
67
http://www.aideco.org
Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012.
69
Informazioni tratte da “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita
sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/
68
23
Il termine “naturale” di solito si applica a prodotti proposti come alternative a quelle
“tradizionali”. Purtroppo ad oggi non esiste ancora una regolamentazione
comunitaria per l’impiego del termine “naturale” come caratteristica dei prodotti di
largo consumo. È possibile tuttavia considerare naturali, quei prodotti che presentano
nella loro composizione, principi attivi naturali (derivati da piante e/o animali) che
non abbiano subito alterazioni chimiche o di sintesi. Bisogna precisare poi, che non
sempre gli ingredienti naturali descritti nelle confezioni sono presenti in quantità
apprezzabile ma, piuttosto, funzionano da richiamo per quei consumatori che si
stanno avvicinando ad un consumo più consapevole o che semplicemente sono
attratti dal nuovo trend del prodotto green.70
Il termine “biologico” invece, si riferisce a prodotti agroalimentari derivanti da
coltivazioni e allevamenti che non prevedono l’utilizzo di sostanze chimiche di
sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi) e di organismi
geneticamente modificati (OGM).71 Tutti i prodotti biologici sono rigorosamente
controllati e certificati dagli organismi autorizzati dal Ministero delle Politiche
Agricole e si è sempre in grado di identificarli attraverso il marchio europeo e i
codici specifici riportati nelle etichette.
Infine con il termine “eco-compatibile” si descrive un prodotto che è stato progettato
in modo da presentare un basso impatto ambientale. Il termine si riferisce a tutta la
filiera: dalle materie prime ai processi di lavorazione e distribuzione, dallo
smaltimento degli scarti alla scelta degli imballaggi, biodegradabili e riciclabili, il
tutto nel rispetto di criteri ecologici.72
70
Informazioni tratte da “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita
sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/
71
Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 38 giugno 2007 relativo alla produzione biologica
e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il Regolamento (CEE) n. 2092/91.
72
Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012.
24
3.2 I cosmetici naturali: fitocosmesi ed ecobio
Il settore cosmetico negli ultimi anni sta vivendo un vero e proprio “boom ecobio”:
sempre più aziende cosmetiche puntano sull’utilizzo di ingredienti naturali e su
iniziative che abbiamo un basso impatto ambientale. È prassi di molte aziende di tale
settore, far emergere nella propria mission l’impronta green di cui è portatrice la loro
impresa e creare dei veri e propri “manifesti” dai quali emerga il proprio impegno a
ridurre l’impatto ambientale delle proprie produzioni, la qualità delle materie prime
utilizzate, l’accuratezza nelle tecniche di lavorazione ed una particolare attenzione a
specifici stakeholders, primo fra tutti il consumatore. In particolare, la filosofia
sottostante tale concetto è quella della razionalizzazione nell’utilizzo di risorse
naturali pur garantendo la soddisfazione del consumatore.
Concretamente, le aziende cosmetiche, rispondono all’attenzione manifestata dai
consumatori alla composizione dei prodotti usati per la cura di viso, corpo e capelli,
focalizzandosi sulla fitocosmesi e sulla cosmesi ecobio. Non si tratta di due tipologie
completamente diverse di prodotti ma piuttosto di due aspetti che spesso vengono
integrati nella più ampia classificazione dei cosmetici naturali.
Il termine fitocosmesi deriva dal greco fitos (pianta) e kosmesis (adornare) ed è la
disciplina scientifica che si occupa dell'impiego dei derivati vegetali nei cosmetici.73
Il termine è stato coniato negli anni '50 dal dottor Paolo Rovesti74 e indica un
73
BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano,
2009, pag 94.
74
Paolo Rovesti (1902-1983): viene universalmente riconosciuto come il padre della Fitocosmetica.
Tuttora, a diversi anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1983, la figura e gli studi del prof. Paolo
Rovesti nel mondo accademico e industriale rimangono un importante punto di riferimento umano e
scientifico. Paolo Rovesti si è laureato in Chimica e Farmacia all’Università di Genova nel 1925.
Dalla direzione tecnica di diverse industrie chimiche, farmaceutiche ed essenziere, è passato in seguito
a quella della Società Imprese Africane e della Compagnia per la Valorizzazione della Flora Etiopica
e, infine, a industrie alimentari estrattive. Fondatore dell’Istituto di Ricerche sui Derivati Vegetali, è
autore di oltre 500 pubblicazioni di carattere sperimentale sulla fitochimica, gli oli essenziali, le piante
medicinali e la cosmesi funzionale. Presidente d’Onore del Comitato Internazionale di Estetica e
Cosmetologia della Società Italiana dei Chimici Cosmetologi (di cui è stato fondatore) e dell’Unione
Tecnica Italiana Farmacisti. Membro dell’Accademia Italiana di Storia dell’Arte Sanitaria di Roma,
dell’Accademia di Dermatologia di Parigi e di numerose altre associazioni scientifiche italiane e
straniere. È stato inoltre presidente del Centro Nazionale di Erboristeria e del Comitato Tecnico del
Gruppo Industrie Cosmetiche facente capo all’Associazione nazionale per l’Industria Chimica e
Presidente dell’Ordine dei Chimici della Lombardia. http://www.istitutorovesti.it/it/paolo.php
25
impiego preminente e preferenziale dei derivati vegetali nelle preparazioni destinate
all'igiene e all'estetica della pelle.75
L'utilizzo delle piante in ambito cosmetico è una pratica antichissima, che ha portato
negli anni alla nascita della fitocosmesi. Dalle piante si possono ricavare diverse
sostanze d'impiego cosmetico: estratti, proteine, oli essenziali, idrocolloidi76,
coloranti e altri ancora.
In fitocosmesi, i derivati vegetali vengono utilizzati come sostanze funzionali o come
eccipienti (in particolare come tensoattivi, emulsionanti, additivi reologici o
umettanti), ma anche come antiossidanti, conservanti e coloranti, senza trascurare
l’elevato numero di oli essenziali impiegati. Esistono inoltre numerosi coloranti
vegetali che possono sostituire quelli di sintesi, con prevalenza del verde della
clorofilla, il giallo dei flavonoidi e dei carotenoidi, oltre al rosso, l'azzurro e al
viola.77
La cosmesi ecobio è un modo di concepire la cosmesi, il più possibile ecologico
e biologico, che non prevede l'utilizzo di sostanze derivate dal petrolio o da prodotti
chimici di utilizzo industriale (parabeni,78 PEG,79 siliconi,80), mentre punta sulle
materie prime naturali per la formulazione dei cosmetici. La cosmesi è
eco (ecologica) in quanto l'esclusione di derivati del petrolio e di sostanze chimiche
75
http://www.istitutorovesti.it/
Gli idrocollanti sono polimeri in grado di distribuirsi nel mezzo disperdente formando strutture
colloidali più o meno gelificate. Queste sostanze possono essere ricavate da diverse parti degli
organismi, in particolare da: foglie, fiori, radici (cellulosa, emicellulosa, pectine, mucillaggini), semi
(gomma guar, gomma carruba), essudati vegetali (gomma arabica, gomma adragante, gomma ghatti,
gomma karaya). BOVERO A., “Dermocosmetologia”, Tecniche Nuove, Milano, 2011, pag 79.
77
BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano,
2009, pag 94.
78
I parabeni sono un gruppo di elementi chimici usati in molti cosmetici e farmaci come conservanti.
Questi composti e i loro sali vengono impiegati principalmente per le loro proprietà battericide e
funghicide. I sei principali parabeni che si possono trovare nelle formulazioni in commercio sono
methylparaben, ethylparaben, propylparaben, isobutylparaben, butylparaben, e benzylparaben.
http://www.naturmedica.com
79
La sigla PEG sta per Poli-Etilene-Glicole. I Peg e i suoi derivati sono sostanze usate come
tensioattivi e come emulsionanti, cioè per mescolare le parti oleose con quelle acquose. Nell’elenco
degli ingredienti INCI sono riconoscibili dalle lettere “PEG” o “eth” seguiti da un numero, come per
esempio Ceteareth-33. http://www.naturmedica.com
80
I siliconi sono sostanze non biodegradabili sia in condizioni aerobiche che anaerobiche quindi
rimangono nell’ambiente. I siliconi contenuti nei prodotti cosmetici servono a conferire la sensazione
di “pelle liscia” creando l’illusione di una cute idratata profondamente, in realtà viene solo creata una
pellicola invisibile sull’epidermide. Concetto tratto dall’ Intervista di Riccarda Serri, Direttore
Responsabile di DermoCosmoNews, al dott. Fabrizio Zago, chimico industriale, ideatore del
BioDizionario, esperto di formulazione cosmetica con ingredienti amici dell'ambiente, consulente
Ecolabel, consulente per molte catene di distribuzione e fabbricanti sensibili all’ecologia.
http://www.saicosatispalmi.org
76
26
va a beneficio dell'ambiente, ed è bio (biologica), in quanto le sostanze, oltre che
essere naturali, provengono da colture biologiche81 che escludono l’utilizzo di
pesticidi e di sostanze tossiche.82
La definizione di “biologico” può essere mantenuta solo se le formulazioni rispettano
i principi fondamentali del biologico: assenza di OGM, assenza di concimi chimici o
pesticidi nella crescita della pianta o delle sue parti, controllo delle acque utilizzate
per la produzione, controllo delle fasi di produzione per evitare formazione o
introduzione di sostanze non biocompatibili.83 È chiaro quindi che dimostrare la
naturalità dei soli ingredienti, non è sufficiente ma, anche il metodo di lavorazione
delle sostanze è un fattore chiave per poter definire un prodotto come “biologico”.
Nei vari disciplinari biologici infatti, si da molta importanza ai processi a cui la
sostanza viene sottoposta ed in generale vengono ammessi solo processi di tipo fisico
(distillazione, filtrazione ecc.) e non processi che alterino radicalmente la struttura
stessa della sostanza.
La produzione di cosmetici ecobio, escludendo ingredienti come petrolati, siliconi e
addensanti sintetici pone diverse difficoltà al cosmetologo che, avendo a disposizione
un ventaglio ristretto di materie prime, fatica a garantire standard di gradevolezza
paragonabili a quelli della cosmesi tradizionali; questo accade perché, l’ingrediente
che le composizioni tradizionali inseriscono come funzionale in percentuali da
principio attivo (e quindi bassissime), nei prodotti ecobio è invece il corpo del
cosmetico stesso, il costituente principale.84 Questa sostanziale differenza tra
cosmetici tradizionali e cosmetici ecobio può comportare il rischio di sviluppare
prodotti certamente ecologici, ma penalizzati sotto il profilo della skin-feeling e poco
attraenti dal punto di vista sensoriale; ad esempio, le creme ecobio si stendono con
più difficoltà e i risultati saranno apprezzabili sono con un’applicazione costante.85
81
Con il termine “colture biologiche” si intende che la materia prima considerata deve essere
certificata ai sensi del EU Reg. 834/2007 e successive modifiche e/o integrazioni.
82
Informazioni tratte da “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita
sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/
83
Dr. Guido Rovesti, Istituto Paolo Rovesti – Milano, “Cosmetici biologici e bioderivati: materie
prime e opportunità formulative”, http://www.istitutorovesti.it/archivio/cosmetici.php
84
RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta” magazine
semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 4.
85
BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano,
2009, pag 98.
27
Un prodotto per essere classificato come ecobio oltre ad utilizzare materie prime
provenienti da agricoltura biologica o da raccolta spontanea, deve garantire l’assenza
di materiali discutibili dal punto di vista ecologico, sia nel prodotto stesso che
nell'imballaggio oltre alla riduzione dell'impatto ambientale dovuto agli imballaggi
superflui (confezioni singole) o non riciclabili (si promuovono imballaggi da materie
prime rinnovabili, materiali riciclabili o collegati ad un sistema di restituzione dei
vuoti).86
Particolarmente importante da osservare, nel caso della cosmesi naturale, è la data di
scadenza del prodotto: il problema dei cosmetici ecobio, infatti, è legato alla loro
conservazione, in quanto gli elementi naturali, se da un lato sono biodegradabili e
non tossici, dall'altro sono altamente deperibili e si alterano facilmente (col
trascorrere del tempo, se esposti a fonti di calore e di luce diretta.).87
Infine è utile osservare che nel campo dei cosmetici ecobio esiste un’ampia
produzione di prodotti naturali per la skincare di viso e corpo, mentre è ancora
piuttosto limitata la produzione dei cosiddetti cosmetici “decorativi” (cioè il
makeup), come rossetti, ombretti, fard e così via: solo alcuni dei più noti eco-brand,
infatti, hanno avviato anche delle linee dei trucco naturale.88
3.2.1 Il makeup minerale
In campo cosmetico, e soprattutto per quanto riguarda il makeup, si nota un
susseguirsi incessante di trend più o meno di successo. Negli ultimi tempi sta
prendendo sempre più piede una rivoluzione nel mondo del makeup: il trucco
minerale, che diviene il punto di riferimento della cosmesi ecobio decorativa negli
ultimi anni.
Il trucco minerale è composto unicamente da polveri minerali ottenute dalla
polverizzazione e micronizzazione di pietre e/o terre minerali. Con l'ausilio di
particolari processi tecnologici queste polveri vengono ridotte a microscopici cristalli
piatti che aderiscono naturalmente all’olio naturale della pelle senza penetrare nei
86
http://www.icea.info/it/
Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita
sostenibile e divertente” http://www.yeslife.it
88
IMWINKELRIED R., PENNATI N., “Ecoshopping. Idee, indirizzi, siti per fare acquisti senza
trascurare ambiente, salute e... portafoglio”, Sperling & Kupfer, Milano, 2008
87
28
pori. Da prodotto di nicchia e sconosciuto al consumatore medio, sta guadagnando
terreno nelle scelte d’acquisto dei consumatori che lo preferiscono al makeup
tradizionale, riconoscendo che il suo utilizzo porta dei benefici alla pelle dal punto di
vista fisiologico oltre che dal punto di vista estetico.
Il trucco minerale non è certo una novità assoluta; si tratta infatti di un prodotto
cosmetico già conosciuto ed usato fin dagli anni ‘70 negli USA e nei paesi del Nord
Europa ma solo negli ultimi anni sta prendendo piede in Italia. Di conseguenza anche
le grandi case cosmetiche hanno deciso di seguire la moda dei cosmetici minerali
lanciando sul mercato linee di prodotti “mineral” che di minerale hanno molto poco.
Purtroppo non basta aggiungere un pizzico di ossido di zinco ad un impasto
siliconico per ottenere un vero prodotto minerale.89
Per riconoscere un buon prodotto da un altro bisogna guardare attentamente la lista
di ingredienti (INCI)90 che lo compongono, assicurandosi così che contenga
solamente polveri minerali.91
Gli ingredienti su cui si basa il trucco minerale per essere definito tale sono appunto
solo minerali inorganici ridotti in polvere libera tra cui: Titanium Dioxide, Mica,
Zinc Oxide, Iron Oxides, Ultramarines, Kaolin Clay, Manganese Violet, Silica,
Ferric Ferrocyanide, Chromium Oxides.92
Per ottenere le diverse sfumature di colore non si utilizzano coloranti di sintesi bensì
ossidi di ferro puro, che hanno oltretutto la capacità di assorbire calore e, quindi, di
creare uno schermo protettivo sia dai raggi UVA che da quelli UVB, funzionando da
vero e proprio schermo solare: in particolare il biossido di titanio garantisce un
SPF15 al prodotto.93
I vantaggi del trucco minerale rispetto ai tradizionali cosmetici sono davvero
numerosi. Innanzitutto si tratta di prodotti privi di conservanti e di prodotti chimici di
89
http://www.nevecosmetics.it/it/blog/17-cos-e-il-trucco-minerale
L'INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) è l'elenco degli ingredienti cosmetici
da apporre nell’etichetta del prodotto. Dal 1° gennaio 1997 è obbligatorio per ogni cosmetico immesso
sul mercato in base alla direttiva 96/335/CE che stabilisce anche la nomenclatura INCI da utilizzare.
http://biodetersivi.altervista.org/allegati/vademecum_nas.pdf
91
Se tra gli ingredienti del prodotto “cosiddetto minerale” è presente anche uno solo dei seguenti:
dimethicone, carnauba wax, cetyl dimethicone, trimethylsiloxylicate, triisocetyl citrate, magnesium
stearate, zea mays, allantoin, panthenol, methylparaben, paraffinum liquidum, propylparaben, non si
tratta di un vero cosmetico minerale.
92
RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta” magazine
semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 16.
93
http://www.mineralepuro.it
90
29
sintesi come siliconi e paraffine che non lasciano respirare la pelle e favoriscono la
formazione di imperfezioni cutanee. Nonostante siano privi di conservanti, la
maggior parte dei puri pigmenti minerali ha una lunghissima durata: il makeup
minerale infatti è inerte, non viene assalito dai batteri perché non contiene materiale
organico e può, di conseguenza, potenzialmente durare anche anni.94
I prodotti minerali sono estremamente versatili: possono essere utilizzati in polvere,
oppure mescolati ad acqua e creme idratanti per renderli fluidi; i pigmenti colorati
possono essere usati come ombretti, mescolandoli fra loro, creando nuove sfumature
o dando loro l’effetto bagnato con un poco d’acqua; è possibile inoltre aggiungerli al
rossetto per illuminare le labbra o al mascara per colorare le ciglia, ma anche al blush
o alla terra.95
3.3 Come riconoscere un cosmetico ecobio?
Un consumatore che voglia addentrarsi nel mondo del consumo consapevole
potrebbe facilmente cadere in errore se non osserva alcune piccole accortezze al
momento dell’acquisto.
Si è portati a pensare che tutti i prodotti venduti in erboristeria e farmacia non
contengano sostanze che possano creare danni alla pelle; purtroppo non è sempre
così, anche se affidarsi ad un professionista preparato è certamente un primo passo
verso il consumo critico.96
Uno dei fattori determinanti per poter scegliere in modo consapevole è quello di
avere a propria disposizione corretti strumenti informativi. Innanzitutto il
consumatore deve leggere con attenzione le etichette riportate sui prodotti dove sono
riportati gli ingredienti di cui è composto (INCI). Un altro strumento che può aiutare
il consumatore è quello di scegliere sempre cosmetici il cui valore ecologico è
garantito dal marchio di almeno un ente certificatore (italiano o straniero): alcune
aziende, per risparmiare sui costi della certificazione e forti del loro brand, si fanno
94
http://www.nevecosmetics.it/it/blog/17-cos-e-il-trucco-minerale
http://www.ilmiomakeup.it/trucco-minerale-benefici-pelle/
96
RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta” magazine
semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 6.
95
30
garanti esse stesse dei loro prodotti, ma la certificazione ecobio resta fino ad ora
l’unica reale garanzia del prodotto.97
3.3.1 INCI: uno strumento per il consumo consapevole
La legge italiana sui cosmetici 713/ 86 e successive modifiche e integrazioni indica
le diciture che devono obbligatoriamente essere riportate sull'etichetta del prodotto
cosmetico, ossia: nome o ragione sociale e sede legale del produttore, contenuto
nominale, data di durata minima, precauzioni particolari d'uso, numero di lotto di
fabbricazione, funzione del prodotto, lista degli ingredienti e Paese d'origine.98 Il
Paese d'origine deve essere indicato nel caso in cui il cosmetico sia prodotto in uno
Stato non appartenente all'Unione Europea.
La Direttiva 2003/15/CE del 27 febbraio 2003, recepita con D.Lgs n.50 del 15
febbraio 2005 prevede che venga riportato il PAO99 (Period After Opening) cioè
un'indicazione relativa al periodo di tempo in cui il prodotto, una volta aperto, può
essere utilizzato senza effetti nocivi per il consumatore.100
Il PAO si raffigura utilizzando il pittogramma riportato in Figura 6 (all. VI bis della
Legge 713/1986) che rappresenta un barattolo di crema aperto.
L’indicazione “12 M”, posta all’interno o al fianco del vasetto, indica che il
cosmetico mantiene le sue caratteristiche di salubrità entro 12 mesi dalla data di
apertura. Il simbolo non ha dimensioni determinate per legge, ma deve mantenere le
proporzioni tra le sue diverse parti.
97
Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita
sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/
98
http://www.abc-cosmetici.it/index.php/conoscere-i-cosmetici/cosa-dice-la-legge/cosa-dice-la-legge/
99
Un cosmetico andrà considerato “aperto” quando il consumatore lo usa per la prima volta.
Rispetto al ciclo di vita di un prodotto, il PAO si riferisce esclusivamente alla parte relativa alla
sua fase di utilizzo da parte del consumatore. I parametri di stabilità su cui si fonda la determinazione
del sono quindi relativi alla sicurezza del consumatore e non alla “performance” tecnica del prodotto.
GORNI R., UNIPRO, Area Tecnico Normativa, “Periodo post-apertura: etichettatura e linee guida”,
http://www.unipro.org
100
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le
prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 152.
31
Figura 6: pittogramma raffigurante il PAO
Fonte: Abc cosmetici http://www.abc-cosmetici.it
Come anticipato, l'elenco degli ingredienti presente in un prodotto cosmetico prende
il nome di INCI: International Nomenclature of Cosmetic Ingredients; tale elenco
deve essere preceduto dalla parola “ingredienti” o “ingredients”. Si tratta di una
nomenclatura standard divenuta obbligatoria per legge dal 1997.101
Purtroppo non è previsto alcun obbligo di specificare la percentuale degli ingredienti
utilizzati, tuttavia gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di peso al
momento dell’incorporazione: per primi quelli in dose maggiore (di solito troviamo
l'acqua) e progressivamente poi quelli in dosi minori (1%, 0,1% ecc.). Le sostanze
che sono presenti in percentuale inferiore all’1%, invece, possono essere indicate in
ordine sparso.102
Gli ingredienti di derivazione vegetale e che non hanno subito processi chimici sono
espressi tramiti il loro nome botanico latino, seguito dalla parte di essi utilizzata in
lingua inglese (ad esempio “prunus dulcis oil” sta per “olio di mandorle dolci”, “Olea
Europaea Oil” sta per “olio d’oliva”).
Le sostanze che, invece, hanno subito un intervento chimico hanno un nome inglese
(ad esempio “Sodium Laureth Sulfate” sta per sodio lauriletossisolfato” e
“Hyaluronic Acid” sta per “acido ialuronico”).
Nel caso in cui nell'elenco ingredienti siano presenti dei coloranti, si utilizzano le
numerazioni secondo un registro di riferimento per le sostanze coloranti conosciuto
101
102
http://biodetersivi.altervista.org/allegati/vademecum_nas.pdf
http://www.abc-cosmetici.it
32
come il Colour Index International, facilmente riconoscibili da una serie di cinque
cifre precedute dalla sigla CI (es. CI 45430).103
Come regola generale è possibile affermare che più l’elenco degli ingredienti è breve
e in latino, più è indice di un prodotto naturale.
Il consumatore che vuole essere sicuro di ciò che usa sulla propria pelle o non è
convinto che un prodotto sia davvero naturale e innocuo può consultare il
BioDizionario104 creato dal chimico industriale Fabrizio Zago105 che ha analizzato
circa 5000 sostanze e le ha catalogate in base ai rischi che possono comportare per la
salute; ogni ingrediente è indicato con pallini verdi (sostanza sicura), gialli (sostanza
che potrebbe creare problemi cutanei) e pallini rossi (sostanza dannosa).106
Infine per i consumatori “mobile-addicted”, Icea ha lanciato l’applicazione per
smartphone “Icea Cosmetic Check”, il programma che permette a chiunque di
valutare il grado di “naturalità” cosmetico.107
103
http://www.saicosatispalmi.org
Il Biodizionario funziona esattamente come un tradizionale dizionario e riporta in ordine alfabetico
l’elenco delle sostanze contenute nei diversi prodotti cosmetici, contrassegnate da pallini colorati. Due
pallini verdi stanno a significare che la sostanza è naturale; un solo pallino verde significa che la
sostanza è accettabile; un pallino giallo indica che potrebbero sorgere dei problemi (ad esempio
allergie o irritazioni) ma se l‘ingrediente si trova alla fine dell’elenco, si può soprassedere; una
sostanza classificata con un pallino rosso invece, è sconsigliata a meno che sia il solo componente
pericoloso e che sia tra i componente presenti in misura minore ed infine due pallini rossi
simboleggiano un ingrediente considerato dal BioDizionario come inaccettabile. Attualmente sono
conosciute esattamente 6205 sostanze che possono essere impiegate nella produzione di cosmetici. Il
prof. Zago ne ha attualmente catalogate ben 4947, cioè quelle che si usano più frequentemente.
http://www.biodizionario.it/
105
Dott. Fabrizio Zago: chimico industriale, ideatore del BioDizionario, esperto di formulazione
cosmetica con ingredienti amici dell'ambiente, consulente Ecolabel, consulente per molte catene di
distribuzione e fabbricanti sensibili all’ecologia. http://www.biodizionario.it/
106
http://www.biodizionario.it/
107
ICEA Cosmetic Check: l’applicazione per smartphone, in costante aggiornamento, che riconosce
ognuna delle quasi 9000 sostanze registrate nell’inventario europeo degli ingredienti utilizzabili
dall’industria cosmetica. L’applicazione è stata presentata da Icea in occasione dell’edizione 2012 del
salone Sana di Bologna (8-11 settembre 2012). Per facilitare l’inserimento ed evitare errori di
trascrizione è il programma stesso a suggerire i nomi degli ingredienti corrispondenti alle prime lettere
digitate. Quando si dà il via al processo di valutazione, ICEA Cosmetic check divide gli ingredienti
inseriti in “buoni” e “cattivi”. I “buoni”, visualizzati in verde, sono quelli eco e dermocompatibili, che
non contengono Ogm né sostanze chimiche di sintesi, non sono tossici, né producono effetti
indesiderati sul corpo umano. Tutti gli altri, evidenziati in rosso, sono quelli che, pur essendo a norma
di legge, non vengono adottati dalle aziende più sensibili ai bisogni dei consumatore (petrolio,
petrolati, parabeni ecc.) http://www.icea.info/it/
104
33
A titolo di esempio si è scelto di analizzare, con l’ausilio del BioDizionario
(www.biodizionario.it), cinque detergenti viso. Per poter comprendere chiaramente i
simboli posti accanto alle sostanze contenute nei prodotti, si riporta qui di seguito la
legenda fornita dal prof. Fabrizio Zago nel suo BioDizionario:
vai che vai bene
accettabile
ci potrebbero essere dei problemi ma, tutto sommato si può chiudere un
occhio soprattutto se il componente è alla fine degli ingredienti
qualche problema, se ne sconsiglia l'uso a meno che sia il solo componente in
rosso o che sia presente in misura minore (cioè elencato alla fine della lista
INCI)
inaccettabile
Figura 7: legenda dei “semafori” per interpretare i risultati
Fonte: il BioDizionario http://www.biodizionario.it/
A) Garnier - Pure Gel Detergente Quotidiano. Inci: Acqua/Water, Cocobetaine, Propylene Glycol, Sodium Laureth Sulfate, Peg-120 Methyl Glucose
Dioleate, Sodium Chloride, Disodium Cocoamphodiacetate, Benzyl
Salicylate, Eucalyptus Globulus Ectract, Limonene, Linalool, Menthol,
Menthoxypropanediol, Salicylic Acid, Sodium Benzoate, Tetrasodium Edta,
Zinc Gluconate, Parfum.
AQUA
solvente
COCO-BETAINE tensioattivo
POLYETHYLENE antistatico / legante / viscosizzante
SODIUM LAURETH SULFATE
tensioattivo
PEG-120 METHYL GLUCOSE DIOLEATE emulsionante
SODIUM CHLORIDE
viscosizzante
DISODIUM COCOAMPHODIACETATE
tensioattivo
BENZYL SALICYLATE
Allergene del profumo
EUCALYPTUS GLOBULUS
vegetale
LIMONENE Allergene del profumo
LINALOOL Allergene del profumo
MENTHOL
Denaturante
MENTHOXYPROPAN EDIOL rinfrescante / coprente
SALICYLIC ACID
preservante
SODIUM BENZOATE
preservante
34
TETRASODIUM EDTA sequestrante
ZINC GLUCONATE
Antistatico
PARFUM
B) Vichy - Normaderm Gel Detergente Pulizia Profonda. Inci: Aqua, Sodium
laureth Sulfate, PEG-200 Hydrogenated Glyceryl Palmate, Decyl Glucoside,
Glycerin, PEG-120 Methyl Glucose Dioleate, PEG-7 Glyceryl Cocoate,
PEG-4 Dilaurate, Peg-4 Laurate, Hamamelis Virginiana, Isobutylparaben,
Glycolic Acid, Triethanolamine, Methylparaben, Salicylic Acid,
Phenoxyethanol, Iodopropynyl Butylcarbamate, Propylparaben, CI 47005,
CI 42053, Parfum. *Formulato per ridurre i rischi di allergia.
AQUA
solvente
SODIUM LAURETH SULFATE
tensioattivo
PEG-200 HYDROGENATED GLYCERYL
PALMATE emolliente
DECYL GLUCOSIDE
tensioattivo
GLYCERIN
denaturante / umettante / solvente
PEG-120 METHYL GLUCOSE DIOLEATE emulsionante
PEG-7 GLYCERYL COCOATE
emulsionante / tensioattivo
PEG-4 DILAURATE
emulsionante
PEG-4 LAURATE
emulsionante / tensioattivo
HAMAMELIS VIRGINIANA
vegetale
ISOBUTYLPARABEN
conservante
GLYCOLIC ACID
agente tampone
TRIETHANOLAMINE
regolatore di pH
METHYLPARABEN
conservante
SALICYLIC ACID
preservante
PHENOXYETHANOL
conservante
IODOPROPYNYL BUTYLCARBAMATE
conservante
PROPYLPARABEN
conservante
CI 47005
colorante cosmetico
CI 42053
colorante cosmetico
PARFUM
35
C) Yves Rocher - Gel detergente pure calmille. Inci: Aqua, Propylene glycol,
Sodium laureth sulfate, Butylene glycol, Sodium cocoamphoacetate, Peg-30
glyceryl laurate, Peg-7 glyceryl cocoate, Sodium cocoyl isethionate,
Carbomer, Xanthan gum, Parfum, Imidazolidinyl urea, Methylparaben,
Allantoin, Tetrasodium EDTA, Sodium hydroxide, Cymbopogon martinii
motia, Chamomilla recutita, CI 19140, CI 42090.
AQUA
solvente
PROPYLENE GLYCOL
umettante / solvente
SODIUM LAURETH SULFATE
tensioattivo
BUTYLENE GLYCOL
umettante / solvente
SODIUM COCOAMPHOACETATE
tensioattivo
PEG-30 GLYCERYL LAURATE
emulsionante
PEG-7 GLYCERYL COCOATE
emulsionante / tensioattivo
SODIUM COCOYL ISETHIONATE
tensioattivo
CARBOMER
stabilizzante emulsioni / viscosizzante
XANTHAN GUM legante / stabilizzante emulsioni / viscosizzante
IMIDAZOLIDINYL UREA
conservante
METHYLPARABEN
conservante
ALLANTOIN
pulizia orale
TETRASODIUM EDTA sequestrante
SODIUM HYDROXIDE
agente tampone / denaturante
CYMBOPOGON MARTINI
vegetale
CHAMOMILLA RECUTITA
emolliente
CI 19140
colorante cosmetico
CI 42090
colorante cosmetico
PARFUM
D) Organic Surge – Daily Care Face Wash. Inci: Aqua (Water), Aloe
Barbadensis Leaf Juice*, Cocamidopropyl Betaine, Sodium Coco-Sulfate,
Decyl Glucoside, Glycerin (Veg)*, Sodium Lauryl Glucose Carboxylate,
Lauryl Glucoside, Coco-Glucoside, Dehydroacetic Acid, Benzyl Alcohol,
Sucrose Laurate, Alcohol, Sodium Chloride, Pelargonium Graveolens Flower
Oil*, Pelargonium Graveolens Flower Oil, Tocopherol, Citric Acid, Sodium
Benzoate, Geraniol, Citral, Linalool. *ingrediente da agricoltura biologica.
AQUA
solvente
ALOE BARBADENSIS
emolliente
COCAMIDOPROPYL BETAINE
tensioattivo
SODIUM COCO-SULFATE
tensioattivo
36
DECYL GLUCOSIDE
tensioattivo
GLYCERIN
denaturante / umettante / solvente
Sodium Lauryl glucose carboxylate Tensioattivo anionico
LAURYL GLUCOSIDE
Tensioattivo nonionico dolce
COCO-GLUCOSIDE
tensioattivo
DEHYDROACETIC ACID
conservante
BENZYL ALCOHOL Allergene del profumo / conservante /
solvente
SUCROSE LAURATE
emulsionante / tensioattivo
ALCOHOL
solvente
SODIUM CHLORIDE
viscosizzante
PELARGONIUM GRAVEOLENS
additive
TOCOPHEROL
antiossidante
CITRIC ACID
agente tampone / sequestrante
SODIUM BENZOATE
preservante
GERANIOL
Allergene del profumo
CITRAL
Allergene del profumo
LINALOOL
Allergene del profumo
E) Fitocose - Gel detergente all'aloe e azulene. Inci: Aqua, Aloe barbadensis
gel*, Glycerin*, Chamomilla recutita extract*, Lauryl polyglucoside, Azulen,
Xanthan gum, Chamomilla recutita oil*, Sodium dehydroacetate, Profumo.**
*da agricoltura biologica **da olio essenziali naturali
AQUA
solvente
ALOE BARBADENSIS
emolliente
GLYCERIN
denaturante / umettante / solvente
CHAMOMILLA RECUTITA
emolliente
LAURYL POLYGLUCOSE
tensioattivo
AZULENE
additivo
XANTHAN GUM legante / stabilizzante emulsioni / viscosizzante
SODIUM DEHYDROACETATE
preservante
PARFUM
37
Dopo aver effettuato questa breve analisi su cinque detergenti viso è possibile
effettuare alcune osservazioni.
• Sono stati scelti prodotti che appartengono a categorie diverse sia dal punto
di vista distributivo sia per quanto riguarda la fascia di prezzo: il “Pure Gel
Detergente Quotidiano” di Garnier (A) è facilmente reperibile in tutti i
supermercati e nei negozi di detersivi. Con un prezzo di circa 4 €, appartiene
alla fascia di prodotti low-cost. Il “Normaderm Gel Detergente Pulizia
Profonda” di Vichy (B) è acquistabile sono in farmacia e, con un prezzo di
circa 15 €, appartiene alla fascia premium-price. Il “Gel detergente pure
calmille” di Yves Rocher (C) è reperibile solo nei negozi monomarca Yves
Rocher o negli istituti di bellezza dello stesso brand e appartiene alla fascia
low-cost (5 € circa). Il “Daily Care Face Wash” di Organic Surge (D) è
acquistabile solo online direttamente sul sito inglese di Organic Surge (
www.organicsurge.com ), oppure, dall’Italia, sul portale e-commerce di
cosmetici ecobio “Eco-belli” (www.ecobelli.com); il prezzo del prodotto è di
£ 5.19 (€ 7) più spese di spedizione; si posiziona quindi in una fascia media
di prezzo.
Infine il “Gel detergente all'aloe e azulene” di Fitocose (E) è reperibile in
negozi specializzati in cosmesi e alimentazione biologica oppure è possibile
acquistarlo direttamente sul sito web aziendale ( www.fitocose.it ); il prezzo è
di 6,07 € (più spese di spedizione se di acquista dal sito web) che posiziona il
prodotto in una fascia medio-bassa di prezzo.
• Eco-dermocompatibilità: grazie al BioDizionario è stato possibile analizzare
ogni sostanza contenuta nella lista degli ingredienti dei cinque prodotti presi
in esame. Il detergente Garnier (A) è piuttosto aggressivo e irritante, contiene
delle sostanze che possono provocare allergie, inoltre nelle prime posizioni
dell’INCI (quindi contenuti in quantità maggiori) sono presenti dei petrolati e
dei siliconi; in conclusione è possibile affermare che non si tratta di un
prodotto adatto a chi voglia orientarsi su una skin-care routine ecobio. Dal
detergente Vichy (B) trattandosi di un prodotto di alta fascia, venduto
38
esclusivamente in farmacia, ci si aspetterebbe una scelta di ingredienti attenta
e accurata invece, secondo l’analisi effettuata, il prodotto presenta una gran
quantità di derivati dal petrolio, di siliconi, di conservanti e di coloranti che
con l’utilizzo prolungato possono portare a dei danni cutanei. Il detergente
Yves Rocher (C), brand che pubblicizza i suoi prodotti come “vegetali”, ha
tra le prime voci del suo INCI quasi esclusivamente petrolati e sostanze
potenzialmente irritanti e allergizzanti; la camomilla, che da anche il nome al
prodotto, si trova al terzultimo posto, subito prima di due coloranti sintetici. Il
detergente Organic Surge (D) e Fitocose (E) sono gli unici prodotti, tra quelli
presi in esame, ad avere un INCI considerato green, eco-dermocompatibile e
con una bassa possibilità di provocare irritazioni e allergie ai consumatori;
inoltre, molti delle sostanze presenti derivano da ingredienti provenenti da
agricoltura biologica. Quest’ultimi detergenti possono essere un’ottima
opzione per i consumatori che vogliono scegliere una ski-care routine ecobio
Questo breve test ha sicuramente fatto emergere alcune interessanti considerazioni:
la farmacia, un canale distributivo considerato “sicuro” e affidabile può nascondere
delle insidie per quei consumatori che preferiscono optare per una skin-care ecobio.
Lo stesso vale per quanto riguarda il prestigio della marca che non è sempre
sinonimo di qualità del prodotto. La peggiore sorpresa è venuta infatti dal prodotto
Yves Rocher; il brand francese si proclama come pioniere della cosmetica vegetale e
reclamizza i suoi prodotti come 100% naturali;108 la realtà appare però ben diversa: le
piccole quantità di estratti naturali presenti nei loro cosmetici sono immersi in
petrolati, siliconi, conservanti e coloranti sintetici. Ci troviamo quindi di fronte ad un
caso di greenwashing,109 in cui le accattivanti immagini di piante e fiori presenti
sulle confezioni sono solo, purtroppo, degli specchietti per le allodole.
Risulta quindi indispensabile non affidarsi ciecamente alla marca (come nel caso
Yves Rocher) o al canale distributivo (come nel caso Vichy) ma imparare a leggere
l’INCI dei prodotti al fine di operare una scelta d’acquisto consapevole, senza
lasciarsi abbagliare da false promesse.
108
109
http://www.yves-rocher.com/it/cosmetique_vegetale/i_5_principi.html
Al fenomeno greenwashing è dedicato l’intero capitolo 6.
39
3.3.2 Enti di certificazioni ed eco-label
Un altro strumento importante per un acquisto consapevole di un prodotto cosmetico
è, come accennato in precedenza,
l’eco-label della certificazione apposta sulla
confezione, che permette al consumatore di avere ulteriori garanzie sulle qualità
ecobio di un cosmetico. Purtroppo a livello europeo non esiste uno standard di
certificazione unico che disciplina la cosmesi ecobio e ciò può comportare non poche
insidie per il consumatore finale. In Europa sono presenti diverse organizzazioni che
operano nel campo della certificazione biologica: la Francia opera attraverso
ECOCERT110, il Regno Unito attraverso la SOIL ASSOCIATION111 e la Germania,
paese leader della cosmesi biologica, attraverso la BDIH112.
In Italia, l’ente certificatore più importante è ICEA113
(Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale) che
rilascia dal 2002 il marchio “EcoBioCosmesi”. Icea è
l'organismo di controllo e certificazione fondato da
AIAB114 nel 2000 che ha messo a punto un disciplinare
per i cosmetici, probabilmente il più diffuso in Italia.
110
ECOCERT: ente di controllo e certificazione, che dalla fine del 2002 rilascia il marchio
“Cosmetique Biologique” a quei cosmetici che contengano almeno il 95% di ingredienti di origine
naturale, di cui il 50% certificato biologico. http://www.ecocert.com
111
SOIL ASSOCIATION, ente certificatore britannico, dal 2002 si fa promotore di un disciplinare per
la certificazione dei prodotti cosmetici naturali considerato il più “integralista”: i prodotti devono
contenere almeno il 75% di ingredienti biologici su sostanza secca. http://www.soilassociation.org/
112
BDIH: Federazione delle imprese dell’Industria e del Commercio per prodotti farmaceutici, articoli
salutari, alimenti integrativi e prodotti per l’igiene personale. Già dal 1996 ha sviluppato un
disciplinare per la certificazione dei prodotti naturali per la cura del corpo, rilasciando il marchio
“Certified Natural Cosmetic”. www.bdih.de
113
Icea, Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale, è un consorzio che controlla e certifica
aziende che svolgono la propria attività nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente, tutelando la dignità dei
lavoratori e i diritti dei consumatori. Con circa 13mila aziende controllate a forte valenza etica,
ambientale e sociale, 300 tecnici e 28 Strutture Operative Territoriali in Italia e all'Estero, Icea è tra i
più importanti organismi del settore in Italia e in Europa, dove opera per favorire uno sviluppo equo e
socialmente sostenibile che dall’agricoltura biologica si estende agli altri settori del bioecologico. Le
certificazioni Icea coprono infatti i settori Food (comparto agroalimentare biologico e acquacoltura
biologica) e Non Food, (cosmesi e detergenza bio, tessile ecologico, arredamento ecologico, turismo
sostenibile, materiali per la bioedlizia, gestione sostenibile degli spazi verdi, certificazione SA8000).
http://www.icea.info/it/
114
Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, http://www.aiab.it/
40
Le aziende che intendono ottenere la certificazione Icea devono soddisfare
determinati requisiti minimi, tra i quali:
•
non utilizzare sostanze derivate da organismi geneticamente modificati;
•
non sperimentare i prodotti e gli ingredienti in esso contenuti sugli animali;
•
non trattare il prodotto con radiazioni ionizzanti;
•
rispettare le norme internazionali e nazionali vigenti in materia;
•
gli ingredienti devono provenire da agricoltura biologica certificata;
•
i prodotti non devono contenere vegetali a rischio di estinzione;
•
imballare il prodotto in confezioni riciclabili non dannose per la salute,
preferibilmente in materiali simili a quelli utilizzati per gli alimenti;
•
non utilizzare ingredienti che sono stati banditi dal disciplinare (sono circa
1500 sostanze chimiche considerate “a rischio”, ovvero allergizzanti, irritanti
o nocive per la salute).115
Icea è inoltre molto attenta alla filosofia dell'azienda che vuol essere certificata e al
suo comportamento etico. La sua certificazione è basata su un sistema di criteri
elaborato da un gruppo di tecnici e centri universitari di ricerca. Dal 2007 Icea ha
ottenuto da IOAS (International Organic Accreditation Service), l’accreditamento
internazionale ISO/IEC 65:1996.
Le aziende certificate da Icea, vengono controllate con ispezioni svolte
periodicamente da personale esperto; a queste, si aggiungono controlli analitici sui
prodotti immessi sul mercato, effettuati presso laboratori qualificati. Questi controlli,
in accordo con IOAS sono più frequenti di quelli a cui sono sottoposti i cosmetici
convenzionali.116
L’elenco completo delle aziende e dei cosmetici certificati, con relative
composizioni, è consultabile sul sito Icea, www.icea.info
al seguente link:
www.icea.info/Default.aspx?tabid=208 .
Accanto a Icea, in Italia esistono altri due enti certificatori che hanno istituito un
proprio disciplinare e marchio che viene apposto su quei prodotti che rispettano
determinati standard fissati: CCPB e Bioagricert.
115
Disciplinare Tecnico per la Eco-Bio Cosmesi redatto da Icea è consultabile online sul sito dell’ente
di certificazione stesso, www.icea.info/media/com_icea/documentation/documents/339.pdf
116
CATELLANI S. “Icea – L’eco-bio cosmesi certificata compie dieci anni: il boom dei prodotti e la
richiesta di una legge europea”, Viaemilianet.it il portale dell’economia, Bologna, 10 settembre 2012,
http://www.viaemilianet.it
41
CCPB è il marchio italiano specializzato in
produzioni agro-biologiche ed ha uno specifico
disciplinare in materia cosmetica. I marchi sono
due:
“Cosmetici
Naturali”
e
“Cosmetici
Biologici”. Il primo prevede che almeno il 95%
degli ingredienti sia naturale (o di origine
naturale), il secondo che il 95% degli ingredienti naturali sia certificato biologico,
acqua esclusa ovviamente. Lo standard è pertanto “privato”, ed è stato predisposto
da un gruppo di lavoro composto da esperti appartenenti ad aziende ed associazioni
del settore ed è equivalente ai più importanti standard utilizzati a livello europeo.117
Bioagricert ha messo a punto uno standard volontario per la
certificazione dei prodotti per la cura e per la detergenza del
corpo: “BIO&NATURAL Cosmetic Standard”. Lo standard
prevede uno specifico disciplinare per i cosmetici a tre livelli di
certificazione: “Bio-natural” attesta che almeno il 95% degli
ingredienti deve essere di origine naturale e che gli ingredienti di
origine agricola o da raccolta spontanea devono essere certificati.
“Natural cosmetic” garantisce che gli ingredienti sono naturali
e/o di origine naturale, fatta salva la deroga relativa a massimo
un 5% di prodotti di origine sintetica ammessi. “Natural
detergenza” è dedicato, come s'intuisce, ai detergenti.118
A livello europeo, per risolvere la questione legata alla frammentazione dei diversi
disciplinari, molti enti di certificazione stanno cercando di creare uno standard
comune e definito. L’obiettivo è quello di riavvicinare i capitolati di ogni singolo
ente, cercando di stabilire dei nuovi criteri di certificazione in base alle percentuali di
ingredienti biologici contenuti nel prodotto finito, creando allo stesso tempo, una
117
118
http://www.ccpb.it/
www.bioagricert.org/
42
“positive list” di materie prime ammesse e stabilendo una comune terminologia per
distinguere i cosmetici biologici da quelli naturali.
I risultati di questo lavoro si sono concretizzati in due grandi certificazioni
cosmetiche internazionali, private e volontarie: COSMOS119 e NaTrue120.
COSMOS (Cosmetic Organic Standard121) è stato creato
dall’alleanza di cinque enti di certificazione europei:
Ecocert e Cosmebio (Francia), Bdih (Germania), Soil
Association (Regno Unito) e Icea (Italia). Si tratta di un
codice di autoregolamentazione su base volontaria, con un
proprio marchio, che definisce e regolamenta il cosmetico biologico stabilendone le
caratteristiche. La mission di COSMOS-standard, entrato in vigore il 1° settembre
2011, è quella di promuovere l'utilizzo di prodotti da agricoltura biologica nel
rispetto della biodiversità, utilizzare risorse naturali in modo responsabile nel rispetto
dell’ambiente e della salute umana e di integrare e sviluppare il concetto di “Green
Chemistry”.122
Cosmos suddivide gli ingredienti cosmetici in 5 grandi categorie:
•
Acqua: l'acqua non interferisce nel calcolo della percentuale di ingredienti di
origine biologica sul prodotto finito.
•
Minerali: i minerali non vengono considerati biologici perché non sono fonte
rinnovabile, possono essere tuttavia usati purché puri e naturali.
•
PPAI (Physically Processed Agro-Ingredients): sono ingredienti di origine
vegetale, animale e microbiologica trattati solo con metodi fisici consentiti
dallo standard.
•
•
CPAI (Chemically Processed Agro-Ingredients): sono ingredienti derivati da
processi chimici ammessi dalla certificazione. COSMOS vuole promuove la
cosiddetta "chimica verde" attraverso l’uso di risorse rinnovabili e l’assoluto
divieto dell’utilizzo di solventi di origine petrolchimica nella lavorazione di
materiali biologici.
Atri ingredienti.
119
http://www.cosmos-standard.org/
http://www.natrue.org/
121
Il testo in inglese del COSMOS-standard (Cosmetics organic and natural standard), è consultabile
online. http://www.cosmos-standard.org/docs/COSMOS-standard-final-jan-10.pdf
122
http://www.cosmos-standard.org/
120
43
All’interno del Cosmos viene applicato il principio di precauzione verso quei
composti che presentano un potenziale rischio per la salute o per l’ambiente come
per esempio le nanoparticelle insolubili con diametro inferiore a 100 nm.
Riguardo ai test effettuati sugli animali il Cosmos segue la normativa vigente
secondo la quale sono vietati i test sui prodotti finiti, mentre sono permessi quelli sui
singoli ingredienti qualora la legge lo richieda.123
La certificazione COSMOS è anche attenta alla natura del packaging: le confezioni
non devono contenere PVC o altri materiali plastici clorurati, sostanze derivate da
organismi o enzimi geneticamente modificati e polistirolo.124
Grazie a queste divisioni il Cosmos-standard riesce a
distinguere 2 tipi di cosmetici certificabili: il Cosmetico
Biologico e il Cosmetico Naturale.
Un
prodotto
cosmetico
biologico
per
ottenere
la
certificazione “COSMOS ORGANIC” deve contenere
almeno il 95% di PPAI biologici; entro 36 mesi dall'entrata in vigore dello standard,
almeno il 30% dei PPAI restanti dovrà essere biologico, se disponibile. Al termine
del periodo di transizione di 36 mesi, almeno il 30% dei CPAI, secondo il sistema di
calcolo previsto dallo standard, dovrà essere commutato in biologico. Di
conseguenza, sul totale del prodotto finito, almeno il 20% di ingredienti deve essere
biologico, ad eccezione dei prodotti da risciacquo come bagnoschiuma, shampoo ecc.
per i quali è sufficiente il 10%.
Per quanto riguarda invece il marchio "COSMOS-NATURAL" non è richiesta una
percentuale determinata di ingredienti biologici. Su tali prodotti si deve indicare in
etichetta l'ente certificatore nazionale e indicare gli ingredienti biologici nella lista
INCI.125
123
Per quanto riguarda la delicata tematica della vivisezione, è stato dedicato l’intero il capitolo 4 al
corpus legislativo e ad alcune riflessioni sull’argomento ritenendo che meritasse uno spazio adeguato
data la complessità della materia.
124
http://www.saicosatispalmi.org
125
http://www.aideco.org
44
NaTrue è la certificazione internazionale nata nel 2009
per iniziativa di alcune importanti aziende tedesche e
svizzere che rappresentano la maggior parte del mercato
europeo della cosmesi bio/naturale. Adopera dei criteri
più restrittivi rispetto a Cosmos per quanto riguarda le
sostanze e i metodi di trasformazione con lo scopo di
certificare prodotti realmente naturali.126
Gli organismi di controllo italiani riconosciuti da NaTrue sono: Ccpb, BioagriCert e
Certiquality mentre in Europa si può citare Bio.Inspecta (Svizzera), EcoControl
(Germania).
La certificazione NaTrue divide i suoi elementi in 3 tipologie: “sostanze naturali”:
sono quelle che si trovano in natura e non sono sottoposte a trattamenti chimici;
“sostanze natural-identiche”: sostanze naturali manipolate con semplici metodi di
trasformazione, che sono stabiliti nel dettaglio e “sostanze natural-simili”: sono
sostanze che provengono da elementi che si trovano in natura, ma che vengono
modificate con trattamenti chimici. Esse includono pigmenti minerali e conservanti
che sono ammessi solamente nel caso non siano disponibili, in alternativa, sostanze
naturali qualitativamente e quantitativamente sufficienti; queste sostanze devono
essere specificate nell’etichetta.127
La Certificazione NaTrue deve essere rinnovata ogni due anni e distingue in modo
preciso tra il cosmetico biologico e quello naturale. Essa garantisce inoltre che nei
prodotti certificati non siano presenti:
•
Profumi e colori sintetici.
•
Prodotti derivati del petrolio (Parafines, PEG,-propil-,-alchil-, ecc).
•
Oli di silicone e derivati.
•
OGM (in conformità col regolamento UE).
•
Irradiazione del prodotto finito.128
126
Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012..
127
http://www.natrue.org
128
http://www.aideco.org
45
Per quanto riguarda l'acqua, essa non è considerata nel calcolo della percentuale di
ingredienti biologici. Tutte le sostanze che non rientrano nelle 3 categorie non sono
ammesse.
NaTrue prevede 3 livelli di certificazione, che corrispondono a 3 livelli di naturalità
del prodotto finito: “NaTrue una stella” - Cosmetici Naturali: lo standard base della
certificazione. Per ottenerlo si devono rispettare l'elenco degli ingredienti ammessi e
dei metodi per la loro lavorazione, nonché i limiti del contenuto minimo di sostanze
naturali e del contenuto massimo di sostanze natural-simili.
Per ogni tipologia di prodotto si riscontrano criteri differenti (ad esempio quelli
applicabili al sapone sono diversi da quelli applicabili a una crema) per via della loro
diversa funzione d'uso.
“NaTrue due stelle” - Cosmetici Naturali con complementi biologici. Oltre allo
standard base precedente, questo marchio richiede livelli minimi più alti di sostanze
naturali non trasformate, delle quali il 70% deve provenire da agricoltura biologica o
raccolta spontanea certificata.129
Infine il livello più alto di certificazione, “NaTrue tre stelle” - Cosmetici Biologici.
Oltre allo standard due stelle, i cosmetici biologici devono contenere percentuali
minime ancora più elevate di ingredienti naturali non trasformati; il prodotto infatti
deve contenere una percentuale di ingredienti provenienti da coltivazioni biologiche
controllate e/o raccolte spontanee controllate pari al 95%.
Data la restrittività di quest'ultima certificazione, essa è ottenibile solamente da
alcune tipologie di cosmetici.130
Per ogni brand, ogni prodotto presentato deve rispettare pienamente i criteri e
almeno il 75% della gamma di prodotti/brand deve ottenere la certificazione.131
129
http://www.skineco.org/index.php?option=com_content&view=article&id=30&Itemid=169&lang=it
130
Marchio NATRUE: requisiti per cosmetici naturali e biologici, http://www.natrue.org
131
Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012.
46
In conclusione è possibile così riassumere le peculiarità delle due certificazioni
internazionali descritte:
Ingredienti
vegetali
Ingredienti chimici
% bio sul totale
% bio sul
vegetale
Cosmos
Organic
Elenco sostanze
vietate
Elenco sostanze
vietate
20,00%
95,00%
Cosmos
Natural
Elenco sostanze
vietate e criteri
dell'ente
certificatore
nazionale
Elenco sostanze
vietate e criteri
dell'ente certificatore
nazionale
Non richiesto
Non
richiesto
NaTrue *
Minimo richiesto a
seconda della
categoria cosmetica
Massimo permesso a
seconda della
categoria cosmetica
Non richiesto
Non
richiesto
NaTrue
**
Minimo richiesto
sul totale: 15%
Massimo permesso
sul totale: 15%
Non richiesto
70,00%
NaTrue
***
Minimo 20%
Massimo 15%
Non richiesto
95,00%
Figura 8: COSMOS e Natrue, differenze e analogie
Fonte: http://www.skineco.org
Sia COSMOS sia NaTrue sono giunti a distinguere il cosmetico biologico da quello
naturale. Entrambi riconoscono che non sia possibile ideare formulazioni di
cosmetico biologico per tutti i tipi di prodotto, ma è possibile assegnare un valore di
“naturalità” ad una formula, per garantirne comunque un minore impatto
sull'ambiente e sulla salute. Le due certificazioni inoltre non includono l'acqua nel
calcolo della percentuale di biologico contenuta nel cosmetico, riconoscendo che la
maggior parte dei cosmetici contiene grandi percentuali d’acqua e questo, in sede di
analisi, falserebbe il giudizio nella scelta se considerare un prodotto biologico o
meno.132
Infine, i criteri per aderire alla certificazione NaTrue sono molto più restrittivi di
quelli di Cosmos, ma allo stesso tempo, non prestano molta attenzione all'intero ciclo
di vita del prodotto, sforzo che invece è compiuto da quest'ultimo.133
132
http://www.skineco.org/index.php?option=com_content&view=article&id=30&Itemid=169&lang=it
133
http://www.saicosatispalmi.org
47
Alle due precedenti certificazioni internazionali si aggiunge anche Ecolabel.
Si tratta una certificazione pubblica europea di qualità
ecologica, quindi non prende in considerazione l'origine
biologica degli ingredienti ma, nel caso dei cosmetici,
prevede specifici parametri che assicurano un impatto
ambientale
ridotto.
Fondamentale
per
questa
certificazione è il CVD (Volume Critico di Diluizione),
cioè la quantità d'acqua necessaria per diluire e rendere inoffensiva per l'uomo e
l'ambiente una dose di prodotto o sostanze potenzialmente irritanti o nocive. Per
ottenere l'assegnazione del marchio bisogna garantire l'utilizzo di ingredienti con
limitata tossicità per gli organismi acquatici, l'assenza di prodotti nocivi o pericolosi
per l'ambiente, ed un elevata biodegradabilità. Grande attenzione è posta anche alla
riduzione del packaging. La gestione di questo marchio è affidata al Comitato
dell’Unione Europea per il marchio di qualità ecologica che è composto dagli
organismi competenti, da rappresentanti delle associazioni ambientaliste, dei
consumatori e dell’industria cosmetica. Nel valutare la formulazione di un certo
cosmetico, Ecolabel non indaga a fondo sull’origine delle materie prime quanto
invece si interessa particolarmente al loro impatto sull’ambiente acquatico con
attenzione peculiare a ciò che succede dopo che è stato immesso nell’ambiente con il
risciacquo. Ecolabel infatti prende in considerazione solo i cosmetici da risciacquo
sia per uso personale che professionale, perché proprio questi hanno il maggior
impatto dovuto alle grandi quantità riversate nell’ambiente.134
Dopo aver presentato l’elenco dei diversi organi certificatori e le caratteristiche che i
prodotti cosmetici devono possedere per poter utilizzare la loro eco-label è possibile
effettuare alcune riflessioni. Innanzitutto è facilmente intuibile che il proliferare di
disciplinari privati di certificazione a livello nazionale (e anche internazionale) ha
come diretta conseguenza di incrementare la confusione nella mente del consumatore
medio (non in possesso di particolari competenze in materia) che non è in grado di
stabilire autonomamente a quale ente dare più credito. Infatti in Italia manca ancora
134
Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita
sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/
48
una legislazione apposita che definisca quali caratteristiche debba avere un prodotto
naturale o uno ecobio, come al contrario è avvenuto in altri Stati; in Inghilterra, in
Germania e in Francia esistono già regole specifiche, contrariamente alla legge
italiana sui cosmetici che non entra nel merito dei prodotti ecobio.
Di fatto, non aiuta nemmeno che i criteri ai quali i prodotti devono sottostare per
ottenere la certificazione siano molto diversi da un ente certificatore ad un altro,
tanto che una sostanza non ammessa da alcune certificazioni è invece approvata da
altre.135
Anche in ambito europeo manca una certificazione pubblica, cioè decisa a livello
statale o europeo, un po' come è stato fatto per l'alimentare biologico con il
regolamento comunitario del 1991.
Queste mancanze rischiano di minare la fiducia dei consumatori verso i cosmetici
ecobio. È ormai noto che si tratta di un mercato in crescita che necessita quindi di
regole certe come ad esempio una direttiva europea che identifichi precisamente il
cosmetico ecobio. In assenza di un disciplinare pubblico, quelli privati hanno
supplito come hanno potuto con diverse certificazioni su base volontaria.
La speranza è quella di avere, in futuro, un po' più di chiarezza data la quota
crescente di consumatori che si stanno orientando verso questa fetta di mercato.
3.4 Il canale distributivo privilegiato per il cosmetico ecobio: L’ERBORISTERIA
Come evidenziato precedentemente, da tempo si sente parlare di cosmesi naturale ed
ecobio. Per quanto questi termini possano sembrare semplici e facilmente
comprensibili, si è potuto notare già nei passati paragrafi come sia effettivamente
complesso darne una definizione accurata. Tendenzialmente, il consumatore è
portato a pensare che un cosmetico venduto in erboristeria o negozi affini sia
automaticamente “naturale”, in quanto proposto in un settore che dovrebbe garantire
una certa genuinità e naturalità del prodotto. In realtà non è sempre così e anche in
erboristeria è possibile trovare prodotti che “di verde hanno solo l’inchiostro con cui
135
RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta”
magazine semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 7.
49
è stato stampato l’INCI”.136 Questo però non deve scoraggiare il consumatore che è
alla ricerca di un’alternativa valida alla cosmesi tradizionale in quanto, questo
fenomeno, era diffuso soprattutto in passato; sempre più erboristerie infatti
propongono marchi e linee di prodotti ecobio, inoltre l’erborista, grazie alle sue
competenze in materia, è senz’altro un valido consultant che può guidare
adeguatamente i consumatori all’acquisto. Secondo gli ultimi dati forniti da Unipro137, il canale delle erboristerie copre quasi il
4% del mercato cosmetico italiano e si conferma un canale con ottime potenzialità di
sviluppo. Probabilmente è il canale distributivo che più di altri asseconda le richieste
di una domanda sempre più attenta al benessere e interessata all’acquisto di prodotti
in armonia con la natura a base di oli essenziali, estratti vegetali, acqua termale ecc. Nel 2011, nelle erboristerie, il valore delle vendite di cosmetici è stato di poco
inferiore ai 380 milioni di euro, per un tasso di crescita del 3,9%, il più alto tra tutti i
canali tradizionali e in linea con le importanti dinamiche che caratterizzano il
consumo di prodotti erboristici, negli ultimi 10 anni.
138
Un’importante spinta allo
sviluppo di questo canale è sicuramente da ricercare nella svolta green di un numero
sempre maggiore di consumatori.
Anche i dati preconsuntivi del primo semestre 2012 mostrano l’erboristeria come un
canale distributivo in controtendenza rispetto alla contrazione registrata dagli altri
canali tradizionali (farmacie, profumerie e soprattutto GDO che, pur confermandosi
il primo canale distributivo per la cosmesi, registra una crescita molto limitata pari
allo 0,5% nel primo semestre 2012 con una previsione per il secondo semestre a un
tasso positivo di un punto percentuale).139 Grazie al fenomeno dei negozi monomarca
e alla crescente coscienza ecologica di consumatori attenti al prodotto a connotazione
bio-naturale che trovano nell’offerta in erboristeria un logico riscontro – come
dichiara Giancarlo Bruson, Presidente del Gruppo Vendite in Erboristeria di Unipro
– questo canale conquista sempre maggiori quote di mercato e porta i dati
136
Id., pag 6.
Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro”,
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/RAPPORTO_ANNUALE/Rapporto_annuale_
2011_-_WEB_-_DEF.pdf
138
Ibid.
139
Intervento di M.Cristina Ceresa, direttore responsabile della Green Planner, alla tavola rotonda
organizzata alla Palazzina Liberty di Milano il 19 ottobre 2012, a cura dell’associazione Change up!,
http://www.magazine.greenplanner.it
137
50
preconsuntivi del primo semestre a +5,2%, con un valore di mercato che, a fine
esercizio, oltrepasserà i 400 milioni di euro con una crescita del 5,9%.140
Negli ultimi anni si è assistito a profondi cambiamenti nella struttura dell’erboristeria
che da una sfera tipicamente artigianale, sta progressivamente assumendo una
dimensione imprenditoriale.
La connotazione dell’erborista odierna è mutata rispetto al passato, dovendo
necessariamente affiancare alle competenze tecniche tipiche della sua professione che erano sufficienti fino a qualche tempo fa, quando la dimensione del comparto era
appunto artigianale - capacità imprenditoriali, che permettano di dipanarsi in un
contesto sempre più articolato e complicato.141
In occasione dell’edizione 2012 dell’appuntamento fieristico più importante del
comparto cosmetico, il Cosmoprof Bologna142, è stata presentata una recente ricerca
Key-Stone sul settore erboristerie, commissionata dal Gruppo Vendite in Erboristeria
di UNIPRO.143 Grazie alla ricerca Key-Stone si è potuto misurare il comparto della
cosmesi in un canale erroneamente ritenuto “vecchio”, composto da circa 5.000
negozi in tutta Italia. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, infatti, il 35%
dei punti vendita è stato aperto negli ultimi 10 anni, segno di grande dinamicità. Il
fenomeno è marcato soprattutto al Nord ed è ancora più evidente nei negozi
monomarca, localizzati più spesso nei centri commerciali.
Secondo gli operatori del canale, le motivazioni legate all’andamento positivo
risiedono in un ampliamento dell’offerta, in termini di assortimento prodotti e
140
Dati Unipro, comunicato stampa: “Unipro al SANA di Bologna con le imprese del Gruppo Vendite
in Erboristeria”, Bologna, 8 settembre 2012, http://www.unipro.org
141
Intervento di Maurizio Devasini, presidente di Unerbe, in occasione dell’edizione 2012 della
manifestazione fieristica dedicata al biologico Sana 2012, tenutasi a Bologna dall’8 all’11 settembre,
http://www.unerbe.it/
142
Da oltre 40 anni Cosmoprof è l’evento internazionale più importante del settore dell’estetica, della
bellezza e della cosmesi con un’attenzione particolare rivolta all’industria delle Spa. Si propone come
il Beauty Partner delle imprese del settore, con l’obiettivo comune di ottimizzare la presenza in fiera
delle aziende e sviluppare al massimo le opportunità di business attraverso iniziative volte a favorire il
contatto tra espositori e buyer. Cosmoprof ha siglato accordi di joint-venture con organizzazioni
internazionali per dare vita a nuove manifestazioni fieristiche di alto livello in tutto il mondo e a
testimonianza della strategia di internazionalizzazione della società si possono citare le seguenti
iniziative: Cosmoprof Worldwide Bologna, Cosmoprof Asia (Hong Kong),Cosmoprof North America
(Las Vegas). http://www.cosmoprof.com
143
Domenica 11 marzo 2012 nell’ambito di Cosmoprof Bologna, Roberto Rosso, Presidente KeyStone, ha presentato i risultati di una recente indagine condotta nel mondo delle erboristerie in Italia.
La ricerca ha coinvolto un campione rappresentativo di 538 Erboristerie, di cui 486 tradizionali e 52
monomarca; ciò ha permesso di realizzare interessanti elaborazioni di confronto, sia sulla base del
comportamento di acquisto che delle performance registrate. http://www.key-stone.it
51
profondità di gamma ed in una
domanda in crescita e sempre più fidelizzata,
sintomo di una trasformazione del canale: le erboristerie da punti di vendita
iperspecializzati ed occasionali, si trasformano in punti vendita abituali per l’acquisto
di alcune categorie di prodotto, tra cui proprio quello ecobio. Sotto questo profilo,
riveste sempre più importanza il ruolo dell’erborista come promotore ed
influenzatore di acquisto nei confronti del consumatore. Tra i principali driver di
acquisto del consumatore è il consiglio dell’erborista a fare la differenza.
L’acquirente che entra in erboristeria, accanto a prodotti sicuri e di qualità, ricerca
anche l’assistenza ed il consiglio del professionista esperto, aspetto per il quale è
disposto a pagare anche un surplus di prezzo: ecco perché il prezzo risulta un fattore
importante ma secondario alla raccomandazione dell’erborista.144
La ricerca Key-Stone ha dimostrato che il vero valore aggiunto di questo canale è la
fidelizzazione del cliente: solo il 20% dei clienti viene giudicato come “occasionale”
e ben oltre il 50% frequenta il negozio come minimo una volta al mese, ciò consente
di affermare che la tipologia di clienti che accede all’erboristeria è fortemente
fidelizzato. La vicinanza al concetto di “prodotto naturale” e la specifica competenza
degli operatori del canale rendono il legame tra cliente e negozio particolarmente
stabile.145
Maurizio Devasini, presidente di Unerbe (Unione Nazionale Erboristi), in una
recente intervista rilasciata a Bologna in occasione dell’edizione 2012 del Sana146 ha
affermato il settore erboristico può essere messo in difficoltà dall’e-commerce:
Internet, infatti, ha sposato a pieno la filosofia del naturale e biologico, anche per
quanto riguarda i cosmetici.147
144
CERESA M.C., “Change Up: è tutto green quello che di verde si imbelletta?” Green Planner
Magazine, 16 ottobre 2012, http://www.magazine.greenplanner.it
145
AA.VV., “Cosmetici in Erboristeria: una ricetta di successo in tempo di crisi”, Marzo 2012,
http://www.key-stone.it
146
Il Salone Internazionale del Naturale SANA costituisce la più grande ed importante manifestazione
fieristica dedicata al mercato del Naturale. Nato nel 1989 e arrivato ormai alla sua 24 edizione, lo
storico salone internazionale del biologico e del naturale, offre una vetrina completa e qualificata per
migliaia di visitatori, espositori ed operatori provenienti dall’Italia e da altri 50 paesi in tutto il mondo,
con particolare interesse per l'area mediterranea. Alimentazione, Benessere, Altri prodotti naturali
sono le tre sezioni che il SANA dedica al mondo del Naturale, raccogliendo ogni anno migliaia di
visitatori, con una altissima percentuale di operatori professionali. Numerosi convegni sul tema del
biologico, del Naturale e dell'eco-compatibile arricchiscono l'evento SANA offrendo interessanti
approfondimenti. http://www.sana.it
147
http://www.unerbe.it/
52
3.5 L’e-commerce: un nuovo canale distributivo. Alcuni portali ecobio
L'Influenza che Internet ha avuto e avrà sui canali distributivi è stata ed è tuttora
oggetto di studi e dispute tra chi reputa che l’e-commerce possa sconvolgere il
quadro distributivo dei cosmetici e chi invece fatica ad immaginare che gli attuali
consumatori, già così segmentati, passino in misura significativa ad effettuare
acquisti su Internet. 148
A tal proposito va osservato che in rete sono già presenti molti prodotti cosmetici,
anche se tali prodotti non sono quasi mai venduti da aziende cosmetiche, ma da
dettaglianti o grossisti, che trovano nella rete un mezzo per aumentare le proprie
vendite.
Mentre in Italia l’e-commerce fatica a svilupparsi, in Nord Europa e negli Stati Uniti
rappresenta, già da tempo, una delle aree più significative di fruizione del web.149
Il presidente di Unipro, Fabio Rossello, in occasione della Beauty Web Conference
2011, ha fornito i risultati del sondaggio online “Internet e aziende cosmetiche”
dimostrando come nel 2011 le aziende cosmetiche aventi un sito internet proprio
rappresentavano il 96,6% ma che solo una piccola percentuale di esse lo usassero per
l’e-commerce.150
Tuttavia Paolo Chiaramida (CEO di T-Shop e cofondatore di BOW.IT srl), nel suo
intervento ha asserito che, nonostante l’utilizzo del commercio elettronico da parte
delle aziende cosmetiche italiane sia ancora basso rispetto all’estero (USA e UK in
testa), la presa di coscienza del fenomeno sia in crescita.151 Attualmente il conversion
148
ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, Fano, 2009, pag.
83.
149
Id, pag. 53.
150
http://www.beautywebconference.it/edizione2011.html
151
L’Italia è il fanalino di coda per l’e-commerce in Europa, davanti solo alla Romania, con il 5% di
aziende italiane che vendono online contro una media europea del 15% e il 36% registrato dalla
Norvegia che guida la classifica. Sono soprattutto le piccole e medie imprese a registrare un
importante gap nell’utilizzo di Internet come canale di vendita. Tuttavia nel corso del 2012 L’Italia
sta recuperando questo gap nell’e-commerce rispetto agli altri principali mercati Ue. Lo rivela uno
studio di eMarketer che analizza la situazione del commercio online oltre in Europa. Secondo tale
studio, il ritardo dell’Italia è attribuibile all’assenza di una ‘massa critica’ di ‘cyberacquirenti’: nel
2011, soltanto il 38,5% degli italiani aveva effettuato acquisti online, contro l’82,5% del Regno Unito
e il 74,6% della Germania. Nel 2012 la percentuale di acquirenti è arrivata al 41,3% (pari a 11,7
milioni di eShopper) e dovrebbe assestarsi al 44,1% nel 2013 (13 milioni). TALARICO A., “Ecommerce: l’Italia comincia a recuperare il gap. Nel 2012 mercato da 12,8 mld di euro”, Key4Biz, 02
Ottobre 2012, http://www.key4biz.it
53
rate152 delle visite di una pagina web è soltanto dell’1%; diventa quindi
indispensabile che le aziende si adoperino per comprendere al meglio il canale.
La strada da seguire è quella dell’innovazione, rendendo la fruizione del proprio sito
web più semplice e intensificando l’interazione con i propri clienti (reali e
potenziali), ad esempio grazie al monitoraggio dei forum.153
Anche il mondo ecobio non è rimasto insensibile alle possibilità offerte da Internet e
se da una parte esistono brand che raggiungono il consumatore esclusivamente
attraverso i canali tradizionali (farmacia ed erboristeria) dall’altra, oggi il
consumatore che incontra delle difficoltà a reperire prodotti ecobio nel proprio
territorio, li può comodamente ordinare attraverso un sito web.
Il panorama è molto ampio: vi sono negozi “reali” che aprono anche una “vetrina
virtuale” (un sito web per la vendita online) e spediscono le loro merci in tutta Italia
(ad esempio Fitocose)154, e portali online che trattano solamente articoli ecobio.
Quest’ultima tipologia di operatori, per lo meno in Italia, è piuttosto recente ma di
grande interesse e praticità, dal momento che il consumatore si trova davanti a una
serie di articoli già selezionati in base ai criteri dell’ecobio.155
Di seguito si presenta un breve elenco dei portali e-commerce di prodotti ecobio, tra i
più forniti e affidabili del panorama web:
Yes.life Store: è il progetto e-commerce di www.yeslife.it, “il web magazine della
vita sostenibile e divertente”. Yes.life Store nasce per raggruppare tutti i prodotti del
mercato europeo che possono essere definiti eco-chic, ovvero belli, allegri, alla moda
e prima di tutto sostenibili. Per ogni prodotto viene spiegato il motivo per cui è
considerato sostenibile; ad esempio per quanto riguarda i prodotti di bellezza ecobio
è indicata la lista degli ingredienti e le certificazioni alle quali aderiscono. Yes.life
Store si pone come punto di riferimento di prodotti ecologici e chic, nuovi, unici,
originali e green.156
152
Per i siti web il Conversion Rate (tasso di conversione) è il numero di visitatori che compiono
l'azione desiderata diviso per il numero di visitatori totali in un determinato arco di tempo (di norma
mensilmente). In questo caso si tratta della percentuale di persone che si convertono in compratori sul
totale dell'utenza esposta alla possibilità di conversione.
153
SOMMARIVA W., “La bellezza incontra il web”, Allure, agosto 2011.
154
http://www.fitocose.it
155
DI PALMA R. “ La cosmetica diventa bio, per una cura di sé e dell’ambiente”, Economia e
Società, Parma Economica, 2011.
156
http://store.yeslife.it/
54
Mondevert, il bio-beauty shop online: MondeVert nasce nel 2007, dopo una lunga
esperienza nella vendita online di prodotti naturali maturata dai suoi ideatori. Sul
potale MondeVert i consumatori troveranno un grande assortimento di cosmetici e
prodotti eco-bio che rispettano in maniera completa i rigidi criteri di scelta di
MondeVert. Ogni prodotto MondeVert è certificato da organismi di controllo come
Icea, CCPB o Bioagricert; all'interno di ogni gamma di prodotti certificati viene
operata un’ulteriore selezione analizzando attentamente l’INCI e dando preferenza a
cosmetici la cui componente vegetale deriva da coltivazioni biologiche certificate o
meglio ancora da raccolta spontanea.157
EcoBelli: portale e-commerce di cosmetici ecobio e cruelty free. Nella vetrina di
prodotti, sempre in costante aggiornamento, vengono proposti cosmetici altamente
selezionati secondo i principi degli standard europei sulla cosmesi ecobio, allo scopo
di arginare le pratiche di greenwashing.158 Nel catalogo prodotti vengono privilegiate
le piccole aziende artigianali italiane e straniere. Lo staff di EcoBelli è molto attento
alla formulazione dei prodotti infatti, la lista degli ingredienti è sempre riportata nella
scheda prodotto.159
NaturaBioBenessere: portale e-commerce di prodotti naturali e biologici per la cura,
la bellezza ed il benessere del corpo. Un sito dedicato a tutti coloro che prediligono
uno stile di vita più consapevole, etico ed ecosostenibile.160
Saicosatispalmi: offre prodotti per la cura della persona e prodotti per il make-up
esclusivamente eco-bio. La sua ideatrice, Barbara Righini è stata tra le prime blogger
ad aprire un portale (www.saicosatispalmi.org) che ospita un utilissimo forum
dedicato alla cosmesi eco-bio.161
Nonostante in Italia sia ancora un fenomeno poco frequente, esistono aziende
cosmetiche ecobio che hanno deciso di affidarsi esclusivamente all’e-commerce,
eliminando i costi di distribuzione e potendo così offrire ai propri clienti ottimi
prodotti eco-bio a dei prezzi vantaggiosi. L’esempio italiano di maggior successo è
Neve Cosmetics: la prima azienda a produrre mineral makeup in Italia. Neve
Cosmetics nasce nel 2009 a Moncalieri (TO) e avvalendosi dei migliori professionisti
157
http://www.mondevert.it/
Al fenomeno del greenwashing, è dedicato il capitolo 6 di questo elaborato.
159
http://www.ecobelli.com
160
http://www.naturabiobenessere.it
161
http://www.saicosatispalmi.com/ecommerce/
158
55
nazionali continua ad inventare e realizzare cosmetici minerali, naturali e innovativi.
Alla base della filosofia produttiva c'è la volontà di creare prodotti efficaci, colorati e
creativi senza rinunciare a formule semplici e pulite né all’etica cruelty-free. Una
scelta importante dell’azienda è stata quella di non destinare ingenti budget a
testimonial famosi, product placement, imballaggi complicati e di commercializzare i
propri prodotti esclusivamente online.162
Vale la pena menzionare infine i siti specializzati nella vendita di materie prime
idonee al confezionamento di cosmetici ecobio. Una minoranza di consumatori,
infatti, alla ricerca di sicurezza ed efficacia, è arrivata al punto di “costruire” i
cosmetici da sé: esistono rivenditori che forniscono ingredienti e ricette, come il
francese Aroma Zone che propone addirittura dei kit per principianti163.
Questa tendenza, chiamata dalle sue estimatrici “l’arte dello spignatto”, nell’ultimo
periodo sta avendo un discreto clamore, come possono testimoniare il successo di
forum dedicati a questo “hobby”: PromiseLand (www.promiseland.it), Sai Cosa ti
Spalmi (www.saicosatispalmi.org), l’Angolo di Lola (www.lola.mondoweb.net) e
Carlitadolce (www.carlitadolce.com), dove vengono fornite ricette e video tutorial
per preparare a casa propria dei cosmetici realmente naturali.
162
163
http://www.nevecosmetics.it
http://www.aroma-zone.com
56
CAP. 4 COSMETICI E TEST SU ANIMALI
La questione dei test sugli animali per quanto concerne i cosmetici è piuttosto
complessa; ogni prodotto cosmetico che viene a contatto con l'uomo necessita infatti,
per legge, di essere sperimentato, per garantirne la completa sicurezza e atosiccità.164
Si è già visto, nel capitolo precedente, come nemmeno a livello delle certificazioni
europee per i cosmetici ecobio ci sia uniformità nel trattare la tematica.
Il Decreto Legislativo n. 116 del 1992 prevede che ogni sostanza potenzialmente
pericolosa per gli uomini (farmaci, additivi alimentari, pesticidi, prodotti per
l’igiene della casa e della persona, cosmetici, ecc.) debba essere obbligatoriamente
testata sugli animali prima di essere commercializzata.165
Più precisamente per sperimentazione sugli animali, conosciuta anche con il termine
vivisezione, si intende qualsiasi tipo di ricerca (farmacologica, cosmetica, ecc.) in
cui sono utilizzati animali . Solo il 30% degli esperimenti riguarda in qualche
modo la medicina, la chirurgia e la psichiatria; il restante 70% riguarda
esperimenti per testare prodotti cosmetici, industriali e bellici.166
Unipro tiene a precisare che, per quanto riguarda l’industria cosmetica italiana ed
europea, la priorità assoluta rimane quella di assicurare la tutela della salute del
consumatore, con il ricorso a metodiche scientifiche di valutazione della sicurezza
delle materie prime e dei prodotti finiti, volte ad offrire la massima garanzia.167
Di seguito vengono presentate le principali normative sull’argomento.
164
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le
prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli, Milano, 2006, pag 146-147
165
D.lgs 116/92: Attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di protezione degli animali
utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici. (G.U. Serie Generale, n. 40 del 18 febbraio
1992).
166
http://www.enpa.it/it/
167
Dati Unipro, “Cosmetici e test sugli animali: la posizione dell’industria cosmetica. Da marzo 2009
i test su animali per scopi cosmetici sono proibiti in tutti i Paesi dell’Unione Europea”, position paper
del 26 aprile 2012. www.unipro.org
57
4.1 Direttiva 76/768/CEE, detta “direttiva cosmetici” e successive modifiche
In Italia la produzione e la commercializzazione dei prodotti cosmetici è disciplinata
dalla legge dell’11 ottobre 1986 n. 713 e successive modifiche.168 Si tratta del
recepimento e dell’attuazione della direttiva comunitaria 76/768/CEE, detta
“Direttiva Cosmetici” emanata al fine di rendere uniforme, a livello europeo, la
disciplina relativa alla produzione e alla vendita dei cosmetici. Questa direttiva
impone di utilizzare animali nei test specifici per gli ingredienti dei prodotti
cosmetici.
Nel giugno 1993 la direttiva 93/35/CEE sui cosmetici, viene adottata come sesto
emendamento
della
direttiva
76/768
CEE,
apportando
delle
sostanziali
modificazioni. Introduce infatti il divieto, a decorrere dal 1° gennaio 1998, di
immettere sul mercato ingredienti o combinazioni di ingredienti testati su animali.
Chiede inoltre che sia fornita annualmente una relazione sullo sviluppo di metodi
alternativi. Viene altresì precisato che, qualora tali metodi non venissero ritenuti
inadeguati, la Commissione potrà rinviare il divieto. Puntualmente la relazione del
1996 afferma che fino a quel momento nessun metodo alternativo fosse disponibile
per valutare il rischio sistemico, proponendo così un rinvio. La Commissione ha
rinviato così la data del divieto prima al 30 giugno 2000 con la direttiva 97/18/CE e
poi al 30 giugno 2002 con la direttiva 2000/41/CE .
4.2 Direttiva 2003/15/CE
Il settimo emendamento alla Direttiva Cosmetici, scritto nel 2000 e approvato come
direttiva 2003/15/CE il 27 gennaio 2003, sostanzialmente sostituisce le modifiche
introdotte dalla direttiva 93/35/CEE mantenendo però le stesse clausole di rinvio. La
nuova direttiva sui prodotti cosmetici prevede l'eliminazione progressiva della
sperimentazione animale nel settore. Dal settembre 2004 è in vigore il divieto della
168
Legge 11 ottobre 1986, n. 713. Norme per l'attuazione delle direttive della Comunità europea sulla
produzione e la vendita dei cosmetici. Tale legge regolamenta, in particolare, gli aspetti relativi alla
composizione dei prodotti cosmetici, alla presentazione (etichettatura, confezionamento e ogni
altra forma di rappresentazione esterna del prodotto) e agli adempimenti necessari per avviare la
produzione e la vendita o procedere all’importazione dei prodotti.
58
sperimentazione animale relativa ai prodotti cosmetici finiti e dal marzo 2009 vige
un divieto analogo per quanto concerne gli ingredienti o le combinazioni di
ingredienti. Dal marzo 2009 è inoltre vietato commercializzare nell'UE prodotti
cosmetici e loro ingredienti che siano stati oggetto di una sperimentazione animale,
indipendentemente
dall'origine
di
tali
prodotti.
Questo
divieto
di
commercializzazione ha un'applicazione generale tranne che per gli effetti più
complessi sulla salute umana che devono essere oggetto di sperimentazione per
dimostrare la sicurezza dei prodotti cosmetici (la tossicità da uso ripetuto, compresa
la sensibilizzazione cutanea e la cancerogenicità, la tossicità riproduttiva e la
tossicocinetica) e per i quali il legislatore ha prorogato la scadenza fino al marzo
2013.169
La Commissione però si è riservata la possibilità di far slittare questo termine in
assenza di test alternativi adeguati.
Tale direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento il 15 febbraio 2005 con il d.lgs.
n. 50/2005, attraverso il quale sono resi non commercializzabili in Italia i prodotti
finiti testati su animali (oltre all’obbligo di indicare il periodo di validità
successivo
all'apertura
del
prodotto,
il
divieto
di
utilizzo
di
sostanze
classificate cancerogene, mutagene o tossigene, ecc).
4.3 Regolamento (CE) 1223/2009
Il 22 dicembre 2009, nella Gazzetta Ufficiale dell’UE, è stato pubblicato il nuovo
regolamento sui cosmetici, approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, per
disciplinare in maniera coordinata il settore dei prodotti cosmetici in tutti i Paesi
membri, armonizzando le disposizioni già esistenti in materia.
Il Regolamento CE n. 1223/2009 sarà pienamente applicabile a partire dall’11 luglio
2013.170 Lo scopo di tale regolamento è di eliminare la incertezze e le incoerenze
169
COMMISSIONE EUROPEA, “Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al
Consiglio: relazione sulla messa a punto, sulla convalida e sulla legalizzazione di metodi alternativi
alla sperimentazione animale nel settore dei cosmetici (2009)”, Bruxelles, 13 settembre 2011, pag 2.
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0558:FIN:IT:PDF
170
http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/product_labelling_and_packaging/co0013_it.htm
59
giuridiche dovute all’elevato numero di emendamenti che la direttiva cosmetici ha
subito nel corso dei decenni; armonizzare la procedura di immissione sul mercato dei
prodotti cosmetici che ad oggi si presenta diversa da Stato a Stato; garantire che i
prodotti cosmetici immessi sul mercato dell'Unione siano sicuri alla luce
dell'innovazione del settore.
Negli Stati membri la sperimentazione animale è sottoposta a rigidi controlli, che
saranno ulteriormente rafforzati a decorrere dal 1° gennaio 2013 in virtù della
direttiva 2010/63/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 settembre
2010, relativa alla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici171.
Il 13 settembre 2011 la Commissione europea ha pubblicato un rapporto nel quale
sottolinea la volontà costante in Europa e nel mondo di trovare metodi che possano
sostituire definitivamente la sperimentazione animale. Malgrado questa volontà e i
progressi scientifici finora raggiunti, sarà impossibile trovare dei test sostitutivi
affidabili per i test sulla tossicità da uso ripetuto, la tossicità riproduttiva e la
tossicocinetica entro la scadenza prevista ( 11 luglio 2013).172
Si arriverà quindi, molto probabilmente ad uno slittamento del divieto, i più ottimisti
preconizzano un rinvio al 2015 mentre si profila, come data possibile, il 2019173
(secondo alcuni invece il divieto potrebbe addirittura slittare al 2025).174
Tuttavia, secondo recenti notizie, sembrerebbe che il tanto temuto rinvio del bando
dei test sugli animali per i prodotti cosmetici, non avrà luogo. A comunicarlo è stato
il Commissario designato alla Salute Tonio Borg, che ha confermato il suo intento di
vietare, a partire dal prossimo 2013 la commercializzazione di prodotti cosmetici
testati sugli animali.175 Il Commissario, dopo il primo pronunciamento dello scorso
13 novembre avvenuto in Parlamento avrebbe confermato in una lettera inviata alla
sezione inglese della PETA (People for the Ethical Treatmet of Animals) il suo
171
Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla
protezione degli animali utilizzati a fini scientifici (GU L 276 del 20.10.2010), pag. 33.
172
COMMISSIONE EUROPEA, “Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al
Consiglio: relazione sulla messa a punto, sulla convalida e sulla legalizzazione di metodi alternativi
alla sperimentazione animale nel settore dei cosmetici (2009)”, Bruxelles, 13 settembre 2011, pag 4.
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0558:FIN:IT:PDF
173
Redazione GEAPRESS, “Direttiva cosmetici – nuova conferma al rinvio”, 21 luglio 2011,
http://www.geapress.org
174
Redazione GEAPRESS, “Test cosmetici e l’eccezionale uso”, 01 febbraio 2012,
http://www.geapress.org
175
Redazione GEAPRESS, “Cosmetici e vivisezione – il Commissario designato Borg conferma il
suo no al rinvio”, 20 novembre 2012, http://www.geapress.org
60
intento a non proporre alcun ritardo o compromesso in merito al divieto di
commercializzazione di prodotti cosmetici testati sugli animali e ha inoltre
sottolineato che il fatto che non vi siano ancora strumenti alternativi, non deve
rappresentare una giustificazione per un continuo rinvio.176
4.4 Standard Internazionale “Non testato su animali”
Dopo aver fornito, nei precedenti paragrafi, l’evoluzione legislativa sulla questione
legata alla sperimentazione sugli animali di prodotti cosmetici, si cercherà ora fare
chiarezza sul significato di “cruelty free” in campo cosmetico.
La definizione del termine “cruelty free”177 è opinabile e pone diversi problemi;
effettivamente si potrebbero definire cruelty free solo quelle ditte che usano
ingredienti inseriti nella “positive list” (ingredienti presenti sul mercato prima del
1976, anno in cui è entrato in vigore l'obbligo dei test su animali specifici per i
cosmetici)178, ma ormai quasi nessuna azienda è in grado di soddisfare questo criterio
così stringente. È nato così lo Standard internazionale “Non testato su animali” che
fornisce una definizione meno severa ma ugualmente accettabile ed efficace.179
Lo standard “Non testato su animali”, riconosciuto a livello internazionale
nell'ambito della cosmesi, è stato ideato nel 1997 da una coalizione internazionale di
associazioni animaliste di tutta Europa guidate dalla coalizione europea contro la
vivisezione (ECEAE), di cui la LAV è membro italiano, e dalle principali
associazioni animaliste statunitensi. Lo standard prevede che le aziende che
176
Redazione GEAPRESS, “Test cosmetici sugli animali – il Commissario europeo conferma: stop
nel 2013”, 14 dicembre 2012, http://www.geapress.org
177
Cruelty Free è un termine inglese che sta ad indicare che un prodotto cosmetico, (compresi gli
ingredienti di cui è composto) non è testato su animali. Informazioni tratte da: “Yes.life: il web
magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente” http://www.yeslife.it
178
Positive list: queste sostanze non necessitano di ulteriori test per poter essere usate in un
prodotto cosmetico. Quindi, i cosmetici che hanno come ingredienti solo le sostanze della Positive
List sono gli unici che sicuramente non incrementano il numero di animali usati nelle
sperimentazioni dopo il 1976. Resta il fatto che non esistono, almeno in Italia, aziende che utilizzano
esclusivamente ingredienti di detta lista.
http://www.enpa.it/it/uffici/ducumenti_av/Vivisezione_e_cosmesi.pdf
179
“Cosmetici e sperimentazione animale aggiornamento 2012 sui cosmetici cruelty-free”. Pieghevole
realizzato da VIVO – Comitato per un consumo consapevole, che spiega in breve cosa si intende per
cosmetici cruelty free e indica quali sono le marche “approvate”
http://www.consumoconsapevole.org/download/VIVOfolder.pdf
61
vogliono, sulla propria etichetta, porre la dicitura “Stop ai testi su animali”, debbano
impegnarsi a fornire alle associazioni competenti (in Italia la LAV)180 una
documentazione attestante l'impegno a non condurre test sugli animali, a non
acquistare sostanze da fornitori che li conducono e a certificare che i singoli
ingredienti utilizzati nel prodotto non siano stati testati dopo una certa data, chiamata
“fixed cut-off date”. Infatti dal 2004 la Lega Anti Vivisezione (LAV), si è fatta
promotrice di questa campagna per sensibilizzare e coinvolgere le aziende del
settore, approvando l’adesione delle aziende allo Standard Internazionale solo in
seguito al placet dell'ICEA che, come osservato in precedenza, rappresenta
importante ente di certificazione italiano del biologico e dei prodotti a valenza etica,
sociale e ambientale. Il controllo delle aziende da parte di ICEA avviene tramite
ispezioni condotte da un'equipe di chimici, tecnici e farmaceutici, direttamente nelle
sedi aziendali.181
In conclusione, quando si parla di cruelty free, si fa riferimento a tutti quei prodotti,
messi sul mercato da aziende che hanno aderito ad uno Standard Internazionale che,
come si è osservato, fissa i criteri per evitare l’incremento della sperimentazione dei
cosmetici sugli animali e valorizzare una politica aziendale libera da crudeltà sugli
animali.182
Recentemente però si è discusso molto sulla reale valenza della
dicitura “Stop ai testi su animali” introdotta dalla LAV in quanto
poteva risultare fonte di ulteriore confusione per il consumatore
in quanto non specifica se ci si riferisce al prodotto finito o ai
singoli ingredienti. Come riportato precedentemente, i test sugli
animali sul prodotto finito e su una parte degli ingredienti sono
già banditi per legge in tutta l’Unione Europea, di conseguenza, una simile etichetta
porterebbe il consumatore a pensare che i brand che non la utilizzano perpetuano la
vivisezione. Anche il prof. Fabrizio Zago, aveva sollevato parecchie perplessità a tal
180
http://www.lav.it/
CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le
prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli, Milano, 2006, pag 146-147
182
Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita
sostenibile e divertente” http://www.yeslife.it
181
62
proposito nel forum di Promiseland dedicato alla cosmesi e al BioDizionario e da lui
moderato.183
Riguardo questa tematica, il 06 dicembre Cosmetics Europe ha pubblicato un
comunicato stampa in cui ha preso una posizione ufficiale contro il claim “cruetly
free” affermando che verranno considerate ingannevoli tutte diciture apposte sulle
etichette dei cosmetici che richiamino il cruelty free in quanto compromettono il
continuo e prezioso lavoro degli scienziati impegnati nella ricerca di soluzioni
alternative alla vivisezione, laddove non sono già state trovate.184
Come diretta conseguenza di questa decisione, il coniglietto della LAV che da
simbolo di un reale impegno contro la vivisezione è (purtroppo) diventato uno
specchietto per le allodole, dovrà essere rimosso da ogni confezione.
4.5 L’impegno continuo per rimpiazzare i test sugli animali
L’associazione Cosmetics Europe (ex Colipa) gioca un ruolo di leader nello sviluppo
e nella promozione di metodi di test alternativi e nuovi approcci che assicurino la
sicurezza dei prodotti e degli ingredienti.
Per la maggior parte degli ingredienti usati in cosmetica oggi, vengono impiegati con
successo test che non coinvolgano animali, come il metodo in vitro. Tuttavia ci sono
ancora delle lacune nella conoscenza scientifica che necessitano di essere colmate
allo scopo di rimpiazzare completamente i test sugli animali, continuando a garantire
la sicurezza dei prodotti.
In Europa, metodi alternativi ai test sugli animali sono scientificamente certificati
dall’ ECVAM (European Centre for the Validation of Alternative Methods) un
organo predisposto a questo proposito dall’Unione Europea. La certificazione da
parte dell’ ECVAM significa che un metodo alternativo è stato ufficialmente
accettato dai regolamenti UE.
183
http://forum.promiseland.it/viewforum.php?f=2
Cosmetics Europe, comunicato stampa “Cruelty free claims for cosmetics misleading for public”,
Bruxelles, 06 dicembre 2012 https://www.cosmeticseurope.eu/news-a-events/news/424-pressstatement-cruelty-free-claims-for-cosmetics-misleading-for-public.html
184
63
Nel novembre 2005, l’industria cosmetica, con il supporto dell’UE, ha unito le forze
con molte aziende e associazioni di diversi settori industriali per creare l’EPAA
(European Partnership for Alternative Approaches to Animal Testing). Questa
partnership unica utilizza le migliori conoscenze e risorse per sviluppare nuovi
approcci alternativi e lavora per accelerare l’accettazione dei suddetti metodi. Del
resto, un completo abbandono dei test sugli animali è possibile solo attraverso
un’azione collettiva da parte dei più importanti stakeholder su scala mondiale.185
4.6 Cruelty-free: leggende e verità
Troppi simboli, sigle e autocertificazioni a pagamento confondono i consumatori e
innalzano una cortina fumogena nei confronti di coloro che sono intenzionati,
attraverso il loro comportamento d’acquisto, a prendere una posizione nei confronti
di quelle aziende che testano i prodotti e gli ingredienti sugli animali.
La questione della sperimentazione su animali, che la legge impone, per questioni di
sicurezza, ogni qual volta un’azienda decida di immettere in commercio un prodotto
cosmetico, è una materia ben più complessa di quanto possa apparire.
Innanzitutto è possibile affermare con sicurezza che le generiche dichiarazioni che si
trovano sull’etichetta (bio, amico dell’ambiente, non testato sugli animali ecc…) non
hanno alcun valore perché si riferiscono solitamente al solo prodotto finito, mentre
non dicono nulla a proposito dei singoli ingredienti che lo compongono.
Il dott. Fabrizio Zago assieme al dott. Sauro Martella186 (fondatore di Promisland.it)
e
al
dott.
Massimo
Tettamanti187
(Moderatore
forum
“Vivisezione”
su
Promiseland.it) hanno redatto un documento il cui intento è di far chiarezza sulla
questione, fornendo così un valido aiuto ai consumatori per un acquisto più
consapevole.
185
COLIPA, “Working together to replace animal testing”, brochure 2009 pag 5
https://www.cosmeticseurope.eu/
186
Dott. Sauro Martella: Fondatore e direttore del sito Promiseland.it, vegano da oltre 10 anni, Ha
fondato il sito per diffondere le informazioni di difficile accesso relativamente al mondo dei diritti
umani, della difesa dell’ambiente, del rispetto della vita ed in particolar modo per la diffusione della
cultura nonviolenta e vegana. Opera professionalmente nel settore della comunicazione web in Italia
ed in altri Paesi. http://www.promiseland.it/
187
Dott. Massimo Tettamanti: Chimico, Vegano. Creatore e coordinatore dell'International Center for
Alternatives in Research and Education, I-CARE e del Nutrition Ecology International Center, NEIC.
64
Secondo i tre esperti, le persone che cercano prodotti “cruelty-free” devono
dimostrarsi attente a tutti gli aspetti etici quindi devono orientarsi verso prodotti che
non inquinino l'ambiente e che, congiuntamente, non incrementino la vivisezione.
Purtroppo attenersi completamente a questi principi risulta, ad oggi, impossibile
perché tutti i cosmetici (alcuni più, altri meno) inquinano e tutti i singoli ingredienti
dei cosmetici, (al di là dei test sul prodotto finito) sono comunque testati su animali,
per obbligo di legge.
La soluzione auspicabile è quella di cercare il miglior compromesso possibile e cioè
acquistare prodotti che arrechino il minor impatto ambientale e che non incrementino
la vivisezione.188
A livello pratico, come è già stato spiegato nel precedente capitolo, il consumatore
che vuole optare per una scelta d’acquisto etica ed ecobio ha la possibilità di
accertarsi dell’effettive caratteristiche etiche paventate del prodotto attraverso
l’analisi dell’INCI (tramite il BioDizionario e l’applicazione per smartphone di Icea),
oltre che scegliere prodotti approvati dai principali enti di certificazione italiani e
internazionali.
Un altro valido strumento che corre in aiuto di quei consumatori che vogliono essere
sicuri di acquistare prodotti che sono realmente cruelty-free, è la lista delle aziende
cruelty-free redatta da “VIVO-Comitato per un Consumo Consapevole” e
costantemente aggiornata.189 Le ditte indicate nella lista, oltre a non testare il
prodotto finito, non commissionano test sugli ingredienti e non usano ingredienti
testati dai produttori dopo l’anno di adesione a questa policy.190
Il futuro resta ancora incerto sia per quanto riguarda l’effettivo bando della
vivisezione a fini cosmetici che dovrebbe entrare in vigore nel 2013, sia per la
scoperta di metodi alternativi per effettuare i test. Segnali confortanti arrivano dalle
Istituzioni europee e dalla associazione Cosmetics Europe, segnale di un impegno
costante a livello internazionale.
188
“Cruelty-free: leggende e verità (come decidere consapevolmente). http://www.promiseland.it
“Cosmetici e sperimentazione animale aggiornamento 2012 sui cosmetici cruelty-free”. Pieghevole
realizzato da VIVO – Comitato per un consumo consapevole, che spiega in breve cosa si intende per
cosmetici cruelty free e indica quali sono le marche “approvate”
http://www.consumoconsapevole.org/download/VIVOfolder.pdf
190
Ibid.
189
65
La tematica resta sicuramente controversa in quanto se da una parte i test risultano
necessari per l’immissione sul mercato di prodotti sicuri, dall’altra si avverte
l’esigenza di trovare finalmente soluzioni alternative affinché il ricorso alla
vivisezioni diventi obsoleto.
66
CAP. 5 IL GREENWASHING E ALCUNI STRUMENTI PER
RICONOSCERLO
Le tendenze in campo di cosmesi e bellezza, come osservato, sono sempre
molteplici: se da una parte le grandi case cosmetiche offrono miracoli in boccetta,
dall’altra la moda del naturale sta sempre più prendendo piede. Come si è ribadito,
non si tratta solo di moda, anzi ci sono sempre più consumatori che prediligono la
cosmesi ecologica e biologica (ecobio) perché si sono orientati verso un consumo
consapevole, che porti benefici alla pelle e al tempo stesso non gravi troppo sullo
stato del pianeta.
I cosmetici ecobio stanno guadagnando sempre più quote di mercato e, anche i
grandi marchi stanno iniziando ad investire in linee di prodotti a minor impatto
ambientale. Di conseguenza, con l’aumento dell’attenzione dei consumatori verso
prodotti ecocompatibili, cresce anche il numero di claim e messaggi volti a mettere
in luce le caratteristiche green di un prodotto o di un intero brand. Spesso tutto inizia
dal packaging: gli scaffali sono invasi da accattivanti confezioni dai colori chiari,
prediligendo soprattutto le tonalità del verde e i colori caldi della terra come gialli o
arancioni (tutti colori che richiamano piacevolmente l’idea di natura). Non mancano
poi anche diciture come “naturale”, “ecologico”, “bio”, in bella evidenza.191
Il problema sorge quando il messaggio si rivela fuorviante o falso: in questo caso si
parla di greenwashing, letteralmente “lavaggio verde”, che indica proprio come tante
aziende sfruttino le tematiche ambientali solo per darsi un’immagine green che in
realtà non posseggono. Tale tematica viene esaminata nei prossimi paragrafi.
5.1 Cos’è il Greenwashing?
Si parla di greenwashing per indicare le pratiche adottate da quelle aziende od
organizzazioni interessate ad acquisire una reputazione green, nella sua accezione
191
Per maggiori informazioni sulla definizione dei termini “naturale”, “ecologico” e “bio” si rimanda
al primo paragrafo del capitolo 3 “verso una definizione precisa: prodotto naturale, biologico o
ecocompatibile?
67
che evoca l’attenzione verso l’ecologica, senza che vi corrisponda un modo di
operare sostanzialmente diverso da quello degli altri soggetti (concorrenti) rispetto ai
quali esse si vogliono differenziare.192
Le origini di questo comportamento risalgono agli anni '70 e '80, quando vi si
ricorreva per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica e dei media dall'impatto
ambientale negativo di alcune attività produttive.193 Il termine specifico, coniato
negli anni '90, indica quindi l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da
parte di aziende, finalizzata alla creazione di un’immagine positiva della marca e dei
propri prodotti. In altre parole, il greenwashing è ciò che si potrebbe definire un
“marketing ecologico di facciata”, i cui sforzi sono orientati a una modifica della
reputazione aziendale senza incidere realmente sulla sostenibilità ambientale dei
processi produttivi adottati o dei prodotti realizzati; si tratta a tutti gli effetti di una
pubblicità fuorviante che l’azienda mostra ai propri consumatori.194
Le azioni di greenwashing si attuano prevalentemente attraverso attività di
comunicazione, non solo di tipo strettamente commerciale (pubblicità o packaging
dei prodotti), ma anche destinate al pubblico più ampio, in genere con eventi o
sponsorizzazioni. In tutti i casi l'obiettivo è la rivendicazione, da parte dell'azienda,
di qualità ambientaliste a cui non corrispondono azioni concrete.195
Se il greenwashing viene inteso in un senso più ampio del termine, è possibile
inserire sotto questa “etichetta” tutte quelle iniziative intraprese dalle aziende,
secondo un’ottica di filantropia aziendale, che non sono ricollegabili direttamente
con il business dell’azienda e che non sono accompagnate da un concreto sforzo nel
ridurre il proprio impatto (ad esempio risistemare a proprie spese un giardino
pubblico o sponsorizzare un evento culturale). Infatti, se un tempo generiche
donazioni o attività di beneficienza erano considerate sufficienti a testimoniare
192
Greenwashing è un termine inglese relativamente nuovo, che unisce il concetto di “green” (verde
inteso in senso ecologico) e di “whitewashing” (dissimulare, nascondere, riabilitare) per indicare la
tendenza da parte di aziende e qualsiasi tipo di società o organizzazione a pubblicizzare i propri
presunti comportamenti ecosostenibili ed attenti all’ambiente per risultare, agli occhi dei
consumatori, attenti allo sviluppo sostenibile. GRANT J., “Green Marketing: il Manifesto”,
Francesco Brioschi Editore, Milano, 2009.
193
PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il
Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html
194
Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente.
http://www.yeslife.it/
195
Prof. PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il
Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html
68
l'impegno aziendale verso la collettività, oggi rischiano di essere addirittura
controproducenti, proprio in termini di reputazione.196
Secondo il prof. Carlo Alberto Pratesi dell’Università Roma Tre “occorre comunque
riconoscere che le attività di greenwashing non sono sempre il risultato di malafede
o atteggiamenti opportunistici, ma in molti casi dipendono da una mancanza di
competenze in materia di management ambientale, che rende poco chiara la
distinzione tra green marketing e greenwashing”.197
Il «vero» green marketing è quello che nasce quando un'azienda e di conseguenza, i
suoi clienti, assumono nelle proprie attività economiche e sociali un'ottica di lungo
periodo, che tenga conto del fatto che le risorse naturali (a partire da terra, aria e
acqua) non sono infinite, e che quindi è indispensabile un loro uso responsabile per
non ledere i diritti della collettività e delle future generazioni.198
La sfida del green marketing è di fare in modo che l’alternativa “verde” appaia
normale e accettabile, al contrario del greenwashing in cui si cerca di far apparire
“verdi” le attività normali.199 In questa prospettiva, ciò che contraddistingue una
corretta pratica di green marketing e la differenzia dal greenwashing è il carattere
proattivo: riuscire ad andare oltre agli obblighi di legge o alle pratiche standard di
mercato nella riduzione dell'impatto della propria attività produttiva, coniugando
risultati economici e tutela dell'ambiente.200
Con lo scopo di smascherare i comportamenti riconducibili al greenwashing da parte
di numerose aziende operanti in vari settori, sono state condotte numero indagini,
forse la più significativa in Italia è stata quella svolta nel 2010 da GreenBean.201
196
SEMPRINI S., “Sei modi di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 74.
http://www.gdoweek.it
197
Prof. PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il
Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html
198
Ibid.
199
GRANT J., “Green Marketing: il Manifesto”, Francesco Brioschi Editore, Milano, 2009, pag 28.
200
Questo avviene modificando non solo i processi produttivi, ma anche il prodotto durante tutto il
suo ciclo di vita - dalla fornitura delle materie prime fino allo smaltimento o eventuale riciclo -, ed
educando il cliente a un consumo più responsabile. Prof. PRATESI C.A., Professore di Economia e
gestione
delle
imprese
all'Università
Roma
Tre
“Il
Greenwashing”
http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html
201
Nata nel 2009 da un’idea di Sissi Semprini, GreenBean è la prima agenzia italiana di brand
communication interamente dedicata alla sostenibilità. Sviluppano idee e strategie di marketing e
comunicazione per affermare la sostenibilità - sociale, ambientale ed economica - come valore di
marca e d'impresa. Collaborano con partner strategici, esperti, centri di ricerca e organizzazioni non
governative, integrando e completando il loro know-how in comunicazione e responsabilità d'impresa.
http://www.greenbean.it/futuro-it.php
69
5.2 GreenBean e i sei modi per cadere nel greenwashing
GreenBean, ha recentemente condotto uno studio sulle strategie di greenwashing
intraprese da alcune aziende italiane, prendendo in esame le loro campagne di
comunicazione tra il 2008 e il 2010, tese a posizionare un brand/prodotto come
“green”.202
Lo studio ha individuato 83 casi di brand italiani che hanno pianificato una
campagna pubblicitaria proponendo come messaggio principale, temi legati alla
sostenibilità
ambientale.
Tra
queste,
53
sono
risultate
“colpevoli”
di
greenwashing.203
La ricerca ha evidenziato che nei comportamenti volti consapevolmente o
inconsapevolmente al greenwashing, sono 6 gli errori più diffusi:204
Evidenziare una sola caratteristica del prodotto, ritenendola
sufficiente per classificarlo come green, ignorando del tutto
altri aspetti molto importanti. Si tratta del comportamento
più diffuso: 18 infatti, sono i casi più eclatanti di questo tipo
rilevati dalla ricerca; tuttavia, in linea generale quasi tutte le
campagne analizzate da GreenBean, sono cadute in questo
errore.
Non
comunicare
determinate
informazioni
(dati
o
caratteristiche specifiche), a supporto di quanto dichiarato.
Spesso queste informazioni mancano del tutto o sono
202
Alcune caratteristiche della ricerca: i brand oggetto di analisi sono stati estratti tramite la ricerca di
parole chiave (area ambiente e area sostenibilità) utilizzate nelle campagne pubblicitarie stampa
pianificate dal 01/01/2008 al 31/05/2010. Sono state individuate in totale 151 marche. Da questa
popolazione, i brand automobilistici sono stati volutamente esclusi dall’analisi perché la quasi totalità
delle campagne è stata relativa alle promozioni (eco-incentivi) così come sono stati esclusi i brand non
pertinenti. Sono 83 le marche identificate che hanno pianificato campagne pubblicitarie proponendo
come messaggio principale temi legati alla sostenibilità. Tra queste, sono state individuate le 53
marche, evidenti casi di greenwashing, che sono state oggetto dello studio. SEMPRINI S., “Sei modi
di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 76. http://www.gdoweek.it
203
Anon.., “Sempre più greenwashing, dagli Stati Uniti all'Italia cresce l'interesse delle imprese”,
Adnkronos, 15 luglio 2011, http://www.adnkronos.com
204
SEMPRINI S., “Sei modi di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 74.
http://www.gdoweek.it
70
comunque difficilmente reperibili anche sul sito web aziendale. Se l’informazione
esiste, ed è positiva per l’immagine aziendale, non ci dovrebbero essere motivi per
tenerla nascosta. Anche il modo in cui queste informazioni vengono rese note è
fondamentale; infatti, essere “generosi” con le informazioni fornite non equivale ad
una semplice abbondanza ma piuttosto a preoccuparsi di porgerle in modo semplice e
comprensibile per gli utenti.205
Comunicare caratteristiche green che in realtà sono irrilevanti
o non vengono inserite in una visione sistemica della
sostenibilità. Ogni informazione, infatti, ha valore in base al
contesto in cui è inserita. Un piccolo impegno può risultare
rilevante
nell’ambito
di
un
contesto
specifico;
altre
manifestazioni, magari più impegnative, perdono la loro rilevanza se non sono ben
contestualizzate.
Fornire dati e informazioni presentandoli come certificati, ma
da se stessi, senza l’intervento di una terza parte indipendente
che ne garantisca procedure e veridicità. Talvolta sono
apposte anche finte eco-label su annunci pubblicitari e/o sulle
confezioni.
Comunicare come essenza del messaggio la generosità nel
finanziare progetti socio-ambientali. In altre parole, quando
l’azienda si auto-celebra. Risulta inoltre controproducente il
messaggio veicolato ai consumatori del “prima sporco e poi
compenso”.206
205
Anon.., “Sempre più greenwashing, dagli Stati Uniti all'Italia cresce l'interesse delle imprese”,
Adnkronos, 15 luglio 2011, http://www.adnkronos.com
206
SEMPRINI S., “Sei modi di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 76.
http://www.gdoweek.it
71
Utilizzare visual o parole che evocano una sensibilità
ambientale che poi non corrisponde alla realtà. Un modo per
attirare l’attenzione su una mera comunicazione commerciale,
tingendola di verde.
In sintesi, dall'indagine di GreenBean, emergono tre macro tendenze all'interno delle
quali i brand coinvolti nell’indagine commettono gli errori individuati: delegano al
consumatore la responsabilità di salvare il pianeta utilizzando il tal prodotto a
valenza green, innescando quindi una sorta di ricatto emotivo; ricercano indulgenza,
auto-glorificandosi; infine relegano il consumatore a un ruolo passivo, ponendo
continui limiti al suo bisogno di conoscenza, negandola o minimizzandola.207
La figura 9 riassume i comportamenti che le aziende dovrebbero tenere per evitare di
cadere in comportamenti riconducibili al greenwashing, tra i quali spiccano la
necessità di creare meccanismi di massima trasparenza nel caso in cui non ci siano
terze parti indipendenti che assumono il ruolo di garante tramite le certificazioni e il
fatto di evitare di evocare, tramite immagini e slogan, la sostenibilità se non ve n’è
presente alcuna traccia riscontrabile.
Figura 9: Come evitare di cadere in errore
Fonte: GDOWEEK, http://www.gdoweek.it
207
Anon., “Sempre più greenwashing, dagli Stati Uniti all'Italia cresce l'interesse delle imprese”,
Adnkronos, 15 luglio 2011, http://www.adnkronos.com
72
5.3 Come contrastare il greenwashing
Nel paragrafo precedente si è visto come dall’indagine promossa da GreenBean, sia
emerso il comportamento scorretto di alcune aziende che, per approfittare della
crescente sensibilità all’eco-sostenibilità ambientale, spesso pongano in essere
comportamenti riconducibili al greenwashing. Per il consumatore, che si trova
quotidianamente circondato da claim pubblicitari che inneggiano a svolte green da
parte di aziende di svariati settori, la possibilità di cadere in errore è sempre più
frequente.
Arginare il fenomeno del greenwashing richiede non solo di reprimere
comportamenti scorretti delle aziende ma anche di puntare a importanti campagne di
educazione, al fine di rendere le persone più consapevoli di ciò che le circonda. In
altre parole, per difendersi dal greenwashing, il consumatore deve informarsi e porsi
in maniera critica davanti ai quei messaggi pubblicitari che sono “too good to be
true”.
In aggiunta, trovare la verità nel caos che dilaga nel web non è certamente facile,
soprattutto per coloro che non hanno competenze specifiche in materia, ma negli
ultimi anni sono state intraprese delle importanti iniziative che possono accorrere in
aiuto del consumatore che vuole contrastare il fenomeno del greenwashing attraverso
un consumo consapevole, favorendo quelle aziende che si preoccupano davvero
dell’impatto ambientale e boicottando invece quelle che utilizzano delle vie poco
green per attirare i consumatori. Tra le iniziative tese a guidare il consumatore verso
scelte corrette e consapevoli va segnalata quella di Futerra208, un'associazione inglese
che propone la “Greenwash guide”, una guida stampabile attraverso la quale è
possibile riconoscere le aziende che hanno dei comportamenti non in linea con la
mission eco-sostenibile che dichiarano e a evitarle.209 Fornisce inoltre un simpatico
decalogo dei segnali più comuni del greenwashing.210
La società americana EnviroMedia Social Marketing211, leader statunitense nella
consulenza aziendale in fatto di sostenibilità ambientale, ha creato un'interessante
208
http://www.futerra.co.uk/
PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il
Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html
210
“The Greenwash Guide”, http://www.futerra.co.uk/downloads/Greenwash_Guide.pdf
211
http://www.enviromedia.com/
209
73
community online, denominata Greenwashingindex212, dove gli utenti possono
segnalare, commentare e giudicare spot televisivi e in generale messaggi pubblicitari
di aziende e organizzazioni, sospettati di essere casi di greenwashing.213
Un’altra iniziativa americana per aiutare i consumatori ad arginare il greenwashing è
sicuramente la “GoodGuide”214, creata dal prestigioso MIT (Massachusetts Institute
of Technology) di Cambridge (vicino Boston), che classifica molti prodotti di largo
consumo esprimendo un giudizio secondo tre basilari parametri: salute, impatto
ambientale e impatto sociale.
Infine, è importante citare GreenWikia215 che, utilizzando lo stesso approccio di
Wikipedia, consente a tutti di partecipare alla discussione sulle tematiche ambientali,
per rendere disponibili informazioni veritiere e il più possibile riscontrabili.216
In conclusione è possibile affermare che il danno provocato dal greenwashing è
articolato: inganna i consumatori che vorrebbero scegliere beni concepiti secondo
logiche eco-sostenibili e induce confusione e sfiducia in quei produttori che invece si
stanno sforzando per un’effettiva opera di ripensamento del modo di produrre.
5.4 Cosa avviene in campo cosmetico?
Nei paragrafi precedenti si è cercato di far luce sul fenomeno del greenwashing in
generale, fornendo una definizione, ponendo l’accento sui suoi contenuti e elencando
alcune iniziative che hanno lo scopo di informare i consumatori e di aiutarli ad
arginare questa pratica scorretta posta in essere da un numero elevato di aziende
appartenenti ai più svariati settori.
Il settore della cosmesi e della bellezza non è certo immune dal greenwashing.
Come già evidenziato precedentemente, la quota di mercato dei cosmetici che
vantano caratteristiche green è in costante crescita, con il proliferare di intere linee di
prodotti che si dichiarano ecobio senza averne le caratteristiche. È importante
212
http://www.greenwashingindex.com/
PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il
Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html
214
http://www.goodguide.com/
215
http://green.wikia.com/wiki/Wikia_Green
216
PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il
Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html
213
74
puntualizzare che non basta che la confezione di un cosmetico sia verde o che utilizzi
un claim con la parola “natura” perché il suo contenuto sia davvero “pulito”.
Per evidenziare come il greenwashing si sia diffuso anche nel comparto cosmetico è
opportuno citare l’analisi svolta da Beth Greer, green opinion leader e autrice del
best seller “Super Natural Home: Improve Your Health, Home, and Planet--One
Room at a Time” uscito nel 2009.217 In un articolo postato nel suo blog, dal titolo “10
Ways To Tell If A Product Is (Or Isn’t) Really ‘Natural’”218 (10 modo per dire se un
prodotto è o meno davvero naturale), Beth spiega ai consumatori come possono
difendersi dal greenwashing cosmetico e quali sono le dieci espressioni che
compaiono sulle etichette e sui claim, alle quali si deve porre maggiore attenzione:
•
amico dell’ambiente. Si tratta di dichiarazioni inappropriate, perché non
esistono standard o linee guida per delineare tali qualità. Pertanto si tratta di
una comunicazione troppo vaga per poter essere significativa;
•
dermatologicamente testato, testato su pelli sensibili, ipoallergenico. La
legge non prevede che tali test debbano essere eseguiti da medici, quindi non
è detto che siano scientificamente provati;219
•
derivato da “sostanza naturale x”. occorre fare attenzione a non associare
l’uso di un prodotto naturale, come l’olio di cocco, ad un prodotto sicuro,
perché anche da queste materie prime si estraggono chimicamente prodotti
nocivi;220
•
senza profumo. Dichiarazione che non esclude la presenza di oli essenziali,
sostanze chimiche discutibili o coloranti artificiali, che sono comunque fonte
di allergie.
•
non tossico. La definizione di “non tossico” sottende in realtà l’affermazione
“più sicuro rispetto ad alcuni ingredienti pericolosi”. La tossicità è riferita a
situazioni in cui il prodotto venga ingerito, inalato o assorbito dalla pelle, ma
non riguarda gli effetti derivanti da un’esposizione prolungata ad esso. È
217
http://supernaturalmom.com/about/
http://supernaturalmom.com/2011/12/28/10-ways-to-tell-if-a-product-is-or-isnt-really-natural/
219
Ibid.
220
È importante ricordare di non associare automaticamente “prodotto con sostanze naturali” =
“prodotto più sicuro”. Alcuni dei più potenti veleni, infatti, sono di origine naturale, questo,
ovviamente, non significa creare degli inutili fanatismi settoriali (100% vegetale o 100% sintetico),
ma fornire al consumatore tutti gli elementi possibile affinché operi una scelta d’acquisto in modo
critico e consapevole.
218
75
proprio questo il punto più discusso in relazione a saponi, cosmetici e
deodoranti;221
•
biologico: alcuni brand appongono sulle etichette la dicitura “Bio” ma in
realtà nei prodotti non c’è quasi nulla di veramente biologico oppure
l’ingrediente derivante da agricoltura biologica è presente in quantità risibile
che non è certamente sufficiente per catalogare il prodotto come biologico.222
•
libero da “sostanza x” (vietata per legge). Affermare che non siano presenti
sostanze vietate non consente al consumatore di fare una comparazione tra
diversi prodotti, perché se sono in commercio, tutti sono privi di tali elementi.
Quindi si tratta di una comunicazione irrilevante;
•
certificato green. Secondo l’Istituto ISO , “verde o green” sono aggettivi
troppo vaghi da poter essere rilevati. Quindi non può esserci alcun ente
esterno che garantisca queste caratteristiche;223
•
naturale. Termine generico che non significa sempre “sostanza che si trova in
natura”, quindi si tratta di un aggettivo inadeguato;
•
realizzato con “prodotto di natura x”. L’impiego di sostanze come il limone,
ad esempio, non significa di per sé nulla se non rapportato almeno alla
percentuale reale presente nel prodotto. Spesso accade infatti, che venga
comunicata la presenza di sostanze che in realtà rappresentano solo l’1%.224
Come il fenomeno del greenwashing sia diffuso nel settore cosmetico è testimoniato
anche dallo studio della Centrale del Consumatore di Amburgo realizzato nel
dicembre 2009 che ha smascherato molti prodotti cosmetici pseudo-ecologici. Il test,
effettuato su 18 prodotti “ecobio”, ha messo in luce la presenza di svariati elementi di
sintesi di origine petrolchimica, insieme a poche tracce di componenti di origine
naturale. I richiami, ad esempio, all'aloe vera o all'estratto di melagrana bio, si sono
rivelati soltanto degli specchietti per le allodole, smentiti poi nei codici INCI,
obbligatori sulle confezioni, ma che spesso risultano di difficile lettura da parte della
maggioranza dei consumatori.225
221
http://saponetteverdi.com/2012/02/09/da-guzzanti-al-greenwashing-dei-cosmetici/
http://supernaturalmom.com/2011/12/28/10-ways-to-tell-if-a-product-is-or-isnt-really-natural/
223
http://saponetteverdi.com/2012/02/09/da-guzzanti-al-greenwashing-dei-cosmetici/
224
Ibid.
225
BINDI G., “Cosmetici finto-naturali”, Terra Nuova, a piedi nudi sul pianeta, 09 febbraio 2010,
http://www.aamterranuova.it
222
76
Come è già stato puntualizzato in precedenza, Internet supporta la tendenza al
naturale e biologico, anche per quanto riguarda i cosmetici; marchi e prodotti
dilagano, con tutti i rischi che ne possono derivare. La disinformazione cosmetica in
rete è stata favorita negli ultimi tempi dalla crescita di blog, forum e social network,
dove persone senza alcuna competenza scientifica in materia, giudicano
negativamente alcuni prodotti e brand, senza rendersi conto della forte influenza che
hanno sugli utenti. Il risultato è la diffusione virale di vere e proprie “eco-bufale”226 e
di una dilagante sfiducia dei consumatori che sono sempre più confusi riguardo alla
veridicità dei messaggi che ricevono.
La confusione di cui si lamentano i consumatori è inoltre amplificata dalla mancanza
di dettami certi in merito al significato dei termini “naturale” e “biologico” quando
attribuiti ad un cosmetico. A differenza degli alimenti, infatti, non esistono normative
ufficiali che definiscano il significato ed i parametri per poter definire un cosmetico
naturale e/o biologico. Precise regole in tal senso dovrebbero essere stabilite in un
contesto ufficiale al pari di quanto avvenuto per la definizione di cosmetico, imposta
prima dalla Direttiva europea
76/768/CEE ed oggi dal Regolamento Europeo
1223/09.227
Al fine di “smascherare” i finti eco-cosmetici il consumatore può innanzitutto
chiedere consiglio ai professionisti del settore come erboristi, farmacisti e
dermatologi ma, in caso si trovi da solo a dover operare la scelta di un prodotto
cosmetico, gli strumenti per evitare di cadere nel greenwashing sono quelli già
esposti nei capitoli precedenti: prediligere prodotti certificati dai più importanti enti
italiani e internazionali,228 leggere attentamente l’etichetta e valutare l’elenco degli
ingredienti (INCI) del prodotto avvalendosi del prezioso aiuto del BioDizionario229 o
dell’Icea Check.230
226
Ecobufale è un neologismo indicante le comunicazioni ed informazioni ingannevoli, fuorvianti o
semplicemente false o infondate fatte circolare per sostenere virtù ambientaliste , etiche o salutistiche.
http://www.nononsensecosmethic.org/?p=40223
227
TROVATO M. “Cosmetici naturali biologici ed ecologici: un po’ di chiarezza”, 4° Convegno
Nazionale AIDECO, Roma 25-25 novembre 2011.
http://www.aideco.org/5convegno/atti/Corso/TROVATO.pdf
228
L’elenco dei più importanti enti certificatori italiani e internazionali è stato già trattato al paragrafo
3.3.2 “Enti di certificazioni ed eco-label”.
229
http://www.biodizionario.it/
230
https://itunes.apple.com/it/app/icea-check/id555325156?mt=8
77
CAP. 6 IL MARKETING NEL SETTORE COSMETICO: IL
RUOLO DEI SOCIAL NETWORK
In questo capitolo verrà affrontato il complesso tema del marketing; dopo aver
fornito alcune definizioni per chiarire il significato del termine e delle attività che
coinvolge, verrà ripercorsa l’evoluzione del marketing, dalla massificazione alla
personalizzazione, al fine di comprendere come i nuovi mezzi di comunicazione e
soprattutto Internet hanno modificato il rapporto tra l’impresa e il consumatore.
Particolare attenzione verrà infine offerta al ruolo dei social media nelle strategie di
marketing in campo cosmetico.
6.1 Alcune definizioni del termine marketing
In un significato ampio, il marketing, può essere inteso come l’insieme di analisi,
decisioni e azioni riguardanti il rapporto fra l’offerta di un’impresa e la domanda del
mercato avente come scopo quello di soddisfare le esigenze e le necessità di
determinati clienti, conseguendo un profitto.231 Secondo una recente e generale
definizione di Philip Kotler, uno dei più grandi studiosi in questo ambito, il
marketing è infatti definibile come “il processo mediante il quale le imprese creano
valore per i clienti e instaurano con loro solide relazioni al fine di ottenere in
cambio un ulteriore valore”.232
In altre parole, l’impresa offre un determinato valore al mercato, attraverso la
commercializzazione di beni o di servizi, per ottenere in cambio dell’altro valore,
solitamente in forma monetaria. (figura 9).
231
ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano,
2009, pag 2.
232
KOTLER P., ARMSTRONG G., “Principi di Marketing”, Pearson Education, Milano, 2009, pag 6.
78
Valore
Beni e Servizi
OFFERTA
dell’impresa
DOMANDA
del mercato
Prezzo
Valore
Figura 10: Rappresentazione schematica del marketing tra domanda e offerta
Fonte: nostra elaborazione
Di conseguenza, il marketing può essere inteso come quell’attività volta a gestire il
rapporto tra offerta di beni e servizi e domanda proveniente dai clienti intermedi e
dai consumatori finali.
Il significato che attribuiamo oggi al termine marketing è frutto del passaggio dalla
produzione artigianale a quella industriale e di massa. Nella produzione artigianale,
infatti, l'acquirente poteva ottenere dall’artigiano, un prodotto che si adattasse alle
specifiche esigenze personali (tailor-made product); peculiarità di questo prodotto
era l’impossibilità di essere riprodotto in più copie identiche. L’avvento della
rivoluzione industriale modificò radicalmente la tecnologia produttiva, cambiando, di
conseguenza, anche il rapporto tra offerta e domanda di beni.233 Di seguito viene
ripercorsa tale evoluzione.
6.2 L’evoluzione del marketing: dalla massificazione alla personalizzazione
Risulta chiaro che per l’impresa, non esiste un modo uniforme di rapportarsi con il
mercato: dipende dal contesto geografico, dal momento storico che ogni sistema si
trova ad attraversare e dalla capacità delle singole imprese ad adattarsi alla domanda
innovando la propria offerta.
La letteratura di marketing propone l'analisi evolutiva del concetto di marketing
attraverso quattro orientamenti principali, in cui il marketing, da strumento di
233
CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”,
Ipsoa, Milano, 2006, pag 6.
79
supporto all'atto di vendita, diventa un vero e proprio processo di gestione delle
dinamiche del mercato di riferimento: orientamento alla produzione, orientamento
alla vendita, orientamento al mercato e orientamento alla relazione.
•
Orientamento alla produzione
L'impresa vende ciò che sa produrre: concentra cioè la propria attenzione sul
miglioramento della produzione e sull'efficienza distributiva. L’azienda si occupa di
fabbricare il prodotto nel miglior modo, al minor costo possibile, limitando la vendita
quasi esclusivamente alla distribuzione fisica sul mercato.234 Tale orientamento è
efficace quando la domanda di un prodotto supera l'offerta. Il marketing orientato
alla produzione ha come obiettivo l'aumento dei volumi di vendita finalizzata al
contenimento dei costi di produzione.235 Secondo questa impostazione i consumatori
sono considerati come aventi tutti medesimo peso per l'azienda, che cerca di
raggiungerli in maniera indifferenziata.236
•
Orientamento alla vendita o alla transazione
Quando l’azienda non riesce a vendere in misura adeguata ai suoi obiettivi può
cercare di adottare azioni di vendita su larga scala e aggressive campagne
promozionali. Tale orientamento è tipico dei periodi in cui l’offerta supera
quantitativamente la domanda. Il marketing orientato alla transazione vede l'impresa
focalizzarsi esclusivamente sulle attività di vendita del proprio bene o servizio.
L’importante in tali situazioni è riuscire a vendere ciò che si produce, ma così
facendo l’azienda si concentra solo su risultati di breve termine (con la conclusione
di transazioni di vendita) piuttosto che sullo sviluppo di durevoli relazioni di lungo
termine con i clienti. Lo scopo dell’azienda è di trovare nuovi clienti a cui vendere il
prodotto, senza preoccuparsi troppo della soddisfazione dei clienti stessi. Il rischio
risiede nella possibilità che il cliente insoddisfatto generi un passaparola negativo,
con un conseguente peggioramento dei risultati aziendali nel lungo termine. In
generale, i consumatori cominciano ad acquisire un peso differente in base al volume
234
ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano,
2009, pag 3.
235
CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”,
Ipsoa, Milano, 2006, pag 6.
236
ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano,
2009, pag 3.
80
e al valore dei loro acquisti anche se le dinamiche competitive tra le imprese si
fondano sull'esclusivo utilizzo della leva del prezzo.237
•
Orientamento al mercato
L'orientamento al mercato (detto anche orientamento di marketing) è caratterizzato
dal fatto che “il raggiungimento degli obiettivi d'impresa presuppone la
determinazione dei bisogni e dei desideri dei mercati obiettivo, nonché il loro
soddisfacimento in un modo più efficace ed efficiente rispetto ai concorrenti”.238
Il marketing di un’impresa orientata al mercato è quello che pone l'accento sul
marketing mix, ovvero sulla gestione armonizzata delle quattro leve fondamentali:
product, price, place, promotion (definite 4P). In questa fase l'impresa comincia a
tener conto, da un lato delle esigenze e delle aspettative del consumatore e, dall'altro
dell'operato della concorrenza. La formulazione dell'offerta è il risultato di un'analisi
congiunta svolta sia sulla concorrenza sia sul consumatore. Quindi, accanto alla
gestione della leva del prezzo, cominceranno ad acquisire importanza anche la leva
del prodotto, quella distributiva nonché quella promozionale.239
Per citare Peter Drucker : “in questa fase l'obiettivo del marketing è quello di rendere
superflua l'attività di vendita”.240
•
Orientamento alla relazione
Le aziende ormai da tempo sono consumer oriented, guardano cioè al consumatore
per studiare, interpretare e soddisfare i suoi bisogni (attuali o potenziali),
raggiungendo così un profitto.241 L’orientamento al cliente richiede all’azienda di
disporre di maggiori informazioni, al fine di poter interpretare al meglio le sue
esigenze. Il marketing orientato alla relazione rappresenta una rivisitazione del
precedente approccio in quanto, secondo questa impostazione, l'armonizzazione delle
237
CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”,
Ipsoa, Milano, 2006, pag 6.
238
KOTLER P., ARMSTRONG G., “Principi di Marketing”, Pearson Education, Milano, 2009, pag
17.
239
CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”,
Ipsoa, Milano, 2006, pag 6.
240
Secondo Peter Drucker, uno dei più illuminati studiosi del settore, “il marketing, più che una
scienza, è un’arte che ha come obiettivo quello di rendere superflua l’attività di vendita”. Pur
convenendo che una certa attività di vendita sarà sempre necessaria, continua affermando che
“l’obiettivo del marketing è quello di acquisire una conoscenza ed una comprensione del cliente tali
che il prodotto o il servizio si vendano da soli. Idealmente, il marketing dovrebbe avere come risultato
un cliente pronto ad acquistare”. DRUCKER P., “Manuale di management”, Etas Libri, Milano 1978.
241
ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano,
2009, pag 4.
81
quattro leve precedentemente descritte avviene attraverso la gestione di una quinta
(People), ovvero attraverso la tendenziale costruzione di vere proprie partnership con
ogni singolo attore del mercato. Secondo questo approccio, il cliente diviene il punto
focale delle strategie di marketing.242 Oggi la maggior parte delle imprese ha
compreso che è il cliente, soddisfatto e fedele, l'asset aziendale più importante: da
qui l'importanza assunta dalle strategie improntate sulla crescita dei meccanismi di
ritenzione e fidelizzazione della clientela.243
6.3 Il marketing relazionale
Come accennato, ben presto il marketing di massa ha dovuto cedere il passo alla
“clusterizzazione” del mercato, talvolta al marketing di nicchia, fino alla più moderna
filosofia “client driven”, diretta conseguenza della sopraggiunta consapevolezza di
non poter concepire unitariamente il mercato e di non poter gestire in maniera
tradizionale le quattro leve di marketing mix. La personalizzazione del rapporto
azienda-cliente ha rivoluzionato in modo significativo i concetti del marketing
“classico”.
Negli anni ‘80, infatti, il principio prevalente che guidava la pianificazione e
l’attuazione delle politiche di marketing era quello della “segmentazione del
mercato”; si trattava di un concetto relativamente facile e intuitivo ma già molto
innovativo rispetto all’approccio al mercato adottato dalle imprese nell’immediato
dopoguerra.244 Successivamente, l'acuirsi delle dinamiche competitive tra le imprese
e la diminuzione dei costi di ritenzione dei clienti rispetto a quelli di acquisizione di
nuovi, ha spinto le imprese ad abbandonare l'orientamento al mercato e ad
abbracciare quello alla relazione (relationship marketing).245
242
CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”,
Ipsoa, Milano, 2006, pag 6.
243
Ibid., pag 20.
244
CARDINI I., “Cenni di marketing relazionale”, http://www.psicolab.net
245
CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”,
Ipsoa, Milano, 2006, pag 20.
82
Differenze tra Mass Marketing e Relationship Marketing
Figura 11: Differenze tra Mass Marketing e Relationship Marketing
Fonte: CONTALDO G., LARGO T. ,“Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”
Il marketing relazionale si pone come obiettivo di iniziare, negoziare e gestire le
relazioni di scambio; si basa sulla comprensione dei bisogni e dei desideri dei clienti,
e si realizza ponendo tali desideri al centro del business, integrandoli con la strategia
complessiva, la tecnologia ed il processo di business stesso.
L’obiettivo non è più solo conquistare nuovi clienti ma, soprattutto, trattenere e
fidelizzare quelli più “redditizi“. Kotler, a tal proposito, nel suo libro “Principi di
Marketing” afferma: “Le imprese devono spostare la loro attenzione da obiettivi a
breve termine incentrati sulle transazioni alla costruzione di relazioni a lungo
termine con i clienti”.246
Il marketing relazionale è supportato ed implementato anche da una serie di
tecnologie
che
contribuiscono
alla
realizzazione
pratica
dei
principi
di
“personalizzazione” dell’azione di marketing percepibile soprattutto dal cliente.
L’avvento di Internet e lo sviluppo delle telecomunicazioni, ha infatti arricchito di
nuovi strumenti la relazione tra impresa e cliente.247 Allo stesso tempo ha generato
maggiore competitività e ha reso più difficile conservare la fedeltà dei clienti
(diventati sempre più esigenti e informati).
In un tale contesto si è reso necessario adottare diverse strategie di marketing, basate
su strumenti operativi idonei a comprendere i bisogni dei clienti e a migliorare il
rapporto con gli stessi.248 Secondo l’economista Webster “se in passato il problema
246
KOTLER P., ARMSTRONG G., “Principi di Marketing”, Pearson Education, Milano, 2009.
GRANDINETTI R., “Concetti e strumenti di marketing”, ETAS, Milano, pag 427, 2002.
248
CARDINI I., “Cenni di marketing relazionale”, http://www.psicolab.net
247
83
di marketing che l’impresa doveva affrontare, consisteva nella gestione delle
transazioni di mercato secondo una logica microeconomica di massimizzazione del
profitto, nella fase attuale il problema è la gestione delle relazioni con i clienti e con
gli altri soggetti che partecipano al sistema del valore dell’impresa, con l’obiettivo
di garantire ai clienti un valore superiore”.249
Il marketing relazionale si occupa quindi di creare un rapporto solido tra cliente e
azienda. Secondo questa prospettiva, molte aziende stanno mettendo in pratica il
CRM ( Customer Relationship Management) e di conseguenza si impegnano a curare
in modo specifico la relazione con il cliente. Si parla, quindi, di management e non
più soltanto di marketing, perché le variabili che intervengono per attivare e gestire
una buona relazione dipendono da tutte le divisioni aziendali: dalla produzione alla
distribuzione.250
Da un punto di vista scientifico, i primi studi sul marketing relazionale risalgono ai
primi anni ’80 e sono riferiti esclusivamente ai beni industriali, negli anni successivi
si è invece registrato un forte sviluppo del relationship marketing applicato ai servizi.
Sarà necessario attendere ancora più di un decennio per assistere alla sua
applicazione ai beni di consumo. Questo avviene per effetto di due fenomeni distinti:
1. la graduale terziarizzazione dei prodotti offerti ai consumatori dalla imprese:
il prodotto finale acquistato dal cliente integra al suo interno le prestazioni
fornite dalle diverse organizzazioni di prodotti e servizi collegati nel sistema
di valore.251
L’approccio utilizzato nel marketing relazionale si concentra appunto sulle
varie interdipendenze che intercorrono nelle relazioni lungo il sistema di
valore.
2. La disponibilità di tecnologie in grado di offrire, a basso costo e in breve
tempo, prodotti personalizzati in grado di soddisfare i singoli di bisogni dei
consumatori presi individualmente: il concetto qui richiamato è quello della
“mass customization” che vede nella tecnologia un driver determinante.
249
GRANDINETTI R., “Concetti e strumenti di marketing”, ETAS, Milano, pag 401 2002.
BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano,
2009, pag 180.
251
“Molti dei servizi che I prodotti di consumo incorporano richiedono la partecipazione non solo del
produttore ma anche di altri soggetti che operano nella filiera produttiva. Sono necessarie strette
relazioni tra il produttore e l’agente di vendita, tra l’agente di vendita e il dettagliante, tra il
dettagliante e il consumatore.” HETZEL P., “Le marketing relationnel”, PUF, Parigi, 2007.
250
84
Grazie all’evoluzione avvenuta nelle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (ICT), molte imprese hanno potuto abbandonare la
produzione di massa e adottare la produzione flessibile che permette di
proporre un’offerta varia e personalizzata al consumatore.252
Lo schema seguente può fornire degli spunti per chiarire il passaggio da un approccio
incentrato sul mass marketing ad uno incentrato sul relationship marketing (fig. 11).
Schema riassuntivo: dal marketing di massa al marketing relazionale
Produzione di massa
Produzione flessibile
Grande impresa
Organizzazione a rete
(corporation)
(network)
Consumatore passivo e
Soggettività interattiva
massificato
del consumatore
Figura 12: Schema riassuntivo: dal marketing di massa al marketing relazionale
Fonte: nostra elaborazione
6.4 Il marketing One-to-One (1to1): oltre il marketing relazionale
La rivoluzione nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione,
non ha determinato solamente l’adozione di un sistema di produzione flessibile ma
ha anche portato al passaggio da una relazione unidirezionale con il consumatore, ad
una logica bidirezionale e cooperativa (interattiva). Sono infatti emerse nuove
opportunità per raccogliere ed elaborare un maggior quantitativo di informazioni.253
Internet è il primo tra i mass media a permettere l’interazione: la radio, la tv e la
stampa, portano le informazioni al consumatore finale ma non danno la possibilità di
replicare in maniera diretta (feedback). Grazie alle caratteristiche peculiari della sua
252
La “mass customization” è un diverso approccio gestionale per l’azienda e si esplicita con il
passaggio dal modello MTS (make to stock Æ produrre a magazzino) al più evoluto BTO (build to
order Æ produrre su commessa). In altre parole, con il termine “mass customization” si designa
l’abilità delle imprese a soddisfare, a prezzi contenuti, bisogni e desideri del cliente, considerato
singolarmente. THORSTEN B., FRIEDRICH G., “Mass Customization: concepts, tools, realization”,
GITO-Verlag, Berlino, 2005, pag 2.
253
VICARI S., “Il management nell’era della connessione”, EGEA, Milano 2001.
85
tecnologia, Internet fornisce l’occasione di instaurare facilmente delle relazioni
personalizzate con i clienti, che si dimostrerebbero invece complesse, dispendiose e
poco puntuali nel mercato offline.254
Fare marketing utilizzando la Rete significa porre il consumatore al centro
dell’attenzione prima, durante e dopo il processo d’acquisto, instaurando un dialogo
sincero in cui la vendita non è l’obiettivo primario e abbandonando una visione
quantitativa per preferirne una qualitativa della relazione.255
L’utilizzo di Internet, infatti, permette alle aziende di fornire maggiori servizi ai
clienti e, nello stesso tempo, raccogliere utili informazioni che le permettono di poter
identificare gli stessi e i loro comportamenti. Questa nuova prospettiva manifestata
dalle imprese, ha portato in diversi casi al marketing 1to1, che risulta essere il
naturale completamento della mass customization.
Una frase di Don Peppers, considerato una delle autorità a livello mondiale per
quanto riguarda le strategie di business customer-focused, indica una delle più
importanti innovazioni commerciali degli ultimi anni:256 “dai al tuo cliente
l’opportunità di spiegarti cosa desidera, tienilo a mente, realizzalo per lui,
comunicaglielo e lo avrai conquistato per sempre”.257 Questa è l’essenza del nuovo
approccio al marketing, definito appunto “one-to-one” in quanto è così
personalizzato da arrivare al punto di prevedere la gestione di un rapporto interattivo
con ciascun singolo cliente. Secondo Don Peppers, l’impresa, al fine di perseguire
questo nuovo approccio, deve abbandonare il marketing di massa generalista, per
trarre profitto dai nuovi strumenti tecnologici e aumentare la propria capacità
competitiva. Diventare un'impresa 1to1 significa saper riconoscere singolarmente i
propri clienti e le rispettive necessità, e proporre loro prodotti e servizi talmente
personalizzati da scoraggiare qualsiasi migrazione verso la concorrenza. Al tempo
stesso significa riconoscere quali tra loro sono di maggior valore, cioè contribuiscono
254
HETZEL P., “Le marketing relationnel”, PUF, Parigi, 2007.
VICARI S., “il management nell’era della connessione”, EGEA, Milano, 2001
256
PEPPERS D., “Il marketing one to one”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2000, pag 83.
257
LAMBORGHINI B., “Guida alla Net Economy. Cosa conoscere e come prepararsi per entrare con
successo nell'economia digitale”, Franco Angeli, Milano, 2000, pag 134.
255
86
in maniera preponderante al risultato economico dell'azienda e perciò premiarli,
incentivandoli a servirsi dei nostri prodotti in misura ancora maggiore.258
Laddove l'azienda mass market classica opera differenziando i prodotti, l'impresa
1to1 differenzia i clienti agendo contemporaneamente anche sui prodotti. L’obiettivo
dell'impresa 1to1 è di conquistare nuovi clienti e al tempo stesso conservarli e
svilupparli; tale sfida richiede il ricorso intensivo agli strumenti di profilazione e
d'interazione offerti dalla moderna tecnologia informatica e dal Web.259
Il marketing 1to1 nasce come sorta di sottocategoria del relationship marketing
(fig.12) anche se non tutto ciò che rientra nel relationship marketing può essere
ricondotto al marketing 1to1; l’azienda deve dimostrarsi in grado di cambiare il
proprio comportamento nei confronti del singolo cliente, in base alle informazioni
che esso comunica.
RELATIONSHIP MARKETING
MARKETING 1to1
Figura 13: Il rapporto tra relationship marketing e marketing 1to1
Fonte: nostra elaborazione
Nel suo libro Don Peppers definisce così il marketing 1to1: “in luogo di vendere un
solo prodotto alla volta al maggior numero possibile di clienti in una particolare
stagione di vendita, chi applica il marketing 1to1 sfrutta il potenziale del database
clienti e della comunicazione interattiva per vendere a un solo cliente alla volta, il
maggior numero di beni e servizi per l’intera durata della relazione di clientela”.260
258
PEPPERS D., ROGERS M., “Enterprise One to One”, Crown Publishing Group, New York,1999,
pag 224.
259
MAZZONI R. “Il futuro dell'impresa secondo Don Peppers”, itechStudio,
http://www.01net.it/itechstudio/articoli/0,1254,4_ART_24783,00.html
260
Ibid.
87
In altre parole, si tratta di coniugare l’Information Technology, di cui si dispone oggi,
con l’affabilità e la conoscenza del cliente propria del negoziante degli anni ’50.261
Il marketing 1to1 si basa essenzialmente sull’idea di “trattare clienti diversi in
maniera diversa”.262 Il concetto può apparire piuttosto semplice ma il suo sviluppo
operativo non lo è altrettanto: tutte le attività aziendali devono essere riorganizzate
sulla base delle singole esigenze dei singoli clienti. Per creare delle relazioni 1to1 a
lungo termine, l’azienda deve continuamente registrare le interazioni che avvengono
con i singoli clienti e deve rispondere dinamicamente alle informazioni che può
trarre da tali interazioni. L’impresa deve saper coinvolgere i propri clienti e in
particolare quelli considerati migliori, sforzandosi per ottenere la loro fedeltà.263 Uno
degli strumenti per attuare un approccio di marketing 1to1 , come detto, è senz’altro
Internet. La rete possiede un vantaggio enorme rispetto ad altri mezzi oggi
disponibili e permette di conseguire realmente l’obiettivo prioritario del marketing:
quello di poter raggiungere, conoscere e dialogare in modo interattivo con il singolo
cliente, al fine di creare un profilo delle sue preferenze ed esigenze d’acquisto.264
Nel piano di marketing che intenda sfruttare le potenzialità di Internet possono
trovare spazio strategie diverse a seconda dell’impresa. Innanzitutto è necessario che
l’azienda faccia il punto della situazione per quanto riguarda il proprio utilizzo della
Rete.
261
HETZEL P., “Le marketing relationnel”, PUF, Parigi, 2007.
L’obiettivo della strategia di marketing non è più quello di soddisfare la domanda di un cliente
standard, bensì quella del Signor X, un soggetto con un identikit preciso. I clienti non vanno trattati
tutti allo stesso modo perché ognuno di essi presenta delle esigenze diverse. PEPPERS D., “Il
marketing one to one”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2000, pag 3.
263
Ibid.
264
http://www.frontpoint.it/it/materiali/nuove_tec.asp
262
88
Un modo molto semplice per valutare il proprio posizionamento è quello di
collocarsi all'interno di una delle fasi di sviluppo descritte nel seguente schema:
Comunicazione
3RVWDHOHWWURQLFD
Promozione
Servizi Interattivi
6HUYL]LGL&XVWRPHU
6HUYLFHYLD:HE
&DWDORJRULFKLHVWHGL
RIIHUWHRUGLQLHFF
6LWRZHESHUOD
SUHVHQWD]LRQHH
O·RIIHUWDGHLVHUYL]L
Social Media
6RFLDOQHWZRUN
EORJIRUXP
YLGHRRQOLQH
Figura 14: I diversi utilizzi della Rete da parte dell’azienda
Fonte: http://www.frontpoint.it/it/materiali/nuove_tec.asp
1. Comunicazione: la più diffusa applicazione di Internet nelle aziende è
sicuramente quella relativa all'invio e alla ricezione di messaggi di posta
elettronica. Tale tecnologia è sempre più indispensabile nel lavoro
quotidiano.
2. Promozione: creazione di un sito aziendale finalizzato alla presentazione
dell'Impresa e alla promozione dei suoi beni e servizi; una sorta di “vetrina
virtuale”.
3. Servizi interattivi: è il passaggio successivo nell'evoluzione dei servizi
Internet offerti dalle imprese ai propri clienti. Riguarda la possibilità di offrire
ai clienti attivi e potenziali, informazioni sugli sconti e le condizioni
commerciali a loro riservate, la possibilità di richiedere offerte, inviare ordini
ecc. Generalmente si fa riferimento a questa categoria di servizi quando si
attivano delle funzioni di e-commerce.265
4. Social media: si tratta della nuova frontiera dell’utilizzo del web da parte
delle aziende. Ai social media viene riconosciuto soprattutto il fatto di essere
dei validi strumenti di informazione e di relazione con clienti e consumatori,
grazie alla capacità di favorire il dialogo e l’interazione. Attraverso l’utilizzo
dei social media da parte delle aziende è inoltre possibile raccogliere
feedback e suggerimenti su prodotti e servizi da parte dei consumatori.
265
http://www.frontpoint.it/it/materiali/nuove_tec.asp
89
Il marketing 1to1, fino ad alcuni anni fa, comportava costi proibitivi (soprattutto per
le PMI) e risultava perciò poco praticabile per il mercato tradizionale; oggi, con
l’avvento dell’era interattiva, è divenuto un prerequisito indispensabile per il
successo commerciale. Infine è possibile riassumere in alcuni punti, i benefici
dell’approccio 1to1 come strategia di marketing:
•
offre economie di scopo, non economie di scala;
•
lo sforzo è concentrato soprattutto sui clienti più redditizi (circa il 10-20% del
totale), tenendo presente che acquisire nuovi clienti è di gran lunga più
oneroso che fidelizzare i clienti attuali, specie se redditizi;
•
i clienti con i quali si instaura una relazione più stretta, possono essere fonte
di idee per lo sviluppo di nuove prospettive di business;
•
i clienti soddisfatti e fedeli innescano effetti passaparola spontanei, inoltre
sono ottime referenze per nuovi potenziali clienti.266
6.5 Il web come strumento di marketing in campo cosmetico
Pianificare e attuare una campagna di marketing e comunicazione online (web
marketing and advertising) non significa abbandonare i tradizionali canali di
comunicazione ma, piuttosto, esplorare nuove possibilità offerte dalla Rete allo
scopo di interagire costantemente con il proprio consumatore finale. I forum, i blog,
YouTube, Facebook, Twitter, ecc., sono moderne piazze, nuovi spazi virtuali, dove
le aziende possono incontrare potenziali clienti, non tanto per offrire loro prodotti,
ma per capire chi sono e cosa desiderano realmente (fig.15).
266
http://blog.bizen.it/web-marketing/246/marketingonetoone/
90
Figura 15 : l’intricato insieme dei Social Media
Fonte: http://www.allure.it
Questi nuovi strumenti riguardano il contatto diretto con il consumatore, e ciò
presuppone la capacità di saper coinvolgere gli interlocutori nel dialogo, per
“guadagnare” la loro fiducia, ascoltando i loro bisogni e aspirazioni, i loro problemi e
le loro idee.
Prima dell’avvento di Internet, e della conseguente esplosione dei social media, gli
strumenti di comunicazione a disposizione degli operatori di marketing erano i
tradizionali metodi push: messaggi e spot pubblicitari passati alla tv e alla radio,
immagini pubblicitarie che riempiono le riviste di ogni settore;267 la maggioranza di
questi messaggi, indipendentemente dalla loro diffusione, era creata con lo scopo di
pressare il destinatario.268
Negli ultimi quindici anni, invece, la Rete ha completamente modificato il processo
di raccolta e scambio di informazioni (nel B2B, nel B2C, così come tra utenti privati)
e il modo in cui l’azienda deve concepire e attuare la comunicazione dei propri beni
e/o servizi; ha inoltre totalmente rivoluzionato le dinamiche di socializzazione grazie
al successo dei vari social network (in primis MySpace, che è stato poi velocemente
“abbandonato” in favore di Facebook e Twitter).269
Per poter sviluppare una campagna online di successo soprattutto attraverso i social
media è necessario prima di tutto capire il loro funzionamento e comprendere che il
267
CHASE L., KNEBL K., “La rivoluzione dei social media nelle vendite”, Franco Angeli, Milano,
2012, pag 20.
268
Critico nei confronti della pubblicità tradizionale è anche David Meerman Scott che la considera
come un insieme di comunicazioni unidirezionali e focalizzate sul prodotto. MEERMAN SCOTT D.,
“Nuove regole di marketing e Pr.”, Libreria dello Sport, Milano, 2011, p. 39.
269
CHASE L., KNEBL K., “La rivoluzione dei social media nelle vendite”, Franco Angeli, Milano,
2012, pag 21.
91
mondo online è di “proprietà” del consumatore. Le piattaforme di social networking
sono “controllate” da chi le usa attivamente, i flussi comunicativi sono infiniti ed è lo
stesso utente ad operare una selezione delle informazioni in base ai propri interessi,
perché non è più disposto a subire passivamente la comunicazione insistente dei
venditori, ma vuole avere la possibilità di decidere come, quando, cosa ascoltare e
come interagire con i messaggi pubblicitari.270
Anche nel campo della cosmetica si assiste all’esplosione del ruolo del web come
fattore di successo nel business aziendale, infatti la web advertising è stata anche uno
tra i temi più importanti affrontati alla sesta edizione della Beauty Web Conference
che si è tenuta a Milano lo scorso ottobre. L’evento, promosso da Unipro e
Bellezza.it271 ha coinvolto più di 150 operatori del settore cosmetico e del marketing
che hanno potuto testimoniare come il settore della bellezza sia attento alle reali
opportunità di business offerte dalla Rete. In occasione della conferenza, il presidente
di Unipro, Fabio Rossello ha illustrato i risultati del sondaggio online “L’utilizzo di
Internet da parte delle aziende cosmetiche” al quale hanno risposto oltre 130 aziende
del settore. Dai dati emersi è possibile evincere come l’interesse verso la
comunicazione con il pubblico si stia esprimendo sempre di più tramite strumenti
web dinamici e interattivi che bene si adattano alla forte connotazione emotiva
veicolata dal prodotto cosmetico. Secondo il sondaggio Unipro, nell’ultimo periodo è
fortemente aumentato il numero di aziende cosmetiche che si sono dotate di sito web
aziendale e che lo utilizzano come mezzo di social CRM (Custumer Relationship
Management); i siti vengono frequentemente aggiornati e ormai sono diventati, per le
aziende, uno strumento imprescindibile della comunicazione.
270
Ibidem.
Bellezza.it è un portale italiano che si rivolge sia ai consumatori sia ai professionisti del settore
cosmetico. La sua mission è la ricerca della bellezza non solo come ideale estetico, ma come nuovo
stile di vita. Gli utenti possono porre domande agli esperti, utilizzare i servizi interattivi, cercare
informazioni, e scambiarsi consigli sul Forum. Per gli addetti ai lavori Bellezza.it è sicuramente un
punto di riferimento importante dove scoprire le ultime tendenze, trovare approfondimenti aggiornati
e autorevoli, informarsi su eventi speciali dedicati al mondo del beauty e del wellness professionale.
Bellezza.it offre inoltre alle aziende la possibilità di comunicare in modo efficace e innovativo
attraverso strumenti e spazi personalizzati come: beauty-letter, leaderboard, invio di samples, ecc...
Le soluzioni sono diversificate e molteplici, accomunate dalla capacità di valorizzare il messaggio
pubblicitario, aumentare la visibilità del brand e raggiungere il target di riferimento evitando inutili
dispersioni. http://www.bellezza.it
271
92
L’utilizzo della newsletter272 è ancora poco diffuso, anche se si tratta di un fenomeno
in crescita; le aziende che la usano, la inviano ai contatti presenti nelle propria
mailing list con frequenza mensile.273
Le operazioni concrete che un’azienda cosmetica potrebbe intraprendere per
incrementare il proprio successo attraverso il web sono essenzialmente di due tipi:
•
creazione di un sito web aziendale: le applicazioni a cui si presta un sito web
aziendale sono molteplici. Innanzitutto può essere usato come vetrina per i
propri prodotti e come veicolo per la campagna pubblicitaria, creando
continuum con la pubblicità sui media tradizionali e sul web, rafforzando
l’immagine aziendale. Il sito può essere usato anche come spazio per
informare i consumatori/utenti sulle iniziative intraprese dall’azienda come
sponsorizzazione di eventi culturali o iniziative di beneficenza. Al suo interno
si potrebbe inoltre creare uno spazio dedicato ai commenti dei consumatori
sui prodotti e sulla loro esperienza d’acquisto presso i punti vendita.
Trattandosi di prodotti cosmetici sarebbe utile avere anche una sezione
dedicata ai “Tips”, consigli puntuali su come utilizzare nel migliore dei modi
i prodotti o, meglio ancora contattare dei makeup artist con cui avviare una
collaborazione. Infine, un’ulteriore opportunità che potrebbe incrementare il
successo aziendale, è offerta dall’e-commerce. Un solo strumento, il sito web
appunto, per più utilizzi diversi ma integrati tra loro: mezzo di informazione,
media pubblicitario e commercio elettronico.
•
Adozione di strumenti che sfruttano l’aspetto visivo e che arrivano
direttamente all’utente: invio di DEM274, newsletter e advertising sul web.
Dopo una prima fase di lancio, sarà necessario poi lavorare sul buzzing e sulla
272
Newsletter: indica un servizio di notizie a tema che viene diffuso periodicamente tramite mail a
tutti gli utente che ne hanno fatto richiesta inserendo il proprio indirizzo e-mail nell’apposito form del
sito. VIETRI D., CAPPELLOTTO G., “E-commerce. Progettare e realizzare un negozio online di
successo”, Hoepli, Milano, 2011, pag. 40.
273
ROSSELLO F., presidente Unipro “L’utilizzo di internet da parte delle aziende cosmetiche.
Risultati del sondaggio online” http://www.unipro.org
274
DEM (Direct Email Marketing): indica una tecnica di comunicazione che consiste nell’inviare una
mail pubblicitaria a un sottoinsieme con precise caratteristiche. A differenza della newsletter che
raggiunge indistintamente tutti gli iscritti alla mailing list, il DEM prevede invece di comunicare con
utenti profilati, potenzialmente interessati all’offerta. Il DEM infatti contiene solo pubblicità mentre la
newsletter è di carattere più informativo e può contenere notizie, aggiornamenti e novità riguardanti
l’azienda. VIETRI D., CAPPELLOTTO G., “E-commerce. Progettare e realizzare un negozio online
di successo”, Hoepli, Milano, 2011, pag 40.
93
reputation: quindi forum dedicati alla bellezza, coinvolgimento di beautyblogger e presenza costante sui social network.275
Da quanto appare dai risultati del sondaggio “L’utilizzo di Internet da parte delle
aziende cosmetiche”, si può notare una predilezione delle aziende cosmetiche per i
social media rispetto agli altri strumenti offerti dal web.276 Del resto i social media
sono diventati molto di moda in questi ultimi anni, sono usati da un numero sempre
crescente di persone molto diverse tra loro, presentano esigue barriere all’entrata,
sono di facile utilizzo e permettono un contatto diretto con l’utente, avendo inoltre la
possibilità di monitorare costantemente gli input da lui offerti.
Nello specifico, la figura 16 esplicita i risultati ottenuti dal sondaggio online sulla
presenza sui social media da parte delle aziende cosmetiche. Le 130 aziende
intervistate dovevano riferire in merito all’utilizzo da parte dell’azienda dei social
media, segnalando in quali è già presente e in quali progetta entrare.277
31%
social network
(Facebook, Google+)
video (YouTube, Vimeo)
16%
1%
nessuna presenza, ma
possibile in futuro
non sono interessati ai
social media
1%
blog, forum
6%
social network
professionali (Linkedln)
15%
7%
Microblog (Twitter, Plurk)
social bookmarking
(Del.icio.us)
11%
12%
altro
Figura 16: I social media in cui sono presenti le aziende cosmetiche italiane
Fonte: nostra elaborazione a partire dai risultati del sondaggio realizzato da Unipro
275
Cristina Ginelli, trade marketing manager Vagheggi, durante il suo intervento in occasione del
convengo “La formula della Bellezza” tenutosi presso il centro congressi della Confartigianato di
Vicenza, domenica 18 novembre 2012, ha diffuso reali esempi positivi per superare la crisi, creando le
“10 mosse per avere successo nel settore beauty”.
276
ROSSELLO F., presidente Unipro “L’utilizzo di internet da parte delle aziende cosmetiche”. I
risultati del sondaggio online sono stati presentati a Milano il 26 ottobre 2011. http://www.unipro.org
277
http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/1.Rossello_Unipro.pdf
94
I dati forniti dal sondaggio fanno emergere la presenza della stessa azienda su più
piattaforme contemporaneamente, segno del crescente utilizzo dei social media da
parte delle aziende cosmetiche. È possibile notare come i social network, e Facebook
in particolare, occupino il primo posto nelle strategie di social media planning per gli
oltre 130 intervistati riguardo la presenza nel panorama social. Ben più distante, ma
in continua crescita, è l’utilizzo da parte delle aziende cosmetiche di YouTube (16%)
e di blog e forum (11%). Ancora basso, in percentuale, risulta invece l’utilizzo dei
social network dedicati al mondo professionale e dei Microblog. Circa il 30% delle
aziende intervistate invece, non è ancora presente in nessun social media ma più del
15% sta valutando come inserirsi in questo mondo, mentre il 12% è irremovibile e
ammette di non aver alcun interesse al riguardo. Sicuramente questi dati sono la
conferma di una generale propensione delle aziende cosmetiche verso i new media278
È ormai evidente che il web abbia cambiato il mondo della comunicazione aziendale
del settore cosmetico e ignorare questa evoluzione sarebbe controproducente. È
altrettanto evidente come i social media abbiano cambiato il modo in cui le aziende
cosmetiche e le profumerie comunicano con i propri consumatori (attuali e
potenziali). La conferma del crescente utilizzo di questo medium è arrivata anche
dagli esperti del settore come Giuseppe Francioni (Direttore Marketing di Clinique)
che ha sottolineato come il mondo digitale si differenzia dagli altri media tradizionali
soprattutto in relazione alla potenzialità pressoché infinita di interazione con il
consumatore attraverso il coinvolgimento bidirezionale e attivo tra i soggetti. La
presenza dell’azienda su più social network permette una migliore profilazione del
target e la possibilità di monitorare in modo puntuale l’andamento della propria
campagna di comunicazione grazie ai feedback dei consumatori. Avvicinarsi al
consumatore tramite i social network aiuta a creare con l’azienda un rapporto di
fiducia.279
Evelina Locatelli (Communication Specialist di Deborah Italia) fa notare come la
stessa immagine pubblicata su diverse piattaforme (Facebook, Pinterest, Flick’r)
possa sortire effetti diversi. Il compito degli addetti al marketing è di cogliere tali
278
POSITANO G., “Aziende Cosmetiche e Social Media”, Accademia 33, anno 4 n.8, Editore Unipro,
Milano.
279
MUDULU G., SOMMARIVA W., “La rivoluzione dei Social Media nelle vendite”, Allure, the
trade beauty magazine, 2012, http://www.allure.it
95
differenze e agire di conseguenza. La presenza dei brand sui social media deve
puntare sulla capacità di coinvolgere, di creare community, scegliendo blogger di
riferimento che sappiano suscitare fiducia e partecipazione. L’esperta fa notare come
nel giro di pochi anni il web sia passato da mezzo di comunicazione a piattaforma di
interazione, introducendo un nuovo fenomeno che sta affollando il web: le “guresse
del makeup”. Un network di ragazze “comuni” heavy user di makeup e dalle enormi
competenze che influenzano il pubblico, sono autorevoli ed “educano” le loro
follower ad utilizzare prodotti anche molto tecnici.280
6.6 Le guresse del makeup
E già stato rilevato precedentemente, come il web sia diventato uno strumento
fondamentale per le aziende cosmetiche sia per instaurare una relazione a lungo
termine con i propri consumatori, sia per incrementare il proprio successo. In
particolare il canale video online si è dimostrato un filtro molto importante per la
diffusione della conoscenza dei brand cosmetici in quanto agevola un meccanismo di
promozione spontanea dal basso.281
La piattaforma di video online più conosciuta e utilizzata è, senza ombra di dubbio,
YouTube282 creata nel 2005 da tre ex dipendenti di PayPal e diventata il “luogo”
privilegiato per lo sviluppo di una vera e propria beauty community popolata dalla
“guresse del makeup” (o makeup guru), divenute oramai le makeup artist della
generazione 2.0 grazie ai loro video che contano ogni giorno milioni di
visualizzazioni.
280
Ibid.
NOTTI T., “Con il web la cosmesi green accresce il consumo etico”, Markup gennaio/febbraio
2012, pag 90.
282
YouTube è una piattaforma di contenuti gratuiti (video in particolare) che gli utenti frequentano per
2 scopi principali: divertirsi e avere informazioni utili. Per inquadrare al meglio le potenzialità di
Youtube come canale di veicolazione di contenuti è opportuno fornire qualche dato: il traffico di
Youtube rappresenta il 10% del totale traffico Internet; ogni giorno vi sono 2 miliardi di
visualizzazioni video; il 70% del traffico di YouTube proviene da Paesi al di fuori degli USA;
YouTube è localizzato in 25 Paesi e disponibile in 38 lingue; l’Italia pesa per il 4% circa del totale
visite su Youtube. Youtube, grazie alla sua viralità, può diventare uno strumento molto potente per
l’azienda se vengono sfruttate le molteplici opportunità offerte da questo mezzo per: migliorare la
conoscenza dell’azienda e del proprio brand; fare promozione su specifici prodotti, eventi, persone;
fare attività di customer care e post vendita. http://www.mercatoglobale.com/web-marketing/youtubeper-limmagine-ed-il-business-aziendale
281
96
Alle v-logger283 più intraprendenti e di successo più accadere che la propria passione
per il makeup diventi una professione: quando si hanno molti iscritti e un numero
importante di visualizzazioni, YouTube concede la partnership. Sul canale
compaiono degli spot pubblicitari e lo youtuber riceverà un compenso in base al
numero di visualizzazioni provenienti dai proventi pubblicitari: in sintesi più un
video viene visualizzato, più il compenso aumenta.284
I video pubblicati possono essere di vario genere:
•
video tutorial: video per la realizzazione passo a passo di determinate
tecniche di trucco, per l’applicazione ottimale di prodotti per la bellezza;
•
video haul (letteralmente video “bottino”): video relativi a prodotti acquistati
ma non ancora provati sulla propria pelle e quindi non sottoponibili a
recensione;
•
video review: video con recensioni di prodotti testati;
•
video giveaway: video con cessione di premi, nella fattispecie prodotti per il
make-up e la cura di viso e corpo, oltre ad accessori di bellezza.285
Ogni video che viene pubblicato è tutt’altro che improvvisato. Esiste una sorta di
codice non scritto su come un prodotto deve essere presentato e descritto nel video,
esiste un determinato gergo e una determinata gestualità che vengono riproposti ogni
volta; ogni prodotto presente nel video, che sia una review o un tutorial, viene
sapientemente mostrato, analizzato e comparato con i concorrenti nel minimo
dettaglio: prezzo qualità, packaging, texture e reperibilità sul mercato.286
In Italia il fenomeno delle makeup guru si è sviluppato solo recentemente ma è
sufficiente compiere una veloce ricerca tra i canali YouTube più frequentati per
rendersi conto che si tratta di un fenomeno in evidente crescita.
Tutto è cominciato dalle artiste del trucco di lingua inglese e soprattutto da Michelle
Phan, giovanissima americana di origini vietnamite, la quale si è guadagnata una
pagina su Wikipedia287 poiché il suo canale spicca tra quelli con più iscritti (più di
283
Termine inglese derivante dalla fusione di “video” e “blogger”.
http://support.google.com/youtube/bin/answer.py?hl=it&answer=72855
285
BERNARDINI A., “Web 2.0, comunicazione marketing: il fenomeno delle guresse del makeup in
YouTube e nei social network”, http://communicationvillageblog.wordpress.com/2010/07/14/web-20-comunicazione-marketing-fenomeno-guresse-make-up-youtube-e-social-network/
286
NOTTI T., “Con il web la cosmesi green accresce il consumo etico”, Markup gennaio/febbraio
2012, pag 90.
287
http://en.wikipedia.org/wiki/Michelle_Phan
284
97
2.466.000 iscritti, circa 240 video caricati e più di 689.197.000 visualizzazioni
video).288 I suoi video sono tra i più visti e commentati grazie alla chiarezza con cui
svela passo-passo i segreti delle tecniche di makeup, all’editing ricercato e alle
musiche di sottofondo molto raffinate. Recentemente la guru del beauty
internazionale ha creato una propria azienda cosmetica, la IQQU Beauty
International289, ed è stata scelta dalla maison Lancôme come sua nuova video
makeup artist ufficiale.290
Altre stelle della beauty community di YouTube sono le sorelle inglesi Samantha e
Nicola Chapman , in arte Pixiwoo (più di 724.000 iscritti, circa 500 video caricati e
più di 132.052.000 visualizzazioni video).291 Blogger e v-logger, con i loro
cliccatissimi video tutorial su YouTube mostrano come realizzare centinaia di look,
da quelli più naturali a quelli ispirati alle celebrities e ai personaggi dei film. A
Samantha è dedicata una pagina di Wikipedia292 e ha ricevuto due importanti
riconoscimenti del mondo della bellezza e dello stile sul web: il Cosmopolitan Blog
Award nel 2010 e il Beautiful Award nel 2011. Le sorelle Pixiwoo hanno inoltre
lanciato recentemente la propria linea di pennelli professionali: Real Techniques.293
In Italia invece, chi ha dato inizio al fenomeno delle makeup artist 2.0 è stata Clio
Zanmmateo quando nel 2008 ha aperto il suo canale YouTube, ClioMakeUp294 e ha
iniziato a postare dei video nei quali spiegava agli utenti quello che stava imparando
alla MakeUpDesignory (MUD)295, un’accademia di New York per diventare
truccatori professionisti. La consacrazione mediatica su YouTube non si è fatta
attendere e grazie al sempre maggior numero di iscrizioni e visualizzazioni (più di
255.000 iscritti, circa 500 video caricati e più di 105.427.000 visualizzazioni video),
le si sono aperte le porte anche del successo offline. Ha pubblicato due libri editi da
Rizzoli: il primo, nel 2009 intitolato “ClioMakeUp”, una sorta di manuale del
makeup per chi è alle prime armi, in cui vengono spiegate le basi fondamentali del
trucco, gli strumenti da usare e vengono illustrati alcuni look da realizzare. Il
288
Dati rilevati a dicembre 2012. http://www.youtube.com/user/MichellePhan?feature=chclk
http://www.iqqubeauty.com
290
http://www.next-tv.it/2012/01/02/le-youtube-tars-italiane-top-6-make-up-artist/
291
Dati rilevati a dicembre 2012. http://www.youtube.com/user/pixiwoo
292
http://en.wikipedia.org/wiki/Samantha_Chapman#Pixiwoo
293
http://realtechniques.com/
294
http://www.youtube.com/user/cliomakeup
295
http://www.makeupschool.com/
289
98
secondo libro “Clio Beauty-Care. La cura della pelle e i cosmetici fai da te”, uscito
nel 2010, è focalizzato sulla cura della pelle e sulla creazione casalinga di alcuni
prodotti di bellezza.296 Il successo di questa giovane ragazza che da un paesino nel
bellunese si è trasferita a New York per costruirsi una carriera come makeup artist,
non è sfuggito a PUPA Milano che le ha offerto un contratto di collaborazione per
testare i propri prodotti, farne delle video recensioni e realizzare dei video tutorial
che reinterpretino le collezioni makeup. Questo sodalizio si è poi rafforzato nel 2011
con
il
lancio
dell’edizione
limitata
creata
da
Clio:
“CLIOFORPUPA:
MIMI&OSCAR COLLECTION”.297 Un’altra collaborazione prestigiosa è quella con
Vogue: Clio è stata infatti scelta come loro web makeup artist; inoltre, recentemente
ha condotto per il canale “Realtime”, un programma in cui insegna a delle ragazze
comuni a valorizzarsi attraverso il trucco.298 A Clio è stata infine dedicata una
applicazione gratuita per smartphone: un vero e proprio manuale digitale per avere
dei consigli di makeup a portata di touch.299
Un’altra stella di YouTube è Giuliana Arcarese, una makeup artist italiana residente
in California. Giuliana ha due canali YouTube, il canale italiano Makeupdelight2009
(più di 103.000 iscritti, circa 550 video caricati e più di 31.347.000 visualizzazioni
video), e GiulianaMUA, in inglese. I trucchi proposti da Giuliana sono molto esperti
e professionali, tanto da essere apprezzati non solo dalle giovanissime frequentatrici
della rete ma anche da donne più adulte.300 La rivista “Elle USA” le ha dedicato un
articolo nel gennaio 2010, dopo che aveva vinto un concorso indetto dalla casa
cosmetica Covergirl. Attualmente collabora con Deborah Milano attraverso il blog
296
CENTENATO L., SORCHIOTTI T., “Personal Branding. L’arte di promuovere sé stessi online”,
Hoepli, Milano, 2012, pag 139.
297
http://www.pupa.it/ita/Collection/clioforpupa-mimi-oscar-collection.aspx
298
http://www.realtimetv.it/video/programmi/clio-makeup/
299
La beauty app di Cliomakeup permette a tutte le fan di Clio di seguirla costantemente attraverso la
sezione News, che viene aggiornata ogni volta che viene caricato un nuovo video sul canale Youtube
di Cliomakeup. Nella sezione Video, è possibile inoltre ordinare i vari video secondo il parametro che
si vuole in quel momento: per data, per colore, per stile, per evento e extra. Nella sezione MakeUp è
possibile creare il proprio avatar e provare dei look attraverso la sottosezione Trucca Viso. Un’altra
sottosezione Domande & Risposte, è dedicata ai quesiti posti dalle fans a cui Clio risponde
personalmente e infine la sottosezione Top Prodotti contiene i prodotti preferiti da Clio suddivisi per
mesi. Un'app colorata, lineare, intuitiva, e indispensabile per tutte le beauty-addicted.
http://fashionidentity.blogosfere.it/2012/09/cliomakeup-la-prima-guru-italiana-lancia-la-sua-app-periphone-scoprila-adesso.html
300
BERNARDINI A., “Web 2.0, comunicazione marketing: il fenomeno delle guresse del makeup in
YouTube e nei social network”, http://communicationvillageblog.wordpress.com/2010/07/14/web-20-comunicazione-marketing-fenomeno-guresse-make-up-youtube-e-social-network/
99
“Il Design del Colore”, nel quale Giuliana crea dei look usando i prodotti delle varie
collezioni makeup di Deborah, postandone poi i relativi video.301 Come Clio anche
Giuliana ha pubblicato un libro sul makeup, edito da Rizzoli, intitolato “Makeup
Delight”, nel quale sono raccolti molti consigli utili sulle varie tecniche di makeup,
su come abbinare i colori nel modo giusto e una raccolta di look per varie occasioni:
un colloquio di lavoro, a scuola o a una cena romantica, ma anche in spiaggia, in
palestra o a un concerto.
Grazie alla spettacolare efficacia mediatica assunta negli ultimi anni da questi video,
che spesso diventano virali, persone comuni con una forte passione per il makeup,
diventano delle celebrities, della neo-cultura del web 2.0.
Guresse e semplici addicted del makeup su YouTube contemporaneamente ricoprono
sia il ruolo di opinion maker, perché sviluppano e diffondono il proprio parere e la
propria esperienza all’interno di un gruppo di interesse (la beauty community), sia
quello di opinion leader tramite il potere di convincimento dei loro giudizi sui
prodotti, come se i loro video mettessero in atto una specie di passaparola tra gli
utenti, secondo cui un prodotto sia giudicato valido o meno. Le youtuber più
accreditate, proprio in virtù della fiducia accreditata loro dai fan, sono opinion leader
nel senso più stretto della locuzione, perché, da una parte le lezioni online e i consigli
di makeup suggeriscono le tendenze del makeup della stagione agli utenti, e
dall’altra, con i video review, orientano gli acquisti dei prodotti di bellezza.
Le aziende del settore cosmetico più lungimiranti, hanno iniziato a capire e ad
apprezzare la potenzialità di questi contenuti e, sempre più spesso, contattano le
youtuber con un canale dedicato al makeup, proponendo loro di testare gratuitamente
dei loro prodotti e di recensirli attraverso la pubblicazione di un video sul loro
canale, un post su Facebook o un articolo sul blog. Per mezzo di questi interventi si
aumenta il volume delle conversazioni su un dato prodotto, di conseguenza si
incrementa la notorietà e la reputazione del brand.
Il prossimo capitolo sarà interamente dedicato all’approfondimento di questo
fenomeno che si sta rapidamente diffondendo anche nel mondo della cosmesi ecobio.
301
http://www.deborahmilano.com/it/makeup-delight
100
CAP. 7 COSMETICI ECOBIO E SOCIAL MEDIA. LA PAROLA
ALLE BEAUTY BLOGGER E V-LOGGER
7.1 Motivazioni della ricerca
Nei precedenti capitoli si è visto come le strategie di marketing delle imprese
operanti nel mercato della cosmesi si stiano orientando verso l’utilizzo sempre
maggiore della Rete e, in particolare, dei social media. Questo trend ha toccato anche
le aziende di cosmesi ecobio, forse in modo più profondo rispetto alla cosmesi
tradizionale. Infatti si può notare la massiccia presenza e il successo di blog, forum e
canali YouTube espressamente legati a tale tematica.
Sempre un maggior numero di consumatori prima di procedere all’acquisto del
cosmetico preferisce svolgere una piccola indagine online alla ricerca di recensioni,
giudizi e consigli sul prodotto rivolgendosi alle beauty blogger (o v-logger a seconda
dei casi).
Questa nuova beauty community ecobio sta diventando una realtà importante nel
mondo dei social media e molto spesso i consumatori tendono a dare maggior credito
ai giudizi espressi dalla “ragazza della porta accanto” appassionata di cosmetici,
piuttosto che ad altisonanti claim pubblicitari o a studi condotti in laboratorio. È nella
capacità di creare un rapporto paritario con i propri lettori che risiede la formula del
successo di questi strumenti.
A tal proposito è stato ritenuto interessante svolgere una ricerca approfondita su
questo nuovo modo di promuovere, valutare e di far conoscere i prodotti cosmetici
ecobio. Il punto di vista non sarà quindi né quello del consumatore finale né quello
dell’azienda produttrice ma ci si pone tra questi due soggetti, su di un livello
intermedio, quello delle blogger e v-logger, le quali hanno un ruolo centrale nel
filtrare e analizzare le informazioni sui prodotti cosmetici ecobio. Tali informazioni
giungono successivamente ai consumatori addizionate dai loro pareri personali.
Il modo migliore per analizzare questo fenomeno è stato quello di intervistare un
gruppo di blogger e v-logger sottopondo loro una serie di domande sull’argomento
101
“cosmetici ecobio e social media”. A partire poi dalle loro risposte si è cercato di
ricavare alcune chiavi di lettura di questo trend.
7.2 Metodo di ricerca e scelta dei soggetti da intervistare
Il gruppo di blogger e v-logger a cui sottoporre il questionario è stato selezionato in
base ad alcuni criteri ritenuti adeguati al fine di poter “scattare una fotografia”
esaustiva del panorama della beauty community online legata alla tematica ecobio.
I criteri di selezione dei soggetti da intervistare sono stati:
•
fascia d’età compresa tra i 20 e i 40 anni
•
attinenza alla tematica ecobio
•
longevità del blog/canale YouTube/pagina Facebook
•
frequenza nella pubblicazione di articoli/video/post.
•
distribuzione sul territorio nazionale
•
numero di follower e di visualizzazioni
Si è scelto di far ricomprendere le persone intervistate nella fascia d’età 20-40 perché
si ritiene che nella suddetta fascia rientri la maggior parte dei consumatori di
cosmetici che al tempo stesso sono anche frequentatori di social media.
Indubbiamente l’attinenza alla tematica ecobio degli articoli/video/post delle blogger
e v-logger e la longevità del blog o del canale YouTube sono state le discriminanti
fondamentali al momento della loro selezione. Allo scopo di fornire una visione che
fosse il più completa possibile della beauty community online si è cercato di creare
un gruppo di persone intervistate che provenissero da tutto il territorio nazionale.
Infine la frequenza nella pubblicazione e il numero di follower sono state delle
variabili importanti in sede di selezione.
È stato deciso di dare la priorità a coloro che possiedono contemporaneamente sia un
canale attivo sulla piattaforma YouTube sia un blog (o pagina Facebook).
I contatti intrattenuti con le blogger e le v-logger si sono svolti via e-mail o via
Facebook. Innanzitutto è stato esposto loro il presente lavoro di ricerca e la volontà
102
di esplorare il binomio “cosmetica ecobio/social media”. Successivamente, a coloro
che si sono rese disponibili a prendere parte alla ricerca, è stato inviato un
questionario di venti domande sulla tematica in esame.
Su un totale di trenta persone contattate, ventuno hanno risposto favorevolmente; è
possibile quindi affermare di aver ricevuto le risposte da un nutrito gruppo che possa
essere rappresentativo della beauty community online specializzata nella cosmetica
ecobio.
Segue quindi l’elenco delle blogger (e/o v-logger) che hanno acconsentito a
partecipare all’indagine sul binomio “cosmetica ecobio/social media”.
•
Alessandra e Michela (La tribù delle Lunatiche): gestiscono un blog302 e una
pagina Facebook303 in cui trattano argomenti di makeup (sia ecobio sia
tradizionale) e bellezza in generale.
•
Camilla (Camillabertini): ha aperto un canale YouTube circa tre anni fa dove
recensisce prodotti ecobio e parla della sua vita quotidiana304; gestisce inoltre
un blog305 e una pagina su Facebook.306
•
Deborah (DebyVany91): ha creato inizialmente un blog e successivamente un
sito internet sulla cosmesi ecobio (Biomakeup: solo natura sulla tua pelle!)307
supportato dalla sua pagina Facebook.308
•
Desiré (Parfumreview007): gestisce un blog (To be bio: a case of beauty)309
in cui recensisce prodotti cosmetici ecobio e fornisce alcune ricette per crearsi
dei prodotti cosmetici home-made.
•
Giada (Goddessinspired): nel 2009 ha aperto un canale YouTube dove
propone dei tutorial di makeup, recensioni di prodotti cosmetici e di libri;310
gestisce inoltre un blog dove tratta argomenti di bellezza e di moda.311
302
http://womanwaylatribudellelunatiche.blogspot.it/
https://www.facebook.com/le.lunatiche
304
http://www.youtube.com/user/camillabertini
305
http://www.camillabertini.wordpress.com/
306
https://www.facebook.com/camilla.bertiniyt?fref=ts
307
http://www.biomakeup.it/
308
https://www.facebook.com/pages/DebyVany91-Bio-Make-up/139722642804414?fref=ts
309
http://www.tobebioacaseofbeauty.blogspot.it/
303
103
•
Irene e Valentina (Amiche per Passione): nel 2011 hanno aperto un blog312 e
successivamente una pagina Facebook313 in cui recensiscono prodotti
cosmetici soprattutto ecobio.
•
Loredana (BioWorldReviews): ha aperto recentemente un canale YouTube in
cui propone delle review su prodotti cosmetici e per l’igiene personale
esclusivamente ecobio.314
•
Mariangela (Mariangela Balsamo): da oltre un anno ha aperto un canale
YouTube dedicato al mondo del make-up e della cosmetica naturale ed
ecobio;315 gestisce inoltre un blog dove si occupa di recensioni di prodotti
cosmetici.316
•
Martina (Cookies, tea & make-up): gestisce un blog in cui parla di makeup e
beauty in generale;317 ha, inoltre, una pagina Facebook dove posta i suoi
articoli e news sul makeup.318
•
Maura (Mauraga85): gestisce sia un canale YouTube319 sia una pagina
Facebook320 in cui parla di cosmesi ecobio, libri, alimentazione vegetariana e
vegana, allattamento e puericultura.
•
Melania (A Tutto Bio) attraverso la sua pagina Facebook321, il suo blog322 e il
canale YouTube323 fornisce ai suoi follower delle interessanti recensioni sui
prodotti cosmetici ecobio oltre che a preziosi consigli su uno stile di vita più
sano e rispettoso dell’ambiente.
310
http://www.youtube.com/user/goddessinspired/featured
http://www.personalitamultiple.blogspot.it/
312
http://www.amicheperpassione.blogfree.net/
313
https://www.facebook.com/amichexpassione
314
http://www.youtube.com/user/BioWorldReviews
315
http://www.youtube.com/user/MariangelaBalsamo
316
http://www.viadeltrucco75.it/
317
http://www.cookiesteaandmakeup.com/
318
https://www.facebook.com/cookiesteaandmakeup
319
http://www.youtube.com/user/mauraga85
320
https://www.facebook.com/Mauraga85/info
321
https://www.facebook.com/pages/A-Tutto-Bio/195444690562372
322
http://www.atuttobioblog.blogspot.it/
323
http://www.youtube.com/user/AtUtToBiO
311
104
•
Paola (KATTIKful) : nel suo blog324 e nel suo canale YouTube325 parla delle
sue esperienze con i cosmetici ecobio attraverso recensioni e consigli e
condivide con i suoi follower delle ricette vegetariane utilizzando prodotti
biologici.
•
Paola M. (Laboratoriodellefate): nel suo canale YouTube condivide con le
sue iscritte la sua passione per il makeup ecobio.326
•
Rita (Briseide) gestisce un blog327 e una pagina Facebook328 sul makeup e la
cosmesi naturale ed ecobio in cui offre alle sue lettrici recensioni e pareri, sul
mondo dell'ecobio.
•
Silvia (MsSilvy) da oltre un anno ha un canale su YouTube329 dove posta dei
video di recensione su cosmetici e detergenti ecobio; gestisce inoltre un blog
dove pubblica i suoi articoli legati alla medesima tematica.330
•
Valentina (The Thunder of Beauty): ha aperto il suo blog nel 2008 dove da
consigli di moda e di makeup alle sue lettrici.331
•
Valentina (Vaxl2007): da quasi quattro anni pubblica su YouTube332 i suoi
video di makeup (ma non solo) con tutorial , recensioni e consigli per i suoi
follower; nella sua pagina Facebook posta principalmente delle news e degli
articoli su prodotti cosmetici sia tradizionali sia ecobio.333
•
Veronica (MsStardust81) è un’estetista che da più di due anni condivide con i
suoi follower la sua passione per il beauty e il makeup attraverso il suo
blog334, il canale YouTube335 e la pagina Facebook.336
324
http://katpaola.blogspot.it/
http://www.youtube.com/user/KATTIKful
326
http://www.youtube.com/user/laboratoriodellefate
327
http://www.biosamente.blogspot.it/
328
https://www.facebook.com/pages/Biosamente/247028825334969
329
http://www.youtube.com/user/MsSilvy1
330
http://www.mssilvy.blogspot.it/
331
http://www.glitterthunder.blogspot.it/
332
http://www.youtube.com/user/vaxl2007
333
https://www.facebook.com/vaxlmakeup.channel?fref=ts
334
http://www.polveredistellemakeup.com/
335
http://www.youtube.com/user/MsStardust81/videos?flow=grid&view=0
336
https://www.facebook.com/PolveredistelleMakeUp
325
105
•
Viviana (Bellezza EcoBio fatta in casa) ha aperto il blog per condividere
quello che ha imparato sulla cosmetica fai da te offrendo alle sue lettrici delle
semplici ricette per creare da sole i propri cosmetici.337
7.3 Le domande del questionario alla base delle interviste
Al fine di dare pari risalto a tutti i blog/canali YouTube/pagine Facebook contattati,
le interviste hanno avuto tutte la stessa struttura basata su un questionario di venti
domande inviato via e-mail alle quali era possibile rispondere separatamente o con
un testo unico utilizzando le domande come traccia.
Di seguito sono riportare le domande che sono state poste alle ventuno blogger e/o vlogger che hanno dato la loro disponibilità a partecipare alla ricerca.
1. Quando ha deciso di aprire il suo canale YouTube/blog/pagina Facebook?
2. Cosa l’ha spinta a prendere questa decisione?
3. Da quanto tempo è appassionata di cosmetica e di makeup?
4. Perché si dovrebbe passare alla cosmesi ecobio?
5. Mi parli della sua scelta verso una cosmesi ecobio. Le motivazioni che
l’hanno spinta in questa direzione e gli step che ha seguito nella sua
“conversione” dalla cosmesi tradizionale a quella ecobio.
6. Attualmente qual è la sua beauty routine quotidiana?
7. Dove compie abitualmente i suoi acquisti ecobio? GDO, erboristeria,
farmacia, profumeria, portali di e-commerce e siti aziendali online?
8. Con quale criterio sceglie i prodotti da acquistare (brand, certificazioni,
recensioni, ecc.)?
9. Attualmente ha intrapreso delle collaborazioni con alcune aziende
cosmetiche? Le è stato mai proposto?
337
http://www.ecobiobeauty.blogspot.it/p/il-mio-blog.html
106
10. Cosa ne pensa dell’utilizzo dei Social Media nel settore cosmetico in generale
e in quello dei cosmetici ecobio in particolare?
11. Quali pensa siano i punti di forza e di debolezza (se ci sono) della
promozione dei cosmetici ecobio attraverso i Social Media?
12. Come mai, secondo lei, la cosmetica ecobio è principalmente veicolata
attraverso strumenti online (e-commerce, web advertising, blog, vlog, ecc.) e
solo marginalmente attraverso strumenti offline (pubblicità tradizionale,
testimonial, negozi monomarca, ecc.)?
13. In generale pensa che l’ecobio nel settore cosmetico sia un trend o un vero e
proprio stile di vita?
14. Nel web impera una grande confusione sull’argomento ecobio. Cosa pensa a
tal proposito?
15. Che rapporto intrattiene con i suoi follower?
16. Avverte una sorta di responsabilità verso i suoi follower in quanto opinion
maker?
17. Quali sono gli altri blog, canali YouTube dedicati all’argomento in questione
che segue attualmente?
18. Che consigli si sente di dare ad una persona che vorrebbe iniziare ad
utilizzare cosmetici ecobio?
19. Cosa ne pensa del fenomeno “greenwashing”? Secondo lei, i consumatori,
come possono arginarlo?
20. Commenti e suggerimenti finali.
7.4 Analisi dei risultati
Qui di seguito viene presentata una sintesi, organizzata in macroaree, delle risposte
fornite dalle blogger e v-logger intervistate, utile al fine di analizzare il trend dei
cosmetici ecobio da un punto di vista diverso da quello dei produttori e dei
107
consumatori finali. Si è notato infatti che, soprattutto per quanto riguarda questa
tipologia di prodotti, la promozione non avviene in modo tradizionale attraverso
campagne pubblicitarie nei mass media classici ma sono soprattutto gli articoli
postati su Facebook o nei blog e ancora i video caricati sulla piattaforma YouTube ad
influenzare le scelte d’acquisto dei consumatori.
•
Le motivazioni ad aprire un blog o un canale YouTube: le ragioni che hanno
portato le ventuno blogger e v-logger intervistate a pubblicare articoli e video
online sono molteplici ma per tutte la spinta più grande è stata quella di voler
far conoscere la propria opinione e le proprie esperienze legate alla cosmesi
ecobio a consumatori che condividono la stessa passione. È infatti la passione
per questo settore (sorta in momenti diversi per ognuna di loro) che le guida
nella realizzazione delle loro pubblicazioni in rete oltre ad un’indole curiosa
verso le nuove tecnologie che, per le intervistate, sono diventate il miglior
strumento per veicolare la “bio mentalità”. Molte di loro hanno iniziato come
assidue lettrici di altri blog per documentarsi adeguatamente sia sulla cosmesi
ecobio sia sui nuovi trend del mercato cosmetico. Con il tempo hanno capito
di voler dare il loro contributo, condividendo le scoperte fatte in quanto
consumatrici, con le proprie lettrici, mettendosi così ad un livello paritetico
con i propri follower.
I toni degli articoli sono, nella maggior parte dei casi più simili ad “una
chiacchierata tra amiche” piuttosto che “una ricerca in laboratorio” e grazie
alla possibilità di lasciare un commento si crea un clima di armonioso (quasi
sempre) scambio di idee e di esperienze.
L’obiettivo primario della loro attività è infatti quello di far conoscere ad un
pubblico sempre più vasto ed interessato la cosmesi ecobio che per il
momento fatica a ritagliarsi un posto nei media tradizionali.
•
La scelta della cosmetica ecobio: le ragioni che hanno spinto questo
campione di blogger e v-logger a preferire prodotti cosmetici ecobio rispetto
a quelli tradizionali riguardano soprattutto una loro crescente coscienza etica
verso i temi ambientali di salvaguardia degli ecosistemi naturali che per
108
troppo tempo sono stati sfruttati e contaminati anche dalle aziende
cosmetiche. I prodotti cosmetici ecobio, come rimarcano le intervistate,
hanno un impatto ambientale minore rispetto a quelli tradizionali (in fase di
produzione, imballaggio, trasporto, smaltimento). Anche l’amore per gli
animali ha condizionato la scelta delle intervistate che a tal proposito hanno
affermato di prediligere cosmetici ecobio prodotti da aziende che dichiarano
di non testare su animali gli ingredienti usati per la produzione (come si è
visto in precedenza, i test sui prodotti finiti sono stati vietati dal 2004).
Molte di loro hanno affermato di preferire questo tipo di cosmetici per la loro
maggiore efficacia, grazie ad contenuto più elevato di principi attivi, e in
generale perché nella loro preparazione non vengono utilizzati ingredienti
dannosi per l’organismo come siliconi e petrolati. L’attenzione verso la
composizione dei prodotti cosmetici nasce dall’esigenza di sapere
esattamente cosa entra in contatto con la propria pelle e dalla voglia di
prendersi veramente cura del proprio corpo e non semplicemente di apparire
belle e curate.
Come hanno affermato alcune, è tuttavia indispensabile mantenere sempre
uno sguardo critico verso l’offerta che propone il mercato: non tutto ciò che è
chimico è necessariamente dannoso e di conseguenza non tutto ciò che è
vegetale e naturale è migliore. Il messaggio che vogliono trasmettere le
blogger e v-logger è di non cedere ad inutili allarmismi rischiando di cadere
nel “terrorismo cosmetico”.
•
Il passaggio da una beauty routine tradizionale a quella ecobio: la
“conversione” verso i prodotti ecobio non è avvenuta per tutte allo stesso
modo; alcune si sono approcciate a questo tipo di cosmesi un po’ per curiosità
e per moda, altre dopo aver capito quali ingredienti fossero veramente
presenti nei prodotti, altre ancora dopo aver sviluppato delle allergie ad
alcune componenti. Alcune di loro hanno iniziato dall’alimentazione e dopo
aver letto libri e articoli su questo tema hanno compreso che la composizione
dei prodotti utilizzati per la cura del proprio corpo meritava la stessa
attenzione messa nella scelta degli alimenti da consumare, con lo scopo anche
109
di condurre uno stile di vita migliore e più rispettoso dell’ambiente e degli
esseri viventi. La “conversione” all’utilizzo di prodotti ecobio è l’espressione
di una cultura che insegna a non sprecare, a non comprare prodotti inutili, ad
auto-prodursi quello che è possibile, ad apprezzare l’effetto dell’utilizzo
diretto della singola materia prima anziché del prodotto processato.338
All’unanimità le partecipanti hanno affermato di aver riscontrato un vistoso
miglioramento di cute e capelli dopo l’utilizzo assiduo di cosmetici di origine
vegetale.
•
Principali canali di vendita e distribuzione: come si è visto in precedenza, la
maggior parte dei cosmetici ecobio viene venduta online attraverso siti
aziendali e portali e-commerce e infatti le blogger e v-logger intervistate
hanno confermato di effettuare la gran parte dei loro acquisti sul web e solo in
minima parte in bio-profumerie, ovvero negozi fisici che vendono prodotti
naturali, biologici e certificati.
I motivi legati alla scelta di commercializzare prevalentemente online i
prodotti cosmetici ecobio operata delle aziende produttrici riguardano
principalmente aspetti di carattere economico e soprattutto l’economicità
offerta dall’e-commerce. Una piccola casa cosmetica fatica a farsi distribuire
nei grandi circuiti commerciali sia per gli altissimi costi di distribuzione, sia
per l'impossibilità di produrre un gran numero di pezzi di ogni singolo
prodotto, sia per la veloce deperibilità dei cosmetici totalmente naturali. Di
conseguenza un consumatore che vive in un piccolo paese riscontra diverse
difficoltà nel reperire prodotti ecobio che rispondono a certi criteri e perciò
trova molto più agevole ed economico ordinarli online.
•
Criteri di scelta d’acquisto: i criteri che le rispondenti affermano di utilizzare
nella scelta d’acquisto sono generalmente lo studio preliminare dell’azienda
(filosofia aziendale, etica, dimensioni, iniziative ecologiche intraprese),
l’adesione a certificazioni e l’ottenimento di ecolabel, l’analisi personale
338
(l’utilizzo dell’olio di mandorle dolci ad esempio contro all’acquisto di una crema che ne contiene
magari il 10/15%).
110
dell’INCI con l’ausilio del BioDizionario e la consultazione di forum e di siti
in cui i consumatori recensiscono i prodotti che hanno utilizzato. Ancora una
volta viene confermata la valenza degli strumenti offerti dalla Rete nel
reperimento di informazioni utili per la guida all’acquisto consapevole.
•
Ruolo dei social media: a questo proposito le ragazze intervistate sono
consapevoli del crescente utilizzo dei social media come veicolo di
informazione dei prodotti cosmetici e li considerano un buon modo per far
conoscere dei brand che non possono competere sul mercato con le grandi
multinazionali della cosmesi tradizionale. I social media rappresentano
inoltre una possibilità di comunicare le proprie idee, le proprie conoscenze e
le proprie opinioni, in un modo e a una velocità totalmente inedite fino a
pochi anni fa. Al contempo permettono di raggiungere un’ampia fascia di
consumatori desiderosi di avere maggiori informazioni sull’argomento. Le
blogger e v-logger intervistate hanno riscontrato che molte aziende di
cosmetici ecobio hanno deciso di utilizzare gli strumenti offerti dal web per
pubblicizzare i propri prodotti, soprattutto se non hanno a disposizione grandi
budget da dedicare ai mezzi tradizionali di promozione. A loro avviso uno dei
motivi principali che spinge un’azienda ad entrare nel mondo dei social
media è senz’altro il motivo economico: attraverso l’invio gratuito di prodotti
alle blogger e v-logger ricevono un feedback immediato, fanno in modo che
si parli dei loro prodotti innescando un potente passaparola.
Purtroppo non ci sono solo aspetti positivi nell’utilizzo dei social media in
quanto, come è stato più volte fatto notare nei capitoli precedenti, le
informazioni che circolano in Rete sono spesso contrastanti, fuorvianti,
troppo generiche e non verificate, generando così una grande confusione nel
consumatore. Navigare in Internet è come essere in una piazza e sentire
contemporaneamente le voci di tutti, un frastuono generale di suoni
discordanti in cui è difficile ascoltare un’unica voce chiara e attendibile.
Esiste un gran numero di forum, siti e blog in cui vengono dispensati consigli
in modo totalmente improvvisato. Internet è uno strumento utile e potente ma
come tale bisogna usarlo nel modo corretto: è necessario affinare il proprio
111
senso critico, tener sempre presente che si tratta di pareri soggettivi e avere
ben chiaro in mente cosa si cerca in una review ma soprattutto, in un
prodotto.
•
Ecobio: moda o stile di vita? Il pericolo di creare confusione è ancora più
forte in una nicchia di mercato relativamente giovane come quella della
cosmesi ecobio in cui non esiste ancora una letteratura autorevole in materia e
spesso viene vista solo come un trend passeggero. Molti consumatori si sono
inizialmente avvicinati a questa tipologia di prodotti solo per seguire la moda
del momento ma, anche le persone intervistate sono convinte che saranno
coloro che pensano in maniera veramente ecobio che lo porteranno avanti
come stile di vita in quanto si tratta di una scelta che comporta
necessariamente qualche difficoltà iniziale (informarsi, trovare i prodotti,
disintossicarsi dai siliconi, accettare che la durata del make-up sia differente
da quella dei prodotti “classici” ecc.).
•
Rapporto con i follower: Come già accennato, il rapporto che si crea tra
blogger/v-logger e follower è di reciprocità, intesa e condivisione; nessuna
volontà di “indottrinamento” da parte di chi pubblica un articolo o un video
anzi, le blogger e v-logger intervistate hanno tenuto a precisare di essere le
prime a imparare dalle loro follower. Il clima che le intervistate vogliono
mantenere è sempre quello di una “chiacchierata tra amiche” in cui vengono
espressi pareri ed esperienze personali. Ciononostante avvertono una forte
responsabilità verso gli utenti che le seguono e per questo non esitano a dare
le loro reale opinione senza edulcorare la verità ma cercando di fornite tutte le
informazioni possibili in modo che ogni utente abbia gli strumenti per capire
se un determinato prodotto più essere adatto o meno. Sono consce che la
fiducia che i follower ripongono in loro vale molto di più di una crema inviata
gratuitamente da un’azienda con lo scopo di ottenere una recensione positiva.
•
Il greenwashing: Le blogger e v-logger intervistano sono consapevoli di
come il fenomeno del greenwashing si stia sviluppando anche nel settore
112
della cosmetica ecobio. Per questo motivo invitano gli utenti ad informarsi
costantemente sugli ingredienti presenti dai prodotti, sulle eco-label apposte
sulle confezioni e sulle politiche gestionali portate aventi dalle aziende.
Consigliano inoltre di evitare l’acquisto di prodotti provenienti da
multinazionali che, per “cavalcare l’onda dell’ecobio” lanciano sul mercato
intere linee di prodotti verdi dalla dubbia valenza green e di privilegiare
invece quelle piccole aziende (soprattutto italiane) che hanno sempre
perpetuato una produzione eco-compatibile
•
Consigli a chi si avvicina all’ecobio: a coloro che volessero intraprendere la
via dell’ecobio le blogger e v-logger che hanno risposto al questionario
consigliano innanzitutto di informasi adeguatamente in materia, leggere
recensioni di prodotti, articoli e libri, imparare a leggere l’INCI dei prodotti
cosmetici e a riconoscere le certificazioni e le ecolabel, ascoltare le esigenze
del proprio corpo e di compiere i propri acquisti in maniera oculata; ogni
volta che si compie una scelta d’acquisto si aderisce alle scelte politiche e
gestionali dell'azienda, al modo in cui tratta i lavoratori, a ciò che provoca
nell'ambiente e agli animali e alle conseguenze che quel prodotto ha
sull’organismo.
Inoltre le persone intervistate consigliano di usare assiduamente i prodotti
ecobio e di non scoraggiarsi se inizialmente i risultati tardano ad arrivare.
Spesso nel passaggio dalla cosmesi tradizionale a quella ecobio, all'inizio ci si
sente delusi ma bisogna dare il tempo alla pelle e ai capelli di disintossicarsi.
Infine si riporta il pensiero di una v-logger che ben racchiude le motivazioni che
sono alla base di coloro che scelgono di affidarsi alla cosmetica ecobio: “attuare un
consumo consapevole può richiedere un impegno maggiore rispetto agli acquisti
d’impulso ma mi è sembrata poca cosa visto quello che c’era in ballo: il mio
benessere, quello del pianeta (e degli animali vista la scelta cruelty free), e anche un
miglior impiego dei miei soldi. Nessuna scelta radical-chic, nessuno sconvolgimento
di vita, solo una maggiore consapevolezza e la voglia di imparare cose nuove. Che
credo sia, ognuno con la sua gradualità, alla portata di tutti.”.
113
7.5 Considerazioni finali
Le risposte che sono state fornite dalle ventuno blogger e v-logger che hanno
partecipato a questo lavoro di ricerca hanno sicuramente confermato quanto è stato
detto nei capitoli precedenti: la cosmetica ecobio non è semplicemente un trend di
passaggio ma è una nicchia di mercato in continua crescita. Si tratta di un mercato
giovane e formato per la maggior parte da piccole aziende che a livello budgetario
destinato alla promozione dei propri prodotti non possono certamente competere con
le grandi case cosmetiche.
D’altro canto è stato però rilevato che il target di riferimento della cosmesi ecobio
non avverte l’esigenza di estese campagne pubblicitarie in quanto è grande
frequentatore della Rete in generale e dei social media in particolare.
I motivi di questa predilezione possono essere ricercati nel bisogno di reperire
informazioni e recensioni sui prodotti, di sopperire alla scarsa visibilità di questo
genere di cosmetici ed infine nel bisogno di scambiarsi opinioni e consigli prima di
procedere all’acquisto. Lo spirito che guida le follower è quello di volersi confrontare
su un tematica relativamente nuova e sconosciuta ma che al contempo è ritenuta
importante.
L’importanza dell’utilizzo dei social media e soprattutto la facilità di trasmissione e
la viralità che può raggiungere un post online, è stata compresa anche da diverse case
cosmetiche. Negli ultimi tempi sempre più aziende hanno aperto canali YouTube,
blog, siti, account Twitter e pagine Facebook attraverso le quali non si limitano a
invitare all'acquisto dei propri prodotti, ma aiutano il consumatore a comprendere più
a fondo le proprietà degli ingredienti, le tecniche di utilizzo e i criteri di selezione.
Il rapporto con il consumatore si fa quindi più diretto e personale e grazie allo
sviluppo di queste beauty community virtuali hanno la possibilità di avere un ritorno
economico grazie all’aumento dei loro volumi di vendita.
114
CONCLUSIONI
Il lavoro di ricerca fin qui svolto ha consentito di esplorare a fondo il mercato
cosmetico. Un mercato particolarmente rilevante considerato che i cosmetici fanno
parte della nostra vita quotidiana e il loro impiego è legato a comportamenti abituali
di cui ormai non possiamo immaginare di fare a meno.
Proprio perché si tratta di prodotti di uso quotidiano è importante conoscere la loro
composizione e gli effetti che possono provocare sulla pelle.
La crescente volontà di effettuare un’analisi “oggettiva” che consentisse ai
consumatori di operare un consumo più critico e consapevole è stata la stella polare
di questo elaborato. Ogni capitolo è stato scritto tenendo ben presenti le incertezze
tipiche del consumatore che, grazie ad una crescente coscienza etica oppure mosso
dalla curiosità verso questi nuovi prodotti, vuole avvicinarsi alla cosmetica ecobio.
Il lavoro ha messo in risalto che sulla tematica ecobio si avverte la mancanza di fonti
autorevoli e chiare in proposito; la Rete è un valido strumento di informazione ma,
dal momento che tutti possono esprimere liberamente le proprie convinzioni, può
condurre al sorgere di una grande confusione. È proprio questa mancanza di filtro
che ha reso lenta e difficile la fase di reperimento delle informazioni necessarie alla
stesura dell’elaborato.
La successiva operazione di scrematura delle informazioni reperite ha richiesto molto
tempo ed accuratezza ma ha consentito di analizzare a fondo l’argomento in esame.
Dall’analisi condotta è emerso come, nel complesso, il settore cosmetico italiano stia
reagendo proattivamente ad una congiuntura economica sfavorevole a livello
internazionale; i consumi registrati negli ultimi periodi confermano la generale
crescita del settore soprattutto grazie alla nuova tendenza green manifestata dagli
acquirenti.
È proprio su questa tendenza che si è voluto concentrare l’analisi, nel tentativo di
provvedere ad una chiara definizione del cosmetico ecobio, delle sue caratteristiche
estrinseche ed intrinseche, dei canali privilegiati per il suo acquisto e di come fare
per riconoscerlo.
115
L’obiettivo perseguito è stato quindi quello di ridurre la confusione che impera sul
tema sfatando alcuni luoghi comuni, basandosi su dei dati oggettivi (come l’analisi
effettuata su cinque detergenti per il viso) e su fonti autorevoli.
Il lavoro ha messo in evidenza come occorra evitare di appoggiare in modo cieco e
integralista la causa green; proprio a tal proposito l’elaborato non a inteso suggerire
l’abbandono dei cosmetici tradizionali, ma piuttosto fornire alcuni spunti di
riflessione unitamente ad una serie di strumenti pratici per guidare il consumatore
verso un consumo critico e consapevole.
Gli ostacoli a cui deve far fronte il consumatore non sono pochi: scarsa visibilità del
settore, informazioni fuorvianti e greenwashing.
Solo nel momento in cui si è in possesso di informazioni attendibili è possibile
scegliere i prodotti più adatti alle proprie esigenze di bellezza, al proprio stile di vita,
alle proprie convinzioni etiche e alla propria capacità di spesa.
Attraverso l’analisi della nicchia ecobio si è notato come la vendita e la promozione
di questo genere di prodotti fossero veicolate essenzialmente tramite gli strumenti
offerti dalla Rete: portali e-commerce e social media.
Tale utilizzo di Internet è stato poi confermato dalle interviste svolte all’interno della
beauty community online che hanno dimostrato la volontà del consumatore sia di
reperire informazioni valide ed attendibili prima di operare l’acquisto sia di
confrontarsi e scambiarsi opinioni in merito, facendo emergere anche il ruolo
centrale proprio delle opinion maker online.
Al termine di questa ricerca è possibile affermare che la cosmetica ecobio sia ormai
una realtà del settore cosmetico e non una semplice moda passeggera. Il mercato sta
rispondendo positivamente alla progressiva conversione green dei consumatori ma la
strada per far uscire l’ecobio dall’ombra è ancora lunga.
116
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124
RINGRAZIAMENTI
Con questa tesi si conclude ufficialmente il mio percorso universitario. Mi sembra
dunque doveroso ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in questi anni e in
particolar modo in questi ultimi mesi frenetici.
Innanzitutto un doveroso ringraziamento va al Professor Fabio Cassia, il quale,
senza esitazione, ha creduto e appoggiato il mio progetto e mi ha sostenuto in questi
mesi. È sicuramente stato molto più di un relatore, ha saputo infatti ascoltarmi nei
miei momenti di confusione e timore, soprattutto quando questa tesi sembrava non
prendere mai forma; mi ha sempre fornito delle correzioni puntuali e precise ma al
contempo mi ha lasciato completa libertà nella trattazione di un tema che altre
persone avrebbero bocciato senza appello.
Un grazie immenso ai miei genitori, per gli insegnamenti che mi hanno reso la
persona che sono oggi e per il loro costante supporto economico ed emotivo. Grazie
soprattutto a mia madre che ha saputo lasciarmi tempo e spazio per potermi
dedicare completamente alla stesura di questi capitoli, resistendo alla voglia di
chiedermi costantemente come stava procedendo.
Ringrazio la mia coinquilina Mara che mi ha sopportato in questi mesi, ha saputo
ascoltare i miei deliri, i miei malumori, le mie ansie e le mie paure con una pazienza
incredibile. Grazie a Valeria che mi è sempre stata accanto e che per prima ha
creduto nell’argomento di questa tesi. Grazie anche ad Elena che ha svolto
l’importante compito di leggere questo lavoro prima della stampa definitiva.
Ringrazio le blogger e le v-logger per aver accolto con entusiasmo il mio progetto,
per avermi dedicato il loro tempo e per avermi dimostrato il loro sostegno.
Infine vorrei ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno saputo capirmi ed
accettarmi, che hanno sopportato i miei silenzi (pochi), la mia ironia (troppa) e il
mio umorismo (tagliente).
Un grazie di cuore alle persone che mi sono state vicine e hanno sempre creduto in
me, anche quando io per prima non lo facevo.
A tutti semplicemente GRAZIE!
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tesi magistrale silvia rubin