Albero Genealogico
Di Paganelli Alberto
Bisnonno Paioli Gino
1903-1987
Prima guerra mondiale
Nel primo anno di guerra l’Italia rimase neutrale. La Triplice alleanza con Austria e Germania,
aveva un contenuto esclusivamente difensivo, mentre in questo caso era stata l’Austria a
dichiarare guerra alla Serbia. Solo nel Maggio del 1915 l’Italia decise di entrare in guerra al
fianco dei paesi dell’Intesa, con l’obbiettivo di ottenere le terre ancora “irredente”, cioè
tuttora soggette all’Austria: il Trentino e l’Alto Adige sino il confine con il Brennero, Trieste e
la Venezia Giulia.
Bisnonna Galli Adelia
1902-1992
Prima guerra mondiale
La decisione di entrare in guerra maturò un clima reso infuocato dal confronto fra interventisti e
neutralisti. Fra i primi, vi era chi vedeva nella guerra l’unico mezzo per completare l’opera
risorgimentale, chi sperava che la guerra rappresentasse la crisi del capitalismo e la premessa
dalle “miserie” della democrazia parlamentare e del trasformismo. I neutralisti liberali
giolittiani, cattolici e socialisti nonostante rappresentassero la maggioranza del popolo
italiano, vennero sopraffatti dall’aggressiva propaganda intervista, soprattutto da quella
matrice nazionalista.
Bisnonno Paganelli Pietro
Prima guerra mondiale
Decisiva fu tuttavia la posizione del re e del governo, schierati a favore dell’intervento militare,
sulla stessa linea di maggiori gruppi economici, soprattutto dell’industria pesante. Con il patto
di Londra (Aprile 1915) il governo italiano, all’oscuro del parlamento, impegnò il paese a
combattere con l’intesa in cambio di riconoscimenti territoriali, quindi, sull’onda, di
imponenti manifestazioni nazionaliste pro-interventiste e di minacce ai neutralisti, ottenne dal
parlamento l’approvazione dell’entrata in guerra (Maggio 1915).
Bisnonna Cavani Lucia
1913-2004
Società industriale e crisi di massa
Gli anni venti e trenta, sulla spinta dell’impulso dato dal conflitto alla produzione e alla
manifestazione tecnologica, videro la prima affermazione della società industriale
di massa. Nell’officine s’impose l’organizzazione scientifica del lavoro, basata sulla
divisione rigida delle mansioni e sul lavoro seriale, reso possibile dalla catena di
montaggio, utilizzata specialmente nell’industria dell’auto. Alla trasformazione del
lavoro operaio si affiancò l’espansione del certo medio impiegatizio, dei cosiddetti
“colletti bianchi”.
Bisnonna Uguzzoni Irene
1914-2012
I costi della guerra
La guerra ebbe per l’Italia costi umani ed economici enormi: più di un milione tra morti
e feriti: una situazione economico-finanziaria compromessa a causa delle spese
militari: sostenute ricorrendo in prevalenza al debito pubblico e alla svalutazione
della moneta; un apparato industriale che si era si sviluppato grazie alle commesse
militari, ma che ora doveva affrontare anche i problemi della riconversione
all’industria di pace e di un’elevata disoccupazione.
Le difficili condizioni economiche aprirono una fase di acute lotte sociali. L’ondata di
scioperi che investì le fabbriche e le campagne nel 1919-20 ottenne importanti
risultati coinvolgendo milioni di lavoratori, trovando nel Governo un interlocutore
politico disponibile. Il disagio sociale non rimase però circoscritto ai ceti popolari,
ma riguardò anche il ceto medio, colpito dall’inflazione, più debole dal punto di
vista sindacale e animato da un forte risentimento per le difficoltà a reinserirsi nella
vita civile.
Bisnonna Paolina Ruggieri
1911-1993
Nel Marzo 1919 Benito Mussolini fondò a Milano i Fasci di combattimento, con un
programma in apparenza repubblicano e ultrademocratico, ma nella realtà
caratterizzato da uno spirito antiparlamentare, antidemocratico e antisocialista. Il
movimento fascista, si diffuse nella forma dello squadrismo, cioè delle squadre di
camicie nere utilizzate dagli agrari, soprattutto nella pianura padana e in Puglia, per
stroncare con la forza il movimento contadino. Lo squadrismo, ampiamente
tollerato dalle forze di polizia e dai pubblici poteri, fu utilizzato come ama
pressione politica da Mussolini, che contemporaneamente si proponeva al paese
come “uomo d’ordine attraverso il Partito nazionale fascista, con un programma
conservatore e nazionalista.
Nel 1921-22 il fascismo guadagnò consensi presso i ceti medi e la borghesia urbana e
rurale. Nella classe dirigente liberale maturò l’idea di un alleanza con il fascismo
per risolvere la crisi politica del paese e per sconfiggere le sinistre, nell’entrata
convinzione che sarebbe stato poi possibile emarginare Mussolini o ricomprenderlo
nel sistema delle istituzioni parlamentari.
L’ascesa del fascismo venne inoltre facilitata dalle divisioni interne al partito socialista,
che si scisse due volte, la prima a sinistra con la nascita Partito comunista d’Italia,
la seconda a destra con il Partito socialista unitario.
Bisnonno Peppino Maestri
1910-2002
La marcia su Roma
Nell’Ottobre 1922 Mussolini impresse una forte accelerazione alla crisi politica,
organizzando una sorta di colpo di stato, la marcia su Roma, per forzare il sovrano
ad affidargli il governo. L’atteggiamento di Vittorio Emanuele III, che non ordinò
all’esercito d’intervenire, spianò la strada all’avvento del fascismo Mussolini,
nominato presidente del consiglio, prese così legalmente un potere che avrebbe
mantenuto dispoticamente fino al 1943.
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