Inchiesta
Prevenzione
e cura
Luigi Marafante
Compressione elastica
Verso una “cultura
della calza”
I tutori elastocompressivi
sono presidi utilizzati
per prevenire o curare
patologie linfatiche e venose.
Nonostante sia sempre più
evidente la loro efficacia,
la loro diffusione è ancora
esigua e, soprattutto, poco
disciplinata. Non c’è ancora,
per così dire, un’adeguata
“cultura della calza”
che porti a prescrivere,
commercializzare e utilizzare
tale tutore in modo corretto
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L
e calze elastiche possono essere
utilizzate sia a scopo curativo
sia preventivo, presentando
nei differenti casi gradazioni di
pressioni diverse. Maria Pina De
Montis, dell’ortopedia Ortsan di Sassari,
si occupa da tempo della vendita di tutori
elastocompressivi e ritiene siano degli
ottimi ausili a scopo sia terapeutico sia
preventivo: «Le calze elastiche preventive,
con gradazione molto bassa, sono molto
utili per combattere l’affaticamento della
gamba e prevenire eventuali disturbi,
mentre i tutori elastocompressivi,
caratterizzati da una maggiore pressione,
sono da considerarsi alla stregua di
qualsiasi altro presidio medico e devono
essere venduti previa
prescrizione medica. È
basilare distinguere tra
calze elastiche indirizzate
alla prevenzione e calze
specifiche per patologie
più serie: le prime, per
esempio, sono utili per chi
è soggetto a problemi a
livello di microcircolazione
o che presenta capillari
fragili. Questo tipo di calza
ha un effetto molto buono
sulla salute della gamba ed
è più efficace di qualsiasi
crema o compressa».
Continua Lorenza Flaviani
dell’ortopedia Orthesys
di Milano: «Quando
passiamo da una calza
con funzione preventiva
a una con modalità
terapeutica aumenta
la pressione esercitata
sull’arto. Le calze curative
di vere e proprie patologie
sono più costose e più
difficili da gestire, quindi
diventa importante il rapporto diretto
con il paziente: in quest’ultimo caso,
una volta che si posseggono tutti
gli elementi ben definiti riscontrabili
solo ed esclusivamente nella ricetta
medica - quali classe di comprensione
e segmento dell’arto interessato al
trattamento - si fornisce al cliente
l’indumento spiegandogli come indossarla
e possibilmente facendo una prova con
lui per verificarne il corretto uso».
Un’attenta diagnosi
Abbiamo già accennato come questo tipo
di tutore cambi in base al tipo di patologia
da curare o prevenire. Ne consegue
l’importanza di un’approfondita analisi del
paziente per decidere non solo il grado
di compressione della calza, ma anche la
tipologia di tutore adeguato al soggetto
in carico. Lorenza Flaviani sottolinea la
complessità dell’argomento e l’importanza
di una diagnosi il più possibile
dettagliata: «Sia il prescrittore sia il
tecnico ortopedico preposto a prendere
in carico il paziente devono analizzare il
paziente a 360°, dallo scopo per il quale
ci si rivolge alla calza elastica e alla
morfologia dell’assistito. A questo punto
il bravo medico stabilirà se prescrivere
una classe di compressione preventiva spesso erroneamente espressa in denari,
ma correttamente si parla di millimetri di
mercurio (mmHg), ossia rispettivamente
12 o 18 mmHg - o un tutore curativo
con una pressione maggiore. I millimetri
di mercurio sono l’unità di misura che
identifica la pressione esercitata sul
segmento e che si presenta in modo
decrescente, ossia maggiore nella parte
distale della gamba e inferiore nella parte
prossimale del segmento. Altro aspetto
molto importante da definire è il segmento
di arto che si vuole comprimere: vendere
un gambaletto piuttosto che una calza
alla coscia non è assolutamente la stessa
cosa. Va considerata, infine, anche la
corporatura del paziente: a una persona
molto robusta sarebbe controindicato
fornire una calza alla coscia o
un’autoreggente poiché rischierebbe di
arrotolarsi intorno alla gamba e creare
problemi di circolazione.
Un discorso differente riguarda la presa
misure per tutori elastocompressivi
specifici per patologie linfatiche. Questo
tipo di ausili si confeziona su misura
per via del maggior dismorfismo degli
arti con linfedema rispetto a quelli delle
patologie vascolari. La rilevazione delle
misure deve essere effettuata in un
momento preciso e non casualmente. In
questo caso un tutore elastocompressivo
non ha la funzione di ridurre l’edema
ma di mantenere i risultati ottenuti con
il linfodrenaggio. Il lavoro d’équipe in
questo caso è molto importante e di
solito si iniziano a prendere le misure
Il tecnico ortopedico ha un ruolo importante nella vendita delle calze, assistendo il cliente
e informandolo sulla manutenzione del tutore
In Italia ci sono calze terapeutiche ottime di varie marche ma con tabelle di vestibilità
diverse. Quindi se il tecnico ortopedico propone una calza di una marca diversa da quella
prescritta rischia di vendere un prodotto con caratteristiche diverse da quelle volute
verso la metà del trattamento perché è
proprio questo il periodo in cui il paziente
ha ottenuto il massimo dei risultati nella
riduzione dell’edema. Si ha così il tempo
di creare il tutore elastocompressivo
in modo da poterlo fare indossare al
paziente nel momento stesso in cui si
toglie i bendaggi del linfodrenaggio,
assicurando che non si perdano gli
effetti benefici della terapia». Anche
le caratteristiche tecniche dei due tipi
di tutori sono differenti. Prosegue a tal
proposito Lorenza Flaviani: «La differenza
tra i tutori elastocompressivi per terapie
linfatiche e quelli per terapie venose sta
principalmente nelle trame: normalmente
nel campo dell’insufficienza venosa si
lavora ancora oggi con trame a tessitura
rotonda, in questi casi l’adeguamento
del tutore al paziente è risolvibile quasi
sempre utilizzando l’ampia gamma
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di taglie disponibili sul mercato. Il
rischio di questo tipo di tessitura è
l’arrotolamento in quanto, in presenza
di una gamba molto gonfia, la calza
tende a fare “laccio”. La situazione è più
delicata quando ci troviamo a trattare un
linfedema, perché in questa situazione
l’arto è spesso molto gonfio. È stato
quindi necessario inventare un differente
tipo di trama, piatta, tridimensionale
e a celle, che si muove insieme con il
movimento della muscolatura e non entra
nella cute, evitando l’effetto laccio».
L’importanza di una corretta
prescrizione
La mancanza della citata “cultura della
calza” porta a sottovalutare aspetti
che sono invece fondamentali affinché
il presidio svolga correttamente la
sua funzione: «La prescrizione deve
essere necessariamente fatta da uno
specialista» afferma Guido Arpaia,
medico angiologo direttore dell’U.O.S. di
Angiologia dell’Ospedale di Vimercate
(MB), «che di solito per questi casi può
essere l’angiologo, il chirurgo vascolare,
il flebolinfologo o comunque un
medico che deve specificare
il grado di compressione, il
modello della calza, la taglia
e tutte le informazioni che
saranno poi necessarie
al tecnico ortopedico
per fornire al paziente il
tutore consono alle sue
esigenze». Ma non è
così semplice come
può sembrare, a causa
dell’attuale scarsa
regolamentazione
del mercato. Il dott.
Arpaia continua
spiegando che:
«Già determinare
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la classe di compressione crea i primi
fastidi, poiché da qualche anno in Italia
sono disponibili calze terapeutiche
certificate sia secondo il metodo tedesco
sia secondo quello francese e, anche
se entrambi hanno la compressione
graduata in classi (prima, seconda,
terza e quarta classe), il metodo
francese esercita una compressione
più leggera rispetto a quello tedesco.
Quindi se si prescrive una determinata
classe senza però specificare il livello di
compressione in millimetri di mercurio,
c’è il rischio che il paziente si ritrovi
con un ausilio inadatto. La taglia
deve anch’essa essere determinata
in maniera coscienziosa, in quanto il
tutore in questione trasmette il livello
di compressione adeguato solo se la
gamba che la indossa è delle misure
giuste per quella calza, per cui se la
taglia fosse troppo grande, anche con
un grado di pressione in millimetri di
mercurio adeguati, la pressione sarebbe
comunque inferiore a quella necessaria».
«Poiché marche provenienti da Paesi
differenti suddividono la pressione della
calza in modo diverso»
continua Maria Pina De
Montis, «è fondamentale
riferirsi sempre ai millimetri
di mercurio. Di solito si
parte da 12 millimetri di
mercurio per arrivare anche
a 30». L’importanza della
prescrizione è ulteriormente
sottolineata dal dott. Guido
Arpaia, che conclude: «La
prescrizione è veramente
la prima cosa a cui
prestare attenzione e
sottolineo l’importanza
di questo fondamentale
passaggio in quanto,
nonostante se
ne parli ormai da anni e si consideri
un argomento ormai scontato, nella
realtà dei fatti questo tipo di tutore
è ancora molto mal prescritto».
La vendita al cliente
Una volta che il medico avrà individuato la
patologia, scelto la modalità d’intervento
e prescritto il tutore più idoneo, il paziente
si rivolgerà all’ortopedico. Il dott. Arpaia
evidenzia come: «Dal punto di vista della
distribuzione commerciale, un grosso
problema consiste nel fatto che in Italia
sono disponibili calze terapeutiche di
diverse marche di ottimo livello, ma che
hanno tabelle di vestibilità differenti.
Succede quindi che se prescrivo una calza
di una determinata marca con determinati
millimetri di mercurio di compressione e di
una taglia ben precisa ma il commerciante,
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non avendo a disposizione la tal marca e
non volendola ordinare, fornisce una marca
differente, può potenzialmente non fare
l’interesse del paziente, perché rischia di
vendergli un prodotto con caratteristiche
diverse rispetto a quelle volute dal
medico».
Continua Lorenza Flaviani, ribadendo
l’importanza del rispetto delle ricetta
medica ma sottolineando anche il ruolo
che il tecnico ortopedico deve avere nella
vendita delle calze, assistendo il cliente e
fornendogli le informazioni adeguate sulla
manutenzione del tutore: «La prescrizione
riguardante la compressione da fornire al
paziente deve essere fatta esclusivamente
dal medico ed è importante che non
vi sia una sovrapposizione dei ruoli in
questo delicato campo, anche se a volte
ciò significa rinunciare a una vendita.
Altrettanto importante è il rapporto diretto
ortopedico-cliente al momento della
vendita, quest’ultimo va, infatti, assistito
nella vestizione e istruito sulle modalità di
utilizzo del tutore».
«La manutenzione di un tutore
elastocompressivo continua Maria Pina De
Montis «non è troppo differente da quella
di un qualsiasi indumento delicato: si può
tranquillamente lavarlo a 30°C, ovviamente
prestando attenzione al materiale con cui è
stato realizzato. In ogni caso è importante
parlare con il cliente al momento della
vendita, cercando di chiarire il più
possibile ogni suo dubbio sull’utilizzo o
sulla manutenzione del prodotto. La durata
del presidio dipende molto tanto dal tipo
di marca scelta quanto dall’uso che se
ne fa. Una calza elastica va indossata
con attenzione e in maniera corretta,
altrimenti non solo si rischia che non svolga
efficacemente la sua funzione, ma si può
danneggiare con più facilità.
Va anche detto che la qualità della calza
dipende in misura notevole anche dalla
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La calza elastica va prescritta da uno specialista, che specifica grado di compressione, modello e taglia.
Informazioni necessarie per il tecnico ortopedico, affinché fornisca al paziente il tutore corretto
casa produttrice: ci sono aziende che
lavorano in modo talmente raffinato da
poter garantire la durata nel tempo dei loro
prodotti, mentre altre aziende offrono un
prezzo inferiore a discapito della qualità. In
generale, se una calza elastica è trattata
con cura, lavata a 30°C e indossata in
maniera corretta, dura nel tempo».
A tal proposito il dott. Guido Arpaia si
concentra sulle certificazioni di qualità,
non ancora obbligatorie in Italia: «In Italia
il ministero della Salute non richiede
alcuna certificazione per le calze elastiche
terapeutiche, come invece avviene in
Germania, Francia, Inghilterra e Cina.
Di conseguenza, da noi le marche che
si certificano sono molto poche, il che
rende ancora più importante il fatto che la
prescrizione del medico sia precisa e che
venga seguita con attenzione».
Viene spontaneo chiedersi come
reagiscono i clienti davanti alla diversa
qualità delle calze elastiche sul mercato.
Secondo Maria Pina De Montis:
«Nonostante la differenza di qualità
tra calze certificate e non, il cliente
tende comunque sempre a richiedere
quella che costa meno. Credo che
questo comportamento derivi anche
dalla scarsa conoscenza dell’oggetto
e del tipo di cura che si deve fare.
La calza elastica non viene ancora
percepita come un vero e proprio
ausilio e ciò porta a ricercar il maggior
risparmio possibile, indipendentemente
dalla qualità percepita. Va altresì detto
che le calze certificate durano molto
di più delle altre e quindi, se trattate in
maniera adeguata, possono consentire
un effettivo risparmio nel tempo, anche
se la spesa immediata è più elevata.
Purtroppo la scarsa conoscenza di questo
mondo tende a fare prevalere la logica
del risparmio immediato sulla qualità
e sul risparmio nel lungo periodo».
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