Istituto Oncologico Veneto
Centro Regionale di Riferimento - Registro Tumori del Veneto
Gruppo Regionale Patologi
Linee Guida per lo Screening
Mammografico
Padova, maggio 2006
INDICE
Presentazione
4
Introduzione
5
Parte prima:
Procedure diagnostiche pre-operatorie cito-istologiche
7
Introduzione
Uso delle tecniche diagnostiche preoperatorie
Scelta della tecnica di campionamento
Diagnostica istologica: refertazione delle agobiopsie (14 GAUGE)
e agobiopsie vacuum-assisted
Diagnostica citologica
Bibliografia diagnostica cito-istologica pre-operatoria
Controllo di qualità
Bibliografia controlli di qualità
8
8
9
10
17
25
30
33
ALLEGATO 1: Richiesta di esame istologico della mammella
34
ALLEGATO 2: Scheda per l'invio del materiale citologico
35
ALLEGATO 3: Scheda patologica per lo screening mammografico europeo
36
Parte seconda:
Procedure diagnostiche del campione operatorio
37
Esame macroscopico e campionamento del materiale chirurgico
e bioptico della mammella
Principi generali di processazione del materiale chirurgico: dall'arrivo
al laboratorio di anatomia patologica al campionamento
Processazione di campioni chirurgici per esame routinario
Raccomandazioni specifiche in relazione ai differenti tipi di campione
chirurgico
Esame microscopico e diagnosi finale
Bibliografia
38
38
38
40
42
42
ALLEGATO 1: Preparazione pezzo operatorio
43
ALLEGATO 2: Richiesta esame istologico della mammella
46
2
Parte terza:
Protocollo anatomopatologico del linfonodo sentinella
Premessa
Esame e campionamento macroscopico
Esame intraoperatorio
Taglio sezioni istologiche (N° sezioni, intervalli di sezione)
Refertazioni
Bibliografia
49
50
51
51
51
52
52
ALLEGATO 1: Refertazione anatomopatologica del Linfonodo Sentinella
53
Parte quarta:
Determinazione immunoistochimica dei fattori prognostici
54
Introduzione
Fissazione
Metodiche
Controlli
Scoring
Carcinoma duttale in situ
Controlli di qualità
Her - 2/neu
Bibliografia
55
55
55
55
56
57
57
57
59
3
PRESENTAZIONE
Dal 1996, anno in cui la Commissione Oncologica Nazionale ha pubblicato le sue Linee
Guida, la Regione Veneto ha iniziato a supportare gli Screening Oncologici con varie
modalità, non soltanto finanziarie.
I risultati di dieci anni, frutto del lavoro di numerosissimi operatori di varie professionalità,
pongono oggi la nostra Regione ai primi posti nel panorama nazionale degli Screening sia in
termini di estensione che di qualità.
Queste Linee Guida, preparate dal Gruppo Veneto dei Patologi Referenti degli Screening
Mammografici, sono il segno di un altro passo decisivo per la promozione della qualità.
Il fatto poi che esse siano il frutto di un lavoro ampiamente collaborativo, cui hanno contribuito
diversi Patologi impegnati sul campo, ne fa un documento vivo e certamente utile per tutti.
Mi complimento con i Patologi per questo eccellente lavoro e mi auguro che sia accolto come
merita, che abbia l’impatto atteso sulla qualità e che sia il modello per analoghe iniziative per
gli altri screening e anche per altri gruppi di professionisti.
Dr. Giampietro Rupolo
Dirigente Regionale
Direzione Regionale Piani e Programmi Socio-Sanitari
Venezia, 10 maggio 2006
4
INTRODUZIONE
L’avvio di programmi di screening mammografico nella nostra regione ha avuto una diretta ricaduta
sui Servizi di Anatomia Patologica. Il prelievo di materiale citologico ed istologico da lesioni mammarie
sospette, mammograficamente rilevate, rappresenta un’indagine di II livello alla quale ci si rivolge per
confermare o smentire il dubbio radiologico e dalla quale ci si attende di giungere ad una diagnosi
conclusiva.
Il valore di siffatta diagnostica nella gestione di donne aderenti allo screening mammografico con
lesioni screen-detected è comprensibile alla luce del principio “primum non nocere”; donne che,
asintomatiche, vengono convocate per un’indagine di screening, devono trarre dalla stessa il beneficio
di una diagnosi precoce e non il danno di un “over-treatment”. Da qui l’importanza che le indagini di II
livello siano in grado di dirimere i dubbi ed accertare “la verità” di un evento, limitando al massimo i
possibili errori diagnostici. La via che porta a confinare entro percentuali minime, eticamente e
scientificamente accettabili, i possibili errori ed a massimizzare gli effetti positivi di un approfondimento
citologico e/o istologico, è la stringente adesione ai parametri di qualità diagnostica a cui i Servizi di
Anatomia Patologica, che partecipano alla diagnostica di lesioni screen-detected, devono tendere.
La diagnostica cito-istologica legata alle lesioni mammarie screen-detected ha indubbiamente delle
peculiarità che sono sia di natura strettamente culturale, e quindi di formazione del Personale Medico
che si occupa di tale attività, che di natura organizzativa del lavoro, propria di ogni singolo Servizio di
Anatomia Patologica, limitatamente alle risorse disponibili.
Uno sguardo alla nostra realtà regionale veneta in ambito di screening mammografico, ed in
particolare ai numerosi Servizi di Anatomia Patologica a cui afferisce il materiale cito-istologico
proveniente dai centri di screening, ha sollevato la necessità di rispondere ad un bisogno prima d’ora
mai soddisfatto e cioè valutare un progetto di fattibilità per far sì che, nel territorio della Regione
Veneto, le Anatomie Patologiche abbiano standard diagnostici uniformi, tali da garantire omogenei
livelli qualitativi all’interno dei diversi programmi di screening.
Per lo studio del problema, si è così proposta la formazione di un gruppo di Patologi Veneti dedicati
all’attività diagnostica su casistica di screening mammografico; il finanziamento ottenuto dalla Regione
Veneto ha consentito la fattiva costituzione del Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico
che racchiude in sé la presenza di 18 ULSS venete.
Lo spirito regionale del Gruppo si è subito trasferito nel carattere itinerante degli incontri che si sono
svolti fino ad ora (Dolo – VE e Castelfranco Veneto – TV anno 2004, Arzignano – VI anno 2005) e che
si svolgeranno nel prossimo futuro, in modo da rendere fattivamente partecipe, anche logisticamente,
più di un Servizio di Anatomia Patologica all’attività del Gruppo.
5
In questi due primi anni di attività, gli atti ufficiali del Gruppo Regionale Patologi Screening
Mammografico hanno avuto lo scopo di rilevare l’organizzazione del lavoro di screening diagnostico
patologico in tutti i Servizi di Anatomia Patologica e di utilizzare tale esperienza come base per la
definizione di linee comuni di comportamento diagnostico in ambito della Regione Veneto. Gli incontri
avvenuti a Dolo, Castelfranco Veneto ed Arzignano nel corso del 2004-2005 sono stati una preziosa
occasione di conoscenza e scambio culturale tra i Patologi del Veneto ed hanno rappresentato
momenti ufficiali della pianificazione di importanti progetti di lavoro.
L’interesse manifestato dai componenti di questo Gruppo ai programmi proposti ci ha permesso di
ottenere risultati che si sono posti al di sopra degli obiettivi che all’inizio erano solo auspicati. “Le linee
guida regionali per l’Anatomia Patologica negli screening mammografici”, che oggi ufficialmente il
Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico presenta e discute, sono il risultato dell’impegno
profuso da tutti e segno tangibile di un interesse partecipativo collegiale, che peraltro tali
problematiche richiedono.
Questo primo importante lavoro è stato condotto parallelamente ad un altro impegnativo progetto che
vedrà conclusione preliminare nel giugno 2006 e che è stato indirizzato ad un confronto diagnostico
tra tutti i Patologi del Gruppo, su casistica selezionata da patologia di screening sia citologica che
istologica. Sarà questo il momento dialettico più importante con una fattiva interazione diretta e
reciproca tra tutti i componenti del Gruppo che saranno, attraverso il lavoro al microscopio, portatori di
conoscenza ed esperienza personali, preziosi ed insostituibili elementi per raggiungere gli obiettivi di
crescita culturale che i Patologi del Veneto si sono prefissati.
Quanto fino ad ora costruito da questo neonato Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico
per il Veneto è segno della piena responsabilità circa gli obiettivi da raggiungere ed è di auspicio per
la prosecuzione futura di questo impegno.
Prof. Franco Bonetti
Coordinatore Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico
Responsabile del Servizio di Citologia-Screening Senologico di Marzana (VR)
Professore Ordinario di Anatomia Patologica – Università di Verona
Dott.ssa Erminia Manfrin
Ricercatore – Università di Verona
Padova, 11 maggio 2006
6
PARTE PRIMA
Procedure diagnostiche pre-operatorie
cito-istologiche
A cura di:
Licia Laurino (ULSS n° 9)
Antonio Rizzo (ULSS n° 8)
Con la collaborazione di:
Duilio Della Libera (ULSS n° 7)
Enrico Orvieto (ULSS n° 9)
Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti
per lo screening mammografico nel luglio 2005
Revisione prevista: dicembre 2006
7
1. INTRODUZIONE
La diagnosi preoperatoria ha lo scopo di fornire, nelle lesioni maligne, una diagnosi definitiva
seguita da un rapido rinvio al trattamento, idealmente in un’unica procedura. La diagnosi
preoperatoria di lesione benigna è altrettanto fondamentale, evitando il ricorso alla chirurgia
e/o ai richiami radiologici.
In tale contesto, l’agobiopsia (NCB) e la più recente agobiopsia vacuum-assisted (VANCB)
sono dei presidi ampiamente accettati che hanno portato l’istologia ad aggiungersi o a
sostituire la tradizionale citologia agoaspirativa (FNAC).
Questa parte del documento, assieme a quelle dedicate alle procedure diagnostiche del
campione operatorio e ai fattori prognostico-predittivi derivano in gran parte dalla discussione
e adattamento da parte dei gruppi della recente riedizione delle linee guida europee (59, 60).
2. USO DELLE TECNICHE DIAGNOSTICHE PREOPERATORIE
I risultati di FNAC e NCB su lesioni non palpabili non dovrebbero essere interpretati
isolatamente. Inevitabilmente, inadeguati e falsi-negativi sono significativamente più alti per
lesioni non palpabili. Quando gli aspetti radiologici sono sospetti e la FNAC o la NCB sono
inadeguati o evidenziano tessuto normale o benigno, è necessario basarsi sugli aspetti
radiologici. Nei casi in cui non si raggiunga un consenso dopo discussione multidisciplinare,
sarebbe necessario ripetere la procedura o eseguire una VANCB o procedere ad una biopsia
chirurgica (1).
Il patologo deve ricevere gli aspetti radiologici della lesione comprendendo le dimensioni e la
distribuzione di eventuali microcalcificazioni (vedi allegato 1 e 2).
Una diagnosi definitiva su FNAC/NCB è il risultato dell’integrazione dei dati forniti dal
radiologo e dal patologo ed include:
• l’analisi del patologo attraverso l’utilizzo delle categorie diagnostiche
indipendentemente dagli aspetti radiologici.
• Un risultato benigno o normale (B1,2/C2) dovrebbe essere correlato con gli aspetti
mammografici/ecografici e con il grado di sospetto radiologico quantificato usando la
classificazione ACR (BI-RADS) , al fine di determinare se il campione è adeguato per
differenziare un risultato benigno non rappresentativo da un risultato benigno
rappresentativo.
Bisogna ricordare che:
• Il problema se un campione sia rappresentativo si pone in pratica in tutti i risultati
citologici ed istologici benigni.
• Un campione citologico riccamente cellulato non necessariamente significa adeguato
• La comparazione tra aspetti istologici con immagini radiologiche è necessaria per
giudicare se un campione sia rappresentativo, attraverso un coordinamento
multidisciplinare.
8
3. SCELTA DELLA TECNICA DI CAMPIONAMENTO
L’agobiopsia con ago 14 gauge fornisce una maggiore sensibilità e specificità rispetto
alla FNAC per aree con microcalcificazioni, asimmetrie e distorsioni architetturali e quindi
è la tecnica di scelta in tali lesioni (2,3,4,5). Essa inoltre facilita la diagnosi definitiva di
lesione benigna. La FNAC può essere preferita in alcuni centri per campionare lesioni
formanti massa, soltanto quando sia stato raggiunto uno standard significativo di
eccellenza (6).
Citologia agoaspirativa mediante ago sottile (FNAC)
L’accuratezza della FNAC dipende principalmente da tre fattori:
• Un campione che sia adeguato e rappresentativo della lesione;
• Processazione adeguata e colorazione senza artefatti;
• Interpretazione accurata del materiale citologico con diagnosi chiara tenendo conto
dello schema di refertazione C1-5.
La FNAC è meno cara e più rapida rispetto all’agobiopsia. Inoltre consente di valutare
preoperatoriamente eventuali linfonodi ascellari ingrossati. Tuttavia, presenta alcune
limitazioni:
• Può mostrare scarsa cellularità portando ad un tasso di inadeguati del 10-15%
(6,7,8,9,10). Ciò si verifica principalmente in lesioni quali i fibroadenomi sclerotici,
adenosi sclerosante o carcinomi lobulari invasivi (11).
• Essa fornisce cellule isolate dal contesto complessivo architetturale del tessuto,
avendo come conseguenze:
- necessità di patologi con lunga esperienza nel settore e che operino in un
contesto di controlli di qualità interni ed esterni;
- estrema difficoltà nella distinzione tra lesioni benigne proliferanti e carcinomi ben
differenziati (11, 12, 13, 14)
- maggiori problemi rispetto all’agobiopsia nel correlarsi al quadro radiologico. Una
diagnosi accurata delle più comuni lesioni benigne eccetto le cisti e i tipici
fibroadenomi può essere difficile, portando ad un certo grado di incertezza con la
necessità di ulteriori richiami radiologici e conseguentemente a costi
complessivamente superiori all’agobiopsia (10).
Agobiopsia (NCB)
Eseguita con opportuni dispositivi automatici mediante aghi di 18-12 gauge: il più
comunemente usato, anche per la buona quantità di tessuto che si ottiene, è il 14
gauge.
Tale tecnica è stata valutata essere ottimale per lesioni palpabili e non palpabili, mentre
può essere insufficiente per le microcalcificazioni dove maggiori indicazioni vengono
fornite dall’agobiopsia vacuum assisted (VANCB)(15, 16). Cinque agobiopsie per lesioni
formanti massa e dieci per microcalcificazioni sono il numero che presenta la più alta
concordanza con la biopsia a cielo aperto (16a, 17).
• L’agobiopsia è idonea a caratterizzare le lesioni più accuratamente rispetto alla
FNAC e può fornire una diagnosi definitiva in un alta proporzione di casi.
• Può distinguere un carcinoma in situ e carcinoma invasivo.
9
• È in grado di caratterizzare le lesioni associate con microcalcificazioni rispetto alla
FNAC.
• Possibilità dell’utilizzo di colorazioni immunoistochimiche per la migliore definizione
delle lesioni osservate.
• Può essere usata per la determinazione dei marcatori prognostici e predittivi di
risposta terapeutica.
L’interpretazione delle agobiopsie richiede patologi esperienza e conoscenza della
complessità delle lesioni mammarie. Inoltre, la diagnosi su agobiopsia, analogamente
alla FNAC, dovrebbe essere parte integrante dell’approccio multidisciplinare clinicoradiologico-citoistologico per decidere la terapia più opportuna e per non sottostimare
alcune lesioni: infatti, quando su agobiopsie stereotassiche eseguite su
microcalcificazioni viene posta una diagnosi di DCIS, nel successivo campione
chirurgico si osserva un carcinoma invasivo nel 20% dei casi. (18, 21).
Agobiopsia vacuum assisted (VANCB)
Tale tecnica trova l’indicazione elettiva nei clusters di microcalcificazioni sospette o
dubbie (classificazione BI-RADS R3-R4), ove è richiesto un volume grande di tessuto
per una diagnosi accurata. La metodica può essere impiegata anche per la valutazione
di aree mammarie con aspetti di distorsione parenchimale.
La guida bioptica (probe), posizionata sotto controllo mammografico, incorpora un
canale vuoto su cui viene applicata una pressione negativa che aspira quindi il tessuto
mammario ed utilizza un ago di 8-14 gauge che è in grado, effettuando una rotazione di
360° all’interno della lesione, di eseguire un campionamento multiplo su aree contigue.
Vengono raccomandati 12 prelievi, condotti su preordinate direttrici topografiche,
idealmente riconducibili al quadrante di un orologio: sei prelievi in corrispondenza delle
ore pari e sei prelievi in corrispondenza delle ore dispari. In presenza di
microcalcificazioni, i frustoli vengono radiografati ed immediatamente posti in formalina
tamponata al 10%.
E’ possibile inoltre inserire nel punto di prelievo una clip metallica come repere per
l’eventuale intervento chirurgico.
La VANCB presenta una notevole accuratezza diagnostica, in particolare nelle lesioni
duttali in situ, aumentando la sensibilità nelle forme microinvasive associate al DCIS
(21).
4. DIAGNOSTICA ISTOLOGICA: REFERTAZIONE DELLE AGOBIOPSIE (14 GAUGE) E
AGOBIOPSIE VACUUM-ASSISTED
Una corretta interpretazione del materiale ottenuto mediante agobiopsia richiede la
conoscenza dei dettagli clinici e strumentali (mammografia/ecografia) attraverso un opportuno
schema di richiesta (ALLEGATI 1 e 2, PARTE PRIMA ) in cui siano indicati:
• L'unità operativa da cui proviene il materiale;
• La sede (dx o sx)
• Il quadrante
• La categoria di classificazione radiologica (R/U);
• L'aspetto radiologico
• La tecnica di localizzazione
• Il numero delle biopsie
10
• Le calcificazioni presenti sulla lastra
Le biopsie eseguite per microcalcificazioni devono essere radiografate affinché si abbia
conferma radiologica della adeguatezza del prelievo.
Un protocollo sulle modalità di fissazione del tessuto deve basarsi su procedure standard. Le
biopsie vanno fissate immediatamente dopo la radiografia. Si raccomanda di mettere al
massimo 4 agobiopsie da 14 gauge per cassetta e 2 da vacuum assisted per cassetta. Per
ogni blocchetto così ottenuto, nel caso di microcalcificazioni, viene allestito un preparato
istologico (vetrino) con tre sezioni in E.E. (ematossilina-eosina) a tre diversi livelli separati da
40 micron. Se nel vetrino non si evidenziano le microcalcificazioni, il blocchetto viene seriato.
E' opportuno ricordare come le microcalcificazioni di ossalato di calcio non sono visibili
all'ematossilina eosina; si consiglia la visione senza condensatore e a diaframma chiuso o in
luce polarizzata, prima della seriatura del blocchetto.
4.1 Categorie Diagnostiche
L'esame istologico sia delle agobiopsie sia di quelle vacuum-assisted si effettua attraverso la
classificazione in categorie patologiche (B1-5) e non riportando una diagnosi definitiva, anche
se ciò è possibile nella maggior parte dei casi (Allegato 3).
Sebbene la maggior parte delle lesioni appaiono inquadrabili come benigne o maligne, un
piccola quota (intorno al 10%) rimangono incerte (B3 e B4). E' opportuno ricordare che le
categorie applicate in citologia (C1-5) non sono equivalenti come significato, in particolare per
il B1 e il B3.
Tali categorie diagnostiche sono puramente morfologiche e non tengono conto degli aspetti
radiologici. La correlazione con il dato radiologico viene demandata ad una valutazione
multidisciplinare tra radiologo e patologo. Per tali motivi non esiste una categoria di
inadeguato nel B1-5.
B1 tessuto normale/non interpretabile
Questa categoria indica la presenza di tessuto normale sia in presenza o non di strutture
parenchimali mammarie; quindi è ugualmente adeguato un prelievo che comprende dotti o
lobuli mammari normali o soltanto tessuto adiposo o fibroso. Un report B1 dovrebbe
contenere la descrizione delle singole componenti presenti.
Un referto di tessuto normale può indicare che la lesione non è stata campionata. Ciò non è
sempre vero in quanto alcune lesioni benigne come l'amartoma o il lipoma appaiono come
tessuto normale all'agobiopsia. Alcune distorsioni architetturali giudicate come
mammograficamente minori possono essere il risultato di minime alterazioni istologiche su
agobiopsia come un modico aumento della fibrosi stromale.
Frustoli con diagnosi di B1 possono contenere microcalcificazioni, per esempio all'interno di
lobuli in involuzione atrofica. In questi casi è importante un approccio multidisciplinare per
confermare l'appropriatezza delle microcalcificazioni osservate nella sezione istologica. Infatti,
piccoli foci di microcalcificazioni all'interno di un lobulo involuto sono comuni e
frequentemente troppo piccole per essere visibili mammograficamente. Quindi, una diagnosi
che segnali puramente la presenza di microcalcificazioni senza commenti aggiuntivi sulla loro
natura, dimensioni e sede può portare a false rassicurazioni. E' evidente che
microcalcificazioni sia singole che in clusters più piccole di 100 microns in diametro non sono
visibili radiologicamente.
11
Eccezionalmente, alcuni campioni possono essere classificati come non interpretabili per
eccessivi artefatti da prelievo o perché costituiti esclusivamente da sangue. Tali casi vanno
classificati come B1.
12
B2 Lesioni benigne
Un frustolo viene classificato come B2 benigno per un range di lesioni che comprendono il
fibroadenoma, alterazioni fibro-cistiche, adenosi sclerosante, ectasia duttale, ascessi e
liponecrosi. In alcuni casi può essere difficile determinare se una specifica lesione sia
presente, come per esempio nel caso di piccole alterazioni fibro-cistiche: Ancora una volta,
l'approccio multidisciplinare è importante per determinare che quanto osservato
istologicamente possa rientrare nel quadro clinico-radiologico. Può essere appropriato e
prudente classificare la lesione come B1 se sono presenti solo minime alterazioni, poiché gli
aspetti istologici sarebbero insufficienti a spiegare una ben definita massa e quindi la
classificazione B2 sarebbe inappropriata.
B3 Lesioni ad incerto potenziale di malignità
Questa categoria comprende principalmente lesioni che hanno aspetto istologico di benignità
sull'agobiopsia, ma di cui è nota l'eterogeneità intralesionale o l'aumentato rischio (seppur
basso) di malignità.
La categoria B3 ha un basso livello di malignità su successive biopsie chirurgiche (25%) se
comparato al B4 (66%). La maggior parte delle lesioni B3 richiedono l'escissione chirurgica,
ma tutti questi casi andrebbero discussi in un incontro preoperatorio multidisciplinare.
Lesioni papillari
Le lesioni papillari possono mostrare eterogeneità intralesionale ed il campionamento bioptico
può non comprendere aree di trasformazione carcinomatosa. Quindi la maggior parte di tali
lesioni devono essere diagnosticate come B3. Raramente, quando una lesione sia di piccole
dimensioni e campionata con biopsia vacuum-assisted può essere classificata come B2.
D'altra parte, quando un campione agobioptico presenta una lesione papillare con atipia
citologica o architetturale una classificazione B4 può talora essere appropriata.
Radial scar/lesione sclerosante complessa
Biopsie che mostrano aspetti di elastosi, ialinizzazione, tubuli intrappolati in stroma elastotico
con proliferazioni epiteliali dovrebbero essere categorizzate come B3, se esse rappresentano
la causa dell'alterazione radiologica (30a). Attualmente, queste lesioni sono considerate
eterogenee e talora associate ad atipia o malignità (in generale LIN o DCIS di basso grado).
Neoplasia lobulare intraepiteliale (LIN)
Una proliferazione epiteliale di piccole cellule regolari dentro un lobulo moderatamente
disteso ( neoplasia lobulare intraepiteliale o LIN, raggruppando iperplasia lobulare atipica e
carcinoma lobulare in situ) dovrebbe essere classificata come B3. Queste lesioni non hanno
necessariamente lo stesso management come la diagnosi di DCIS impone; pur tuttavia,
un'escissione chirurgica diagnostica è raccomandabile.
La neoplasia lobulare intraepiteliale è spesso un aspetto incidentale in un agobiopsia
effettuata per una lesione radiologicamente identificata e la discussione multidisciplinare è
essenziale per stabilire la rappresentatività del campione agobioptico. D'altra parte, è
possibile che un LIN osservato in un escissione chirurgica non ha lo stesso rischio e prognosi
di un LIN diagnosticato su agobiopsia di alterazione mammografia (31). Questi casi vanno
valutati con estrema attenzione.
Talora, può essere impossibile classificare una proliferazione epiteliale a piccole cellule nei
lobuli e/o nei dotti come LIN o DCIS: in questi casi, la E-caderina può aiutare nella diagnosi
differenziale (32) e può essere opportuno assegnare una categoria superiore B4 o B5.
13
Un LIN pleomorfo può essere classificato come B5 (in situ). Al momento tuttavia non vi sono
definitive informazioni sul follow-up di tali lesioni e quindi l'approccio terapeutico dovrebbe
essere discusso multidisciplinarmente.
Proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale
La definizione di iperplasia duttale atipica (ADH) è derivata da campioni di resezione
chirurgica e risiede su una combinazione di criteri istologici morfologici e di estensione. Vi è
un range di severità delle lesioni: da quelle altamente sospette per DCIS fino a quelle che
mostrano un minor grado di atipia ed architettura normale che richiede ulteriori accertamenti.
In alcuni casi, può essere assegnata la categoria B4 in lesioni sospette per DCIS. Queste
lesioni devono essere chiaramente separate dall'iperplasia epiteliale usuale.
Una diagnosi definitiva di ADH non è possibile, per definizione, su agobiopsia. E' stato
osservato che agobiopsie con foci di lesione proliferativa duttale atipica di estensione
insufficiente per una classificazione di DCIS, possono presentare sulla successiva resezione
chirurgica un chiaro carcinoma duttale in situ con o senza associata invasione. In oltre il 50%
dei casi si osserva sia un carcinoma in situ che infiltrante (33). Dovrebbe essere quindi chiaro
che, per la limitatezza del prelievo, non è possibile fare una diagnosi di ADH su agobiopsia,
mentre si suggerisce di usare la seguente terminologia: proliferazione epiteliale atipica di tipo
duttale.
Tumore filloide
Lesioni fibroepiteliali sospette per tumore filloide (stroma cellulare, crescita esuberante della
componente stromale ed attività mitotica) dovrebbero essere classificati come B3. La
distinzione tra tumore filloide e fibroadenoma è praticamente impossibile su agobiopsia,
tranne nei casi ovviamente maligni che vanno classificati come B5.
B4 sospetto per malignità
Campioni con problemi tecnici quali crush o biopsie fissate in maniera insufficiente con aspetti
di probabile carcinoma ma su cui non è possibile effettuare una diagnosi definitiva di
malignità vanno classificati come B4. Analogamente, cellule epiteliali con atipia di alto grado
all'interno di coaguli di sangue dovrebbero essere classificati come sospetti (B4); cellule
epiteliali con atipia lieve rientrano invece nei B3.
Lesioni proliferative duttali con inequivocabile atipia di alto grado che coinvolgono un intero
dotto possono essere classificate come B5. Pur tuttavia, nel caso di lesioni proliferative
epiteliali con atipia di alto grado che occupino una parte di dotto, soprattutto in assenza di
necrosi, è forse più prudente un B4. In particolare, molta attenzione va posta su lesioni a
fenotipo apocrino che possono rappresentare proliferazioni apocrine atipiche (B3 o B4)
piuttosto che DCIS (B5).
Una chirurgia terapeutica definitiva non dovrebbe mai essere eseguita con diagnosi di B3 o
B4 su agobiopsia: una biopsia chirurgica escissionale diagnostica o la ripetizione delle
biopsie sono le indicazioni elettive in questi casi.
B5 lesioni maligne
Questa categoria è appropriata per casi con malignità inequivocabile. Successive
categorizzazioni in situ ed invasivo dovrebbero essere effettuate quando possibile.
14
LIN (vedi B3)
La neoplasia lobulare intraepiteliale è inclusa nella categoria B3 perché non ha lo stesso
management della diagnosi di DCIS o invasivo. Tuttavia la variante pleomorfa viene
classificata come B5.
Carcinoma duttale in situ
Nel 20% dei casi diagnosticati come DCIS in agobiopsia, nella successiva escissione
chirurgica si osserva una forma infiltrante (21).
Nel report di un DCIS bisogna riportare il grado, l'architettura e l'eventuale presenza di
necrosi e/o di microcalcificazioni.
Carcinoma invasivo
Un vantaggio dell'agobiopsia rispetto alla FNAC risiede nella capacità di identificare forme
invasive con un valore predittivo positivo del 98% (34). Come notato prima, tuttavia, il valore
predittivo negativo per invasività è solo del 80% (35,36).
4.2 Limiti
Molte lesioni problematiche alla FNAC presentano analoghi difficoltà all’agobiopsia.
Altre lesioni possono tuttavia presentare specifici problemi.
Alterazioni minori
Le minime distorsioni architetturali viste mammograficamente può essere il risultato di
alterazioni minime quali un modico aumento della fibrosi stremale su agobiopsia. Tali aspetti
vanno classificati come B1 con un commento sulla possibile correlazione con il radiogramma.
Analogamente, l’involuzione asimmetrica del tessuto mammario può condurre a queste
minime alterazioni.
Amartoma e lipoma
Tessuto normale su agobiopsia può indicare che la lesione non sia stata campionata. Fanno
eccezione i lipomi e gli amatomi
Iperplasia pseudoangiomatosa
Trattasi di una lesione che può presentarsi come alterazioni diffuse (reperto incidentale) o
come nodulo indistinguibile radiologicamente da un fibroadenoma.
Iperplasia duttale usuale (UDH)
UDH ed altre forme di iperplasia benigna come il tipo ginecomastoide sono comunemente
viste in agobiopsia. UDH di tipo ginecomastoide con pattern architetturale micropapillare non
devono essere confusi con un DCIS micropapillare. L’immunoistochimica con citocheratina
5/6 può essere utile nella distinzione tra UDH e DCIS (37). UDH è un aspetto solitamente
incidentale ed altre alterazioni debbono essere presenti per giustificare un alterazione
radiologica.. UDH non è normalmente associata con microcalcificazioni; (le cisti o l’adenosi
sclerosante possono invece presentarle: in particolare le prime mostrano talora
microcalcificazioni di ossalato di calcio, non colorate all’ematossilina eosina).
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Atipia epiteliale nell’unità terminale duttulo-lobulare (TDLU)
L’atipia lieve dell’epitelio dell’unità terminale duttulo-lobulare è uno dei problemi più comuni
riscontrati nei campioni agobioptici. Bisogna porre molta attenzione nel non enfatizzare
minimi gradi di atipica che possono rappresentare UDH o metaplasia apocrina. Tale atipica
deve essere classificata come B1. D’altra parte gradi severi di atipica possono rappresentare
la cancerizzazione del lobulo da parte di un DCIS di alto grado.
Alterazioni a cellule colonnari con o senza atipia epiteliale piana (flat atipia: WHO, 2003)
Alterazioni a cellule colonnari rappresentano uno spettro di lesioni che hanno in comune la
presenza di cellule epiteliali colonnari che bordano unità terminali duttulo-lobulari dilatate
(38,39). Tali alterazioni sono state chiamate “lobuli cistici atipici”, “metaplasia a cellule
colonnari”, “iperplasia a cellule colonnari”, “alterazioni a cellule colonnari con prominenti
snouts apicali e secrezioni (CAPSS)”. Nell’edizione del 2003 della classificazione del WHO
esse sono state definite come “lesioni epiteliali piane” (40). L’interesse per tali lesioni in
patologia mammaria da screening è legato alla presenza di microcalcificazioni granulari o di
tipo psammomatoso dentro i lobuli dilatati visibili e dubbie mammograficamente e che
richiedono quindi un approfondimento diagnostico mediante agobiopsia. Infatti, lo spettro di
tali lesioni varia comprendendo l’iperplasia a cellule colonnari senza atipia (B2)(assenza di
atipie citologiche e di tufting), l’iperplasia a cellule colonnari con atipia (B3)(cellule atipiche
con tufting focale e pluristratificazioni cellulari) fino al DCIS di basso grado (B5) che
comprende forme come il cribriforme ed il micropapillare (clinging).
Atipia apocrina e DCIS apocrino
L’atipia apocrina soprattutto se associata a lesione sclerosante può essere di difficile
interpretazione su materiale agobioptico: nuclei larghi con nucleoli vistosi possono essere
interpretati come DCIS se associati anche a pleomorfismo. DCIS apocrino puro è
relativamente raro: in questi casi aspetti quali la fibrosi periduttale, l'infiltrato linfocitario, le
mitosi e la necrosi comedonica possono essere di supporto nella diagnosi (41).
Proliferazioni apocrine con aspetti atipici in un dotto dovrebbero essere classificati come B3.
La metaplasia apocrina papillare va invece considerata un B2.
Alterazioni tipo allattamento
Tali alterazioni possono essere presenti anche in donne non allattanti nè in gravidanza e
perfino in postmenopausa. Il riconoscimento dei vacuoli citoplasmatici e l'architettura
tipicamente hobnail aiutano nel corretto inquadramento nosografico.
Lesioni sclerosanti/carcinoma tubulare
E' la lesione più insidiosa su materiale agobiotico. Vi è un rischio di fare diagnosi di carcinoma
invasivo soprattutto se il frammento agobiotico cade al centro della lesione sclero-elastotica.
L'immunoistochimica per marcatori di cellule mioepiteliali (p63, calponina, citocheratina 14)
può essere di aiuto nel dirimere il dubbio. Bisogna tuttavia sottolineare come talora i tubuli
all'interno del centro elastotico di una radial scar possono non esprimere mioepitelio perchè in
atrofia: quindi nei casi dubbi è consigliabile una classificazione B3 o B4.
Adenosi microghiandolare
Nell'adenosi microghiandolare, lo strato di cellule mioepiteliali è assente; i tubuli appaiono
regolari, rotondi con lume aperto ma il citoplasma è chiaro ed esprimono S100, mentre sono
negativi EMA ed i recettori ormonali (42).
16
Proliferazioni stromali e lesioni a cellule fusate
Talora uno stroma fibroblastico può essere presente in pazienti che abbiano subito una
precedente FNAC o agobiopsia ed appare difficilmente distinguibile da una fibromatosi o un
miofibroblastoma. In questi casi è preferibile classificare come B3.
Tumori fibroepiteliali
Come già discusso la diagnosi differenziale tra un tumore filloide benigno o di basso grado ed
un fibroadenoma può essere complessa: nei casi dubbi è corretta una diagnosi di B3.
Modificazioni da radiazioni
La radioterapia può indurre modificazioni di difficile interpretazione. Anche in questi casi si
suggerisce una diagnosi di B3 (43,44).
Carcinoma lobulare infiltrante
Piccoli foci di carcinoma lobulare invasivo possono essere confusi con un infiltrato linfocitario
perilobulare (45). L'immunoistochimica con citocheratina 5D3 è dirimente rispetto all'infiltrato
linfocitario. Tuttavia per le forme tubulo-lobulari (variante tubulare del carcinoma lobulare) si
suggerisce di associare un marcatore di mioepitelio.
Lesioni mucocele-like
E' opportuno classificarle come B3 perché possono essere associate a ADH, DCIS e perfino
carcinoma invasivo.
4.3 Lesioni rare
Linfoma
Il linfoma di basso grado può essere di difficile inquadramento su materiale agobioptico. In
questi casi si suggerisce di classificare come B4 la lesione. I linfomi ad alto grado vanno
classificati come B5.
Metastasi
Vanno classificati come B5.
Sarcomi
Sono lesioni rare. Particolare attenzione bisogna porla per le lesioni di basso grado che
possono essere difficilmente differenziate su agobiopsia. In tali casi si suggerisce di
inquadrarle come B3 o B4.
4.4 Dati prognostici
Il grading (35,36) ed i marcatori immunoistochimici prognostici (ER, PgR, Ki-67, HER2) (46,
47) possono essere eseguiti su materiale agobioptico ma andrebbero limitati ai pazienti
candidati a chemioterapia neoadiuvante. Infatti è preferibile eseguire tali determinazioni su
materiale chirurgico.
17
5. DIAGNOSTICA CITOLOGICA
5.1 Uso dell’esame citologico (FNAC)
Lo scopo di questa metodica è quello di ottenere un campione rappresentativo di lesioni
palpabili e non palpabili della mammella identificate con la mammografia o con l’ecografia.
L’uso dell’FNAC contribuisce a ridurre le biopsie mammarie benigne, ovvero è capace di
selezionare il 50% dei dubbi radiologici (Quality Assurance Guidelines for Radiologists del
NSH Breast Screening Programme).
L’approccio clinico-mammografico e citologico può raggiungere un’accuratezza diagnostica
del 99% su lesioni palpabili; ma anche per lesioni non palpabili la sensibilità della metodica è
più che accettabile.
E’ importante ricordare che il dato citologico delle lesioni non palpabili non deve essere mai
preso in considerazione da solo: l’esperienza ha confermato che i migliori risultati si hanno
quando radiologia e citologia si sovrappongono. E’ inevitabile che inadeguati e falsi negativi
siano più frequenti per le lesioni non palpabili. In questi casi se il sospetto radiologico
permane vale la pena affidarsi ad altre metodiche bioptiche (core biopsy, core biopsy vacuum
assisted, escissione chirurgica). Ed è altrettanto vero il contrario e cioè che reperti citologici
sospetti per malignità con radiologia negativa necessitano di altre metodiche per definire la
lesione.
Vantaggi:
• test semplice e sicuro che permette sovente di pianificare l’intervento chirurgico
• poco costoso e rapido rispetto alla biopsia.
• può essere utilizzato anche per valutare lo stato dei linfonodi ascellari.
Svantaggi:
• la scarsa cellularità di alcune lesioni comporta un elevato tasso di inadeguati.
• la diagnosi si basa sulla valutazione delle caratteristiche morfologiche degli elementi
cellulari e della modalità di aggregazione, in assenza di un dato architetturale delle
lesione. Con questo presupposto è spesso difficile distinguere tra lesioni maligne ben
differenziate e lesioni benigne.
• La correlazione del dato citologico con quello radiografico è spesso impossibile
(tranne che per cisti, linfonodi intramammari e fibroadenomi tipici)
• necessità di personale addestrato e qualificato.
5.2 Modalita’ di prelievo
Lesioni Palpabili:
Il nodulo da aspirare va immobilizzato tra le dita per evitarne lo scivolamento e per ridurre
l’afflusso ematico. Non è necessaria l’anestesia.
Si utilizzano aghi da 22 o 23 Gauge con o senza aspirazione.
• con aspirazione: si usa una siringa da 20 m che può essere collegata all’ago
direttamente o tramite una cannula. Nel primo caso è utile utilizzare un portasiringhe.
All’introduzione dell’ago il pistone della siringa deve essere abbassato e quindi senza
aria. Una volta centrato il nodulo si dà inizio alla manovra di aspirazione avendo cura di
muovere l’ago avanti e indietro con varie inclinazioni in modo da passare più volte
attraverso la lesione. L’aspirazione può terminare quando si ha la sensazione di una
risalita di materiale nel cono dell’ago. In ogni caso la manovra non deve durare più di
18
10-12 secondi.. A questo punto si rilascia il pistone e si estrae l’ago dal nodulo. La
manovra va ripetuta se si ritiene che il materiale ricavato non sia idoneo.
• senza aspirazione: ’ è possibile eseguire il prelievo senza aspirazione (sfruttando il
principio della risalita del materiale nell’ago per capillarità) con le stesse modalità
sopradescritte avendo cura di imprimere all’ago oltre che il movimento avanti indietro
anche quello di rotazione.
Lesioni non palpabili:
Il campione viene prelevato sotto guida ecografia o stereotassica. Le modalità aspirative
sono quelle summenzionate mediante siringa e portasiringa utilizzando aghi della lunghezza
necessaria a coprire la distanza tra guida ecografica o stereotassica e lesione.
E’ utile effettuare 2 o 3 volte la manovra aspirativa per essere certi di ottenere materiale
diagnostico.
Per verificare l’adeguatezza dei preparati si può procedere con una colorazione rapida del
preparato citologico con il Diff-Quik (colorazione modificata di Wright)) o più semplicemente
con il blu di metilene.
Complicanze: ematomi nel caso si punga un piccolo vaso; pneumotorace in pazienti con
seno piccolo o in caso di lesioni mediali o ascellari; svenimenti.
5.3 Allestimento
Preparazione degli strisci:
Preparare prima dell’inizio della manovra dei vetrini portaoggetti con il nome e cognome della
paziente sulla banda smerigliata. Il materiale agoaspirato va deposto nella parte alta del
vetrino e strisciato con la parte molata di un altro vetrino premendo delicatamente verso il
basso con un’inclinazione di 25-30°. La tecnica di striscio mediante apposizione dei vetrini è
sconsigliata perché da numerosi artefatti da schiacciamento.
Fissazione:
I metodi di fissazione sono in relazione al tipo di colorazione che si vorrà effettuare sul
preparato.
• fissazione all’aria: lo striscio deve essere particolarmente sottile e poco ematico per
consentire una rapida asciugatura al fine di non creare artefatti cellulari. A questo tipo
di fissazione segue la colorazione MGG.
• fissazione umida: si può fare utilizzando alcool o metanolo (per immersione) o il
classico spray. A questo tipo di fissazione può seguire la colorazione di Papanicolau o
ematossilina-eosina.
Colorazione:
non ci sono colorazioni consigliate: è soprattutto una questione di abitudine.
5.4 Informazioni cliniche
Una buona qualità del preparato va correlata ad adeguate notizie cliniche:
• centro di prelievo, specificando il medico che ha eseguito l’indagine
• sede della lesione
• tipo di lesione : nodulo solido, cisti
• tecnica di localizzazione e di agoaspirazione: lesione palpabile o non palpabile
• caratteristiche radiografiche ed ecografiche della lesione (vedi allegato 2).
19
5.5 Criteri citologici generali di benignita’ e malignita’
CRITERIO
BENIGNITÀ
MALIGNITÀ
cellularità
scarsa o moderata
di solito elevata
coesione cellulare
buona, con lembi digitiformi
a margini netti e disposizione
ordinata delle cellule in
monostrato
scarsa, con perdita della coesione,
piccoli gruppi cellulari,
disposizione disordinata delle
cellule, in aggregato
cellule isolate
rarissime
frequenti
tipi cellulari
elementi epiteliali,
mioepiteliali e altre cellule
frammiste a stroma
popolazione cellulare solitamente
uniforme
nuclei nudi bipolari
presenti, spesso numerosi
rari o assenti
sfondo
pulito,tranne in presenza di
flogosi
sporco, per la presenza di detriti
cellulari e calcificazioni, linfociti e
macrofagi
Caratteristiche nucleari
taglia (in relazione alle
emazie)
piccola
variabile, spesso grossa, dipende
dal tipo di tumore
pleomorfismo
raro
frequente
membrana nucleare
(colorazione PAP)
liscia
irregolare, indentata
nucleoli (colorazione
PAP)
indistinti o piccoli e singoli
variabili ma possono essere
prominenti, grossi e multipli
cromatina (colorazione fine e omogenea
PAP)
addensata, a zolle
altre caratteristiche
mucina, lumi intracitoplasmatici,
calcificazioni
metaplasia apocrina, istiociti
schiumosi
20
5.6 Refertazione
Il ruolo della diagnosi citologica è quello di distinguere tra processo benigno e maligno con la
finalità di
• ridurre le procedure chirurgiche sulle lesioni benigne
• di ridurre le procedure chirurgiche diagnostiche e di programmare una unica sessione
di chirurgia terapeutica e di stadiazione.
Categorie diagnostiche:
Non sempre è possibile differenziare lesioni benigne da quelle maligne. Oltre alla qualità dei
preparati e alla rappresentatività della lesione, un indubbio ruolo è giocato dall’esperienza del
citopatologo. Si ritiene che il laboratorio di Citodiagnostica debba confrontarsi con almeno
200 agoaspirati/anno per migliorare l’efficienza delle diagnosi.
C1. Inadeguato/non rappresentativo
La designazione di inadeguato è sicuramente in certa misura soggettiva e può dipendere
dall’esperienza dell’aspiratore e del citopatologo. Il giudizio finale sulla rappresentatività del
materiale deve comunque derivare dal confronto e dalla coerenza con il dato radiografico e
citologico.
Esistono tuttavia delle condizioni oggettive di inadeguatezza/non rappresentatività che sono
date da:
• campione privo di elementi cellulari organo-specifici o acellulare
• campione paucicellulare (parametro quantitativo suggerito: meno di 5 gruppi di cellule
epiteliali non atipiche)
• allestimento non ottimale per artefatti da schiacciamento
• essiccamento per ritardata fissazione
• essiccamento troppo lento (se fissazione all’aria)
• eccessivo spessore dello striscio
• eccesso di sangue
• eccesso di fluido edematoso
In questi casi è opportuno descrivere le caratteristiche del campione, commentare sulle cause
di inadeguatezza/non rappresentatività e registrare e monitorare le cause di tale
inadeguatezza al fine di poter programmare manovre correttive.
Aspirati da lesioni particolari quali cisti, processi infiammatori, liponecrosi e campioni di
secreto del capezzolo possono non contenere elementi epiteliali ma non devono essere
classificati come inadeguati.
C2. Benigno
• Indica un campione adeguato senza evidenza di atipia o malignità
• L’aspirato in questa situazione è da poco a moderatamente cellulato e costituito
prevalentemente da cellule epiteliali duttali regolari organizzate in lembi monostrato
con caratteristiche citonucleari di benignità. Lo sfondo di solito presenta nuclei nudi
bipolari mioepiteliali dispersi in quantità variabile. Nel caso di una componente cistica
della lesione si possono osservare istiociti schiumosi e elementi duttali apocrini.
Frammenti di tessuto fibroso o fibroadiposo sono frequenti.
21
• In particolari condizioni è possibile una diagnosi specifica. Il fibroadenoma, la
liponecrosi, la mastite granulomatosa, l’ascesso mammario, un linfonodo
intramammario sono condizioni per le quali le caratteristiche citologiche sono
sufficientemente specifiche per formularne la diagnosi congiuntamente al dato
radiografico e ecografico e alla clinica.
C3. Atipia in lesione probabilmente benigna
L’aspirato è adeguato con le caratteristiche descritte per C2 ma sono presenti una o più delle
seguenti caratteristiche:
• pleomorfismo dei nuclei
• tendenza alla perdita di coesione
• caratteristiche nucleari e citoplasmatiche dovute a modificazioni proliferative, a
fenomeni di involuzione, a modificazioni cellulari in corso di gravidanza (vedi pitfalls).
• elevata cellularità accompagnata dalle caratteristiche summenzionate (12).
Il parametro di ipercellularità non è di per sé sufficiente a collocare una lesione in C3.
Le lesioni benigne più frequentemente collocate in C3 sono: fibroadenoma, mastopatia
fibrocistica, lesione scleroelastotica, papilloma.
Le lesioni maligne più frequentemente collocate in C3 sono: carcinoma duttale grado 1,
carcinoma tubulare, carcinoma cribriforme, carcinoma lobulare, carcinoma misto, duttale e
lobulare, CDIS di basso grado.
C4. Sospetto per malignità o carcinoma probabile
Designa un aspirato con caratteristiche altamente atipiche suggestive ma non diagnostiche di
malignità.
Ci sono almeno tre condizioni che motivano questa collocazione:
• il campione è ipocellulato o con artefatti da fissazione/ allestimento
• il campione presenta caratteristiche di malignità non inequivocabili
• cellule con caratteristiche di malignità coesistono con una componente benigna
costituita da lembi coesivi e nuclei nudi nello sfondo.
Alcune lesioni benigne possono presentare caratteristiche suggestive ma non diagnostiche di
malignità. Si raccomanda cautela quando, oltre alle anomalie cellulare, si riconoscono
caratteristiche riferibili a fibroadenoma, mastopatia fibrocistica, lesione scleroelastotica,
papilloma, mastite, liponecrosi, adenosi sclerosante.
Le lesioni maligne più frequentemente collocate in C4 sono il carcinoma duttale G1-G2, il
carcinoma tubulare, il carcinoma lobulare, il carcinoma misto (duttale e lobulare), il carcinoma
cribriforme, il CDIS G1-G2.
C5. Maligno o carcinoma o altre neoplasie
Designa un agoaspirato adeguato comprendente cellule con caratteristiche inequivocabili di
malignità (carcinoma o altre neoplasie).
• la diagnosi va posta non su un singolo criterio di malignità ma sulla combinazione di
più criteri citologici
22
• in un contesto multidisciplinare, dalla coerenza tra diagnosi citologica e quadro
mammografico si può con un buon grado di certezza indicare se si tratta di una lesione
infiltrante.
5.6 Limiti
Falsi positivi
• Fibroadenoma: negli strisci da fibroadenoma ci possono essere aspetti di marcata
anisonucleosi e perdita della coesione, soprattutto in lesioni in fase di crescita attiva. Il
clue per la corretta diagnosi è dato dalla presenza di nuclei nudi bipolari in uno sfondo
pulito. Anche strisci da lesioni maligne possono dar luogo a nuclei nudi ma questi
ultimi hanno le medesime caratteristiche delle cellule maligne degli aggregati.
• Papilloma: gli agoaspirati da lesioni papillomatose danno luogo a aggregati cellulari “ a
corna di cervo” simili a quelli del fibroadenoma a piccolo ingrandimento; tuttavia con
una più attenta osservazione si nota una certa tridimensionalità dei gruppi cellulari e
talora la presenza di uno stroma connettivale centrale. Lo sfondo può essere cistico
con presenza di macrofagi e i nuclei bipolari sono meno frequenti rispetto al
fibroadeoma. Variazioni della morfologia cellulare sono dovute alla presenza di cellule
colonnari, cuboidali o piatte e alle modificazioni apocrife associate. Il carcinoma
papillare intracistico è caratterizzato da monomorfismo cellulare con elementi colonnari
o plasmocitoidi ipercromici organizzati in cluster ben definiti o filiere.
• Cellule apocrine: le cellule apocrine si presentano come elementi pleomorfi
frequentemente dissociati e degenerati. E’ importante riconoscere le caratteristiche
cistiche della lesione. Il carcinoma apocrino è una lesione solida e ha caratteristiche
radiologiche di malignità.
• Liponecrosi: lo striscio può essere ipercellulato e i gruppi di istiociti con attività
lipofagocitaria possono essere scambiati per cellule neoplastiche.
• Linfonodo intramamario: non causa problemi diagnostici qualora si riconosca la natura
linfocitaria degli elementi esaminati.
• Modificazioni postradioterapia: possono causare erronee diagnosi di malignità per le
alterazioni morfologiche causate dalla radioterapia, quali pleomorfismo e perdita della
coesione; solitamente gli strisci sono ipocellulati.
• Artefatti da striscio e fissazione: un eccesso di pressione applicata durante la manovra
di striscio può determinare una dissociazione forzata degli elementi cellulari che
simulano discoesione.
• Mastite granulomatosa: gli istiociti epitelioidi possono mimare le cellule maligne; lo
striscio è generalmente ipercellulato e il riconoscimento di macrofagi multinucleati e lo
sfondo infiammatorio aiutano a porre la diagnosi corretta.
• Tumore a cellule granulose (mioblastoma): lo striscio è costituito da elementi altamente
dissociati anche con pleomorfismo cellulare; caratteristico è l’ampio citoplasma
eosinofilo e granuloso con il PAP o in EE.
• Lesioni adenomioepitelali: possono mostrare caratteristiche di malignità per l’elevata
dissociazione di elementi pleomorfi; la commistione di elementi chiaramente duttali,
cellule apocrine e differenziazione squamosa orientano per una diagnosi corretta.
• Sferulosi collagena: nello striscio si repertano globuli debolmente eosinofili circondati
da cellule fusate; la diagnosi differenziale si pone con il carcinoma adenoide cistico
(48, 49). E’ opportuno in questa rara condizione consigliare la biopsia.
23
• Adenosi microghiandolare: non si repertano nuclei nudi nello sfondo e la diagnosi
differenziale è con il carcinoma tubulare (42). Anche per questa lesione è consigliata la
biopsia.
• Modificazioni legate all’allatamento: si osserva la presenza di una discreta perdita della
coesione in uno striscio peraltro composto da elementi cellulari con caratteristiche di
benignità. Le cellule dissociate solitamente hanno un citoplasma ampio con presenza
di piccoli vacuoli lipidici.
• Lesioni similmucocele (MML): la presenza di mucina extracellulare in lesioni benigne
non è un reperto frequente. Oltre che nella lesione descritta Rosen (MML) (50) si
osserva talora in associazione con modificazioni fibrocistiche, iperplasia duttale,
adenosi, papilloma intraduttale e fibroadenoma. Il riconoscimento di una citologia
francamente benigna e scarsa orienta per la corretta diagnosi. I carcinomi
mucocellulari si distinguono per una cellularità francamente atipica. I considerazione
dell’associazione frequente di MML con ADH e DCIS è utile consigliare la biopsia in
questi casi ponendo la diagnosi nella categoria C3 o C4 (51, 52, 53).
Falsi negativi
La maggior parte dei falsi negativi è dovuta ad un agoaspirato non rappresentativo della
lesione. Tuttavia ci sono dei carcinomi che per loro natura possono produrre una diagnosi di
falsa negatività (11).
• Carcinoma tubulare/carcinoma duttale G1 (54): si tratta di strisci solitamente poco
cellulati , con buona coesione cellulare, monomorfismo cellulare e assenza di atipie. Il
dato radiografico, unitamente all’assenza di nuclei nudi, alla presenza di piccoli cluster
in atteggiamento microacinare e alle irregolarità della membrana nucleare, sono punti a
favore di una diagnosi di neoplasia. La presenza di materiale calcifico proveniente da
una associata componente di DCIS contribuisce a formularne la diagnosi.
• Carcinoma lobulare invasivo (11, 55): gli aspirati da questa lesione sono di difficile
interpretazione; i pattern osservabili sono diversi e vanno da uno striscio poco cellulato
con caratteri di benignità per l’uniformità delle cellule a strisci ipercellulati non dissimili
a quelli del carcinoma duttale. La marcata dissociazione cellulare e la presenza di
cellule ad anello con castone con lumi intracitoplasmatici sono indicativi di carcinoma
lobulare ma non specifici. Anche la presenza di irregolarità del contorno nucleare è a
favore di un carcinoma lobulare.
• Carcinoma con estesa fibroelastosi: da luogo ad uno striscio poco cellulato che rende
difficile, se non impossibile, la diagnosi.
Riconoscimento del carcinoma duttale in situ (DCIS)
Il carcinoma duttale in situ e il carcinoma duttale invasivo non possono essere distinti con la
sola citologia.
Alcune caratteristiche citologiche possono suggerire un DCIS e possono essere utilmente
segnalate nel referto citologico come indicazione della presenza di una componente DCIS.
Le caratteristiche variano a seconda dei diversi tipi di DCIS.
• DCIS ad alto grado (comedonico): la necrosi è l’aspetto più peculiare dello striscio con
presenza di materiale granulare e di lembi coesivi di elementi con pleomorfismo
nucleare e caratteristiche simil-apocrine.
24
• DCIS di grado intermedio e basso (cribriforme/micropapillare): aggregati coesi di
cellule ipercromiche con calcificazioni in uno sfondo pulito con rari o assenti nuclei
nudi.
• Carcinoma papillare intracistico: striscio ipercellulato con aggregati, lembi e filiere di
elementi ipercromici, relativamente monomorfi, in uno sfondo pulito con rari macrofagi.
Lesioni rare
• Granulomi da silicone, da olio di soia o paraffina: lo striscio è caratterizzato da elementi
scarsamente coesivi ma il riconoscimento di cellule multinucleate e di gocce di olio o
silicone intracitoplasmatiche orientano la diagnosi. Le notizie cliniche sono di aiuto.
• Lesioni stromali: vengono sottoposte ad agoaspirato sulla base del riscontro
mammografico o palpatorio di lesione sospetta. La fibromatosi e la fascite nodulare
sono le lesioni più frequenti e citologicamente caratterizzate da scarsi lembi di elementi
fusati con nuclei regolari.
• Carcinoma apocrino: lo striscio è solitamente ipercellulato e la difficoltà diagnostica
nasce dalle caratteristiche delle cellule neoplastiche che assomigliano alle cellule
apocrine benigne. Si osservano aggregati e formazioni papillari come nei casi benigni.
L’uniformità della popolazione cellulare maligna e le atipie nucleari congiuntamente
alla necrosi sono criteri per la diagnosi. Va ricordato che il carcinoma apocrino si
presenta come una lesione solida.
• Tumore fillode: le varianti benigne sono molto simili al fibroadenoma. La presenza di
cellule stremali con atipie nucleari e la presenza di frammenti di connettivo mucoide
possono indirizzare la diagnosi. I fillodi maligni mostrano un pattern di aggregati
epiteliali benigni frammisti a elementi fusati con caratteristiche nucleari di malignità.
• Tumori metastatici (56): vanno presi in considerazione quando si osserva un pattern
non usuale per il carcinoma mammario. Il melanoma e il carcinoma indifferenziato a
piccole cellule sono i più frequenti. Nel melanoma sono di aiuto la presenza di
pigmento e la presenza di grossolane inclusioni nucleari. Le metastasi di carcinoma
ovarico hanno le caratteristiche di una lesione papillare: la presenza di corpi
psammomatosi può aiutare a diagnosi. Cellule con ampio citoplasma chiaro possono
suggerire la possibilità di un carcinoma renale. Il carcinoma squamoso è facilmente
diagnosticabile e può essere sia primitivo che metastatico.
• Linfoma: la diagnosi si pone sulla base dello spettro di elementi linfoidi presenti.
Qualora si sopetti tale possibilità è utile effettuare la biopsia per tipizzare la lesione.
• Tumori stromali maligni: il più comune è l’angiosarcoma, soprattutto se in un contesto
di pregressa terapia radiante. Qualora si sospetti un sarcoma, sulla base delle atipie
citonucleari degli elementi fusati e/o pleomorfi, è necessario effettuare la biopsia al fine
di porre diagnosi tra sarcoma, carcinoma metaplastico e fillode maligno.
25
6. BIBLIOGRAFIA DIAGNOSTICA CITO-ISTOLOGICA PRE-OPERATORIA
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2005.
29
7. CONTROLLO DI QUALITA’
Definizione:
I controlli di qualità, come di seguito illustrati, sono da intendersi non come una
valutazione della qualità del laboratorio ma come valutazione clinica dell’efficacia della
FNAC o della core biopsy.
FNAC inadeguate (C1) e biopsie normali (B1) vengono pertanto conteggiate negli
standard di qualità.
Sensibilità
assoluta
Numero di carcinomi (C5 o B5) espresso come %ale del totale dei
carcinomi verificati
Sensibilità
completa
Numero di carcinomi non C1, C2 e B1,B2 espresso come %ale del
totale dei carcinomi verificati
Specificità
Numero di lesioni benigne correttamente identificate(numero di C2
o B2 meno i falsi negativi) espresso come %ale del totale delle
lesioni benigne campionate
Valore predittivo
positivo di C5/B5
Numero di carcinomi correttamente identificati (numero di C5 oB5
meno i falsi positivi) espresso come %ale del totale dei C5 oB5
Valore predittivo
positivo di C4/B4
Numero di carcinomi identificati come sospetti (numero di C4 o B4
meno i falsi sospetti) espresso come %ale del totale dei C4 oB4
Valore predittivo
positivo di C3/B3
Numero di carcinomi identificati come C3 o B3 meno il numero di
C3 o B3 benigni espresso come %ale del totale dei C3 o B3
Falsi negativi
Caso diagnosticato C2 o B2 che nell’arco di 3 anni si dimostra
essere un carcinoma (qs parametro include necessariamente
alcuni casi dove è stata campionata un’area diversa da quella che
svilupperà in seguito il cancro che in questo caso può essere
definito “cancro intervallo”
Falsi positivi
Caso diagnosticato come positivo (C5 o B5) che alla chirurgia
risulta una lesione benigna (compresa l’iperplasia atipica)
Tasso di falsi
negativi
Numero di fasi negativi espresso come %ale del totale dei
carcinomi campionati
Tasso di falsi
positivi
Numero di falsi positivi espresso come %ale del totale dei
carcinomi campionati
Tasso di
inadeguati
Numero di inadeguati (C1 o B1) espresso come %ale del totale dei
casi campionati
30
Modalità di calcolo dei parametri di Qualità.
Il calcolo dei dati può essere fatto sia per l’agoaspirato che per la biopsia (CQA e BQA).
Esiste inoltre un ulteriore calcolo che combina i due parametri dando la sensibilità e la
specificità non-operatorie. Si considera la diagnosi peggiore (il numero più elevato di C o B)
delle due metodiche quando entrambe sono state effettuate sulla medesima paziente e si
vanno a calcolare gli stessi parametri che si utilizzano per il CQA e il CQB.
Ciascuna cella deve contenere il numero delle diagnosi citologiche (o bioptiche) per categoria
C (o B) abbinato alla peggiore diagnosi istopatologica corrispondente.
ISTOLOGIA
C5/B5
C4/B4
C3/B3
C2/B2
C1/B1
Totale
Tot. maligni
Cella1
Cella2
Cella3
Cella4
Cella5
Cella6
Infiltranti
Cella7
Cella8
Cella9
Cella10
Cella11
Cella12
Non inf.
Cella13
Cella14
Cella15
Cella16
Cella17
Cella18
Tot. benigni
Cella 19
Cella20
Cella21
Cella22
Cella23
Cella24
No istologia
Cella25
Cella26
Cella27
Cella28
Cella29
Cella30
totale
Cella31
Cella32
Cella33
Cella34
Cella35
Cella36
31
Dalla tavola summenzionata si procede al calcolo della sensibilità e specificità in %ale
utilizzando le formule seguenti in cui i numeri corrispondono al numero della cella:
SENSIBILITA’ ASSOLUTA:
(1+25) x100
(6+25)
SENSIBILITA’ COMPLETA
(1+2+3+25) x100
6+25
SPECIFICITA’ (solo biopsie)
22 x100
24
SPECIFICITA’COMPLETA:
(22+28)
x100
24+27+28+29
VALORE POSITIVO PREDITTIVO (C5/B5)
(31-19) x100
31
VALORE PREDITTIVO POSITIVO (C4/B4)
2
x100
(32-26)
VALORE PREDITTIVO POSITIVO (C3/B3)
3 x100
33
VALORE PREDITTIVO NEGATIVO (C2/B2)
(34-4) x100
34
TASSO DI FALSI NEGATIVI
(escluso inadeguati)
4
x100
(6+25)
TASSO DI FALSI POSITIVI
19 x100
(6+25)
TASSO DI INADEGUATI
35 x 100
36
TASSO DI INADEGUATI con diagnosi di ca
5
x100
(6+25)
TASSO DI C3/B3
33 x100
36
TASSO DI C4/B4
32 x100
36
TASSO DI SOSPETTI (C3+C4)(B3+B4)
(32+33) x100
36
32
INDICATORI E MINIMI STANDARD SUGGERITI per la citologia:
Minimo
Desiderato
Media
(NHSBSP-UK)
SENSIBILITA’ ASSOLUTA
>60%
>70%
57.1%
SENSIBILITA’ COMPLETA
>80%
>90%
81.1%
SPECIFICITA’(inclusi casi non biopsiati)
>55%
>65%
58.4%
VALORE PREDITTIVO POSITIVO
>98%
>995
99.6%
TASSO DI FALSI NEGATIVI
<6%
<4%
6,3%
TASSI DI FALSI POSITIVI
<1%
<0.5%
0.2%
TASSO DI INADEGUATI
<25%
<15%
23.4%
TASSO DI INADEGUATI con diagnosi di ca
<10%
<5%
9.8%
TASSO DI SOSPETTI
<20%
<15%
15.8%
INDICATORI E MINIMI STANDARD SUGGERITI per le biopsie:
minimo
Desiderato
Media
(NHSBSP-UK)
SENSIBILITA’ ASSOLUTA
>70%
>80%
76.4%
SENSIBILITA’ COMPLETA
>80%
>90%
84.5%
SPECIFICITA’ (inclusi casi non
biopsiati)
>75%
>85%
81.2%
VALORE PREDITTIVO POSITIVO
>99%
>99.5%
100%
TASSO DI FALSI POSITIVI
<0.5%
<0.1%
0%
TASSO DI PERDITA DI ca (B1+B2)
<15%
<10%
15.1%
TASSO DI SOSPETTI
<10%
<5%
4.8%
Tutti questi dati dipendono in larga parte dalla tecnica utilizzata per il campionamento,
dall’esperienza e dalla perizia dell’aspiratore e dall’esperienza di lettura del patologo (quando
le due figure sono diverse).
33
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34
ALLEGATO 1, PARTE PRIMA:
RICHIESTA DI ESAME ISTOLOGICO DELLA MAMMELLA
Esame n…………….
Cognome…………………………Nome………………………………. Data di nascita ……………
Indirizzo: via …………………………n. …….Città…………………………………… ULSS N…..
T.S.
richiesta…………………………………..
Provenienza
della
SEDE
Destra
Quadrante………………………..
Sinistra
TIPOLOGIA DEL CAMPIONE
Quadrantectomia
Biopsia a cielo aperto
Mastectomia
Agobiopsia (n°………, dimensioni………………………….)
TECNICA DI LOCALIZZAZIONE
Palpazione
Stereotassi
RX Guidata
Ecografia
ASPETTO RADIOLOGICO
Microcalcificazioni
Distorsione/Addensamento
Opacità/Nodulo
CLASSIFICAZIONE MAMMOGRAFICA – ECOGRAFICA
R1
R2
R3
R4
R5
U1
U2
U3
U4
U5
NOTIZIE CLINICHE E STRUMENTALI: ………………………………………………………...
…………………………………………………………………………………………………………
Radiografia del campione allegata
DATA……………………
MEDICO………………………………………..
35
ALLEGATO 2, PARTE PRIMA:
SCHEDA PER L’INVIO DEL MATERIALE CITOLOGICO
PERCORSO CLINICO
Data ………………
SCREENING MAMMOGRAFICO
Cognome e nome …………………………… Data di nascita ……
Sede del Prelievo …………………………………………………………………………………
Tecnica di localizzazione
Palpatoria
Guida ecografica
Tipologia del campione
 Lesione solida

 secreto 
Lesione cistica
scraping
Dati clinici
Lesione palpabile
Lesione non palpabile
sospetta
Immagine radiologica
Opacità nodulare
limiti netti
limiti sfumati
spiculata
Guida stereotassica
 non sospetta
Microcalcificazioni
aspecifiche
sospette
Distorsione
Immagine ecografica
Ipoecogena
Anecogena
Isoecogena
limiti definiti
limiti definiti
limiti sfumati
limiti sfumati
cono d’ombra
eco interne
rinforzo di parete
vegetazioni interne
NOTE
……………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
36
ALLEGATO 3, PARTE PRIMA:
SCHEDA PATOLOGICA PER LO SCREENING MAMMOGRAFICO EUROPEO
Scheda per la refertazione diagnosi istologica preoperatoria
(WBN reporting form modificata)
N. Es. Istologico ……………………….
Data di refertazione……………………….
Nome………………………. Cognome……………..….
Data di nascita…………………………….
Sede
Aspetto radiologico
Destra
Sinistra
Cluster microcalcificazioni
Distorsione
Opacità, nodulo
Tecnica di localizzazione della lesione
a mano libera
ecoguidata
stereotassica
Numero di frustoli……..
Presenza di microcalcificazioni sulla lastra
Sì
Presenza istologica delle microcalcificazioni
Assenti
Diagnosi:
No
Lastra non disponibile
Presenti
Intraluminali
Intraepiteliali
Stromali
B1 tessuto normale
B2 benigno
B3 dubbio
B4 sospetto
B5 maligno
in situ
invasivo
sospetta invasione
Commento______________________________________________________________
______________________________________________________________________
Patologo_______________________________________________________________________
37
PARTE SECONDA
Procedure diagnostiche del campione
operatorio
A cura di:
Andrea Caneva (ULSS 5)
Vittorio Rucco (ULSS 5)
Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti
per lo screening mammografico nel dicembre 2005
Revisione prevista: dicembre 2006
38
1. ESAME MACROSCOPICO E CAMPIONAMENTO DEL MATERIALE CHIRURGICO E
BIOPTICO DELLA MAMMELLA
In questa sezione verranno descritte le procedure ottimali, consigliate dalle linee guida
internazionali, per l’esame macroscopico e il campionamento del materiale chirurgico.
Come premessa, va notato che il tipo di procedura chirurgica è ovviamente influenzato dalla
diagnosi pre-operatoria su biopsia o esame citologico ovvero dalla diagnosi estemporanea
condotta durante l’intervento stesso (esame estemporaneo al congelatore). Se una diagnosi
anatomopatologica non è ancora stata effettuata, l’intervento ha il significato di una “biopsia
diagnostica a cielo aperto” e quindi la lesione dovrebbe essere rimossa con un minimo di
tessuto sano circostante, per evitare inutili danni cosmetici in caso di benignità del processo
patologico. Le Linee Guida Europee (LGE) in questi casi raccomandano, per motivi di ordine
legale, di pesare il tessuto inviato per esame istologico.
In caso di lesioni non palpabili (microcalcificazioni) e su lesioni papillari l’esame
estemporaneo al congelatore è sconsigliato, in quanto nella maggior parte dei casi
produrrà diagnosi non conclusive, pregiudicando la valutazione definitiva del pezzo. In
sostituzione dell’esame al congelatore, è consigliata la radiografia del pezzo ancora integro,
per poter effettuare un’immediato allargamento dell’intervento se la lesione si trova in
prossimità dei margini. Analogamente, l’esame intraoperatorio non deve essere
effettuato, se non eccezionalmente, su lesioni inferiori a cm 1 e sui margini chirurgici;
in quest’ultimo caso, la valutazione macroscopica fornisce indicazioni di massima al
chirurgo sulla distanza del nodulo dai margini di escissione.
2. PRINCIPI GENERALI DI PROCESSAZIONE DEL MATERIALE CHIRURGICO:
DALL’ARRIVO AL LABORATORIO DI ANATOMIA PATOLOGICA AL CAMPIONAMENTO
La procedura ottimale prevede l’invio del materiale a fresco, in modo da poter ottenere
campioni di tessuto per la banca del materiale congelato. L’invio del materiale a fresco
prevede però che il materiale venga esaminato dal Patologo entro un tempo massimo di 2030 minuti, per il quale necessitano coordinazioni ottime e logistica adeguata con le sale
chirurgiche.
L’esecuzione di prelievi da congelare dovrà comunque essere sempre subordinata alle
primarie esigenze del campionamento routinario che è attualmente necessario per la diagnosi
e stadiazione del paziente.
3. PROCESSAZIONE DI CAMPIONI CHIRURGICI PER ESAME ROUTINARIO
3.1 Fissazione in formalina e valutazione dell’adeguatezza della stessa
Al momento dell’arrivo del campione chirurgico, chi lo prende in consegna deve accertarsi
che questo sia posto in adeguato contenitore con quantità sufficiente di formalina tamponata
(il pezzo chirurgico deve essere completamente immerso in una quantità di fissativo pari a 2 o
3 volte il volume del pezzo stesso). Pezzi di grandi dimensioni (orientativamente di dimensioni
maggiori a cm 5 di asse maggiore) andranno sezionati dal Patologo affinchè la formalina
possa penetrare adeguatamente. Il campione andrà sezionato senza alterarne la forma o
pregiudicarne l’orientamento e la valutazione dei margini (vedi Allegato 1)
39
3.2 Foglio di accompagnamento con richiesta di esame anatomopatologico
Il Patologo o il Tecnico di Laboratorio che prende in consegna il pezzo operatorio al suo
arrivo dovrà accertarsi che il foglio di accompagnamento sia correttamente compilato in tutte
le sue parti, e soprattutto che i dati anagrafici e la segnalazione di eventuali diagnosi o
trattamenti precedenti, siano leggibili (la non corretta interpretazione dell’anagrafica potrà
comportare non solo l’attribuzione del campione a un altro paziente, ma anche l’attribuzione
al paziente di precedenti non suoi e pregiudicare quindi l’interpretazione dell’esame).
Utile a questo scopo utilizzare una richiesta dedicata alla mammella che risulti di facile
compilazione dal chirurgo, al fine di evitare gli errori di sede ed indicare correttamente il tipo
di intervento chirurgico effettuato (vedi allegato di esempio di richiesta dedicata alla
mammella).
3.3 Esame macroscopico del campione chirurgico dopo fissazione in formalina per 24
ore
L’esame macroscopico ha come passo finale la produzione di una descrizione macroscopica
che comprenda la valutazione del campione chirurgico e la descrizione delle modalità seguite
nel suo campionamento. Esso costituisce un passo importante nella diagnosi
anatomopatologica: un esame macroscopico non corretto o una descrizione deficitaria
porteranno necessariamente a una diagnosi errata o incompleta. L’esame macroscopico si
compone di varie fasi:
3.3.1 Esame “esterno” del campione
Il Patologo dovrà annotarne le seguenti caratteristiche:
• le tre dimensioni
• il peso (soprattutto in caso di ampie biopsie pro diagnosi)
• la presenza di eventuali reperi chirurgici per l’orientamento (vedi allegato 1)
• la consistenza (soffice come il tessuto adiposo, elastica, duro-lignea)
3.3.2 marcatura dei margini chirurgici con inchiostro di china o tempere acriliche
(vedi Allegato 1)
3.3.3 Sezionamento del pezzo e suo esame interno
Il campione chirurgico andrà ulteriormente sezionato, con tagli paralleli (vedi Allegato A). Il
Patologo esaminerà poi ogni sezione per valutare la presenza di lesioni e le caratteristiche
del tessuto. In particolare, andranno annotate nella descrizione:
• numero, dimensioni e posizione (in relazione ai margini, se indicati da reperi) delle
lesioni individuate,
• aspetto della/e lesione/i: consistenza, colore, margini arrotondati/sfrangiati, eventuale
riscontro macroscopico di necrosi, emorragia, calcificazioni.
3.3.4 esame radiologico del pezzo macroscopico
Questo è necessario in caso di intervento per lesioni non palpabili, con microcalcificazioni, o
in caso di mastectomie con risparmio della cute e permetterà di campionare selettivamente le
aree con lesione.
40
3.3.5 Campionamento
• Campionamento e valutazione dei margini: I margini chirurgici possono essere
campionati con varie modalità: cosiddetto “peeling” e con sezioni perpendicolari in
blocchi ordinari (vedi allegato 1).
• Il campionamento deve assicurare una accurata misura delle dimensioni della
lesione e un dettagliato esame dello stato e della distanza dai margini.
• Campionamento della lesione e del tessuto circostante: ogni lesione deve essere
campionata. In caso di lesioni macroscopicamente multiple è buona norma campionare
anche il tessuto apparentemente sano interposto per verificare istologicamente che le
lesioni siano effettivamente separate.
• Campionamento dei linfonodi ascellari: tutti i linfonodi devono essere prelevati e inclusi
in toto per esame istologico. Il loro campionamento ottimale è descritto nell’allegato 1.
4. RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE IN RELAZIONE AI DIFFERENTI TIPI DI CAMPIONE
CHIRURGICO
4.1 Nodulectomie o Escissioni pro Diagnosi
• Se il campione chirurgico è uguale o inferiore a 3 cm, la procedura ottimale è
l’inclusione in toto.
• Se il campione è di dimensioni superiori ai 3 cm, e si tratta di lesione non palpabile,
non visibile macroscopicamente o microcalcificazioni, è consigliato eseguire una
radiografia del pezzo ed eseguire così il campionamento per l’esame istologico in
relazione a quanto visualizzato sulla radiografia. Tuttavia, se le dimensioni lo
permettono, è auspicabile includere tutto il materiale.
• In ogni caso, è opportuno ricordare che, soprattutto in caso di carcinomi in situ le
dimensioni radiografiche e/o macroscopiche sono spesso inferiori a quelle istologiche
e, pertanto sarà bene campionare lesione e tessuto apparentemente sano circostante
(meglio se nello stesso campione) per una corretta valutazione delle dimensioni della
lesione. Se vengono inviati più pezzi chirurgici separati, le dimensioni reali della/e
lesione/i potranno essere ricostruite solo se i pezzi sono tra loro orientati
reciprocamente. In ogni caso, è buona norma misurare la/e lesione/i in ogni pezzo
giunto separato.
4.2 Ampie Escissioni Terapeutiche (Nodulectomie Allargate, Microcalcificazioni,
Quadrantectomie)
• Usualmente in questi casi il chirurgo asporta una parte di tessuto mammario “a tutto
spessore”, cioè dal capezzolo alla fascia. E’ molto importante che il pezzo chirurgico
giunga orientato almeno riguardo questi 2 piani (capezzolo-piano superficiale, fasciapiano profondo), oppure secondo i piani ortogonali nello spazio (superiore, inferiore,
mediale e laterale) affinchè l’orientamento possa essere mantenuto nel
campionamento, poiché il carcinoma duttale in situ , in particolare quello poco
differenziato, interessa solitamente in modo continuo le diramazioni duttali di un lobulo
mammario.
• In caso di microcalcificazioni il pezzo andrà radiografato per poter effettuare il
campionamento in relazione alle microcalcificazioni.
41
• Il campionamento potrà essere effettuato con sezioni parallele in senso cranio-caudale
o medio laterale, metodo ottimale, soprattutto in caso di microcalcificazioni o di una
diagnosi pre-operatoria di carcinoma duttale in situ (CDIS), anche per la misurazione
della lesione, che si avrà cura di effettuare sia su vetrini che con ricostruzione
tridimensionale della stessa. E’ importante che venga sempre indicato e
campionato il margine areolare
• In caso di mancato riscontro delle microcalcificazioni al momento dell’esame
microscopico, i blocchi paraffinati potranno essere radiografati per accertarsi che
microcalcificazioni non siano presenti nello spessore di tessuto incluso, non raggiunto
dalla sezione esaminata microscopicamente.
4.3 Allargamenti (Ri-Escissioni)
• Il pezzo chirurgico di un allargamento o riescissione per margini positivi, deve essere
orientato per permette la campionatura mirata in relazione al/i margine/i riscontrato/i
precedentemente positivo/i.
• Nel caso si reperisca ancora lesione nel tessuto dell’allargamento la ricostruzione delle
reali dimensioni della lesione è difficile. Tuttavia, a tal fine è buona norma campionare
separatamente il tessuto adiacente alla cavità chirurgica dell’escissione precedente e
quello a distanza dalla cavità. In tal modo sarà possibile almeno una ricostruzione
parziale delle dimensioni e si potrà valutare se si tratta di lesione singola o multifocale.
4.4 Mastectomia
• Se la mammella giunge separata dal cavo ascellare deve essere orientata dal chirurgo,
per esempio ponendo un repere sul versante ascellare.
• I pezzi chirurgici di mastectomia non devono essere posti a fissare interi, poichè la
scarsa penetrazione della formalina pregiudicherà la valutazione dell’istotipo tumorale
e, soprattutto, il ritardo di fissazione influisce sull’indice mitotico che andrà valutato
istologicamente e sullo smascheramento antigenico in relazione alle indagini
immunoistochimiche.
• Per porre a fissare correttamente il pezzo chirurgico si dovrà provvedere a sezionare lo
stesso lasciando integra la cute con sezioni parallele ad una distanza di circa 1 cm
• Campionamento:
- I campioni effettuati sul nodulo devono comprendere: il nodulo per poter fornire il
diametro massimo della componente invasiva, altri la parte periferica del tumore
stesso, in quanto nel carcinoma infiltrante l’indice mitotico va valutato in tale sede. Il
tessuto circostante il tumore e quello degli altri quadranti vanno sezionati, esaminati e
descritti.
- E’ buona norma effettuare alcuni prelievi random, su ogni quadrante, anche in caso di
tessuto macroscopicamente indenne.
- Il capezzolo deve essere incluso in toto.
- Vanno campionati il margine profondo con la fascia. E’ buona norma esaminare anche
i margini superiore e inferiore, soprattutto se in vicinanza alla neoplasia.
42
43
5. ESAME MICROSCOPICO E DIAGNOSI FINALE
Nell’esecuzione dell’esame istologico che conduce alla diagnosi finale si suggerisce di
seguire la classificazione delle lesioni mammarie fornita dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità (2003).
In questo paragrafo presenteremo alcuni suggerimenti alla stesura della diagnosi istologica,
ai fini di standardizzare il più possibile il referto anatomopatologico di lesioni mammarie
(Checlist, Allegato 3, parte seconda).
5.1 Check lists per diagnosi di routine
E’ raccomandato l’uso di check lists che, soprattutto in patologia mammaria, dove spesso il
Patologo si trova di fronte a varie lesioni differenti nello stesso campione chirurgico, aiutano a
non tralasciare la trascrizione nel referto di qualche dato utile alla stadiazione, alla terapia o
anche solo interessante ai fini di un futuro studio.
5.2. Il referto microscopico
• Il referto microscopico dovrà contenere:
• Diagnosi della patologia principale (comprensiva di istotipo tumorale secondo WHO
2003, grado istologico di differenziazione secondo Elston Ellis, angioinvasione,
eventuale componente in situ associata e, se necessario, conferma o rettifica compiuta
con misurazione su vetrino delle dimensioni valutate macroscopicamente e della
eventuale estensione tumorale alla cute o altri organi vicini).
• Presenza di microcalcificazioni e conformità delle stesse (numero, distribuzione) con
quanto descritto nell’eventuale mammografia o radiografia del pezzo chirurgico
• (Suggerito, ma non mandatorio) Descrizione delle patologie benigne associate
• Valutazione immunoistochimica , se eseguita, dei recettori ormonali o altri parametri
• Valutazione dei margini di resezione (in escissioni terapeutiche) con misurazione della
distanza della lesione dai margini, sia per la componente in situ che per quella
invasiva.
• Valutazione dei linfonodi, se presenti, compreso il numero totale di linfonodi esaminati.
6. BIBLIOGRAFIA
1. Wells C.A. (E.C. Working Group on Breast Screening Pathology). 6. Quality assurance
guidelines for pathology in mammographic screening: 6B Open biopsy and resection
specimens. 2006.
2. Protocollo diagnostico-terapeutico dello screening per la diagnosi precoce
del tumore della mammella nella regione Emilia Romagna 2° edizione novembre 2004
44
ALLEGATO 1, PARTE SECONDA:
PREPARAZIONE PEZZO OPERATORIO
1. SEZIONAMENTO DEL PEZZO PER FISSAZIONE OTTIMALE E MARCATURA DEI
MARGINI CHIRURGICI
Il pezzo, se orientato, e di dimensioni troppo ampie per permettere una corretta fissazione,
andrà sezionato con tagli paralleli dello spessore di circa 1 cm., avendo cura di mantenere
inalterato l’orientamento.
Si procede dopo una adeguata fissazione in formalina per 24 ore alla marcatura dei margini.
A questo scopo è bene asciugare accuratamente il pezzo dall’eventuale fissativo in cui era
posto con carta assorbente. Successivamente, con un pennello, si dipingono con l’inchiostro
di china i margini e infine si immerge il pezzo in acido acetico al 10% per pochi secondi, al
fine di fissare definitivamente l’inchiostro. Si asciuga di nuovo con carta assorbente per
verificare che l’inchiostro rimanga attaccato sulla superficie del pezzo operatorio.
Nella tecnica di marcatura dei margini con tempere acriliche si usano colori diversi per i vari
margini. Utile una standardizzazione dei diversi colori all’interno del Laboratorio di Anatomia
Patologica come indicato nella MACRO predefinita (vedi MACRO predefinita per biopsie
orientate). I colori si stendono con un pennello coprendo le superfici indicate dai reperi e
avendo cura di creare margini netti tra i colori adiacenti. Si lascia asciugare all’aria per alcune
ore o in stufa a 60° per 1-2 ore.
Si potrà infine procedere ad effettuare la campionatura per esame istologico.
N.B il campionamento deve assicurare una accurata misura delle dimensioni della lesione e
un dettagliato esame dello stato e della distanza dai margini.
2. METODO PER LA FISSAZIONE DI PEZZO CHIRURGICO DI MASTECTOMIA
Disporre la mammella con il piano profondo rivolto verso l’alto.
Effettuare sezioni parallele in senso medio-laterale e perpendicolari alla cute, in modo tale
che il taglio interessi il parenchima mammario a tutto spessore, lasciando integra la cute. Con
questo metodo sarà possibile metter a fissare l’intera mammella in un unico contenitore,
avendo cura di inserire nei tagli tra una fetta e l’altra pochi fogli di garza che aiuteranno la
formalina a penetrare, impedendo alle fette di tessuto di collabire.
Lasciare in sede i reperi posti dal chirurgo.
3. CAMPIONAMENTO DEL CAPEZZOLO
Il capezzolo deve essere incluso in toto in due metà secondo sezione longitudinale,
perpendicolare alla cute, più il prelievo di una “rondella” del tessuto alla base del capezzolo,
mediante due sezioni parallele al piano cutaneo, che consentirà di valutare la regione dei dotti
galattofori
45
4. CAMPIONAMENTO DEI MARGINI CHIRURGICI
I margini chirurgici possono essere prelevati con varie modalità:
• Peeling: dopo aver marcato i margini con inchiostro di china, si eseguono sezioni
parallele al margine e si includono dal lato del margine stesso (lato marcato con
inchiostro di china). Questa modalità permette di esaminare tutta la superficie dei
margini con un numero di inclusioni minore rispetto alla modalità del punto 4B, tuttavia
ha in realtà lo svantaggio di non permettere una reale valutazione del margine in
quanto il blocco paraffinato deve comunque essere “sgrossato” prima di ottenere una
sezione valutabile e quindi parte del margine viene persa. Inoltre con questo metodo
non è possibile misurare la distanza tra il margine e la lesione.
• Sezioni perpendicolari in blocchi ordinari: In questo caso si elimina il problema di
perdita del tessuto durante la sgrossatura e la distanza della lesione dai margini può
essere misurata con precisione sulla sezione istologica.
Inoltre, se sono state usate le tempere acriliche, possono essere distinti più margini su un
unico vetrino. Naturalmente il numero di blocchi da allestire aumenta poichè la superficie di
margine in ogni campione è minore
5. CAMPIONAMENTO DEI LINFONODI ASCELLARI
Se il tessuto adiposo del cavo ascellare viene inviato con reperi per la suddivisione in livelli,
questi andranno rispettati nel campionamento. E’ comunque buona norma che il chirurgo invii
separatamente o chiaramente identificati da reperi i linfonodi dell’apice ascellare.
Al momento dell’esame macroscopico del pezzo chirurgico, andranno ricercati tutti i linfonodi.
I linfonodi, per facilitare la ricerca, vanno isolati dal grasso dopo fissazione avvenuta.
E’ comunque importante cercare di eliminare il più possibile il grasso che circonda il
linfonodo, al fine di facilitarne la processazione (disidratazione in alcool e successivamente
all’inclusione, taglio della sezione).
Ogni linfonodo deve essere esaminato in toto. Quindi, si potranno includere nel medesimo
blocco linfonodi di dimensioni inferiori a 0.5 cm (da due a massimo sei linfonodi, avendo cura
di mettere nello stesso blocco linfonodi di dimensioni analoghe, per facilitarne il taglio),
mentre linfonodi di dimensioni superiori andranno divisi in 2 o più parti (preferibilmente con
sezioni lungo l’asse minore che permettono la visualizzazione di una maggiore superficie del
seno marginale, punto di arrivo delle metastasi) e inclusi separatamente. La metodica di
inclusione (più linfonodi o linfonodo singolo in più parti) deve essere descritta in modo da
essere ricostruibile al momento dell’esame microscopico. Dei linfonodi francamente
metastatici se ne può includere anche solo metà.
46
6. MACRO PREDEFINITA PER BIOPSIA ORIENTATA
Biopsia mammaria giunta fissata in formalina con l'indicazione di "mammella @, Q@" delle
dimensioni di cm @ centrata da filo di repere metallico ed orientata da fili di repere colorati ad
indicare rispettivamente:
•
•
•
•
il margine superiore (1 filo lungo),
il margine inferiore (2 fili lunghi),
il margine laterale (1 filo corto),
il margine mediale (2 fili blu corti).
Si colorano pertanto di:
• colore blu il margine inferiore e laterale,
• colore verde il margine superficiale,
• colore rosso il margine superiore e mediale,
• colore nero il margine profondo.
In sezione …...
Il pezzo operatorio viene incluso in toto con n. @ prelievi seriati in senso cranio-caudale
indicando con:
A) il margine @,
da B) a @) sezioni intere successive comprensive dei margini @,
@) il margine @.
47
ALLEGATO 2, PARTE SECONDA: RICHIESTA ESAME ISTOLOGICO MAMMELLA
a: UNITA' OPERATIVA DI ANATOMIA PATOLOGICA
Data intervento
Cognome e Nome
Ricoverato
SI
Ospedale
Sesso
Reparto
Data di nascita
Mammella
Sede
NO
Comune di residenza
Via
Codice Fiscale
Tessera
sanitaria
Materiale da esaminare:
Pezzo operatorio
Criostato
a fresco
Radioisotopo
in formalina
Recettori ormonali
Valutazione intraoperatoria margini chirurgici
Sede mammaria:
Destra
TIPO DI INTERVENTO CHIRURGICO
Biopsia incisionale
Biopsia escissionale
Biopsia con guida stereotassica
Galattoforectomia
Tumorectomia
Tumorectomia allargata
Sinistra
Wide excision
Quadrantectomia
Mastectomia skin sparing
Mastectomia nipple sparing
Mastectomia radicale
Muscolo pettorale
piccolo
grande
ORIENTAMENTO MARGINI CON FILI DI REPERE
Un filo lungo: margine SUPERIORE
Un filo corto: margine LATERALE
Due fili lunghi: margine INFERIORE
Due fili corti: margine MEDIALE
Tre fili lunghi:
Tre fili corti:
RADICALIZZAZIONE MARGINI
LINFONODI DEL CAVO ASCELLARE
Linfonodo sentinella con colorante vitale
Linfonodo sentinella con radioisotopo
L. S. con radioisotopo e colorante vitale
Linfonodo/i parasentinella
Sampling ascellare
Linfonodi primo livello
Linfonodi secondo livello
Linfonodi terzo livello
Cavo ascellare completo
DATI CLINICI E STRUMENTALI: …………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………
N. Telefonico per comunicazioni
Il medico
48
ALLEGATO 3, PARTE SECONDA: CHECK LIST
Cognome ……………..
Nome ……………..
Data di nascita ……………..
Screening n. …………….. Ospedale ……………..
SINISTRO
PATOLOGO …………….. Data del referto
Calcificazioni istologiche
Assenti
Esaminata radiografia del campione?
DESTRO
…………….. Referto n. ……………..
Benigne
Si
Biopsia stereotassica
Mastectomia
Maligne
Entrambi i tipi
No
Alterazione mammografica presente nel campione?
Tipo di campione
Lato
Si
No
Incerto
Biopsia a cielo aperto
Agobiopsia
Peso del campione……………g
mm
Dimensioni
Quadrantectomia
mm x
mm x
LESIONI BENIGNE PRESENTI
Lesione sclerosante complessa/cicatrice sclero-elastotica
Mastite periduttale/ectasia duttale
Fibroadenoma
Malattia fibrocistica
Altro (specificare)
Papilloma solitario
Papillomi multipli
Adenosi sclerosante
Cisti solitaria
LESIONI PROLIFERATIVE INTRADUTTALI
Assente
Iperplasia duttale usuale
Atipia epiteliale piatta (DIN 1A)
Iperplasia duttale atipica (DIN B)
Carcinoma duttale in situ di basso grado (DIN C)
Carcinoma duttale in situ di grado intermedio (DIN 2)
Carcinoma duttale in situ di alto grado (DIN 3)
DIMENSIONI…………………..mm
LESIONI PROLIFERATIVE INTRALOBULARI
Neoplasia lobulare oppure
Iperplasia lobulare atipica (LIN 1)
Carcinoma lobulare in situ classico (LIN 2)
Carcinoma lobulare in situ di alto grado (LIN 3)
MALATTIA DI PAGET
MICROINVASIONE
Assente
Assente
Presente
Presente
Possibile
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LESIONI MALIGNE INVASIVE
Assente
Duttale/tipo non altrimenti specificato (NAS)
Carcinoma lobulare
Misto (segnalare gli isotipi presenti)
Altro carcinoma primitivo (specificare)
Altro tumore maligno (specificare)
Carcinoma mucinoso
Carcinoma tubulare
Carcinoma midollare
Non classificabile
DIMENSIONI ………………….. mm
Angioinvasione
Infiltrazione perineurale
Componente in situ associata di tipo …………………………..
MARGINI CHIRURGICI
Indenni (specificare distanza della lesione se inferiore al cm)
Infiltrato (specificare quale)
LINFONODI
N° linfonodi metastatici su totale esaminati ……………….
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PARTE TERZA
Protocollo anatomopatologico
del linfonodo sentinella
A cura di:
Giovanni Capitanio (ULSS 12)
Stefania Dante (ULSS 6)
Roberto Mencarelli (ULSS 16)
Quirino Piubello (ULSS 20)
Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti
per lo screening mammografico nel settembre 2005
Revisione prevista: dicembre 2006
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1. PREMESSA
Il Nuovo protocollo GIVOM per l’esame anatomopatologico del linfonodo sentinella nel
cancro della mammella si base fondamentalmente su quello proposto dallo European
Working Group on Breast Screening Pathology nel 2004, che è attualmente in corso di
pubblicazione. In accordo con la classificazione UICC TNM dei tumori maligni (1), il
coinvolgimento linfonodale viene classificato in (macro)metastasi (>2 mm), micrometastasi
(≤2 mm e >0,2 mm) e Cellule Tumorali Isolate (ITC) (≤0,2 mm).
Il panel ha riconosciuto che lo scopo minimo assoluto dell’esame istologico del linfonodo
sentinella è quello di identificare tutte le macrometastasi (scopo non raggiunto da tutti i
laboratori) (2), tuttavia si è ritenuta importante anche l'identificazione delle micrometastasi,
data la loro associazione con un ulteriore coinvolgimento linfonodale. In presenza di
micrometastasi nel linfonodo sentinella, infatti, il rischio cumulativo di metastasi addizionali
in altri linfonodi si aggira complessivamente intorno al 18 % (3); in particolare, nel caso di
micrometastasi > 1 mm (tra 1 e 2 mm), sono state trovate metastasi addizionali nei
linfonodi non sentinella nel 36,4 % dei pazienti (4).
Le cellule tumorali isolate (ITC) sono singole cellule tumorali o piccoli gruppi di cellule la
cui dimensione massima non supera 0,2 mm e che sono generalmente rilevate mediante
metodi di immunoistochimica e solo raramente con la morfologia tradizionale. Le ITC in
genere non mostrano attività di tipo metastatico (per esempio proliferazione o reazione
stromale) o di invasione delle pareti vascolari o dei seni linfatici. Pertanto, casi con
presenza di ITC nei linfonodi o a distanza devono essere classificati come N0 o M0
rispettivamente (1). Di conseguenza, il panel ritiene che la dimostrazione delle ITC non sia
l’obiettivo della pratica clinica del linfonodo sentinella, bensì un effetto secondario che va
adeguatamente riportato (N0) per evitare sovrastadiazioni e conseguenti sovratrattamenti.
Si raccomanda quindi di utilizzare la più recente classificazione del TNM:
• pN0 (sn): Con l’esame istologico non si osservano metastasi nel(i) linfonodo(i)
sentinella, non valutata la presenza di cellule tumorali isolate (ITC).
• PN0 (i-)(sn): Con l’esame istologico non si osservano metastasi nel linfonodo
sentinella, negativa la presenza di ITC mediante metodi morfologici e di
immunoistochimica.
• PN0 (i+)(sn): Con l’esame istologico non si osservano metastasi nel linfonodo
sentinella, positiva la presenza di ITC mediante metodi morfologici o di
immunoistochimica.
Un'ulteriore discussione del panel ha riguardato l'indicazione all'esame estemporaneo
(vedi paragrafo 3). Si è preso atto che nella media delle realtà
sanitarie/anatomopatologiche venete, un esame istologico intraoperatorio accurato e
completo non è realizzabile, con conseguente alto rischio di falsi negativi. Di
conseguenza, si è convenuto di limitare eventualmente tale esame ai casi in cui la
probabilità di positività del sentinella, e quindi la probabilità che l'esame estemporaneo
consenta al chirurgo di procedere immediatamente allo svuotamento ascellare completo,
sia più elevata. Il criterio più semplice per selezionare questi casi è la dimensione del
tumore primitivo, per cui si è raggiunto l'accordo di evitare l'esame estemporaneo in tutti i
casi di tumore primitivo inferiore al centimetro di diametro (globalmente, rischio di N+
inferiore al 20%).
Infine il panel ha riconosciuto la necessità di standardizzare il referto, in modo che il piano
di trattamento delle pazienti non sia ostacolato dalla loro mobilità intraregionale e che gli
scambi di informazioni, le raccolte dati e gli eventuali studi multicentrici ne siano favoriti.
52
2. ESAME E CAMPIONAMENTO MACROSCOPICO
Eventuali linfonodi sentinella multipli devono essere identificati ed inclusi separatamente
(per convenzione verranno esaminati come sentinella solamente i 3 linfonodi più captanti,
segnalati dal chirurgo, mentre ulteriori linfonodi meno captanti verranno esaminati in modo
tradizionale).
Il materiale deve essere inviato al laboratorio di anatomia patologica “a fresco” nel caso di
esame intraoperatorio, o fissato in formalina, in idoneo contenitore, per l’esame istologico
definitivo.
Vanno riportate le dimensioni del linfonodo/i (lunghezza, larghezza e spessore: in
particolare, la misurazione dello spessore è indispensabile per stabilire e monitorare il
numero/intervallo delle successive sezioni istologiche).
Quando le dimensioni lo permettono (almeno 4-5 mm di spessore) il linfonodo va tagliato
macroscopicamente in 2 parti lungo l’asse maggiore dalla capsula all’ilo; se di dimensioni
superiori va tagliato, sempre lungo l’asse maggiore, ogni 2-3 mm (ad esempio, in un
linfonodo di 9 mm di spessore vanno eseguiti almeno 3 prelievi di 3 mm di spessore).
E’ sufficiente un solo prelievo di qualsiasi LS macroscopicamente metastatico o del LS
positivo ad un eventuale esame intraoperatorio.
I linfonodi macroscopicamente negativi vanno campionati in toto ed esaminati
istologicamente: nei linfonodi di maggiori dimensioni ciò può comportare l’allestimento di
più inclusioni, mentre quelli più piccoli potranno essere valutati in un’unica inclusione.
3. ESAME INTRAOPERATORIO
Viene limitato ai casi con tumori superiori a 1 cm di diametro. L'esame può essere
condotto eseguendo due sezioni in Ematossilina-Eosina con intervallo di 40 micron tra
l’una e l’altra. E’ necessario che il personale tecnico sia particolarmente accurato sia
nell’evitare spreco di materiale, sia nell’allestire sezioni complete, comprensive della
capsula linfonodale.
Nei casi di linfonodi sentinella multipli, l’esame estemporaneo intraoperatorio andrà di
regola richiesto solamente sul linfonodo più captante.
4. TAGLIO SEZIONI ISTOLOGICHE (N° SEZIONI, INTERVALLI DI SEZIONE)
I blocchetti di inclusione devono essere sezionati in modo da permettere, come obiettivo
minimo, l’identificazione dei depositi metastatici al di sopra di 2 mm (macrometastasi).
Questo richiede l’esecuzione di sezioni con intervallo di 1 mm tra ciascun livello (5): il
numero di livelli/sezioni da allestire dipenderà dallo spessore del prelievo macroscopico
(ad esempio, con prelievi dello spessore macro di 3 mm saranno necessari 3 livelli/sezioni
per inclusione, con spessore macro di 2 mm saranno necessari 2 livelli/sezioni per
inclusione).
Si raccomanda tuttavia di porsi come standard il riconoscimento anche delle
micrometastasi. Per identificare depositi micrometastatici (0,2 - 2 mm) sono necessarie
sezioni multiple con intervalli di 150-200 micron (5): di nuovo, il numero di livelli/sezioni da
allestire dipenderà dallo spessore del prelievo macroscopico (ad esempio, con spessore
macro di 3 mm saranno necessari almeno 15 livelli/sezioni, con spessore macro di 2 mm
saranno necessari 10 livelli/sezioni).
La ricerca di ITC non è stata considerata dal panel come standard nella pratica clinica, e
può essere perseguita solo dai Centri che ne abbiano la possibilità pratica o nell'ambito di
protocolli di studio.
53
Per l’eventuale ricerca di ITC, si può prevedere di utilizzare la procedura per la ricerca
delle micrometastasi (intervalli di sezione di 150 – 200 micron), integrata con indagini di
immunoistochimica con anticorpi anticitocheratine AE1/AE3 effettuate su alcuni livelli di
sezione.
Esempi di schemi proponibili:
Inclusione con spessore di 2 mm = 10 livelli di sezioni ad intervalli di 200 micron
• Ematossilina-Eosina sui livelli 1, 2, 4, 5, 7, 8, 10
• AE1/AE3 sui livelli 3, 6, 9
Inclusione con spessore di 3 mm = 15 livelli di sezioni ad intervalli di 200 micron
• Ematossilina-Eosina sui livelli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 13, 14
• AE1/AE3 sui livelli 4, 8, 12, 15
5. REFERTAZIONI
I referti devono includere:
• il numero totale di linfonodi sentinella ricevuti,
• qualsiasi coinvolgimento macroscopico se visto,
• il numero di linfonodi coinvolti da malattia metastatica,
• l’estensione della malattia metastatica (si raccomanda l’adesione alle categorie pN
della 6^ edizione della classificazione TNM dei tumori maligni) (1). Se più foci
metastatici sono stati identificati in un linfonodo, deve essere riportato il più grande. Il
suffisso (sn) deve essere usato quando lo stato linfonodale è stato determinato solo
sulla base della biopsia del LS;
• se sono state usate tecniche speciali (minore distanza tra le sezioni multiple,
immunocolorazioni, analisi molecolari) e se il coinvolgimento linfonodale è ricercato
solo con metodi di immunoistochimica o molecolari, questo fatto deve essere
evidenziato nel referto.
Poiché i metodi possono differire da laboratorio a laboratorio, si raccomanda di specificare
il numero dei livelli/sezioni valutati e l’intervallo di sezione.
6. BIBLIOGRAFIA
1. Sobin LH, Wittekind Ch, eds. UICC TNM classification of malignant tumours, 6th edition.
New York, John Wiley and Sons, 2002.
2. Cserni G, Amendoeira I, Apostolikas N, Bellocq JP, Bianchi S, Boecker W, et al.
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current data to be considered for the formulation of guidelines. Eur J Cancer 2003, 39:
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micrometastases in axillary sentinel lymph nodes for patients with breast carcinoma.
Cancer 2001; 92: 1378-84.
5. Cserni G. A model for determining the optimun histology of sentinel lymph nodes in breast
cancer. J Clin Pathol 2004; 57: 467-471.
54
ALLEGATO 1, PARTE TERZA:
Refertazione anatomopatologica del Linfonodo Sentinella
N° Linfonodi Sentinella ricevuti _____
A Fresco _____
In Fissativo _____
Dimensioni: Lunghezza mm _____
Larghezza mm _____
Spessore
mm _____
Esame Intraoperatorio _____
Esame istologico definitivo _____
Coinvolgimento macroscopico _____
N° tagli macroscopici _____ dello spessore di mm _____
Ottenuti n° prelievi _____ inclusi in _____ blocchetto/i.
N° sezioni _____ ad intervallo di 150 –200 micron.
N°
sezioni
di
immunoistochimica
_____
eseguite
sui
livelli
________________________________
N°
linfonodi
coinvolti
(specificare
se
metastasi,
micrometastasi,
ITC)
________________________
pN __________
55
PARTE QUARTA
Determinazione immunoistochimica dei
fattori prognostici
A cura di:
Tiziana Salviato (ULSS 15)
Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti
per lo screening mammografico nel luglio 2005
Revisione prevista: dicembre 2006
56
1. INTRODUZIONE
Lo stato dei recettori steroidei ( estrogeni e progesterone) di un carcinoma della mammella
viene utilizzato per vedere se una paziente possa trarre beneficio da un trattamento
ormonale o se possa eseguire una terapia adiuvante.
Attualmente il metodo di scelta per valutare lo stato dei recettori steroidei è
l’immunoistochimica. Tale metodica ha infatti il vantaggio di poter essere utilizzata sia per
le core biopsies che per le biopsie escissionali terapeutiche ed è largamente applicabile.
Ogni laboratorio deve assicurare risultati altamente riproducibili e che possano essere
valutati con metodo semiquantitativo.
2. FISSAZIONE
Una scarsa fissazione può influenzare i risultati, soprattutto per i recettori degli estrogeni.
Per ottenere una fissazione ottimale è preferibile ricevere il pezzo operatorio il più presto
possibile dalla sala operatoria e fare subito un campionamento per permettere la
penetrazione del fissativo.Il tempo raccomandato per la fissazione dovrebbe essere
compreso tra le 6 e le 18 ore. Il fissativo più usato è la formalina neutra tamponata. Le
core biopsies presentano il vantaggio di una più omogenea fissazione.
3. METODICHE
E’ richiesto uno smascheramento antigenico in una soluzione 0.01 M di sodio citrato a pH
6. La durata dello smascheramento è un punto critico tanto che tempi troppo brevi
possono essere la causa di scarsi e variabili risultati.
Gli anticorpi anti recettori ormonali sono stati ben caratterizzati e validati diversamente da
altre metodiche.
Deve essere utilizzato un metodo di rivelazione sensibile.
Se vengono introdotte delle variazioni sia per quanto riguarda il tempo dello
smascheramento antigenico o l’uso di un sistema di rivelazione diverso è importante che il
titolo anticorpale sia ottimizzato in modo da assicurare una chiara reazione nucleare senza
colorazione aspecifica di fondo.
Sarebbe opportuno ottimizzare un metodo di colorazione per le core biopsies diverso da
quello dei pezzi operatori e di ciò se ne deve tenere conto al momento nell’organizzazione
iniziale del lavoro.
La colorazione di contrasto non dovrebbe mascherare la debole positività nucleare.
4. CONTROLLI
Questi sono molto importanti e devono essere usati per ciascuna reazione. Nello stesso
blocchetto devono esservi tessuti ad alta concentrazione di recettori, tessuti a bassa
concentrazione di recettori e tessuti negativi. I tessuti da testare dovrebbero contenere sia
parenchima mammario normale, sia tessuto neoplastico; il tessuto normale agisce come
un buon controllo interno positivo di reazione ed è particolarmente importante se la
fissazione del campione è subottimale. Un controllo negativo dovrebbe essere sempre
incluso. Qualsiasi problema insorga con il controllo standard o con il tessuto interno
57
normale, la reazione deve essere ripetuta. Il tipo ed il grado del carcinoma devono essere
tenuti in considerazione, dal momento che i casi meglio differenziati è molto improbabile
che siano negativi.
5. SCORING
Vi sono molti sistemi differenti di scoring attualmente in uso. Deve essere presa in
considerazione solo la reazione nucleare e deve essere saggiata tutta la componente
invasiva. Al fine di uniformare i diversi laboratori viene raccomandato l’uso del quick
(Allred) score (Tabella 1). Questo è basato sull’analisi della percentuale di positività e sulla
media di intensità di reazione. Per esempio un tumore eterogeneo che presenta il 30% di
cellule debolmente positive, il 30% moderatamente positive ed il 30% fortemente positive
avrà una intensità media moderata (score 2)
Tabella 1:Quick (Allred) score
Score di proporzione
Score di intensità
0=assenza di reazione
0=assenza di reazione
1=<1% di reazione nucleare
1=debole reazione
2=1-10%di reazione nucleare
2= reazione moderata
3=11-33% di reazione nucleare
3=reazione intensa
4=34-66 % di reazione nucleare
5=67-100% di reazione nucleare
I punteggi vengono sommati fino ad un massimo che può essere 8.
Molteplici sono le implicazioni che necessitano di una corretta valutazione dello stato
recettoriale della neoplasia:
• La maggior parte dei dati sono connessi al trattamento delle lesioni metastatiche,
poiché è stato dimostrato che maggiore è il livello di recettori, più alta è la possibilità di
risposta alla terapia ormonale
• Le pazienti con neoplasie che non hanno evidenza di immunoreazione, non hanno
possibilità di risposta ad una terapia ormonale
• La determinazione dei recettori per gli estrogeni, come quella dei recettori per il
progesterone, può servire per es. a pazienti che hanno neoplasie con basso valore di
recettori per gli estrogeni ed alto valore di recettori per il progesterone: in questo caso
vi è indicazione per un trattamento ormonale.
• Le pazienti con neoplasie mammarie che possiedono livelli molto bassi di reazione ( 2
nel quick score) beneficiano del trattamento ormonale adiuvante. Ciò dimostra come
sia importante la sensibilità e la riproducibilità delle tecniche che possono rilevare livelli
anche molto bassi di reazione.
58
6. CARCINOMA DUTTALE IN SITU
Si stanno introducendo trials per determinare il valore della terapia endocrina nel
carcinoma duttale in situ ed un requisito fondamentale sarà la conoscenza dello stato dei
recettori per gli estrogeni. Attualmente non c’è un sistema di scoring come per il carcinoma
duttale infilrante, ma un cut-off di > di 10% di reazione cellulare viene utilizzato per definire
positiva una lesione nel trial NSABP B24. Ciò deve essere utilizzato fin quando non
saranno disponibili altre prove.
7. CONTROLLI DI QUALITA’
E’ fondamentale che i laboratori partecipino a schemi di verifica di qualità sia per gli aspetti
tecnici (colorazioni standard ed immunoistochimiche) sia per quanto concerne
l’accuratezza diagnostica.
Nelle USLL e nelle Aziende Sanitarie in cui lo screening risulti attivo, la verifica di qualità
esterna per i laboratori coinvolti nello screening dovrebbe essere incluso come parte del
processo di screening.
8. HER-2/neu
Secondo le linee guida dell’ASCO, viene raccomandata la valutazione dell’iperespressione
di HER-2 su tutti i tumori mammari, sia nelle fasi precoci che in fase metastatica, dal
momento che alti livelli di espressione di tali recettori o l’amplificazione di c-erb-2 possono
essere usati per identificare pazienti per le quali il Trastuzumab può essere di aiuto per il
trattamento del carcinoma mammario metastatico, recidivo e/o refrattario ad altri
trattamenti, ovvero non resecabile.
Il gene HER-2 è un protooncogene che controlla la sintesi di una proteina superficiale di
membrana chiamata proteina HER-2 dotata di attività tirosino-chinasica.
Questa proteina trasmette segnali di crescita dall’ambiente extracellulare al nucleo
regolando alcuni aspetti dei processi di crescita, divisione e defferenziazione cellulare.
In molti tumori solidi la proteina HER-2 viene sovente sovraespressa in seguito
all’amplificazione del gene HER-2, causata dall’alterazione del processo di controllo
genico e non da una mutazione del gene.
Le cellule normali presentano due copie del gene HER-2 e bassi livelli di espressione del
recettore HER-2.
La sovraespressione del gene HER-2 può verificarsi attraverso diversi meccanismi:
• amplificazione genica
• aumento della trascrizione
• aumento della sintesi proteica
L’effetto complessivo dei tre meccanismi è un aumento, a livello di membrana, del numero
dei recettori HER-2 espressi, che stimolano la divisione cellulare.
La sovraespressione del recettore HER-2 è stata osservata nel 30% circa dei carcinomi
mammari.
59
8.1 Determinazione dello stato di HER-2
Preparazione del preparato istologico
• Asportazione del campione chirurgico
• Campionamento del pezzo operatorio prima della fissazione (sezioni che saranno dello
spessore compreso tra 0,5 e 1 cm)
• Fissazione per un periodo che varia da un minimo di 6-8 ore ad un massimo di 24-36
ore ( generalmente i campioni ottenuti da agobiopsia richiedono sempre un periodo
minimo di fissazione. Attualmente non ci sono dati che confermino l’attendibilità di una
fissazione rapida mediante microonde, pertanto tale metodica non è raccomandabile
nella pratica quotidiana). La fissazione con formalina può dare una colorazione debole
con conseguente viraggio del punteggio verso valori più bassi, soprattutto se la
fissazione avviene per un periodo inferiore alle 24 ore, mentre la fissazione con alcool
può dare una colorazione più forte con viraggio del punteggio verso valori più alti.
• Inclusione in paraffina (i campioni fissati e inclusi possono essere conservati per lungo
tempo a temperature comprese tra 20° e 25°C . E’ molto importante tagliare le sezioni
da esaminare poco tempo prima della valutazione di HER-2. Anche lo spessore delle
sezioni può influenzare la valutazione e l’interpretazione dei risultati.
• Posizionamento della sezione sul vetrino
8.2 Principi della metodica
I processi di smascheramento antigenico sono critici; devono quindi essere standardizzati
e seguire protocolli ben definiti. E’ auspicabile una standardizzazione migliore attraverso
l’utilizzo di kit commerciali quali Herceptest (Dako) o Pathway HER2 (CB11 Ventana). Gli
anticorpi più sensibili e specifici sono allo stato attuale il CB11 (Novocastra), il TAB 250
(Zymed) e l’antisiero policlonale AO485 (Dako). La temperatura ed il tempo di incubazione
devono essere standardizzati (19).
8.3 Valutazione dei risultati
E’ necessario valutare soltanto la positività di membrana delle cellule neoplastiche
esclusivamente nella componente infiltrante.
E’ opportuno che la sezione comprenda sia tessuto neoplastico sia tessuto normale: infatti
i lobuli normali fungono da controllo dello smascheramento antigenico: eventuali positività
in tale sede è indice di colorazione aspecifica e, quindi, l’intera reazione deve essere
ripetuta.
SCORE (vedi Tabella 1):
• Pazienti con score di valutazione pari a 0 e 1+ sono considerate HER-2 negative e
quindi non idonee alla terapia.
• Pazienti con score di valutazione pari a 3+ sono considerate HER-2 positive e quindi
candidate al trattamento anti HER-2
• Le pazienti con score di valutazione pari a 2+ dovrebbero essere ritestate con una
diversa metodica (ad esempio con metodica FISH) per poter definire l’eventuale
possibile idoneità al trattamento anti HER-2.
60
Un accurata determinazione dello stato di HER-2 è essenziale per una selezione di
pazienti in grado di trarre beneficio dalla terapia con Herceptin.
L’immunoistochimica mostra una migliore correlazione se la metodica è standardizzata.
Pertanto al fine di migliorare l’accuratezza della determinazione dello stato di HER-2
bisogna assolutamente validare dall’inizio la metodica nonché condurla correttamente con
CdQ sia interno che esterno.
Tabella 2: SCORE
Score da
riportare
Marcatura di membrana
Valutazione
iperespressione HER 2
0
nessuna colorazione o
colorazione in meno del 10% delle cellule
Negativo
1+
Incompleta/debole marcatura di membrana in
più del 10% delle cellule tumorali. Le cellule
marcate solo in parte della membrana.
Negativo
2+
Marcatura completa della membrana da lieve a
moderata in più del 10% delle cellule tumorali
Positivo
3+
Marcatura completa ed intensa della membrana
in più del 10% delle cellule tumorali
Positivo
8.4 CdQ
L’uso di controlli richiede almeno per ogni determinazione dei controlli positivi e negativi.
I controlli possono includere tessuti separati fra loro, campioni di tessuto a reattività nota e
linee cellulari con livello di HER-2 sovraespresso noto.
Tutti i laboratori che utilizzino la determinazione immunoistochimica per HER2 come test
prognostico-predittivo devono partecipare ad appropriati programmi di qualità esterni.
61
9. BIBLIOGRAFIA
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Linee Guida per lo Screening Mammografico