UNA BIBBIA DA RACCONTARE
Yann Redalié
I
l raccontare è un atto costitutivo della fede d’Israele e dei primi cristiani. Il racconto di Deuteronomio 26,5ss è una confessione di fede pronunciata nell’ambito della festa delle primizie. Nello stesso soffio l’orante confessa la propria fede e la propria identità con un racconto: «Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come straniero con poca
gente e vi diventò una nazione grande, potente e numerosa. Gli Egiziani ci
maltrattarono, ci oppressero e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al SIGNORE,(..) e il SIGNORE ci fece uscire dall’ Egitto con potente mano
e con braccio steso, con grandi e tremendi miracoli e prodigi. Anche il secondo articolo del simbolo apostolico presenta Cristo attraverso un racconto molto concentrato: Gesù Cristo, suo Figlio unigenito, Signore nostro,
concepito dallo Spirito Santo, nato da Maria vergine, ha sofferto sotto Ponzio Pilato, crocifisso, morto, sepolto, sceso nel soggiorno dei morti, risorto il
terzo giorno, salito al cielo, siede alla destra di Dio, verrà a giudicare i viventi e i morti.
Raccontare ed ascoltare racconti è anche un grande piacere, che si gode a tutte le età, ma particolarmente quando si è bambini. Queste riflessioni dedicate all’approccio narrativo (o narratologico) dei testi biblici si
propongono di contribuire al lavoro, che potremmo definire “prepedagogico”, di catechesi dei bambini e ragazzi nell’ambito della scuola domenicale e non solo. Penso che l’analisi narrativa sia utile e feconda per
creare poi, mantenendosi fedeli al testo, un’ampia gamma di attività e
animazioni partendo dal racconto biblico: dalla drammatizzazione al gioco di confronto, dall’inventare domande da porre ai protagonisti alla creazione di una storia alternativa, di fumetti, di scenario per un film immaginario, o anche alla lettura rigorosa del testo con una “griglia” di analisi
per i più grandi, ecc.
In conclusione riprenderò alcune osservazioni più generali, e discutibili, su come orientarsi dinanzi alla pluralità di letture della Bibbia che ci
vengono proposte oggi.
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Dal perché? al come?
Se l’arte di raccontare è antichissima, l’approccio narratologico come
metodo è recente. Si sviluppa dall’inizio degli anni ’80 del secolo scorso
a partire dagli USA 1. Nell’interrogarsi sul testo e sul suo significato tale
approccio segna un passaggio dal “perché?” al “come?”
L’analisi storico-critica si chiede perché ciò che viene detto è stato detto. Qual è la causa del testo? La storia della sua formazione? Si concentra
sul mondo storico dietro il testo. Per esempio, a proposito della guarigione della suocera di Pietro (Marco1,29-31) si chiederà “Che cosa è realmente accaduto?”“Come questa tradizione è pervenuta a Marco?”“Che significato le dà Marco attorno al 60 dopo Cristo per la sua comunità?” Si tratta
dunque di ricostruire, da un lato, una parte del mondo al quale rimanda il
testo e, dall’altro, la storia della formazione del testo (fonti, tradizioni, redazione) e l’intenzione dell’autore/redattore. Sarà identificato come senso originario del testo ciò che l’autore ha voluto dire a suoi destinatari, tenuto
conto della situazione comunicativa e delle circostanze di allora.
Diversamente l’analisi narrativa pone la domanda: “come le cose dette
vengono dette?” Come le cose sono raccontate nella relazione al lettore?
Come il testo comunica il proprio messaggio al lettore? Tramite quale
strategia è organizzato il deciframento del senso del racconto da parte
del lettore/uditore? Com’è indirizzata la sua attenzione e con quali segnali disposti nel racconto stesso? Si tratta dunque di una lettura pragmatica interessata all’effetto sul lettore.
Il testo non è letto come un documento che rimanda a un mondo storico fuori da esso, è un testo autonomo che ha valore in se stesso come
creatore del proprio mondo narrativo. L’opera va letta indipendentemente dalle ipotesi sugli autori e i destinatari originali considerati comunque
irraggiungibili. Inoltre, il testo è letto nella sua forma conclusa e la sua
comprensione non è guidata dalla sua genealogia (fonti utilizzate, tradizioni rilette, ecc.).
La comunicazione autore e destinatari, però, è rappresentata nel testo,
si parlerà allora di autore e di lettore impliciti. L’autore implicito non è la ricostruzione del personaggio storico che ha elaborato il racconto, bensì
la strategia narrativa messa in atto nella sua narrazione (scelte di stile, sistema di valore, come fa operare i suoi personaggi). “Matteo” si fa conoscere attraverso il suo stile accurato, gli ebraismi nella lingua, la centralità della questione della legge, la valorizzazione del gruppo dei discepoli, ecc. Nello stesso modo i tratti del lettore implicito sono da dedurre
dalle competenze che gli presta il testo (o dalla sua ignoranza, il lettore
di Marco ha bisogno che l’aramaico sia tradotto in greco), dagli atteggiamenti, preoccupazioni e reazioni che l’autore presuppone e che condizionano l’elaborazione del suo racconto.
L’analisi
storico-critica
L’analisi narrativa
Autore e lettore
impliciti
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Storia raccontata
e costruzione
del racconto
La trama
Per fare un racconto ci vuole…
Per fare un racconto ci vuole un certo numero di ingredienti. Le varie
azioni e situazioni sono articolate e organizzate da relazioni di causalità,
secondo uno sviluppo e una successione temporali. Un protagonista (o
più di uno) animato da certe intenzioni muove il racconto attraverso una
trama che domina la concatenazione delle peripezie e le integra nell’unità della stessa storia. Un rapporto di causalità e di consequenzialità struttura la trama mediante un gioco di causa ed effetto.
L’approccio narrativo distingue la storia raccontata dalla costruzione del
racconto, vale a dire tra la “cosa” del racconto e il “come” del racconto. Per
esempio, dai quattro racconti della Passione di Gesù si può ricostruire
una storia della Passione con gli avvenimenti estrapolati dalla loro disposizione nei singoli racconti e ridistribuiti in un ordine cronologico. Ma la
costruzione di ognuno dei quattro racconti mette in luce come ciascuno
dei vangeli interpreta l’evento raccontandolo.
Un racconto non si riduce a una mera enumerazione di eventi, è organizzata in un’unità intelligibile, che indica sempre qual è il tema della storia. Bisognerà dunque identificare il movimento che integra i diversi avvenimenti della storia per farne un racconto continuato. Si cercherà di
evidenziare i legami di causalità, i processi cronologici, le sequenze interne al racconto. Si potrà poi analizzare il racconto secondo un modello narrativo dei “momenti della trama”:
1. L’inizio o stato iniziale che presenta gli attori e le circostanze (spazi,
tempi, ambiente). Non accade ancora niente, il racconto deve ancora iniziare (“C’era una volta una bambina chiamata Cappuccetto Rosso…”)
2. L’azione si annoda, avviene una complicazione, una rottura dell’equilibrio, una mancanza (“Un giorno la nonna si ammalò…” Cappuccetto
Rosso deve portare un cestino di cibo alla nonna)
3. Azione trasformatrice (climax: il lupo mangia prima la nonna, poi Cappuccetto Rosso)
4. L’azione si risolve (scioglimento, risoluzione; “arrivo del taglialegna o
del cacciatore” secondo le versioni )
5. Fine racconto (conclusione felice per Cappuccetto Rosso, e varie “morali della favola”), una volta placata la tensione drammatica sviluppata
nel racconto, una nuova situazione, un nuovo equilibro può installarsi.
Anche qui si capisce come un lavoro “prepedagogico” di questo tipo
(divisione dell’episodio in più scene, determinando la funzione di ogni
scena) può essere utile alla creazione di attività con bambini e ragazzi.
Si usa distinguere una trama di risoluzione o di situazione, quando l’azione trasformatrice ha un effetto sull’avvenimento, da una trama di rivelazione o di conoscenza, quando l’azione trasformatrice incide sulla conoscenza o sull’identità di uno dei protagonisti. Nella guarigione del paralitico di Marco 2,1-10 per esempio, le due trame sono intrecciate. All’interno della trama di risoluzione che sboccia sulla guarigione del paralitico al v. 2,11 “alzati, prendi il tuo lettuccio, e vattene a casa tua”, si dispiega la trama di rivelazione che, dopo la controversia con i farisei sul diritto
di perdonare i peccati, trova il suo sbocco in 2,10 “affinché sappiate che
il Figlio dell’uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati”.
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Chi? Dove? Quando?
La messa in evidenza della gestione dei personaggi da parte dell’autore è ugualmente essenziale alla comprensione del racconto. Si traccia
“l’organigramma” o la gerarchia delle relazioni tra i personaggi del racconto, i protagonisti, le comparse, il maestro e i discepoli, gli avversari, le
folle, precisando la loro funzione nella trama. In questa mappa narrativa
dei personaggi e delle loro relazioni, si terrà anche conto dei sentimenti
che suscitano nel lettore: simpatia, antipatia, empatia. Non di rado il lettore, informato dal narratore, sa di più dei protagonisti del racconto. È il
caso del racconto di Emmaus (Luca 24,13-35), dove il lettore sa che colui
che cammina con i due discepoli è Gesù risorto, mentre loro non lo riconoscono; oppure nella situazione analoga in Giovanni 20,14s quando Maria Maddalena scambia Gesù risorto con l’ortolano. Così il lettore valuta
e impara dalla situazione dei personaggi: come avverrà il riconoscimento del Risorto? Come sarà possibile riuscire a vivere la Sua assenza/presenza?
L’ambientazione, le circostanze del racconto offrono molti indizi per
la lettura e il significato della narrazione. Le indicazioni di tempo, luogo,
contesto sociale, religioso, etnico – nazionale, possono rivestire anche un
senso simbolico e un valore metaforico. Un’azione localizzata in una casa privata o in una sinagoga, uno spostamento di Gesù dall’altro lato del
lago di Galilea, in terra pagana, connoteranno l’episodio diversamente in
funzione della simbolica dei luoghi. La patria di Gesù è sia Nazareth in
Galilea che Bethleem e Gerusalemme città di Davide. Gesù insegna ai discepoli “in cammino” o “in casa”.
Luca iscrive il suo racconto nel tempo della storia politica. L’annuncio a
Zaccaria ha luogo al tempo di Erode il Grande (1,1), quando nasce Gesù,
un censimento è decretato dall’imperatore Augusto, mentre Quirinio era
governatore di Siria (2,1-2). Accanto al tempo della storia politica, c’è anche quello della liturgia del Tempio e delle feste giudaiche. Marco in tutto il suo racconto scandisce i vari episodi da un “subito, all’istante” che segna il ritmo sostenuto della successione degli eventi.
Ci sono ancora diversi elementi da tenere in conto in quest’analisi narrativa che non intendo sviluppare qui. Per esempio, l’importanza del tempo narrativo, per riuscire a distinguere tra il tempo della storia raccontata e quello del racconto, che amplia o comprime la storia, dedicando dieci pagine per un incontro di poche ore, e concentrando dieci anni in una
riga. Individuare il significato delle allusioni e discorsi sul passato (analessi) e delle anticipazioni e annunci del futuro (prolessi), è particolarmente importante in un racconto molto sensibile alla relazione tra profezia e
compimento. Oppure ancora individuare le tracce dell’intervento del narratore che sa tutto (per esempio ciò che pensa in cuor suo un personaggio o un altro) e commenta, chiosa, traduce o spiega se, secondo lui, il
lettore implicito ne potrebbe sentire il bisogno.
Su queste materie e su tutto il resto rimando ai manuali, tra i quali si rivela utile il D. Marguerat, Y. Bourquin, Per leggere i racconti biblici, Roma,
Borla, 2011.
Indizi per la lettura
e il significato
della narrazione
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Ancora una volta, il grande pregio di un approccio di questo tipo, usato con buon senso come preparazione “predidattica” o “prepedagogica”,
è di permettere delle letture e delle attività nelle quali tutti possono essere coinvolti, pur rimanendo molto vicini al testo. Il testo diventa molto
concreto ed esigente. È l’esperienza verificatasi con gruppi di scuola domenicale e di giovani, ma anche con gruppi biblici “tradizionali” e, più recentemente, nella formazione interculturale.
Ricchezza e tensioni
della pluralità delle
letture bibliche
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Orientarsi?
Con la consapevolezza di quanto detto sopra, l’analisi narrativa rimane
comunque un tipo di approccio tra altri possibili, e a seconda dei testi,
più o meno adatto. Qui si entra nel dibattito più generale delle numerose letture della Bibbia oggi proposte. A questo proposito riprenderei alcuni punti di orientamento già espressi altrove 2, e che volentieri sottopongo al dibattito critico e fraterno, tanto più che esprimono più di una
tensione tra di loro.
La pluralità delle letture è da riconoscere come acquisita e da considerare un bene ed una ricchezza. Le domande da porre potrebbero essere
le seguenti: tale approccio rende giustizia al testo? La domanda che pone al testo è la domanda cardinale del testo? Inoltre, l’esperienza interculturale ci rende ancora più sensibili di prima, oltre al rispetto dovuto al
testo, al rispetto dovuto a tutti i lettori della Scrittura.
Il testo comunque offre la sua resistenza all’interpretazione e bisogna tenerne conto. Ogni lettura deve confessare che, dopo il suo passaggio, il
testo conserva un eccesso di significato. Questo invita certo al dialogo
tra le letture, ma segnala anche l’alterità del testo, che a sua volta diventa figura dell’alterità di Dio, nascosto e rivelato. La distanza della storia è
legata all’incarnazione. Si raggiunge Dio là dove si fa conoscere, nella storia. La Scrittura è anche la memoria della fede che percepisce nella storia la traccia di Dio che passa.
Così la distanza tra il testo e il lettore rompe le appropriazioni immediate
(personali, emotive, ideologiche, ecclesiastiche ecc.). È un fatto, i testi sono stati scritti per altri destinatari e ci coinvolgono in quanto lettori di secondo rango, con un’altra lingua, altri riferimenti familiari e mondi sociali
e culturali. Come Abramo, anche chi fa esegesi deve lasciare il proprio paese, come Israele bisogna rischiare l’esodo nel deserto. Questa differenza è
anche quella di Dio che s’incarna. In questo senso la critica storica e l’importanza decisiva riconosciuta all’origine non sono solo dettate dalle ideologie (del rinascimento o dell’illuminismo, del romanticismo, delle scienze
della natura, ecc.). La ricerca storica è adatta al suo oggetto. La storia è d’importanza fondamentale per la teologia, in quanto Dio vi si rivela.
L’approccio narrativo in particolare sprona a valorizzare il momento del
testo così com’è (le metafore, i giochi di richiamo). Ciò che è identificato
come secondario storicamente, in rapporto a strati anteriori, non può in
nessun modo essere svalorizzato teologicamente o spiritualmente in relazione ad un senso originario. Questo tanto più che la lettura e la ricezione non sono solo di appropriazione bensì anche creatrici del significato. Inoltre la verità o la parola non si dicono in modo immediato ma attraverso simboli, metafore, racconti, figure, argomenti. Siamo nell’ordine
figurativo e simbolico.
Infine, è bene che la lettura sia giudicata dal suo rapporto all’interpretazione. Ogni lettura deve preparare un’ermeneutica che faccia venire fuori la verità del testo. Rimane valida la critica al metodo storico critico
quando quest’ultimo si riduce a ricercata erudizione invece che interpretazione del testo, ricerca di tecniche sempre più raffinate. Il vangelo propone un programma ermeneutico. Di fronte al vangelo, l’uomo viene
condotto a ricollocarsi di fronte a Dio, a guardare se stesso e il mondo in
modo nuovo, il suo agire è anche la verifica della sua interpretazione.
In termini più semplici questo significa reagire contro la spaccatura tra
il senso storico e il significato per oggi. L’interpretazione deve arrivare al
confronto con me stesso, capirmi, conoscermi con nuove possibilità. Era
già la posta in gioco nello sforzo della Riforma del ‘500 delle traduzioni
accessibili a tutti. La verità non è da ripetere ma da tradurre.
1 R. ALTER, L’arte della narrativa biblica, Brescia, Queriniana, 1990 (orig.ingl. 1981).
2 Queste osservazioni, che devono molto a Jean Zumstein (Sauvez la Bible. Plaidoyer
pour une lecture renouvelée, Aubonne, Editions du Moulin, 1985; “Les limites de l’interprétation”, in Quand interpréter c’est changer. Pragmatique et lecture de la Parole, Pierre Bühler et Clairette Karakash (éd.), Genève, Labor et Fides, 1995, p. 77-83) sono già state espresse in Yann Redalié, “Lo studio della Bibbia, quali approcci?” in La Bibbia e l’Italia, a cura di G. Platone, Torino, Claudiana, 2004, pp. 77-92; oggi in Idem, I vangeli. Variazione lungo il racconto. Unità e diversità nel Nuovo Testamento, Torino, Claudiana, 2011,
pp. 215-228.
Piccola bibliografia d’iniziazione
J. N. Aletti, L’arte di raccontare Gesù Cristo: la scrittura narrativa del vangelo di Luca, Brescia, Queriniana, 1991
Idem, Il racconto come teologia. Studio narrativo del terzo vangelo e del libro degli Atti degli apostoli, Roma, Dehoniane, 1996
R. Alter, L’arte della narrativa biblica, Brescia, Queriniana, 1990
D. Marguerat, Y. Bourquin, Per leggere i racconti biblici, Roma, Borla, 2011
D. Marguerat, Entrare nel mondo del racconto. La rilettura narrativa del Nuovo Testamento, Protestantesimo 49 (1994), pp. 196-213
D. M. Rhoads, D. Michie, Mark as Story: an Introduction to the Narrative of
a Gospel, Philadelphia, Fortress Press, 1982
J. L. Ska, Sincronia: l’analisi narrativa, in H. Simian-Yofre (a cura di), Metodologia dell’Antico Testamento, Bologna, Edizioni Dehoniane, 1994, pp
139-170 e 223-234
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LE TAPPE DELL’ANALISI NARRATIVA
1a tappa: primo orientamento
A. SCOPO:
B. STRUMENTI/CRITERI:
C. RISULTATI:
come viene raccontato l’episodio
la sintassi, il lessico, la linearità
narrativa, il tipo di narrazione
dare una prima interpretazione
dei fenomeni grammaticali, operare
una prima classificazione lessicale, ecc.
Istanze intradiegetiche
2a tappa: delimitazione e contesto
A. SCOPO:
B. STRUMENTI/CRITERI:
C. RISULTATI:
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identificare e collocare l’unità significativa
da prendere in esame
identificare cambiamento e costante
in rapporto alla presenza o
assenza di personaggi; tempi, luoghi,
spazi, genere letterario, contenuto;
richiami ad altre parti del testo
(analessi e prolessi); sequenze narrative
identificare l’inizio e la fine del testo, l
e relazioni con il prima e il dopo
3a tappa: l’intreccio, il movimento del racconto
A. SCOPO:
identificare il movimento
che integra i diversi avvenimenti
della storia per farne una storia continua
B. STRUMENTI/CRITERI: a) reperire i legami di causalità,
i processi cronologici, le sequenze
b) analizzare i racconto secondo
il modello narrativo,
dei “momenti dell’intreccio”:
1) Inizio (stato iniziale; equilibrio 1), presentazione
delle circostanze (spazi, tempi, ambiente) e degli attori
2) L’azione si annoda (svolta, complicazione: rottura
dell’equilibrio, mancanza, una tensione cresce, ecc.)
3) Azione trasformatrice (climax)
4) L’azione si risolve (scioglimento, risoluzione:
equilibrio 2)
5) Fine racconto
c) i tipi di trama (intreccio)
1. di risoluzione o di situazione (azione trasformatrice:
effetto pragmatico, sull’avvenimento);
2. di rivelazione o di conoscenza (azione trasformatrice:
conoscenza identità)
d) per raffinare l’identificazione
dell’intreccio vedere anche l’analisi
dell’azione secondo Aletti
C. RISULTATI:
la divisione dell’episodio in più scene,
determinando la funzione di ogni scena
4a tappa: Attori, personaggi, caratterizzazione
A. SCOPO:
identificare la gestione dei personaggi
da parte dell’autore
B. STRUMENTI/CRITERI: (cfr. Aletti)
a) Inventario dei personaggi (numero e identificazione)
b) gerarchizzazione dei personaggi
(protagonisti, figurazione, caratterizzazione;
personaggi al servizio dell’intreccio)
c) sentimenti: simpatia, antipatia, empatia
C. RISULTATI:
“carta-scheda d’identità” narrativa
dei personaggi, e mappa
delle loro relazioni
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5a tappa: La cornice
A. SCOPO:
identificare l’ambientazione:
tempo, geografia, contesto sociale,
religioso, ambiente etnico - nazionale
B. STRUMENTI/CRITERI:
a) le indicazioni di tempo anche
dal punto di vista metaforico;
b) lo spazio: avvicinamento/allontanamento,
interno/esterno, verticale/orizzontale, statico/dinamico;
informazione geografica (Giudea/Galilea,
mare/terra, città/campagna)
c) la cornice sociale
C. RISULTATI:
valutazione dei tre ordini di informazione
6a tappa: la visione del tempo
A. SCOPO:
determinare la tensione temporale
del racconto
B. STRUMENTI/CRITERI:
a) distinzione tra il tempo della storia raccontata
e il tempo del racconto (il racconto amplia o comprime
la storia: 10 pagine per un incontro, 10 anni in una riga)
b) mettere in evidenza la velocità del racconto
e le sue variazioni: parti, scene, sommari, ellissi, ritmi
c) identificare le analessi (allusioni e discorsi sul passato)
e le prolessi (anticipazione e annunci)
C. RISULTATI:
rappresentare il tempo nel racconto
Istanze extradiegetiche
7a tappa: le tracce del narratore
A. SCOPO:
reperire il sistema di valori
e l’ideologia dell’autore
B. STRUMENTI/CRITERI:
a) la focalizzazione: interna (interiorità dei personaggi),
esterna (punto di vista del lettore), zero o neutro
(complemento d’informazione,
Cfr. “malato dalla nascita”)
b) intrusione narrativa:
commentario esplicito: chiose, argomento scritturale,
spiegazione, traduzione, giudizio in relazione
alle persone oppure alle azioni
commentario implicito: intertestualità, paradossi,
malinteso, ironia
C. RISULTATI:
l’identificazione della rappresentazione,
dell’ideologia del narratore
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8a tappa: il testo e il suo lettore
A. SCOPO:
identificare degli indicatori
di programmazione della lettura,
capire il ritratto del lettore implicito
B. STRUMENTI/CRITERI:
a) formule ripetitive, connettori,
parallelismi nei personaggi (synkrisis)
b) il giocare sulla capacità di previsione del lettore
c) il non detto nel testo, da completare
da parte del lettore
d) il peritesto (prologo, titolo...); il patto narrativo
C. RISULTATI:
determinare ciò che viene atteso dal
lettore costruito dal testo
9a tappa: l’episodio nel racconto
A. SCOPO:
B. STRUMENTI/CRITERI:
C. RISULTATO:
inserire l’episodio in esame
nel racconto globale
si tratta di verificare le diverse tappe
fin qui svolte nel rapporto con il contesto
largo, è un approfondimento
della 2a tappa
identificare il ruolo dell’episodio
in esame nell’insieme del racconto.
ALTRE GRIGLIE DI LETTURA NARRATIVA IN:
J. N. Aletti, Il racconto come teologia. Studio narrativo del terzo vangelo e del libro
degli Atti degli Apostoli, Roma, Dehoniane, 1996, 213-218.
D. MARGUERAT,Y. BOURQUIN, Per leggere i racconti biblici, Roma, Borla, 2001,
152-155.
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Una griglia di lettura
1. Identificare
· Le espressioni di movimento (o non movimento)
· Le espressioni della comunicazione (sentire, parlare, chiamare,
pregare, annunciare, ecc.)
· Le espressioni del vedere
· Ci sono trasformazione nel corso della storia in questi tre ambiti
spazio- movimento, comunicare, vedere?
2. Attori, personaggi, caratterizzazione
· Inventario dei personaggi
· Gerarchizzazione dei personaggi
(protagonisti, figurazione, caratterizzazione)
· Relazione dei personaggi tra loro
· Azioni dei diversi personaggi
· Sentimenti: simpatia, antipatia, empatia
3. La cornice
Identificare l’ambientazione: tempo, geografia,
contesto sociale, religioso, ambiente etnico - nazionale
· Le indicazioni di tempo;
· Lo spazio: avvicinamento / allontanamento, interno / esterno,
verticale / orizzontale, statico / dinamico; informazione geografica
(Giudea/Galilea, mare/terra, città/campagna)
· La cornice sociale
4. La storia: l’intreccio, il movimento del racconto
Identificare il movimento che integra i diversi avvenimenti della storia
per farne una storia continua
1. Reperire i legami di causalità, i processi cronologici, le sequenze
2. “Momenti dell’intreccio”:
· Inizio (stato iniziale; equilibrio 1), presentazione
delle circostanze (spazi, tempi, ambiente) e degli attori
· L’azione si annoda (svolta, complicazione: rottura
dell’equilibrio, mancanza, una tensione cresce, ecc.)
· Azione trasformatrice (climax)
· Conseguenze della trasformazione. L’azione si risolve
(scioglimento, risoluzione: equilibrio 2)
· Fine racconto
Tenendo conto del lavoro fatto fin qui proporre una suddivisione
dell’episodio in più scene, determinando la funzione di ogni scena.
100
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