J. M. Keynes e l’evoluzione del
capitalismo nel Novecento
Un’analisi dell’attività e delle proposte
dell’economista più influente del
Novecento di fronte a questioni
fondamentali del suo secolo.
Gli strumenti oggi disponibili per
conoscere J. M. Keynes
• pubblicazione dei Collected Writings (24 voll., poi 30)
disposta dalla Royal Economic Society a cura di
Elizabeth Johnson e Donald E. Moggridge (1971-1979.
• Biografie (di taglio diverso):
• Roy Harrod, The life of John Maynard Keynes (1951);
• Donald Edward Moggridge, Maynard Keynes. An
economist’s biography (1992);
• Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, 3 voll. (Hopes
betrayed 1883-1920; The economist as a saviour 19201937; Fighting for Britain 1937-1946), (1983, 1992,
2000)
La biografia
• Vita che si svolge lungo un arco relativamente breve ma
ricco di avvenimenti epocali e vissuto con grande
intensità.
• Ha le sue radici nella società tardo vittoriana e
edoardiana;
• Subisce il profondo rivolgimento rappresentato dalla
prima guerra mondiale;
• Affronta il difficile ventennio fra le 2 guerre e la crisi della
società liberale di fronte (1) all’affermazione di dittature e
(2) allo sconvolgimento di un equilibrio internazionale,
politico-diplomatico, finanziario, di portata secolare che
si conclude con la seconda guerra mondiale e le sue
conseguenze.
La formazione
• 5 giugno 1883 Nasce a Cambridge
• 1897 Borsa di studio a Eton
• 1902 Ingresso a Cambridge; studi di
filosofia e matematica
• 1903 Ammissione nel club degli Apostoli
• 1905-1906 Laurea in matematica; studi di
economia con Alfred Marshall per la Civil
Service Examination
Prime attività
• 1906 Ingresso all’India Office; prima nel Military
Dpt, poi nel Revenue, statistics and commerce
Dpt.
• 1908-1915 Lecturer a Cambridge di Economia.
• 1909-1946 Fellow di King’s College, Cambridge
• 1911-1945 Editor dell’Economic Journal; dal
1913 segretario della Royal Economic Society;
presidente nel 1946
• 1913-1914 Membro della Royal Commission on
Indian Finance and Currency
J.M. Keynes a 25 anni
Guerra mondiale e primo dopoguerra
• 1915 Entra nella Treasury
• 1919 Principale rappresentante della Treasury
alla Conferenza di pace di Versailles
• 1919 Dimissioni (in giugno) dalla Treasury;
scrive Le conseguenze economiche della pace
• 1919-1946 Vive a Londra; passa a Cambridge i
fine settimana per insegnare e svolgere compiti
amministrativi per il college
• 1920Dimissioni dal posto di insegnante
universitario di economia
Affermazione professionale e nuovi
indirizzi di vita
• 1921 Pubblicazione di Treatise on
probability
• 1922 Pubblicazione di A revision of the
Treaty
• 1923 Pubblicazione di A tract on monetary
reform [ed. it. 1925]
• 1924-1946 Economo del King’s College a
Cambridge
• 1925 Matrimonio con Lydia Lopokova
Lydia Lopukova
Lydia Lopukova e Pablo Picasso (1)
Lydia Lopukova e Pablo Picasso (2)
Verso la crisi: l’impegno nell’interpretare
la trasformazione dell’economia
• 1925, 1928 Visite in URSS
• 1925 The Economic consequences of Mr.
Churchill
• 1929-1931 Membro del Macmillan
Committee on Finance and Industry
• 1929 Fellow della British Academy
• 1930-1939 Membro dello Economic
Advisory Council
• 1930 Pubblicazione del Treatise on money
Le lezioni della crisi e la proposta di un
nuovo schema di politica economica
• 1931 Discussioni sul Treatise on money
nel “Circus”; pubblicazione di Essays in
persuasion
• 1933 Pubblicazione di Essays in
biography
• 1936 Inaugurazione dello Arts Theater a
Cambridge; pubblicazione di The General
theory of employment, interest and money
• 1937 Primo infarto
Keynes e la politica economica antirecessiva
Gli anni della seconda guerra: forte impegno
nell’elaborazione della politica economica e
finanziaria britannica e onori
• 1940-1946 Consigliere del Cancelliere dello
Scacchiere [Kingsley Wood, Anderson, Dal ton]
• 1940 Pubblicazione di How to pay for the war
• 1941-1946 Membro del direttorio della Bank of
England
• 1941-1946 Fiduciario della National Gallery
• 1942-1946 Presidente del Coucil for the
Encouragement of Music and the Arts, poi Arts
Council
• 1942 Diventa Lord Keynes, Baron of Tilton
La seconda guerra e il dopoguerra:
l’azione internazionale
• 1944 Conferenza di Bretton Woods
• 1944 Trattative di Washington sulla fase 2
dell’aiuto per affitti e prestiti
• 1945 Trattative di Washington sul prestito
americano alla Gran Bretagna
• 1946 Conferenza di Savannah e inaugurazione
del Fondo monetario internazionale e della
Banca internazionale per la ricostruzione e lo
sviluppo (poi Banca mondiale)
• 21 aprile 1946 Muore a Tilton
Indian currency and finance (1) : l’evoluzione di
un sistema di pagamenti poco efficiente
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1900-1911 orientamento favorevole all’introduzione di una circolazione di
oro monetato in India. Obiettivo è frenare l’aumento dei prezzi interni.
Era il culmine di una sequenza di disposizioni prese fra 1862 e 1898 per
regolare il sistema monetario indiano, imperniato allora sulla rupia d’argento
e soggetto alle variazioni di valore dovute al rapporto oro/argento. Limitata
la circolazione fiduciaria, completamente coperta da metalli.
Il sistema è poco elastico nell’offerta di moneta. Essa è emessa dallo stato,
sulla base delle riserve, che dipendono (1) dalla bilancia dei pagamenti, (2)
dalla domanda interna di metallo, (3) dalle esigenze di tesoreria.
I flussi di pagamenti internazionali sono gestiti dalle exchange banks che ill
governo indiano non può controllare.
Il deprezzamento dell’argento comporta la sensibile svalutazione della rupia
(1893: £ 1= 15 Rs rispetto al 1868: £ 1= 10 Rs 4 anna ).
Esso si riflette negativamente sulla bilancia dei pagamenti indiana; i prezzi
interni sono instabili.
Indian currency and finance (2) : gli
adattamenti del sistema agli inizi del 900
• 1903 abolizione dei vincoli territoriali alla circolazione di banconote
di piccolo taglio.
• 1911 diventano legali su tutto il territorio anche i biglietti di taglio
maggiore.
• La circolazione è assicurata da una moneta locale senza corso
internazionale. Il governo è pronto a cambiare la moneta locale
contro tratte pagabili in oro a Londra anziché convertirla localmente.
I 2 compiti richiedono la gestione di una doppia riserva.
• La rupia viene mantenuta stabile rispetto alla £ attraverso council
bills venduti a Londra ma pagabili in rupie in India. I council bills
vengono cambiati contro rupie a un cambio prefissato (1893); unica
oscillazione consentita quella dei punti dell’oro.
• Nella crisi del 1907 la rupia si svaluta. Ne deriva l’esigenza di
rafforzare le riserve e di utilizzarle nel modo più conveniente
Indian currency and finance (3): il
superamento del gold standard
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L’oro gioca un ruolo limitato nella circolazione interna.
La moneta locale non è necessariamente convertibile in oro.
Le autorità controllano, in via amministrativa, il valore esterno della moneta
locale. Non operano in modo arbitrario.
Le riserve sono in misura significativa attività sull’estero.
La soluzione trovata consente importanti risparmi nella gestione del sistema
monetario; la centralizzazione delle risorse metalliche (e l’eventuale
collocamento a Londra) consente inoltre di disporre più efficacemente delle
riserve in caso di necessità. La manovra del tasso di sconto non può
frenare la fuga dell’oro se è disperso.
Il sistema si sta diffondendo in molti paesi di Europa e Asia e sta diventando
prevalente.
Esso non crea maggiore instabilità rispetto al gold standard [JMK CW, I, p.
8].
Serve una banca centrale per amministrare efficacemente le riserve e
scongiurare i rischi di crisi, specie se manca un efficiente mercato dei
capitali.
Le implicazioni dell’accumulo di oro in
India
• “E’ interessante riflettere che l’attaccamento dell’India per i metalli
preziosi, per quanto rovinoso per il suo sviluppo economico, è stato
nel passato largamente vantaggioso per le nazioni occidentali. Tutti
conoscono la descrizione fatta da Jevons di un’India serbatoio di
metalli preziosi, sempre pronta ad assorbire l’eccedenza di oro
dell’Occidente e a salvare l’Europa da violenti disturbi al suo livello
dei prezzi. In anni molto recenti, quando le miniere del Sud Africa
hanno raggiunto il culmine della produzione, l’India ha svolto
perfettamente il suo ruolo di serbatoio. I prezzi sono aumentati molto
più in fretta di quanto sarebbe desiderabile e in modo svantaggioso
per un paese creditore come la Gran Bretagna, che deve ogni anno
riscuotere grosse somme fisse in termini di oro. E’ ragionevole
ritenere che senza l’aiuto della domanda indiana di metallo, i prezzi
sarebbero cresciuti ancora più in fretta” [JMK CW, I, p. 70].
Nuovi scenari finanziari e prima guerra
mondiale
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Rottura dell’organizzazione economica e finanziaria europea funzionale
all’accumulazione del capitale [v. Conseguenze economiche]. Precarietà dei
rapporti sociali alla base del processo di accumulazione.
Profonda lacerazione dell’integrazione economica europea.
Fine del predominio assoluto della £ come strumento di pagamento
mondiale. Fragilità della posizione internazionale britannica e riduzione
dell’autonomia del Regno Unito nella scelta della propria politica finanziaria
e monetaria a causa del vincolo imposto dalla necessità di mantenere un
tasso d’interesse superiore a quello degli USA.
Forte incremento della spesa statale in tutti gli stati e ampio ricorso al
debito pubblico per finanziarla. Si modifica la composizione del debito
pubblico: diventa sempre più difficile ottenere la sottoscrizione di debito a
lungo termine (e il consolidato scompare) mentre diventa prevalente quello
a breve termine. L’onere del debito pubblico tende ad aumentare insieme
con l’indice dei prezzi, assorbendo una quota maggiore della spesa
pubblica. Si complica il controllo della liquidità complessiva e del livello del
tasso d’interesse da parte delle autorità monetarie.
La rottura della stabilità monetaria
tradizionale
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Dopo decenni di prezzi relativamente stabili (talvolta in declino per alcuni
decenni, per cause non dipendenti dalla semplice disponibilità di mezzi di
pagamento) e di tassi d’interesse relativamente bassi nelle economie di
riferimento, la stabilità monetaria risulta pesantemente compromessa.
Il fenomeno non si presenta più come condizione particolare, legata a
specifiche circostanze e difficoltà, com’è accaduto spesso in molti stati
anche nell’Ottocento, ma come un fenomeno generalizzato, anche se di
ampiezza molto diversa nei diversi stati.
Ne derivano effetti di ampia portata sulla ripartizione del reddito fra le
diverse classi sociali, secondo il tipo di reddito di cui dispongono e la
capacità di rivalutarne il valore restando alla pari con la dinamica dei prezzi:
(1) rentiers, (2) capitalisti, (3) lavoratori dipendenti.
Lo scenario monetario e finanziario, sul piano interno e su quello
internazionale, va modificandosi progressivamente durante la guerra. Esso
diventa completamente nuovo rispetto al passato; ma continua ad essere
affrontato secondo gli schemi analitici della teoria monetaria neoclassica
elaborati negli anni 1870. Nel 1918-1919 e per diversi anni continuerà a
prevalere la convinzione che la guerra ha rappresentato una parentesi e
che sarà possibile tornare alla “normalità” del passato [v. Cunliffe Report].
La teoria monetaria di Alfred Marshall: il
riferimento fondamentale per Keynes
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La trasmissione delle convinzioni di A. Marshall in questo campo è
prevalentemente orale fino a Money, credit and commerce (1923).
Nell’ambito della tradizione classica Marshall inserisce la considerazione
dell’effetto di domanda e offerta mettendo in evidenza l’entità del saldo
liquido.
m = kpY, dove k è la quota di reddito tenuta in forma liquida, p è il livello dei
prezzi, Y il livello del reddito reale. Il ragionamento viene applicato anche al
patrimonio. Utilizza questo approccio (del saldo liquido) soprattutto per
analisi di breve periodo; per quelle di lungo periodo tende a preferire la
formula di Fisher e sottolinea l’importanza di variazioni di V e T.
Marshall distingue fra tasso di interesse reale e monetario. Il primo è
determinato da domanda e offerta di risorse reali investibili; il secondo da
domanda e offerta di prestiti sul mercato.
Fonte dell’offerta di capitale è il risparmio; sul lungo periodo varia con il
livello di reddito e in una certa misura con il tasso d’interesse, ma tenuto
conto della sicurezza futura in campo politico e sociale, della disponibilità a
godere in futuro della ricchezza, dell’attaccamento familiare.
La contrapposizione tra economia “reale” e monetaria
in Marshall e l’assunto che il sistema economico tenda
al pieno impiego dei fattori di produzione
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La moneta ha solo la funzione di strumento per agevolare le transazioni E’
neutrale e non produce effetti sui valori di equilibrio della variabili reali.
La concorrenza spinge al pieno impiego delle risorse.
La quantità assoluta non influisce sul suo ruolo di flusso.
I depositi bancari non rientrano nella composizione della moneta.
Le variazioni di breve periodo della quantità di moneta sono
fondamentalmente il risultato di spostamenti di breve periodo della bilancia
dei pagamenti [In realtà l’analisi è condotta fondamentalmente in riferimento
alla bilancia commerciale].
Le oscillazioni sono di breve periodo e relativamente modeste. Le
fluttuazioni cicliche sono prevalentemente frutto delle variabili reali, delle
aspettative degli operatori e del credito.
Carenze della domanda aggregata complessiva sono eccezionali;
succedono a periodi di diffusa speculazione che culminano in crisi
finanziarie. Esiste un ciclo legato al credito; alcune fasi sono distinte da
disoccupazione, ma questa è di breve termine. Manca una teoria del ciclo
(o di produzione e occupazione) fondata sulla domanda aggregata.
Andamento ciclico dell’economia e limiti
della politica monetaria in Alfred Marshall
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Le variazioni del ciclo sono determinate da cambiamenti nelle variabili reali:
raccolti, guerre effettive o temute, invenzioni. Esse modificano le attese
degli uomini d’affari; il comportamento delle banche ne rafforza
l’orientamento, in senso prociclico. Le rigidezze del sistema, specie quelle
delle retribuzioni e degli altri oneri, rafforzano la dinamica del ciclo. Per es.
se le retribuzioni restano indietro rispetto ai prezzi, il ciclo si rafforza: il
prodotto aumenta di più in fase ascendente e si contrae di più in fase
discendente. Anche i cambiamenti nella disponibilità a mantenere saldi
liquidi tendono a rafforzare la dinamica ciclica.
Marshall ritiene che non sia possibile contrastare il ciclo dipendente dai
raccolti e che non sia opportuno contrastare quello legato alle invenzioni.
Però è utile (1) migliorare la conoscenza della situazione economica per
ridurre gli errori di valutazione degli uomini d’affari; (2) riformare moneta e
banche per aumentare la stabilità finanziaria (assicurare uno standard
stabile; fissare adeguate % di riserve liquide per le banche per frenare
l’indebitamento; rendere efficace la manovra del tasso di sconto). Ma
l’intervento dello stato è negativo sul lungo termine.
La riforma monetaria: conseguenze sociali
dell’instabilità monetaria.
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I cambiamenti nel livello generale dei prezzi intervenuto in relazione alla
guerra 1914-1918 hanno un’importanza decisiva per il mondo
contemporaneo.
Colpiscono diversamente le diverse categorie sociali. Hanno un effetto
redistributivo.
I prezzi tra 1913 e 1923 sono sensibilmente aumentati, anche se in modo
diverso tra paese e paese. Fino al 1920 ha dominato l’inflazione. Dopo il
1920 in alcuni paesi è stata avviata la deflazione [contrazione della quantità
di moneta]. Entrambi producono danni. L’inflazione stimola eccessivamente
la produzione, la deflazione la ostacola.
3 classi compongono la società (senza divisioni troppo rigide per quanto
riguarda le posizioni individuali) : risparmiatori, uomini d’affari, salariati.
Esse sono colpite diversamente da inflazione e deflazione.
Dal punto di vista della dinamica sociale la deflazione non è più giusta
dell’inflazione e ha conseguenze più negative.
Inflazione e deflazione.
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L’inflazione ridistribuisce la ricchezza (1) danneggiando i risparmiatori, (2)
avvantaggiando gli uomini d’affari, (3) probabilmente – date le condizioni
dell’industria moderna – vantaggioso nel complesso per i salariati [tenuto
conto di salari monetari e riduzioni di orario].
L’inflazione diminuisce la capacità di risparmio della classe risparmiatrice e
distrugge la fiducia che stimola il risparmio. Ne risulta pregiudicato
l’investimento, che deve essere almeno in grado di assicurare l’utilizzo di
quanti ogni anno si aggiungono alla massa dei lavoratori. Così capitava
nell’Ottocento.
La previsione di variazioni nel livello generale dei prezzi influisce sui processi
produttivi. In particolare attraverso le prospettive di profitto reale degli
imprenditori. I metodi moderni di produzione e di commercializzazione delle
merci allungano i tempi di realizzo delle merci e aumentano i rischi dei
produttori. In particolare quello delle variazioni dei prezzi relativi delle merci.
Il timore di una diminuzione generale dei prezzi può paralizzare tutto il
processo produttivo. Si risolve nell’impoverimento di lavoratori e imprenditori.
Tanto più se si producono effetti cumulativi che trasformino una spinta iniziale
debole in un’oscillazione considerevole.
Rimedi all’oscillazione delle monete
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E’ impossibile cercare di eliminare l’impulso iniziale che può innescare una
crisi, ma le autorità competenti possono prendere misure che neutralizzino
gli impulsi al movimento generale dei prezzi appena si profilano. Va regolata
l’unità di misura del valore.
“Il capitalismo individualistico, appunto perché affida la funzione di
risparmiare ai singoli risparmiatori e la funzione di produrre ai singoli
industriali, presuppone una stabile unità di misura del valore, e non può
essere efficiente – forse non può sopravvivere – senza di essa” [JMK, La
riforma monetaria, p. 35].
Per questo bisogna regolare la moneta.
I governi possono utilizzare l’inflazione come strumento fiscale per il tempo
in cui questo è possibile (tempo tanto più breve quanto più ampia e veloce è
stata la svalutazione della moneta), preferendolo alla più razionale imposta
sul capitale, che suscita pregiudizi violenti [Per altro l’inflazione permette di
alleggerire il peso dell’indebitamento].
I governi hanno anche gli strumenti per stabilizzare la moneta.
La versione rivista da Keynes della teoria
quantitativa nel Tract on monetary reform
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La funzione di mezzo di pagamento della moneta rende determinante la
quantità di liquido che il pubblico detiene per fare fronte alle proprie
esigenze. La grandezza del saldo liquido dipende (a) dalla ricchezza del
pubblico, che cambia molto lentamente; (b) dalle abitudini di pagamento,
che possono cambiare più rapidamente.
A ricchezza e abitudini immutate, la quantità di potere d’acquisto in forma
liquida corrisponderà a k unità di consumo. Se n è la quantità di mezzi di
pagamento in circolazione e p il prezzo di ogni unità di consumo (cioè
l’indice del costo della vita), n=pk.
Keynes non fa ricorso alla nozione di velocità di circolazione; preferisce
utilizzare il concetto di saldo liquido. E lo rende più realistico rispetto alla
società contemporanea distinguendo la disponibilità di mezzi di pagamento
del pubblico presso le banche (k’) e la quota di liquidità che le banche
tengono in cassa per fronteggiare i depositi k’, r.
La formula precedente diventa: n=p(k+rk’). Se gli altri termini rimangono
uguali, prezzi e quantità di moneta variano insieme.
Le variazioni della quantità di moneta e dei
prezzi difficilmente sono proporzionali
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La grandezza di k e k’ dipende dal vantaggio di disporre di denaro liquido o
di spenderlo o di investirlo. Esse (e r) possono variare in funzione della
quantità di moneta; l’entità della variazione dipende dalle abitudini di ogni
società.
k e k’ variano nel “ciclo del credito”: l’alternarsi di fasi di attività economica e
di crisi. Durante la fase espansiva tendono a diminuire; crescono nella crisi,
indipendentemente dalle variazioni di n e r.
Le variazioni di p sono proporzionali a quelle di n solo, forse, sul lungo
periodo. Sul breve periodo sono meno o più che proporzionali in funzione
della struttura sociale, delle aspettative.
“Un cambiamento nel valore di n, dopo, durante e (in quanto sia previsto)
prima del suo verificarsi agirà in qualche misura sui valori di k, k’ ed r: in
conseguenza il cambiamento del valore di p, almeno temporaneamente e
forse permanentemente (poiché le abitudini e i metodi, una volta cambiati,
non riprenderanno esattamente la stessa forma) non avverrà precisamente
in proporzione al cambiamento di n” [JMK, La riforma monetaria, p. 67].
I compiti delle autorità monetarie per stabilizzare i
prezzi e smorzare le fluttuazioni cicliche
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Le variazioni di n e r sono sotto il controllo delle autorità monetarie. Quelle
di k e k’ dipendono dagli umori del pubblico e del mondo degli affari.
Volendo stabilizzare i prezzi, non solo alla lunga, ma anche in modo da
evitare le fluttuazioni cicliche, bisogna stabilizzare k e k’; se non si può,
bisogna modificare deliberatamente n e r per compensare le variazioni di k
e k’.
Le variazioni del tasso di sconto, principale strumento di politica monetaria
almeno dal primo ventennio dell’Ottocento, modificano la propensione alla
liquidità del pubblico. Abbassare il tasso di sconto riduce il vantaggio della
liquidità. Inoltre compensa l’eventuale aumento di k’: se cresce la richiesta
di crediti bancari, r non può aumentare o addirittura scende. Ma il tasso di
sconto da solo può non essere efficace.
In regime aureo n non può essere interamente controllato.
Per controllare r occorre un sistema bancario centralizzato: altrimenti le
banche decideranno indipendentemente.
Potere d’acquisto interno e tasso di cambio di monete
fiduciarie inconvertibili
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Il potere d’acquisto interno di una moneta inconvertibile dipende dalla politica
monetaria del governo e dalle abitudini monetarie della gente.
Il potere d’acquisto all’estero della stessa moneta corrisponde al suo cambio
rispetto alle monete degli altri paesi moltiplicato il potere d’acquisto interno.
In equilibrio il potere d’acquisto interno deve essere = a quello estero, tenuto
conto delle spese di trasporto, dei dazi; altrimenti si verificherebbe uno
spostamento del commercio per approfittare della diseguaglianza.
Perciò i cambi, in condizioni di equilibrio, tendono a essere = ai rapporti fra
poteri d’acquisto interni delle diverse monete. Sono le parità di potere
d’acquisto (ppa). Corrispondono alla vecchia parità aurea [JMK, La riforma
monetaria, p. 72]: ma oscillano. I cambi, in linea di principio, devono tendere a
coincidere con le ppa. Anche se in pratica non è così perché si sono modificati
diversamente i prezzi relativi delle merci all’interno dei diversi paesi tra 1913 e
dopoguerra.
Il cambio può essere migliorato con una politica monetaria che tenda a ridurre i
prezzi rispetto a quelli esteri. E occorre una intervento costante per attenuare
le oscillazioni stagionali.
I cambi non raggiungono spontaneamente l’equilibrio.
Linee guida di una realistica politica monetaria
che garantisca la stabilità
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Fissare i cambi non libera dalle perturbazioni monetarie. L’orientamento
favorevole a una stabilizzazione delle monete comporta scelte tra (a)
svalutazione e deflazione, secondo che la nuova parità sia quella prebellica o
un’altra; (b) stabilità dei cambi o dei prezzi; (c) convertibilità aurea o un diverso
regime.
(a) La deflazione non è desiderabile perché produce una redistribuzione della
ricchezza dannosa agli scambi e alla stabilità sociale; ed è difficilmente
realizzabile.
(b) La stabilità dei prezzi è più importante di quella del cambio, per quanto
questa aiuti lo sviluppo del commercio riducendo l’incertezza. Tanto più che la
situazione è profondamente cambiata nel dopoguerra: è meglio evitare
automatismi della politica monetaria nelle incerte condizioni esistenti.
(c) L’oro non avrà un valore stabile in futuro. Molto dipenderà dalla
continuazione, negli USA, della sterilizzazione dell’oro che vi affluisce. Inoltre
si diffonderà ulteriormente il gold exchange standard e cesserà la monetazione
dell’oro, modificando la domanda di oro. Tornare al gold standard significa
rinunciare a stabilizzare il ciclo del credito e i suoi effetti su prezzi e
occupazione.
Bisogna adattare il sistema che si è sviluppato disordinatamente in guerra; non
è realistico ipotizzare il ritorno al passato.
Fare leva sulla capacità di controllo della liquidità da parte di Tesoro e banca
centrale, individuando gli strumenti istituzionali adeguati, specifici di ogni
sistema finanziario.
Misure di politica monetaria per garantire la stabilità
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Il livello dei prezzi e di conseguenza quello del cambio dipendono in ultima analisi dalla banca centrale e
dal Tesoro se la situazione finanziaria è sotto controllo (cioè non serve assicurare entrate alternative a
quelle fiscali con l’inflazione – come in Russia, Polonia, Germania - o usare l’inflazione per ridurre l’onere
degli interessi del debito pubblico, come in Francia e Italia).
Controllare la quantità del credito, ma lasciare flessibile la quantità di biglietti che lo stato può emettere
per adattarla alle esigenze dell’economia. Deve essere rovesciato il criterio tradizionale: controllare la
quantità di moneta (sulla base delle riserve) e lasciare che quella del credito vi si adatti.
Creare un indice dei prezzi ufficiale di un gruppo di merci, modificabile in relazione al mutamento di
importanza economica delle merci; considerarlo lo standard di valore e cercare di impedirne le variazioni
di valore in termini di oro.
Considerare, oltre la stabilità dei prezzi, livello di occupazione e produzione, pressione della domanda di
credito, livelli dei tassi d’interesse, volume della circolazione, commercio estero, altezza del cambio.
Regolare il prezzo dell’oro, non mantenerlo fisso a ogni costo. Fissare periodicamente prezzi di acquisto
e vendita, contrastando gli spostamenti di oro. Fissare una quotazione a termine (3 mesi) per influire sul
tasso d’interesse.
Utilizzare l’oro solo come riserva internazionale, sganciandolo dalla funzione di garanzia della
circolazione.
Gestire i rimborsi del debito di guerra in modo da attenuare le fluttuazioni stagionali.
Il Tesoro USA deve riconoscere apertamente la demonetazione dell’oro che ha realizzato di fatto: bisogna
chiudere le zecche, pur mantenendo la convertibilità del $ per rassicurare i conservatori e scongiurare
eccessive pressioni sul FRBoard. Un $ svalutato contribuirebbe a riequilibrare il sistema internazionale
degli scambi.
“Nella evoluzione della moneta siamo ormai pervenuti ad uno stadio in cui una moneta regolata è
inevitabile, ma non abbiamo ancora raggiunto il punto in cui il controllo possa essere affidato a una sola
autorità. La miglior cosa [...] è […] avere due monete (la £ e il $) controllate da autorità indipendenti che
collaborano per raggiungere lo scopo comune con metodi analoghi” [JMK, La riforma monetaria, p. 153].
Ampliare l’applicazione del gold exchange standard facendo riferimento a £ o $ secondo la struttura degli
scambi prevalente nei diversi paesi.
Azione delle banche e livello dei prezzi: una nuova
linea di riflessione sulla politica monetaria
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Il livello dei prezzi interni è determinato dalla quantità di credito creato dalle banche. Quando c’è
depressione bisogna aumentare il credito per mantenere stabili i prezzi. L’opposto va fatto in condizioni
di boom.
La quantità di credito corrisponde circa al volume dei depositi. Le variazioni dei depositi devono
corrispondere alle variazioni dei titoli di proprietà delle banche, portafoglio e anticipazioni.
Le banche regolano, per tradizione ed empiria, non per necessità, la proporzione fra depositi e danaro in
cassa presso la banca centrale (9:1 negli anni 1920). La regolazione di questa proporzione regola la
quantità di credito.
La quantità del danaro in cassa cambia (a) per un cambiamento nella quantità di circolazione richiesta; (b)
per un cambiamento nell’indebitamento del Tesoro in biglietti di stato; (c) per un cambiamento delle
attività della banca centrale; (d) per una variazione delle riserve di seconda linea delle banche (in buoni
del Tesoro - bdT), che integrano il danaro in cassa. Le variazioni di (a) e (b) si riflettono su (c) e (d). Quelle
di (a) dipendono dall’attività di commercio e dal livello dei prezzi. Se serve più circolante, il Tesoro lo
fornisce rimborsando la banca centrale (e riducendone l’attivo e quindi il danaro in cassa delle altre
banche) o ritira bdT, riducendo la riserva di seconda linea delle banche. Le variazioni di (b) corrispondono
a variazioni opposte dei debiti del Tesoro in forma di anticipazioni in conto corrente della banca centrale o
di bdT.
(c) e (d) sono i principali fattori che determinano il livello dei prezzi. (1) Un aumento delle attività della
banca centrale (in forma di anticipazioni di c/c, di investimenti in titoli di stato e altri, in anticipazioni ai
clienti e portafoglio, in oro) aumenta il danaro in cassa, stimola nuovo credito, spinge al rialzo i prezzi. (2)
I bdT posseduti dalle banche dipendono da scelte del Tesoro sull’entità delle sue spese rispetto alle
entrate e sul modo di finanziare le spese.
La capacità delle banche di creare credito è regolata dalle operazioni di banca centrale e Tesoro. Il Tesoro
può regolare il tasso d’interesse per orientare l’atteggiamento del pubblico nei confronti del debito
statale; la banca centrale può variare l’entità degli investimenti e delle riserve con operazioni di mercato
aperto e quelle di anticipazioni e portafoglio con il tasso di sconto
Critica della restaurazione monetaria e
rapporto tra risparmio e investimenti
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Le conseguenze economiche di Mr. Churchill
L’elaborazione del Trattato sulla moneta: approfondire la dinamica del livello dei prezzi oltre la
formulazione quantitativa della Riforma monetaria. Il risultato è un lavoro che è rivolto in parte al passato
(marshalliano) e in parte anticipa la Teoria generale.
Al passato rimandano: (a) la neutralità della moneta. Cambiamenti delle variabili finanziarie non
influiscono sulle posizioni di lungo termine delle variabili reali; tuttavia l’analisi concretamente sviluppata
rivela grande realismo; (b) l’assunzione che esista un livello di piena occupazione della produzione
complessiva e che gli scostamenti dipendano da disturbi monetari che agiscono attraverso variazioni di
prezzo. Ma anche in questo caso Keynes in pratica tiene conto di variazioni di prezzo e di produzione, pur
assumendo che la tendenza anche di breve periodo fosse al ritorno alla piena occupazione.
Nuovo e vecchio si mescolano: (c) Impegno nell’individuare le specificità di comportamento delle diverse
componenti della liquidità: forte connotazione qualitativa dell’analisi del cambiamento della quantità di
moneta e dei prezzi. (d) Sviluppo della “contabilità sociale” attraverso aggregati che confluiranno nelle
elaborazioni degli anni 1930 e apriranno la via alla possibilità di un’analisi dinamica anziché alla statica
comparata dei neoclassici.
Centrale il rapporto tra risparmio e investimento: non corrispondono necessariamente nel breve periodo.
La sproporzione determina l’alternanza di boom e crisi. Cruciale il tasso d’interesse a lungo termine.
Bisogna assicurare la rispondenza tra il livello dei redditi e quello della spesa per beni di consumo; se la
quota di reddito destinata ai consumi è diversa dalla quota dei beni di consumo sul totale della
produzione, cambierà il livello dei profitti rispetto a quello considerato di equilibrio. Ne deriveranno
cambiamenti nel livello degli investimenti e una modifica della composizione della produzione come
risposta ai segnali di mercato. Ne conseguono cambiamenti di produzione e occupazione nel breve
periodo a cui seguiranno cambiamenti dei prezzi.
Costruzione di un articolato modello del sistema finanziario e di uno del settore esterno dell’economia.
Classificazione dei tipi di inflazione e deflazione sulla base dell’origine.
Compaiono: l’alternativa fra preferenza per la liquidità e impiego in titoli e le aspettative come
determinante del comportamento economico.
Innovazioni sul tasso di interesse
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Distinzione fra tasso d’interesse naturale e tasso di mercato (come in Marshall e Wicksell).
Il tasso naturale è quello di equilibrio in cui il risparmio e gli impieghi del capitale si
bilanciavano e non agivano forze che modificassero i prezzi. Il tasso di mercato
influenzava invece le decisioni d’investimento degli uomini d’affari e risultava dalle
preferenze del pubblico sulle forme in cui tenere le proprie attività (contanti, depositi a
risparmio, titoli). Degli scarti fra i due tassi d’interesse producono pressioni inflazioniste o
deflazioniste nel sistema secondo che i beni capitali paiano a buon mercato o costosi in
relazione al prezzo dei titoli.
L’enfasi posta sul tasso a lungo termine si accompagna a una minore attenzione per le
variazioni a breve termine del tasso d’interesse: Keynes è ormai convinto che il volume
dell’investimento in capitale di esercizio è relativamente insensibile a cambiamenti nel
tasso d’interesse a breve.
Data l’importanza generalmente attribuita al tasso di sconto (anche come strumento di
politica monetaria) Keynes deve spiegare come cambiamenti nel tasso a breve termine
(molto variabile) influiscano su quello a lungo termine, tendenzialmente stabile. Sviluppa
una teoria della struttura a termine dei tassi d’interesse che si richiama alle attese che
impediscono la flessibilità a breve del cambio a lungo termine.
Keynes distingue accuratamente tra crediti destinati a impieghi diversi anziché riferirsi a
una nozione unitaria del credito.
Nuovi compiti della politica monetaria in
relazione a investimenti e cambi
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La politica monetaria può non essere strumento adeguato per provocare la riduzione dei
redditi, Keynes osserva quando distingue fra inflazione e deflazione del reddito o dei
profitti. Infatti la politica monetaria ha un effetto indiretto che agisce attraverso l’aumento
della disoccupazione sulla contrattazione dei salari monetari.
Corregge La riforma monetaria e dichiara che uno standard internazionale di valore è
desiderabile. Analizza estensivamente vantaggi e svantaggi di tale standard. Ma ritiene sia
importante, soprattutto per i finanziamenti internazionali. Raccomanda uno standard che
rappresenti un progresso rispetto al gold standard. La soluzione riecheggia quello dello
“standard tabulare” proposto da Irving Fisher. Esso sarebbe stato gestito da una banca
centrale internazionale, impegnata a mantenerne stabile il valore in termini di prezzo di 60
merci che entrano nella composizione del commercio internazionale. Erano previste forme
di salvaguardia dell’autonomia di politica monetaria degli stati aderenti: in particolare era
ammessa la fluttuazione delle valute attorno a una parità di cambio fissa.
La soluzione creava difficoltà ai paesi che fossero aperti alla circolazione internazionale
dei capitali i cui salari di efficienza (i salari monetari in relazione alla produttività)
risultassero troppo alti per consentire la piena occupazione, dato il livello esistente dei
tassi di interesse, benché questi potessero risultare adeguati per il sistema nel suo
complesso. Le autorità monetarie non potevano utilizzare la politica monetaria per
mantenere l’occupazione per evitare l’esportazione di capitali in seguito alla riduzione del
tasso d’interesse e la perdita di valute e riserve che poteva mettere in pericolo l’adesione
allo schema internazionale. Meglio non ridurre i salari monetari, processo lungo,
socialmente negativo. Meglio finanziare lavori pubblici e programmi d’investimento con
un’adeguata politica del credito per accrescere il fabbisogno di lavoro innalzandolo a
livello compatibile con il tasso d’interesse esistente. Questo è un caso speciale. In
generale la politica monetaria, concentrandosi sull’interesse a lungo termine e sulla
fornitura di credito alle esigenze variabili dell’economia, forniva lo strumento adeguato per
Bilancio statale e occupazione.
Il moltiplicatore.
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La questione dell’alto livello della disoccupazione diventa particolarmente
rilevante in Gran Bretagna nella seconda metà degli anni 1920. E’ un tema
ricorrente delle battaglie elettorali. Segnala difficoltà strutturali del sistema
produttivo britannico: (a) alta incidenza di settori produttivi vecchi e poco
competitivi che richiederebbero profonde ristrutturazioni, rendono poco e
non sono in grado di realizzare gli investimenti necessari per la
riqualificazione; (b) penalizzazione dell’economia in conseguenza del livello
di cambio troppo alto della £ dopo la restaurazione della convertibilità.
La disoccupazione è affrontata con la dole a carico del bilancio statale.
Emerge l’opportunità di cercare un rimedio con programmi di lavori pubblici
(D. Lloyd George, 1924, 1929). Il Tesoro si oppone appellandosi
all’esigenza di limitare la spesa statale e evitare il deficit. La spesa pubblica
sarebbe alternativa, non aggiuntiva, rispetto a quella privata.
Richard Kahn, The relation of home investment to unemployment,
“Economic Journal”, giugno 1931: base teorica per difendere l’utilità
economica di un programma di lavori pubblici e stimolo per Keynes.
La Teoria generale: posizioni che rompono con
la tradizionale economia neoclassica
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Il testo riguarda produzione e occupazione più che i prezzi.
L’incertezza prende un grande rilievo: definita in relazione alla mancanza di
ogni base scientifica su cui formulare una qualsiasi probabilità calcolabile.
In un mondo incerto che si modifica nel tempo la moneta gioca un ruolo
particolare, normalmente ignorato nelle analisi di statica comparata. Chi è in
condizioni di incertezza preferisce la liquidità. Perciò quando l’incertezza sul
futuro domina, varia la domanda di moneta.
Data l’incertezza, alcuni prezzi possono risultare vischiosi sul breve periodo
e le reazioni del sistema economico a disturbi di breve periodo possono
comportare cambiamenti nel volume di produzione e occupazione.
La moneta non è neutrale: non è vero che cambiamenti della sua quantità
non hanno effetto sulla posizione di equilibrio delle variabili reali.
E’ falsa l’assunzione che il sistema economico tenda automaticamente al
pieno impiego; il sistema economico può essere stabile anche senza pieno
impiego.
La teoria è generale: integra quelle tradizionali dei prezzi relativi e della
moneta.
Consumo e investimento
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Le decisioni di produrre, investire o conservare liquidità dipendono dalle aspettative in
un futuro incerto. La prima conseguenza riguarda la relazione consumo-reddito,
affrontata da Keynes discutendo di variazioni del tasso d’interesse e del risparmio.
Sul breve periodo cambiamenti nei consumi dipendono fondamentalmente da
cambiamenti nel reddito. Nella presentazione della “propensione al consumo”
sottolinea soprattutto gli aspetti psicologici della relazione, lasciando in secondo
piano la più articolata valutazione dei fattori che la determinano e la fanno variare nel
tempo. Assume che con la crescita del reddito la quota consumata tenda a crescere
in misura più limitata. Si apre la possibilità, in un futuro prossimo, di ridimensionare le
preoccupazioni economiche e raggiungere la felicità.
Se la produzione è elastica (cioè l’economia non utilizza pienamente i fattori di cui
dispone) degli aumenti di investimenti sotto forma di spese per lavori pubblici portano
a un’espansione del reddito, finché nella nuova situazione, l’importo risparmiato sul
reddito aggiuntivo avrebbe bilanciato il nuovo investimento. L’incremento del reddito
sarebbe stato un multiplo > 1 dell’investimento aggiuntivo finché l’intero incremento
del reddito non fosse risparmiato. La grandezza del moltiplicatore dipende dalla
propensione a consumare gli incrementi marginali del reddito.
La scelta di investire
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Le decisioni di investire sono fortemente condizionate dalle aspettative. La
scelta di aumentare il capitale investito dipende dal confronto tra i ricavi
attesi dall’acquisizione – ora – di un attivo per produrre un flusso futuro di
produzione, e i costi attuali dell’attivo. I ricavi attesi dipendono da fattori
come il livello futuro della domanda, i costi di produzione futuri dell’impresa
che investe e quelli dei suoi concorrenti, che potrebbero usare tecnologie
più nuove o acquistare ciò che occorre per la produzione (inputs) a prezzi
futuri diversi. I costi di ogni investimento sono noti, ma possono cambiare
nel breve periodo se cambia il livello della domanda per beni
d’investimento. Poiché ci si attende che il ricavo di un investimento si
distribuisca nel futuro su più anni, mentre i costi sono noti, deve esserci un
tasso di sconto che rende confrontabili ricavi e costi. Keynes lo definisce
efficienza marginale del capitale. Ritiene che gli uomini d’affari effettuino i
loro investimenti in nuovi beni capitali se l’efficienza marginale del capitale
è = al costo dei fondi necessari per realizzare l’investimento, cioè al tasso
d’interesse.
Il tasso d’interesse
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Keynes affronta prima la questione delle ragioni per cui si intende tenere denaro
liquido, che non comporta interesse. Distingue una casistica: (a) esigenza di
compiere transazioni conciliando esigenze di spesa quotidiana con afflusso periodico
del reddito; (b) precauzione; (c) speculazione. Quest’ultima gioca un ruolo cruciale
nella determinazione del tasso d’interesse. Il ragionamento è sviluppato facendo 2
semplificazioni.
(1) La domanda di moneta derivante da (a) e (b) ha caratteri simili ed è
prevalentemente una funzione del livello del reddito.
(2) Si deve distinguere solo tra moneta e titoli a lungo termine. Altri titoli sono
assimilabili alla moneta, oppure, se si tratta di azioni, sono assimilabili a capitale.
Date le aspettative dei detentori di titoli, il tasso d’interesse deve adattarsi per fare sì
che tutto il danaro non assorbito per le ragioni (a) e (b) venga richiesto dal pubblico.
Le attese hanno una forte componente convenzionale, per cui le politiche ufficiali
intese a modificare il tasso d’interesse modificando la quantità di moneta potrebbero
risultare poco efficaci, perché, se il tasso si è scostato dal tasso convenzionale, la
forte attesa che vi si avvicini in futuro, significa che i detentori di titoli assorbiranno
l’aumento di moneta per (c).
La dipendenza della domanda di moneta dal livello del reddito e quindi l’implicazione
che cambiamenti nel livello del reddito influiscano sul tasso d’interesse entro i limiti
fissati dalle aspettative, significa che ogni variabile del sistema è determinata dalla
sua interazione con le altre.
Ulteriori argomenti della Teoria generale
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Nella Teoria generale Keynes inserisce anche discussioni:
(1) sulla determinazione dei prezzi sulla base della funzione di offerta di
diversi componenti della produzione;
(2) sugli effetti di cambiamenti dei salari monetari sui prezzi e
sull’occupazione;
(3) sul ciclo;
(4) sulle proprietà fondamentali della moneta;
(5) sulle implicazioni della teoria per il futuro della società capitalistica;
(6) sui precursori delle sue idee.
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J. M. Keynes e l`evoluzione del capitalismo nel Novecento