Le sfide al modello di sviluppo italiano e il ruolo dei sistemi locali Carlo Trigilia (università di Firenze) Assemblea Nazionale delle Cooperative Industriali Bologna, 21.1.2008 Le difficoltà del modello italiano Tra il 1995 e il 2005 Crescita del PIL pro-capite tra le più basse in Europa (circa 2%) Produttività più bassa di media UE e OCSE Le Il quote di esportazioni si sono ridotte di circa il 30% debito pubblico resta tra i più alti (oltre il 100% del PIL) Segni di ripresa negli ultimi due anni Crescono le esportazioni in valore (crescita di qualità) Emerge un nucleo significativo di medie imprese (incluse alcune cooperative) dinamiche che si internazionalizzano Molti sistemi locali e distretti si riorganizzano Cresce l’occupazione, specie nel centro-nord Ma permangono elementi di debolezza… Bassa crescita della produttività Debolezza dei settori legati all’economia della conoscenza Il Sud si è fermato La crescita del Pil è più bassa di altri grandi paesi europei Le origini delle difficoltà vengono da lontano Negli anni ‘70 si afferma il modello di sviluppo basato su “Dinamismo locale e disordine pubblico” Il dinamismo dei sistemi di piccola impresa (che include molte cooperative industriali) compensa la crisi delle grande imprese Ma consente di ritardare il riordino dei conti pubblici Inflazione, deficit, debito,svalutazione Una condizione cruciale per il vecchio modello La svalutazione consentiva l’equilibrio tra dinamismo locale e disordine pubblico L’ingresso nell’euro ha vantaggi importanti Bassi tassi di interesse per la gestione del debito Stabilità monetaria (materie prime) Ma i costi del disordine pubblico pesano sui settori aperti alla concorrenza Le due sfide Inefficienza dei servizi privati e pubblici Aumenta i costi per le imprese e scoraggia gli investimenti di imprese estere Globalizzazione Aumenta la concorrenza nelle specializzazioni più tradizionali del made in Italy Le politiche per affrontare le sfide Inefficienza dei servizi privati e pubblici richiede: Politiche di liberalizzazione per accrescere la concorrenza nel settore dei servizi (banche, assicurazione, energia, telecomunicazioni) Riorganizzazione della pubblica amministrazione Riduzione dei costi Abbassamento dei costi di transazione (in particolare: giustizia) Le politiche per affrontare le sfide Globalizzazione e concorrenza nelle specializzazioni tradizionali del modello italiano richiede: Politiche a sostegno dello spostamento verso produzioni di maggiore qualità innovazione nei settori tradizionali (made in Italy) Modernizzazione dei sistemi di piccola impresa e distretti • Incoraggiamento della crescita di medie imprese con funzione di traino dei sistemi locali Crescita dei sistemi locali dell’alta tecnologia nelle città • L’Italia è particolarmente debole in questo settore dell’economia della conoscenza Le politiche per affrontare le sfide Globalizzazione e concorrenza nelle specializzazioni tradizionali del modello italiano richiede: Politiche a sostegno della valorizzazione dei beni non riproducibili (ambientali e storico-artistici) L’Italia dispone di una dotazione potenziale elevata, tra i paesi sviluppati, ma non riesce a valorizzarle efficacemente, specie nel Sud • Arretramento in chiave comparata del turismo, specie di quello di qualità Che cosa richiedono le diverse politiche? Le politiche per migliorare l’efficienza dei servizi privati e pubblici richiedono scelte regolative da prendere prevalentemente al centro Le politiche per produzioni di qualità e high tech e per la valorizzazione di beni non riproducibili richiedono sostegno dello sviluppo locale (coinvolgimento e protagonismo degli attori locali nei territori) Il paradosso italiano In Italia sono state forti e diffuse le esperienze di sviluppo locale (specie distretti) ma oggi sono svalutate L’attenzione è concentrata sulle politiche da fare prevalentemente al centro per le liberalizzazioni e sulla difficoltà dei governi a portarle avanti Ne risulta una formulazione delle risposte politiche alle sfide, sbilanciata verso le politiche del centro per la liberalizzazione, mentre sono trascurate le politiche per lo sviluppo locale I motivi del paradosso Scarsa efficacia delle politiche di sviluppo locale realizzate nello scorso decennio (specie politiche regionali europee e patti territoriali nel Sud) Forte orientamento a breve della politica italiana per eterogeneità e conflittualità delle coalizioni e instabilità dei governi Orientamento a breve delle organizzazioni imprenditoriali Ma i risultati non sono stati sempre negativi (vedi patti territoriali e piani strategici) Preferenze per politiche di incentivazione alle singole imprese Influenza sul dibattito politico degli economisti Diffidenza verso le relazioni sociali nel mercato Che cosa suggerisce l’analisi dello sviluppo nei paesi avanzati? L’insoddisfazione per i risultati concreti delle politiche di sviluppo locale e per l’andamento dei sistemi locali (distretti) non intacca l’importanza dello sviluppo locale Sviluppo nazionale (e europeo) dipende da diffusione e rafforzamento di sviluppo locale, cioè dalla qualificazione dei territori e delle economie esterne, per: Rafforzamento di economia della conoscenza (obiettivi europei di Lisbona) Rafforzamento delle produzioni innovative e di qualità Valorizzazione di beni non riproducibili Queste motivazioni sono ancor più importanti in Italia per: Rilevanza dei sistemi produttivi locali rispetto a grandi aziende Rilevanza dei beni non riproducibili Debolezza dei sistemi locali high tech Vanno ripensate e ridisegnate le politiche di sviluppo locale (accanto a quelle del centro per le liberalizzazioni) per renderle più efficienti Che cosa suggerisce l’analisi dei casi locali di successo? Fattori di successo: Leadership, cooperazione efficace tra attori pubblici e forze locali, capacità di lettura del territorio e valutazione delle potenzialità e delle debolezze Le politiche di sviluppo locale devono dunque promuovere il capitale sociale leadership che sappia accrescere le capacità relazionali tra soggetti individuali e collettivi; ovvero promuovere il capitale sociale come fattore di sviluppo locale Ma la leadership e la cooperazione efficace non si creano per decreto. Che fare allora? Come migliorare l’efficacia delle politiche di sviluppo locale? Dal lato della politica: Misure che rafforzano la stabilità e la coesione dei governi locali e quindi la capacità decisionale a medio-lungo termine Dal lato delle politiche: Misure che stimolino dall’alto (regione, governo centrale, UE) gli attori locali a cooperare per la produzione di beni collettivi Quali politiche? Promuovere progetti integrati e non incentivazioni aziendali (integrazione di servizi collettivi e incentivi aziendali) Responsabilizzazione dei soggetti locali tramite cofinanziamento Selettività degli interventi (non dare risorse a tutti) Valutare con attenzione i progetti locali in relazione alla qualità della progettazione Stabilire una concorrenza efficace tra i territori come fattore per stimolare la riflessività e il cambiamento nei contesti locali per far emergere leadership innovative e capacità relazionali efficaci dove inizialmente non ci sono o sono deboli Ma le politiche per lo sviluppo locale non esauriscono gli interventi pubblici per lo sviluppo dei territori…. Ci sono politiche centrali importanti anche per lo sviluppo locale (servizi privati e pubblici, finanza, università e ricerca, grandi infrastrutture, ecc.) Ma sviluppo e la qualità sociale richiedono oggi interventi per promuovere il protagonismo dei soggetti locali e la crescita delle capacità cognitive e relazionali dei territori, cioè lo sviluppo locale In particolare nel Sud Non solo politiche per slegare ma anche politiche per connettere