Luis Buñuel, Estasi di un
delitto, 1955
Di un’infinita tenerezza dietro un’apparente crudeltà,
intransigente e comprensivo, onesto e fedele nei
confronti della sua arte, di se stesso, dei suoi ideali,
dei suoi amici. (Sadoul, 1978, p. 47)
…fatta eccezione per due o tre film, il neorealismo non
mi piace. Per esempio: un bicchiere, per un neorealista,
è un oggetto di cristallo che serve a bere acqua e
nient’altro. Ma, a seconda del grado di affettività che
impieghiamo in questa contemplazione, per semplice
spinta irrazionale, e per l’intervento del subconscio, quel
bicchiere può evocare in me un cavallo dalla bocca
malata, o il ricordo di mia madre, o qualunque altra cosa.
(Turrent, Colina, 1986, p. 94)
Il surrealismo non era per me un’idea estetica, un
movimento di avanguardia in più, ma qualcosa che
impegnava la mia vita in una direzione spirituale e
morale (Turrent, Colina, 1986, p. 49).
Il surrealismo mi svelò che l’uomo non può fare a meno
di un senso morale. Credevo alla libertà totale dell’uomo,
ma ho visto nel surrealismo una disciplina da seguire, e
questo mi ha fatto compiere un passo poetico e
meraviglioso (Buñuel, 1962).
Luis Buñuel, Estasi di un delitto, 1955
Archibaldo guarda estasiato il carillon
Archibaldo a colloquio con Carlota
– Carlota: Cos’ha? La vedo preoccupato.
– Archibaldo: Sì, Carlota, le devo parlare.
– Carlota: È successo qualcosa di grave?
– Archibaldo: Con lei non voglio fingere. Oggi mi è successa una cosa che mi ha
turbato molto, che ha risvegliato in me sentimenti profondi e lontani. Ma non voglio
parlare di questo.
– Carlota: Perché? Crede che non potrei capire?
– Archibaldo: Certo che sì. Sono io che non riuscirei a farmi capire.
– Carlota: Mi parli con franchezza. Chi dice che non possiamo trovare una
soluzione?
– Archibaldo: [con speranza] Cercherò di spiegarmi. Lei per me è un ideale. [Carlota
abbassa gli occhi sconsolata] So che la sua innocenza e la sua purezza
potrebbero salvarmi. [Grave] Ma non voglio legarla a un destino che potrebbe
essere tragico.
– Carlota: [con sorpresa e preoccupazione] Perché dice questo?
– Archibaldo: Sono convinto di non essere un uomo normale. Conosco le mie
aspirazioni e mi faccio paura. Mi creda, a volte desidero ardentemente essere un
gran santo, altre volte sento con certezza che potrei essere un grande criminale.
Non le pare assurdo?
– Carlota: [ostentando tranquillità, ma essendo in fondo preoccupata] Lei vive troppo
in solitudine e questo non le fa bene. Venga più spesso a trovarci, abbiamo tante
cose da dirci.
Archibaldo a colloquio col giudice
– Giudice: Mi permetta una domanda. A lei piacciono i romanzi di
appendice? […] E adesso parlando seriamente, di una cosa sono
sicuro: lei è un grande criminale, in potenza chiaramente.
– Archibaldo: [in preda all’agitazione] Cosa decide per i miei crimini?
– Giudice: Crimini? Ma quali crimini! Non possiamo processarla per
aver desiderato la morte di qualcuno. Se ciò fosse perseguibile, noi
giudici non faremmo altro.
[Arriva la segretaria che annuncia la visita della moglie del giudice, il
quale risponde di essere in procinto di arrivare]
– Archibaldo: [fra la protesta e lo sgomento] Ho ucciso io quelle donne,
sono un criminale!
– Giudice: [appoggiando amichevolmente una mano sulla spalla di
Archibaldo] Il pensiero non delinque, amico mio. Posso solo darle un
consiglio…
– Archibaldo: [fremente] Sì. signor giudice.
– Giudice: [sorridendo] Si rada col rasoio elettrico signor de la Cruz! È
tutto! Mi scusi, mia moglie mi aspetta…
– Archibaldo: Arrivederla, signor giudice. [esce disturbato]
A proposito di estasi di un delitto
T.P. Turrent, parlando con L. Bunuel di Estasi di un delitto, afferma:
…l’atto di uccidere ha per Archibaldo una doppia funzione. Da una parte
di possesso erotico, dall’altra di liberazione dell’immaginazione che gli
restano dall’infanzia. Uccidendo sul piano dell’immaginazione, Archibaldo
si libera. (Turrent, Colina, 1986, p. 119)
Bunuel replica:
…non sono d’accordo con quanto lei dice. Archibaldo vuole uccidere, non
c’è dubbio. Probabilmente uccidere lo libererebbe da un punto di vista
sessuale, ma non si sa cosa farebbe in seguito se arrivasse ad uccidere
realmente. […] Si direbbe che desidera fallire, per poter provare ancora.
Lo fa per liberarsi? Forse lo fa per il motivo contrario. So che questo
sembra oscuro. Mi attira l’oscurità in un personaggio. Se cercate di
costruire un personaggio molto razionalmente, costruirete un personaggio
senza vita. Ci vuole una zona d’ombra. (Turrent, Colina, 1986, p. 119)
Il romanticismo di Buñuel
Forse un amore appassionato, sublime, che brucia come
una fiamma profonda, è incompatibile con la vita. È troppo
grande, troppo forte per la vita. Solo la morte può
contenerlo. (Buñuel, 1982a, tr. it 2005, p. 157)
…riesco solo a credere in pochi individui eccezionali e in
buona fede, seppure perdenti […] Questo mi commuove
veramente: è l’amore totale, l’amore nonostante tutto. Un
amore assolutamente privo di speranza. […] l’amore che si
afferma al di sopra di ogni cosa. È un’idea troppo
romantica? Forse, ma mi emoziona sempre. (Buñuel , in:
Turrent, Colina, 1986, tr. it. 1993, pp. 136-137)
Commistione fra sensualità e spiritualità. Bunuel racconta un suo sogno:
…un altro sogno mi colpì ancora più violentemente. Vidi
all’improvviso la Vergine Maria, tutta circonfusa di
dolcezza, che mi tendeva le mani. Presenza molto
forte, indiscutibile. E parlava, a me, sinistro
miscredente, con la più grande tenerezza del mondo,
avvolta in una musica di Schubert che udivo
distintamente. Ho voluto ricostruire questa immagine
nella Voie Lactée, ma è ben lontana dalla forza di
convinzione immediata che aveva nel mio sogno. Mi
inginocchiai, gli occhi mi si riempirono di lacrime e mi
sentii di colpo sommerso dalla fede, una fede vibrante e
invincibile. Quando mi svegliai, mi ci vollero due o tre
minuti prima di ritrovare la calma. Continuavo a
ripetere, sull’orlo del risveglio: «Sì, sì, io credo, Vergine
Santa!” con il cuore che batteva a martello.
Aggiungo che questo sogno presentava un certo
carattere erotico. Erotismo contenuto entro i casti limiti
dell’amore platonico, è ovvio. Forse, se il sogno fosse
stato più lungo, quella castità sarebbe svanita per far
posto a un vero desiderio? Non posso dirlo. Mi sentivo
semplicemente innamorato, colpito al cuore, al di là dei
sensi. Sensazione provata abbastanza spesso, nel
corso della mia vita, non solo in sogno (Buñuel, 1982a,
pp. 105-106).
L’immagine della purezza, un
po’ stereotipata, della Madonna
in La via lattea
I pensieri (inconsci) sono come fantasmi
che vanno ascoltati
Chi conosce i fantasmi dice che essi desiderano venire
liberati dalla loro vita di fantasmi per poter riposare
come antenati […] I fantasmi dell’inconscio, che
imprigionati dalle difese continuano a infastidire il
paziente nell’oscurità delle sue difese e dei suoi
sintomi, possono assaporare il sangue, sono liberati.
Alla luce dell’analisi i fantasmi dell’inconscio ritrovano
riposo e sono ricondotti alla pace degli antenati e il loro
potere viene trasformato in una rinnovata intensità
della vita nel presente, del processo secondario e delle
relazioni con oggetti nuovi e attuali. (Loewald, 1960, tr.
it. 1999, pp. 216-217).
Afferma J.-C. Carrière co-sceneggiatore con
Buñuel per molti anni:
[…l’] immaginazione […] resta innocente, da qualunque
parte noi la dirigiamo. Il famoso «peccato di intenzione”
della nostra infanzia, il «cattivo pensiero”, non esistono più,
dal momento che inventiamo delle situazioni che
vorremmo umane. Uno sceneggiatore, diceva Luis
[Buñuel], deve ogni giorno uccidere il padre, violentare la
madre e tradire la patria. È un suo dovere, in qualche
modo. È lì per questo. Se non lo fa lui, nessuno lo farà al
suo posto, e rischia di finire nei guai. Da qui un certo
coraggio necessario che ci fa attraversare ogni giorno (non
necessariamente per trovarvi un appiglio) l’orribile,
l’irrazionale, il volgare.
[…è] una cosa molto importante. In effetti una cosa è
l’immaginazione e un’altra è la vita. Dal punto di vista
dell’immaginazione, nessuno ha niente da insegnarmi,
perché so tutto, spero tutto. Con la vita è diverso.
Nella realtà non sono mai stato un uomo d’azione, ma
nell’immaginazione lo sono. E per questo
nell’immaginazione posso essere aggressivo. Nello
stesso momento in cui nella realtà sto salutando una
persona, nella mia mente posso pensare di ucciderla.
Sono due piani diversi: quello reale, dell’attività
sociale, da una parte e dall’altra quello immaginato.
[…] L’immaginazione è l’unico territorio in cui l’uomo è
libero. (L. Buñuel, in: Turrent, Colina, Buñuel
secondo Buñuel, 1986, tr. it. 1993, pp. 86-87)
Da qualche parte, tra il caso e il mistero, s’insinua
l’immaginazione, libertà totale dell’uomo che, come le altre,
hanno tentato di sminuire, di cancellare. Proprio per questo il
cattolicesimo ha inventato il peccato di intenzione. Un tempo,
quella che ritenevo la mia coscienza mi proibiva certe
immagini: assassinare mio fratello, andare a letto con mia
madre. Mi dicevo: «che orrore!” e respingevo di furia quei
pensieri maledetti da sempre. Solo verso i sessantasessantacinque anni sono riuscito a capire in pieno e ad
accettare l’innocenza dell’immaginazione. Mi ci è voluto tutto
quel tempo per ammettere che quello che mi passava per la
testa riguardava soltanto me, che non si trattava in alcun
modo di quelli che chiamano «cattivi pensieri», in alcun
modo di peccato, e che dovevo lasciar andare la mia
immaginazione dove voleva, anche se cruenta e degenerata.
(Buñuel, Dei miei sospiri estremi, 1982, tr. it. 2005, p. 186)
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Psicologia della personalità AA 2012-13