Gruppo A – copione definitivo
Personaggi
Antigone
Ismene
Creonte
Coro
Guardia1
Corifeo
Guardia2
Emone
Fanciullo
Tiresia
Nunzio1
Nunzio2
Euridice
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(Antigone e Ismene)
ANTIGONE: Ismene! Ismene!
ISMENE: Antigone, ma che fai? Sei sempre fuori? Ti sembra questa l'ora per...
ANTIGONE: (Interrompe) Dappertutto ti ho cercata, come una pazza! Hai sentito, hai
sentito? Dopo tutto quello che era successo ora quel cane… ! Per quanto dovremo
sopportare tutto questo, questa gente, questa vita?
ISMENE: Calmati Antigone, sempre la solita... Che vuoi che ne sappia io? Da quando
sono morti i nostri due fratelli mi sento come un’ombra… E poi qui c’è tanto da fare e
noi siamo rimaste sole!
ANTIGONE: Quel verme! Due ore sul trono e già sconvolge Tebe!
ISMENE: Che dici?
ANTIGONE: Che nostro zio, ora che alla fine è il padrone, non ha più rispetto né per noi
né per gli dèi.
ISMENE: Cos’ha fatto di tanto grave? Mi fai paura con quegli occhi!
ANTIGONE: Che ha fatto?! Usa il potere per le sue assurde preferenze! A Eteocle canti,
musica, vesti… già, è l’eroe lui! Polinice però lo lascia a marcire nella sabbia, senza
dargli uno straccio di tomba. E chi ci dovesse provare morirà, dice, fossero anche le sue
sorelle!
ISMENE: Che cosa terribile!
ANTIGONE: E basta?! Pensa: cani e uccelli si litigano i suoi poveri resti! Non possiamo
coprirci gli occhi, Ismene, non possiamo far finta di non sentire! Ha solo noi!
ISMENE: Che possiamo fare? Creonte è grande, potente, noi due, povere ragazze: si
deve piegare la testa!
ANTIGONE: È pura follia la tua! Davvero credi che io possa farlo? Ismene, io ho scelto,
ma, ho davvero bisogno del tuo aiuto, di te. Era anche tuo fratello, ricordatelo.
ISMENE: Che hai in testa? Non mi piacciono questi discorsi… che significano?
ANTIGONE: Niente, voglio solo vedere se della nostra famiglia ti è rimasto dentro
qualcosa, oltre al sangue che ti scorre nelle vene, al nome che portiamo…
ISMENE: (Spaventata) Non capisco, parla chiaro!
ANTIGONE: Non è chiaro, ormai? Polinice è morto… chiede solo un po’ di vino e un
pugno di terra. E dormire in pace senza pensare più. E io, noi gliela daremo, la pace!
ISMENE: Cosa? Sei pazza? E Creonte?! Pensi davvero che due donne, sole, possano
andare contro un muro così alto? I nostri fratelli non vorrebbero vederci morte, pensaci!
Per cosa, poi? Per salvare dei cadaveri! (Supplicando quasi) Ti prego, cara, piegati,
piegati per una volta! Ragiona!
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ANTIGONE: Ah, è così? È così che gli volevi bene? Tutto qui quello che vuoi rischiare
per lui? Bene, hai deciso tu. E io che pensavo che avresti dato tutto per nostro fratello!
ISMENE: Antigone, non dire così, sai come sono… Io non ce la faccio, non posso.
Creonte è il re, io... noi… abbiamo già sofferto tanto e io sono stanca, non resisto più.
Ricorda la mamma appesa a quella corda e gli occhi vuoti di nostro padre, pensa a
Eteocle e Polinice che ci hanno lasciate in un istante di follia. Ti ricordi?
ANTIGONE: (Interrompe) … Basta chiacchiere, basta! Tientela stretta la tua vita tu,
per quel che vale! Quello che deve essere fatto lo farò io, come sempre!
ISMENE: Ma… il bando diceva…
ANTIGONE: (Interrompe) … Che chi ci prova muore? E allora? Se vivere significa
tradire i morti, allora il mio non è un crimine, ma solo giustizia! Loro ci vedono… loro
giudicheranno
ISMENE: Tu non ragioni, non ragioni! Sai che ti dico? Fallo, fallo pure, buttati
spensierata tra le braccia della morte… quello che vuoi non… non lo otterrai così!
Perdere l’affetto di chi ti vuole bene sarà l’unico guadagno!
ANTIGONE: Che altro ho da perdere? Addio Ismene… non parlarmi, non cercarmi più.
Per me non sei più niente!
(Fa per uscire. Ismene è in crisi. Mentre Antigone esce, Ismene si volta verso
la sorella)
ISMENE: (Urlando) Dove vai? Fermati Antigone! (Antigone esce senza voltarsi.
Ismene abbassa la voce) E allora... vai. Ma non potrò mai smettere di volerti bene.
(Creonte e coro)
CREONTE: Per un uomo, che c’è di peggio, che dover scegliere? Il cruccio che grava
sulle mie spalle è un peso così grande da piegare la mente di chi governa. Ma tutta
Tebe mi guarda e io so cosa è meglio per loro: ho tanto lottato e tanto atteso, io! E
adesso il timone è nelle mie mani e io ne sarò all’altezza, è certo. Loro però cosa
cercano, cosa vogliono, in fondo? I loro occhi supplichevoli sono vuoti perché neppure
loro lo sanno davvero! Questa gente non parla mai chiaro, come fanno gli uomini onesti,
ma sa solo mormorare nelle vie. Mi ero ormai rassegnato a dover convivere con questa
città maledetta, ma ora anche questa! Racconta, città maledetta! Racconta cosa hai
sofferto!
CORO:
Tebe,
infelice terra di infelici,
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nemmeno il pianto dei tuoi figli
caduti in battaglia ti piegò a compassione:
grido d’uccello da preda,
artigli di morte,
acuto insaziabile rostro
piombò sulla città;
armi scintillanti,
bronzo stillante odio fraterno,
davanti al tuo sguardo per vicendevole mano
caddero, abisso di pianto,
e “morte” fu la tua crudele risposta.
Folle contesa spinse il medesimo sangue
alla rovina:
Tebe,
tuo è il potere,
città diletta, amata fino alla morte.
A te i nostri occhi stanchi di lacrime,
Eteocle, e uguale misura di pianto
per te, Polinice:
lacerati cadaveri di una città che ha perso
i più cari tra i figli.
Torni la pace a Tebe
piegata da tanto odio
e siano le nostre lacrime a cancellare
la rovina che ci strazia
le carni tormentate dal bronzo.
Questa la supplica, o Bacco,
questa la preghiera.
CREONTE: La pace... fate presto, voi, a dire pace! La nostra storia, la mia vita mi ha
insegnato che c’è un dovere eterno, che vive al di là di noi e dopo di noi perché sta nelle
fondamenta delle città! È la norma, e non conosce amici o famiglia, anche quando fa
male. Non è una banderuola che gira ai capricci della gente! E per la norma le colpe
vanno punite, anche dopo la morte! Il fatto è chiaro: Polinice ha diretto la lancia verso la
sua città; io stesso ho dato mio figlio, per fermare il suo gesto folle! Eppure, sentiteli!
C’è chi reclama una tomba perfino per lui! Mi chiedo se i cani che divoreranno le sue
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carni ne stracceranno anche il ricordo, o se esso perdurerà, rendendo inutile la mia
punizione…
(Creonte, una guardia, corifeo e Antigone)
GUARDIA1: (Corre guardingo verso Creonte con aria impaurita) Sire, maestà…
un disastro, una rovina! E proprio a me… doveva toccare! Potessi essere a cento milioni
di miglia da qui, e invece...!
CREONTE: E allora, uomo! Che è quella faccia? Che ti butta giù il morale?
GUARDIA1: Io nulla c’entro, guarda, Maestà… non ne faccio di queste cose, io. E non
tengo il sacco a chi le fa… ci tengo alla vita, io! Maledizione, ogni parola pesa come un
bue. (Pausa; poi, d'un fiato) Qualcuno poco fa ha sotterrato il morto.
CREONTE: Che cosa?
GUARDIA1: Che qualcuno ha…
CREONTE: (Zittendolo) Questo l’ho capito. Chi? Chi può aver osato tanto?
GUARDIA1: E chi lo sa, generale? Chi lo sa? Era tutto a posto, stamani... pareva almeno
. Arriviamo, buttiamo l’occhio sul morto e che vediamo? Era tutto coperto di polvere fine
fine… non sotterrato eh... ma un lavoro fatto bene... di proposito, dico! A quel punto
l’inferno è scoppiato! A tutti ci è presa una fifa mortale, e tutti a sacramentare “Tu sei
stato!” “No, tu!” “Io non c’ho messo mano, che Zeus mi schianti!” Ma io ti giuro sulla
pelle, che gli dèi me la guardino, che ho fatto tutto a dovere.
(Creonte fa chiari cenni di impazienza insofferente)
Alla fine, quando eravamo già quasi alle mani, uno se ne viene fuori davvero con una
bella pensata. Però c’aveva ragione, anche se ne andava della pelle: bisognava dirti
tutto. Tiriamo a sorte… mai m’è andata bene, mai nella vita! E allora eccomi qui,
purtroppo per me... ma pure per te: certo non ti rotoli di gioia, per quello che t’ho detto!
CORIFEO: Pare ci siano gli dèi dietro a tutto questo, Creonte. E pensavo, mentre costui
raccontava…
CREONTE: (Interrompe) Come?! Marmaglia sciocca ed infame! Gli dèi non sono
volubili come voi! Il loro volere è il mio, ed il mio è il loro! Anche quando quel
delinquente si precipitava contro le nostre mura dopo averci tirato addosso soldati da
tutta la Grecia ti pareva che lo avessero mandato gli dèi? Qui c’è dietro il porco denaro,
come sempre… E tu adesso smettila di rompermi il capo con le tue chiacchiere: tu o uno
di voi non siete puliti e vi siete venduti, come tutti. No? E allora torna con chi ha fatto
questo scempio, o sennò vedrete cosa succede a chi non fa il suo dovere per Tebe!
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GUARDIA1: Speriamo, speriamo, signore di popoli… ma che il nostro uomo venga fuori
o no, io qui non ci torno, nemmeno ammazzato! Voi signori scannatevi, sbranatevi per i
vostri morti e le vostre tombe, Signore, ma la mia pelle io ora me la porto a casa mia,
con tante grazie a tutto l’Olimpo.
CORO:
Non c’è niente sotto il cielo
come l'ingegno umano:
l'uomo ha reso perfetta l'arte del vivere
ed ora con mano sicura
controlla il mare gonfio di nera tempesta.
E lavora la terra,
piega le miti bestie
sotto ai suoi gioghi;
ma nell’aria, sui monti, fra le onde
turba le fiere con mano spietata;
vince il freddo inverno,
la pioggia, la siccità.
Nemmeno la malattia lo fiacca,
ma come fuoco vivo
arde di gioia e sentimento
e si sente padrone del mondo,
e lo è,
e fa della terra il suo giardino
Ma stia attento l'uomo che dimentica
giustizia e saggezza,
amore e pietà:
chi spezza le leggi e irride gli dèi,
chi preferisce il guadagno
e sorride
complice al lusso e allo spreco
ed è schiavo del male:
questi non è nemmeno uomo;
non avvicini le sue orme alle nostre case,
porti lontano il suo orrore.
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(Creonte, due guardie, Antigone e Ismene)
GUARDIA2: (Fuori scena) Sire! Sire! Il colpevole... l'abbiamo preso!
CREONTE: Preso? Bene! Non credevo così presto...
GUARDIA2: (Entrano in scena due guardie, ai lati di Antigone, muta, lo
sguardo a terra) Ecco, sire... ecco! Caccia grossa, stavolta: era lei, lei che provava a
sotterrare il morto!
CREONTE: (Ad Antigone con aria sconvolta) Tu? Proprio tu? Tu che eri a un passo
da mischiare il tuo sangue col mio? (Alle guardie, con enfasi) Forza, voi due...
raccontate, e presto!
GUARDIA1: (Avanza con fare impacciato) Niente è sicuro nella vita, Signore,
davvero! Mai pensavo di essere ancora qua, dopo tante mortificazioni. Invece...
(Prende un respiro profondo, e parte con la narrazione) A capo chino, con le
orecchie basse tornavamo da quel disgraziato lì nella sabbia. Ci rimettiamo al lavoro, e
alla fine eccolo di nuovo lì, nudo come un verme, pronto per i corvi e i cani... Credimi,
Signore, non aveva per niente un bel colore... e quanto puzzava, poi!
GUARDIA2: (Avanza e, alla pausa del compagno, prende la parola) Allora, ecco
l’idea! Un po’ per sopravvivere a quel fetore, ma più che altro per prendere in castagna
il nostro uomo e salvare la nostra, di pelle, ci siamo infilati a riparo dietro ad una
collinetta, lì vicino. Non è divertente, sai, Creonte… ore ed ore in compagnia di un
cadavere ad aspettare non si sa chi. Ci cascavano le palpebre, ma noi giù bestemmie e
botte sulla testa per tenerci svegli! Se ci scappava anche stavolta, ci finivamo anche noi
a fargli compagnia, all’amico. E aspetta aspetta, arriva mezzogiorno, quando al sole
proprio non ci si può stare...
GUARDIA1: (Come sopra) Allora tutto d’un colpo si leva un gran vento, così, di botto!
Tu ti arrabbierai, generale, ma per me c’era la mano di dio dietro a tutta quella sabbia
che veniva su da terra, da non poter tenere gli occhi aperti. E soffiava, soffiava… Ma alla
fine si posa e... non ti compare la ragazza? Hai presente, maestà, quando da piccolo rubi
le uova dal nido e mamma uccello tira fuori dal cuore quel grido amaro che te lo
trapassa, il cuore, e le orecchie? Ecco… così fu quando vide il morto. E con quelle
manine lì lo copriva di polvere, svelta svelta e con la sua brocca voleva fare il funerale
proprio come si deve, povera.
GUARDIA2: Ma non poteva. E non potevamo noi. Della vita ne andava! E così l’abbiamo
presa, e giù grida e domande a non finire. E lei lì, senza una lacrima, senza un grido...
So bene chi è, Creonte… Antigone è! L'ho vista crescere da bambina. Ma la vita è dura e
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non perdona niente: ogni tanto tocca tirarsi fuori dal fango e lasciarci gli altri. E come si
dice... quando necessità impone...
GUARDIA 1: … la pelle prima di tutto. Alla fine, come vedi, è tua: torchiala, spremila
quanto ti pare; noi... noi ce ne andiamo, ora, se permetti, perché è meglio, è meglio
così. (Escono di scena, Guardia 2 un po’ riluttante, lasciando Antigone sola con
Creonte)
CREONTE: E tu allora? Davvero tu sei stata? Qualcosa di te me lo diceva, sin da
bambina...
ANTIGONE: Non mi tiro indietro, (Ironica ed acidula) generale, tranquillo. Sono io la
colpevole, se così si può dire.
CREONTE: (Iroso, ma anche ansioso) Ma dimmi subito, senza girarci intorno... il
bando l'avevi sentito, lo conoscevi?
ANTIGONE: La TUA legge? E come potevo non sapere? L’hai gridata intorno per tutta
Tebe, chi potrebbe non conoscerla? Ma non m'interessa: per me c'è solo la giustizia di
Zeus, non mi curo di leggi d'uomo che il vento del tempo si porterà via, né del tuo
potere. Hai gettato al vento le tue gride. Sono molto più forti le strida dei corvi e il
ringhiare dei cani, e le leggi, le vere leggi non scritte né urlate sulla piazza, la voce
misteriosa che grida fortissima e segreta dentro di noi, conosciuta e rispettata con
un’obbedienza che TU non puoi nemmeno sognare.
CREONTE (Con un sibilo rabbioso): Ti sono sempre piaciuti i bei discorsi, vero? Sai io
nella mia vita quanti ne ho visti di “eroi” come te?
ANTIGONE: Agitati e strepita pure, ché ti fa sentire grande, (Al vetriolo) zio! Io sono
sorda a te, sento solo la voce di Polinice, il mio Polinice che marcisce come non avesse
nessuno che voglia pensare a lui… No, no, non mi interessano le tue ansie di uomo
minuscolo, perché io, io non ho paura, affronterò la morte a testa alta: sappi che l’ho
scelta io! Non voglio vivere senza poter amare nemmeno mio fratello! Ed Eteocle? Pensi
davvero che sarebbe contento di tutto questo? Mi credi pazza? E che importa? Non lo
pensano gli dèi, tanto basta. Sei tu il pazzo, il cieco!
CREONTE: (Con un repentino scoppio d'ira) Quali dèi difenderebbero quello che
fino a poco fa correva con la bava alla bocca contro i loro templi, le loro statue? Tu
oltraggi la città e ne ridi, sfacciata impudente da sempre! Invochi leggi sacre, che sulla
tua bocca sono una bestemmia!
D'accordo, è il decreto a spingermi a questo, ma sappi che non mi dispiace per niente
condannarti: forse la tua morte farà seccare la radice maledetta che si è infilata troppo
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a fondo nella terra di Tebe, che stava per contaminare la mia stessa famiglia, mio figlio!
Maledette le donne, il cancro della città!
ANTIGONE: (Ironico) Quanto odio, che violenza!Ma intanto parli parli e parli soltanto:
perché non mi uccidi?
CREONTE: Hai così tanta fretta di morire, sciocca ragazzina senza cervello? Vuoi anche
dare ordini? Lo esaudirò ben presto il tuo desiderio, la tua voglia di fare l'eroina: non sia
mai detto che io non ascolto il mio popolo!
ANTIGONE: E allora avanti, (Sarcastico) zio. Tu hai le tue ragioni, io non le accetto,
non le accetterò mai. E lo stesso vale per te, non vuoi abbassarti a comprendermi, ti do
la nausea... Sai che ti dico? Dovrebbe disgustarti tutta Tebe, perché, se non avesse
paura di te, la città intera urlerebbe che Antigone ha fatto bene… Ma il potere può
sempre dire e fare ciò che vuole.
CREONTE: Sentila, Tebe: la figlia di un incesto, frutto di un abominio, macchiata nel
sangue pretende di rivoltare l’intera città contro il suo re, che ha corso mille rischi e
sacrificato un figlio per lei, uno che sputa sangue da una vita intera per questi sassi, per
questa gente!
ANTIGONE: Che grande sovrano, che esempio per la città! Ecco Tebe calpestata da un
uomo che pensa una vergogna amare il proprio fratello!
CREONTE: Quello non è più tuo fratello, e neppure un figlio di Tebe: da quando la sua
follia lo ha condotto a voler distruggere la città non era più nemmeno un uomo: era
diventato un cane traditore della peggior specie! Giocava con la loro vita, lui… con
quella delle loro donne e dei loro figli… e lo perdoneranno, tu dici? Se odio i delinquenti,
quelli ostinati e sfrontati li odio ancora di più. E non m'interessa se sono di famiglia. Tu,
è chiaro che sei folle, fuori di te.
ANTIGONE: Che vuoi che ti dica? Quella che tu chiami follia per me è amore, io vivo per
questo!
CREONTE: (Improvvisamente malinconico e con aria stanca) Ancora sbagli: io so
cos’è l’amore, per questo da molti anni sto male nel vedere la mia città così tormentata
dalla maledizione che la tua famiglia si porta appresso. Forse adesso il tuo pazzo gesto
e le sue conseguenze ci regaleranno la pace che sognavamo.
(Entra Ismene)
CREONTE: Ah, ecco l’altra! Era troppo tempo che stavi in disparte tu, Ismene! Era
proprio strano! Con che coraggio ti presenti adesso? Sei forse ammattita pure tu, come
quella pazza di tua sorella? L’hai aiutata? (Ironico) Hai forse retto l’anfora mentre lei
intonava i lamenti?
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ISMENE: Sì, è così! È proprio così! È anche mia la colpa. Voglio morire anch’io, se
Antigone mi vuole...
ANTIGONE: Non è vero! Non è giusto! Odio questo tuo inutile eroismo! Che aiuto mi hai
dato, tu?
ISMENE: Che eroismo, Antigone, cara? No, non ti lascio sola! Ascoltami, ti scongiuro!
ANTIGONE: Certo, questi problemi non te li facevi, prima: tu parli, parli sempre… ma
poi? Per LUI non hai voluto muovere un dito! Ma LORO, loro lo sanno...
ISMENE: Perché mi tratti così? Non mandarmi via, ti prego! Adesso che sei nei guai
voglio stare con te, Antigone, con te! Sono tua sorella!
ANTIGONE: E da sorella non dovevi aiutarmi? Dov’era mia sorella quando avevo
bisogno di lei? Non mi servi più, ora! Se sei così attaccata alla vita, perché sprecarla?
Basterò io.
ISMENE: Così mi strazi! Se tu muori, che farò io?
ANTIGONE: C’è il tuo caro Creonte… non ti interessava tanto, lui? Invece nostro
fratello…
ISMENE: Solo ad insultarmi sei capace! Non provi che odio, odio!
ANTIGONE: No, anche se parlo così non ti odio, Ismene… non pensarlo! Però tu hai
scelto di vivere, è tutto.
CREONTE: (Al coro) Ma sentitele! Ma fra tutte le idiozie che hanno detto ce n’è una
che abbia un senso? Sono pazze, pazze e delinquenti tutte e due; una è marcia, toccata
da sempre… e adesso ecco l’altra!
ISMENE: Fai silenzio! Pazzo saresti pure tu, al posto mio! Non mi rimane più nulla, tutto
ho perso, il dolore s’è portato via tutto! È vita questa mia scelta? Io… senza lei…
CREONTE: Non nominarla neppure, lei non esiste più! Pazza e delinquente…
ISMENE: Ma assieme a lei sarà spezzata la felicità di tuo figlio! Pure lui disprezzi?
CREONTE: Il mondo è pieno di donne da andarci a letto per fare razza!
ISMENE: Troppo bene la pensavo su di te, Creonte… Credevo che tuo figlio almeno, lo
sapessi amare...
ANTIGONE: Pensaci, Ismene… chi scrive leggi così… chi non ha pietà dei suoi morti può
avere nel cuore la sua famiglia?
ISMENE: E della mia cosa resta? (Rivolta a Creonte) Che mi resta, se lei muore?
CREONTE: (Mesto) Guardati le mani, Ismene, sono già vuote. (Sprezzante, ad
Antigone) La legge è legge, e per la legge è morta. Emone capirà, sa come si deve
stare al mondo! L’ha imparato da me, che le regole, la città valgono ben più di una
donna: di questa pazza, poi!
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CORO:
Fortunati voi
che mai in vita versaste lacrime
e miseri, gli altri, che il dolore
vollero conoscerlo.
Colpe tremende, taciute condanne
smuovono tra i neri flutti
il destino dell’uomo.
Un turbine di sabbia
infeconda
pesa sulla stirpe di Laio
e fa deserto di felicità e glorie.
Il lume soffocato
non cela più speranze.
E l’urlo volto al cielo
scuote ora la terra,
gela il sangue e altro dolore
chiama e altra pena
e altro affanno.
O Zeus figlio di Crono,
ascolta i lamenti
della città in ginocchio,
dimentica la sfida
e mostra il senno a chi l’ha perso,
ché l’eccesso di un momento
ha sempre la rovina come figlia.
(Creonte, Emone)
CREONTE: Figlio. È chiaro che sai. Il tuo volto è scuro e velato di dolore. Ma ricorda che
nessuno è al di sopra della legge, nemmeno lei. Le regole erano chiare, la sua sorte è
segnata. Vuoi per questo allontanarti da tuo padre, figlio? O sei con me, anche questa
volta?
EMONE: Padre, sono una cosa tua, io. Tu vali più di tutto per me… nozze, sposa… tutto.
Hai sempre segnato la via per me e la tua mano mi ha sempre tenuto su; io mi appoggio
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a te, in tutto, e ti seguo. Però non chiudere le orecchie e la mente, padre. La verità può
arrivare da tante parti, nessuno ne è il depositario… non respingerla, non buttarla via.
Non pensare di avere tu solo la giustizia nella testa e nel cuore. Anche il più intelligente,
il più preparato può sbagliare, lo sai; sono solo un ragazzo, padre, ma da’ retta a me, e
non solo a me… Avere il coraggio di strappare un fratello dai denti dei cani è una cosa
troppo bella e pulita e il popolo non è cieco, padre. Vuoi davvero punire un gesto
d’amore con la morte? La tua gente ti guarda, padre. E parla. Io lo so.
CREONTE: Figlio, hai imparato tanto da me, ma hai ancora tanto da imparare: non ti
pare di essere troppo giovane, per far prediche a tuo padre?
EMONE: Te l’ho detto, padre. Sono solo un ragazzo, ma so vivere. E sono capace di
ascoltare. E di pensare. Non irrigidirti, ti prego. Non si ha sempre ragione.
CREONTE: Pensi davvero che quella donna abbia fatto bene? Non ricordi quello che ti
ho insegnato io sulla legge? Al mio posto l’avresti davvero perdonata? Lei e quell’infame
che ha voluto onorare? (Assume un atteggiamento intenso di doloroso stupore)
EMONE: Sbagli a insistere, padre. Questo solo so. Tebe non è contenta. Giro per le vie,
lo sento ogni giorno… Nell’ombra, per paura di te, piange sulla sua innocenza
oltraggiata, sulla morte che le stai preparando! La legge è importante, padre. Ma non
più degli dèi.
CREONTE: Quindi tu credi che sappia decidere, il popolo? È una bestia capricciosa
come poche... quasi come le donne; ecco un’altra lezione per te, figliolo. Ti dirò di più:
non è un caso che gli dèi abbiano dettato la legge ai nostri avi: uno deve regnare su
tanti, proprio perché loro non sanno cosa vogliono.
EMONE: La città non è tua, non è di nessuno! E nemmeno la legge! Sei il capo, certo,
ma non puoi pensare di stare al di sopra di tutto e al di fuori di tutto, questo è sicuro. Ma
ti senti quando parli? Le TUE parole sono quelle di un ragazzo! (Rabbuiato) Chi la
pensa come te non può nemmeno vivere insieme agli altri, figuriamoci governare...
CREONTE: Sei ancora schiavo di quella donna, dopo quello che ha osato!
EMONE: Sbagli, sei tu schiavo della tua arroganza assurda, della tua insensata iniquità!
Pensi di essere saggio, ma la tua è pura follia, che schiaffeggia, violenta la giustizia. Ed
offendi gli dèi di laggiù: è per te che mi preoccupo!
CREONTE: Tu? E con che diritto? Hai perso il senso della legge, e vaghi inebriato
dall’odore di quella donna. E ti permetti di accusare tuo padre...! Ma io non mi
abbasserò, non cederò per una debolezza tua! Deve morire. È scritto.
EMONE: (Prima rassegnato, pacato, aumenta il tono di voce fino ad urlare)
Perfetto, morirà, ma la sua morte sarà la rovina di altri!
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CREONTE: (Disperato, dà segni di alterazione, poi si muove verso le guardie)
Adesso perfino mio figlio mi minaccia, la mia unica speranza mi abbandona! Io ti ho dato
tutto, ti ho tirato su e tu mi tradisci. Sono rimasto solo nel giusto, come sempre.
(Prende fiato, poi si muove verso le guardie) E tu, sciocco ragazzo, che vuoi
addirittura darmi lezioni…
EMONE: (Gli si para davanti, in ginocchio) Ma padre, fermati... ragiona solo un
momento!
CREONTE: (A bassa voce, si china provocatoriamente a guardarlo in faccia.
Parla, poi passa oltre) E tu che sei ammattito, mi faresti ragionare?
EMONE: (In lacrime, restando in ginocchio, si tende verso il padre) Allora non
vuoi proprio darmi retta? Non hai ascoltato una sola delle mie parole! Ancora una volta
ti scongiuro, torna indietro. Per me, per noi, per Tebe!
CREONTE: (Alle guardie, cupo in volto): Portate quella donna: potrà guardarla negli
occhi mentre muore, qui ed ora; questa sarà la cura per la sua pazzia.
EMONE: Mai! Questo proprio no! Tu piuttosto guarda ora i miei occhi per l’ultima volta!
Ti lascio, non contare più su di me per sfogare i tuoi furori; hai passato il segno e non ti
rispetto, non ti temo più. (Esce)
CORO:
Eros,
chi se non tu,
signore insonne, insidioso,
strisci nascosto a intaccare il senno
delle fanciulle più ingenue?
Sporcarne il volto pallido
di rosse fiamme
e annientare gli eserciti,
e far breccia nel petto
di chi ignora vecchiaia
e confini di morte.
Nessun cuore ti è estraneo:
follia nei tuoi dardi,
e confusione
e delirio.
Se il giusto hai mirato
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non si ferma il tuo braccio
ma lo volgi, incurante, al delitto:
desiderio palpitante, hai squassato
di questa famiglia la quiete
e per la tua malia
assiso stai,
re di re
e con leggi diverse
i neri mari e le terre tutte
smuovi,
da sempre e per sempre.
(Corifeo, Antigone)
CORIFEO: Anche noi piangiamo senza freni la tua sorte. Anche noi non ci curiamo dei
decreti mentre ti vediamo in cammino verso la stanza silenziosa del tuo sonno senza
fine.
ANTIGONE: Guardami Tebe, perché io ti guardo per l’ultima volta! Non vedrai più la
bambina che correva sulle mura, i giochi, le corse, i fratelli che mi prendevano per
mano… Adesso io cosa sono? Una donna? Non ho niente da aspettare, né amore né
nozze: ma quale donna! Io sono già morta, il mio letto è freddo come una lapide, non
sarò sposa e neanche madre. Non ho più vita, non ho più nulla da poter donare. Ho dato
la vita sì, ma a un morto… pensavo ci fosse più onore. Ma è inutile che pianga, non
posso ingannare me stessa: tutto questo l'ho scelto io. Io ho scelto di morire per un
morto. Ma ora che la tomba si apre, io tremo. Ho fatto la cosa giusta? Da quando la
giustizia uccide? Perché non posso piangere? Che c’è di sbagliato nel piangere una casa
e un marito? Io… non potrò sentire mio figlio pronunciare il mio nome… Chiedevo
troppo, quando speravo in un po’ di pietà? Creonte! Tu saresti stato il nonno dei miei
figli! Li avresti potuti tenere in braccio! … Ma quali figli? Sono una donna, sì… ma mi
aspetta l’ora della fine, non dell’inizio! Creonte! Non la vedo la tua giustizia! Però ho
scelto io... io ho scelto! Non ho sbagliato: ho fatto ciò che dovevo fare, non avrò felicità,
ma avrò pace. Non ci sarà l’amore di un marito, ma incontrerò i miei cari, perché sono
tutti laggiù, manco solo io… o forse sbaglio? Tra dieci, venti, cent'anni li avrei potuti
ritrovare lo stesso... perché proprio ora? Oh, non so, non so più... guardami, Tebe,
ricordati di me, se puoi, perché io crollo sotto il peso dell’onore.
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(Fanciullo, Tiresia, Creonte)
FANCIULLO: Eccoci, Tiresia, siamo giunti all'antica reggia dove ora chi governa è
Creonte.
TIRESIA: (Quasi impacciato) Grazie, figliolo... (Cerca con la voce Creonte)
CREONTE: Tiresia, grande vecchio; anche tu qui a portarmi sventura?
TIRESIA: Purtroppo, Creonte…
CREONTE: Parla dunque, ascolterò ciò che sai...
TIRESIA: La voce, la voce degli uccelli mi ha portato qui, e gli occhi di questo fanciullo
mi hanno condotto lungo la via fino a te. Neri presagi ti attendono, signore, poichè hai
violato le leggi divine.
CREONTE: Un altro che osa! Tu sai, Tiresia, che il mio potere viene da quegli stessi dèi
che tu ascolti, e tu sai che non lascerebbero la città in mano ad uno che non onora le
loro leggi!
TIRESIA: La città è malata, Creonte, ed è malata a causa tua, per la tua scelta di
uccidere un morto. Non fai altro che sporcare del sangue di Polinice tutti gli altari di
questa città. Gli dèi non accettano più le nostre preghiere, non si levano più fiamme
verso l'Olimpo dalle are consacrate, e gli uccelli non fanno altro che tentare di uccidersi
a vicenda. Sai bene che sempre e comunque le disposizioni divine devono essere
rispettate; per quanto ancora hai intenzione di opporti?
CREONTE: Vecchio, ti ho già detto...
TIRESIA: No, Creonte. Smetti di insistere, opporsi è vano, non trattenere oltre il corpo di
Polinice, ma riaffidalo alla terra. La sua carne straziata maledice Tebe!
CREONTE: (Cercando un argomento con cui opporsi) Ma… Le leggi, quello è un
traditore… (A questo punto esplode) Guardie! Cacciate via questo ciarlatano!
(Le guardie esitano qualche istante) Tu! Solo per qualche moneta d'oro vaticini
false profezie!
TIRESIA: È tardi Creonte, troppo tardi. Troppo. Ormai la sciagura si è insinuata anche
nella tua stirpe, ricordi Edipo? Ricordi? (Pausa) Per te che neghi la tomba ai morti ma
sotterri i vivi gli dèi hanno già deciso. (Pausa) Non passerà molto tempo e nella tua
casa si leveranno gemiti e urla di uomini e di donne. Fino all'ultima goccia sgorgherà il
sangue dei tuoi cari e tu, ultimo della tua genìa, invecchierai solo, esule e schiacciato
dal rimorso, dimenticato da tutti. La tua anima vagherà senza pace, nella vana ricerca di
un sepolcro.
(Allunga la mano e il ragazzo, come sempre gli porge la propria)
TIRESIA: (Sottovoce) Conducimi lontano da questo luogo funesto.
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(Uscendo) Ciarlatano io... io ciarlatano!
CORO:
O Bacco,
figlio delle morbide acque di Tebe
e della folgore di Zeus divino,
la città che sempre ti onora
e nel vortice di deliri devoti
ti offre se stessa
ora geme, corrosa dal morbo
volto alla rovina.
Accorri con il tuo passo
e risana la terra
ormai arida di doni
con danze sfrenate
nella notte più nera.
(Due nunzi, corifeo, Euridice, Creonte, guardie)
NUNZIO1: La vita di nessuno è al riparo dalla sventura. Viene a visitare tutti, tutti!
Creonte aveva vinto, finalmente: era il salvatore, il re felice di questa città, dopo tanti
anni di sangue e di lotte.
NUNZIO1-2: Ma adesso non è più niente, e per lui la morte è un dolce miraggio.
NUNZIO2: Ricchezze, lusso, potere: tutte grandi cose: ma senza felicità sono meno di
una spira del fumo che si innalza dalle nostre case.
CORIFEO: Altro dolore, messaggero? Altro lutto? Altro sangue sulla casa di chi governa
Tebe?
NUNZIO1: Sono tutti morti, e per chi li ha uccisi la pena è rimanere a vivere.
CORIFEO: Chi ha ucciso? Chi è morto? Non ti spieghi: Parla!
NUNZIO2: Emone, il nostro giovane principe è morto
NUNZIO1: Ucciso da una mano cara, di casa sua.
CORIFEO: Come? È stato suo padre? Lui stesso?
NUNZIO2: Si è ucciso perché era morta Antigone.
CORIFEO: Dunque Tiresia aveva ragione, come sempre.
(Entra EURIDICE)
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CORO: Dov’è il tuo portamento regale, regina? Dove la tua sicurezza? Cosa ti tormenta,
cosa senti?
EURIDICE: Stavo uscendo a pregare Atena, dea della giustizia, ma ho sentito rumore di
morte e di lutto. Lo conosco bene, io, quel suono malvagio… La voce del nunzio mi ha
trafitta, e non riuscivo a restare diritta sulle gambe, così come fatico ora. Il mio essere
donna e madre mi ha costretta già tante volte alla sofferenza: e allora parla, senza
esitare, prima che la mia mente arrivi da sola a scoprire quello che è successo.
NUNZIO1: Con Creonte – davanti agli dei il vecchio si era piegato, finalmente! eravamo là dove stava il corpo di Polinice, regina. Fatto quello che si doveva andavamo
alla grotta di Antigone, per lasciarla andare.
NUNZIO2: Ma già da lontano, ecco pianti e grida da quella prigione; e via via che il re si
avvicinava, quel triste suono lontano si allargava, esplodeva in una voce disperata.
NUNZIO1: Il re allora sbiancò e disse:
CREONTE: (Fuori scena) Emone! È tua questa voce? Sono stanco e non sono sicuro,
ma mi sembra che sei tu a chiamare! Servi, controllate! Spostate le pietre! Se quello
che vedete è ciò che temo, parlate, e sarà la mia fine!
NUNZIO1: E in fondo al sepolcro c’era Antigone. Si era data la morte col cingolo di lino
della sua veste e oscillava bianca, lieve in quel buio maledetto...
NUNZIO2: … E lui la abbracciava, annientato dal dolore, e malediceva suo padre.
NUNZIO1: E Creonte vide tutto quell’abisso di dolore, e piangeva… tutti e due
piangevano. E allora chiamò suo figlio:
CREONTE: (Fuori scena) Come puoi ferirmi così, Emone, figlio mio? La mia vita eri tu!
Torna da me, ridammi il respiro!
NUNZIO2: Il figlio però lo guarda con gli occhi sbarrati, gli sputa in pieno volto senza
una parola e (Orrore) si butta addosso a suo padre...
NUNZIO1: … Ma era troppo debole il ragazzo, accecato dal dolore. Non era più in sé.
Non è stato difficile schivare la sua spada…
NUNZIO2: (Esita, affranto e travolto da paura e sensi di colpa) Noi ci abbiamo
provato, signora agusta, a fermare tuo figlio, te lo giuro! Ma era troppo tardi, troppo
tardi, non c’è stato il tempo. Lui prende di nuovo la spada e se la pianta nel petto…
come raccontare i suoi occhi e il rantolo che usciva dalla sua gola?
NUNZIO1: Con l’ultimo respiro si trascina fino al corpo di Antigone. E adesso è lì
accanto a lei, mia signora. Finalmente è sua, ora…
CORIFEO: Folli scelte, malsani pensieri sono stati la maledizione di questa famiglia da
sempre, come lo sono per ogni vivente.
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EURIDICE: Dunque è tutto vero. Lo sapevo, lo sapevo, famiglia maledetta! Non sono più
madre, essere regina a che serve? Mio figlio, la dolce nuora… morti, morti per un
capriccio. Per questa terra: ho schifo di questa terra,è solo polvere, e sangue... e di
quell’uomo che ci ha traditi tutti quanti per lei!
(Entra Creonte, con le guardie)
CREONTE: (Reca tra le braccia il cadavere del figlio, attonito, la voce spezzata)
È questo, ciò che mi merito? È qui che conduce la via della norma? La mia vita si
accartoccia come carta al fuoco, e tutto diventa nero. (A Euridice) Esci, moglie, porta il
necessario per onorare nostro figlio, le mie braccia sono stanche e la mente si fa fosca.
NUNZIO1: Creonte, re sventurato senza colpa, le disgrazie non sono finite
NUNZIO2: Tua moglie non ha retto alla notizia del figlio. Ed ora giace nel palazzo.
CREONTE: (Lascia cadere il corpo del figlio, cammina incerto verso il pubblico,
con lo sguardo perso. Il tono è solenne, basso. Ogni parola è debitamente
pesata) E quindi è questa, la follia? La solitudine, la paura? Non capisco quando è
successo. Se guardo al passato non vedo un errore, non vedo un singolo passo
sbagliato. Ho fatto solo ciò che era giusto, e nemmeno ora che ne vedo i risultati riesco
a capire. Triste è il destino dell’uomo, perché condannato ad essere triste, non importa
quello che fa. La maledizione incombe su di noi, scagliata dall’odio, marcio frutto del
nostro agire.
(Creonte esce)
CORO:
Gli uomini sbagliano
a pensare che il giusto
sia comportarsi come farebbe un dio.
Sono uomini,
errore è volare troppo in alto
così come bramare la tomba.
Saggezza è accettare
di essere umani e
sopportare ciò che la sorte ci manda.
Questo solo può donare
istanti di felicità.
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Sofocle, Antigone, copione definitivo