Dossier
Patologie
muscolo-scheletriche
dell’arto superiore
correlate con il lavoro
(tratto da Linee Guida SIMLII, modificato)
Introduzione...........................................................................................................................2
Fisiopatologia.........................................................................................................................3
Muscolo...........................................................................................................................................................................3
Tendini e legamenti...........................................................................................................................................................3
Nervo periferico................................................................................................................................................................4
Contributo del medico competente alla valutazione del rischio................................................5
Lavorazioni o modalità operative a rischio di presunto sovraccarico biomeccanico degli arti.......................................................5
Fattori psicosociali ...........................................................................................................................................................6
Fattori di rischio individuali non occupazionali......................................................................................................................6
Metodi di valutazione........................................................................................................................................................7
Sorveglianza sanitaria..........................................................................................................14
Primo livello...................................................................................................................................................................14
Secondo livello................................................................................................................................................................16
Criteri diagnostici.................................................................................................................18
Giudizio di idoneità...............................................................................................................19
Misure di prevenzione ..........................................................................................................21
Indicazioni generali Regione Piemonte (2003) e Regione Lombardia (2004)...........................................................................21
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Dossier 2013
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Direttore: Pietro Dri
Redazione:: Annalisa Miglioranzi
Introduzione
I disturbi e le patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlati con il lavoro 1 sono un importante
campo di intervento della Medicina del Lavoro.
In Europa contano complessivamente circa il 45% delle patologie professionali gestite dai sistemi assicurativi
dei Paesi membri e sono rappresentati, in ordine di frequenza, da tendiniti del distretto mano-avambraccio,
epicondiliti e sindrome del tunnel carpale. In accordo con la raccomandazione CEE n. 90/236 del 23.5.90
aggiornata con la nuova raccomandazione del 19/09/2003, molti disturbi e le patologie muscolo-scheletriche
dell’arto superiore correlate con il lavoro sono tabellati nei rispettivi elenchi delle malattie professionali.
In Italia l’INAIL, con circolare del dicembre 2000 n. 81, ha precisato una serie di criteri di esposizione e di
danno, nella prospettiva di includere queste patologie tra quelle tabellate. I dati INAIL 2005 per Industria e
Servizi riportano 163 sindromi del tunnel carpale indennizzate nel 2000 e 176 nel 2004, contro un numero di
denunce rispettivamente di 835 e 864. Complessivamente i disturbi e le patologie muscolo-scheletriche
dell’arto superiore correlate con il lavoro nel 2004 rappresentavano il 9% di tutte le malattie professionali
denunciate e ben il 20% di tutte le malattie professionali indennizzate (2° posto dopo le ipoacusie da
rumore). Nel settore agricoltura, nello stesso anno, i disturbi e le patologie muscolo-scheletriche dell’arto
superiore correlate con il lavoro rappresentavano il 39% di tutte le malattie professionali indennizzate.
E’ segnalata una costante crescita dei disturbi e delle patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore
correlate con il lavoro, di circa 14 volte dal 1972 al 1994, che è però in buona parte attribuibile a un più
diffuso e agevole meccanismo di diagnosi.
Nella genesi dei disturbi e patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro sono stati
dimostrati rilevanti alcuni fattori biomeccanici di origine lavorativa (elevata ripetitività dei movimenti, forza
intensa e posture incongrue dell’arto superiore) in concorso con fattori di rischio (attività extralavorative,
caratteristiche antropometriche, esiti di patologie traumatiche, patologie metaboliche).
Per stabilire l'accettabilità del carico lavorativo non esistono attualmente modelli di analisi integrata validati
e condivisi.
Un altro elemento di rilievo è quello dell’inquadramento diagnostico, anche per le sue implicazioni medico
legali. A questo proposito va considerato che, mentre la sintomatologia è importante per individuare
condizioni di lavoro che costituiscono fonti di rischio per tali disturbi e patologie, essa sola non è sufficiente
per procedere a denuncia o referto di malattia professionale per i quali è necessari anche l’obiettività clinica o
strumentale.
Tra gli aspetti epidemiologici, le donne sono a maggior rischio degli uomini, con possibili ripercussioni sul
lavoro femminile. Adeguati interventi ergonomici possono contribuire alla riduzione dal 30 al 90% (nei casi
ad esposizione elevata) dell'incidenza dei disturbi muscolo-scheletrici.
UE WMSD, Upper Extremity Work-Related Musculoskeletal Disorders. I disturbi e le patologie muscolo-scheletriche
dell’arto superiore correlate con il lavoro, sono un complesso gruppo di disturbi e patologie, a carico dei sistemi ed
apparati osteoarticolare, muscolotendineo, nervoso e vascolare che possono essere causati e/o aggravati da sovraccarico
biomeccanico lavorativo dell’arto superiore. L’acronimo UE WMSD, come altri acronimi quali CTD (Cumulative Trauma
Disorders), RSI (Ripetitive Strain Injury), OOS (Occupational Overuse Syndrome) è un umbrella term, cioè raggruppa
definizioni che comprendono spesso in modo non organico più concetti/termini anche singolarmente esprimibili.
1
Fisiopatologia
La disponibilità di modelli fisiopatogenetici accettati è importante per lo studio dei fattori di rischio e di
causalità e per la prevenzione. In questi modelli i fattori potenzialmente responsabili dei disturbi e delle
patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro sono suddivisi in più livelli (per
esempio fisiologici individuali, di rischio generico e di rischio lavorativo) con reciproche interazioni.
Le possibili relazioni tra i principali fattori di rischio e i meccanismi fisiopatogenetici ipotizzabili sono
riportate nella Tabella 1. Per ciascun fattore viene valutata entità, ripetitività, durata e per ogni combinazione
i possibili meccanismi che sostengono le alterazioni funzionali od organiche.
Tabella 1. Relazione tra fattori di rischio e meccanismi di azione
Entità
Forza
Carico e stress tessutale
Tensione contrazione muscolare
Consumo di energia, fatica,
metaboliti
Carico articolare
Carico e compressione strutture
adiacenti
Trasmissione di energia
vibratoria
Movimento Sovraccarico e stress tessutali
Vibrazioni
Freddo
Compressione e sovraccarico
delle strutture adiacenti
Trasmissione di energia
vibratoria
Trasmissione di energia
vibratoria all’apparato
muscoloscheletrico
Trasmissione di energia
vibratoria ai sensori somatici e
autonomi e ai nervi
Trasmissione di energia ai fusi
muscolari
Perdita di energia termica dalle
estremità
Raffreddamento di tessuti e fluidi
corporei
Stimoli ai recettori somatici e
autonomi
Ripetitività
Durata
Velocità di sovraccarico
muscolare e di accumulo di
energia
Recupero dello strain
muscolare
Alimentazione della fibra
muscolare e velocità
dell’affaticamento
muscolare
Dispendio di energia,
fatica, eliminazione dei
metaboliti
Disidratazione cartilagini o
dischi
Velocità del sovraccarico e
dell’accumulo di energia ai
tessuti
Recupero dello strain
muscolare
Recupero dell’energia
trasmessa
Sovraccarico cumulativo ai
tessuti
Alimentazione della fibra
muscolare, tempo di
affaticamento del muscolo
Costo energetico, fatica,
metaboliti
Recupero dell’energia
termica perduta
Accumulo dell’energia
termica
Sovraccarico cumulativo dei
tessuti
Energia cumulativa da
vibrazioni
Muscolo
Le condizioni di carico statico e di movimenti ripetitivi che comportano una contrazione muscolare
prolungata o reiterata nel tempo, si associano a modificazioni documentabili del tessuto muscolare come
alterazioni mitocondriali, modificazioni metaboliche e fenomeni degenerativi e infiammatori.
Le grandezze fisiche che influenzano l’entità del danno muscolare sono l’intensità e la durata dell’attività
stessa. Una misura importante è quella del tempo di endurance (ET) che definisce il tempo massimo per il
quale un determinato livello di contrazione non comporta segni di fatica muscolare e differisce per attività
isometriche e per attività concentriche o dinamiche.
Esiste poi un danno muscolare da impatto diretto (quando ad esempio si usa la mano come un martello).
Tendini e legamenti
Per tendini e legamenti sono centrali i fenomeni infiammatori e degenerativi conseguenti alle deformazioni
indotte dalla contrazione muscolare riportati nel Box 1.
Box 1. Classificazione anatomopatologica delle patologie tendinee
 tendinopatie inserzionali caratterizzate da fenomeni infiammatori e degenerativi della giunzione
osteotendinea
 tenosinoviti nei tendini provvisti di guaine sinoviali
 peritendiniti pure caratterizzate da soli fenomeni flogistici dei foglietti peritendinei (peritenonio)
 peritendiniti ad impronta tendinosica
 tendinosi pure caratterizzate da manifestazioni degenerative del tendine talora associate a focolai di
metaplasia osteo-cartilaginea
In particolare i fenomeni infiammatori e degenerativi sono dovuti alle deformazioni viscoelastiche
longitudinali e trasversali (strain). Gli strain longitudinali sono espressi dal rapporto tra il cambiamento di
dimensioni rispetto alla misura originale (strain = delta l/l) e sono responsabili di un insufficiente apporto
ematico; gli strain trasversali sono invece determinati dalle forze di reazione che si sviluppano nel passaggio
sopra strutture piane, per esempio ossee, e determinano fenomeni infiammatorio-degenerativi superficiali da
frizione. E’ possibile parlare, per tendini e legamenti, di microstrain cumulativo.
Nervo periferico
Il danno da compressione cronica del nervo ostacola il microcircolo intraneurale, il trasporto assonale e i
fenomeni di conduzione determinando, in misura dose-dipendente, edema endoneurale e alterazioni della
mielina. Gli effetti acuti sono invece reversibili. Una pressione extraneurale di 4 chilopascal applicata per 2
ore determina l’inizio di un danno neuronale e dei conseguenti processi riparativi.
La sindrome del solco epitrocleo olecranico (compressione del nervo cubitale al gomito) è stata correlata a
lavori che comportano appoggio prolungato del gomito su superfici aguzze o movimenti ripetitivi di flessione
ed estensione del gomito durante i quali il nervo passa da una forma cilindrica in estensione ad una forma
ovale sottile o a mezzaluna ruotata sul proprio asse in flessione.
La sindrome del canale di Guyon è una neuropatia da compressione del nervo ulnare al polso causata da a
traumi ripetuti per l’uso del palmo della mano (eminenza ipotenar) come martello.
Nelle sindromi del tunnel carpale di origine occupazionale, l’aumento della pressione intracanalare, correlata
alla ripetitività e alla forza, può danneggiare il nervo per ridotta vascolarizzazione ed edema da stasi.
Contributo del medico competente alla valutazione
del rischio
Il medico competente concorre alla valutazione del rischio direttamente o valutando informazioni fornite da
operatori-specialisti affidabili e competenti.
Il contributo diretto si articola in più livelli di valutazione dei fattori di rischio lavorativo a partire dalla
raccolta dei dati anamnestici (storia clinica individuale ed esistenza di fattori di rischio non lavorativo o
psicosociale) fino all’acquisizione di valutazioni di livello ulteriore anche effettuate da altri (specialisti o
gruppo di lavoro multidisciplinare). Tale valutazione deve tenere conto dei dati tecnici e organizzativi a
conoscenza del medico, dei dati della sorveglianza sanitaria e, in assenza di questi, procedere alla
registrazione con metodi standardizzati (per esempio questionario OREGE, vedi Sezione Metodi di
valutazione) dei sintomi e delle valutazioni dei lavoratori.
Lavorazioni o modalità operative a rischio di presunto
sovraccarico biomeccanico degli arti
Le caratteristiche del sovraccarico biomeccanico sono difficilmente riconducibili a una standardizzazione.
Recentemente è stato proposto di individuare una serie di lavorazioni e di condizioni lavorative associate a
una ragionevole presunzione del rischio, in presenza delle quali sarebbe pertanto possibile adottare un
sistema di tipo tabellare almeno per quanto riguarda l’esposizione significativa. I criteri e gli indicatori
proposti sono molteplici. Una sintesi è presentata nel Box 2 e nella Tabella 2.
Box 2. Lavorazioni a rischio presunto di sovraccarico biomeccanico
degli arti (almeno 4 ore complessive nel turno di lavoro)
Lavorazioni a ritmi prefissati e/o con obiettivi di produzione
 Montaggio, assemblaggio, microassemblaggio su linea
 Preparazioni manuali, confezionamento, imballaggi, ecc. su linea
 Levigatura e/o sbavatura e/o rifinitura ecc. manuale e/o con strumenti vibranti nella lavorazione del
legno, plastica, ceramica, ecc.
 Approvvigionamento e/o scarico linea o macchina (torni, frese, presse, macchine da stampa,
macchine tessili, filatoi, ecc.) per il trattamento superficiale di manufatti (in metallo, legno, resine,
plastica, stoffa, ecc)
 Operazioni di cernita, selezione con uso degli arti superiori (ad esempio nell’industria ceramica, del
bottone, alimentare, ecc.)
 Operazioni di taglio manuale o con taglierine elettriche, cucitura manuale o a macchina, orlatura e
altre rifiniture, stiratura a mano o con presse nel settore abbigliamento, nelle lavanderie,
nell’industria calzaturiera e pelletterie, ecc.
 Lavorazione delle carni: macellazione, taglio e confezionamento
Altre lavorazioni a ritmi non vincolati ma eseguiti con continuità e/o a ritmi elevati











Operazioni di cassa in supermercato
Decorazione, rifinitura su tornio
Uso di martello o mazza per almeno 1/3 del turno di lavoro
Uso di badile per almeno 1/3 del turno di lavoro
Uso di attrezzi manuali che comportano uso di forza (leve, pinze, tenaglie, taglierine, raschietti,
punteruoli, ecc.)
Scultura, incisione, taglio manuale di marmi, pietre, metalli, legni, ecc.
Lavorazioni con operazioni di taglio manuale (coltelli, forbici, ecc.)
Operazioni di posatura (pavimenti, tegole, ecc.)
Lavoro al videoterminale (limitatamente ad operazioni di data-entry, cad-cam, grafica)
Imbiancatura, verniciatura, stuccatura, raschiatura ecc. nel trattamento di superfici
Lavorazioni con uso di strumenti vibranti quali mole, frese, martelli, scalpelli pneumatici, ecc.
 Alcune lavorazioni agricole e/o di allevamento bestiame quali potatura, raccolta e cernita, tosatura,
mungitura, sessatura pollame, ecc.
Meritevoli di attenzione risultano essere anche altre attività quali: musicista
professionista, massofisioterapista, parrucchiere, addetti a cucine e ristorazione
collettiva, addetti alle pulizie quando l’attività sia svolta con continuità per
buona parte della giornata lavorativa
Tabella 2. Modalità operative che determinano il rischio e patologie correlate
Modalità operative che determinano il
rischio
Lavori che comportano abitualmente movimenti
ripetuti o impegno (forza) della spalla
Lavori che comportano abitualmente movimenti
ripetitivi di presa
Lavori che comportano abitualmente movimenti
ripetuti di prono-supinazione, di flesso-estensione
del gomito o del polso
Lavori che comportano abitualmente un appoggio
sulla faccia posteriore del gomito
Lavori che comportano abitualmente movimenti
ripetuti e prolungati dei tendini estensori e flessori
della mano o delle dita
Lavori che comportano abitualmente movimenti
ripetuti e prolungati di estensione del polso o di
presa della mano
Lavori che comportano sia operazioni in appoggio
prolungato sul polso, sia una pressione prolungata e
ripetuta sulla parte inferiore del palmo della mano
Patologie correlate
Spalla
- spalla dolorosa semplice
- spalla irrigidita conseguente a spalla dolorosa
semplice (dolore ribelle)
Gomito
- epicondilite
- epitrocleite
- sindrome del solco epitrocleo-olecranico
(compressione del nervo ulnare
- igromi: igroma acuto delle borse sinoviali ed
infiammazione dei tessuti sottocutanei delle zone
d’appoggio del gomito, igroma cronico delle borse
sinoviali
Polso-mano-dita
- tendinite
- tenosinoviti
- sindrome del tunnel carpale
- sindrome del canale di Guyon
Fattori psicosociali
La letteratura più recente tende a enfatizzare il ruolo dei cosiddetti fattori psicosociali (complessità e
dinteresse per il lavoro, carico, pressione e vincolo del lavoro, attenzione richiesta, rapporti tra colleghi e
superiori, aspettative e prospettive ecc), i quali restano comunque difficilmente quantificabili. Nel
questionario OREGE una sezione è dedicata alla misura di questi fattori.
Fattori di rischio individuali non occupazionali
I fattori di rischio non occupazionali sono molteplici:
 sesso
 età
 struttura antropometrica
 condizione psicologica
 traumi e fratture pregresse
 patologie croniche osteo articolari
 patologie metaboliche quali diabete
 stato ormonale
 gravidanza
 attività domestiche
 attività hobbistiche
Tuttavia è difficile stabilire con precisione la loro relazione con i disturbi a carico dell’arto superiore. Per
esempio, la sindrome del tunnel carpale è più frequente tra le donne di 45-55 anni e c’è una partecipazione
sicura di più fattori (occupazionali e non) alla sua genesi, ma non esistono certezze riguardo al ruolo dei
singoli fattori. Tra gli elementi rilevanti nello sviluppo della condizione ci sarebbero modifiche della
situazione ormonale della menopausa che porterebbero alla ritenzione di liquidi a livello del tunnel carpale
con conseguente compressione del nervo mediano al suo interno. Anche l’obesità è da considerare un fattore
concausale per lo sviluppo di patologie dell’arto superiore. Il ruolo della morfologia del polso è invece
discusso, così come l’associazione con il fumo di sigaretta, l’assunzione di caffè o di alcol. Nella valutazione
delle patologie dell’arto superiore andrebbero inoltre indagate le cause locali (microtraumi ripetuti, fratture e
anomalie delle ossa carpali, ispessimento del legamento trasverso del carpo, cisti e tenosinoviti dei tendini
dei muscoli flessori, delle dita, edema intracanalicolare, emorragie intracanalicolari, deformità ossee posttraumatiche) e quelle sistemiche (diabete, emodialisi, amiloidosi, ipotiroidismo, artrite reumatoide,
collagenopatie, gravidanza, menopausa).
Metodi di valutazione
Si distinguono l’analisi preliminare e due livelli di valutazione del rischio biomeccanico (primo e secondo
livello).
Analisi preliminare
E’ finalizzata all’identificazione del rischio e a un suo primo inquadramento e rappresenta la prima fase
conoscitiva di un iter più complesso. Spetta ai medici competenti effettuare un primo inquadramento del
rischio attraverso la rilevazione dei seguenti segnalatori adattati nel 2000 da Colombini a partire dallo
standard ergonomico dell’OSHA:
 attività con compiti a cicli della durata uguale o inferiore a 15 secondi per almeno 4 ore complessivamente
nel turno, comportanti l’impiego degli arti superiori;
 attività con compiti a cicli, indipendentemente dalla durata, per circa tutto il turno, comportanti l’impiego
degli arti superiori.
 attività lavorative con uso ripetuto di forza (almeno una volta ogni 5 minuti) quali: maneggiare oggetti che
pesano più di 2,5 Kg; maneggiare con pollice e indice oggetti che pesano più di 900 gr ; usare attrezzi che
richiedono uso di forza.
 attività lavorative che comportino la presenza ripetuta di posizioni o movimenti estremi degli arti
superiori quali: braccia sollevate, polso deviato o movimenti rapidi o azioni con colpi (uso della mano
come attrezzo).
 attività con uso prolungato di strumenti vibranti quali mole, frese, martelli pneumatici, ecc.
Una corretta applicazione dello schema di valutazione dovrebbe consentire di definire la presenza di un
potenziale rischio (almeno 1 segnalatore di rischio) o la sua assenza (nessun segnalatore evidenziato). Tale
valutazione sommaria e rapida, anche solo mentale, può essere fondata sulla conoscenza del ciclo lavorativo
senza un’analisi tempi-metodi. Sono disponibili tabelle standardizzate, per esempio quella della normativa
dello stato di Washington, in cui sono analizzate i fattori di rischio per le patologie dell’arto superiore
correlate al lavoro e i relativi criteri di valutazione (Tabella 3). La proposta di analisi preliminare dello
standard della normativa Washington è qualitativa e si limita esclusivamente a indagare la presenza di fattori
di rischio nell’attività analizzata, prescindendo dalla quantificazione in termini di grandezza, ripetitività e
durata che attiene alla valutazione di primo o secondo livello. Nel modello proposto la valutazione del rischio
è prevista come un processo multistep che parte dalla verifica dei segnalatori di rischio e giunge in caso di
positività alla applicazione di un’apposita checklist (valutazione di primo livello). Si sottolinea che le
informazioni tecnico-organizzative necessarie alla compilazione della tabella (tempi di ciclo, dati relativi
all’impiego di forza, tempi di mantenimento della postura articolare, eccetera) possono essere tratte sia
dall’osservazione diretta dell’esecutore dell’indagine sia dai dati forniti dal datore di lavoro, dal responsabile
del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) e dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS).
Tabella 3. Normativa di Washington - Lavori potenzialmente a rischio
Fattore di rischio
Criteri di valutazione
Lavorare con le mani sopra la testa o con i gomiti sopra le spalle, per più di
Posture incongrue
Forza
Movimenti ripetitivi
Colpi ripetuti
Movimentazione
manuale di carichi
Vibrazioni trasmesse al
sistema mano-braccio
due ore totali al giorno
Lavorare con il collo o il tronco flessi più di 30° (senza supporto e senza
possibilità di variare la postura) per più di due ore totali al giorno
Lavorare accovacciati per più di due ore totali al giorno
Lavorare in ginocchio per più di due ore totali al giorno
Afferrare con le dita di una mano oggetti che pesano 1 Kg o più, o esercitare
con i polpastrelli una forza superiore ai 2 kg con una sola mano, per più di
due ore totali al giorno (sforzo paragonabile a quello necessario a sostenere
mezza risma di carta con le sole dita della mano)
Afferrare con l’intera mano oggetti che pesano 4,5 kg o più, o esercitare una
presa di forza superiore a 4,5 kg per mano per più di due ore totali al giorno
(sforzo comparabile a quello da esercitare sull’impugnatura di una pinza per
applicarla ai morsetti di una batteria)
Effettuare movimenti ripetuti e simili con collo, spalle, gomiti, polsi o mani
ogni pochi secondi per più di due ore totali al giorno
Effettuare attività di videoscrittura (battitura alla tastiera) per più di 4 ore
totali al giorno
Dare colpi con la mano o il ginocchio (usati come fossero un martello) più di
10 volte all’ora per più di due ore totali al giorno
Sollevare oggetti:
- che pesano più di 34 Kg una volta al giorno o più di 25 Kg più di 10 volte al
giorno
- che pesano più di 4,5 Kg più di 2 volte al minuto per più di 2 ore totali al
giorno
- che pesano più di 11 Kg oltre l’altezza delle spalle, sotto l’altezza delle
ginocchia o a braccia stese più di 25 volte al giorno
Usare utensili vibranti che hanno elevati valori di vibrazione (valore di
accelerazione equivalente ponderata in frequenza riferita a 8 ore di lavoro
maggiore o uguale a 10m/s2) per più di 30 minuti totali al giorno
Usare utensili vibranti che hanno valori medi di vibrazione (valore di
accelerazione equivalente ponderata in frequenza riferita a 8 ore di lavoro
compresa tra 2,5 e 10m/s2) per più di 2 ore totali al giorno
Valutazione di primo livello
Per la valutazione di primo livello il medico competente può utilizzare, partendo dalla conoscenza del ciclo
lavorativo, schemi standardizzati di raccolta-elaborazione delle informazioni come la checklist di Keyserling,
la checklist OSHA, il metodo TLV-ACGIH con l’indice di attività manuale HAL, la checklist OCRA, la
checklist di Torino, lo standard dello stato di Washington e il metodo RULA. Tali strumenti di valutazione
sono generalmente di rapida e semplice applicazione. Nel caso in cui l’analisi preliminare abbia evidenziato
l’esistenza di un rischio, il medico competente deve infatti compiere, eventualmente in collaborazione con
altri operatori, una valutazione vera e propria che porti ad una stima del rischio.
Gli schemi standardizzati consentono:
 l’individuazione dei compiti caratteristici di un lavoro e, fra questi, di quelli che si compiono secondo cicli
ripetuti e ripetitivi;
 l’individuazione dei cicli rappresentativi di ciascun compito;
 la descrizione e la quantificazione, per ciascun ciclo rappresentativo, dei fattori di rischio principali e
complementari;
 l’analisi di durata, sequenza e periodi di recupero dei diversi compiti;
 la valutazione mediante processi semplificati e standardizzati e l’indicazione alla eventuale necessità di
approfondimento mediante metodi più complessi.
La checklist di Keyserling è nata come strumento di valutazione per l’identificazione di compiti lavorativi
caratterizzati da ripetitività, sovraccarico biomeccanico localizzato, sforzi, posture incongrue, utilizzo di
strumenti. Non è da considerarsi uno strumento diagnostico, ma di screening delle postazioni lavorative; si
basa su una scala a 3 livelli da cui si ricava un punteggio di rischio per gli arti superiori. Si tratta di un
sistema qualitativo per identificare i compiti lavorativi da sottoporre eventualmente ad analisi nel tempo.
La checklist messa a punto dall'OSHA è uno strumento per la valutazione preliminare da parte di personale
con scarsa esperienza nell'analisi ergonomica del rischio di disturbi muscoloscheletrici; la checklist A è usata
per individuare i fattori di rischio per l'arto superiore.
I limiti di esposizione (TLV) di forza e ripetitività per i compiti manuali pubblicati dall’American Conference
of Governmental Industrial Hygienists, ACGIH, rappresentano un riferimento fondamentale per la
valutazione del rischio. Il TLV è focalizzato sul distretto mano, polso, avambraccio ed è applicabile ad attività
lavorative che comportino azioni o movimenti ripetitivi e simili per almeno 4 ore al giorno; si basa su due
parametri, l’indice di livello di attività manuale (HAL, Hand Activity Level) e il picco di forza (peak hand
force), la cui combinazione individua il TLV soglia per il rischio di disturbi muscolo scheletrici e per il quale è
indicata l’applicazione di provvedimenti ergonomici. Poiché non è possibile definire un limite che protegga
tutti i lavoratori è previsto un ulteriore intervallo (inferiore al TLV) chiamato “limite d’azione” in
corrispondenza del quale è raccomandata l’adozione di strategie di prevenzione.
L’indice di attività manuale (HAL) è stimato in base alla frequenza dell’esercizio manuale e dei tempi del
ciclo lavorativo e viene definito da un osservatore esperto che utilizza una scala di riferimento da 0 a 10.
Anche il picco di forza è normalizzato con una scala da 0 a 10 e corrisponde a una percentuale variabile dallo
0% al 100% della forza applicabile da una popolazione di riferimento. Esso può essere determinato con una
valutazione fatta da un osservatore esperto, o indicato dal lavoratore usando la Scala di Borg o misurato con
strumenti o metodi biomeccanici.
Operativamente, viene scelto e filmato un intervallo lavorativo rappresentativo che viene poi valutato
indipendentemente da almeno 3 operatori ma espresso in un unico punteggio finale.
La checklist OCRA (http://fad.saepe.it/docs/allegato-modellochecklist.pdf) messa a punto dall’Unità di
Ricerca EPM di Milano verifica, sulla scorta di scenari predefiniti, il livello di esposizione a ciascuno dei
principali fattori di rischio (frequenza di azione, forza, postura, periodi di recupero, fattori complementari) in
ciascun compito/posto di lavoro. A ciascun fattore di rischio viene attribuito un punteggio (in genere da 1 a
10) che consente poi di calcolare il punteggio complessivo rappresentativo dell’esposizione. E’ una versione
semplificata del più analitico metodo Ocra di secondo livello e va usata da operatori appositamente
addestrati; comporta circa 10 minuti di analisi per ogni compito o posto di lavoro.
La checklist di Torino è uno strumento rapido, in grado di individuare le criticità ergonomiche nelle singole
postazioni di lavoro e di fornire una scala di priorità negli interventi di correzione. Non ha lo scopo di
quantificare il rischio, ma di guidare nella correzione delle disergonomie eventualmente presenti. Utilizza
una scheda per i registrare dati relativi alla postazione, alle caratteristiche del ciclo, agli indicatori
ergonomici (postura e movimenti, forza, frequenza d’azione, fattori complementari) e richiede al compilatore
di eseguire 3 verifiche per ognuno dei parametri considerati. I dati raccolti sono immediatamente
interpretabili in termini di “priorità ergonomica”: gli interventi correttivi devono coinvolgere attività che
durano per la maggior parte del ciclo (priorità 3) e a scalare per durate inferiori (priorità 2 e1). Lo strumento
è stato recentemente integrato con parametri relativi agli arti inferiori e al rachide e si è rivelato adatto allo
studio di singole postazioni di lavoro o di mansioni più complesse: può essere utilizzato non solo per le
attività cicliche o ripetitive, ma anche per quelle discontinue e occasionali, come quelle manutentive, che
costituiscono un problema valutativo di non semplice soluzione.
Lo standard dello Stato di Washington, del quale è disponibile un adattamento in lingua italiana, è uno
strumento di analisi ergonomica messo a punto dal Dipartimento del Lavoro e dell’Industria dello Stato di
Washington, negli Stati Uniti, che unisce la semplicità e l’immediatezza d’uso alla completezza e al rigore
metodologico. Il processo si articola in due tempi, il primo finalizzato alla segnalazione del rischio (analisi
preliminare), il secondo a una ulteriore valutazione più approfondita, condotta o con l’uso dell’apposita
checklist oppure di altri metodi di secondo livello. La checklist consente un’analisi differente per i vari
segmenti articolari dell’arto superiore.
Nella prima parte viene indagata l’eventuale presenza di fattori di rischio perduranti per almeno 4 ore al
giorno a carico di spalle, rachide cervicale, schiena, ginocchia.
Nella seconda sessione viene valutata l’eventuale presenza di azioni/operazioni in differente esercizio di forza
esercitate dal distretto braccio, polso, mano associate a ripetitività elevata e/o postura incongrua
variabililmente perduranti nel turno.
La terza sezione indaga la presenza di movimenti ripetitivi di collo, spalle, gomiti, polso-mano sempre in
funzione della durata e consente anche l’analisi dell’attività di videoscrittura
Nella parte finale del metodo, studiato anche per la valutazione del rischio da movimentazione manuale dei
carichi e delle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio, si indaga l’eventuale esecuzione di colpi ripetuti
con le mani e le ginocchia.
I risultati della checklist permettono di identificare eventuali fattori di rischio che richiedono l’adozione di
misure correttive.
Il metodo RULA (Rapid Upper Limb Assessment) valuta i seguenti fattori di rischio:
 numero dei movimenti
 carico di lavoro statico
 forza
 postura
 tempo di lavoro senza interruzioni
Il metodo RULA utilizza schemi delle posture e 3 tabelle di punteggi. E’ uno strumento valutativo
prevalentemente delle posture dell’arto superiore (Punteggio A) e anche di quelle di collo, tronco e gambe
(Punteggio B) in base alle quali si assegna un punteggio base che deve poi essere corretto in funzione
dell’intensità e del tipo di sforzo per dare origine al punteggio C e D (rispettivamente punteggi A e B corretti)
e infine a un punteggio globale da 1 a 7. Un’ulteriore tabella permette di riferire ciascun punteggio globale ad
un cosiddetto livello d’azione (da 1 a 4) che rappresenta l’adeguatezza dell’attività lavorativa in relazione alle
posture.
E’ disponibile anche in forma di software allestito da Euronorma e in lingua italiana.
E’ attualmente in fase discussione finale una proposta di standard dell’ISO (ISO FDIS 11228-3) dedicato alla
prevenzione del rischio da movimenti degli arti superiori, che si propone, attraverso step successivi, di
analizzare tutti i principali determinanti di rischio lavorativo.
Valutazione di secondo livello
Le procedure di analisi di secondo livello sono più complesse e più affidabili delle checklist per valutare
l’esposizione e per orientare i conseguenti interventi di prevenzione. Sono necessarie quando il medico opera
in aziende con rilevanti problemi di patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro
e deve applicare strumenti e metodi più complessi di valutazione (OCRA Index, OREGE, Strain Index, TLVACGIH). Si tratta di attività di livello specialistico che non saranno trattate in dettaglio.
In Italia è diffusa la procedura dell’Indice OCRA che richiede esperienza nell’analisi e nella valutazione. Essa
consente di ottenere informazioni sui livelli di esposizione dell'operatore, sui fattori che incidono
maggiormente sul risultato dell'indice (processo indispensabile per avviare studi di riprogettazione), sui
criteri di corretta progettazione e indicazioni per il reinserimento operativo dei soggetti già portatori di
patologie degli arti superiori da sovraccarico biomeccanico.
Nella sua forma di attuazione completa prevede l'identificazione di un gruppo interdisciplinare dedicato.
L’indice OCRA si ottiene dall’analisi di una mansione (esistente, riprogettata o in progettazione) utilizzando i
dati di prevalenza di una popolazione di riferimento (PA= prevalenza di soggetti portatori di uno o più casi
diagnosticati di patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro) e viene espresso in
6 classi di rischio, recentemente riclassificate e identificate da colori.
Anche se si propone come strumento di valutazione e di orientamento per la correzione, viene spesso
utilizzato anche in contesti medico-legali e di vigilanza.
Tabella 4. Valori del metodo OCRA
Valori OCRA
Valori checklist
≤1,5
≤5
1,6-2,2
5,1-7,5
2,3-3,5
7,6-11
3,6-4,5
11,1-14
4,6-9,0
14,1-22,5
>9,0
>22,5
Giudizio
Verde: ottimale
Giallo verde: rischio
accettabile
Giallo: rischio incerto molto
lieve
Rosso lieve: rischio lieve
Rosso medio: rischio medio
Rosso intenso: rischio
intenso
Azioni conseguenti
Nessuna
Nessuna
Riverifica; se possibile ridurre il
rischio
Riduzione rischio, sorveglianza
sanitaria, formazione
Riduzione rischio, sorveglianza
sanitaria, formazione
Riduzione rischio, sorveglianza
sanitaria, formazione
L’INRS francese ha proposto un metodo per la prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici dell’arto
superiore, definito come un progetto che si fonda sull’ergonomia applicata alla medicina del lavoro. Esso
comprende uno strumento di valutazione preliminare (depistage) che utilizza la checklist, il questionario
TMS (Troubles Musculosquelettique) per la registrazione standardizzata dei sintomi e dei giudizi riferiti dai
lavoratori e infine l’OREGE (Outil de Reparage et d’Evaluation des Gestes). Si tratta di uno strumento di
approfondimento che va utilizzato da competenti in ergonomia, che richiede il supporto di video e materiale
applicativo e permette di evidenziare gli aspetti su cui intervenire con misure correttive e preventive. Il
metodo OREGE comprende la valutazione della forza su una scala da 0 a 10 delle posizioni articolari per
rachide cervicale, spalla, gomito e polso e della ripetitività. Consente di ottenere una sintesi dei vari fattori
biomeccanici e il calcolo dell’indice di rischio.
Il metodo dello Strain Index, deve essere utilizzato da operatori con una certa esperienza di analisi
ergonomica e non prevede il coinvolgimento del lavoratore. Comporta la valutazione dell'intensità, della
durata e della frequenza dello sforzo, della postura polso-mano e del ritmo di lavoro considerando 6 variabili
fisiopatologiche. La durata giornaliera del compito è misurata direttamente o fornita dall'ufficio personale
dell'azienda. Un apposito software (WIN-SI) è disponibile per la sua agevole utilizzazione.
E’ da sottolineare l’importanza della corretta e chiara intervista del lavoratore, per i metodi che richiedono il
confronto con le valutazioni dell’operatore (come il metodo OREGE) e per le valutazioni previste da parte dei
soli lavoratori (come la stima della forza mediante la scala di Borg). Per alcuni metodi (OCRA, Strain Index)
si è prospettata la possibilità di utilizzo come strumento predittivo di patologie muscolo-scheletriche dell’arto
superiore correlate con il lavoro. In effetti in alcuni studi è stata evidenziata una forte associazione tra la
valutazione dell’entità dell’esposizione e i dati clinici o la prevalenza di patologie muscolo-scheletriche
dell’arto superiore correlate con il lavoro.
Si sottolinea, infine, che la maggior parte dei metodi di valutazione, specie di primo livello, si presta ad essere
utilizzata per l’analisi di compiti caratterizzati da elevata ripetitività e da cicli di durata relativamente breve.
Questo aspetto, che solo parzialmente è stato superato dai metodi più complessi, va tenuto presente per
evitare approssimazioni o forzature. Secondo alcuni autori, in un contesto multifattoriale quale quello delle
patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro, la scelta e l’utilizzo di più metodi
diversi è l’unica strada attualmente percorribile per un’adeguata analisi dell’esposizione di situazioni a
rischio.
Considerazioni sulla valutazione del rischio per attività lavorative di
durata inferiore a due ore nel turno di lavoro
I metodi tradizionali di valutazione del rischio biomeccanico sono stati messi a punto per indagare tipologie
lavorative, tipicamente l’assemblaggio, in cui cicli di lavoro, attività ripetitive e tempi di recupero sono
chiaramente identificabili e si svolgono per periodi significativi del turno. Molte attività lavorative
presentano invece discontinuità o breve durata, tempi di recupero non definiti e non prevedibilità del
verificarsi di situazioni di sovraccarico degli arti superiori per l’uso di forza o per il mantenimento di una
postura incongrua.
La valutazione del rischio in generale è fortemente condizionata dalla durata della esposizione. Nel caso delle
vibrazioni meccaniche, la relazione proposta nel modello di valutazione è di tipo non lineare e suggerisce che,
mantenendo costante il valore dell’accelerazione r.m.s. ponderata in frequenza delle vibrazioni, il rischio si
dimezza riducendo di quattro volte la durata dell’esposizione giornaliera alle vibrazioni. Anche se la
patogenesi delle patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro è multifattoriale,
per il rischio da sovraccarico biomeccanico in attività part-time, è stato proposto un modello di stima
analogo a quello delle vibrazioni, in considerazione di elementi comuni quali la natura (fattori di rischio
fisico) e l’organo bersaglio (arti superiori). Nel caso, invece, di più compiti ciclici svolti in uno stesso turno, è
stato adottato un modello di ponderazione del rischio per la durata che ipotizza una relazione di tipo lineare
con un fattore correttivo corrispondente alla percentuale della durata dell’attività da analizzare rispetto al
tempo totale di lavoro.
Per esempio, la definizione del rischio ottenuta mediante l’applicazione di OREGE potrebbe essere corretta
con fattori demoltiplicativi, per il tempo trascorso all’interno del turno a svolgere compiti che espongono a
fattori di rischio biomeccanici (posto pari al 100% azioni o compiti sovraccaricanti svolti per 8 ore turno; 6
ore/turno= fattore 0,75, 4 ore/turno= fattore 0,50, 2 ore/turno=fattore 0,25).
I modelli di ponderazione proposti potrebbero portare alla possibilità di identificare un ipotetico valore
soglia minimo di durata, al disotto del quale un compito lavorativo non è a rischio. Ipotizzando infatti un
compito lavorativo dove tutti i fattori di rischio siano presenti al massimo grado, esso dovrebbe avere una
durata, secondo la check-list OCRA, di circa 15-20 minuto per essere compreso in fascia di rischio lieve, di
circa 30 minuti per essere compreso in una fascia di rischio medio e di circa 1 ora per essere compreso in una
fascia di rischio elevato.
Criteri di scelta di metodi di valutazione di primo o secondo livello
Può essere utile però fornire al medico del lavoro o al valutatore del rischio i criteri decisionali per la scelta
tra l’ampia gamma di metodi di valutazione.
La checklist di Torino può essere utile per una valutazione globale rapida del rischio da sovraccarico
biomeccanico per arti superiori, inferiori e rachide e adatta per l’analisi di compiti caratterizzati da cicli
lunghi (superiori a 10 minuti).
La checklist OCRA risulta il metodo analitico più completo con il limite, superabile attribuendo punteggi
intermedi, che il livello critico per la significatività è la presenza del fattore di rischio per almeno un terzo del
tempo di ciclo. Dovrebbe essere utilizzata per valutazioni di primo livello in situazioni critiche con
compresenza di più fattori di rischio di diversa entità e durata.
Rispetto all’omonima checklist, il metodo Indice OCRA consente un’analisi di maggior profondità analitica (e
il dettaglio fornito dalla documentazione video e dall’intervista dei lavoratori) ed è adatto a raccogliere
informazioni per l’impostazione di interventi di riprogettazione del posto di lavoro. Richiede un buon
addestramento dell’analista, che deve dedicare allo studio di ogni attività un tempo lungo (quantificabile in
alcune ore).
Il metodo OREGE offre la duplice possibilità di integrazione tra analisi qualitativa e quantitativa, globale
sull’intero ciclo o su gruppi di operazioni omogenee, o analitica per ogni singola azione tecnica. E’
raccomandato per l’analisi di postazioni complesse con presenza di più fattori di rischio in sequenza,
grandezza e ripetitività variabile. Consente di valutare l’intero ciclo e fornisce precise informazioni anche
sugli interventi di riprogettazione ergonomica. Inoltre impiega l’importante contributo fornito dalla
valutazione del lavoratore.
Il metodo Strain Index è uno strumento analitico semiquantitativo, finalizzato all’analisi di un solo compito
lavorativo (di breve durata). Tende a sottostimare il fattore postura e a sovrastimare il fattore forza ed
esplora solo il tratto distale dell’arto superiore escludendo gomiti e spalle. Una delle criticità del metodo è
legata al fatto che il massimo livello di rischio è attribuito alle attività con frequenza d’azione superiore a 20
azioni al minuto ovvero a un livello d’azione estremamente basso rispetto ad altre indicazioni di letteratura.
Essendo mirato prevalentemente per l’analisi del distretto mano-polso, è indicato per la valutazione di
secondo livello di attività lavorative in cui esiste un sovraccarico biomeccanico prevalente al distretto polsomano.
Il metodo TLV-ACGIH è un altro strumento analitico semiquantitativo (o quantitativo se si adotta un’analisi
dettagliata) che tiene in considerazione principalmente la frequenza di azioni e la relativa forza per compiti
ripetitivi singoli di durata giornaliera di almeno quattro ore. Gli aspetti legati alle posture degli arti superiori
e ai tempi di recupero sono analizzati solo descrittivamente e rimessi all’esperienza dell’analizzatore.
Una sequenza ottimale per la valutazione del rischio potrebbe essere la seguente:
1) analisi preliminare (segnalatori di rischio dello stato di Washington).
Se necessario:
2) analisi di primo livello: checklist OCRA o altro metodo (checklist di Keyserling, checklist OSHA, checklist
di Torino, metodo RULA, checklist di Washington).
Se necessario:
3) analisi di secondo livello: OCRA Index, metodo OREGE, metodo TLV-ACGIH, Strain Index condotti
sull’intero ciclo ed eventualmente associati.
Standard di riferimento e limiti di esposizione
Il problema dei limiti di esposizione è un tema centrale nel dibattito sulle vie da seguire per una efficace
prevenzione nei luoghi di lavoro. In particolare si confrontano due posizioni: una posizione orientata al
modello organizzativo di prevenzione (centrata sul processo di risk assessment) e un’altra orientata alla
specificazione di parametri operativi (e quindi centrata su specifiche prescrizioni e limiti).
La posizione orientata al modello organizzativo mira al miglioramento continuo per garantire nel tempo
condizioni di lavoro sempre più sicure. In questo ambito i limiti di esposizione non assumono un valore
assoluto, perché l’enfasi è posta su un processo virtuoso di miglioramento. La criticità sta nella eventuale
mancanza di adeguati livelli di protezione dovuta proprio all’assenza di limiti precisi.
La posizione orientata alle specifiche operative garantirebbe da un lato livelli di protezione certi per i
lavoratori e dall’altro un quadro operativo più semplice, almeno per le piccole e medie imprese. La criticità
sta nella mancanza, in alcuni casi, di dati scientifici su cui basare i limiti di esposizione e la conseguente
arbitrarietà di certi limiti.
La scarsità di dati scientifici deriva dal fatto che a oggi è descritta una chiara relazione tra fattori
biomeccanici e disturbi muscoloscheletrici solo per livelli di esposizione elevati. Analogo ragionamento vale
per il rapporto dose-effetto e per l’effetto delle diverse combinazioni di durata ed intensità dell’esposizione
(media, cumulativa, di picco).
Recentemente, nonostante le incertezze scientifiche prima richiamate, il CEN (Comitato Europeo di
Standardizzazione) e l’ISO (Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione) hanno definito progetti
di norme tecniche in materia di ergonomia e rischio biomeccanico che contengono limiti di esposizione
precisi ed equazioni per definire carichi di lavoro accettabili.
Sorveglianza sanitaria
La sorveglianza sanitaria consiste nel raccogliere e usare informazioni per valutare, modificare, progettare
interventi medici ed ergonomici, con l’obiettivo di stimare le condizioni di salute di un gruppo di lavoratori e
di associare tale stima alle caratteristiche dell’esposizione lavorativa. Nell’ambito della sorveglianza vanno
pertanto valutati sia i fattori di rischio ambientali e lavorativi sia le condizioni di salute, utilizzando
metodiche di tipo passivo e di tipo attivo.
Si riporta nella Tabella 5 un possibile schema di raccolta delle notizie:
Tabella 5. Schema di sorveglianza sanitaria
Sorveglianza passiva
Sorveglianza attiva
Esposizione
Salute
Esposizione
Salute
Numero di macchine
Numero di infortuni
Assenteismo
Fuga dal reparto
Questionari
Checklist
Job analysis
Questionari
Visite mediche
Esami strumentali
Oltre alle valutazioni individuali, una sorveglianza sanitaria così concepita può determinare incidenza o
prevalenza delle condizioni, valutarne l’andamento della frequenza nel corso del tempo, identificare
particolari gruppi o luoghi per l’intervento secondo criteri di priorità, valutare l’efficacia degli interventi in
base ai casi di nuova insorgenza.
Si propone di seguito un protocollo in due livelli sulle procedure di indagine clinica e strumentale disponibili
per il medico del lavoro competente, da applicare con adattamenti su base individuale e secondo le
caratteristiche del rischio lavorativo.
Primo livello
Anamnesi
La raccolta anamnestica, vista la multifattorialità delle condizioni, ha una grande rilevanza e va sempre
condotta con schemi standardizzati . Va indagata l’anamnesi familiare (familiarità per patologie dell’apparato
locomotore e per diabete mellito), fisiologica (sport o attività fisica pregressa e attuale, arma e
specializzazione nel servizio militare, hobby e attività di volontariato), farmacologica (estroprogestinici per
contraccezione o terapia sostitutiva), lavorativa (pregressa e attuale, eventuale seconda attività lavorativa),
patologica (fratture e lussazioni dell’arto superiore, patologie predisponenti, gravidanze, esposizione a
neurotossici. E’ particolarmente importante l’esclusione di malattie sistemiche e traumatiche non
professionali.
In base all’anamnesi il medico competente può, relativamente alla presenza di patologie muscoloscheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro, decidere la fine dei suoi accertamenti o può
considerarne meritevoli altri.
Raccolta dei sintomi
La maggior parte delle diagnosi di patologie dell’arto superiore è basata sui sintomi. Da un lato questo
richiama l’importanza della loro corretta raccolta, dall’altro sottolinea le problematiche nosologiche e
medico-legali legata a diagnosi basate esclusivamente o prevalentemente su elementi soggettivi.
Dalla soggettività origina una notevole variabilità individuale nella descrizione dei sintomi, specie se con
componente dolorifica e l’influenza dei fattori psicosociali nel riferirli.
Le patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro presentano un esordio lento,
progressivo e tendono a protrarsi nel tempo spesso giungendo alla cronicizzazione. La sintomatologia riferita
dal paziente è spesso aspecifica, scarsamente localizzata, a decorso episodico con fasi asintomatiche anche in
uno stadio avanzato. Inoltre nelle fasi iniziali i sintomi dolorosi regrediscono con il riposo.
In alcuni Paesi è stata introdotta la definizione di “condizioni muscoloscheletriche non specifiche” con
riferimento ai quadri caratterizzati soprattutto da dolore o fastidio per i quali non possono essere formulate
specifiche diagnosi.
Per quanto riguarda la sindrome del tunnel carpale è stata registrata una frequenza variabile secondo la
modalità di diagnosi (14,4% in base alla sintomatologia, dolore, formicolii, torpore, 4,9% in base
all’elettromiografia, 3,8% su base obiettiva clinica e 2,7% combinando elettromiografia e clinica) e, nel Regno
Unito, si associano a un incremento delle assenze dal lavoro di 2-4 volte.
Per le tendiniti della spalla il sintomo più caratteristico è il dolore durante i movimenti articolari, in
particolare in rotazione e abduzione (“arco doloroso” tra i 70° e i 120° di abduzione), a volte con irrradiazione
al muscolo deltoide o al braccio, presente anche a riposo nelle fasi acute o avanzate.
Nelle tendinopatie inserzionali del gomito, il dolore al gomito viene evocato durante i movimenti attivi di
avambraccio e mano e a volte è irradiato alla faccia laterale o alla faccia mediale dell’avambraccio e del
braccio.
Il sintomo principale del distretto polso-mano è il dolore accentuato dai movimenti e localizzato lungo i
tendini sede del processo infiammatorio. Nella sindrome di De Quervain il dolore è localizzato nella zona
della tabacchiera anatomica e si accentua nei movimenti di deviazione ulnare e radiale della mano; nel dito a
scatto si evidenzia un arresto della estensione seguito da un caratteristico scatto forzando il movimento; nella
rizoartrosi trapezio-metacarpale c’è un dolore vivo ai movimenti di abduzione e di opposizione del pollice.
Nelle sindromi canalicolari da compressione nervosa, la sintomatologia è riferita al territorio del nervo
colpito. Tra queste la più frequente è la sindrome del tunnel carpale, nella quale la compressione del nervo
mediano causa parestesie alle prime 3 dita e a metà del quarto dito della mano. Sono interessate sulla
superficie volare palmo, le prime 3 dita e, radialmente, il IV dito; sulla superficie dorsale la seconda falange
del I dito e la seconda e terza falange del II e III dito, con caratteristica esacerbazione notturna. Nella
sindrome del canale di Guyon, dovuta alla compressione del nervo ulnare, le parestesie si localizzano al IV e
V dito, con insorgenza anche diurna, possibile irradiazione all’avambraccio e, nella fasi più avanzate,
ipoestesia ed ipovalidità nell’abduzione delle dita. E’ stato proposto uno schema di indagine anamnestica che
si basa sulla elencazione dettagliata dei sintomi da indagare, suddivisi in quattro categorie (dolore,
parestesie, ipostenia, disturbi vegetativi) e ben caratterizzati (per le categorie dolore e parestesie vengono
dettagliate localizzazione, modalità di insorgenza, durata e frequenza degli episodi, irradiazione, terapie;
l’ipostenia viene indagata in base alla funzione di presa a pinza o di sostegno di oggetti pesanti; i disturbi
vegetativi comprendono le alterazioni del colorito delle dita in rapporto con l’esposizione al freddo).
Per la sindrome del tunnel carpale sono stati pubblicati criteri di consenso (Tabella 6) per la diagnosi su base
clinica tramite domande mirate o il diagramma delle mani di Katz.
Tabella 6. Classificazione clinica per la diagnosi di sindrome del tunnel carpale
Sintomatologia
Descrizione
Classica/probabile Sensazione di addormentamento, formicolio, bruciore o dolore in almeno 2 delle
Possibile
Improbabile
prime 3 dita. E’ ammessa la presenza di dolore al palmo, al polso o l’irradiazione
prossimale al polso
Formicolio, addormentamento, bruciore o dolore in almeno una delle prime 3 dita
della mano
Nessun sintomo alle prime tre dita della mano
In alternativa si può utilizzare il modello di stadiazione clinica su 5 livelli sviluppato dal Gruppo italiano di
studio della STC (Tabella 7).
Tabella 7. Scala Hi-Ob (Historical-Objective) del gruppo italiano di studio della
sindrome del tunnel carpale
Stadio 0 Nessun sintomo suggestivo di STC
Stadio 1 Solo parestesie notturne
Stadio 2 Parestesie diurne
Stadio 3 Deficit sensoriale
Stadio 4 Ipotrofia e/o deficit motorio dei muscoli dell’eminenza tenar che sono innervati dal n. mediano
Stadio 5 Completa atrofia o plegia dei muscoli dell’eminenza tenar che sono innervati dal n. mediano
Registrazione dei segni
Alla sintomatologia si possono associare segni di limitazione funzionale e ridotta mobilità nella cui
dimostrazione gioca un ruolo rilevante la collaborazione del lavoratore. Si tratta di un particolare esame
obiettivo, legato a una forte componente soggettiva dell’esaminato poiché la maggior parte dei segni si fonda
sull’elicitazione di un sintomo. La registrazione dei segni vale come complemento della raccolta dei dati
anamnestica per valutare la necessità di ulteriori esami strumentali e può essere direttamente eseguita dal
medico competente oppure demandata ad altri specialisti (neurologi, fisiatri).
Secondo livello
Esami strumentali
Nelle patologie muscolo-tendinee gli accertamenti strumentali sono utili soprattutto per la definizione
differenziale e per una valutazione medico legale.
L’ecografia è eseguita in proiezioni specifiche e con il confronto della sede anatomica controlaterale (utile
specialmente se si sospetta una patologia monolaterale) soprattutto per lo studio di condizioni muscolari e
tendinee croniche. Ha il vantaggio della non invasività, dell’assenza di radiazioni ionizzanti e della possibilità
di effettuare valutazioni funzionali. Una disomogeneità tendinea all’esame ecografico può essere suggestiva
di una tendinopatia. E’ altamente sensibile per lo studio delle parti molli di spalla, gomito e polso (a livello
del quale può fornire informazioni indirette sulla compressione del nervo), mentre indaga con difficoltà i
nervi periferici (a eccezione del nervo mediano nel suo passaggio nel tunnel carpale per via della particolare
configurazione anatomica). E’ consigliabile in caso di sospetto di:
 tendinite della cuffia dei rotatori
 epicondilite/epitrocleite
 cisti gangliare
 tendinite dei flessori delle dita
 sindrome di De Quervain
 tendinite dell’estensore radiale del carpo
 tendinite dei flessori radiale ed ulnare del carpo
 morbo di Dupuytren
L’elettroneuromiografia è indicata per lo studio delle strutture nervose a livello del polso ed eventualmente
del gomito. Rappresenta il gold standard diagnostico nello studio della sindrome del tunnel carpale. E’
indicata nei casi in cui si sospetti:
 sindrome del plesso brachiale (o dello stretto toracico)
 sindromi compressive del nervo mediano
 sindromi compressive del nervo ulnare
 sindromi compressive del nervo radiale
L’American Association of Electrodiagnostic Medicine ha definito standard e linee guida per l’esecuzione di
studi elettrodiagnostici volti a confermare la diagnosi clinica della sindrome del tunnel carpale:
1. eseguire lo studio di conduzione nervosa sensitiva del nervo mediano attraverso il polso ad una distanza di
13-14 cm; se il risultato è alterato confrontare i parametri del nervo mediano con i parametri di conduzione
sensitiva di un altro nervo sensitivo adiacente nell’arto sintomatico (Standard).
2. Se la conduzione sensitiva del nervo mediano è stata valutata in un segmento maggiore di 8 cm ed è
risultata normale è raccomandato uno dei seguenti approfondimenti:
 confrontare la conduzione sensitiva o mista del nervo mediano attraverso il polso lungo un segmento più
breve (7-8 cm) con la conduzione sensitiva del nervo ulnare attraverso il polso nel medesimo segmento (78 cm) (Standard), oppure
 confrontare la conduzione sensitiva del nervo mediano attraverso il polso con la conduzione sensitiva dei
nervi radiale o ulnare attraverso il polso nello stesso arto (Standard), oppure
 confrontare la conduzione sensitiva o mista del nervo mediano attraverso il tunnel carpale con i parametri
di conduzione nervosa sensitiva o mista lungo i segmenti prossimale (avambraccio) o distale (dita) del
nervo mediano nello stesso arto (Standard)
3. Eseguire lo studio di conduzione motoria del nervo mediano (registrando dai muscoli dell’eminenza tenar)
e di un altro nervo dell’arto sintomatico includendo la registrazione della latenza distale
Tra gli altri strumenti di valutazione di sindrome del tunnel carpale si può anche utilizzare la tecnica di
indagine segmentale di Kimura che prevede la stimolazione del nervo mediano al palmo, al polso e al gomito
e la misurazione della velocità di conduzione motoria nei tratti palmo-polso e polso-gomito e della velocità di
conduzione sensitiva nei tratti dito-palmo, palmo-polso e polso-gomito. (Tabella 8)
Tabella 8. Valori di riferimento per l’indagine segmentale di Kimura
Stimolazione motoria
Latenza (msec)
Velocità di conduzione
(m/sec)
Palmo
Polso
Gomito
2,11 ± 0,31
3,60 ± 0,36
7,46 ± 0,67
Stimolazione sensitiva
Palmo
Polso
Gomito

Latenza (msec)
1,41 ± 0,22
2,82 ± 0,28
6,41 ± 0,66
Palmo-polso 49,0 ± 5,7
Gomito-polso 59,0 ± 5,0
Velocità di conduzione
(m/sec)
Dito-palmo 58,1 ± 7,7
Polso-palmo 57,3 ± 6,9
Gomito-polso 63,2 ± 6,3
Valori di riferimento (media ± 2 DS) per la diagnosi di sindrome del tunnel carpale: prolungamento della latenza sensitiva al polso (>3,4
msec); rallentamento della velocità di conduzione sensitiva nel tratto palmo-polso (<43,8 m/sec); prolungamento della latenza motoria al
polso (>4,3 msec); rallentamento della velocità di conduzione motoria nel tratto palmo-polso (<37,8 m/sec)
La tecnica segmentale permette di confrontare i parametri di conduzione del nervo mediano nel segmento
palmo-polso con quelli del medesimo nervo nei tratti prossimale e distale e di escludere, nel caso in cui le
alterazioni si manifestino nel solo tratto palmo-polso, altre patologie neurologiche di natura diversa. Se si
utilizza una tecnica non segmentale il rilievo di alterazioni della conduzione del nervo mediano impone
invece l’esclusione di una polineuropatia mediante l’esame di un altro nervo dell’arto superiore (ad esempio
nervo ulnare) e di un nervo dell’arto inferiore.
Le radiologia convenzionale è in genere comparative e viene impiegata per la diagnostica differenziale.
La rilevazione della percezione delle soglie vibrotattili è raccomandata nella valutazione dei soggetti esposti a
vibrazioni segmentarie; va effettuata in almeno 2 dita delle mani, utilizzando una frequenza singola (125 Hz)
o 3 diverse frequenze per valutare la risposta dei diversi meccanocettori.
L’estesiometria cutanea (discriminazione dei 2 punti, percezione della profondità) è proposta come screening
delle patologie da intrappolamento delle strutture nervose periferiche, ma ha avuto diffusione limitata nella
pratica medico occupazionale.
Un passaggio successivo nella diagnostica strumentale è rappresentato dal ricorso alle tecniche di imaging,
quali TC e RM.
Esami di laboratorio
Nello studio delle patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il lavoro va indagata la
possibilità di patologie sistemiche concomitanti, specie le collagenopatie e il diabete mellito, anche tramite
esami di laboratorio (VES, PCR, test di Waaler Rose, test RA, crioglobuline, crioagglutinine, anticorpi
antinucleo, frazioni e attività del complemento per le prime; glicemia basale e da carico, parametri di
compenso metabolico e di danno organico da complicanze diabetiche).
Consulenze specialistiche
Il medico competente può avvalersi del contributo di consulenze specialistiche neurologiche, ortopediche,
fisiatriche, reumatologiche-immunologiche, anche alla luce degli esiti degli esami strumentali o ai fini di
scelte terapeutiche oppure per la formulazione di un giudizio di idoneità.
Criteri diagnostici
Sebbene i dati epidemiologici disponibili in letteratura non siano univoci, vi sono alcune patologie per le
quali è riconosciuta la forza e la consistenza dell’associazione a determinati fattori di rischio lavorativo
Il NIOSH (1997) indica le seguenti evidenze di associazione tra “disorders” dell’arto superiore e fattori di
rischio:
Forte
Parte dell'arto superiore a evidenza di
Evidenza di
rischio e fattore di rischio associazione associazione
Insufficiente
evidenza di
associazione
Mano-polso, S. del tunnel
carpale
Ripetitività
Forza
Postura incongrua
Vibrazioni
Combinazione dei vari fattori
X
X
X
X
X
Mano-polso, tendinite
Ripetitività
Forza
Postura incongrua
Combinazione dei vari fattori
X
X
X
X
Mano-polso, S. da
vibrazioni
Vibrazioni
X
Giudizio di idoneità
La sorveglianza sanitaria, di tipo preventivo o periodico, ha tra i suoi obiettivi principali, la formulazione del
giudizio di idoneità alla mansione specifica. La formulazione del giudizio di idoneità è un obbligo per il
medico del lavoro competente, previsto dalla normativa di igiene e sicurezza sul lavoro (D. Lgs 626/94, D.
Lgs 277/91, DPR 1124/65 e dal recente D.Lgs 81/2008.
La valutazione dell’idoneità lavorativa richiede un’approfondita conoscenza della mansione e dei rischi
lavorativi a essa connessi e un adeguato studio dello stato di salute del soggetto destinato a quella mansione e
comporta pertanto competenze cliniche e specialistiche (igiene del lavoro, tecnologia industriale, ergonomia,
tossicologia, epidemiologia, psicologia del lavoro).
Qualsiasi modello metodologico operativo per la formulazione del giudizio di idoneità lavorativa, deve
articolarsi attraverso le seguenti fasi, le prime due conoscitive del binomio uomo-ambiente, le successive
frutto di un processo logico-valutativo:
 valutazione dell’ambiente e delle condizioni di lavoro;
 valutazione del lavoratore;
 confronto e interazione fra i due termini del binomio;
 formulazione del giudizio;
• scelta dei provvedimenti e/o degli interventi.
Quanto detto dimostra l’importanza della valutazione del rischio come fase preliminare di tutta l’attività del
medico del lavoro.
Schemi che indirizzino nella espressione del giudizio di idoneità lavorativa rappresentano un utile strumento
di lavoro nelle mani del medico esperto, ma possono essere controproducenti se applicati con eccessivo
automatismo.
In ogni caso, i disturbi o le patologie dell’arto superiore, da sovraccarico biomeccanico, con sintomi e segni
acuti in atto, determinano una non idoneità temporanea all’esecuzione di compiti caratterizzati da
movimenti ripetitivi ovvero una non idoneità temporanea all’attività lavorativa.
Il giudizio di idoneità va rivalutato dopo la terapia e dopo la eventuale revisione della postazione di lavoro. Se
dopo la terapia permangano sintomi, anche più lievi, il lavoratore non è più da destinare ad attività
comportanti sovraccarico biomeccanico, mentre in caso di guarigione e pieno recupero funzionale può essere
reintegrato nella mansione precedentemente, a condizione che siano state apportate correzioni tali da
diminuire la ripetitività e aumentare i tempi di recupero.
Possono rappresentare fonte di specifiche limitazioni dell’idoneità permanente le seguenti patologie
accertate:
 limitazione per compiti lavorativi determinanti abduzione, extrarotazione e intrarotazione del braccio
(tendinite del capo lungo del bicipite, flogosi della cuffia dei rotatori, borsite sottoacromiale, artrosi,
calcificazioni, degenerazioni tendinee, che possono determinare quadri di spalla dolora cronica o spalla
“congelata”. In cas0 di tendinite di spalla è comune la presenza di dolore in sede deltoidea);
 limitazione in relazione a movimenti di presa (epicondilite recidivante o cronica);
 limitazione in relazione a flessioni e pronazione dell’avambraccio (epitrocleite recidivante o cronica);
 limitazioni ai movimenti comportanti flessioni forzate del pollice a pollice abdotto e ulnarizzazioni del
polso (morbo di De Quervain);
 limitazione della forza di prensione e del range delle posture del polso e della mano (forme cronicizzate di
tendiniti e cisti, soprattutto se sintomatiche, dei flessori e degli estensori delle dita e del polso; sindromi
canalicolari).
Al fine dell’espressione del giudizio d’idoneità è di notevole importanza lo studio, possibilmente
multidisciplinare, del rapporto tra lavoratore e posto di lavoro.
Sono stati proposti vari modelli. Quello della Rehabilitation Engeneering Research Center dell’Università
del Michigan per il miglior utilizzo delle residue capacità funzionali è riportato nel sito web:
(http://umrerc.engin.umich.edu/jobdatabase/default.asp).
Anche le linee guida delle Regione Piemonte e della Regione Lombardia propongono criteri per il
reinserimento lavorativo dei soggetti con patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore correlate con il
lavoro che guidano all’individuazione dei posti di lavoro utilizzabili, abbinando i posti di lavoro e i compiti
con le singole affezioni (da causa lavorativa ed extralavorativa) e classificando in diversi livelli di conformità i
compiti e in diversi livelli di gravità e localizzazione le patologie.
E’ fondamentale sottolineare che le eventuali limitazioni non possono che essere specifiche rispetto sia alla
specifica patologia sia specifico segmento anatomico interessato e che pertanto il giudizio di congruità
dell’attività lavorativa dovrà basarsi sull’esistenza di fattori di sovraccarico anch’essi specifici. A tale scopo
può dimostrarsi utile una valutazione analitica basata su parametri valutativi specifici ricavabili dai metodi di
valutazione che considerano separatamente i singoli segmenti articolari (per esempio OCRA, checklist
Torino, OREGE).
Misure di prevenzione
Indicazioni generali Regione Piemonte (2003) e Regione
Lombardia (2004)
Se la valutazione dell’esposizione e lo studio delle patologie muscoloscheletriche correlate al lavoro ha
evidenziato un rischio significativo legato ai movimenti ripetitivi, si pone la necessità di riprogettare le
postazioni e le procedure di lavoro attraverso:
a) interventi strutturali:
 per contenere il fattore di rischio postura (adeguate altezze del piano operativo per posizioni sia erette sia
sedute, adeguate altezze dei sedili, adeguate aree operative degli arti superiori
b) interventi organizzativi:
 ridurre il numero di azioni tecniche evitando azioni dovute a inconvenienti tecnici ricorrenti, rivedendo le
procedure per evitare azioni inutili, ripartendo le azioni tra i due arti per le attività meno complesse,
riducendo la ripetizione di azioni identiche ad alta frequenza introducendo fasi automatiche e riducendo
le azioni accessorie
 organizzare adeguati tempi di recupero ottimizzando le pause ufficiali, riducendo eventualmente la durata
di ogni singola pausa, ma aumentandone la frequenza nella giornata lavorativa, predisponendo le pause
possibilmente alla fine di un’ora di lavoro ripetitivo ed evitando di prevedere delle pause vicino alla pausa
mensa o a fine turno
 prevedere la rotazione in più compiti alternando i lavoratori su postazioni con diversi livelli di rischio e
con differente impegno dei due arti
c) interventi formativi e di aggiornamento:
 formazione dei lavoratori all’utilizzo per quanto possibile di entrambi gli arti, all’esecuzione di azioni
previste nel ciclo secondo la sequenza prestabilita, alla soppressione di azioni inutili allo svolgimento della
lavorazione e all’esecuzione corretta delle prese
 formazione dei tecnici di produzione e dei capireparto, affinché acquisiscano capacità di analizzare il ciclo
lavorativo e quindi di individuare i fattori di rischio, progettare nuovi posti di lavoro, modificare i posti di
lavoro già esistenti, scegliere pause e turnazioni e addestrare i lavoratori a svolgere in modo
ergonomicamente corretto i compiti lavorativi.
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Patologie muscolo-scheletriche dell`arto superiore correlate