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POSITION PAPER
Appropriatezza delle procedure diagnostiche
in prevenzione cardiovascolare:
di che cosa possiamo fare a meno?
Antonella Cherubini1, Gian Francesco Mureddu2, Pier Luigi Temporelli3, Anna Frisinghelli4,
Piero Clavario5, Francesca Cesana6, Francesco Fattirolli7,
a nome dell’Area Prevenzione Cardiovascolare ANMCO
Revisori del documento: Stefano De Servi8, Fausto Rigo9, Massimo Uguccioni10
1
Centro Cardiovascolare, Azienda per i Servizi Sanitari n. 1, Trieste
Dipartimento di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, A.O. San Giovanni-Addolorata, Roma
3
Divisione di Cardiologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Istituto Scientifico di Veruno (NO)
4
U.O. Cardiologia Riabilitativa, Presidio di Passirana, A.O. “G. Salvini”, Garbagnate Milanese (MI)
5
U.O. Cardiologia Riabilitativa, Centro Antitabacco, Ospedale di Nervi, ASL 3 Genova
6
Divisione di Cardiologia IV, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
7
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università degli Studi, AOU Careggi, Firenze
8
Dipartimento Cardiovascolare, A.O. Ospedale Civile, Legnano (MI)
9
U.O. Cardiologia, ULSS 12 Mestre (VE)
10
U.O. Cardiologia, A.O. San Camillo-Forlanini, Roma
2
In recent years, a huge increase in the use of cardiac procedures, both invasive and non-invasive, was observed.
Diagnostic tests, mainly non-invasive tests, are often prescribed inappropriately, in most cases replacing the
clinical evaluation. The rate of inappropriate tests in cardiology is largely variable, depending on regional issues and different medical approach. When the test entails radiation exposure, the biological risk for both the
patient and the environment must be taken into account. For this reason, the test that results in less biological risk should always be preferred as a first step.
Moreover, it has not been clearly demonstrated that some diagnostic tests help to improve the outcome, that
is to prevent cardiovascular events. As many as one sixth of the patients who undergo stress imaging are not
taking proper medication, and very frequently no change in therapy is made after the test, regardless of the
outcome. Since the appropriateness of diagnostic evaluation requests is mandatory, we focused on the diagnostic tests usually performed in primary and secondary prevention that carry no contribution to the clinical management of patients.
This review addresses the need to optimize available resources, reduce costs and avoid unnecessary cardiovascular assessments, thereby enhancing the more efficient care delivery models.
Key words. Appropriateness; Non-invasive cardiac evaluation; Preventive cardiology.
G Ital Cardiol 2014;15(4):253-263
PREMESSA
In ambito cardiologico abbiamo assistito negli ultimi anni ad
un incremento esponenziale dell’utilizzo della diagnostica strumentale sia invasiva che non invasiva. Gli esami strumentali, soprattutto quelli non invasivi, pure in molti casi necessari e talora irrinunciabili per porre diagnosi, sono spesso prescritti in maniera inappropriata fino a sostituire quasi completamente la va-
© 2014 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 25.03.2014; accettato 22.04.2014.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Prof. Francesco Fattirolli S.O.D. Riabilitazione Cardiologica,
AOU Careggi, Via delle Oblate 4, 50141 Firenze
e-mail: [email protected]
lutazione clinica. Il loro corretto utilizzo, al contrario, vorrebbe
che la scelta di un test fosse indirizzata proprio dal contesto
epidemiologico e clinico1.
La percentuale di test inappropriati in cardiologia è molto
variabile e, in rapporto al tipo di esame, al medico richiedente
(specialista o non) e all’area geografica, si può arrivare fino a un
terzo di indagini non invasive inappropriate2,3. Se da un lato sia
le politiche sanitarie che soprattutto l’industria, spingono i medici verso una prevenzione cardiovascolare (CV) sempre più individuale, basata sul riconoscimento precoce dello sviluppo di
malattia aterosclerotica attraverso test di screening, dall’altro
l’“informazione sanitaria” erogata dai mass media, più che esitare in una maggiore consapevolezza dei rischi connessi a stili
di vita non corretti, sembra determinare sulla popolazione
aspettative improprie dalle indagini strumentali. La strategia
della diagnosi precoce, ottenibile attraverso uno screening struG ITAL CARDIOL | VOL 15 | APRILE 2014
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A CHERUBINI ET AL
mentale e mutuata dalle patologie oncologiche, è stata trasferita de plano in ambito CV senza alcuna base scientifica,
sostituendosi all’intervento igienico-dietetico ed eventualmente farmacologico finalizzato alla riduzione dei fattori di rischio CV. Un esempio di deriva negativa del problema è la nascita negli Stati Uniti di centri in cui, dopo aver stipulato regolare contratto, si “compra” per 10 anni l’esecuzione di uno
screening annuale per la cardiopatia ischemica effettuato mediante valutazione dello score del calcio coronarico (CACS)1.
In molti casi peraltro viene prescritta direttamente una tomografia computerizzata (TC) coronarica4. In alcuni Stati questi
centri sono stati chiusi per la mancata supervisione medica e
la mancanza di precauzione nel sottoporre il paziente a radiazioni ionizzanti.
Le linee guida delle principali società scientifiche definiscono i percorsi più appropriati nella gestione delle diverse patologie CV. Sebbene le linee guida mostrino talvolta un’eccessiva
semplificazione delle problematiche cliniche, non sempre riconducibili a schematismi, tuttavia, in un’epoca nella quale il
controllo della spesa sanitaria è divenuto prioritario, la correttezza delle indicazioni è un obiettivo irrinunciabile, perché è
stato dimostrato che solo quando appropriato un esame strumentale è in grado di modificare il percorso diagnostico-terapeutico del paziente cardiopatico. In questa revisione entreremo nel concreto delle indagini strumentali non invasive non necessarie in specifiche tipologie di pazienti nell’ambito della stratificazione del rischio CV in prevenzione primaria e secondaria.
Secondo dati dal registro SPARC5, dei pazienti con cardiopatia ischemica sottoposti a test di imaging circa il 16% non assume terapia adeguata (non antiaggreganti piastrinici, né statine né betabloccanti) e nel 50% dei pazienti sottoposti a coronarografia non vengono apportate modifiche di terapia dopo l’indagine. I test non invasivi, ma anche le indagini invasive,
spesso non hanno un grande impatto operativo nella gestione
del paziente5. Le caratteristiche “ideali” dei test diagnostici sono sintetizzate nella Tabella 1.
Esami poco contributivi dal punto di vista clinico si possono trovare a diversi livelli, partendo dalle indagini più semplici
(esami di laboratorio, esami Doppler) fino ad arrivare a esami
sofisticati e molto costosi, come la coronarografia e l’angio-TC
coronarica, che spesso sono ripetuti nello stesso paziente. In
questi casi l’esposizione a radiazioni ionizzanti comporta un rischio biologico non trascurabile per il paziente6,7. Dal 1993 al
2001 negli Stati Uniti il numero delle indagini di perfusione
miocardica è incrementato del 6% per anno e il numero delle
TC coronariche è quadruplicato dal 1992. Il rischio biologico
della singola procedura è basso, anche grazie al più attento
controllo della dose erogata, ma bisogna considerare che, poiché un singolo paziente sarà sottoposto a multiple indagini radiologiche nella vita, il rischio può crescere in modo esponenziale. Fino al 2% dei tumori può essere ricondotto all’esposizione a radiazioni, in particolare nei pazienti che vengono sot-
Tabella 1. Indagini diagnostiche in prevenzione cardiovascolare:
caratteristiche “ideali”.
1. Facilmente disponibile, riproducibile, affidabile e ripetibile
2. Alto impatto operativo
3. Basso rischio biologico
4. Basso costo
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G ITAL CARDIOL | VOL 15 | APRILE 2014
toposti ad indagini radiologiche multiple7. La direttiva Euratom
sottolinea che l’indagine con radiazioni ionizzanti deve essere
giustificata e che qualora ne fosse disponibile un’altra che dia
informazioni simili senza rischio radiologico, quest’ultima sarebbe da preferire6,8. Tuttavia, non sempre è chiaro il rapporto
rischio-beneficio nell’utilizzare metodiche sempre più sofisticate e tecnicamente affascinanti. Le metodiche diagnostiche non
invasive hanno un elevato potere predittivo, in specifici sottogruppi di soggetti, ma non vi sono dimostrazioni che il loro utilizzo possa migliorare l’outcome in popolazioni non selezionate, né che possano prevenire gli eventi CV6 in maniera aggiuntiva rispetto all’intervento sui fattori di rischio tradizionali7. Ad
esempio nello studio DIAD la ricerca e il conseguente riconoscimento di ischemia miocardica in una popolazione di pazienti diabetici asintomatici a basso rischio, pur avendo un buon
potere predittivo, non migliora la prognosi9.
PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE PRIMARIA:
ESAMI NON NECESSARI NELLA STRATIFICAZIONE
DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE
Esami di laboratorio
La proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-PCR) è stata a lungo considerata il miglior test di laboratorio per lo screening delle malattie CV in soggetti asintomatici10. Un incremento della
hs-PCR è infatti un predittore indipendente di eventi CV10 con
valore additivo rispetto ai fattori di rischio tradizionali11-14, soprattutto nel Reynolds risk score. Tuttavia i risultati sono contrastanti e vi sono anche numerose evidenze negative15-22: i dati dell’analisi di 20 536 pazienti dello studio HPS non hanno
confermato il ruolo predittivo dell’hs-PCR16. Inoltre, nello studio
ARIC la hs-PCR non mostrava valore predittivo incrementale
quando aggiunta ai fattori di rischio tradizionali17.
Sulla base di risultati contrastanti la hs-PCR non è indicata
dalle linee guida 2012 della Società Europea di Cardiologia
(ESC) sulla prevenzione delle malattie CV (classe IIb-B)23, mentre le linee guida American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) 201024 la pongono in classe IIa-B in
base ai risultati dello studio JUPITER10 (in uomini di età ≥50 anni o donne ≥60 anni con colesterolo LDL ≤130 mg/dl, non in terapia ipocolesterolemizzante, ormonale sostitutiva, o immunosoppressiva, senza cardiopatia ischemica, diabete, insufficienza
renale cronica, malattie infiammatorie gravi e senza controindicazioni all’uso di statine). Il dosaggio della hs-PCR è incoraggiato dalle linee guida SHAPE4 mentre non è raccomandato da
quelle dell’American College of Preventive Medicine25, che la
pongono in classe IIb-B ed è indicato in uomini di età ≤50 anni a rischio intermedio o donne di età ≤60 anni.
Il dosaggio dell’omocisteina non è consigliato nella stima
del rischio CV. L’omocisteina è un fattore indipendente di rischio CV, ma è influenzato da vari fattori ambientali, nutrizionali e metabolici24. Inoltre non è stata dimostrata in prevenzione secondaria una riduzione degli eventi CV dopo trattamento con acido folico. Il dosaggio del fibrinogeno non è consigliato nella stima del rischio CV24 (Tabella 2).
Studio dei polimorfismi genetici
La valutazione dei polimorfismi genetici non è indicata dalle linee guida ESC 2012 sulla prevenzione delle malattie CV23 (classe III-B) né da quelle ACC/AHA 201024 (classe III-B). Non è presa in considerazione da altre linee guida. L’impatto di un singolo
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APPROPRIATEZZA IN PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE
polimorfismo genetico è basso sulla malattia CV, in quanto influenzata da multipli fattori genetici ed ambientali23 (Tabella 2).
Eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici
L’esecuzione dell’eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici (TSA)
non è indicata in pazienti a basso rischio CV perché non aggiunge informazioni prognosticamente importanti23. Nei pazienti senza alcun fattore di rischio CV, la probabilità di trovare
alterazioni all’eco-Doppler TSA è solo del 2%, in quelli con almeno un fattore di rischio la probabilità aumenta al 19.5%26.
In particolare i dati del CAPS hanno evidenziato che, quando utilizzato nella popolazione generale come esame di screening27, l’ispessimento medio-intimale (IMT) carotideo non migliora la stratificazione del rischio rispetto al modello predittivo
di Framingham. Il valore incrementale dell’IMT carotideo rispetto alle carte del rischio è invece evidente nei soggetti a rischio intermedio19,28,29 e a tale scopo è raccomandato dalle linee guida20. L’utilità del Doppler TSA emerge nei pazienti che
“sfuggono” alle classificazioni classiche del rischio CV e nei
quali sia importante per la prognosi iniziare in modo precoce
una terapia: pazienti con familiarità per eventi CV precoci in
parenti di primo grado, uomini di età <60 anni con un fattore
di rischio molto alterato (ad esempio dislipidemia con colesterolo molto elevato), donne di età <60 anni con almeno due fattori di rischio CV20.
Non vi è indicazione alla ripetizione dell’eco-Doppler TSA
per valutare la progressione o la regressione dell’IMT carotideo
o in pazienti che abbiano già una dimostrazione di malattia vascolare di altri distretti. La presenza di placca ateromasica aumenta il rischio rispetto al semplice IMT. In una metanalisi di 11
studi su popolazione, per un totale di 54 336 pazienti, il riconoscimento di una placca ateromasica carotidea comportava,
rispetto al semplice aumento dell’IMT, una maggiore e significativa accuratezza nel predire futuri eventi CV (infarto miocar-
dico acuto) (area sotto la curva 0.64 vs 0.61; rischio relativo
1.35; intervallo di confidenza 95% 1.1-1.82; p=0.04)21. Le linee guida ESC 201224 indicano che, in presenza di placca ateromasica carotidea, il soggetto debba essere classificato come
a rischio molto elevato. Tuttavia questo tipo di riscontro diagnostico dovrebbe condurre ad un più stretto controllo dei fattori di rischio, in particolare dei livelli di pressione arteriosa e di
quelli di colesterolo LDL (target <70 mg/dl in base alla categoria di rischio) oltre che alla prescrizione di un antiaggregante
piastrinico, piuttosto che indurre controlli ripetuti a breve termine. Un problema non secondario dei controlli nel tempo è
costituito dalla variabilità intra- ed interosservatore che limita
la riproducibilità intra-paziente e costituisce a tutt’oggi la maggiore limitazione della metodica22. In caso di placca subcritica
e senza caratteristiche di instabilità, l’eventuale ripetizione dell’esame (dopo controllo dei fattori di rischio) non è indicata prima di 2 anni. L’esecuzione dell’eco-Doppler TSA in ogni caso
richiede protocolli di acquisizione di elevata qualità e test di
variabilità del laboratorio per essere clinicamente accettabile
come parametro da valutare nel singolo paziente nel tempo20
(Tabella 3).
Ecocardiografia a riposo
L’ecocardiografia non è metodica di screening nella popolazione generale, senza evidenza clinica di cardiopatia o compromissione emodinamica30,31. Non è indicata in presenza di extrasistolia ventricolare o sopraventricolare non frequente, bradicardia sinusale, pre-sincope (eccetto nei casi con riscontro di
soffi all’obiettività, ECG patologico o storia di aritmie sopraventricolari o ventricolari frequenti o ripetitive o in caso di familiarità per eventi maggiori)30,31.
L’ecocardiografia è utile nei soggetti a rischio intermedio,
più spesso negli ipertesi32 nei quali ha valore come test per riclassificare il rischio19. Inoltre è stato dimostrato che l’ecocar-
Tabella 2. Appropriatezza degli esami ematochimici in prevenzione primaria.
Esame
Popolazione
Appropriatezza
Note/Follow-up
hs-PCR
Popolazione generale
Rischio intermedio (M ≤50 anni; F ≤60 anni)
Popolazione generale
Popolazione generale
Non necessario
Utile
Non necessario
Non necessario
Prognosi invariata con acido folico
Scarso impatto del singolo polimorfismo
Omocisteina
Polimorfismi
hs-PCR, proteina C-reattiva ad alta sensibilità.
Tabella 3. Appropriatezza degli esami strumentali in prevenzione primaria.
Esame
Popolazione
Appropriatezza
Eco-color Doppler TSA (IMT)
Popolazione generale
Basso rischio
Rischio intermedio
(familiarità + M <60 anni + 1 FR o
F <60 anni + 2 FR)
Non necessario
Utile
Popolazione generale, extrasistolia
Rischio intermedio (ipertesi)
Rischio alto/molto alto
Non necessaria
Utile
Utile
Ecocardiografia
(IVS, rimodellamento,
disfunzione VS)
Follow-up
Non prima di 2 anni se
paziente asintomatico
Non prima di 1 anno
Non prima di 1 anno, se paziente
asintomatico o se non adeguato
controllo della PA
FR, fattore di rischio; IMT, ispessimento medio-intimale; IVS, ipertrofia ventricolare sinistra; PA, pressione arteriosa; TSA, tronchi sovra-aortici; VS,
ventricolo sinistro.
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A CHERUBINI ET AL
diografia, utilizzata per la determinazione dell’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS), riclassifica il rischio oltre il punteggio SCORE e in maniera indipendente da questo, come altri marker di
danno d’organo quali la microalbuminuria e l’IMT carotideo33.
L’esecuzione dell’ecocardiografia non è utile nella riclassificazione del rischio nei soggetti a rischio CV molto alto o alto
(non sposta la categoria di rischio), ma come primo esame potrebbe essere utile per rivelare anomalie della geometria e/o
della funzione ventricolare sinistra (dilatazione, disfunzione ventricolare sinistra asintomatica, rimodellamento concentrico) prognosticamente infauste32.
In caso di diagnosi di IVS o rimodellamento concentrico non
è indicato ripetere l’esame se il paziente è asintomatico e se i
livelli di controllo pressorio sono insufficienti. Prioritario è il raggiungimento di adeguati obiettivi terapeutici costanti nel tempo. L’eventuale ripetizione dell’esame potrebbe essere giustificata dopo un lasso di tempo congruo (>1 anno) nel quale si sia
raggiunto un controllo stabile dei valori pressori tale da far presupporre la regressione dell’IVS. Naturalmente la valutazione
della regressione dell’IVS pone serie problematiche tecniche di
riproducibilità della misura. Il maggior limite nella determinazione dell’IVS (e quindi della sua regressione) sta infatti nella
variabilità intra- ed interosservatore della misura della massa
ventricolare sinistra che condiziona la riproducibilità intra-paziente, esattamente come per la determinazione dell’IMT carotideo. Lo studio RES34 ha dimostrato che, in laboratori specializzati nei quali sia stata testata la variabilità intra- ed interosservatore, la probabilità che una variazione della massa ventricolare sinistra in misure ripetute sia reale è >90% se la variazione dal valore iniziale è >20%.
In conclusione, l’ecocardiografia serve per stratificare la categoria di rischio ma non per i controlli individuali nel tempo
(Tabella 3).
Test da sforzo
In generale, ma soprattutto in individui ipertesi, l’indicazione
all’ECG da sforzo deve essere posta sulla base della probabilità a priori (pre-test) di malattia che, quando molto bassa, riduce sensibilmente il valore predittivo positivo del test aumentando i falsi positivi (Tabella 4)35. In presenza di sintomi la
probabilità pre-test di malattia coronarica può essere stabilita
sulla base dell’età, del sesso e delle caratteristiche dell’angina36. Dai dati dell’ACC National Cardiovascular Data Registry37
in una popolazione di quasi 400 000 pazienti senza cardiopatia ischemica nota sottoposti a coronarografia, nella maggior
Tabella 4. L’indicazione al test da sforzo in base alla probabilità pretest di malattia.
Età (anni)
Genere
Dolore non
anginoso
Angina
atipica
Angina
tipica
30-39
Uomo
Donna
Uomo
Donna
Uomo
Donna
Uomo
Donna
Bassa
Bassa
Intermedia
Bassa
Intermedia
Bassa
Intermedia
Intermedia
Intermedia
Bassa
Intermedia
Bassa
Intermedia
Intermedia
Intermedia
Intermedia
Intermedia
Intermedia
Alta
Intermedia
Alta
Intermedia
Alta
Alta
40-49
50-59
60-69
Modificata da Montalescot et al.35.
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G ITAL CARDIOL | VOL 15 | APRILE 2014
parte dei casi dopo test di induzione di ischemia, la malattia
coronarica era presente nel 37.6% dei casi ed era correlata ai
fattori di rischio tradizionali e alla sintomatologia. Il valore incrementale di un test di induzione di ischemia positivo era limitato e aggiungeva poco ai criteri “classici” di valutazione
del rischio CV. Infatti l’ECG da sforzo non è indicato in soggetti asintomatici e va considerato (peraltro in classe IIb-B) solo in casi particolari come quello di individui a rischio intermedio (adulti sedentari che intendono iniziare un programma di
attività fisica), particolarmente per la valutazione della capacità funzionale24.
In genere non è quindi consigliata l’esecuzione di test di induzione di ischemia in pazienti a basso rischio CV, asintomatici (Tabella 5). Nel caso di pazienti diabetici, anche asintomatici,
l’esecuzione di test da sforzo è consigliata in previsione di attività fisica strenua36.
Stress imaging
I test di imaging, in particolare eco-stress e scintigrafia miocardica, sono indicati nel paziente con ECG a riposo patologico o
con incapacità ad eseguire un test da sforzo al cicloergometro
o con treadmill (in questo caso vengono utilizzati gli stressor
farmacologici). Le due metodiche hanno sostanzialmente lo
stesso ruolo diagnostico e prognostico: identificare nel paziente a rischio CV intermedio ed ECG non valutabile o nel paziente a rischio CV elevato presenza, sede ed estensione di ischemia miocardica31,38. Non sono indicati quindi nei pazienti con
bassa probabilità pre-test e in pazienti con probabilità intermedia ed ECG di base normale, in grado di svolgere attività fisica. Infatti, la positività della tomografia computerizzata ad
emissione di fotone singolo (SPECT) in pazienti senza sintomi di
angina tipica è solo del 3%39. Va ricordato che l’ecocardiografia da stress è dotata di una maggiore specificità rispetto alla
scintigrafia miocardica da sforzo che invece vanta una maggiore sensibilità40. Tale aspetto, anche in considerazione della
bioesposizione a sostanze radioattive nel caso della scintigrafia
miocardica, non va dimenticato soprattutto quando il candidato all’esame è una donna in età fertile5. Inoltre l’eco-stress e la
scintigrafia miocardica non vanno eseguiti nei pazienti instabili con sindrome coronarica acuta ad alto rischio, aritmie non
controllate, scompenso cardiaco instabile, pressione arteriosa
non controllata, pericardite o miocardite, embolia polmonare,
stenosi aortica severa sintomatica, dissezione aortica41.
È importante tenere conto delle modificazioni temporali nei
risultati dei test non invasivi eseguiti per la diagnosi di cardiopatia ischemica. Rozanski et al.39 hanno osservato, in una serie
di pazienti seguiti dal 1991 al 2009, una riduzione significativa
nella positività della SPECT (dal 29.6% nel 1991 al 5% nel
2009) e negli esami con ischemia di grado almeno moderato
(dal 20.6% al 4.6%). Questo trend di riduzione nella positività
del test di induzione di ischemia va di pari passo con un aumento dell’utilizzo di statine, antiaggreganti e farmaci antipertensivi39, miglior controllo dei fattori di rischio e riduzione dell’età dei pazienti studiati (Tabella 5).
Test da sforzo e test di imaging nel paziente diabetico
Il paziente diabetico ha il rischio di sviluppare una cardiopatia
ischemica 2-3 volte maggiore della popolazione generale: per
tale ragione nelle linee guida viene equiparato al paziente con
cardiopatia ischemica manifesta42. Comunque la valutazione dei
fattori di rischio CV associati (Framingham), del danno micro- e
macrovascolare e l’utilizzo di punteggi di score del rischio ci con-
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APPROPRIATEZZA IN PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE
Tabella 5. Utilità degli esami strumentali ai fini della ricerca di ischemia silente e di malattia coronarica.
Esame
Popolazione
Appropriatezza
Note
ECG Holter
Test ergometrico
Popolazione generale
Popolazione generale asintomatici
Rischio intermedio
Paziente asintomatico
Basso rischio, ECG valutabile, in grado di fare sforzo fisico
Rischio intermedio, ECG non valutabile
Rischio elevato
Paziente instabile
Asintomatici, probabilità bassa
Sintomatici, probabilità elevata, ECG non valutabile e non
in grado di fare sforzo fisico
Probabilità intermedia
Fibrillazione atriale
Diabetico asintomatico
Non necessario
Non necessario
Utile
Non necessario
Non necessario
Utile
Utile
Non indicato
Non indicata
Incerta
Preferire test ergometrico
Stress imaging
TC coronarica
Utile
Non indicata
Non indicato
TC, tomografia computerizzata.
sentono di stratificare meglio il rischio di eventi CV43-45. L’esecuzione del test da sforzo nel paziente diabetico asintomatico non
è consigliata nelle linee guida ESC né ACC/AHA23,24,36. Nelle linee guida dell’American Diabetes Association (ADA) del 201346,
il test da sforzo nel paziente diabetico è consigliato solo in presenza di “fondato” sospetto di cardiopatia ischemica: riscontro
di ECG patologico o di sintomi tipici o atipici per cardiopatia
ischemica. Nel paziente diabetico è più frequente la presenza di
alterazioni del tratto ST senza dolore toracico e la specificità del
test è spesso ridotta dalla presenza di ischemia silente, aumento di massa miocardica ed alterazioni della conduzione intraventricolare47. Per tale ragione vengono preferiti i test di imaging nella ricerca di ischemia46, come l’eco-stress (fisico, con dobutamina o dipiridamolo)47-51.
Il più grande studio sulla ricerca di ischemia silente nel paziente diabetico che ha utilizzato la scintigrafia miocardica, lo
studio DIAD, non ha dimostrato beneficio sulla prognosi in una
popolazione a basso rischio di eventi ed ECG normale nei quali si sia indagata la presenza di ischemia miocardica. Gli eventi
CV sono risultati comunque bassi (0.6%/anno) nei pazienti diabetici trattati in terapia medica ottimale9. La necessità della rivascolarizzazione e il suo valore prognostico sembrano correlare
con l’estensione dell’area ischemica nei diabetici asintomatici.
In uno studio condotto su 826 diabetici asintomatici (età 62 ±
12 anni; 76% maschi) senza malattia coronarica nota, i pazienti
venivano classificati sulla base dell’entità del difetto di perfusione alla SPECT a rischio basso, intermedio o alto. La rivascolarizzazione precoce era eseguita mediante bypass aortocoronarico (BPAC) o angioplastica coronarica (PCI). All’analisi multivariata solo i soggetti con difetto di perfusione esteso (>25%
del totale) e rivascolarizzati con BPAC piuttosto che con PCI
presentavano un miglioramento indipendente della sopravvivenza libera da eventi (p=0.03) dopo 5 anni di follow-up, mentre non vi era vantaggio nell’eseguire la rivascolarizzazione in
soggetti con deficit di perfusione lieve o moderato52. Questi risultati sono stati confermati dallo studio BARI 2D53 che includeva però pazienti diabetici sintomatici. Nella popolazione generale, gli eventi CV maggiori e la mortalità nei pazienti diabetici trattati in terapia medica non erano diversi da quelli rivascolarizzati con PCI o BPAC. L’unico gruppo ad ottenere beneficio era quello con malattia coronarica estesa sottoposto a rivascolarizzazione mediante BPAC piuttosto che a PCI53.
ECG secondo Holter
Non vi sono evidenze dell’utilità dell’ECG Holter in individui
asintomatici senza malattia coronarica nota; così pure il monitoraggio elettrocardiografico non dovrebbe essere utilizzato come test di routine nell’algoritmo diagnostico di ischemia miocardica in soggetti ipertesi32 (Tabella 5).
Angio-tomografia coronarica
Nel paziente asintomatico con probabilità di cardiopatia ischemica bassa o intermedia, non vi è indicazione all’esecuzione di
angio-TC coronarica54.
Nel paziente senza cardiopatia ischemica, in presenza di sintomi sospetti per angina, l’angio-TC coronarica non trova indicazione se la probabilità pre-test è alta, l’ECG è interpretabile
e il paziente è in grado di eseguire uno sforzo fisico adeguato.
L’angio-TC trova indicazione nei casi con probabilità intermedia
di cardiopatia ischemica o in quelli con probabilità intermedia
o bassa, ECG non interpretabile e incapaci di eseguire un adeguato sforzo fisico54,55. Nel paziente che ha eseguito precedente
test da sforzo con un Duke treadmill score a probabilità alta o
bassa di cardiopatia ischemica e allo stesso modo nel paziente
con pregresso stress imaging positivo per ischemia moderata o
severa non è indicato eseguire l’angio-TC coronarica (Tabella
6)56. Infine, nella valutazione di fibrillazione atriale di recente
insorgenza non vi è indicazione ad eseguire l’angio-TC.
L’angio-TC coronarica trova invece indicazione in presenza
di pregresso test di induzione negativo con persistenza di sintomi o test di imaging con risultato dubbio (discordanza ECG
Tabella 6. Treadmill scorea per la valutazione della probabilità di malattia coronarica in pazienti con dolore toracico sottoposti al test da
sforzo.
Variabili al test da sforzo
Tempo di esercizio secondo protocollo di Bruce (min)
Deviazione massima del tatto ST ad 80 ms dal punto J (mm)
Score di angina (nessuna/non limitante/limitante)
a
treadmill score: i pazienti vengono classificati in rischio alto (punteggio ≤-11), basso (punteggio ≥5) ed intermedio (punteggio da 4 a -10)
che corrispondono ad una mortalità ad 1 anno rispettivamente del
5.25%, 0.25% e 1.25%56.
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vs imaging) o test con probabilità intermedia54. Nella valutazione di disfunzione ventricolare sinistra di recente diagnosi, se
la probabilità pre-test è bassa o intermedia, può essere eseguita l’angio-TC54.
Il CACS è stato proposto come test di stratificazione di malattia coronarica in soggetti asintomatici con rischio CV intermedio per il suo elevato potere predittivo negativo e in pazienti
con familiarità per cardiopatia ischemica precoce54,57. Molti soggetti potrebbero essere riclassificati come a basso rischio se il
CACS è negativo (pari a 0)58. Tuttavia la presenza di stenosi coronariche significative (≥75%) non è completamente esclusa
da un CACS =0, ma vi è una certa percentuale di falsi negativi
variabile tra 13% e 18%59,60. In realtà mancano a tutt’oggi studi prospettici e controllati che abbiano provato l’efficacia della
strategia dello screening dell’aterosclerosi mediante CACS sull’outcome clinico. Inoltre lo screening con TC potrebbe essere
persino dannoso non soltanto in considerazione dell’esposizione radiologica, che pure è ridotta con gli apparecchi di ultima
generazione, ma anche della necessità di eseguire ulteriori test
invasivi nei falsi positivi, e dei possibili effetti collaterali della terapia farmacologica prescritta ai pazienti falsamente positivi ai
test25 (Tabella 5).
PREVENZIONE SECONDARIA E TERZIARIA.
FOLLOW-UP DEL PAZIENTE CARDIOPATICO CRONICO:
QUALI SONO LE INDAGINI NON APPROPRIATE?
Ecocardiografia a riposo
L’ecocardiografia fornisce importanti informazioni prognostiche
nel paziente con cardiopatia ischemica in quanto consente di
escludere o documentare alterazioni della cinetica segmentaria
in termini di sede ed estensione, quantificare l’IVS, valutare la
funzione ventricolare sinistra sistolica e diastolica, monitorare il
rimodellamento ventricolare ed escludere una valvulopatia rilevante35. È noto da tempo che la disfunzione sistolica ventricolare sinistra si associa ad aumento della mortalità nei pazienti con
cardiopatia ischemica, con e senza storia di infarto miocardico55,61-63. È altrettanto ampiamente accettato il ruolo prognostico della disfunzione diastolica, valutabile in modo non invasivo
con l’ecocardiografia, in grado di identificare sia in fase precoce che tardiva dopo infarto i pazienti con prognosi peggiore64,65.
Un altro aspetto da considerare nel follow-up ecocardiografico del paziente con cardiopatia ischemica nota in generale
e con storia di infarto miocardico in particolare è quello del rimodellamento ventricolare che può avere ripercussioni sfavorevoli sia sulla funzione ventricolare sinistra che sulla prognosi66-68.
Al di fuori della finestra temporale dei primi 6 mesi dopo infarto miocardico nella quale è utile ripetere l’ecocardiografia
per monitorare la funzione sisto-diastolica e l’evoluzione del rimodellamento, in particolare in pazienti con funzione sistolica
ridotta o estesa asinergia in fase acuta, la ripetizione dell’esame ecocardiografico (specie a cadenza annuale) non è utile in
pazienti con cardiopatia ischemica cronica clinicamente stabili,
senza precedente storia di disfunzione ventricolare sinistra sistolica e diastolica, se l’ECG rimane invariato e se non si prevede alcun cambiamento terapeutico30,31,35 (Tabella 7).
Test da sforzo nella cardiopatia ischemica cronica
e nei rivascolarizzati con angioplastica o bypass
aortocoronarico
La ripetizione del test da sforzo di routine (<2 anni dal test precedente) non è indicata in pazienti con cardiopatia ischemica
cronica stabili senza modificazioni di sintomi o all’obiettività.
Inoltre non è indicata in pazienti con cardiopatia ischemica con
comorbilità importante che ne limiterebbe la possibilità di rivascolarizzazione36.
Dopo rivascolarizzazione con PCI non è utile ripetere il test
di induzione di ischemia di routine (a meno di 2 anni dalla PCI)
tranne nei casi in cui la rivascolarizzazione sia stata incompleta
o di nuova comparsa di sintomi36,69.
Dopo rivascolarizzazione con BPAC non è indicato eseguire il test di induzione di ischemia di routine (a meno di 5 anni
dalla rivascolarizzazione) tranne nei casi in cui la rivascolarizza-
Tabella 7. Utilità degli esami strumentali nel follow-up del cardiopatico cronico.
Esame
Popolazione
Timing
Scopo
Appropriatezza
Ecocardiografia
Clinicamente stabili
Entro 6 mesi da evento
Annuale
Funzione e rimodellamento VS
Funzione e rimodellamento VS
Utile
Non necessaria
Test ergometrico
Clinicamente stabili
Asintomatici post-PCI
(entro 2 anni) o post-BPAC
(entro 5 anni)
Post-PCI (entro 2 anni)
o post-BPAC (entro 5 anni)
se nuovi sintomi o
rivascolarizzazione incompleta
Entro 2 anni dall’evento
Entro 2 o 5 anni
Ischemia inducibile
Ischemia inducibile
Non necessario
Non necessario
Prima di 2 o 5 anni
Ischemia inducibile
Utile
Stress imaging
Solo se ECG basale non valutabile o inadeguata capacità funzionale. Per indicazioni vedi test ergometrico
ECG Holter
Cardiopatia ischemica cronica
Aritmie sospette o angina
vasospastica
Ischemia miocardica
Ischemia o aritmie
Non necessario
Utile
TC coronarica
Sindrome coronarica
acuta/IMA
Cardiopatia ischemica cronica
Post-PCI e post-BPAC
Post-BPAC se sintomi
Valutazione malattia coronarica
Non indicata
Valutazione malattia coronarica
Valutazione malattia coronarica
Verifica pervietà graft
Non indicata
Non indicata
Utile
Prima di 2 o 5 anni
Prima di 5 anni
BPAC, bypass aortocoronarico; IMA, infarto miocardico acuto; PCI, angioplastica coronarica; TC, tomografia computerizzata; VS, ventricolo sinistro.
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APPROPRIATEZZA IN PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE
zione sia stata incompleta o di nuova comparsa di sintomi69. È
controindicata l’esecuzione di test di induzione di ischemia in
pazienti con diagnosi di sindrome coronarica acuta o infarto
miocardico acuto, con instabilità emodinamica o aritmica, mancato controllo pressorio, pericardite o miocardite, embolia polmonare, stenosi aortica severa sintomatica, dissezione aortica36,55 (Tabella 7).
Stress imaging
In pazienti con alterazioni ECG al tracciato di base che ne limitino la valutazione è da preferire per l’induzione di ischemia lo
stress imaging (ecocardiografia con stress fisico o farmacologico, scintigrafia miocardica). L’ecocardiografia con stress fisico o
farmacologico non è indicata in assenza di alterazioni elettrocardiografiche al tracciato di base che ne limitino l’affidabilità30.
Le indicazioni nella tempistica dell’esecuzione dell’ecostress o scintigrafia miocardica sono le stesse del test da sforzo: in assenza di variazioni della sintomatologia la ripetizione di
routine dell’esame non andrebbe eseguita nel paziente stabile
mai prima di 2 anni dalla precedente indagine, specie se il precedente test di induzione era negativo o debolmente positivo,
né prima di 2 anni dalla PCI o prima di 5 anni dal BPAC con rivascolarizzazione completa31,69. Inoltre l’ecocardiografia e la
scintigrafia con stress fisico o farmacologico non andrebbero
eseguite dopo precedente test da sforzo a basso rischio (basso
Duke treadmill score)31,35.
È in questo campo che si ritrova la maggiore incidenza di
inappropriatezza. La percentuale di stress test inappropriati in
letteratura è intorno al 13-14%70. In uno studio multicentrico,
la richiesta inappropriata riguardava in un quarto dei casi pazienti rivascolarizzati con PCI, con richieste di scintigrafie a meno di 2 anni dalla procedura70,71. La richiesta inappropriata parte più frequentemente da non cardiologi che da cardiologi, ha
variazioni regionali (negli Stati Uniti) e riguarda più spesso pazienti donne. In un altro studio72 si osserva che nel 60% dei casi viene richiesto uno stress test dopo rivascolarizzazione con
PCI o BPAC, con un picco temporale a 6-12 mesi dalla procedura. Di questi pazienti solo l’11% viene sottoposto a successiva coronarografia entro 1 mese e solo il 5% ad una seconda
procedura di rivascolarizzazione. Verosimilmente vi è un’eccessiva utilizzazione dello stress test, considerato che le percentuali di angina registrate ad 1 anno dalla PCI erano circa il 18%,
quando ancora non si utilizzavano gli stent medicati (Tabella 7).
ECG secondo Holter
Il monitoraggio dinamico dell’ECG secondo Holter può identificare alterazioni di natura ischemica durante le attività quotidiane, ma in genere non aggiunge valore prognostico alle informazioni ottenute dal test di induzione di ischemia35,73. Non
è indagine raccomandata per il monitoraggio dei pazienti con
cardiopatia ischemica cronica. Trova indicazione nel caso siano
sospettate aritmie maggiori (classe I-C) o nel caso di sospetta
angina vasospastica (classe IIa-C) (Tabella 7).
Angio-tomografia coronarica
L’angio-TC coronarica non va eseguita in presenza di sindrome
coronarica acuta o infarto miocardico acuto54. L’esecuzione dell’angio-TC coronarica non trova indicazione nel paziente con
cardiopatia ischemica cronica, stabile al follow-up. Non vi è utilità a ripetere l’angio-TC nel paziente precedentemente sottoposto a rivascolarizzazione con BPAC prima di 5 anni dall’intervento se asintomatico o nel paziente sottoposto a pregres-
sa PCI con impianto di stent prima di 2 anni (specie se stent
con diametro <3 mm)54,55. In presenza invece di sintomi sospetti
ischemici o equivalenti ischemici, l’angio-TC può essere impiegata per verificare la pervietà del graft54.
L’angio-TC è inappropriata nel paziente con pregresso infarto o con scompenso cardiaco nella valutazione della morfologia o della funzione ventricolare sinistra o come prima valutazione di massa o trombo intra- o extracardiaco.
L’angio-TC coronarica può trovare indicazione nel caso di
precedente test di induzione di ischemia positivo o dubbio o
insorgenza/peggioramento di sintomi e test da sforzo normale69 (Tabella 7).
Coronarografia
L’esecuzione di una coronarografia nel paziente con cardiopatia ischemica non è indicata quando il paziente non sia propenso ad eventuale intervento di rivascolarizzazione55,73,74 o
quando la rivascolarizzazione non sia indicata o non determini
un miglioramento della qualità o quantità della vita. La coronarografia non è utile in quei pazienti con angina a basso rischio e test di induzione dubbio o non conclusivo73. Nel paziente già rivascolarizzato non vi è indicazione a ripetere la coronarografia in assenza di ischemia dimostrata ai test di induzione o in assenza di sospetto clinico-strumentale di ischemia74.
Nel paziente già rivascolarizzato e nel quale non vi sia indicazione a nuova rivascolarizzazione non è indicata la ripetizione
della coronarografia73.
VALUTAZIONE PREOPERATORIA.
INDAGINI CARDIOLOGICHE NON INDICATE NELLA
STRATIFICAZIONE PREOPERATORIA DEL PAZIENTE
DA SOTTOPORRE A CHIRURGIA NON CARDIACA
Ecocardiografia a riposo
L’ecocardiografia preoperatoria di routine nel paziente asintomatico senza evidenza di malattia CV non è indicata. Nei pazienti a basso rischio CV (<3 fattori di rischio), asintomatici e
con buona capacità funzionale (>4 METS), la valutazione della
funzione ventricolare sinistra con ecocardiografia non è raccomandata di routine, perché non cambia la classe di rischio del
paziente, ma può essere utile in pazienti a rischio CV medio-alto candidati a chirurgia ad alto rischio vascolare (classe IIa-C)75
(Tabella 8).
Tabella 8. Utilità degli esami strumentali ai fini della valutazione
preoperatoria della chirurgia non cardiaca.
Esame
Popolazione
Appropriatezza
Ecocardiografia
Basso rischio CV,
asintomatici, capacità
funzionale >4 METS
Basso rischio CV,
asintomatici, capacità
funzionale >4 METS
Se basso rischio CV,
capacità funzionale
>4 METS e
rivascolarizzazione
o stress test negativo
entro 1 anno
Non necessaria:
non modifica classe
di rischio
Non necessario
indipendentemente
dal rischio chirurgico
Non necessaria
Test di induzione
di ischemia
TC coronarica
CV, cardiovascolare; TC, tomografia computerizzata.
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Test di induzione di ischemia
L’esecuzione del test di induzione di ischemia non è indicata
nei pazienti asintomatici a basso rischio CV da sottoporre a chirurgia a basso rischio, nei pazienti asintomatici con buona capacità funzionale (>4 METS) nella valutazione preoperatoria di
intervento a rischio intermedio. Non è utile inoltre eseguire rivalutazione con test di induzione di ischemia in paziente stabile, asintomatico, con recente (meno di 1 anno prima) evidenza
di coronarie angiograficamente normali o test di induzione di
ischemia negativo o recente rivascolarizzazione (BPAC meno di
5 anni prima, PCI meno di 2 anni prima), anche se da sottoporre ad intervento ad alto rischio (chirurgia vascolare)69,75.
I test di induzione di ischemia trovano indicazione in pazienti con più di un fattore di rischio da sottoporre a chirurgia
vascolare o pazienti da sottoporre a trapianto di fegato o rene
e bassa capacità funzionale69,75 (Tabella 8).
Angio-tomografia coronarica
Non vi è indicazione condivisa nell’impiego dell’angio-TC coronarica nel preoperatorio. Non vi è indicazione nella chirurgia
a basso rischio, indipendentemente dalla capacità funzionale.
Nel paziente da sottoporre a intervento a rischio intermedio e
alto (vascolare) l’angio-TC non trova indicazione in assenza di
predittori di rischio (storia di cardiopatia ischemica, pregresso
scompenso cardiaco, malattia cerebrovascolare, diabete o insufficienza renale cronica con creatinina >2 mg/dl) o quando
la capacità funzionale è buona (≥4 METS) o nel paziente precedentemente rivascolarizzato e con precedente stress test o
coronarografia negativi eseguiti meno di 1 anno prima54,69,74.
Nel work-up pre-intervento non cardiaco non è indicata l’esecuzione dell’angio-TC quando la stima del rischio CV è alta
(Tabella 8).
CONCLUSIONI
Negli ultimi anni si osserva sempre più l’esigenza di identificare dei percorsi diagnostici appropriati. Le maggiori società scientifiche hanno creato documenti sull’appropriatezza delle singole metodiche in cardiologia. Negli Stati Uniti la campagna
Choosing Wisely ha chiesto a numerose associazioni mediche
di individuare i 5 test a maggior rischio di inappropriatezza e,
in Italia, Slow Medicine ha invitato diverse società scientifiche,
tra cui l’ANMCO, a fare altrettanto. Tra le raccomandazioni individuate dalla nostra Associazione quasi tutte riguardano il
mondo della prevenzione: non richiedere di routine il test da
sforzo di controllo in pazienti asintomatici dopo rivascolarizzazione chirurgica o percutanea, non richiedere registrazione Holter in pazienti con dolore toracico da sforzo che siano in grado
di eseguire prova da sforzo, a meno che non vi sia anche il sospetto di aritmie, non richiedere test di imaging associato a test
provocativo in fase di valutazione iniziale di sospetta cardiopatia ischemica e non richiedere prova elettrocardiografica da
sforzo per screening di cardiopatia ischemica in pazienti asintomatici a basso rischio CV.
I motivi dell’interesse delle società scientifiche al tema dell’appropriatezza sono molteplici, rispondono ad esigenze cliniche, economiche, assicurative, medico-legali, di protezione per
i rischi biologici di alcune delle metodiche di imaging. Accanto
a questo vi è l’esigenza di stare al passo con l’evoluzione delle
metodiche e di seguire le modifiche epidemiologiche della cardiopatia ischemica. Le motivazioni cliniche sono legate all’esigenza di richiedere esami e seguire percorsi realmente utili alla diagnosi e alla valutazione prognostica del paziente, evitando dati ridondanti non utili nel work-up diagnostico.
Nelle realtà in cui le spese sanitarie sono coperte dall’assicurazione, il riconoscimento del rimborso spese viene fatto solo quando l’indagine richiesta è considerata appropriata nel
contesto clinico. Ma anche nelle realtà pubbliche vi è necessità di ottimizzare le risorse disponibili, contenere la spesa riducendo le indagini non appropriate, potenziando i percorsi diagnostico-terapeutici riconosciuti come più efficienti.
RIASSUNTO
Negli ultimi anni vi è stato un incremento esponenziale dell’utilizzo della diagnostica strumentale sia invasiva che non invasiva in
ambito cardiologico. Gli esami strumentali, soprattutto quelli non
invasivi sono prescritti spesso in maniera inappropriata. Quando le
indagini comportano esposizione a radiazioni ionizzanti, è importante tenere conto del rischio biologico reale per il paziente che
cresce esponenzialmente in caso di indagini multiple.
D’altra parte non vi è una dimostrazione univoca che l’utilizzo delle indagini diagnostiche possa migliorare l’outcome, ovvero prevenire gli eventi cardiovascolari. Tra i pazienti sottoposti a test di imaging, circa un sesto dei casi non assume terapia adeguata e frequentemente non vengono apportate modifiche di terapia a conclusione dell’iter diagnostico. L’appropriatezza delle indicazioni appare un obiettivo prioritario.
Questa revisione della letteratura, volta ad identificare le indagini
diagnostiche che, in prevenzione cardiovascolare primaria, secondaria e terziaria non apportano alcun contributo alla gestione del
paziente, risponde alla necessità di ottimizzare le risorse disponibili, contenere la spesa e ridurre le indagini non appropriate potenziando i percorsi riconosciuti come più efficienti.
Parole chiave. Appropriatezza; Cardiologia preventiva; Test diagnostici non invasivi.
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