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Mastite bovina da Prototheca
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Convegno Nazionale SIVAR - Veronafiere 4 Febbraio 2010
N. ARRIGONI, G.L. BELLETTI, G. CAMMI, C. GARBARINO, M. RICCHI
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna - Sezione di Piacenza
INTRODUZIONE
La mastite bovina sostenuta dalla microalga Prototheca è stata descritta per la prima volta da Lerche nel 19521; da allora
è stata segnalata in numerose parti del mondo, principalmente come patologia mammaria di origine ambientale ad
insorgenza sporadica. Le forme endemiche di Protothecosi
mammaria, osservate generalmente nei Paesi tropicali, sono
state associate alle peculiari condizioni climatiche di quelle
zone, che favoriscono la rapida moltiplicazione di questo microrganismo nell’ambiente2,3. Negli ultimi anni, tuttavia, sono sempre più frequenti le segnalazioni di focolai di malattia
ad alta prevalenza anche in aree geografiche temperate con
clima di tipo continentale4. La diffusione di questa patologia
anche nel nostro Paese è testimoniata dalle numerose segnalazioni di questi ultimi anni5,6,7,8,9. Un’indagine eseguita su
campioni di latte di massa provenienti da 350 aziende da latte ubicate nella Pianura Padana, ha rilevato la presenza di
Prototheca spp. nel 15% dei campioni esaminati10.
EZIOLOGIA
Le Prototheche sono alghe microscopiche unicellulari eterotrofe, immobili, prive di attività fotosintetica, a riproduzione
asessuata, ampiamente diffuse nell’ambiente, dove vivono allo stato saprofitico.
Attualmente, nell’ambito del genere Prototheca, vengono riconosciute 5 diverse specie: P. zopfii (della quale sono noti i
genotipi 1 e 2), P. winckerhamii, P. blaschkeae, P. stagnora e P.
ulmea11,12.
Allo stato attuale delle conoscenze, le specie reputate responsabili di infezione mammaria nel bovino sono P. zopfii genotipo 213,14 e, più raramente, P. blaschkeae14.
ASPETTI CLINICI
ED ISTOPATOLOGICI
In condizioni naturali la mastite da Prototheca si manifesta
come una patologia della ghiandola mammaria di tipo cronico evolutivo. L’esordio della mastite è generalmente asintomatico o sub-clinico con il solo innalzamento del valore di
cellule somatiche nel latte (anche superiore a 106/ml). Con il
progredire dell’infezione e della conseguente compromissione del parenchima ghiandolare, si possono manifestare dei
segni clinici, quali coaguli nei primi getti, aspetto acquoso
del latte, aumento di consistenza del parenchima e progressiva diminuzione della produzione lattea, associata, nel tempo, ad atrofia del quarto interessato. In condizioni naturali,
la maggior parte delle bovine infette con forme di mastite
cronica elimina significative quantità di microalghe, anche se
spesso in modo intermittente16.
Le forme acute di mastite, per lo più sporadiche, insorgono
con evidente alterazione del secreto mammario (siero purulento) e per l’aumento di volume del quarto. La caratteristica più costante di questo tipo di mastite è sicuramente
l’aumento permanente delle cellule somatiche, anche se, in
particolare nelle infezioni recenti, non mancano casi in cui
il valore di cellule somatiche si mantiene nella normalità.
Sia nei casi cronici che in quelli acuti, non si osservano segni clinici sistemici di malattia15. Da ricordare, però, che
l’infezione mammaria può provocare, in presenza di condizioni predisponenti, l’insorgenza, anche a distanza di tempo, di complicazioni sistemiche legate alla diffusione della
microalga attraverso il circolo ematico a diversi distretti
dell’organismo15,17,29.
P. zopfii genotipo 2 rappresenta il genotipo predominante
nelle infezioni mammarie. Le prove di identificazione eseguite mediante PCR su 49 ceppi di Prototheca spp. isolati da
latte di quarto o di mammella, hanno rilevato che 46 appartenevano alla specie P. zopfii genotipo 2 e 3 a P. blaschkeae
(osservazioni personali).
Il rischio maggiore di contrarre una infezione mammaria da
Prototheca si ha nelle prime settimane di lattazione, a causa
delle condizioni di immunodepressione che accompagnano
il parto e l’inizio della produzione lattea15. Le guarigioni
spontanee in bovine in lattazione sono estremamente rare e
riguardano esclusivamente infezioni negli stadi iniziali16. Va
anche ricordato che la Protothecosi mammaria non guarisce
durante la fase di asciutta e si ripresenta dopo il parto4.
Da un punto di vista istopatologico, il tessuto mammario invaso da Prototheca va incontro ad una progressiva proliferazione interstiziale di tessuto connettivo e contemporaneamente ad atrofia degli alveoli. I linfonodi regionali, pur non
presentando lesioni macroscopiche, possono essere sede di
replicazione della microalga e presentare, all’esame istologico, focolai necrotici e aspetti di proliferazione fibroblastica18.
DIAGNOSI
La diagnosi di mastite da Prototheca, impossibile da un punto di vista clinico per l’assenza sintomi patognomonici, richiede il supporto di esami di laboratorio.
La messa in evidenza di Prototheca spp. nel latte delle singole
bovine viene eseguita seminando 0,01 ml di latte su terreni
colturali comunemente utilizzati nella diagnostica di routine
della mastite (Agar Sangue e Agar Gassner). Le piastre vengono incubate in condizioni di aerobiosi a 37 °C ed esami-
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Mastite bovina da Prototheca
Figura 1 - Prototheca sp.: aspetto microscopico a fresco.
nate a 48 e 72 h. L’utilizzo di un terreno selettivo, quale Agar
Gassner o, in alternativa, Sabouraud agar o Prototheca Isolation Medium (PIM)19, permette di evidenziare bassi livelli di
escrezione di Prototheca, anche in presenza di contaminazione da flora microbica, legata alla non perfetta asepsi nel prelievo del campione.
Sul latte di massa (dell’allevamento o di gruppi di bovine), la
messa in evidenza di Prototheca richiede la semina di 0,5 ml
di latte su terreno selettivo PIM (soglia di rilevabilità: 2
ufc/ml), successivamente incubato a 37 °C per 72 ore in condizioni di aerobiosi. In questo modo è possibile rilevare la
presenza anche di una sola bovina infetta su 100.
Terminato il periodo di incubazione, si procede alla identificazione delle colonie sospette, sia mediante osservazione
della morfologia macroscopica (stereomicroscopio), sia,
dopo colorazione (lactophenol cotton blue o Gram), di
quella microscopica.
Per valutare l’entità della contaminazione ambientale è possibile ricercare ed eventualmente quantificare la presenza di
Prototheca da diverse tipologie di campioni (acqua di abbeverata, acqua di lavaggio della mungitrice, tamponi da tettarelle, alimenti, lettiera, feci). I campioni devono essere raccolti in contenitori o buste sterili, impiegando guanti monouso e conferiti al laboratorio immediatamente, conservandoli a temperatura di refrigerazione o comunque mai superiore a 15 °C.
Altro importante contributo del Laboratorio è la possibilità
di tipizzare i ceppi isolati dalle diverse matrici, allo scopo di
interpretare gli isolamenti ambientali di Prototheca, individuare la/le fonte/i di infezione e adottare gli opportuni provvedimenti gestionali nell’allevamento colpito. Attualmente
sono disponibili tecniche quali: PCR genotipo specifica12,
Restriction Fragment Length Polymorphism (RFLP)13 o Real
Time PCR associata a melting resolution analysis21, in grado
di differenziare le diverse specie di Prototheca e, per P. zopfii,
anche l’appartenenza al genotipo 1 o 2, di differente significato epidemiologico (il genotipo 1 è considerato un saprofita e non è mai stato associato a mastite).
Figura 2 - Colonie di Prototheca zopfii su PIM (Prototheca Isolation Medium) dopo 72 ore di incubazione a 37 °C.
Figura 3 - Particolare delle colonie di Prototheca su PIM.
SENSIBILITÀ DI PROTOTHECA
AGLI ANTIMICROBICI
ED AI DISINFETTANTI
La refrattarietà agli antibiotici utilizzati negli animali colpiti
è una caratteristica della mastite da Prototheca; studi di sensibilità condotti in vitro hanno dimostrato per P. zopfii una
modesta sensibilità ad alcuni antibiotici e fungicidi, come
polimixina B, gentamicina, nystatina, amphotericina B, fluconazolo, itraconazolo e posaconazolo22,23,30. Le prove in vivo
con questi o altri principi attivi, nei casi più favorevoli, hanno determinato solo una riduzione temporanea della sinto-
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Figura 4 - Scadenti condizioni igieniche di allevamento possono
favorire la moltiplicazione dell’alga Prototheca.
matologia e dell’escrezione della microalga. Sono state testate in vitro anche sostanze naturali, come l’olio di tea tree e di
bergamotto, i quali hanno dimostrato un’interessante attività
nei confronti di questa microalga, ma non è stato possibile
testarle in vivo, data la mancanza di preparati per l’utilizzo
endomammario23.
I composti a base di Cloro e Iodio hanno dimostrato una
buona attività alghicida in vitro e vengono quindi raccomandati per la disinfezione dei capezzoli prima e dopo la
mungitura; l’ipoclorito di Sodio, inoltre, può rappresentare un valido presidio per le pratiche di pulizia e disinfezione delle attrezzature e degli ambienti dell’allevamento infetto24. Non va dimenticato, tuttavia, che l’efficacia dei disinfettanti è condizionata, oltre che dalla concentrazione e
dal tempo di contatto, anche dalle caratteristiche di resistenza delle varie specie e ceppi di Prototheca e dalla presenza di materiale organico25,26. Questi fattori, in varia
combinazione tra loro, possono essere responsabili della
colonizzazione degli impianti di mungitura segnalati da
più autori3,26.
EPIDEMIOLOGIA
La Prototheca ha una diffusione ubiquitaria nell’ambiente,
dove predilige habitat ricchi di umidità e di sostanza organica. Può essere isolata da una grande varietà di fonti ambientali, quali i materiali vegetali in decomposizione, piante legnose ed erbacee, terreno, acque dolci e salate, impianti di depurazione, acque di scarico (domestiche e municipali, impianti di macellazione), escrementi di animali domestici e selvatici (bovino, suino, cervo, cane, ecc.), letame,
ambienti di allevamento. Il dilavamento, operato dalle
piogge sui materiali vegetali in disfacimento, ne determina
una ampia diffusione nell’ambiente ed in particolare negli
habitat acquatici. Anche gli insetti ed i roditori potrebbero
svolgere un ruolo importante nella diffusione ambientale
delle microalghe.
Le condizioni favorevoli per lo sviluppo e il mantenimento di Prototheca sono ampiamente presenti nell’allevamento bovino, dove le microalghe possono contaminare
abbeveratoi (acqua e zone circostanti), mangiatoie (alimenti quali mangimi, foraggi, insilati), feci, lettiere, liqui-
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di di percolazione, tettarelle e impianti di mungitura5,26.
L’esposizione ambientale degli animali aumenta se Prototheca è presente nelle feci degli animali stessi. Tale riscontro sembra essere in relazione con il consumo di acqua
ed alimenti contaminati, specialmente se in cattivo stato di
conservazione e ricchi di umidità27. Prototheca, pur non
essendo generalmente in grado di colonizzare l’apparato
digerente dei bovini, è infatti capace di resistere ai processi digestivi e di venire in tal modo eliminata ancora vitale
con le feci. Anche i vitelli, alimentati con latte di bovine infette, possono fungere da efficiente fonte di contaminazione ambientale attraverso l’eliminazione fecale3. La stagione
sembra costituire un altro importante fattore condizionante; infatti nelle zone temperate a clima continentale, la
maggiore incidenza di infezione si osserva nei mesi caldi15.
Gli studi epidemiologici fino ad ora condotti, al fine di verificare il rapporto tra la comparsa di mastiti ed entità della contaminazione ambientale, hanno dato risultati contraddittori. Anche le cause che determinano la comparsa
della malattia in forma sporadica, piuttosto che ad alta
prevalenza, non sono ancora completamente conosciute.
Oltre alla elevata concentrazione di microalghe nell’ambiente, altri fattori predisponenti, strutturali e manageriali, condizionano la diffusione dell’infezione in allevamento15. In particolare le modalità di mungitura, quando non
corrette da un punto di vista igienico, possono favorire la
diffusione dell’infezione, che assume un andamento contagioso. L’escrezione, anche se intermittente, delle microalghe da parte degli animali infetti, la elevata recettività della mammella bovina all’infezione e la efficacia variabile dei
presidi igienizzanti nei confronti di Prototheca sono fattori che depongono a favore dell’ipotesi che la mungitura, in
condizioni igieniche non ottimali, possa essere una fase ad
elevato rischio per la diffusione di questo tipo di mastite in
allevamento7,28.
Sulla base della nostra esperienza, si può presupporre, specialmente se l’allevamento non ha introdotto animali in tempi recenti, che l’infezione abbia generalmente origine ambientale, con successiva diffusione principalmente attraverso
la mungitura da una vacca all’altra, anche se non si può
escludere che una certa quota di animali, in presenza di elevata contaminazione ambientale, continui a contrarre l’infezione direttamente dall’ambiente.
PROFILASSI E CONTROLLO
Quella sostenuta da Prototheca è sicuramente una tra le forme di mastite più difficile da prevenire ed eradicare.
L’applicazione di un tipico protocollo di eradicazione per le
mastiti contagiose ed il miglioramento delle condizioni igieniche dell’allevamento, al fine di limitare la contaminazione
ambientale, generalmente si dimostrano efficaci nel ridurre
la prevalenza di infezione.
Le principali misure da adottare sono rappresentate da:
– identificazione degli animali infetti: è necessario controllare periodicamente il latte di tutte le bovine presenti in
stalla, al fine di individuare anche i soggetti con forme
sub-cliniche. Le vacche risultate positive devono essere separate dalle sane e munte per ultime, al fine di contenere
la diffusione dell’infezione. Qualora la prevalenza di infezione sia tale da avere provocato un innalzamento dei va-
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lori di carica batterica e cellule somatiche del latte di massa, come misura di emergenza può rendersi necessario l’esame individuale delle bovine infette, accelerando la riforma degli animali che contribuiscono maggiormente all’aumento dei parametri alterati.
– identificazione e controllo delle fonti di contaminazione
ambientale: è necessario identificare le fonti di contaminazione ambientale più significative, procedendo al prelievo di campioni in allevamento (lettiera, acqua di abbeverata, acqua di lavaggio della mungitrice, tettarelle, alimenti, feci). Una positività riscontrata nell’acqua di abbeverata, nelle feci e nella lettiera testimonia la presenza ubiquitaria nell’allevamento della microalga, che va controllata
mediante miglioramento delle condizioni igieniche dell’ambiente di stabulazione.
Particolare attenzione va rivolta al drenaggio delle zone
umide e all’igiene della lettiera, aumentando la frequenza
di rinnovo, soprattutto nella zona dedicata alle vacche
asciutte e al parto.
Gli abbeveratoi devono essere sottoposti ad accurata pulizia periodica, sostituendo quelli di difficile pulizia.
Come per tutte le forme ambientali, è inoltre opportuno
evitare che le vacche si corichino sulla lettiera, cercando di
mantenerne la posizione eretta per i primi 30 minuti dopo la mungitura, mettendo loro a disposizione acqua e cibi freschi appetibili.
– controllare i fattori di rischio per le infezioni endomammarie: i fattori di rischio da prendere in considerazione
sono quelli che possono alterare l’integrità e la funzionalità del canale del capezzolo e facilitare l’entrata della microalga. Per questo motivo deve essere verificata la funzionalità dell’impianto (stabilità e livello del vuoto, assenza di
sovramungitura) e le operazioni effettuate dal personale
durante la mungitura (pulizia della cute dei capezzoli prima dell’attacco del gruppo, disinfezione pre- e post-mungitura con un disinfettante efficace). I sistemi automatici
di lavaggio in controcorrente dei prendicapezzoli (“backflushing”), riducendo il livello di contaminazione della
tettarella, sono in grado di ridurre il rischio, anche se non
lo azzerano. Inoltre deve essere rispettata la scrupolosa applicazione di norme igieniche nella procedura utilizzata
per i trattamenti endomammari, poiché, in presenza di
una elevata contaminazione ambientale e quindi del capezzolo, è possibile in questa fase la penetrazione dell’alga
all’interno della mammella.
– monitorare la presenza di infezione in allevamento mediante esami di laboratorio: una volta eliminati o segregati gli animali positivi, è consigliabile monitorare frequentemente lo stato di infezione del gruppo degli animali negativi, mediante esame batteriologico del latte di massa, prelevato dai vari gruppi di mungitura (freschissime,
fresche, avanti in lattazione, ecc). Inoltre è sempre da prevedere il monitoraggio delle mastiti cliniche o sub-cliniche, anche nei casi di solo rialzo cellulare.
CONCLUSIONI
La mastite bovina sostenuta da Prototheca è una patologia
ampiamente diffusa sul nostro territorio. La presenza ubiquitaria di Prototheca nell’ambiente e la sua caratteristica di
assoluta refrattarietà ai trattamenti terapeutici rende parti-
colarmente complicata la profilassi ed il controllo dei focolai
di malattia. L’unica azione efficace sembra essere quella di individuare il più precocemente possibile la presenza dell’infezione nella mandria. A questo riguardo va sottolineato che il
latte di massa si conferma un campione estremamente valido, oltre che pratico e poco costoso, per rilevare in tempi rapidi la presenza di Prototheca in allevamento. Per impedire
che la diffusione della mastite raggiunga livelli tali da compromettere la produttività dell’allevamento, è quindi necessaria la predisposizione di rigorose misure igienico-sanitarie,
volte a ridurre la contaminazione ambientale e ad impedire
la trasmissione dell’infezione attraverso la mungitura.
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delle review non è previsto una schema guida ma l’argomento deve essere trattato in modo completo e suddiviso in capitoli per renderlo il più chiaro possibile.
Il testo va redatto con carattere Times New Roman 12
punti, margini laterali, superiore e inferiore di 2 centimetri, interlinea singola e non deve superare il numero di caratteri (spazi inclusi) indicato nel paragrafo
precedente per ciascun tipo di contributo.
TABELLE E FIGURE - Le tabelle e le figure (grafici disegni ed immagini) sempre richiamate nel testo, devono essere con numeri arabi e corredate da titoli o didascalie concisi ma sufficientemente dettagliati, in
modo che risultino comprensibili senza dovere fare riferimento al testo. Tabelle e figure, salvo diversi accordi presi con la redazione o casi particolari (es. documentazioni fotografiche) devono essere nel numero
massimo indicato nel paragrafo precedente.
BIBLIOGRAFIA - Le referenze bibliografiche ritenute
essenziali (possibilmente non oltre 15 ad eccezione
delle review) devono essere richiamate nel testo con
un numero progressivo fra parentesi ed elencate nello
stesso ordine numerico nella bibliografia.
Per gli articoli tratti da riviste si dovranno indicare: cognome e iniziale del nome dell’Autore e dei Coautori,
anno di pubblicazione, titolo dell’articolo, indicazione
abbreviata della rivista (in accordo all’Index Medicus),
numero del volume, numero della pagina iniziale e finale.
Per citazioni bibliografiche di articoli o capitoli con-
tenuti nei libri di testo, si dovranno indicare: cognome e iniziale del nome dell’Autore e dei Coautori, anno di pubblicazione, titolo del capitolo, titolo del libro, numero del volume (se più volumi), editori, edizione, pagina iniziale e finale del capitolo, casa editrice e sua sede.
Si riportano due referenze a titolo di esempio:
1. Galey F.D., Terra R., Walker R., Adaska J., Etchebarne M.A., Puschner B., Fisher E., Whitlock R.H.,
Rocke T., Willoughby D., Tor E. (2000) Type C botulism in dairy cattle from feed contamined with a
dead cat. J Vet Diagn Invest, 12: 204-209.
2. Gustafson D.P. (1986) Pseudorabies. In: Diseases of
swine, Ed. Dunn H.W., 5th ed., 274-289, Iowa State
University Press, Ames, IA.
VALUTAZIONE
Tutti i lavori ritenuti conformi alle linee guida sopradescritte verranno sottoposti al giudizio di lettori
esperti per una valutazione dell’interesse pratico e della validità scientifica. I pareri saranno riassunti in una
scheda di lettura inviata al primo autore del lavoro,
tramite la quale potranno essere richieste precisazioni
o modifiche. La redazione si riserva comunque il diritto di accettare o meno un lavoro e l’eventuale data di
pubblicazione. I lavori rinviati agli autori con richieste
di modifiche dovranno essere corretti e restituiti entro
30 giorni. Le bozze di stampa saranno inviate al primo
Autore se non diversamente richiesto. Le bozze corrette dovranno essere inviate alla Redazione della rivista
entro sette giorni dalla ricezione. Le correzioni dovranno essere limitate agli errori tipografici e non dovranno alterare la lunghezza del testo. In ogni caso i
materiali inviati non verranno restituiti.
ESTRATTI DEGLI ARTICOLI
L’editore provvede a stampare ed inviare al primo autore 50 copie degli estratti dell’articolo. Un numero
superiore di copie potrà essere richiesto a pagamento
unitamente all’invio delle bozze di stampa corrette.
INVIO
Il contributo deve essere inviato esclusivamente in formato elettronico con file di testo in Microsoft Word
(Mac o Windows) e immagini di buona qualità, nei
formati JPEG, GIF, EPS e TIFF. Il tutto su floppy disk,
CD-Rom o direttamente via email come allegati. Il
materiale va inviato a: Segreteria SIVAR, Palazzo Trecchi, Via Trecchi 20, 26100 CREMONA.
Per informazioni: Paola Orioli - Tel. 0372 403539,
email: [email protected].
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