L'applicabilità alle PMI dei principi italiani di valutazione d'azienda
di Andrea Arrigo Panato
Focus del 07 dicembre 2015
Focus di Andrea Arrigo Panato
La Fondazione OIV ha pubblicato i Principi Italiani di Valutazione, elementi
imprescindibili sui quali deve basarsi un esperto valutatore. Non poche le
criticità delle valutazioni per le PMI, anche in ordine all'applicabilità del
principio di proporzionalità.
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I Principi Italiani di Valutazione, recentemente pubblicati dalla Fondazione OIV, rappresentano uno dei
testi di riferimento per il cultore della materia e per il professionista esperto valutatore. L’OIV, Organismo
Italiano di Valutazione, è stato costituito nel 2012 ed è una fondazione indipendente senza scopi di lucro
promossa da:
AIAF,
ANDAF,
ASSIREVI,
Borsa Italiana,
CNDCEC,
Università L. Bocconi.
La missione dell’OIV consiste nel promuovere la qualità delle valutazioni e, per questa via, di accrescere
la fiducia dell’utilizzatore finale delle stesse (che normalmente non è il committente). Missione che la
Fondazione intende realizzare perseguendo i seguenti obiettivi:
predisporre e mantenere aggiornati i Principi italiani di valutazione (PIV);
partecipare al dibattito internazionale degli esperti di valutazione;
divenire un punto di riferimento per il legislatore nazionale.
L’adesione ai PIV potrà avvenire da parte dell’esperto a partire dall'1° gennaio 2016 su base volontaria ma
appare ragionevole prevedere che, vista l’autorevolezza degli enti coinvolti, in un futuro prossimo diventeranno i
principali riferimenti tecnici per il professionista valutatore, per la giurisprudenza e per il Legislatore.
Gli effetti sulla evoluzione della professione del Commercialista
I PIV se da una parte ambiscono a diventare i principi di riferimento per gli esperti valutatori, dall’altra
rappresentano fin da ora, attraverso un miglioramento degli standard qualitativi condivisi, l’ennesimo stimolo
alla specializzazione della professione di Dottore Commercialista ed esperto contabile.
La sfida non è banale e contribuirà, ci auguriamo, ad una maggiore specializzazione dei professionisti
coerentemente con l’ambizioso progetto delle Scuole di Specializzazione voluto dal CNDCEC ed il nuovo ruolo
delle Fondazioni locali.
Una via che pare ormai obbligata perché i principi italiani di valutazione rappresenteranno da una parte uno
strumento a tutela per l’esperto che si uniformerà ad essi ma contemporaneamente una fonte di maggiori
rischi e di responsabilità personale per i professionisti meno preparati che non opereranno conformemente alle
best practice.
Inoltre, se è condivisibile l’esigenza di cui l’OIV si fa portavoce di avviare un processo in grado di
trasformare l’attività valutativa in professione , uniformando o introducendo nuovi sistemi di
accreditamento, di formazione permanente, codici etici, etc. atti a eliminare, o meglio, ridurre il problema del
conflitto di interessi, è altresì auspicabile giungere a ciò non attraverso la nascita di una nuova figura
professionale ma valorizzando le tradizionali competenze dei commercialisti attraverso una
specializzazione che rappresenti ulteriore garanzia per l’interesse pubblico.
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Per i professionisti sarà quindi necessario affrontare la specializzazione in una materia che vede e vedrà
sempre più in futuro definirsi procedure e best practice condivise pianificando un percorso già indicato dal Prof.
Bini fatto di:
competenze,
organizzazione di Studio,
modalità di competizione,
relazioni con i committenti.
La valutazione secondo i PIV
Obiettivo dei PIV è ridurre i margini di discrezionalità del processo di valutazione che, peraltro, resta
sempre un giudizio professionale, che può divergere da un esperto all’altro, perché la valutazione è un
giudizio ragionato e motivato che si fonda su stime. Non è mai il risultato di un mero calcolo matematico.
La rete concettuale di base è ispirata alle stesse logiche del framework dei principi internazionali di valutazione
(IVS), pur prevedendo un maggiore dettaglio. Gli IVS sono principi c.d. high level, ossia di ordine generale,
i PIV sono principi caratterizzati da un maggior dettaglio e più analitici . Le premesse, i commenti, gli
esempi e gli allegati svolgono la funzione di chiarire meglio i contenuti dei principi, ma non sono parte dei
principi (il loro contenuto non è, quindi, vincolante).
La valutazione richiede l’esercizio professionale di un giudizio . Affinché tale giudizio sia fondato su basi
solide, è indispensabile che l’esperto disponga di adeguate competenze tecniche, di una buona esperienza
professionale e delle necessarie conoscenze in merito all’oggetto della valutazione e sia nelle condizioni di
esprimere un giudizio affidabile.
L’opinione di valore cui giunge l’esperto deve essere:
razionale (schema logico rigoroso),
verificabile (verificabilità dei dati ed attendibilità ed autorevolezza delle fonti),
coerente con l’incarico ricevuto,
affidabile, riducendo la discrezionalità valutativa,
svolta con professionalità (best practice, PIV),
svolta con Competenza (capacità, esperienza e conoscenza requisiti per accettare l’incarico).
L’esperto deve precisare la tipologia di lavoro svolto che è possibile individuare in:
valutazione,
parere valutativo (in cui viene effettuata solo una parte del processo valutativo),
parere di congruità (es. giudizio su concambio),
calcolo valutativo (puro calcolo sulla base di formule),
revisione del lavoro di altro esperto.
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In particolare, la valutazione d’azienda è un documento scritto che contiene un giudizio sul valore fondato
su uno svolgimento completo del processo valutativo che per i PIV si sviluppa attraverso cinque fasi:
la formazione e l’apprezzamento della base informativa;
l’applicazione dell’analisi fondamentale (documentale, di contesto, storica, prospettica, comparativa,
fattori di rischio, variabili di mercato);
la selezione della metodologia o delle metodologie di stima più idonee agli scopi della valutazione;
l’apprezzamento dei principali fattori di rischio;
la costruzione di una razionale sintesi valutativa.
In questo documento vogliamo soffermarci sull’analisi e l’apprezzamento della base informativa, attività
che troppo spesso viene sottovalutata, mentre è proprio in questa fase che si possono riscontrare le maggiori
difficoltà quando l’oggetto dell’analisi è una impresa di minori dimensioni.
Caratteristiche delle PMI e le criticità di valutazione
I PIV ereditano dai IVS un approccio orientato alla valutazione di imprese di dimensioni medio-grandi, dotate di
sistemi di analisi e gestione del rischio e di programmazione e controllo strutturati, in grado di predisporre
periodicamente budget e piani pluriennali.
Alcune caratteristiche tipiche delle PMI possono creare difficoltà non di poco conto all’esperto nel reperire le
informazioni necessarie allo svolgimento dell’incarico con le modalità individuate dall’OIV.
Qui ne riassumiamo alcune:
sistemi di amministrazione e controllo generalmente semplificati o addirittura limitati alla sola contabilità
generale;
pianificazione ed analisi dei rischi sono spesso attività non formalizzate o addirittura non previste in
imprese medio piccole non dotate di sistemi di analisi e gestione del rischio;
sistemi di controllo limitati (collegio sindacale/revisore) o assenti;
ruolo delle persone chiave ed eccessiva dipendenza dell’azienda dalle stesse, in particolar modo
dall’imprenditore.
gli elementi fondamentali per la determinazione dei flussi di cassa futuri risultano dipendenti da fattori
intangibili, difficilmente valutabili, come appunto la capacità imprenditoriale.
Un’attendibile determinazione quantitativa deve peraltro essere fondata sull’analisi dei dati storici e sulla
previsione di piani previsionali sostenibili.
La prima attività è quella di effettuare un’attenta analisi degli ultimi bilanci presentati sino alla data della
valutazione, al fine di apportare le opportune modifiche per la normalizzazione del reddito che deve essere
depurato da:
componenti straordinarie non ripetibili,
costi non inerenti o non correttamente contabilizzati,
politica ammortamenti o politiche di bilancio non rappresentanti correttamente la realtà aziendale,
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compensi soci (sovra o sottorappresentati),
interessi (sovra o sottorappresentati, es. finanziamenti soci gratuiti).
Successivamente, in caso di valutazione d’azienda, l’esperto deve esprimersi sulla ragionevolezza
complessiva del piano a lui sottoposto per la determinazione dei flussi e, ove necessario,
deve integrarlo con specifiche motivazioni.
I Principi Italiani di Valutazione prevedono che il giudizio motivato debba tener conto:
delle finalità per cui è stato redatto il piano e dell’approvazione o meno da un organo aziendale o di
gruppo,
delle esperienze dell’azienda di cui trattasi in materia di gestione programmata,
delle caratteristiche dell’attività svolta dall’azienda e dello scenario di riferimento,
della coerenza strategica del piano, della sua adeguatezza tecnica e della sua operatività,
della ragionevolezza delle ipotesi assunte e delle stime formulate,
della plausibilità dei risultati medio-normali attesi e della loro effettiva sostenibilità,
della ragionevolezza dei rischi impliciti rispetto alle condizioni tipiche della realtà aziendale oggetto di
valutazione, del settore di appartenenza e dell’ambito competitivo di riferimento,
del coinvolgimento delle unità di business responsabili dei risultati previsti,
della qualità del processo di pianificazione.
L’esperto deve infine espressamente segnalare se dal suo esame siano emersi elementi che facciano
ritenere inappropriate le indicazioni del piano anche per l’eventuale comparsa di fatti o circostanze nuovi,
o al contrario, se tali indicazioni possano costituire una base adeguata per la stima.
Il management rimane, comunque, responsabile della veridicità dell’informazione prospettica (piano o
previsione), inclusa l’identificazione e la disclosure delle ipotesi su cui è basata.
Si ricorda, solo per completezza di informazione, che esulano dal processo valutativo descritto dai PIV:
le attività di accertamento e/o di attestazione della veridicità delle informazioni (quali la revisione
contabile, la due diligence, ecc.),
le analisi necessarie all’asseverazione del piano (l’analisi del piano aziendale prevista dai PIV
richiede un’analisi della coerenza complessiva ai fini e nei limiti dell’esercizio valutativo e non è da
intendersi nella forma di un’attestazione del tipo IASE 3400).
Tali attività, se espressamente previste dal mandato (es. valutazioni legali previste dal codice civile), dovranno
essere svolte dall’esperto secondo norme e principi appositamente emanati da autorità ed enti competenti in
materia.
Il valutatore resta, comunque, tenuto ad accertare la validità delle stime e delle previsioni affrontando la
difficoltà tipica delle PMI di disporre di informazioni e di business plan attendibili.
Si può ben comprendere la criticità della fase di apprezzamento della base informativa ricordando che
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una valutazione effettuata sulla base dei principi emessi dall’OIV presuppone “una dichiarazione da parte
dell’esperto che a sua conoscenza non esiste migliore informazione ragionevolmente acquisibile esercitando
l’ordinaria diligenza”.
L’apprezzamento della base informativa
Non si può non esprimere soddisfazione per il recepimento nella versione definitiva dei Principi Italiani di
Valutazione di alcune critiche espresse sulle prime bozze messe a disposizione della comunità
professionale. Le modifiche intervenute in tema di apprezzamento della base informativa appaiono unprimo
passo per avvicinare i PIV alla realtà delle PMI.
In particolare, appare apprezzabile l’inserimento dell’avverbio “ragionevolmente” volto a mitigare un precedente
eccesso di severità sui requisiti della base informativa:
Base informativa: La valutazione deve esprimere un giudizio informato . L’esperto deve, dunque,
precisare la base informativa di cui ha fatto uso e le eventuali limitazioni rilevate . La base informativa
deve risultare ragionevolmente obiettiva e completa. Un giudizio informato presuppone che l’esperto
svolga un’analisi della base informativa a disposizione con il necessario spirito critico (professional skepticism).
Un giudizio informato presuppone, altresì, che l’esperto non accetti incarichi per i quali sia prevista una
remunerazione incompatibile con i costi necessari a garantire la necessaria completezza di base informativa.
Ritroviamo lo stesso avverbio anche nella descrizione dell’analisi della base informativa delle valutazioni
legali:
IV.2.7. L’esperto deve considerare tutta l’informazione rilevante ai fini dell’espletamento del proprio incarico,
assegnando maggiore peso all’informazione di fonte esterna ed indipendente. La base informativa e le ipotesi
alla base della valutazione devono essere ragionevolmente obiettive.
Nonostante i commenti non appaiano sempre coordinati rispetto alle modifiche apportate alle bozze per
giungere alla versione definitiva dei PIV, rappresentano una fonte utile per approfondire il livello di
controllo ed analisi richiesto all’esperto. Ed è proprio nei commenti che vediamo riconosciuto che:
“I contenuti, l’ampiezza ed il grado di approfondimento delle fasi del processo valutativo sono comunque
condizionati dalle informazioni disponibili (ad esempio, nella valutazione d’azienda, la piccola dimensione può
condizionare l’entità delle informazioni disponibili, ridurre la comparabilità, ecc.)."
Se le dimensioni dell’azienda oggetto di valutazione possono rappresentare un limite qualitatitvo e quantitativo
alle informazioni disponibili, l’esperto deve comunque garantire, per quanto gli è possibile, la completezza
della base informativa. Il costo od il tempo di acquisizione di nuove informazioni non è ragione sufficiente per
escluderla.
L’esperto dovrà quindi al momento di accettazione dell’incarico valutare:
l’adeguatezza della sua struttura di Studio,
la remunerazione che dovrà essere ompatibile con i costi necessari a garantire la necessaria
completezza della base informativa,
i tempi che dovranno essere adeguati all’acquisizione dell’informazione rilevante per lo svolgimento
dello specifico incarico.
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Purtroppo, il tema della rinuncia degli incarichi conferiti ex lege, così strettamente legato
all’apprezzamento della base informativa, non viene, per espressa dichiarazione dell’ OIV, trattato nei PIV.
Sarebbe auspicabile un approfondimento in tal senso, vista la rilevanza della questione anche per gli effetti sule
responsabilità professionali dell’esperto valutatore.
Principio di proporzionalità per le PMI
Si auspica l’individuazione di procedure snelle e schemi di relazione semplificati (la relazione di
valutazione ha uno schema tarato sulla grande impresa dotata di sistemi di programmazione e controllo
sofisticati) più facilmente applicabili nell’ambito della valutazione delle piccole e medie imprese analogamente a
quanto previsto ad esempio per “l’applicazione dei principi di revisione internazionali alle imprese di
dimensioni minori”.
Procedure e schemi che restino, sia bene inteso, coerenti con i PIV e IVS che rimangono un riferimento
tecnico non sostituibile. Ci trovano d’accordo in questo senso alcune lettere di commento (quelle di
Francesco Bavagnoli e della Commissione Finanza dell’ODCEC di Milano fra tutte), che ritiengono utile
enfatizzare il principio di proporzionalità della complessità e dell’articolazione del procedimento
valutativo prevedendo semplificazioni per la valutazione di imprese non quotate di dimensione medio-piccola.
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