“IDEE DI GOVERNO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE NEL
PROGETTO ECONOMICO DEL PD”
Con questo contributo il Forum del Pd partecipa alla scrittura del programma di Governo del
Pd che significativamente si titolerà "Industria, servizi,agricoltura 2020".
Esso è sintesi della elaborazione di questi anni; dalla Assemblea tematica di Varese nel 2010,
all'Assemblea del 14 Giugno 2012 a Roma, all’assemblea nazionale del 9 ottobre 2012 a
Pontecagnano Faiano (SA), fino alla audizione del 28 gennaio scorso e riflette gli apporti
delle organizzazioni professionali, delle competenze e dei saperi con cui siamo in costante
relazione.
Lo stesso metodo dell'ascolto e della concertazione accompagnerà le fasi di comune
elaborazione del Programma economico messo in cantiere dal Dipartimento economia e
lavoro del PD.
1. Politiche globali per sfide globali
I cambiamenti climatici, il deficit di risorse (acqua, in primo luogo), le agro-energie ed i
biocarburanti, lo squilibrio alimentare mondiale e la solidarietà con i Paesi a diversi
sviluppo, costituiscono alcune tra le più urgenti questioni a livello globale entro cui misurare
le nuove strategie per lo sviluppo del sistema agro-alimentare.
Le politiche commerciali liberiste, a lungo esaltate come in grado di consentire il
superamento di storiche diseguaglianze economiche e sociali, hanno invece esasperato la
crisi dell’approvvigionamento alimentare e l’aumento di tutti i prodotti di base, rafforzando
l’asimmetria tra il miliardo di persone che nel mondo soffrono la fame e coloro che, invece,
sprecano il cibo e/o soffrono di sindromi da eccesso di alimentazioni. In questo contesto si è
affermata una tendenza neo-coloniale al land-grabbing. Imprese multinazionali, Stati e fondi
di investimento acquistano e/o prendono in affitto terre coltivabili (71 milioni di ettari dal
2000 ad oggi) nei Paesi in ritardo di sviluppo su cui produrre sia cibo, che biocombustibili,
con effetti distorsivi in termini di equità degli scambi, riduzione della biodiversità e
trasferimento di rischi da impatto ambientali.
Un allarme che proviene anche dall’Onu il cui relatore speciale De Schutter ha segnalato
i limiti della politica agricola dipendenti dall’accordo di Marrakech e la necessità di
rivederla, ridando anche peso agli organismi di intervento.
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Occorre un ordine mondiale giusto, promuovendo politiche globali per definire regole di
accesso e di impiego dei beni comuni e delle risorse strategiche; per assicurare più
trasparenza nelle transazioni; per eliminare gli sprechi alimentari (solo nell’Unione Europea
si sprecano 179 kg di cibo procapite [fonte Eurostat, 2010].
Il diritto al cibo è un diritto fondamentale della persona, dovunque essa viva, e l’Italia
deve fare la sua parte per eliminare la malnutrizione cronica. Ciò vuol dire farsi parte attiva,
autonomamente e nelle sedi internazionali (G20, WTO, WB, FAO, CGIAR), per
l’attivazione ed il sostegno multilaterale di efficaci interventi sia di breve periodo, per
ridurre in futuro gli effetti negativi sui consumatori più poveri dei paesi in via di sviluppo
del probabile ripetersi di fenomeni di aumento repentino dei prezzi, che di lungo periodo,
per garantire un aumento in linea con gli aumenti attesi della popolazione, sostenibile dal
punto vista dell’uso delle risorse e dal punto di vista sociale, della produzione di alimenti nei
paesi in via di sviluppo e per la riduzione della povertà.
Il 2014 sarà l’anno europeo contro gli sprechi alimentari e nel 2015 si terrà a Milano
l’Expo sul tema “Nutrire il pianeta” Dobbiamo farne un’occasione imperdibile per
l’affermazione di una nuova coscienza pubblica e di un nuovo cosmopolitismo civile
orientato ai fini di giustizia sociale e sostenibilità ambientale.
2. Made in Italy e sistema Paese
Il settore agroalimentare italiano esprime in modo ineguagliabile una combinazione di
risorse materiali e immateriali, patrimonio dell’intero Paese: beni storico-artistici, paesaggio,
territori diversificati, biodiversità, creatività e originalità, tra gli altri. Accanto ad esse si è
sedimentato nel tempo un capitale sociale di relazioni e saperi su cui le nostre comunità
hanno saputo innestare processi innovativi che ha valorizzato la tradizione, senza cedere a
logiche omologanti.
Non a caso possiamo vantare indiscutibili primati:
il valore aggiunto ad ettaro doppio di quello di quello di Francia, Spagna e Germania, con
l’occupazione più alta di ogni altro paese occidentale;
l’export che nel 2012 ha raggiunto il massimo valore storico ( circa 31 miliardi di euro);
l’apprezzamento del Made in Italy, come testimoniato dal diffuso fenomeno dell’italian
sounding (che viaggia sui 60 miliardi);
la qualità e la ricchezza degli alimenti, com’è dimostrato dal paniere di prodotti di qualità
certificati (150 dop, 89 igp, 532 tipologie di vino a denominazione di origine).
L’obiettivo, dunque, è quello di aumentare la quota di PIL destinato alla tutela del
patrimonio storico-artistico, ambientale paesaggistico nazionale, che avrebbe effetti virtuosi
e significative ulteriori ricadute sul sistema agroalimentare, che ha bisogno, peraltro di una
specifica promozione e di un sistema di marketing ancora più mirato e legato all’immagine
Italia.
Per questo noi candidiamo l’agricoltura, l’agroalimentare e il settore della pesca, fra i
settori dell’innovazione e della specializzazione competitiva del sistema Paese.
Una specializzazione competitiva che richiede un ulteriore rafforzamento del processo di
integrazione verticale fondato sulla qualità e la distintività delle materie prime (senza
contaminazione di OGM) e il know how delle imprese di trasformazione. In questa direzione
occorre rafforzare le organizzazioni dei produttori, facilitandone l’accorpamento e la
relazione intersettoriale, necessari ad aggregare il prodotto. Occorre inoltre favorire
l’aumento delle dimensioni medie delle cooperative agricole, pilastro importante
dell’agroalimentare italiano.
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3. L’agricoltura plurale e nuovi rapporti città-campagna.
L’agricoltura italiana è al centro di un profondo mutamento di ruolo e di funzione, che la
colloca oltre la produzione di beni alimentari. L’attività agricola tutela e valorizza il
territorio e le risorse naturali, promuove e rafforza la coesione sociale. In generale le “cento
Italie agricole” sono espressione del patrimonio di civiltà del nostro Paese.
L’agricoltura plurale non è solo manifestazione di diffusa differenziazione geografica,
ma contribuisce a ridisegnare un nuovo assetto urbano, rinaturalizzando la città (attraverso
gli orti urbani e/o recuperando lo Junkspace). Contribuisce, inoltre, a ridisegnare un nuovo
welfare e a consolidare la coesione sociale, attraverso pratiche di sussidiarietà che
valorizzano i percorsi inclusivi.
Si stanno delineando, cioè, nuovi assetti ecologici tra città e compagna che mutano
sostanzialmente il rapporto città/campagna, non più vissuto in termini di dipendenza e/o di
subalternità da parte di quest’ultima. Quei fenomeni di attrazione e di spinta che avevano
determinato lo spopolamento delle aree rurali, mostrano oggi un’inversione di tendenza che
ha reso le aree rurali più attraenti per i ceti urbani anche in ragione di una diversa qualità
della vita quotidiana.
Una nuova politica per il mondo rurale dovrà rivolgersi in modo integrato ad un tessuto
economico diffuso comprendente, oltre all’agricoltura, artigianato, piccole e medie industrie,
commercio, turismo e servizi. Una politica di sviluppo delle aree rurali e del settore
agroalimentare richiede interventi a tutela del territorio agricolo contro la cementificazione
dissennata, con interventi di prevenzione, bonifica e monitoraggio, uso razionale dell’acqua
e con interventi di infrastrutture della conoscenza, affinché l’attività agricola sia
autenticamente attrattiva specie per i giovani imprenditori.
4. Una nuova politica pubblica per superare le criticità e rilanciare lo sviluppo del settore
agroalimentare
Per dare basi più solide alla prospettive di crescita del settore agroalimentare e far si che
contribuisca allo sviluppo nazionale occorre intervenire si alcune criticità strutturali che ne
frenano la competitività.
Tra i nodi più significativi vanno segnalati la forte polverizzazione aziendale (con una
dimensione media intorno a 8 ettari) ed un’altrettanto forte senilizzazione della base agricola
(soltanto il 3,3% è condotta da agricoltori di età inferiore ai 35 anni), ancorché i dati ISTAT
del censimento 2011 mostrino segni di inversione di tendenza.
A questo deficit strutturale si aggiungono il peso della burocrazia, le difficoltà crescenti
di accesso al credito, gli squilibri nella filiera e i ritardi delle organizzazioni
interprofessionali.
Le leggi finanziarie più recenti, nel triennio 2008/2011, in particolare, hanno
provveduto ad effettuare tagli, piuttosto che offrire risorse ed incentivi, e a questa filosofia di
nuove tasse e minori investimenti si è sostanzialmente mantenuto in continuità con i Governi
Berlusconi anche lo stesso Governo Monti.
A fronte di questi problemi c’è innanzitutto l’esigenza di nuove politiche pubbliche che:
Promuovano un fisco più equo, che differenzi sostanzialmente la tassazione del bene
terra e dei fabbricati annessi, usati come strumento di lavoro rispetto a forme di rendita
e/o mobbing, nonché regimi fiscali adeguati per i primi insediamenti;
Attuino la restituzione immediata dell’IMU versata in eccesso dalle imprese agricole e
una rimodulazione per gli anni successivi;
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Applichino le norme sull’etichettatura obbligatoria di origine degli alimenti (legge n.
4/2011);
Istituiscano voucher a fiscalizzazione zero per il lavoro manuale in agricoltura dei
giovani studenti;
Facilitino l’accesso al credito, anche supportando il patrimonio di consorzi e
cooperative di garanzia collettiva fidi;
Facilitano crediti di imposta per investimenti ed occupazione;
Sostengono l’innovazione e la ricerca per una maggiore competitività del Made in Italy
sui mercati internazionali;
Facilitano la semplificazione degli adempimenti per le aziende agricole ed
agroalimentare;
Facilitano l’aggregazione tra le imprese ed un equilibrio nella filiera agricola ed
agroalimentare;
Sostengono la Green Economy nel campo agricolo e forestale;
Sostengono investimenti di reti infrastrutturali e per la logistica nel settore
agroalimentare.
Poniamo con forza l’esigenza di nuove politiche pubbliche di supporto al Made in Italy e
di sue tutele, attraverso una valorizzazione dei marchi e di lotta alla contraffazione,
registrando i marchi stessi nei paesi terzi.
Essenziale è procedere ad una riorganizzazione sistemica degli enti che realizzano, tra
complementarietà e sovrapposizione, attività promozionali all’estero, prevedendo una rete
operativa coordinata per obiettivi più che le attività dei singoli soggetti.
In questi processi di riorganizzazione delle strutture a supporto del settore
agroalimentare è altrettanto essenziale rafforzare il circuito degli enti di ricerca vigilati. Non
si tratta soltanto di realizzare economie di bilancio, ma soprattutto di fare di innovazione e
ricerca un volano importante dello sviluppo del settore agroalimentare, superando
sovrapposizioni, frammentazioni e, soprattutto, in alcuni casi, distanza del territorio e
assenza di ricaduta dei risultati della ricerca sulle imprese.
La distintività del Made in Italy si afferma grazie alla qualità del lavoro ed ai saperi che
esso esprime. L’obiettivo è quello di promuovere in agricoltura un lavoro di qualità,
garantendo il rispetto dei diritti dei lavoratori ed impedendo qualsiasi forme di schiavismo.
Particolarmente significativo è considerare il sistema agricolo, agroalimentare ed ittico
un sistema economico tanto da passare dal piano Industria 2015, al Programma
“AGRICOLTURA, SERVIZI, INDUSTRIA 2020”, nel nuovo progetto economico del PD.
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Più Italia, più Europa. Un nuovo impulso alla politica agricola comune.
Le sfide e i processi economico-finanziari globali in corso richiedono un rafforzamento
politico dell’Unione europea, dotandola di forti istituzioni politiche elette democraticamente.
Rispetto a questo percorso in grado si ricondurre ad una visione politica unitaria le spinte
disgreganti in atto, il sistema agroalimentare italiano può costituire un volano importante, sia
per portare pienamente l’Italia in Europa, sia per far affermare in Europa un modello sociale
e culturale in cui le differenze diventino risorse e le peculiarità ideali patrimonio comune.
Per quanto la recente configurazione del bilancio comunitario sia stata deludente rispetto alle
prospettive di crescita, la discussione in corso sulla programmazione della Pac dovrà
ripartire in modo riequilibrato il bilancio dell’Unione Essenziale e' stato e certamente saprà
essere ancora il ruolo del PE a cui i trattati affidano il potere di codecisione in materia .
Nella nostra impostazione La nuova Pac, come meglio definita nella contro proposta della
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Commissione
mmissione Agricoltura del PE,, rispetto al testo Ciolos, dovrà premiare i produttori che
lavorano e vivono di agricoltura (attraverso
(attraverso una stringente definizione giuridica di
agricoltore attivo da affidare anche agli Stati membri),assicurare maggiore flessibilità
flessi
di
applicazione delle misure, consolidare i benefici del greening per le colture arboree e
alleggerirlo dalla rigidità burocratiche, produrre meno burocrazia e definizione di strumenti
di gestione delle crisi di mercato.
Incentivare al massimo grado il ricambio generazionale secondo la piattaforma delle
organizzazioni agricole giovanili.
giovanili
Un mix di obiettivi che rimettono al centro le imprese e i redditi degli agricoltori come
condizione per contribuire alle nuove missioni del nostro tempo quale la sovranità
alimentare e la tutela ambientale in primo luogo.
FORUM NAZIONALE PD AGRICOLTURA,
ALIMENTAZIONE E PESCA
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Documento Programmatico agricoltura