La rifrazione
Quando la luce attraversa la superficie di separazione fra una sostanza trasparente S1 e un’altra
sostanza trasparente S2 il suo percorso cambia improvvisamente direzione. La traiettoria della luce è
rettilinea sia nella sostanza S1 che nella sostanza S2, ma nel punto di passaggio da S1 a S2 le due rette
formano una linea spezzata.
Figura 1: il fenomeno della rifrazione
In particolare (Fig. 1), si supponga che la sostanza S1 sia aria e la sostanza S2 sia acqua (o vetro). Si
indichi con i l’angolo formato dal raggio di luce che arriva sull’acqua (raggio incidente) con la retta
perpendicolare alla superficie di separazione fra aria e acqua, nel punto in cui il raggio di luce arriva
(retta tratteggiata), e con t l’angolo formato dal raggio di luce che penetra nell’acqua (raggio
rifratto) con la stessa retta 1 . Si osserva sperimentalmente che i due raggi di luce e la perpendicolare
così definita appartengono allo stesso piano. Si riscontra poi che, per queste coppie di sostanze,
l’angolo di rifrazione t è sempre minore dell’angolo di incidenza i. Se scambiamo le due sostanze, si
ha il risultato opposto: l’angolo di rifrazione t risulta maggiore dell’angolo di incidenza i (infatti, se
si può pensare che il raggio di luce parta da una sorgente luminosa posta nel punto P1 e arrivi nel
punto P2, si può anche immaginare che la luce parta dal punto P2 e arrivi nel punto P1, percorrendo
il cammino inverso 2 ). Il raggio rifratto forma un angolo t maggiore o minore dell’angolo di
incidenza i a seconda del valore di una grandezza chiamata indice di rifrazione (e indicata con n)
della seconda sostanza rispetto alla prima: se t<i, allora n>1; al contrario, se t>i, n<1.
Facendo arrivare tanti raggi di luce, con angoli di incidenza diversi, nello stesso punto è possibile
descrivere in maniera più precisa il comportamento della luce rifratta: si osserva che, disegnando un
cerchio di raggio arbitrario con centro nel punto di incidenza della luce, il rapporto fra le lunghezze
1
Si osservi che la retta perpendicolare è definita nel punto di incidenza della luce; quindi è logico disegnarla dopo aver tracciato il raggio di luce incidente e non prima. 2
Questa osservazione è vera in generale ed è nota come “principio di reversibilità” del cammino ottico. 1 dei due segmenti AB e CD (Fig. 1) è sempre costante, qualunque sia la direzione di arrivo della
luce, e in particolare si definisce:
legge di Snell della rifrazione 3
Quando il raggio di luce incidente è perpendicolare alla superficie di separazione delle due sostanze
(angolo di incidenza pari a zero) il raggio rifratto non subisce alcuna deviazione.
Come illustrato nella Fig.1, non tutta la luce incidente penetra nella seconda sostanza: una frazione
più o meno importante torna indietro nella prima sostanza seguendo la legge della riflessione; cioè
formando un angolo r con la perpendicolare nel punto di incidenza che ha ampiezza uguale
all’angolo di incidenza i (e quindi A'B = AB). Anche il raggio riflesso appartiene al piano che
contiene il raggio incidente, il raggio rifratto e la retta perpendicolare alla superficie nel punto di
incidenza. La presenza di una riflessione parziale nel passaggio fra due sostanze trasparenti diverse
è suggerita anche dall’esperienza quotidiana: sul vetro di una finestra o sulla superficie dell’acqua
stagnante è possibile specchiarsi, grazie alla frazione di luce riflessa dalla superficie del vetro o
dell’acqua.
Le lenti
Le lenti sono in genere costituite da pezzetti di vetro o altra sostanza trasparente opportunamente
sagomati. In particolare esistono due categorie di lenti, a cui si possono ricondurre tutte le varietà di
lenti possibili. Le lenti convergenti (Fig. 2) sono sagomate in modo da risultare più spesse al centro
e più sottili sui bordi, mentre le lenti divergenti sono più spesse sui bordi e più sottili al centro 4 .
Figura 2: lente convergente (a sinistra) e lente divergente (a destra) Cerchiamo adesso di capire, con l’aiuto della Fig. 3 e delle nostre conoscenze sulla rifrazione, come
una lente convergente devia i raggi di luce. La lente disegnata in figura ha una faccia piana e una
faccia convessa perché la spiegazione risulta più semplice, ma le considerazioni valgono per
3
Cambiando il raggio della circonferenza, sia la lunghezza del segmento AB che la lunghezza del segmento CD sono diversi, ma il loro rapporto rimane costante; per questo si può scegliere a piacere il raggio della circonferenza su cui si determina la misura di questi due segmenti e di conseguenza il loro rapporto, cioè l’indice di rifrazione. Sui libri di testo la legge di Snell è scritta di solito utilizzando il concetto di “seno di un angolo”, ma la definizione è equivalente a quella data qui. 4
Assumeremo implicitamente di parlare di lenti con superfici sferiche, che sono il tipo più comune. Nella Fig. 2 la curvatura delle lenti è esagerata, per chiarezza di disegno: le curvature delle lenti che utilizziamo più comunemente sono in genere minori. Inoltre, le lenti possono avere forme diverse da quelle della figura: per esempio una lente convergente può avere una faccia piana e una convessa, come mostrato nella successiva Fig. 3. 2 qualsiasi lente convergente. Due raggi di luce a e b, paralleli fra loro, colpiscono la faccia piana con
incidenza perpendicolare alla stessa: nessuno dei due raggi viene deviato nel passaggio dall’aria al
vetro, dato che entrambi i raggi hanno angoli di incidenza pari a zero.
Nel passaggio successivo dal vetro all’aria la situazione è più complessa: per valutare quale sia
l’angolo di incidenza bisogna capire qual è la perpendicolare alla superficie della lente. Poiché la
lente è delimitata da una superficie sferica, la direzione della perpendicolare è indicata dal raggio
della sfera, e la superficie della sfera è approssimabile in ogni punto con il suo piano tangente. Per
ogni punto P sulla sfera, il raggio (e quindi la perpendicolare alla superficie sferica) ha una
direzione diversa. Di conseguenza, pur considerando un fascio di raggi di luce che arrivano paralleli
fra loro, i loro angoli di incidenza sulla superficie sferica della lente sono diversi fra loro, perché la
direzione della perpendicolare dipende dal punto di arrivo della luce. In figura, per esempio,
vediamo che il raggio a, passante per il centro della sfera, risulta perpendicolare alla superficie
sferica: questo raggio di luce non viene deviato. Il raggio b, invece, forma un angolo i con la
perpendicolare alla sfera e viene deviato secondo un angolo t maggiore di i (infatti la luce passa dal
vetro, più denso, all’aria, meno densa).
S
b
a
Q
Figura 3: costruzione del percorso di due raggi di luce paralleli che attraversano una lente convergente Pertanto l’angolo di incidenza della luce aumenta progressivamente spostandosi sulla lente dal
punto Q (dove il raggio incidente è perpendicolare alla superficie sferica della lente) verso il punto
S; di conseguenza anche la deviazione del raggio rifratto cresce spostandosi dal centro della lente
verso il bordo. Come risultato si ottiene che i raggi di luce, che erano paralleli fra loro prima di
attraversare la lente, dopo la lente diventano convergenti (da qui il nome della lente), passando tutti
per un punto F (fuoco). È possibile mostrare per via grafica anche le proprietà della lente
divergente: questa fa di un fascio di raggi paralleli un fascio di raggi divergenti, che si allontanano
cioè da un punto comune.
È impossibile schematizzare in modo semplice l’effetto di una lente convergente o divergente,
dicendo per esempio che ingrandisce o rimpicciolisce gli oggetti. L’effetto prodotto da una lente
dipende, oltre che dalle caratteristiche della lente stessa, da diversi altri fattori: in particolare dalla
posizione dell’oggetto e dell’osservatore rispetto alla lente.
24/5/2009 – S.S.
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