U UN NIIV VEER RSSIITTÀ À PPO OLLIITTEEC CN NIIC CA AD DEELLLLEE M MA AR RC CH HEE FFA AC CO OL LT TÀ ÀD DII M ME ED DIIC CIIN NA AE EC CH HIIR RU UR RG GIIA A ________________________________________________________________________________________________ D Doottttoorraattoo ddii R Riicceerrccaa X XC Ciicclloo C m Cuurrrriiccuulluum M Meeddiicciinnaa ee PPrreevveennzziioonnee Tesi di Dottorato “LA PERCEZIONE DEL DOLORE E LA POTENZIALE RICHIESTA DI PARTO CON ANALGESIA” Dottoranda Relatore Maria Cristina Grassi Prof. Andrea Luigi Tranquilli ANNO ACCADEMICO - 2010/2011 E' di gran sollievo pensare che il male che ti è accaduto tutti prima di te l'han sofferto, e tutti lo soffriranno. (Seneca) 2 Indice INDICE 3 PREMESSA 5 Capitolo 1 IL DOLORE NELL’ANTICHITA’ 9 1.1 Il Dolore e la Filosofia 10 1.2 La Medicina, il dolore e la sua cura 15 1.3 Il dolore nel parto 21 1.4 I diversi modi di vedere il dolore 28 1.4.1 La visione confessionale 28 1.4.2 La visione dell’empowerment 28 1.4.3 La visione tecnologico edonistica 30 Capitolo 2 MISURAZIONE DEL DOLORE 32 2.1 Il dolore 33 2.2 Il dolore del parto 38 2.2.1 Vie periferiche 39 2.2.2 Il dolore nella prima fase del travaglio 40 2.2.3 Il dolore nella seconda fase del travaglio 40 2.3 La valutazione del dolore 42 2.3.1 Caratteristiche delle scale di valutazione 43 2.3.2 Scale unidimensionali 44 2.3.3 Scale multidimensionali 49 2.3.4 Misurazioni obiettive del dolore 50 2.3.5 Misurazioni soggettive del dolore 51 3 Capitolo 3 PROGETTO DI RICERCA 3.1 Ricercatori 52 53 3.2 Definizione del problema 53 3.3 Revisione della Letteratura 54 3.4 Formulazione del razionale 62 3.5 Formulazione delle ipotesi di ricerca 63 3.6 Obiettivi della ricerca 63 3.7 Definizione del campo d’indagine 64 3.6.1 Setting 64 3.6.2 Campione 64 3.8 Definizione dell’area di analisi 66 3.7.1Variabili 66 3.7.2 Strumento d’indagine 66 3.9 Pianificazione del progetto di ricerca 68 3.8.1 WBS Managment 68 3.8.2 WBS Progettazione/Attuazione 70 3.10 Analisi dei dati 71 Capitolo 4 RISULTATI 72 4.1 Partecipazione all’indagine 73 4.2 Caratteristiche generali della popolazione in studio 73 4.3 Valutazione della percezione del dolore nel parto 75 4.4 Dolore atteso/dolore percepito 81 4.5 Desiderio di analgesia nei parti successivi 82 4.6 Caratteristiche della popolazione a confronto 84 CONCLUSIONI Allegato 1 BIBLIOGRAFIA 85 88 90 4 Premessa Botticelli “ La Madonna della Melagrana” 1487 5 La Madonna della melagrana di Botticelli è conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Nell'opera, una delle poche databili della produzione matura di Botticelli, Maria si trova seduta al centro della composizione, nell'ampio manto azzurro che la iscrive in un triangolo isoscele prefetto delimitato del Bambino in basso. Attorno a lei si dispongono sei angeli, occupati in veri gesti simmetrici e con gli sguardi indirizzati a vari punti diversi. Quelli ai lati, appoggiati su un festone di rose bianche e rosse (fiore mariano simboleggiante la purezza), recano i gigli bianchi, attributo verginale di Maria, seguiti da angeli leggenti e da due, ai lati della Vergine, di cui si vedono le sole teste in espressioni varie. All'annunciazione rimandano anche le parole ricamate sulla stola dell'angelo a sinistra: AVE GRATIA PLENA. La percezione di spazialità è affidata unicamente alla disposizione a semicerchio degli angeli. Tutto da questo dipinto emana una calma serenità, l'immagine di una maternità celeste, che trascende ogni residuo umano. La melagrana che la Madonna e il bambino tengono in mano è un antico simbolo di fecondità che rafforza il senso della maternità compiuta, sempre questo frutto nelle varie tradizioni ha avuto questo senso privilegiato, suggerendo nel senso della maternità il perenne rifiorire. Da questa immagine di serena maternità celeste, che ricorda le genealogie 6 mitologiche delle Divinità, prende le mosse questo lavoro che si occupa, invece, del dolore, in particolare del dolore nel parto, poiché ci sembrava utile ed interessante indagare proprio quell'aspetto che unisce questa unica esperienza del femminile con un elemento drammatico, rendendola un 'passaggio' da uno stato all'altro, un'esperienza spirituale. La partizione degli argomenti del lavoro inizia dal quadro generale del primo capitolo, in cui si trattata il tema del dolore e il suo sollievo nell’antichità attraverso una breve sintesi della concezione filosofica del dolore. Si prosegue con il paragrafo concernente la storia della medicina, dove s’illustrano brevemente le terapie del dolore del passato. Si passa poi a una conciso descrizione del dolore nel parto e degli eventi storici che hanno contraddistinto al suo contenimento. Il secondo capitolo affronta la misurazione del dolore, attraverso l’esame della sua definizione, delle sue componenti, e delle differenze fra dolore acuto e cronico. In seguito si analizza sinteticamente la fisiopatologia del dolore da del parto e si prosegue con la descrizione delle metodiche in uso per la misurazione del dolore. Il capitolo tre rappresenta il “cuore” della trattazione, vi si espone il Progetto di Ricerca dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale, Area Vasta 2 di Senigallia, Dipartimento Materno Infantile, U.O. di Ginecologia e Ostetricia. Il capitolo inizia con la descrizione del problema, per poi procedere alla 7 revisione della letteratura e all’individuazione dei principali studi da prendere in considerazione per la stesura del progetto. Prosegue, con la formulazione del razionale, l’individuazione degli obiettivi della ricerca, la definizione del campo d’indagine e dell’area di analisi. Per la pianificazione del progetto di ricerca ci si avvale di strumenti per la pianificazione logico/strutturale, quali Work Breakdown Structure, letteralmente struttura della suddivisione del lavoro. La programmazione dei tempi delle attività del progetto, ricorre al diagramma a barre (bar chart). Il quarto capitolo, infine, indaga sul ruolo giocato dal background delle pazienti in un campione rappresentativo della popolazione femminile di Senigallia, nel determinare le esperienze vissute e la scelta delle modalità di contenimento del dolore. 8 Capitolo 1 Platone, particolare della Scuola di Atene di Raffaello, che lo ha ritratto con il volto di Leonardo da Vinci. IL DOLORE NELL’ANTICHITA’ 9 L'Occidente si fonda sulla Tradizione Classica e, dal Medioevo, accoglie, attraverso il Cristianesimo, quell’orientale-giudaica, ognuna di queste tradizioni filosofiche - religiose ha affrontato nella sua intenzione di educare l'uomo al Bene, la questione del dolore, fornendogli gli strumenti per inserirlo in un contesto che lo rendesse utile ed efficace o, anche, lo neutralizzasse. Per affrontare la disanima del dolore, si ritiene interessante portare alla luce le nostre radici, le matrici originarie del nostro pensiero, esaminando, se pur brevemente, le posizioni più importanti del pensiero filosofico sotteso a queste componenti culturali della formazione, cosa che diviene quanto più significativa in ambito medico, essendo, la filosofia, la base su cui si sono formati i medici fino al XIX sec., quale medicina dell'anima, da cui il corpo dipende, non essendo subentrata ancora la separazione tra questi enti, secondo la prospettiva della medicina scientifica moderna, ambito che analizzeremo nel secondo capitolo di questa parte introduttiva. 1.1. Il Dolore e la Filosofia Nella tradizione classica, Platone, con Il Filebo (17, 31 d, 32 a), afferma che il dolore si ha quando la proporzione delle parti che compongono l'essere vivente risulta predominata, compromessa o controllata di modo che manchi l'armonia, mentre si ha il piacere quando tale armonia venga ristabilita. 10 Sempre Platone, nel Timeo dice che "... quanto v'è di utile nel suono musicale è stato dato all'udito a ragione dell'armonia. L'armonia, (…) non serve - come qualcuno crede - ad irragionevoli diletti, ma a chi si giova delle Muse con intelligenza, dalle Muse stesse la riceve in dono per comporre in modo ordinato e rendere consono a se stesso il moto periodico dell'anima che fosse divenuto discorde in noi; e così il ritmo, che per nostra costituzione sarebbe in noi privo di misura e di grazia, fu dato da quelle come aiuto allo stesso scopo". L'anima dell'uomo, quindi, può congiungersi all'anima del mondo in sinfonia armonica. Nel pensiero greco, gli eventi sono regolati secondo giustizia al fine di mantenere l'armonia del cosmo in un incessante processo di equilibrio. Si assiste, come ad un'immane battaglia fra il principio dell'ordine e quello del disordine, una contesa che dura dall'inizio dei tempi: il disordine rappresenta per il mondo greco 1'autentico tentativo di sopraffazione della morte nei confronti della vita. Se non c'è ordine non c'è armonia, se non c'è armonia non c'è vita. La quadruplice armonia pitagorica (basata sulla sacra tetrakis) era stata teorizzata fin dall'inizio in questi termini: armonia fra arco e corda, fra corpo e anima, fra cittadino e stato, fra le sfere e il cielo stellato. 11 Nel Fedone il pitagorico Simmia dichiara che l'anima è armonia e che essa sta al cosmo come 1'armonia del numero pari sta alla lira. Come 1'incorporea musica s’integra al corpo della lira anche "L'anima s’integra nel corpo per mezzo del numero e dell’immortale armonia ... L'anima ama il corpo perché senza di esso non potrebbe usare i sensi". L'uomo appare, quindi, attratto dall'armonia e respinto dal caos, è attratto dalla gioia e respinto dal dolore, l'intimo legame tra corpo e anima rende presente alla sensibilità la mancanza di armonia come dolore . Aristotele tratta i piaceri come attuazione di abiti, desideri o stati naturali e i dolori al contrario: "Sia definito che il piacere è un determinato movimento dell'animo è un ritorno totale e sensibile allo stato naturale, e che il dolore è il contrario. Necessariamente, dunque, è piacevole per lo più il tendere allo stato di natura,... ciò che non è forzato; infatti la costrizione è contro natura; ... Gli affanni, i travagli, gli sforzi sono dolorosi, giacché sono imposti da necessità e forzati, se non vi si è abituati: ... E ciò di cui sia in noi il desiderio è sempre piacevole; il desiderio è infatti impulso verso una cosa piacevole." Aristotele definisce il dolore quale indice della situazione sfavorevole in cui 1'essere vivente si trova, e al contrario la gioia indica una situazione favorevole; esse sono delle emozioni ed hanno delle funzioni nell’economia dell'esistenza umana. Siano i dolori considerati come indice di disarmonia o come sintomi dell'avversione del contesto di sviluppo, sono presenti nell'uomo grazie al 12 sensus, e quindi, come ben espresso dagli Stoici, sono emozioni non sono né degli istinti né delle ragioni, sono solo delle opinioni prive di senso o dei giudizi errati, quello che diventa significativo è l'atteggiamento di fronte al dolore e quindi il valore attribuito ad esso. La virtù, per il greco l'”areté”, la “virtus” per il romano, è la capacità stessa del soggetto di condursi verso il Bene, emancipandosi dai sensi e dall'associazione al sensibile, per cui il dolore diviene indifferente, così come quelle condizioni che possono essere giudicate avverse ad occhi umani. Nel superamento degli opposti, piacere vs dolore, sta la virtù. Nel combattimento il soldato vile e pauroso non appena vede il nemico getta via lo scudo e fugge il più in fretta possibile, spesso per questo si fa uccidere con più facilità, cosa questa che non succede a chi rimane fermo al proprio posto. Così, coloro, che non sono capaci di resistere all'idea del dolore, si avviliscono, e rimangono in uno stato di abbattimento e di prostrazione mentre quelli che resistono il più delle volte riescono vincitori. Questo, perché, fra l'anima e il corpo esistono delle analogie. Un corpo, se si sforza, sopporta bene il peso, e se si arrende ne, rimane schiacciato: c'è molta somiglianza con l'anima che, se chiama a raccolta le sue forze, annulla il peso che le preme sopra, mentre se si lascia andare ne, è oppressa e non se ne può liberare. E senza dubbio, se vogliamo andare al fondo delle cose, sono quelle forze che noi dobbiamo chiamare a raccolta nello svolgimento di ogni nostra attività, perché esse sole fanno, voglio 13 dire, la guardia per sorvegliare che noi adempiamo il nostro dovere...’ (Cicerone, Tuscolanae Disputationes). Intervenendo il pensiero cristiano, la posizione di fronte al dolore muta, il dolore, non è indifferente alla realizzazione del Bene, ma diviene elemento essenziale del pellegrinaggio super terram del cristiano. Per S. Agostino, Dio miscela il dolore nella vita, affinché noi non ci attacchiamo al bicchiere delle dolcezze del mondo. Nel Cristianesimo, il dolore è castigo e momento catartico, pena ed evento purificatore. Un necessario percorso nel doloroso cammino verso la salvezza. La stessa vita terrena è pensata come un pellegrinaggio in una ”valle di lacrime” che, come dicono i profeti, trova la sua giustificazione nell’attesa di “nuovi cieli e nuove terre”. Per questo suo effetto liberatorio dall'elemento umano, il dolore, nella tradizione cristiana, non va solo sopportato, ma anche amato. (Natoli S. 2002) Il senso del dolore è come abbiamo visto profondamente diverso nella cultura tradizionale classica e in quella giudaico-cristiana, fondata sulla gnosi la prima, sul sentimento la seconda, in entrambi i casi c'è comunque una valutazione importante del dolore in termini di prova, di elemento modellatore dell'anima, di elemento educativo di fronte al quale fondare un atteggiamento positivo e costruttivo. "I dolori sono insegnamenti". "La saggezza - aveva scritto Eschilo nell'Agamennone - si conquista attraverso la sofferenza". 14 1.2. La Medicina, il dolore e la sua cura Nell’antichità, la capacità di 'leggere il dolore' era considerata una dote essenziale dell’arte medica, tanto che gli sciamani consideravano degno di curare una data malattia solo colui che ne aveva sofferto e che, dunque, ne aveva avuto un’esperienza diretta. Se il dolore significava una disarmonia, anche i tentativi terapeutici di alleviare o eliminare il dolore vi si orientavano. Di fatto le possibilità di alleviare il dolore di cui si disponeva nell’Antichità, nel Medioevo, ma, anche, in parte nell’epoca moderna, erano molto poche. Corrisponde a questo stato di cose il detto degli antichi: “E' opera divina lenire il dolore”. L’atteggiamento terapeutico è cambiato in ogni epoca in funzione del significato che è stato dato alla parola “dolore”. L’uomo arcaico, vivendo in un mondo di manifestazioni divine, individuò spiriti maligni e forze occulte quali principi dello stato di sofferenza per dare un significato ai fenomeni che lo sovrastavano. La terapia che ne scaturì si basava sull’idea che, attraverso riti magici, praticati da 'sacerdoti', si potessero allontanare i demoni e quindi la sofferenza. Si somministravano erbe medicamentose quali il papaverum somniferum o 15 l’inebriante cannabis, senza conoscerne l’effetto. Anche Egiziani, Sumeri e Assiro-Babilonesi credevano che le malattie e il dolore fossero provocate dai demoni, fino all’epoca di Platone (428-347 a.C.) si riteneva che fosse il cuore e non il cervello, il centro del dolore, essendo il cuore, il luogo dove risiede l'anima. Ippocrate, prima, e Aristotele, poi, introdussero la concezione organicistica, facendo passare la Medicina alla sfera naturale. Aristotele sosteneva che il tatto, fosse responsabile del dolore e riteneva che nel cuore il dolore si trasformasse in una sensazione che chiamava “passione dell’anima”. Fu Erofilo (335-280 a.C.) ad affermare che il cervello faceva parte del S.N.C. e che i nervi erano collegati al nevrasse, distinguendoli in nervi sensitivi e motori. Intuizioni che, furono abbandonate per quattro secoli fino a Galeno (129-201). In seguito, Avicenna (980-1037), medico, filosofo, matematico, fisico e poeta arabo, classificò quindici tipi di dolore, sostenne che il dolore può essere prodotto dalla malattia o essere esso stesso malattia. Nel Medio Evo nasce la medicina monastica, introdotta dai Benedettini che utilizzavano erbe medicinali per la preparazione di pozioni vendute nelle botteghe presenti nei loro monasteri. 16 Il Rinascimento, insieme alle altre posizioni, recupera una visone, diremmo oggi, olistica dell'uomo tipica del mondo classico, ed è solo nel XVII secolo, che inizia l'indagine empirica su cui si fonderà la scienza moderna e, quindi, anche la medicina. Ebbe origine con Galileo Galilei (1564-1642), il pensiero scientifico che gettò le basi per una concezione 'moderna' del dolore. Con Cartesio (1596-1650), si affermò il definitivo allontanamento dalla metafisica e l'uomo divenne un organismo puramente 'meccanico' di conseguenza, il dolore fu interpretato, come un input che dalla periferia, lungo i nervi, arriva al cervello. Giunse con Paracelo (che non seguì la concezione meccanicistica di Cartesio), nella metà del 1500 la scoperta dell’etere solforico per lenire la sofferenza, e l’ideazione del laudano, ottenuto mescolando alcool e oppio. Si attribuisce la concezione psicofisica del dolore, a Benedetto De Spinosa (1632-1677) che con il termine “tristizia” indicava sia il dolore fisico sia quello psichico. Con l’avvento della concezione scientifica moderna, il dolore è analizzato nell’ambito della medicina, di conseguenza le terapie, impiegate prevalentemente per tentativi empirici, divengono, applicazioni di caldo o freddo, di balsami, di sanguisughe, salassi, ventose, oppio e laudano. Si rileva come la medicina meccanicistica, ricca di acquisizioni sperimentali, 17 derivi dal razionalismo rinascimentale e dalla focalizzazione sugli aspetti organicistici della malattia in cui il dolore è inteso come sintomo. Fu C. Bernard, che definitivamente impostò la Medicina su basi moderne, emancipandola dall'universo magico - religioso precedente. Egli asseriva, che la medicina si occupa del dolore attraverso lo studio sperimentale, con strumenti e pratiche, al contrario, appunto, della filosofia ippocratica che preferiva l’osservazione quale strumento della medicina “ars medica tota in observationibus”. Con la nascita della fisiologia sperimentale (1850), inizia lo studio della sensibilità e delle teorie del dolore, in particolare si affermano le seguenti concezioni: 1. Teoria della specificità sensoriale (Muller): il dolore era visto come una forma specifica di sensibilità con un suo apparato sensitivo, indipendente da quello del tatto e degli altri sensi. Esistevano cioè nervi specializzati alla trasmissione del dolore. 2. Teoria dell’intensità o sommazione d’impulsi (Weber): sosteneva che ogni stimolo sensoriale potesse causare dolore qualora si fosse raggiunta una particolare intensità. Dalla disputa fra queste teorie si giungerà a un compromesso in cui si nega l’esistenza sia dei recettori specifici, sia dei nervi specifici e si sosterrà che il dolore è trasmesso da impulsi variabili nel tempo e nello spazio, riconosciuti a 18 livello centrale per la loro frequenza d’onda. Con la costituzione delle scienze psicologiche, si assiste all’attribuzione di un valore di sentimento oltre che di sensazione, al dolore e a un’interpretazione e analisi quale esperienza dell’essere umano. La rivoluzione industriale nel 1860, portò uno stimolo materialista che produsse sempre di più una visione meccanicistica del sintomo 'dolore', di conseguenza, la terapia si basò sull’abolizione della sensazione, togliendo la coscienza, sezionando i nervi, utilizzando sostanze chimiche. Nel 1884 viene ideata l’anestesia locale per contatto, mediante l’utilizzo della cocaina sull’occhio, nel 1885 nasce l’anestesia spinale, nel 1888 si esegue la prima alcolizzazione trigeminale nervosa e nel 1895 nasce la rontgenterapia per lenire il dolore cronico. Nel 1898 nasce l’anestesia subaracnoidea e nel 1904 si ha l’avvio della terapia mediante blocchi anestetici, primo fra tutti la procaina. I neurochirurghi, nei primi anni del 1900, hanno eseguito neurectomie periferiche, iniziali tentativi che miravano a bloccare la conduzione dell’impulso nervoso. Le tecniche di terapia antalgica, furono perfezionate dall’anestesista, nuova 19 figura professionale in campo medico, durante gli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale. Per finire, si evidenzia il lavoro di J. Bonica, che ha fondando sul blocco nervoso il caposaldo terapeutico nella terapia del dolore, ciò grazie anche all’introduzione di nuove sostanze anestetiche quali la lidocaina (Montrone V. 2008.) 20 1.3. Il dolore nel parto In Grecia il parto avveniva nel Gineceo, dove le donne vivevano, mentre l’uomo combatteva e conquistava. “Preferirei andare in battaglia mille volte piuttosto che partorire una sola”, esclamava l'eroina Medea nella tragedia omonima di Euripide, andata in scena ad Atene nel 431 a.C., mentre un'antica legge spartana accomunava le donne morte di parto agli eroi caduti in guerra. Erano queste, infatti, le uniche persone di cui fosse concesso scrivere il nome sulle iscrizioni funebri. Come se partorire e combattere fossero quasi due forme parallele di eroismo. Nella Roma antica il parto rappresentava un rischio mortale, per l'ampiezza del bacino di donne spesso adolescenti al momento delle nozze. Anche Cicerone vide morire sua figlia Tullia per le conseguenze negative del parto. Recentemente sono state rinvenute alcune tracce di un medicamento a base di hashish nell'intestino di una ragazza morta di parto circa 1.700 anni fa, in epoca romana, la cui tomba è venuta alla luce a Bet Shemesh, presso Gerusalemme. Secondo quanto ha comunicato la sovrintendenza israeliana, l’età attribuitale è di quattordici anni; la donna, giaceva supina e con lo scheletro di un feto giunto a maturità nel bacino. In corrispondenza dell'area addominale, gli studiosi hanno trovato una massa di sostanze organiche vegetali tra cui 21 hashish, usato per ridurre i dolori del travaglio da parto, l’emorragia e per stimolare le contrazioni uterine. L'uso dell'hashish come antiemorragico e antidolorifico era già noto, ma questa è la prima volta che esso è documentato.(Corriere della Sera, Archivio) Nel II secolo d.C. Sorano di Efeso, medico greco della scuola di Asclepiade, fu tra i primi scienziati a scrivere un trattato di ginecologia e ostetricia, diffusosi nel periodo dopo Ippocrate. Sorano, nella sua opera manoscritta, descrive la struttura dell'apparato genitale, studia la gravidanza, analizza le frasi del parto, compreso quello prematuro e conclude con una serie d’indicazione sui primi mesi di vita del neonato, contiene anche istruzioni precise e dettagliate per le ostetriche. Istruzioni, non solo tecniche, ma anche psicologiche come: “è opportuno che il viso della partoriente sia visibile all'ostetrica, la quale potrà così alleviare la sua ansia assicurandole che non c'è nulla da temere e tutto andrà per il meglio”. Come si desume dalla sopra esposta teologia giudaico cristiana, il dolore del parto è una punizione di Dio. Per secoli la donna si è trovata imbrigliata in un insieme di regole comportamentali, in particolare riguardanti la sfera sessuale. Regole, molto più severe che per gli uomini, con punizioni terribili di fronte alla trasgressione. Ne è un esempio la cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva (Antico Testamento, Genesi 3, 16). Dove, contro Eva, evidentemente ritenuta colpevole unica, Dio 22 ammonisce: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli”. Questa maledizione fu presa alla lettera, se ne trovano accenni in documenti quali gli atti concernenti processi alle levatrici, parecchie delle quali furono messe al rogo per aver usato "pratiche magiche" al fine di alleviare i dolori del travaglio e del parto. E’ evidente che, in queste condizioni, la donna gravida ha continuato per secoli a essere oggetto di proibizioni e superstizioni. In sostanza, la medicina "ufficiale" dell'epoca si disinteressava in modo pressoché totale di tutto quanto aveva a che fare con il parto e con l'ostetricia, delegandone la gestione alle levatrici. (Rutigliano R., 1986) 23 Trotula, 1050-1097 chiamata anche sanatrix Salernitana (guaritrice di Salerno), nel Medioevo era riconosciuta autorità indiscussa in disturbi e malattie femminili, sottolineò l’importanza dell’igiene, del controllo delle nascite, dei metodi per rendere il parto meno doloroso, ed ebbe anche delle avanzate intuizioni, come, ad esempio, che l’infertilità potesse dipendere anche dall’uomo. A Trotula nel Medioevo si attribuivano due opere, il “De ornatu mulierum” (Come rendere belle le donne), e il “De passionibus mulierum ante, in et post partum” (Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto). Uno dei primi studiosi di ostetricia fu fra Girolamo Scipion Mercurio, medico e frate veneziano, che nel 1596 pubblica la Comare o Ricoglitrice, nel quale si occupa di parto normale, di consigli per la gravidanza e la cura del bambino, dei parti difficili. Egli, trattando il parto e il dolore asserisce: “…l’assistenza è fatta di consigli, consolazione, incoraggiamenti, massaggi, utilizzo di erbe e precise operazioni manuali. Il parto è luogo di dolori acerbissimi, richiede così conforto e consolazione, lo sforzo a cui è sottoposto il fisico della donna deve essere sorretto da oculati consigli su cibi e rimedi 24 utili”. Prima maestra Ostetrica fu Louise Bourgeois, moglie di un barbiere cerusico allieva di Paré che esercitò sia presso la corte, sia all'ospedale pubblico di Parigi, dove curava la preparazione delle levatrici e insegnava l'ostetricia ai chirurghi. Pubblicò diversi testi e i resoconti dei parti di Maria de 'Medici da lei assistita . Gli interventi sul parto fatti da barbieri e cerusici, configurano l'ostetricia come distruttiva, come una specialità medica che competeva a medici maschi, derivata dagli insegnamenti di Ippocrate e Galeno. Il forcipe, fu ideato e realizzato in Inghilterra dai membri della famiglia Chamberlen verso il 1670. La famiglia, mantenne rigorosamente il segreto sulla sua costruzione per paura che il loro strumento fosse copiato. Il forcipe modifica la posizione del parto da verticale a litotomica, inizialmente è usato sporadicamente, tuttavia con il tempo, diventa uno strumento di uso quasi comune. Nel Settecento, si registrano, oltre a più di cinquanta tipi di forcipe, anche altri strumenti come craniotomi, pelvimetri, e sinfiosotomi per allargare il bacino della donna, strumenti che oltre ad essere cruenti erano generalmente letali. (Filippini N. M, 1992) L’operatività arriva al suo apice negli ultimi decenni del Settecento, con la sperimentazione del taglio cesareo su donna in vita, esso è conosciuto sin dall’antichità su donna morta, ma in genere è osteggiato anche dagli ostetrici 25 più interventisti per l’altissima percentuale di mortalità materna. Solo con l’introduzione delle tecniche di anestesia e di asepsi, nelle sale operatorie, diventa un’attività di routine con rischi via via sempre minori. (Filippini N. M, 1992.) Nel 1760, l’ostetrica inglese E. Nihell afferma che i chirurghi ricorrono all’uso del forcipe per accelerare la conclusione del parto, abbreviando i tempi naturali per loro comodità o a scopo sperimentale. Ritiene che le mani siano lo strumento più adatto per facilitare il parto, mani guidate dalla conoscenza dell’anatomia femminile e che il forcipe riservato ai chirurghi sia un mezzo per escludere le donne e accentuare il dolore. (Schmid V., 1986) In concomitanza con l’aumento del numero degli ospedali nelle città europee e con la presenza del chirurgo ostetrico sulla scena del parto, l’ondata di febbre puerperale raggiunse proporzioni allarmanti, a tal punto che si cominciò a capire che la malattia si trasmetteva da donna a donna, ad opera dalle levatrici e dai medici. Anche il sovraffollamento degli ospedali, la biancheria sudicia, la scarsa aerazione degli ambienti (le condizioni igieniche degli ospedali erano anche peggiori delle persino scarse pulizie delle abitazioni medie dell’epoca) erano responsabili del diffondersi della malattia. (Pizzini F., 1999) Fu solo nel 1861 che Ignaz Philipp Semmelweiss, medico viennese ipotizzò che la causa dell’alta mortalità in ambito ospedaliero, fosse dovuta alla 26 contaminazione trasmessa dai medici. Ci vollero ancora venti anni per confermare l’ipotesi di Semmelweiss, ad opera del medico Lister, che perfezionò un metodo antisettico per la chirurgia. (Sherwin B., 2004). Dalla metà dell’Ottocento fu possibile perfezionare le tecniche chirurgiche, anche in ragione delle recenti acquisizioni quali l’asepsi e l’anestesia. Finalmente, nel 1876, il medico italiano E. Porro, eseguì un intervento radicale che assieme all’estrazione del feto amputava totalmente l’utero, con una sopravvivenza del 75%. (Cosmacini G., 1990). 27 1.4. I diversi modi di vedere il dolore A conclusione di questa breve rassegna storica sul dolore si presenta una breve sintesi del lavoro del Dott. Simone Pizzi, che alla luce delle modificazioni avvenute nel tempo, e delle relative influenze culturali, individua tre diverse forme di approccio all’esperienza del dolore del parto. 1.4.1 La visione confessionale Il modo confessionale di vedere il dolore si rifà alla posizione di chi per motivi religiosi, filosofici o culturali considera il dolore come mezzo di redenzione e lo accetta: il dolore è parte della vita e quindi va subito poiché è visto come forma di espiazione di una colpa, mezzo di purificazione necessario per ottenere il perdono divino. 1.4.2 La visione dell’empowerment In questa visione il dolore è considerato parte integrante delle prove della vita ed è strumento di crescita che può arricchire e rafforzare la personalità. L'integrazione e l'uso di tutte le risorse della donna, sia di quelle biologiche che di quelle sociali (conoscitive, decisionali e intellettuali) portano a un potente processo di empowerment. Ormoni, neurotrasmettitori emozioni e istinti hanno una "centralina" in 28 comune, il cervello arcaico che viene fortemente attivato dall'ovulo fecondato. Quindi la gravidanza rappresenta un'opportunità, attraverso l'ascolto e la conoscenza del bambino in utero di ascoltare e conoscere degli aspetti profondi di sé, di imparare a conoscere e fidarsi di più delle proprie risorse, di trovare più sicurezza in sé. Durante il parto si scatenano delle vere e proprie tempeste elementali che hanno il potere di sconvolgere ogni aspetto della donna fino allora costruito e di trasformarlo. Se possiamo riconoscere in queste forze elementali l'energia sessuale, la modalità di affrontare la nascita diventa la stessa di come si affronta la comunicazione sessuale con il partner. W. Reich definisce la potenza orgastica nel seguente modo:" ... la capacità di abbandonarsi senza inibizioni al flusso dell'energia biologica, la capacità di scaricare l'eccitazione sessuale accumulata attraverso contrazioni piacevoli, involontarie del corpo" (Reich W., 1949). Tradotto nella potenza del partorire suonerebbe così: La potenza del partorire è la capacità di abbandonarsi senza inibizioni al flusso dell'energia biologica, la capacità di scaricare la tensione del dolore e della fatica accumulata attraverso contrazioni involontarie del corpo, accogliendo con gratitudine e tenerezza il proprio bambino. Un altro tipo di energia che si esprime fortemente nelle donne durante l'esperienza della nascita è quella spirituale. Le donne hanno l'eccezionale 29 dono, opportunità, destino, di esser canale tra i mondi, di portare la vita da un mondo all'altro e, quando sono incinte, durante il parto e nei primi mesi dopo vengono toccate dall'altro mondo, quello a noi sconosciuto o solo presente nel nostro intimo più profondo, questa esperienza è per la donna, e lo era sicuramente nell'antichità, un momento in cui si apriva una porta iniziatica importante. La consapevolezza di questi aspetti permette di integrarli nella personalità e di farli diventare risorsa interiore, forza, potenza. L'emancipazione più profonda della donna non passa attraverso la negazione delle figure femminili e dei condizionamenti negativi del passato, bensì attraverso la consapevolezza che tutte le donne dei secoli e millenni passati la abitano ancora e che si deve confrontare con loro, imparando a comprendere quale donna si esprime e agisce all’interno di sé per poter infine scegliere il riferimento e il canale espressivo desiderato e trasformarne le valenze. Il cambiamento dell'organizzazione della nascita da una nascita tecnologica a una nascita sessuale, femminile passa attraverso questo processo emancipativo profondo, rinominando e rivalorizzando la polarità femminile e riscoprendone le energie specifiche (Schmid V., 1999). L'obiettivo finale nel lavoro con la nascita quindi è quello di promuovere la maternità e la nascita come esperienza femminile di forza e potenza. 30 1.4.3 La visione tecnologico edonistica “La donna in travaglio è l’unico esempio di persona che soffre in un ambiente ospedaliero, assistita da personale sanitario, senza che nessuno, nella maggior parte dei casi, le offra un intervento analgesico se non il conforto della parola” (Chestnut D.H.). Nella società moderna la vita è completamente avulsa da quel ciclo naturale a cui erano molto legate le culture passate. La sofferenza e il dolore non hanno un significato ben definito, ma suscitano paura. Il parto fisiologico, che da sempre è stato legato all’esperienza del dolore, assume oggi significati diversi proprio perché si ha più paura del dolore rispetto al passato (Prezza M. 1987). Oggi questo approccio è molto comune, lo sviluppo tecnologico ha fornito infatti una grande quantità di presidi che permettono di eliminare quanto di spiacevole possa essere connesso a determinati eventi. Secondo questa visione, quindi, il dolore deve essere abolito quando possibile. Da qui il ricorso ai presidi per partorire senza dolore. 31 Capitolo Giuseppe Amisani 2 “Dolore” Olio su tela MISURAZIONE DEL DOLORE 32 2.1 Il dolore Nei vari idiomi il termine dolore ed il concetto di dolore viene espresso con parole differenti. In greco è utilizzato il termine àlgos e da questa radice derivano termini come nevralgia e algie pelviche. Dal termine latino poena (greco poinè) deriva il termine inglese pain. La parola italiana dolore deriva dal latino dolor, ha vari significati; come i suoi equivalenti attuali può indicare, dolore fisico, sofferenza, dolore morale, pena, tormento, afflizione ,dispiacere. Il latino non distingue il dolore fisico dal dolore morale, per la caratteristica di molte parole primitive, che con uno stesso termine traducono l'effetto e la causa. Dal latino derivano anche douleur dei francesi e dolor degli spagnoli. Definire il dolore non è semplice né facile. La parola “Dolore” ha un significato molto ampio, sia nella nostra che nelle altre lingue, come si evince dalla consultazione della maggior parte dei dizionari: sensazione spiacevole, penosa per effetto di un male corporeo; sensazione di sofferenza fisica; sensazione penosa diffusa, o localizzata susseguente alla stimolazione di particolari recettori sensitivi da parte di agenti di varia natura e intensità. Nel 1973 J. Bonica invitò 300 partecipanti a una conferenza vicino a Seattle, dove nacque l’idea di istituire un’associazione scientifica di livello mondiale 33 sul dolore, fondò così la IASP (International Association for the Study of Pain). Nel 1979 si è giunti a una nuova definizione di dolore da parte della IASP: “Esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale.” Tale definizione mette in evidenza almeno quattro componenti del dolore che sono: Componente Sensoriale: (la nocicezione) esprime la percezione anatomica e neurofisiologica dello stimolo, permette la ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo. Componente Affettivo Emozionale: rappresenta la percezione “psicoaffettiva" del dolore. Fa parte integrante dell’esperienza dolorosa e si intreccia con le caratteristiche della personalità dell’ individuo. Componente Cognitiva: descrive l’insieme dei processi mentali che influenzano la percezione del dolore e le reazioni comportamentali che esso determina. Processi quali ad esempio: distrazione/attenzione, interpretazione/negazione, raffronti con esperienze dolorose pregresse personali. Componente Comportamentale: costituisce l’insieme delle manifestazioni, verbali e non verbali, osservate nella persona che soffre 34 (mimica, pianto, postura antalgica, impossibilità a mantenere un comportamento normale….). (Fordyce WE, 1978) La componente neurologica del dolore, (o componente percettiva) è costituita da un circuito a tre neuroni, che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia cerebrale mediante le vie spino-talamiche. La componente psichica del dolore (o parte esperenziale), responsabile della valutazione critica dell'impulso algogeno, riguarda la corteccia cerebrale e la formazione reticolare e permette di discriminare l'intensità, la qualità e il punto di provenienza dello stimolo nocivo; da queste strutture vengono modulate le risposte reattive. Si deve infine considerare, che ogni individuo ha una propria soglia del dolore e una propria tolleranza al dolore. La soglia è il momento in cui un individuo percepisce una stimolazione come dolorosa, essa è solitamente legata alla componente sensitiva ed associata a variabili fisiche. La tolleranza invece, rappresenta il momento in cui un individuo, non riesce più a sopportare ulteriormente una stimolazione nel tempo o nell'intensità, ed è associata alla componente "reattiva" e quindi anche a fattori psicologici. Il dolore non è semplicemente un'esperienza sensitiva, ma piuttosto il risultato di un'elaborazione svolta a un livello superiore (Melzack R. 1973). 35 Il dolore infine si distingue a seconda delle caratteristiche salienti in acuto e cronico. Il dolore acuto/fisiologico è un sofisticato meccanismo di avvertimento, un campanello di allarme, un dolore sintomo, un evento improvviso che, a seguito di un input afferenziale e della sua elaborazione nei centri superiori, determina una serie di alterazioni e di produzione di sostanze biochimiche, (ormoni, adrenalina) che a loro volta generano degli stati emotivi (ansia, angoscia, paura) oltre che comportamentali. È quindi un dolore “Utile”, che prima di essere affrontato e trattato va capito, interpretato e inserito nel corretto nesso etiopatogenetico, per un’adeguata, quando possibile, terapia della patologia causale. Diventa patologico quando si automantiene, perde la sua funzione di sintomo e diventa esso stesso malattia. Questo è il dolore cronico. Il dolore cronico deve essere considerato in modo diverso: se la condizione patologica è nota e non aggredibile e se la sua presenza continua instaura un circolo vizioso di depressione, ansia e altri disturbi emotivi, con pesante impatto sulla vita di relazione e sugli aspetti psicologici e sociali caratteristici della persona. Allora il dolore diviene un sintomo “Inutile” e va trattato nel modo più tempestivo e completo possibile. La conoscenza del dolore è condizionata da molteplici aspetti, si rileva in particolare come ogni individuo apprenda il significato del dolore durante i primi anni di vita. In questo periodo, un atteggiamento non equilibrato dei 36 genitori, che mostrano paura e ansia eccessiva, può influenzare inconsciamente e condizionare il bambino, che percepirà il mondo circostante come minaccioso e pericoloso vivendo la percezione del dolore, in modo alterato e amplificato con tonalità ansiogene e colpevolizzanti. Queste prime esperienze influenzeranno per tutta la vita, il soggetto, ogni qualvolta avvertirà uno stimolo doloroso. (Montrone V. 2008) 37 2.2 Il dolore del parto Tra i dolori più forti ci sono quelli del parto che chiamiamo doglie, con una parola che ha la stessa origine latina di dolore. Il dolore del parto ha le caratteristiche del dolore acuto, la nocicezione avviene per mezzo di fibre A e C, che afferiscono alle corna dorsali del midollo spinale, ove avviene una mediazione per mezzo di neurotrasmettitori, cui fa seguito l’innesco di riflessi spinali segmentali e soprasegmentali (Rowlands S., 1998). Per completezza e chiarezza di esposizione si presenta di seguito una breve sintesi del lavoro di D. Celleno, M. G. Frigo, A. Veneziani “Fisiopatologia del dolore da parto” Dispense del Club Italiano Anestesisti Ostetrici. Molti dei fattori attivati durante il travaglio modificano la nocicezione a vari stadi, alcuni di essi favoriscono la nocicezione, altri l’antinocicezione che ha il suo culmine alla nascita. Questo dolore può essere il risultato di molte e complesse interazioni fisiologiche, psicologiche, eccitatorie e inibitorie, che nell’ambito delle tipologie di dolore acuto lo rendono unico nel suo genere. Il dolore del travaglio ha due componenti, viscerale e somatica. Durante il I stadio la distensione e stiramento della cervice e del segmento uterino inferiore, causano un dolore viscerale che è sordo, poco localizzato e trasmesso centralmente per mezzo delle fibre mieliniche C, con estesa modulazione nel midollo a livello delle corna dorsali. (Brownridge, 1998) 38 Durante il II stadio, la distensione del pavimento pelvico, vagina e perineo da parte della parte presentata, produce un dolore somatico acuto e ben localizzato. Tale dolore, è condotto centralmente dalle piccole fibre mieliniche A, e riceve una minor modulazione a livello delle corna dorsali del midollo. 2.2.1 Vie periferiche L’utero è innervato dal sistema autonomo. Le fibre nervose simpatiche dell’utero possono essere divise in afferenti ed efferenti. Le fibre efferenti, provengono dai metameri T5-L2 e sono correlate all’attività contrattile uterina ed alla regolazione del flusso ematico. Le fibre afferenti, simpatiche sono quelle che portano le sensazioni dolorose ed afferiscono ai metameri T10-L1. L’utero è anche innervato da fibre parasimpatiche (che decorrono nei nervi erigentes), la cui stimolazione potrebbe essere messa in relazione alla secrezione di ossitocina. Il perineo è innervato invece da fibre di tipo somatico, che decorrono nel nervo pudendo (S2-S4) e nei nervi femoro-cutaneo laterale (S1-S3), sacrococcigeo (S4-S5), ileoinguinale (L1) e genitofemorale (L1-L2) che sono responsabili delle afferenze dolorose dovute allo stiramento del perineo che si verifica nel secondo stadio del travaglio (Davis M. 1933 ) 39 2.2.2 Il Dolore nella Prima Fase del Travaglio In questa prima fase il dolore ha un’origine “cervicale”, è cioè essenzialmente dovuto alla dilatazione del collo dell’utero e del segmento inferiore e quindi alla distensione ed allo stiramento di queste strutture durante la contrazione. Inoltre, durante la contrazione dell’utero, la parte fetale presentata esercita una pressione e contribuisce alla distensione del collo uterino. Come un dolore di natura viscerale, il dolore della prima fase del travaglio, è riferito ai dermatomeri innervati dagli stessi segmenti spinali, che ricevono input dall’utero e la cervice. Durante la fase latente (early) del primo stadio, il dolore è riferito come un dolore e un disconfort che è limitato ai dermatomeri T11 e T12. Come il dolore progredisce nella fase attiva del primo stadio, (generalmente da 3 a 4 cm. di dilatazione) e le contrazioni uterine diventano più intense, il dolore nei dermatomeri T11 e T12 diviene più severo ed è descritto come acuto e crampiforme e si estende ai due dermatomeri T10 e L1 adiacenti. 2.2.3 Seconda fase del travaglio Una volta che la cervice si è completamente dilatata, diminuisce la quantità di stimoli nocicettivi proveniente da questa struttura, ma le contrazioni del corpo dell’utero e la distensione del segmento uterino inferiore continuano a causare dolore nelle stesse aree riferite durante il primo stadio. In aggiunta, la crescente pressione che la parte presentata esercita sulle strutture sensibili 40 al dolore nella pelvi, e la distensione della vagina e del perineo, diventano nuove sorgenti di dolore. Progressivamente, la maggior distensione provoca un intenso stiramento e tensione della fascia e dei tessuti sottocutanei e pressione sui muscoli scheletrici del perineo, con dolore acuto e ben localizzato. Nell’ultima parte del primo stadio e durante il secondo, la partoriente sviluppa dolore bruciante o crampiforme alle cosce e, meno frequentemente alle gambe che determina dolore moderato riferito e ai segmenti lombari inferiori e sacrali. 41 2.3 La valutazione del dolore Le scale di valutazione, sono strumenti validati e condivisi, che hanno come scopo il miglioramento dell’intero processo assistenziale, attraverso la sistematica raccolta dei dati clinici. Esse favoriscono una lettura oggettiva e confrontabile dei fenomeni, un’omogenea valutazione, quali - quantitativa e lo scambio d’informazioni fra discipline diverse. L’obiettivo delle scale di valutazione del dolore è la sua misurazione che rappresenta la base di partenza dalla quale valutare i successivi interventi terapeutici. La misurazione è la procedura attraverso la quale si assegnano parole o numeri a una proprietà posseduta dagli elementi analizzati in modo da poter attribuire a tale proprietà alcune caratteristiche dei numeri raffinando così le proprietà dei dati raccolti. (Bailey 1986) Nella misurazione del dolore la difficoltà preminente è dovuta al fatto che questo sintomo ha una natura strettamente individuale. Infatti, esso non si presta facilmente alla misurazione e richiede una raccolta e una valutazione di dati sia obiettivi sia soggettivi (Waddell G, 1989.) A tal proposito A. De Nicola, in Misurazione del dolore, asserisce che “Le variabili del dolore, come intensità, frequenza e qualità sono valutabili con metodi soggettivi come l’autodescrizione”. Tuttavia, esiste, uno scarso consenso e poche basi empiriche sulle quali 42 basarsi per scegliere lo strumento più adeguato per la misurazione del dolore. 2.3.1 Caratteristiche delle scale di valutazione Qualsiasi strumento adottato per rilevare il dolore deve possedere le seguenti caratteristiche: Facilità di utilizzo Articolazione comprensibile a tutti Soddisfare i criteri di 1. Validità è la capacità di uno strumento di misura di stimare un evento o una variabile per la cui misura è stato prodotto, ovvero è il grado in cui un test valuta ciò che intende misurare. 2. Affidabilità indica la similarità dei risultati ottenuti in misure ripetute e definisce la precisione del nostro sistema di misura, maggiore è la riproducibilità di un dato, maggiore sarà l’affidabilità dello strumento. 3. Sensibilità è la misura della capacità dello strumento di riflettere la modificazione della variabile che si sta studiando, la capacità da parte dello strumento di cogliere le variazioni dell’evento. Richiedere tempi limitati per la registrazione e l’elaborazione dei dati. Il presupposto fondamentale per l’utilizzo delle scale di valutazione del dolore, consiste nella possibilità di stabilire un rapporto verbale con la 43 paziente e la capacità della stessa di comprendere quello che richiede la scala di valutazione. Le scale Unidimensionali misurano esclusivamente l’intensità del dolore. Le scale Multidimensionali valutano anche altre dimensioni, come la sensoriale – discriminativa, motivazionale – affettiva, cognitivo – valutativa. Per la loro complessità il loro uso è limitato nella pratica clinica. Le scale, infine, possono essere: Soggettive: ( self-report) i metodi di valutazione, si basano sulla descrizione verbale o analogica che la paziente riesce a dare del proprio dolore. Oggettive: (valutano le risposte comportamentali e i parametri fisiologici) valutano specifici indici comportamentali e fisiologici, in risposta ad uno stimolo doloroso, derivandone un punteggio secondo l’intensità del dolore. 2.3.2 Scale unidimensionali A. Scala analogica visiva (Visual Analogue Scale VAS) Questa scala lineare è uno strumento unidimensionale, che quantifica ciò che il malato soggettivamente percepisce come dolore o come sollievo e lo rappresenta visivamente. Consiste in una retta lunga 10 cm, con o senza tacche in corrispondenza di ciascun centimetro. L'estremità iniziale corrisponde a “nessun dolore”, e quella terminale a “ massimo dolore”. 44 Figura n1 . “Scala VAS “ Fonte:psicocafe.blogosfere.it Figura n.2 “Variante linea numerata scala VAS “ Figura n 3. “Variante sollievo scala VAS “ Fonte: Postura e dolore.it Fonte: Società di Medicina Generale Si chiede al paziente di disegnare un segno, sul punto della linea che meglio rappresenti il livello di dolore/sollievo provato rispetto ai due estremi. La distanza misurata in millimetri, partendo dall'estremità che indica l'assenza di dolore/sollievo, rappresenta la misura della modalità da quantificare e ciò che il paziente soggettivamente percepisce. Questa prova può essere facilmente ripetuta nel tempo (Dixon JS. 1986). Fra i diversi tipi di VAS, la linea assoluta, non tratteggiata, è la meno sensibile agli errori. 45 Per quanto attiene i vantaggi, si segnala la sensibilità dello strumento, la semplicità di somministrazione, la facile comprensione, e la sua indipendenza dal linguaggio. Gli svantaggi di questa scala sono: necessita di supporto cartaceo; non può essere utilizzata in pazienti con deficit visivi e cognitivi; evidenzia l'intensità del dolore senza riguardo per altri fattori. B. Scala Numerica (Numerical Rating Scale NRS) Nella scala numerica il concetto è simile a quello della scala visuale, invece, della linea continua vi sono rappresentati da numeri. Si considera una serie di numeri da 0 a 10 o da 0 a 100 il cui punto di inizio e di fine rappresentano gli estremi del dolore provato. Il paziente è invitato a scegliere il numero che corrisponde meglio al suo dolore. Figura n 4. “Scala NRS “ Fonte: Società di Medicina Generale 46 I vantaggi attribuiti al suo uso sono: Praticità e semplicità, uso verbale, nessun supporto cartaceo; Numero d’intervalli maggiori della VRS; Affidabilità, validità e rapida elaborazione dei dati. Gli svantaggi segnalati sono riferibili alla difficoltà a ridurre a un numero la sensazione dolorosa e un numero di intervalli minori della VAS. C. Scala di valutazione verbale (Visual Rating Scale VRS) Questo tipo di scala è composta da una serie di aggettivi che quantificano il dolore dal più debole al più intenso (nessun dolore, molto lieve, lieve, moderato, forte,molto forte). Figura n.5 “Scala VRS “ Fonte: Società di Medicina Generale Molti pazienti preferiscono le scale verbali a quelle analogiche visive o numeriche per la maggiore semplicità, ciò conduce a una maggiore probabilità di completamento. Questa scala si è dimostrata sensibile alla posologia dei farmaci, al sesso e alle differenze etniche, e risulta più accurata rispetto alla scala analogica visiva nella valutazione degli effetti degli analgesici sul dolore acuto. (Gracely RG, 1978) 47 Risultati Soddisfacenti si ottengono quando vi sono almeno sei livelli d’intensità. Per quanto riguarda i vantaggi, si evidenzia: La semplicità; La praticità, uso verbale, nessun supporto cartaceo; Lo spazio riservabile alla descrizione qualitativa. La scala verbale è limitata dal fatto che offre un numero ristretto di termini per rappresentare il dolore e pertanto non consente una fine valutazione dello stesso.(De Nicola A.) D. Scala delle espressioni facciali ( Facies Pain Scale FPS) Uno strumento utilizzabile anche con bambini, dai 2-3 anni, è quello non verbale costituito dalla "Scala delle espressioni facciali". Tale scala è composta da una serie di figure/disegni, che rappresentano espressioni facciali da: sorridente che corrisponde all'assenza di dolore, triste e così via fino al pianto disperato che corrisponde al massimo dolore possibile. Il bambino è chiamato a valutare il suo dolore, scegliendo il disegno che rappresenta il livello della propria esperienza dolorosa. (LeResche L. 1982; Kabn EA. 1966; LeResche L, 1984; ) Figura n.6 “ Scala delle espressioni facciali” Fonte:anestit.unipa.it 48 2.3.3 Scale multidimensionali A. McGill Pain Questionnaire. (MPQ Melzach 1975) E’ un questionario di auto-somministrazione, costituito da termini che descrivono differenti aspetti del dolore. I termini sono suddivisi in dimensioni e sottoclassi, corrispondenti a diverse caratteristiche del dolore: • aspetto sensitivo (caratteri “qualitativi”); • aspetto valutativo ( valutazione dell’intensità del dolore); • aspetto affettivo ( espressione delle reazioni emotive). Il paziente deve scegliere i termini che corrispondono al proprio dolore. Ciascuna sottoclasse contiene da 2 a 6 aggettivi, in ordine crescente di intensità. Dall’esame delle parole scelte è possibile ricavare uno score globale e uno parziale per le tre sottoscale. Si avvale anche di una VRS, per misurare l’intensità del dolore presente, e di un disegno di un corpo umano, visto davanti e dietro, per indicare la localizzazione. I vantaggi sono rappresentati, da un’analisi più sfaccettata del dolore nelle sue varie componenti, il suo utilizzo è ideale nel dolore cronico. Il grande limite di questo questionario piuttosto impegnativo, risiede nel fatto che molti dei termini utilizzati sono sconosciuti a pazienti anziani, e con cultura limitata o non rientrano nel linguaggio comune ( Maunuksela EL, 1983). 49 L’MPQ fornisce una grande quantità di informazioni ma richiede molto più tempo per essere completato rispetto ad altre scale. Ne esistono almeno due versioni italiane.(Italian Version of MPQ, Italian Pain Questionnaire) B. The Brief Pain Inventory (BPI Cleeland C. S. 1991) E’ la versione abbreviata del McGill Pain Questionnaire. I termini, che descrivono il dolore, sono stati ridotti e riguardano la sfera sensoriale e affettiva. Le parole sono state scelte perché usate più frequentemente dai pazienti con vari tipi di dolore. Consiste in una serie di domande, inerenti l’intensità e la conseguente limitazione funzionale. Le domande indagano le precedenti 24 ore, per la compilazione sono necessari dai 5 ai 15 minuti. A 2.3.4 Misurazioni obiettive del dolore Durante la fase dolorosa si assiste a differenti manifestazioni non verbali del paziente, quali smorfie facciali, gemiti, lamenti, assunzione di farmaci, compromissione delle funzioni fisiche e delle attività sociali. Tuttavia l'esperienza del dolore è impossibile da misurare direttamente e l'osservatore, quindi, deve inevitabilmente basarsi sulla descrizione del dolore fatta dal paziente e dimostrarne la fondatezza osservando il comportamento associato (Melzack R, 1985 ). Numerose variabili possono influenzare la misurazione del comportamento relativo al dolore, tra cui, l'influenza dell'esaminatore sul comportamento del 50 paziente, le questioni assicurative e legali, il ruolo del coniuge o di altre persone vicine al paziente. La cognizione che il comportamento, associato al dolore, può persistere per ragioni diverse da quelle che l’hanno causato, può aggiungere ulteriori difficoltà alla misurazione oggettiva (Frank AJM, 1982.). Altre limitazioni all'uso dell'osservazione del comportamento come misura del dolore sono legate all'ambiente nel quale tali misurazioni avvengono. Di fatto, la maggior parte delle osservazioni si verificano in condizioni cliniche, mentre il comportamento del paziente a casa non viene considerato (Mcgrath PA, 1985). 2.3.5 Misurazioni soggettive del dolore Riguardo alle misurazioni soggettive del dolore si condivide l’ interpretazione che ne dà A. De Nicola in Misurazione del dolore, dove afferma che essendo il dolore un’esperienza soggettiva, l’autovalutazione del paziente è da considerarsi la regola per la sua misurazione. Infatti, numerosi studi hanno evidenziato la sottostima derivante da una valutazione esterna. Infine, afferma, che la valutazione esterna rimane indispensabile per i pazienti che non sono in grado di esprimersi, i neonati e i bambini, handicappati mentali, anziani con demenza. Gli strumenti più utilizzati sono il Mc Gill Pain Questionnaire e la VAS anche se la NRS è il metodo che produce meno errori soprattutto negli anziani. 51 Capitolo Jan e Hubrecht Van Eyck 3 “ Eva dall’Agnello Mistico” - 1425-32 PROGETTO DI RICERCA 52 3.1 Ricercatori La ricerca in oggetto nasce presso l’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia, su sollecitazione delle gestanti che da qualche tempo richiedono l’organizzazione di un percorso di contenimento del dolore durante il travaglio e il parto, e si avvale dei seguenti collaboratori: Il Prof Nelvio Cester, Direttore dell’U.O. Di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia, responsabile del progetto, il quale ha concesso le autorizzazioni necessarie per l’avvio dell’indagine. La Dott.ssa Giorgia Buscicchio che ha fornito preziosi suggerimenti riguardanti le procedure metodologiche. La Dott.ssa Luana Centinaro e l’Ostetrica Monica Montagna che hanno contribuito alla somministrazione dei questionari. 3.2 Definizione del problema Come ampiamente descritto nel capitolo due, la percezione del dolore è il risultato dell’elaborazione dei suoi componenti: sensoriale, affettivo emozionale, cognitivi, e comportamentali, di conseguenza è molto soggettiva. Questa problematicità rende difficile la predizione delle aspettative e della cognizione del dolore delle donne in travaglio, di conseguenza indagare, l’associazione tra paura del parto e dolore in travaglio consente agli 53 operatori sanitari dell’Ostetricia di Senigallia di prevedere la richiesta di sollievo dal dolore e organizzare percorsi assistenziali specifici. 3.3 Revisione della Letteratura La ricerca è stata eseguita presso banche dati e revisioni di linee guida come: NICE, SIGO; GIMBE, MEDLINE, COCHRANE LIBRARY. La rassegna della letteratura ha fornito le basi teoriche, ha consentito la definizione del problema e l’elaborazione delle ipotesi di ricerca nel progetto dell’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia. Vengono di seguito riassunte le principali indagini prese in considerazione: 1. Hodnett ED. “Pain and women's satisfaction with the experience of childbirth” 2002. Revisione sistematica di 137 reports sui fattori che influenzano la valutazione delle donne rispetto alla loro esperienza del parto. Dai risultati si evince che influiscono sull’esperienza del parto: a. aspettative personali; b. quantità di supporto del caregiver; c. qualità della relazione con il caregiver; d. coinvolgimento nelle scelte assistenziali. Le conclusioni cui si perviene mostrano come il dolore, le strategie per il suo contenimento e gli interventi medici durante il travaglio non 54 influiscono sulla costruzione del vissuto della donna quanto le attitudini e i comportamenti del caregiver. 2. Goodman P, Mackey MC, Tavakoli AS. “Factors related to childbirth satisfaction,” 2004. Studio descrittivo su 60 puerpere che hanno avuto un parto normale con neonato sano. Basato sull’utilizzo di questionari strutturati, scale di valutazione della soddisfazione e del dolore. I risultati emersi dimostrano che il controllo della donna sull’esperienza del parto è un fattore predittivo di soddisfazione globale sull’esperienza del parto. Anche le aspettative rispetto al travaglio/parto sono fattori predittivi di soddisfazione della propria performance. Nelle conclusioni si afferma che il controllo della donna sull’esperienza del parto è un fattore predittivo di soddisfazione materna. L’empowerment e il potenziamento dell’autostima possono accrescere la soddisfazione della donna rispetto all’esperienza. 3. Kannan S, Jamison RN, Datta S. “Maternal satisfaction and pain control in women electing natural childbirth”, 2001. Lo studio si basa su un campione di 23 donne con travaglio normale e 24 con travaglio normale con richiesta di analgesia peridurale. Lo studio, realizzato con questionari, somministrati prima e dopo il parto per valutare il dolore durante il travaglio e la soddisfazione. I risultati dimostrano che le donne con analgesia peridurale riferiscono punteggi di dolore inferiori rispetto al gruppo che non la riceve. L’88% delle donne con analgesia peridurale riferisce di essere meno soddisfatte di quanto si aspettavano, nonostante 55 la diminuzione del dolore. Spesso le donne riferiscono il ricorso all’analgesia peridurale come un fallimento del proprio parto. La conclusione cui giunge mostra che la diminuzione dell’intensità del dolore in travaglio non aumenta la soddisfazione materna. La soddisfazione è fortemente influenzata dalle aspettative in gravidanza. 4. Anim-Somuah M, “Smyth R, Howell C. “Epidural versus non-epidural or no analgesia in labour”, 2005. Revisione sistematica di 21 RCT (6664 donne) che compara analgesia peridurale e altri metodi di contenimento del dolore farmacologici e non contenimento. I risultati dimostrano che le donne con analgesia peridurale vs altri metodi percepiscono dolore in intensità minore ma sono esposte a maggior rischio di parti operativi (non differenze significative per soddisfazione materna, ricorso al taglio cesareo, cefalee a lungo termine e bassi score di Apgar). Lo studio conclude che l’analgesia peridurale è un metodo efficace per il pain relief. Non si evidenziano differenze rispetto a: taglio cesareo, cefalee a lungo termine e bassi score di Apgar, soddisfazione materna anche con score di dolore inferiori non aumenta la soddisfazione. 5. Howell CJ, Kidd C, Roberts W. “A randomised controlled trial of epidural compared with non-epidural analgesia in labour”, 2001. RCT con follow-up a lungo termine e un campione di 369 primi gravide, di cui 184 donne destinate al gruppo con analgesia peridurale e 185 al gruppo non analgesia peridurale. Outcome: cefalea a 3 a 12 mesi dal parto, 56 incidenza parti strumentali e valutazione globale da parte delle donne. Dai risultati non si evidenziano differenze statisticamente significative per aumento di cefalea a lungo termine nel gruppo con epidurale. Si rileva un aumento significativo dei parti strumentali. Non si individuano differenze significative nella soddisfazione delle donne. Le conclusioni riscontrano che il ricorso ad analgesia peridurale è associato a un aumento dei parti operativi. Non sembrano esistere associazioni dell’analgesia peridurale con cefalea a lungo termine o con soddisfazione maggiore da parte delle donne. 6. McCrea BH, Wright ME. “Satisfaction in childbirth and perceptions of personal control in pain relief during labour”, 1999. Studio retrospettivo basato sulla somministrazione di un questionario a 100 puerpere a 48 ore dal parto vaginale. Dai risultati si evince che il controllo della donna nell’esperienza del parto influisce positivamente nel contenimento del dolore e sulla soddisfazione materna. Le conclusioni fanno notare che le variabili demografiche e socio-economiche hanno un basso impatto sulla soddisfazione materna rispetto al controllo sul proprio travaglio. 7. Waldenstrom U. “Women's memory of childbirth at two months and one year after the birth,” 2003. Studio di corte longitudinale su 2428 donne svedesi reclutate in gravidanza. Dai risultati si desume che gli score di valutazione del dolore non si mantenevano nel tempo, indipendentemente 57 dalle strategie per il contenimento del dolore ufficializzate. Di conseguenza, perviene alla conclusione che il ricordo delle donne rispetto al dolore del parto è soggetto a grande variabilità e le risposte delle partecipanti possono cambiare nel tempo. 8. Waldenstrom U, Rudman A, Hildingsson I. “Intrapartum and postpartum care in Sweden: women's opinions and risk factors for not being satisfied,” 2006. Studio caso controllo su 2686 donne svedesi che prevede la compilazione di un questionario all’inizio della gravidanza e due mesi dopo il parto. Le associazioni vengono valutate con analisi di regressione logistica. Dai risultati si rileva che i fattori di rischio per l’insoddisfazione sono: a. giovane età, b. bassa scolarità, c. single, d. gravidanza non pianificata, e. mancanza del supporto del partner, f. mancanza di supporto dell’ostetrica in travaglio, g. scarso coinvolgimento nelle decisioni, h. ambiente del parto, i. tempo insufficiente per il supporto in allattamento. Nelle conclusioni si afferma che l’organizzazione dell’assistenza e i fattori 58 socio-demografici influiscono fortemente sulla soddisfazione materna dell’esperienza del parto. 9. Alehagen S,Wijma B, Wijma K. “Fear of childbirth before, during, and after childbirth,” 2006. Campione composto di 47 nullipare a termine di gravidanza cui viene proposta una valutazione delle aspettative ante travaglio, una sulla paura in travaglio e ripetuta nel post parto. I risultati dimostrano che esiste una correlazione tra paura del parto in gravidanza e dolore riferito in travaglio. Non c’è differenza tra la paura rilevata prima del parto tra donne che non hanno / hanno ricevuto l’analgesia peridurale mentre nelle donne con analgesia peridurale si rilevano livelli di paura del parto maggiori vs no analgesia. Le conclusioni descrivono come le donne che riferiscono intesi livelli di paura hanno maggiore probabilità di riferirla anche al parto e in puerperio. L’offerta di analgesia peridurale non è una risposta sufficiente alla paura delle donne in travaglio e in puerperio. 10.Leighton BL, Halpern SH. “The effects of epidural analgesia on labor, maternal, and neonatal outcomes: a systematic review.” 2002. Questa revisione ha incluso 14 studi randomizzati che coinvolgono 4.324 donne. Valuta gli effetti dell’analgesia epidurale sul travaglio, materno, e gli esiti neonatali. I risultati evidenziano la segnalazione di meno dolore nelle donne assegnate nel gruppo epidurale. La meta-analisi ha anche rilevato donne più soddisfatte del sollievo dal dolore, rispetto alla non-epidurale. Inoltre in questo lavoro l'analgesia epidurale non è risultata associata a 59 un aumento della durata della prima fase del travaglio ma è stata associata a un allungamento della seconda fase, all’uso di ossitocina e nascite strumentali. 11. Reynolds F, Sharma SK, Seed PT. “Analgesia in labour and fetal acidbase balance: a meta-analysis comparing epidural with sistemi opioid analgesia”. 2002; Un’altra revisione sistematica è stata effettuata per valutare l'effetto dell’epidurale durante il travaglio sul rapporto acidobasico del funicolo del bambino alla nascita. Comprende otto RCT che coinvolgono 2268 donne. E’ risultato che il pH dell'arteria ombelicale è significativamente migliore per i bambini nati da donne del gruppo epidurale così come l'eccesso di basi Gli autori concludono che l’analgesia epidurale è associata con un migliore rapporto acido-basi neonatale, suggerendo che il ricambio placentare è ben conservato durante l'analgesia epidurale. 12. Christiaens W, et al. “Pain acceptance and personal control in pain relief in two maternity care models: a cross-national comparison of Belgium and the Netherlands.”2010. Studio osservazionale che ha valutato 327 donne, sull’accettazione del dolore e sul controllo personale nella riduzione del dolore, in un confronto internazionale tra Olanda e Belgio. Lo studio si basava su due interviste, una condotta a 30 settimane di età gestazionale e una due settimane dopo il parto. Dall'analisi dei risultati si rileva che, nel campione di donne studiate, la giovane età e il 60 travaglio prolungato si associano a maggior ricorso all'analgesia. Un minor ricorso all'analgesia è associato ad accettazione del dolore e controllo personale del dolore. Per quanto attiene il paese, si osserva che le donne Olandesi hanno un rischio molto ridotto di ricorrere all'analgesia rispetto alle donne Belghe. 13. Dickinson JE et al. “Maternal satisfaction with childbirth and intrapartum analgesia in nulliparous labour,”2003. Studio randomizzato che ha confrontato i risultati di analgesia epidurale e non-epidurale. Il primo gruppo composto di 493 donne è stato incoraggiato a richiedere l'epidurale; e un gruppo di 499 donne che ha ricevuto un sostegno one-toone continuo durante il travaglio da parte dell’ostetrica. Le donne sono state intervistate circa 24 ore dopo la nascita e a 6 mesi dopo il parto. Il gruppo analgesia epidurale era significativamente più soddisfatto del sollievo al dolore durante il parto, e l'intensità del dolore riferito dopo la somministrazione era significativamente più bassa per questo gruppo. Entrambi i gruppi hanno riportato livelli simili di soddisfazione con un grado di supporto dell’ostetrica durante il travaglio, la partecipazione al processo decisionale durante il parto. Nonostante le differenze di soddisfazione per il sollievo dal dolore e dei livelli di dolore provato tra i due gruppi, i resoconti dell’esperienza complessiva di travaglio e parto erano simili per entrambi i gruppi. I risultati ottenuti ai 6 mesi di followup, hanno mostrato come le donne nel gruppo sostegno one-to-one, 61 erano significativamente meno propense a utilizzare l'epidurale in un travaglio successivo. 3.4 Formulazione del razionale Dagli studi sopra presentati si può desumere che quasi tutti gli autori sono concordi nel rilevare che la paura del dolore e la conseguente percezione sono condizionate, in senso positivo o negativo, dal background della paziente, da fattori psichici, sociali e ambientali. (Waldenstrom U. 2006) La rassegna della letteratura evidenzia inoltre, che il ricordo delle donne rispetto al dolore del parto è soggetto a grande variabilità e le valutazioni delle pazienti possono cambiare nel tempo. (Waldenstrom U. 2003) Alla luce della complessità e molteplicità del tema contenimento del dolore, questo studio focalizza l’attenzione sulla valutazione del dolore da parto, sulla domanda di controllo del dolore in travaglio e durante il parto (Alehagen S. 2006). La rilevazione, si esegue presso l’Ospedale di Senigallia, su una popolazione eterogenea di donne delle Marche ricoverate con indicazione ostetrica (parto) o con indicazione ginecologica. Infine s’indagano le preferenze delle donne verso il ricorso a tecniche avanzate di analgesia come la peridurale (Goodman P 2004). 62 3.5 Formulazione delle ipotesi di ricerca L’ipotesi scientifica dello studio, prevede che il background di una paziente, influisce sensibilmente sulla percezione del dolore della stessa, e che tale percezione si modifica in relazione al tempo trascorso dall’evento che ha scatenato il dolore. (Waldenstrom U 2003 e 2006) 3.6 Obiettivi generali della ricerca L’obiettivo generale di questa ricerca, consiste nell’indagare i condizionamenti culturali e personali di un campione di donne marchigiane, rispetto al dolore, e come questi possano portare a percezioni differenti del dolore in travaglio. In particolare sono obiettivi specifici: a. Analizzare l'influenza di alcune variabili indipendenti, (l’età, la dimensione del comune di residenza, l’occupazione, la parità ) sull'orientamento e sulle attese del dolore nel travaglio e parto. b. Delineare le dinamiche, le aspettative e le scelte connesse al primo parto, per verificare attraverso il confronto con il campione di pluripare e pazienti ginecologiche se, e in che misura, vi sono differenze nei comportamenti, nei vissuti e nel tempo. c. Acquisire informazioni utili, per migliorare l’organizzazione e la 63 gestione dell’offerta di terapia antalgica, presso l’U.O . di Ginecologia e Ostetrica di Senigallia. 3.7 Definizione del campo d’indagine 3.7.1 Setting Lo studio è stato realizzato presso l’Azienda Sanitaria Unica Regione Marche, Area Vasta n.2, Ospedale Principe di Piemonte di Senigallia, Dipartimento Materno Infantile, U.O. di Ginecologia e Ostetricia. Il reparto di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia sito in Via Benvenuto Cellini 1, Direttore Dott. Nelvio Cester, è costituito da una dotazione di 25 posti letto ordinari e 2 riservati ai day surgery, vi si effettuano circa 800 parti all’anno, di cui il 28/30% espletati con taglio cesareo. 3.7.2 Campione Lo studio è di tipo trasversale, e riguarda un campione casuale di donne ricoverate presso l’Unità Operativa tra giugno e dicembre 2011. Al fine di raggiungere un campione rappresentativo della realtà locale, sono state incluse nello studio 544 pazienti, 300 ricoverate nella sezione di ostetricia, 200 in quella di ginecologia e 44 reclutate mediante il Social Network Facebook. I criteri di inclusione allo studio sono stati: a. Gestanti primipare afferenti all’ambulatorio di gravidanza a termine; 64 b. Gestanti pluripare afferenti all’ambulatorio di gravidanza a termine; c. Donne ricoverate per indicazioni ginecologiche; d. Donne che volontariamente hanno aderito allo studio attraverso il Social Network Facebook. Tutte le gestanti considerate hanno partorito presso l’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia del suddetto ospedale. Il questionario è stato illustrato e consegnato dall’ostetrica durante il ricovero ospedaliero e ritirato alla dimissione. Alle donne che volontariamente hanno aderito allo studio attraverso il Social network, il questionario, unitamente alle istruzioni per la compilazione sono stati resi disponibili su pagina Facebook. Figura n. 7 “Pagina Facebook ” 65 3.8 Definizione dell’area di analisi 3.8.1 Variabili Nell’indagine in oggetto sono state prese in considerazione le seguenti variabili, al fine di verificare le ipotesi di ricerca: 1. Età; 2. Comune di residenza; 3. Occupazione; 4. Parità; 5. Valutazione del dolore con scala numerica (NRS) da 0 (che corrisponde a nessuna percezione del dolore) a 10 (che corrisponde alla massima percezione del dolore); 6. Desiderio di controllo del dolore con analgesia peridurale al primo parto; 7. Desiderio di controllo del dolore con analgesia peridurale ai parti successivi. 3.8.2 Strumento d’indagine Lo strumento metodologico utilizzato per l’indagine è il questionario autocompilato, composto di 16 domande di tipo chiuso (allegato n° 1). Al questionario è allegata una breve presentazione, dove si spiegano le finalità e le motivazioni dell’inchiesta e si rassicurano le interessate circa la 66 riservatezza delle informazioni. Il questionario è articolato in tre parti: I. Fattori socio-anagrafici (5 domande); II. Aspettativa del dolore e reale percezione dello stesso al parto (7 domande); III. Fattori collegati a successive gravidanze (4 domande). La formulazione del questionario si attiene ad una serie di principi: 1. Enunciato delle voci: le voci sono formulate con oggetto un avvenimento e/o un’esperienza; le domande sono formulate in modo specifico, in quanto riflettono più precisamente le esperienze attuali, passate e individuali; 2. Approccio di tipo diretto; 3. Formazione delle domande a risposta chiusa (standardizzate), al fine di permettere confronti diacronici e sincronici; 4. Formato delle risposte: dicotomico (si/no) e a risposta multipla utilizzando una lista di alternative (all’interno delle quali se ne può scegliere una sola); l’ordine di presentazione delle scelte, inizia sempre dalla modalità di risposta negativa, in quanto, favorisce le critiche ed aumenta la variabilità. Nel suo complesso, il questionario è dotato di una sua originalità che si rivela nella predilezione del criterio di sintesi evitando sofisticati linguaggi. 67 3.9 Pianificazione del progetto di ricerca Per pianificare il progetto di ricerca, ci si è avvalsi di strumenti di pianificazione logico/strutturale quali Work Breakdown Structure (letteralmente “struttura della suddivisione del lavoro”). Per la programmazione del tempo di ogni singola attività svolta nel progetto, in relazione alla disponibilità delle risorse necessarie, si utilizzano strumenti di pianificazione e controllo temporali, quali il diagramma a barre (bar chart). 3.9.1 WBS Management 1.1 Individuazione del campione; 1.2 Individuazione degli obiettivi della ricerca c/o l’U.O. di Senigallia; 1.3 Ricerca documentazione e lettura critica della bibliografia; 1.4 Stima dei tempi; 1.5 Definizione delle attività e della loro sequenza; 1.6 Attuazione e coordinamento del Progetto; 1.7 Richiesta autorizzazione del Direttore della U.O.. 68 Figura n.8 “WBS Management” PROGETTO DI RICERCA Management Ind. campione Progettazione e Attuazione Ind. obiettivi Defin. attività Ric. Bibliogr. Attuaz. Progetto. Stima Tempi. Rich. autorizzazioni. Figura n.9 “ Cronogramma Management” Cod. Attività 1.2 Indiv. Campione Indiv. Obiettivi. Progetto 1.3 Ricerca bibliografia. 1.4 Stima Tempi 1.1 1.5 1.6 1.7 Giu Lug Ago '11 '11 '11 Set '11 Ott Nov '11 '11 Dic '11 Attività e Sequenza Attuazione Coordinam. Progetto Richista Autoriz. Direttore 69 3.9.2 WBS Progettazione/Attuazione 2.1 Elaborazione/acquisizione dello strumento di indagine (Questionario) 2.2 Definizione dell’area di analisi (variabili) 2.3 Progettazione e attuazione del sistema di raccolta dati 2.4 Individuazione software per analisi dei dati raccolti 2.5 Elaborazione dei dati 2.6 Valutazione qualità dei dati 2.7 Analisi dei dati Figura n. 10 “WBS Progettazione/Attuazione” PROGETTO DI RICERCA Management Elab. questionario Progettazione e Attuazione Raccolta dati Defin. area analisi Elab. dati Software per analisi Analisi dati. Valut. qualità dati 70 Figura n.11 “Cronogramma Progettazione/Attuazione” Cod. Attività 2.1 Elab0razione Strumento 2.2 Definizione Variabili 2.3 Raccolta. Dati 2.4 Indiv. Software Analisi Dati 2.5 Elaborazione dei dati 2.6 Valutazione Qualità Dati 2.7 Analisi Dati Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. '11 11 '11 '11 '11 '11 '11 3.10 Analisi dei dati Lo studio descrittivo ha previsto la raccolta dei dati in Excel, strumento che permette di gestire elenchi e tabelle di dati organizzati per ordinare e ricercare informazioni, ma anche per eseguire operazioni di analisi e confronti dei dati. Per poter procedere all’organizzazione e alla spiegazione dei dati, si è ritenuto opportuno ricorrere all’uso di indici statistici. L’analisi statistica dei risultati è stata effettuata mediante il T Test Student attraverso un programma biomedico Biostat, considerando P < 0.05 significativo. 71 Capitolo Picasso 4 “Donna in bianco” 1929 ANALISI DEI DATI 72 4.1 Partecipazione all’indagine Sono stati raccolti 557 questionari, di cui 44 mediante il Social Ntework Facebook, i restanti sono stati compilati dalle pazienti Ostetriche e Ginecologiche, ricoverate dal mese di Giugno al mese di Dicembre 2011 presso l’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia. I dati analizzati nelle tabelle e nei grafici sono relativi a 544 questionari in quanto, 13 sono stati esclusi dallo studio perché riconsegnati senza essere compilati o sono risultati incompleti. 4.2 Caratteristiche generali della popolazione in studio A. Età: l’età media delle 300 pazienti ostetriche oggetto dello studio è di 31.4 anni, la mediana di 32; quella delle 244 pazienti ginecologiche è di 40.08, con mediana di 38. B. Residenza:: la totalità del campione risiede nella Regione Marche. Per quanto concerne le pazienti ostetriche, il 20,43% dimora nella provincia di Pesaro - Urbino e il 79,57% nella provincia di Ancona. Vive in ambiente urbano (comuni di media grandezza > 10.000 abitanti) il 72,04% del campione, il restante 27,96% risiede in ambito rurale (comuni di piccole dimensioni < 10.000 abitanti). La residenza delle pazienti ginecologiche segue una distribuzione simile al 73 campione ostetrico: il 19,17% delle pazienti abita nella provincia di Pesaro – Urbino, il restante 79,47,% nella provincia di Ancona, in questo campione è presente anche un 1,36% di residenti nella provincia di Macerata. Risiede in ambiente urbano (comuni di media grandezza > 10.000 abitanti), il 60,28% del campione, il restante 39,72% risiede in ambito rurale (comuni di piccole dimensioni < 10.000 abitanti). (ISTAT Comuni per classe di ampiezza demografica) C. Occupazione:: nelle pazienti ostetriche il 26,88% non ha occupazione, il rimanente 73.12% che ha un’occupazione è così distribuito: il 22,05% fa parte delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, il 39,52% svolge professioni tecniche e il 38,43% esercita professioni non qualificate /manuali. (nomenclatura e classificazione delle professioni ISTAT) Delle pazienti ginecologiche il 35,61% non ha occupazione, il rimanente 64,39% che ha un’occupazione, si suddivide come segue: il 17,02% appartiene a professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, il 42,56% svolge professioni tecniche e infine il 40,42% esercita professioni non qualificate/manuali. D. Parità: Il campione ostetrico, presenta una distribuzione simmetrica, 50 % di primipare e 50% di pluripare. Il campione ginecologico è così 74 suddiviso, 173 pazienti corrispondente al 70,83% di pluripare e 71 pari al 29.17% di primipare. 4.3 Valutazione della percezione del dolore nel parto A .Percezione del dolore in base all’età: Nella tabella seguente si evidenzia come il dolore è condizionato dalla variabile indipendente età, la soglia del dolore ammonta a 8.76 con deviazione standard di 1.14 nelle pazienti ostetriche, e a 7.62 nelle pazienti ginecologiche con deviazione standard di 1.86. Si rileva che il campione di pazienti ginecologiche reclutate, con un’età maggiore delle pazienti ostetriche, ha una percezione del dolore più bassa. CAMPIONE 300 PZ 244 PZ PAZIENTI OSTETRICHE GINECOLOGICHE ETA’ 31.4 + 5.55 40.08 + 11.49 -- 8.76 + 1.14 7.62 + 1.86 P<0.0001 SOGLIA DEL DOLORE Tabella n.1: P VALUE “Dolore condizionato dal fattore età” B. Percezione del dolore e residenza: Nella seguente tabella, mediante l’applicazione dell’analisi bivariata, si esamina il campione ostetrico, e si evidenzia come la variabile indipendente 75 residenza sia associata in maniera statisticamente significativa alla soglia del dolore. Infatti, le pazienti che risiedono in ambito rurale presentano una soglia di accettazione del dolore più alta (7,81 + 1,28; P = 0,001). CAMPIONE Paz. Ostetriche Paz. Ostetriche Ambito Urbano Ambito Rurale 181 119 _ 9 + 0,25 7,81 + 1,28 P < 0,001 P VALUE PAZIENTI SOGLIA DOLORE Tabella n.2 “Dolore condizionato dal fattore residenza” Anche dall’analisi del campione di pazienti ginecologiche, si rileva che la variabile indipendente residenza è associata in maniera statisticamente significativa alla soglia del dolore. Anche nel campione delle pazienti ginecologiche che risiedono in ambito rurale, la soglia di accettazione del dolore è più alta (8,68 + 1,01; P = 0,001). CAMPIONE Paz. Ginecologiche Paz. Ginecologiche Ambito Urbano Ambito Rurale 176 68 9,59 + 0,37 8,68 + 1,01 P VALUE _ PAZIENTI SOGLIA DOLORE Tabella n.4 P < 0,001 “ Dolore condizionato dal fattore residenza” 76 C. Percezione del dolore e occupazione: Si può osservare nel seguente grafico che le gestanti che appartengono a professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, danno un giudizio più contenuto del loro dolore (8,63 scala NRS), pertanto, presentano un’alta soglia di tolleranza. Anche le pazienti ostetriche che svolgono una professione manuale mostrano valori buoni (8,9 scala NRS), al contrario la percezione del dolore appare molto più elevata per la condizione non lavorativa (9,45 scala NRS). 9,6 9,4 9,2 9 8,8 8,6 8,4 8,2 PROF. INTELLETTUALI Grafico n.1 PROF. TECNICHE PROF. MANUALI COND. NON LAVORATIVA “ Occupazione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ostetriche” Nello specifico si evidenziano le professioni sanitarie che presentano una soglia del dolore elevata (7,87 scala NRS), e la professione medica che esprime un giudizio contenuto del dolore (8,5 scala NRS). All'opposto le gestanti che svolgono professioni impiegatizie mostrano una percezione del dolore più elevata (9,5 scala NRS), insieme alle studentesse che presentano una valutazione del dolore pari a 9,6 della scala NRS.(Grafico 2) 77 DISOCCUPATA PENSIONATA STUD. /BABY S. CASALINGA COMM./OPERAIA PARRUC./ ESTET. IMPIEGATA PROF.SANITARIA INSEGNANTE MEDICO/AVVOC. 0 2 4 6 8 10 Grafico n.2 “Professione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ostetriche” Diversamente dal campione ostetrico, si può osservare nel campione di pazienti ginecologiche, che sono le professioni manuali a dare un giudizio più contenuto del loro dolore (8,63 scala NRS). Le pazienti ginecologiche che svolgono una professione intellettuale, scientifica e di elevata specializzazione si attestano al 9,14 della scala NRS seguite dalle professioni tecniche e dalle pazienti che non hanno occupazione dove la percezione del dolore appare più elevata (9,18 scala NRS). 9,2 9,1 9 8,9 8,8 8,7 8,6 8,5 8,4 8,3 PROF. INTELLETTUALI PROF. TECNICHE PROF. MANUALI COND. NON LAVORATIVA Grafico n.3 “Occupazione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ginecologiche” 78 Dall’analisi del campione di pazienti ginecologiche, si rileva, che professioni quali operaia e commessa presentano una percezione del dolore più bassa (7,6 scale NRS), seguite dalle professioni sanitarie che esprimono un giudizio contenuto del dolore (8,5 scale NRS). Analogamente al campione ostetrico, anche in quello ginecologico si rileva che, le pazienti che svolgono professioni impiegatizie mostrano una percezione di dolore più elevata (10 scala NRS), insieme alle studentesse che presentano una valutazione del dolore pari al massimo dolore della scala numerica (10). DISOCCUPATA PENSIONATA STUD. /BABY S. CASALINGA COMM./OPERAIA PARRUC./ ESTET. IMPIEGATA PROF.SANITARIA INSEGNANTE MEDICO/AVVOC. 0 Grafico n.4 2 4 6 8 10 “Professione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ginecologiche” 79 D. Percezione del dolore e parità: Riguardo alla parità, il grafico successivo mette in evidenza, come nel campione di pazienti ostetriche esaminate, le primipare presentano una soglia di accettazione del dolore più bassa pari a 9,54 della scala NRS, mentre le pluripare si attestano al 9 della medesima scala. 9,6 9,5 9,4 9,3 9,2 9,1 9 8,9 8,8 8,7 PRIMIPARE Grafico n.5 PLURIPARE “Aspettativa del dolore correlata alla parità: pazienti Ostetriche” Come prevedibile, anche nel campione di pazienti ginecologiche, si apprezza una soglia di accettazione del dolore più bassa nel campione di primipare pari a 9.2. della scala NRS, rispetto alle pluripare che presentano un’accettazione più alta pari all’8,46. 9,2 9 8,8 8,6 8,4 8,2 8 Grafico n.6 PRIMIPARE PLURIPARE “ Aspettativa del dolore correlata alla parità: pazienti Ginecologiche” 80 4.4 Dolore atteso/dolore percepito In rapporto alle aspettative, il primo elemento che emerge dal grafico è che il 45% delle pazienti ostetriche dichiara che il dolore percepito durante il parto combacia con la loro aspettativa. Il 38% delle pazienti dichiara che il dolore percepito durante il travaglio – parto è inferiore alla loro aspettativa. E infine il restante 17% dichiara che il dolore percepito durante il travaglio – parto è superiore alla loro aspettativa. 17 % 4 5% 38 % Grafico n.7 “Dolore atteso e dolore percepito” 81 4.5 Desiderio di analgesia nei parti successivi Il prossimo grafico descrive la distribuzione percentuale delle dichiarazioni delle puerpere in relazione al desiderio di utilizzare la parto analgesia per il successivo parto. Si osserva che il 43% delle puerpere dichiara di volere la parto analgesia per il successivo parto. Al contrario, il 33% delle puerpere dichiara di non volere la parto analgesia, ed infine il 24% delle puerpere dichiara di non sapere se volere o meno la parto analgesia per il successivo parto . 33% 43% 24% Grafico n. 8. “ Desiderio di parto analgesia nei parti successivi del campione ostetrico” Osservando il grafico della popolazione di pazienti ginecologiche si nota l’elevata percentuale pari al 58% di donne che dichiarano di non volere la parto analgesia per il successivo parto. 82 Il restante campione si divide quasi in parti uguali, con il 22% che dichiara di volere la parto analgesia per il successivo parto, il e il 20% che dichiara di non sapere se volere o meno la parto analgesia per il successivo parto. 20% 22% 58% Grafico n. 9. “ Desiderio di parto analgesia nei parti successivi del campione Ginecologico” 83 4.6 Caratteristiche della popolazione a confronto Età media ( anni) Soglia del dolore in relazione all’ età Provincia di residenza: Pesaro-Urbino Ancona Macerata Residenza in ambito URBANO Residenza in ambito RURALE Soglia del dolore ambito URBANO Soglia del dolore ambito RURALE Pazienti non occupate Pazienti professioni manuali Pazienti professioni tecniche Pazienti professioni intelletuali Soglia del dolore correlata alle professioni Aspettativa del dolore primipare scala NRS Aspettativa del dolore pluripare scala NRS Dolore combacia con aspettativa Dolore inferiore all’aspettativa Dolore superiore all’aspettativa Desidera analgesia nel parto successivo Non desidera analgesia nel parto successivo Non sa se desidera analgesia nel parto successivo Tabella n. 5 Pazienti Ostetriche n.300 Pazienti Ginecologiche n.244 31.4 40.08 8.76 + 1.14 P < 0,001 7.62 + 1.86 P < 0,001 20,43 % 79.57 % / 19,17 % 79.47 % 1,36 % 72,04 % 60,28 % 27,96 % 9 + 0,25 P < 0,001 39,72 % 9,59 + 0,37 P < 0,001 7,81 + 1,28 P < 0,001 8,68 + 1,01 P < 0,001 26.88 % 38,43 % 35,61 % 40,42 % 39,52 % 42,56 % 22,05 % 17,02 % Alta per professioni intellettuali e sanitarie Alta per professioni manuali e sanitarie 9,54 9.20 9 8.94 45 % / 38 % / 17 % / 43 % 58 % 33 % 22 % 24 % 20 % “Caratteristiche della popolazione a confronto” 84 Conclusioni La comprensione dei meccanismi del dolore, ha beneficiato gli ultimi anni di progressi considerevoli, s’inizia a non consideralo più un fenomeno ‘normale’, un inevitabile tributo da pagare, ma, si è recepito che il dolore fisico non è inevitabile, va affrontato e controllato. Per questo motivo nel panorama sanitario italiano si assiste all’attivazione di centri di riferimento per il suo contenimento, in particolare molta attenzione si riserva al dolore post operatorio, cronico e oncologico. Partendo da queste considerazioni generali, è necessario evidenziare come da sempre il momento della nascita ha spaventato le donne, perciò, è utile riflettere sul significato del dolore del parto, e valutarne criticamente i molti significati. Tali considerazioni hanno condotto ad un animato dibattito in ambito politico che congiuntamente all’impegno di gruppi e associazioni per la lotta al dolore del parto, hanno consentito l’inserimento, nel gennaio del 2007, dell’analgesia epidurale nel parto, nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Successivamente il legislatore, con il DPCM del 23 aprile 2008, sancisce che: “Il Servizio sanitario nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale nelle strutture individuate dalle regioni e all’interno di appositi programmi, volti a diffondere l’utilizzo delle procedure 85 stesse. Le regioni adottano adeguate misure per disincentivare il ricorso al parto cesareo”. Tale normativa, non ha trovato in ambito sanitario una puntuale applicazione, in ragione delle numerose risorse aggiuntive richieste dalla necessità di acquisire anestesisti specializzati nell’esecuzione della tecnica e ostetriche formate per l’assistenza al travaglio e il monitoraggio del benessere materno fetale. Alla luce di quanto esposto e dell’analisi della letteratura, si è ritenuto doveroso indagare la percezione che le donne hanno del dolore del parto e le scelte rispetto al suo contenimento, al fine di ridurre il ricorso al taglio cesareo e pervenire a una riorganizzazione dei servizi di assistenza alla Maternità nel territorio. Dal nostro studio è emerso che il background di una paziente, influisce sensibilmente sulla percezione del dolore della stessa, e che tale percezione si modifica in relazione al tempo trascorso dall’evento che ha scatenato il dolore. In particolare abbiamo evidenziato come variabili indipendenti quali l’età, la residenza e l’occupazione influiscano sulla percezione del dolore. Pazienti che vivono in un ambiente rurale, con una occupazione di tipo manuale o sanitario di età superiore ai 40.8 + 11.49 anni hanno una percezione del dolore più bassa. 86 Per ciò che concerne la richiesta della parto analgesia quale metodica di contenimento del dolore per il travaglio-parto, si è evidenziato che le pazienti pluripare hanno una richiesta inferiore di tale metodica rispetto alle primipare per una soglia del dolore sensibilmente più alta. Inoltre la parto analgesia è condizionata dal tempo che intercorre dall’evento scatenante il dolore: il desiderio di una paziente di una parto analgesia è inversamente proporzionale al tempo dall’evento parto. 87 A Alllleeggaattoo 11 REGIONE MARCHE OSPEDALE DI SENIGALLIA (AN) Via Cellini, 1 U.O. “GINECOLOGIA E OSTETRICIA” Direttore: Dott Nelvio Cester QUESTIONARIO SULLA LOTTA AL DOLORE L’ U.O. di Ginecologia e Ostetricia lavora da tempo ad un Progetto di Ricerca per la studio della conoscenza e l’utilizzo della Terapia del Dolore fra le gestanti. Le chiediamo di contribuire al Progetto rispondendo in forma anonima al questionario, per raccogliere informazioni sulle reali necessità delle gestanti del territorio di Senigallia. Grazie per la collaborazione. ETA’ : _________ CITTA’ DI RESIDENZA : _____________________________________ OCCUPAZIONE: __________________ a. PARTO 1. Ha partorito: Si No Se No, Indicare come giudica / immagina i quesiti 2,3,4,9,10 2. Da 1 a 10 come classificherebbe il dolore del travaglio di parto____________________ 3. Ha o desidera utilizzare metodi naturali di contenimento del dolore? Si No 4. Da 1 a 10, in questo caso, come classificherebbe il dolore del travaglio di parto?_____ 5. Ha partorito con parto spontaneo con l’epidurale? Si 6.Se si, con quali risultati: Buoni Mediocri No Nulli 7. Se no, perche? Non proposto Taglio Cesareo Altro 8. Se dovesse partorire nuovamente, vorrebbe l’epidurale? Si 9. Se dovesse partorire per la prima volta, vorrebbe l’epidurale? Si No No Non So Non So 10. Sa che la stessa anestesia epidurale del parto indolore può essere utilizzata,in caso di necessità, per il Taglio Cesareo? Si No 11. Se ha fatto il taglio cesareo, questo è avvenuto con: Anestesia generale Epidurale 88 A Alllleeggaattoo 11 REGIONE MARCHE OSPEDALE DI SENIGALLIA (AN) Via Cellini, 1 U.O. “GINECOLOGIA E OSTETRICIA” Direttore: Dott Nelvio Cester QUESTIONARIO SULLA LOTTA AL DOLORE L’ U.O. di Ginecologia e Ostetricia lavora da tempo ad un Progetto di Ricerca per la studio della conoscenza e l’utilizzo della Terapia del Dolore fra le gestanti. Le chiediamo di contribuire al Progetto rispondendo in forma anonima al questionario, per raccogliere informazioni sulle reali necessità delle gestanti del territorio di Senigallia. Grazie per la collaborazione. ETA’ : _________ CITTA’ DI RESIDENZA : _____________________________________ OCCUPAZIONE: __________________ b. POST PARTO 2. Da 1 a 10 come classificherebbe il dolore del travaglio di parto____________________ 3. Ha o desidera utilizzare metodi naturali di contenimento del dolore? Si No 4. Da 1 a 10, in questo caso, come classificherebbe il dolore del travaglio di parto?_____ 5. Ha partorito con parto spontaneo con l’epidurale? Si 6.Se si, con quali risultati: Buoni Mediocri No Nulli 7. Se no, perche? Non proposto Taglio Cesareo Altro 8. Se dovesse partorire nuovamente, vorrebbe l’epidurale? Si 9. Se dovesse partorire per la prima volta, vorrebbe l’epidurale? Si No No Non So Non So 10. Sa che la stessa anestesia epidurale del parto indolore può essere utilizzata,in caso di necessità, per il Taglio Cesareo? Si No 11. Se ha fatto il taglio cesareo, questo è avvenuto con: Anestesia generale Epidurale 89 Bibliografia ALEHAGEN S, Wijma B, Wijma K. Fear of childbirth before, during, and after childbirth, Acta Obstet Gynecol Scand, 85(1): 56-62, 2006. ANIM-SOMUAH M, Smyth R, Howell C. 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