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Tesi di Dottorato
“LA PERCEZIONE DEL DOLORE E LA POTENZIALE
RICHIESTA DI PARTO CON ANALGESIA”
Dottoranda
Relatore
Maria Cristina Grassi
Prof. Andrea Luigi Tranquilli
ANNO ACCADEMICO - 2010/2011
E' di gran sollievo pensare che il male che ti è accaduto
tutti prima di te l'han sofferto, e tutti lo soffriranno.
(Seneca)
2
Indice
INDICE
3
PREMESSA
5
Capitolo 1
IL DOLORE NELL’ANTICHITA’
9
1.1 Il Dolore e la Filosofia
10
1.2 La Medicina, il dolore e la sua cura
15
1.3 Il dolore nel parto
21
1.4 I diversi modi di vedere il dolore
28
1.4.1 La visione confessionale
28
1.4.2 La visione dell’empowerment
28
1.4.3 La visione tecnologico edonistica
30
Capitolo 2
MISURAZIONE DEL DOLORE
32
2.1 Il dolore
33
2.2 Il dolore del parto
38
2.2.1 Vie periferiche
39
2.2.2 Il dolore nella prima fase del travaglio
40
2.2.3 Il dolore nella seconda fase del travaglio
40
2.3 La valutazione del dolore
42
2.3.1 Caratteristiche delle scale di valutazione
43
2.3.2 Scale unidimensionali
44
2.3.3 Scale multidimensionali
49
2.3.4 Misurazioni obiettive del dolore
50
2.3.5 Misurazioni soggettive del dolore
51
3
Capitolo 3
PROGETTO DI RICERCA
3.1 Ricercatori
52
53
3.2 Definizione del problema
53
3.3 Revisione della Letteratura
54
3.4 Formulazione del razionale
62
3.5 Formulazione delle ipotesi di ricerca
63
3.6 Obiettivi della ricerca
63
3.7 Definizione del campo d’indagine
64
3.6.1 Setting
64
3.6.2 Campione
64
3.8 Definizione dell’area di analisi
66
3.7.1Variabili
66
3.7.2 Strumento d’indagine
66
3.9 Pianificazione del progetto di ricerca
68
3.8.1 WBS Managment
68
3.8.2 WBS Progettazione/Attuazione
70
3.10 Analisi dei dati
71
Capitolo 4
RISULTATI
72
4.1 Partecipazione all’indagine
73
4.2 Caratteristiche generali della popolazione in studio
73
4.3 Valutazione della percezione del dolore nel parto
75
4.4 Dolore atteso/dolore percepito
81
4.5 Desiderio di analgesia nei parti successivi
82
4.6 Caratteristiche della popolazione a confronto
84
CONCLUSIONI
Allegato 1
BIBLIOGRAFIA
85
88
90
4
Premessa
Botticelli
“ La Madonna della Melagrana”
1487
5
La Madonna della melagrana di Botticelli è conservata nella Galleria
degli Uffizi a Firenze. Nell'opera, una delle poche databili della produzione
matura di Botticelli, Maria si trova seduta al centro della composizione,
nell'ampio manto azzurro che la iscrive in un triangolo isoscele prefetto
delimitato del Bambino in basso.
Attorno a lei si dispongono sei angeli, occupati in veri gesti simmetrici e con
gli sguardi indirizzati a vari punti diversi. Quelli ai lati, appoggiati su un
festone di rose bianche e rosse (fiore mariano simboleggiante la purezza),
recano i gigli bianchi, attributo verginale di Maria, seguiti da angeli leggenti e
da due, ai lati della Vergine, di cui si vedono le sole teste in espressioni varie.
All'annunciazione rimandano anche le parole ricamate sulla stola dell'angelo a
sinistra: AVE GRATIA PLENA. La percezione di spazialità è affidata
unicamente alla disposizione a semicerchio degli angeli. Tutto da questo
dipinto emana una calma serenità, l'immagine di una maternità celeste, che
trascende ogni residuo umano.
La melagrana che la Madonna e il bambino tengono in mano è un antico
simbolo di fecondità che rafforza il senso della maternità compiuta, sempre
questo frutto nelle varie tradizioni ha avuto questo senso privilegiato,
suggerendo nel senso della maternità il perenne rifiorire.
Da questa immagine di serena maternità celeste, che ricorda le genealogie
6
mitologiche delle Divinità, prende le mosse questo lavoro che si occupa,
invece, del dolore, in particolare del dolore nel parto, poiché ci sembrava utile
ed interessante indagare proprio quell'aspetto che unisce questa unica
esperienza del femminile con un elemento drammatico, rendendola un
'passaggio' da uno stato all'altro, un'esperienza spirituale.
La partizione degli argomenti del lavoro inizia dal quadro generale del primo
capitolo, in cui si trattata il tema del dolore e il suo sollievo nell’antichità
attraverso una breve sintesi della concezione filosofica del dolore. Si prosegue
con il paragrafo concernente la storia della medicina, dove s’illustrano
brevemente le terapie del dolore del passato. Si passa poi a una conciso
descrizione del dolore nel parto e degli eventi storici che hanno
contraddistinto al suo contenimento.
Il secondo capitolo affronta la misurazione del dolore, attraverso l’esame
della sua definizione, delle sue componenti, e delle differenze fra dolore acuto
e cronico. In seguito si analizza sinteticamente la fisiopatologia del dolore da
del parto e si prosegue con la descrizione delle metodiche in uso per la
misurazione del dolore.
Il capitolo tre rappresenta il “cuore” della trattazione, vi si espone il Progetto
di Ricerca dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale, Area Vasta 2 di Senigallia,
Dipartimento Materno Infantile, U.O. di Ginecologia e Ostetricia.
Il capitolo inizia con la descrizione del problema, per poi procedere alla
7
revisione della letteratura e all’individuazione dei principali studi da prendere
in considerazione per la stesura del progetto. Prosegue, con la formulazione
del razionale, l’individuazione degli obiettivi della ricerca, la definizione del
campo d’indagine e dell’area di analisi.
Per la pianificazione del progetto di ricerca ci si avvale di strumenti per la
pianificazione
logico/strutturale,
quali
Work
Breakdown
Structure,
letteralmente struttura della suddivisione del lavoro. La programmazione dei
tempi delle attività del progetto, ricorre al diagramma a barre (bar chart).
Il quarto capitolo, infine, indaga sul ruolo giocato dal background delle
pazienti in un campione rappresentativo della popolazione femminile di
Senigallia, nel determinare le esperienze vissute e la scelta delle modalità di
contenimento del dolore.
8
Capitolo
1
Platone, particolare della Scuola di Atene di Raffaello,
che lo ha ritratto con il volto di Leonardo da Vinci.
IL DOLORE NELL’ANTICHITA’
9
L'Occidente si fonda sulla Tradizione Classica e, dal Medioevo,
accoglie, attraverso il Cristianesimo, quell’orientale-giudaica, ognuna di
queste tradizioni filosofiche - religiose ha affrontato nella sua intenzione di
educare l'uomo al Bene, la questione del dolore, fornendogli gli strumenti per
inserirlo in un contesto che lo rendesse utile ed efficace o, anche, lo
neutralizzasse.
Per affrontare la disanima del dolore, si ritiene interessante portare alla luce le
nostre radici, le matrici originarie del nostro pensiero, esaminando, se pur
brevemente, le posizioni più importanti del pensiero filosofico sotteso a
queste componenti culturali della formazione, cosa che diviene quanto più
significativa in ambito medico, essendo, la filosofia, la base su cui si sono
formati i medici fino al XIX sec., quale medicina dell'anima, da cui il corpo
dipende, non essendo subentrata ancora la separazione tra questi enti, secondo
la prospettiva della medicina scientifica moderna, ambito che analizzeremo
nel secondo capitolo di questa parte introduttiva.
1.1. Il Dolore e la Filosofia
Nella tradizione classica, Platone, con Il Filebo (17, 31 d, 32 a), afferma che il
dolore si ha quando la proporzione delle parti che compongono l'essere
vivente risulta predominata, compromessa o controllata di modo che manchi
l'armonia, mentre si ha il piacere quando tale armonia venga ristabilita.
10
Sempre Platone, nel Timeo dice che "... quanto v'è di utile nel suono musicale
è stato dato all'udito a ragione dell'armonia. L'armonia, (…) non serve - come
qualcuno crede - ad irragionevoli diletti, ma a chi si giova delle Muse con
intelligenza, dalle Muse stesse la riceve in dono per comporre in modo
ordinato e rendere consono a se stesso il moto periodico dell'anima che fosse
divenuto discorde in noi; e così il ritmo, che per nostra costituzione sarebbe in
noi privo di misura e di grazia, fu dato da quelle come aiuto allo stesso
scopo". L'anima dell'uomo, quindi, può congiungersi all'anima del mondo in
sinfonia armonica.
Nel pensiero greco, gli eventi sono regolati secondo giustizia al fine di
mantenere l'armonia del cosmo in un incessante processo di equilibrio.
Si assiste, come ad un'immane battaglia fra il principio dell'ordine e quello del
disordine, una contesa che dura dall'inizio dei tempi: il disordine rappresenta
per il mondo greco 1'autentico tentativo di sopraffazione della morte nei
confronti della vita. Se non c'è ordine non c'è armonia, se non c'è armonia non
c'è vita.
La quadruplice armonia pitagorica (basata sulla
sacra tetrakis) era stata teorizzata fin dall'inizio in
questi termini: armonia fra arco e corda, fra corpo
e anima, fra cittadino e stato, fra le sfere e il cielo
stellato.
11
Nel Fedone il pitagorico Simmia dichiara che l'anima è armonia e che essa sta
al cosmo come 1'armonia del numero pari sta alla lira. Come 1'incorporea
musica s’integra al corpo della lira anche "L'anima s’integra nel corpo per
mezzo del numero e dell’immortale armonia ... L'anima ama il corpo perché
senza di esso non potrebbe usare i sensi". L'uomo appare, quindi, attratto
dall'armonia e respinto dal caos, è attratto dalla gioia e respinto dal dolore,
l'intimo legame tra corpo e anima rende presente alla sensibilità la mancanza
di armonia come dolore .
Aristotele tratta i piaceri come attuazione di abiti, desideri o stati naturali e i
dolori al contrario: "Sia definito che il piacere è un determinato movimento
dell'animo è un ritorno totale e sensibile allo stato naturale, e che il dolore è il
contrario. Necessariamente, dunque, è piacevole per lo più il tendere allo stato
di natura,... ciò che non è forzato; infatti la costrizione è contro natura; ... Gli
affanni, i travagli, gli sforzi sono dolorosi, giacché sono imposti da necessità e
forzati, se non vi si è abituati: ... E ciò di cui sia in noi il desiderio è sempre
piacevole; il desiderio è infatti impulso verso una cosa piacevole."
Aristotele definisce il dolore quale indice della situazione sfavorevole in cui
1'essere vivente si trova, e al contrario la gioia indica una situazione
favorevole; esse sono delle emozioni ed hanno delle funzioni nell’economia
dell'esistenza umana.
Siano i dolori considerati come indice di disarmonia o come sintomi
dell'avversione del contesto di sviluppo, sono presenti nell'uomo grazie al
12
sensus, e quindi, come ben espresso dagli Stoici, sono emozioni non sono né
degli istinti né delle ragioni, sono solo delle opinioni prive di senso o dei
giudizi errati, quello che diventa significativo è l'atteggiamento di fronte al
dolore e quindi il valore attribuito ad esso.
La virtù, per il greco l'”areté”, la “virtus” per il romano, è la capacità stessa
del soggetto di condursi verso il Bene, emancipandosi dai sensi e
dall'associazione al sensibile, per cui il dolore diviene indifferente, così come
quelle condizioni che possono essere giudicate avverse ad occhi umani.
Nel superamento degli opposti, piacere vs dolore, sta la virtù.
Nel combattimento il soldato vile e pauroso non appena vede il nemico getta
via lo scudo e fugge il più in fretta possibile, spesso per questo si fa uccidere
con più facilità, cosa questa che non succede a chi rimane fermo al proprio
posto. Così, coloro, che non sono capaci di resistere all'idea del dolore, si
avviliscono, e rimangono in uno stato di abbattimento e di prostrazione
mentre quelli che resistono il più delle volte riescono vincitori. Questo,
perché, fra l'anima e il corpo esistono delle analogie.
Un corpo, se si sforza, sopporta bene il peso, e se si arrende ne, rimane
schiacciato: c'è molta somiglianza con l'anima che, se chiama a raccolta le sue
forze, annulla il peso che le preme sopra, mentre se si lascia andare ne, è
oppressa e non se ne può liberare. E senza dubbio, se vogliamo andare al
fondo delle cose, sono quelle forze che noi dobbiamo chiamare a raccolta
nello svolgimento di ogni nostra attività, perché esse sole fanno, voglio
13
dire, la guardia per sorvegliare che noi adempiamo il nostro dovere...’
(Cicerone, Tuscolanae Disputationes).
Intervenendo il pensiero cristiano, la posizione di fronte al dolore muta, il
dolore, non è indifferente alla realizzazione del Bene, ma diviene elemento
essenziale del pellegrinaggio super terram del cristiano.
Per S. Agostino, Dio miscela il dolore nella vita, affinché noi non ci
attacchiamo al bicchiere delle dolcezze del mondo.
Nel Cristianesimo, il dolore è castigo e momento catartico, pena ed evento
purificatore. Un necessario percorso nel doloroso cammino verso la salvezza.
La stessa vita terrena è pensata come un pellegrinaggio in una ”valle di
lacrime” che, come dicono i profeti, trova la sua giustificazione nell’attesa di
“nuovi cieli e nuove terre”. Per questo suo effetto liberatorio dall'elemento
umano, il dolore, nella tradizione cristiana, non va solo sopportato, ma anche
amato. (Natoli S. 2002)
Il senso del dolore è come abbiamo visto profondamente diverso nella cultura
tradizionale classica e in quella giudaico-cristiana, fondata sulla gnosi la
prima, sul sentimento la seconda, in entrambi i casi c'è comunque una
valutazione importante del dolore in termini di prova, di elemento
modellatore dell'anima, di elemento educativo di fronte al quale fondare un
atteggiamento positivo e costruttivo.
"I dolori sono insegnamenti". "La saggezza - aveva scritto Eschilo
nell'Agamennone - si conquista attraverso la sofferenza".
14
1.2. La Medicina, il dolore e la sua cura
Nell’antichità, la capacità di 'leggere il dolore'
era considerata una dote essenziale dell’arte
medica, tanto che gli sciamani consideravano
degno di curare una data malattia solo colui che
ne aveva sofferto e che, dunque, ne aveva avuto
un’esperienza diretta.
Se il dolore significava una disarmonia, anche i tentativi terapeutici di
alleviare o eliminare il dolore vi si orientavano.
Di fatto le possibilità di alleviare il dolore di cui si disponeva nell’Antichità,
nel Medioevo, ma, anche, in parte nell’epoca moderna, erano molto poche.
Corrisponde a questo stato di cose il detto degli antichi: “E' opera divina
lenire il dolore”.
L’atteggiamento terapeutico è cambiato in ogni epoca in funzione del
significato che è stato dato alla parola “dolore”. L’uomo arcaico, vivendo in
un mondo di manifestazioni divine, individuò spiriti maligni e forze occulte
quali principi dello stato di sofferenza per dare un significato ai fenomeni che
lo sovrastavano. La terapia che ne scaturì si basava sull’idea che, attraverso
riti magici, praticati da 'sacerdoti', si potessero allontanare i demoni e quindi
la sofferenza.
Si somministravano erbe medicamentose quali il papaverum somniferum o
15
l’inebriante cannabis, senza conoscerne l’effetto.
Anche Egiziani, Sumeri e Assiro-Babilonesi credevano che le malattie e il
dolore fossero provocate dai demoni, fino
all’epoca di Platone (428-347 a.C.) si
riteneva che fosse il cuore e non il cervello,
il centro del dolore, essendo il cuore, il
luogo dove risiede l'anima.
Ippocrate, prima, e Aristotele, poi,
introdussero la concezione organicistica, facendo passare la Medicina alla
sfera naturale. Aristotele sosteneva che il tatto, fosse responsabile del dolore e
riteneva che nel cuore il dolore si trasformasse in una sensazione che
chiamava “passione dell’anima”.
Fu Erofilo (335-280 a.C.) ad affermare che il cervello faceva parte del S.N.C.
e che i nervi erano collegati al nevrasse, distinguendoli in nervi sensitivi e
motori. Intuizioni che, furono abbandonate per quattro secoli fino a Galeno
(129-201).
In seguito, Avicenna (980-1037), medico, filosofo, matematico, fisico e poeta
arabo, classificò quindici tipi di dolore, sostenne che il dolore può essere
prodotto dalla malattia o essere esso stesso malattia.
Nel Medio Evo nasce la medicina monastica, introdotta dai Benedettini che
utilizzavano erbe medicinali per la preparazione di pozioni vendute nelle
botteghe presenti nei loro monasteri.
16
Il Rinascimento, insieme alle altre posizioni, recupera una visone, diremmo
oggi, olistica dell'uomo tipica del mondo classico, ed è solo nel XVII secolo,
che inizia l'indagine empirica su cui si fonderà la scienza moderna e, quindi,
anche la medicina.
Ebbe origine con Galileo Galilei (1564-1642), il pensiero scientifico che gettò
le basi per una concezione 'moderna' del dolore.
Con Cartesio (1596-1650), si affermò il definitivo allontanamento dalla
metafisica e l'uomo divenne un organismo puramente 'meccanico' di
conseguenza, il dolore fu interpretato, come un input che dalla periferia, lungo
i nervi, arriva al cervello.
Giunse con Paracelo (che non seguì la concezione meccanicistica di Cartesio),
nella metà del 1500 la scoperta dell’etere solforico per lenire la sofferenza, e
l’ideazione del laudano, ottenuto mescolando alcool e oppio.
Si attribuisce la concezione psicofisica del dolore, a Benedetto De Spinosa
(1632-1677) che con il termine “tristizia” indicava sia il dolore fisico sia
quello psichico.
Con l’avvento della concezione scientifica moderna, il dolore è analizzato
nell’ambito
della
medicina,
di
conseguenza
le
terapie,
impiegate
prevalentemente per tentativi empirici, divengono, applicazioni di caldo o
freddo, di balsami, di sanguisughe, salassi, ventose, oppio e laudano.
Si rileva come la medicina meccanicistica, ricca di acquisizioni sperimentali,
17
derivi dal razionalismo rinascimentale e dalla focalizzazione sugli aspetti
organicistici della malattia in cui il dolore è inteso come sintomo.
Fu C. Bernard, che definitivamente impostò la Medicina su basi moderne,
emancipandola dall'universo magico - religioso precedente. Egli asseriva, che
la medicina si occupa del dolore attraverso lo studio sperimentale, con
strumenti e pratiche, al contrario, appunto, della filosofia ippocratica che
preferiva l’osservazione quale strumento della medicina “ars medica tota in
observationibus”.
Con la nascita della fisiologia sperimentale (1850), inizia lo studio della
sensibilità e delle teorie del dolore, in particolare si affermano le seguenti
concezioni:
1. Teoria della specificità sensoriale (Muller): il dolore era visto come una
forma specifica di sensibilità con un suo apparato sensitivo,
indipendente da quello del tatto e degli altri sensi. Esistevano cioè nervi
specializzati alla trasmissione del dolore.
2. Teoria dell’intensità o sommazione d’impulsi (Weber): sosteneva che
ogni stimolo sensoriale potesse causare dolore qualora si fosse
raggiunta una particolare intensità.
Dalla disputa fra queste teorie si giungerà a un compromesso in cui si nega
l’esistenza sia dei recettori specifici, sia dei nervi specifici e si sosterrà che il
dolore è trasmesso da impulsi variabili nel tempo e nello spazio, riconosciuti a
18
livello centrale per la loro frequenza d’onda.
Con la costituzione delle scienze psicologiche, si assiste all’attribuzione di un
valore di sentimento oltre che di sensazione, al dolore e a un’interpretazione e
analisi quale esperienza dell’essere umano.
La rivoluzione industriale nel 1860, portò uno stimolo materialista che
produsse sempre di più una visione meccanicistica del sintomo 'dolore', di
conseguenza, la terapia si basò sull’abolizione della sensazione, togliendo la
coscienza, sezionando i nervi, utilizzando sostanze chimiche.
Nel 1884 viene ideata l’anestesia locale per contatto, mediante l’utilizzo della
cocaina sull’occhio, nel 1885 nasce l’anestesia spinale, nel 1888 si esegue la
prima alcolizzazione trigeminale nervosa e nel 1895 nasce la rontgenterapia
per lenire il dolore cronico.
Nel 1898 nasce l’anestesia subaracnoidea e
nel 1904 si ha l’avvio della terapia mediante
blocchi anestetici, primo fra tutti la
procaina.
I neurochirurghi, nei primi anni del 1900, hanno eseguito neurectomie
periferiche, iniziali tentativi che miravano a bloccare la conduzione
dell’impulso nervoso.
Le tecniche di terapia antalgica, furono perfezionate dall’anestesista, nuova
19
figura professionale in campo medico, durante gli anni che precedettero il
secondo conflitto mondiale.
Per finire, si evidenzia il lavoro di J. Bonica, che ha fondando sul blocco
nervoso il caposaldo terapeutico nella terapia del dolore, ciò grazie anche
all’introduzione di nuove sostanze anestetiche quali la lidocaina (Montrone V.
2008.)
20
1.3. Il dolore nel parto
In Grecia il parto avveniva nel Gineceo, dove le donne vivevano, mentre
l’uomo combatteva e conquistava. “Preferirei andare in battaglia mille volte
piuttosto che partorire una sola”, esclamava l'eroina Medea nella tragedia
omonima di Euripide, andata in scena ad Atene nel 431 a.C., mentre un'antica
legge spartana accomunava le donne morte di parto agli eroi caduti in guerra.
Erano queste, infatti, le uniche persone di cui fosse concesso scrivere il nome
sulle iscrizioni funebri. Come se partorire e combattere fossero quasi due
forme parallele di eroismo.
Nella Roma antica il parto rappresentava un rischio mortale, per l'ampiezza
del bacino di donne spesso adolescenti al momento delle nozze. Anche
Cicerone vide morire sua figlia Tullia per le conseguenze negative del parto.
Recentemente sono state rinvenute alcune tracce di
un medicamento a base di hashish nell'intestino di
una ragazza morta di parto circa 1.700 anni fa, in
epoca romana, la cui tomba è venuta alla luce a Bet
Shemesh, presso Gerusalemme.
Secondo quanto ha comunicato la sovrintendenza israeliana, l’età attribuitale
è di quattordici anni; la donna, giaceva supina e con lo scheletro di un feto
giunto a maturità nel bacino. In corrispondenza dell'area addominale, gli
studiosi hanno trovato una massa di sostanze organiche vegetali tra cui
21
hashish, usato per ridurre i dolori del travaglio da parto, l’emorragia e per
stimolare le contrazioni uterine.
L'uso dell'hashish come antiemorragico e antidolorifico era già noto, ma
questa è la prima volta che esso è documentato.(Corriere della Sera, Archivio)
Nel II secolo d.C. Sorano di Efeso, medico greco della scuola di Asclepiade,
fu tra i primi scienziati a scrivere un trattato di ginecologia e ostetricia,
diffusosi nel periodo dopo Ippocrate. Sorano, nella sua opera manoscritta,
descrive la struttura dell'apparato genitale, studia la gravidanza, analizza le
frasi del parto, compreso quello prematuro e conclude con una serie
d’indicazione sui primi mesi di vita del neonato, contiene anche istruzioni
precise e dettagliate per le ostetriche. Istruzioni, non solo tecniche, ma anche
psicologiche come: “è opportuno che il viso della partoriente sia visibile
all'ostetrica, la quale potrà così alleviare la sua ansia assicurandole che non
c'è nulla da temere e tutto andrà per il meglio”.
Come si desume dalla sopra esposta teologia giudaico cristiana, il dolore del
parto è una punizione di Dio. Per secoli la donna si è trovata imbrigliata in un
insieme di regole comportamentali, in particolare riguardanti la sfera sessuale.
Regole, molto più severe che per gli uomini, con punizioni terribili di fronte
alla trasgressione.
Ne è un esempio la cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva (Antico Testamento,
Genesi 3, 16). Dove, contro Eva, evidentemente ritenuta colpevole unica, Dio
22
ammonisce: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore
partorirai figli”.
Questa maledizione fu presa alla lettera, se ne trovano accenni in documenti
quali gli atti concernenti processi alle levatrici, parecchie delle quali furono
messe al rogo per aver usato "pratiche magiche" al fine di alleviare i dolori
del travaglio e del parto.
E’ evidente che, in queste condizioni, la donna gravida ha continuato per
secoli a essere oggetto di proibizioni e superstizioni. In sostanza, la medicina
"ufficiale" dell'epoca si disinteressava in modo pressoché totale di tutto
quanto aveva a che fare con il parto e con l'ostetricia, delegandone la gestione
alle levatrici. (Rutigliano R., 1986)
23
Trotula, 1050-1097 chiamata anche
sanatrix Salernitana (guaritrice di
Salerno), nel Medioevo era riconosciuta
autorità indiscussa in disturbi e malattie
femminili, sottolineò l’importanza
dell’igiene, del controllo delle nascite, dei
metodi per rendere il parto meno doloroso,
ed ebbe anche delle avanzate intuizioni,
come, ad esempio, che l’infertilità potesse
dipendere anche dall’uomo.
A Trotula nel Medioevo si attribuivano due opere, il “De ornatu mulierum”
(Come rendere belle le donne), e il “De passionibus mulierum ante, in et post
partum” (Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto).
Uno dei primi studiosi di ostetricia fu fra Girolamo Scipion Mercurio, medico
e frate veneziano, che nel 1596 pubblica la Comare o Ricoglitrice, nel quale si
occupa di parto normale, di consigli per la gravidanza e la cura del bambino,
dei parti difficili. Egli, trattando il parto e il dolore asserisce:
“…l’assistenza è fatta di consigli, consolazione, incoraggiamenti, massaggi,
utilizzo di erbe e precise operazioni manuali. Il parto è luogo di dolori
acerbissimi, richiede così conforto e consolazione, lo sforzo a cui è sottoposto
il fisico della donna deve essere sorretto da oculati consigli su cibi e rimedi
24
utili”.
Prima maestra Ostetrica fu Louise Bourgeois, moglie di un barbiere cerusico
allieva di Paré che esercitò sia presso la corte, sia all'ospedale pubblico di
Parigi, dove curava la preparazione delle levatrici e insegnava l'ostetricia ai
chirurghi. Pubblicò diversi testi e i resoconti dei parti di Maria de 'Medici da
lei assistita .
Gli interventi sul parto fatti da barbieri e cerusici, configurano l'ostetricia
come distruttiva, come una specialità medica che competeva a medici maschi,
derivata dagli insegnamenti di Ippocrate e Galeno.
Il forcipe, fu ideato e realizzato in Inghilterra dai membri della famiglia
Chamberlen verso il 1670. La famiglia, mantenne rigorosamente il segreto
sulla sua costruzione per paura che il loro strumento fosse copiato.
Il forcipe modifica la posizione del parto da verticale a litotomica,
inizialmente è usato sporadicamente, tuttavia con il tempo, diventa uno
strumento di uso quasi comune. Nel Settecento, si registrano, oltre a più di
cinquanta tipi di forcipe, anche altri strumenti come craniotomi, pelvimetri, e
sinfiosotomi per allargare il bacino della donna, strumenti che oltre ad essere
cruenti erano generalmente letali. (Filippini N. M, 1992)
L’operatività arriva al suo apice negli ultimi decenni del Settecento, con la
sperimentazione del taglio cesareo su donna in vita, esso è conosciuto sin
dall’antichità su donna morta, ma in genere è osteggiato anche dagli ostetrici
25
più interventisti per l’altissima percentuale di mortalità materna.
Solo con l’introduzione delle tecniche di anestesia e di asepsi, nelle sale
operatorie, diventa un’attività di routine con rischi via via sempre minori.
(Filippini N. M, 1992.)
Nel 1760, l’ostetrica inglese E. Nihell afferma che i chirurghi ricorrono
all’uso del forcipe per accelerare la conclusione del parto, abbreviando i tempi
naturali per loro comodità o a scopo sperimentale. Ritiene che le mani siano
lo strumento più adatto per facilitare il parto, mani guidate dalla conoscenza
dell’anatomia femminile e che il forcipe riservato ai chirurghi sia un mezzo
per escludere le donne e accentuare il dolore. (Schmid V., 1986)
In concomitanza con l’aumento del numero degli ospedali nelle città europee
e con la presenza del chirurgo ostetrico sulla scena del parto, l’ondata di
febbre puerperale raggiunse proporzioni allarmanti, a tal punto che si
cominciò a capire che la malattia si trasmetteva da donna a donna, ad opera
dalle levatrici e dai medici. Anche il sovraffollamento degli ospedali, la
biancheria sudicia, la scarsa aerazione degli ambienti (le condizioni igieniche
degli ospedali erano anche peggiori delle persino scarse pulizie delle
abitazioni medie dell’epoca) erano responsabili del diffondersi della malattia.
(Pizzini F., 1999)
Fu solo nel 1861 che Ignaz Philipp Semmelweiss, medico viennese ipotizzò
che la causa dell’alta mortalità in ambito ospedaliero, fosse dovuta alla
26
contaminazione trasmessa dai medici.
Ci vollero ancora venti anni per confermare l’ipotesi di Semmelweiss, ad
opera del medico Lister, che perfezionò un metodo antisettico per la chirurgia.
(Sherwin B., 2004).
Dalla metà dell’Ottocento fu possibile perfezionare le tecniche chirurgiche,
anche in ragione delle recenti acquisizioni quali l’asepsi e l’anestesia.
Finalmente, nel 1876, il medico italiano E. Porro, eseguì un intervento
radicale che assieme all’estrazione del feto amputava totalmente l’utero, con
una sopravvivenza del 75%. (Cosmacini G., 1990).
27
1.4. I diversi modi di vedere il dolore
A conclusione di questa breve rassegna storica sul dolore si presenta una
breve sintesi del lavoro del Dott. Simone Pizzi, che alla luce delle
modificazioni avvenute nel tempo, e delle relative influenze culturali,
individua tre diverse forme di approccio all’esperienza del dolore del parto.
1.4.1 La visione confessionale
Il modo confessionale di vedere il dolore si rifà alla posizione di chi per
motivi religiosi, filosofici o culturali considera il dolore come mezzo di
redenzione e lo accetta: il dolore è parte della vita e quindi va subito poiché è
visto come forma di espiazione di una colpa, mezzo di purificazione
necessario per ottenere il perdono divino.
1.4.2 La visione dell’empowerment
In questa visione il dolore è considerato parte integrante delle prove della vita
ed è strumento di crescita che può arricchire e rafforzare la personalità.
L'integrazione e l'uso di tutte le risorse della donna, sia di quelle biologiche
che di quelle sociali (conoscitive, decisionali e intellettuali) portano a un
potente processo di empowerment.
Ormoni, neurotrasmettitori emozioni e istinti hanno una "centralina" in
28
comune, il cervello arcaico che viene fortemente attivato dall'ovulo fecondato.
Quindi la gravidanza rappresenta un'opportunità, attraverso l'ascolto e la
conoscenza del bambino in utero di ascoltare e conoscere degli aspetti
profondi di sé, di imparare a conoscere e fidarsi di più delle proprie risorse, di
trovare più sicurezza in sé.
Durante il parto si scatenano delle vere e proprie tempeste elementali che
hanno il potere di sconvolgere ogni aspetto della donna fino allora costruito e
di trasformarlo. Se possiamo riconoscere in queste forze elementali l'energia
sessuale, la modalità di affrontare la nascita diventa la stessa di come si
affronta la comunicazione sessuale con il partner. W. Reich definisce la
potenza orgastica nel seguente modo:" ... la capacità di abbandonarsi senza
inibizioni al flusso dell'energia biologica, la capacità di scaricare
l'eccitazione
sessuale
accumulata
attraverso
contrazioni
piacevoli,
involontarie del corpo" (Reich W., 1949).
Tradotto nella potenza del partorire suonerebbe così: La potenza del partorire
è la capacità di abbandonarsi senza inibizioni al flusso dell'energia biologica,
la capacità di scaricare la tensione del dolore e della fatica accumulata
attraverso contrazioni involontarie del corpo, accogliendo con gratitudine e
tenerezza il proprio bambino.
Un altro tipo di energia che si esprime fortemente nelle donne durante
l'esperienza della nascita è quella spirituale. Le donne hanno l'eccezionale
29
dono, opportunità, destino, di esser canale tra i mondi, di portare la vita da un
mondo all'altro e, quando sono incinte, durante il parto e nei primi mesi dopo
vengono toccate dall'altro mondo, quello a noi sconosciuto o solo presente nel
nostro intimo più profondo, questa esperienza è per la donna, e lo era
sicuramente nell'antichità, un momento in cui si apriva una porta iniziatica
importante.
La consapevolezza di questi aspetti permette di integrarli nella personalità e di
farli diventare risorsa interiore, forza, potenza.
L'emancipazione più profonda della donna non passa attraverso la negazione
delle figure femminili e dei condizionamenti negativi del passato, bensì
attraverso la consapevolezza che tutte le donne dei secoli e millenni passati la
abitano ancora e che si deve confrontare con loro, imparando a comprendere
quale donna si esprime e agisce all’interno di sé per poter infine scegliere il
riferimento e il canale espressivo desiderato e trasformarne le valenze.
Il cambiamento dell'organizzazione della nascita da una nascita tecnologica a
una
nascita
sessuale,
femminile
passa
attraverso
questo
processo
emancipativo profondo, rinominando e rivalorizzando la polarità femminile e
riscoprendone le energie specifiche (Schmid V., 1999).
L'obiettivo finale nel lavoro con la nascita quindi è quello di promuovere la
maternità e la nascita come esperienza femminile di forza e potenza.
30
1.4.3 La visione tecnologico edonistica
“La donna in travaglio è l’unico esempio di persona che soffre in un ambiente
ospedaliero, assistita da personale sanitario, senza che nessuno, nella maggior
parte dei casi, le offra un intervento analgesico se non il conforto della parola”
(Chestnut D.H.).
Nella società moderna la vita è completamente avulsa da quel ciclo naturale a
cui erano molto legate le culture passate. La sofferenza e il dolore non hanno
un significato ben definito, ma suscitano paura. Il parto fisiologico, che da
sempre è stato legato all’esperienza del dolore, assume oggi significati diversi
proprio perché si ha più paura del dolore rispetto al passato (Prezza M. 1987).
Oggi questo approccio è molto comune, lo sviluppo tecnologico ha fornito
infatti una grande quantità di presidi che permettono di eliminare quanto di
spiacevole possa essere connesso a determinati eventi. Secondo questa
visione, quindi, il dolore deve essere abolito quando possibile. Da qui il
ricorso ai presidi per partorire senza dolore.
31
Capitolo
Giuseppe Amisani
2
“Dolore”
Olio su tela
MISURAZIONE DEL DOLORE
32
2.1 Il dolore
Nei vari idiomi il termine dolore ed il concetto di dolore viene espresso
con parole differenti. In greco è utilizzato il termine àlgos e da questa radice
derivano termini come nevralgia e algie pelviche.
Dal termine latino poena (greco poinè) deriva il termine inglese pain.
La parola italiana dolore deriva dal latino dolor, ha vari significati; come i
suoi equivalenti attuali può indicare, dolore fisico, sofferenza, dolore morale,
pena, tormento, afflizione ,dispiacere. Il latino non distingue il dolore fisico
dal dolore morale, per la caratteristica di molte parole primitive, che con uno
stesso termine traducono l'effetto e la causa.
Dal latino derivano anche douleur dei francesi e dolor degli spagnoli.
Definire il dolore non è semplice né facile. La parola “Dolore” ha un
significato molto ampio, sia nella nostra che nelle altre lingue, come si evince
dalla consultazione della maggior parte dei dizionari:

sensazione spiacevole, penosa per effetto di un male corporeo;

sensazione di sofferenza fisica;

sensazione penosa diffusa, o localizzata susseguente alla stimolazione
di particolari recettori sensitivi da parte di agenti di varia natura e
intensità.
Nel 1973 J. Bonica invitò 300 partecipanti a una conferenza vicino a Seattle,
dove nacque l’idea di istituire un’associazione scientifica di livello mondiale
33
sul dolore, fondò così la IASP (International Association for the Study of
Pain).
Nel 1979 si è giunti a una nuova definizione di dolore da parte della IASP:
“Esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un effettivo o
potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale.”
Tale definizione mette in evidenza almeno quattro componenti del dolore che
sono:
 Componente Sensoriale: (la nocicezione) esprime la percezione
anatomica e neurofisiologica dello stimolo, permette la ricezione ed il
trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi
per l’organismo.
 Componente Affettivo Emozionale: rappresenta la percezione “psicoaffettiva" del dolore. Fa parte integrante dell’esperienza dolorosa e si
intreccia con le caratteristiche della personalità dell’ individuo.
 Componente Cognitiva: descrive l’insieme dei processi mentali che
influenzano la percezione del dolore e le reazioni comportamentali che
esso determina. Processi quali ad esempio: distrazione/attenzione,
interpretazione/negazione, raffronti con esperienze dolorose pregresse
personali.
 Componente
Comportamentale:
costituisce
l’insieme
delle
manifestazioni, verbali e non verbali, osservate nella persona che soffre
34
(mimica, pianto, postura antalgica, impossibilità a mantenere un
comportamento normale….). (Fordyce WE, 1978)
La componente neurologica del dolore, (o componente percettiva) è costituita
da un circuito a tre neuroni, che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia
alla corteccia cerebrale mediante le vie spino-talamiche.
La componente psichica del dolore (o parte esperenziale), responsabile della
valutazione critica dell'impulso algogeno, riguarda la corteccia cerebrale e la
formazione reticolare e permette di discriminare l'intensità, la qualità e il
punto di provenienza dello stimolo nocivo; da queste strutture vengono
modulate le risposte reattive.
Si deve infine considerare, che ogni individuo ha una propria soglia del
dolore e una propria tolleranza al dolore.

La soglia è il momento in cui un individuo percepisce una stimolazione
come dolorosa, essa è solitamente legata alla componente sensitiva ed
associata a variabili fisiche.

La tolleranza invece, rappresenta il momento in cui un individuo, non
riesce più a sopportare ulteriormente una stimolazione nel tempo o
nell'intensità, ed è associata alla componente "reattiva" e quindi anche a
fattori psicologici.
Il dolore non è semplicemente un'esperienza sensitiva, ma piuttosto il risultato
di un'elaborazione svolta a un livello superiore (Melzack R. 1973).
35
Il dolore infine si distingue a seconda delle caratteristiche salienti in acuto e
cronico.
Il dolore acuto/fisiologico è un sofisticato meccanismo di avvertimento, un
campanello di allarme, un dolore sintomo, un evento improvviso che, a
seguito di un input afferenziale e della sua elaborazione nei centri superiori,
determina una serie di alterazioni e di produzione di sostanze biochimiche,
(ormoni, adrenalina) che a loro volta generano degli stati emotivi (ansia,
angoscia, paura) oltre che comportamentali.
È quindi un dolore “Utile”, che prima di essere affrontato e trattato va capito,
interpretato e inserito nel corretto nesso etiopatogenetico, per un’adeguata,
quando possibile, terapia della patologia causale.
Diventa patologico quando si automantiene, perde la sua funzione di sintomo
e diventa esso stesso malattia. Questo è il dolore cronico. Il dolore cronico
deve essere considerato in modo diverso: se la condizione patologica è nota e
non aggredibile e se la sua presenza continua instaura un circolo vizioso di
depressione, ansia e altri disturbi emotivi, con pesante impatto sulla vita di
relazione e sugli aspetti psicologici e sociali caratteristici della persona.
Allora il dolore diviene un sintomo “Inutile” e va trattato nel modo più
tempestivo e completo possibile.
La conoscenza del dolore è condizionata da molteplici aspetti, si rileva in
particolare come ogni individuo apprenda il significato del dolore durante i
primi anni di vita. In questo periodo, un atteggiamento non equilibrato dei
36
genitori,
che
mostrano
paura
e
ansia
eccessiva,
può
influenzare
inconsciamente e condizionare il bambino, che percepirà il mondo circostante
come minaccioso e pericoloso vivendo la percezione del dolore, in modo
alterato e amplificato con tonalità ansiogene e colpevolizzanti.
Queste prime esperienze influenzeranno per tutta la vita, il soggetto, ogni
qualvolta avvertirà uno stimolo doloroso. (Montrone V. 2008)
37
2.2 Il dolore del parto
Tra i dolori più forti ci sono quelli del parto che chiamiamo doglie, con una
parola che ha la stessa origine latina di dolore. Il dolore del parto ha le
caratteristiche del dolore acuto, la nocicezione avviene per mezzo di fibre A e
C, che afferiscono alle corna dorsali del midollo spinale, ove avviene una
mediazione per mezzo di neurotrasmettitori, cui fa seguito l’innesco di riflessi
spinali segmentali e soprasegmentali (Rowlands S., 1998).
Per completezza e chiarezza di esposizione si presenta di seguito una breve
sintesi del lavoro di D. Celleno, M. G. Frigo, A. Veneziani “Fisiopatologia del
dolore da parto” Dispense del Club Italiano Anestesisti Ostetrici.
Molti dei fattori attivati durante il travaglio modificano la nocicezione a vari
stadi, alcuni di essi favoriscono la nocicezione, altri l’antinocicezione che ha
il suo culmine alla nascita.
Questo dolore può essere il risultato di molte e complesse interazioni
fisiologiche, psicologiche, eccitatorie e inibitorie, che nell’ambito delle
tipologie di dolore acuto lo rendono unico nel suo genere.
Il dolore del travaglio ha due componenti, viscerale e somatica.
Durante il I stadio la distensione e stiramento della cervice e del segmento
uterino inferiore, causano un dolore viscerale che è sordo, poco localizzato e
trasmesso centralmente per mezzo delle fibre mieliniche C, con estesa
modulazione nel midollo a livello delle corna dorsali. (Brownridge, 1998)
38
Durante il II stadio, la distensione del pavimento pelvico, vagina e perineo da
parte della parte presentata, produce un dolore somatico acuto e ben
localizzato. Tale dolore, è condotto centralmente dalle piccole fibre mieliniche
A, e riceve una minor modulazione a livello delle corna dorsali del midollo.
2.2.1 Vie periferiche
L’utero è innervato dal sistema autonomo. Le fibre nervose simpatiche
dell’utero possono essere divise in afferenti ed efferenti.
Le fibre efferenti, provengono dai metameri T5-L2 e sono correlate all’attività
contrattile uterina ed alla regolazione del flusso ematico.
Le fibre afferenti, simpatiche sono quelle che portano le sensazioni dolorose
ed afferiscono ai metameri T10-L1.
L’utero è anche innervato da fibre parasimpatiche (che decorrono nei nervi
erigentes), la cui stimolazione potrebbe essere messa in relazione alla
secrezione di ossitocina.
Il perineo è innervato invece da fibre di tipo somatico, che decorrono nel
nervo pudendo (S2-S4) e nei nervi femoro-cutaneo laterale (S1-S3),
sacrococcigeo (S4-S5), ileoinguinale (L1) e genitofemorale (L1-L2) che sono
responsabili delle afferenze dolorose dovute allo stiramento del perineo che si
verifica nel secondo stadio del travaglio (Davis M. 1933 )
39
2.2.2 Il Dolore nella Prima Fase del Travaglio
In questa prima fase il dolore ha un’origine “cervicale”, è cioè essenzialmente
dovuto alla dilatazione del collo dell’utero e del segmento inferiore e quindi
alla distensione ed allo stiramento di queste strutture durante la contrazione.
Inoltre, durante la contrazione dell’utero, la parte fetale presentata esercita
una pressione e contribuisce alla distensione del collo uterino.
Come un dolore di natura viscerale, il dolore della prima fase del travaglio, è
riferito ai dermatomeri innervati dagli stessi segmenti spinali, che ricevono
input dall’utero e la cervice.
Durante la fase latente (early) del primo stadio, il dolore è riferito come un
dolore e un disconfort che è limitato ai dermatomeri T11 e T12.
Come il dolore progredisce nella fase attiva del primo stadio, (generalmente
da 3 a 4 cm. di dilatazione) e le contrazioni uterine diventano più intense, il
dolore nei dermatomeri T11 e T12 diviene più severo ed è descritto come
acuto e crampiforme e si estende ai due dermatomeri T10 e L1 adiacenti.
2.2.3 Seconda fase del travaglio
Una volta che la cervice si è completamente dilatata, diminuisce la quantità di
stimoli nocicettivi proveniente da questa struttura, ma le contrazioni del corpo
dell’utero e la distensione del segmento uterino inferiore continuano a causare
dolore nelle stesse aree riferite durante il primo stadio. In aggiunta, la
crescente pressione che la parte presentata esercita sulle strutture sensibili
40
al dolore nella pelvi, e la distensione della vagina e del perineo, diventano
nuove sorgenti di dolore.
Progressivamente, la maggior distensione provoca un intenso stiramento e
tensione della fascia e dei tessuti sottocutanei e pressione sui muscoli
scheletrici del perineo, con dolore acuto e ben localizzato.
Nell’ultima parte del primo stadio e durante il secondo, la partoriente sviluppa
dolore bruciante o crampiforme alle cosce e, meno frequentemente alle gambe
che determina dolore moderato riferito e ai segmenti lombari inferiori e
sacrali.
41
2.3 La valutazione del dolore
Le scale di valutazione, sono strumenti validati e condivisi, che hanno come
scopo il miglioramento dell’intero processo assistenziale, attraverso la
sistematica raccolta dei dati clinici. Esse favoriscono una lettura oggettiva e
confrontabile dei fenomeni, un’omogenea valutazione, quali - quantitativa e
lo scambio d’informazioni fra discipline diverse.
L’obiettivo delle scale di valutazione del dolore è la sua misurazione che
rappresenta la base di partenza dalla quale valutare i successivi interventi
terapeutici.
La misurazione è la procedura attraverso la quale si assegnano parole o
numeri a una proprietà posseduta dagli elementi analizzati in modo da poter
attribuire a tale proprietà alcune caratteristiche dei numeri raffinando così le
proprietà dei dati raccolti. (Bailey 1986)
Nella misurazione del dolore la difficoltà preminente è dovuta al fatto che
questo sintomo ha una natura strettamente individuale. Infatti, esso non si
presta facilmente alla misurazione e richiede una raccolta e una valutazione di
dati sia obiettivi sia soggettivi (Waddell G, 1989.)
A tal proposito A. De Nicola, in Misurazione del dolore, asserisce che “Le
variabili del dolore, come intensità, frequenza e qualità sono valutabili con
metodi soggettivi come l’autodescrizione”.
Tuttavia, esiste, uno scarso consenso e poche basi empiriche sulle quali
42
basarsi per scegliere lo strumento più adeguato per la misurazione del dolore.
2.3.1 Caratteristiche delle scale di valutazione
Qualsiasi strumento adottato per rilevare il dolore deve possedere le seguenti
caratteristiche:
 Facilità di utilizzo
 Articolazione comprensibile a tutti
 Soddisfare i criteri di
1. Validità è la capacità di uno strumento di misura di stimare un
evento o una variabile per la cui misura è stato prodotto, ovvero è il
grado in cui un test valuta ciò che intende misurare.
2. Affidabilità indica la similarità dei risultati ottenuti in misure
ripetute e definisce la precisione del nostro sistema di misura,
maggiore è la riproducibilità di un dato, maggiore sarà l’affidabilità
dello strumento.
3. Sensibilità è la misura della capacità dello strumento di riflettere la
modificazione della variabile che si sta studiando, la capacità da
parte dello strumento di cogliere le variazioni dell’evento.
 Richiedere tempi limitati per la registrazione e l’elaborazione dei dati.
Il presupposto fondamentale per l’utilizzo delle scale di valutazione del
dolore, consiste nella possibilità di stabilire un rapporto verbale con la
43
paziente e la capacità della stessa di comprendere quello che richiede la scala
di valutazione.
Le scale Unidimensionali misurano esclusivamente l’intensità del dolore.
Le scale Multidimensionali valutano anche altre dimensioni, come la
sensoriale – discriminativa, motivazionale – affettiva, cognitivo – valutativa.
Per la loro complessità il loro uso è limitato nella pratica clinica.
Le scale, infine, possono essere:
 Soggettive: ( self-report) i metodi di valutazione, si basano sulla
descrizione verbale o analogica che la paziente riesce a dare del proprio
dolore.
 Oggettive: (valutano le risposte comportamentali e i parametri
fisiologici) valutano specifici indici comportamentali e fisiologici, in
risposta ad uno stimolo doloroso, derivandone un punteggio secondo
l’intensità del dolore.
2.3.2 Scale unidimensionali
A. Scala analogica visiva (Visual Analogue Scale VAS)
Questa scala lineare è uno strumento unidimensionale, che quantifica ciò che
il malato soggettivamente percepisce come dolore o come sollievo e lo
rappresenta visivamente. Consiste in una retta lunga 10 cm, con o senza
tacche in corrispondenza di ciascun centimetro. L'estremità iniziale
corrisponde a “nessun dolore”, e quella terminale a “ massimo dolore”.
44
Figura n1 . “Scala VAS “
Fonte:psicocafe.blogosfere.it
Figura n.2 “Variante linea numerata scala VAS “
Figura n 3. “Variante sollievo scala VAS “
Fonte: Postura e dolore.it
Fonte: Società di Medicina Generale
Si chiede al paziente di disegnare un segno, sul punto della linea che meglio
rappresenti il livello di dolore/sollievo provato rispetto ai due estremi.
La distanza misurata in millimetri, partendo dall'estremità che indica l'assenza
di dolore/sollievo, rappresenta la misura della modalità da quantificare e ciò
che il paziente soggettivamente percepisce.
Questa prova può essere facilmente ripetuta nel tempo (Dixon JS. 1986). Fra i
diversi tipi di VAS, la linea assoluta, non tratteggiata, è la meno sensibile agli
errori.
45
Per quanto attiene i vantaggi, si segnala la sensibilità dello strumento, la
semplicità di somministrazione, la facile comprensione, e la sua indipendenza
dal linguaggio.
Gli svantaggi di questa scala sono:
 necessita di supporto cartaceo;
 non può essere utilizzata in pazienti con deficit visivi e cognitivi;
 evidenzia l'intensità del dolore senza riguardo per altri fattori.
B. Scala Numerica (Numerical Rating Scale NRS)
Nella scala numerica il concetto è simile a quello della scala visuale, invece,
della linea continua vi sono rappresentati da numeri. Si considera una serie di
numeri da 0 a 10 o da 0 a 100 il cui punto di inizio e di fine rappresentano gli
estremi del dolore provato. Il paziente è invitato a scegliere il numero che
corrisponde meglio al suo dolore.
Figura n 4. “Scala NRS “
Fonte: Società di Medicina Generale
46
I vantaggi attribuiti al suo uso sono:
 Praticità e semplicità, uso verbale, nessun supporto cartaceo;
 Numero d’intervalli maggiori della VRS;
 Affidabilità, validità e rapida elaborazione dei dati.
Gli svantaggi segnalati sono riferibili alla difficoltà a ridurre a un numero la
sensazione dolorosa e un numero di intervalli minori della VAS.
C. Scala di valutazione verbale (Visual Rating Scale VRS)
Questo tipo di scala è composta da una serie di aggettivi che quantificano il
dolore dal più debole al più intenso (nessun dolore, molto lieve, lieve,
moderato, forte,molto forte).
Figura n.5 “Scala VRS “
Fonte: Società di Medicina Generale
Molti pazienti preferiscono le scale verbali a quelle analogiche visive o
numeriche per la maggiore semplicità, ciò conduce a una maggiore
probabilità di completamento.
Questa scala si è dimostrata sensibile alla posologia dei farmaci, al sesso e
alle differenze etniche, e risulta più accurata rispetto alla scala analogica
visiva nella valutazione degli effetti degli analgesici sul dolore acuto.
(Gracely RG, 1978)
47
Risultati Soddisfacenti si ottengono quando vi sono almeno sei livelli
d’intensità. Per quanto riguarda i vantaggi, si evidenzia:
 La semplicità;
 La praticità, uso verbale, nessun supporto cartaceo;
 Lo spazio riservabile alla descrizione qualitativa.
La scala verbale è limitata dal fatto che offre un numero ristretto di termini
per rappresentare il dolore e pertanto non consente una fine valutazione dello
stesso.(De Nicola A.)
D. Scala delle espressioni facciali ( Facies Pain Scale FPS)
Uno strumento utilizzabile anche con bambini, dai 2-3 anni, è quello non
verbale costituito dalla "Scala delle espressioni facciali".
Tale scala è composta da una serie di figure/disegni, che rappresentano
espressioni facciali da: sorridente che corrisponde all'assenza di dolore, triste
e così via fino al pianto disperato che corrisponde al massimo dolore
possibile. Il bambino è chiamato a valutare il suo dolore, scegliendo il disegno
che rappresenta il livello della propria esperienza dolorosa. (LeResche L.
1982; Kabn EA. 1966; LeResche L, 1984; )
Figura n.6 “ Scala delle espressioni facciali”
Fonte:anestit.unipa.it
48
2.3.3 Scale multidimensionali
A. McGill Pain Questionnaire. (MPQ Melzach 1975)
E’ un questionario di auto-somministrazione, costituito da termini che
descrivono differenti aspetti del dolore. I termini sono suddivisi in dimensioni
e sottoclassi, corrispondenti a diverse caratteristiche del dolore:
• aspetto sensitivo (caratteri “qualitativi”);
• aspetto valutativo ( valutazione dell’intensità del dolore);
• aspetto affettivo ( espressione delle reazioni emotive).
Il paziente deve scegliere i termini che corrispondono al proprio dolore.
Ciascuna sottoclasse contiene da 2 a 6 aggettivi, in ordine crescente di
intensità. Dall’esame delle parole scelte è possibile ricavare uno score globale
e uno parziale per le tre sottoscale.
Si avvale anche di una VRS, per misurare l’intensità del dolore presente, e di
un disegno di un corpo umano, visto davanti e dietro, per indicare la
localizzazione.
I vantaggi sono rappresentati, da un’analisi più sfaccettata del dolore nelle sue
varie componenti, il suo utilizzo è ideale nel dolore cronico.
Il grande limite di questo questionario piuttosto impegnativo, risiede nel fatto
che molti dei termini utilizzati sono sconosciuti a pazienti anziani, e con
cultura limitata o non rientrano nel linguaggio comune ( Maunuksela EL,
1983).
49
L’MPQ fornisce una grande quantità di informazioni ma richiede molto più
tempo per essere completato rispetto ad altre scale. Ne esistono almeno due
versioni italiane.(Italian Version of MPQ, Italian Pain Questionnaire)
B. The Brief Pain Inventory (BPI Cleeland C. S. 1991)
E’ la versione abbreviata del McGill Pain Questionnaire. I termini, che
descrivono il dolore, sono stati ridotti e riguardano la sfera sensoriale e
affettiva. Le parole sono state scelte perché usate più frequentemente dai
pazienti con vari tipi di dolore. Consiste in una serie di domande, inerenti
l’intensità e la conseguente limitazione funzionale. Le domande indagano le
precedenti 24 ore, per la compilazione sono necessari dai 5 ai 15 minuti. A
2.3.4 Misurazioni obiettive del dolore
Durante la fase dolorosa si assiste a differenti manifestazioni non verbali del
paziente, quali smorfie facciali, gemiti, lamenti, assunzione di farmaci,
compromissione delle funzioni fisiche e delle attività sociali.
Tuttavia l'esperienza del dolore è impossibile da misurare direttamente e
l'osservatore, quindi, deve inevitabilmente basarsi sulla descrizione del dolore
fatta dal paziente e dimostrarne la fondatezza osservando il comportamento
associato (Melzack R, 1985 ).
Numerose variabili possono influenzare la misurazione del comportamento
relativo al dolore, tra cui, l'influenza dell'esaminatore sul comportamento del
50
paziente, le questioni assicurative e legali, il ruolo del coniuge o di altre
persone vicine al paziente. La cognizione che il comportamento, associato al
dolore, può persistere per ragioni diverse da quelle che l’hanno causato, può
aggiungere ulteriori difficoltà alla misurazione oggettiva (Frank AJM, 1982.).
Altre limitazioni all'uso dell'osservazione del comportamento come misura
del dolore sono legate all'ambiente nel quale tali misurazioni avvengono. Di
fatto, la maggior parte delle osservazioni si verificano in condizioni cliniche,
mentre il comportamento del paziente a casa non viene considerato (Mcgrath
PA, 1985).
2.3.5 Misurazioni soggettive del dolore
Riguardo alle misurazioni soggettive del dolore si condivide l’ interpretazione
che ne dà A. De Nicola in Misurazione del dolore, dove afferma che essendo
il dolore un’esperienza soggettiva, l’autovalutazione del paziente è da
considerarsi la regola per la sua misurazione. Infatti, numerosi studi hanno
evidenziato la sottostima derivante da una valutazione esterna.
Infine, afferma, che la valutazione esterna rimane indispensabile per i pazienti
che non sono in grado di esprimersi, i neonati e i bambini, handicappati
mentali, anziani con demenza.
Gli strumenti più utilizzati sono il Mc Gill Pain Questionnaire e la VAS anche
se la NRS è il metodo che produce meno errori soprattutto negli anziani.
51
Capitolo
Jan e Hubrecht Van Eyck
3
“ Eva dall’Agnello Mistico” - 1425-32
PROGETTO DI RICERCA
52
3.1 Ricercatori
La ricerca in oggetto nasce presso l’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di
Senigallia, su sollecitazione delle gestanti che da qualche tempo richiedono
l’organizzazione di un percorso di contenimento del dolore durante il
travaglio e il parto, e si avvale dei seguenti collaboratori:
 Il Prof Nelvio Cester, Direttore dell’U.O. Di Ginecologia e Ostetricia di
Senigallia, responsabile del progetto, il quale ha concesso le
autorizzazioni necessarie per l’avvio dell’indagine.
 La Dott.ssa Giorgia Buscicchio che ha fornito preziosi suggerimenti
riguardanti le procedure metodologiche.
 La Dott.ssa Luana Centinaro e l’Ostetrica Monica Montagna che hanno
contribuito alla somministrazione dei questionari.
3.2 Definizione del problema
Come ampiamente descritto nel capitolo due, la percezione del dolore è il
risultato dell’elaborazione dei suoi componenti: sensoriale, affettivo emozionale, cognitivi, e comportamentali, di conseguenza è molto soggettiva.
Questa problematicità rende difficile la predizione delle aspettative e della
cognizione del dolore delle donne in travaglio, di conseguenza indagare,
l’associazione tra paura del parto e dolore in travaglio consente agli
53
operatori sanitari dell’Ostetricia di Senigallia di prevedere la richiesta di
sollievo dal dolore e organizzare percorsi assistenziali specifici.
3.3 Revisione della Letteratura
La ricerca è stata eseguita presso banche dati e revisioni di linee guida come:
NICE, SIGO; GIMBE, MEDLINE, COCHRANE LIBRARY.
La rassegna della letteratura ha fornito le basi teoriche, ha consentito la
definizione del problema e l’elaborazione delle ipotesi di ricerca nel progetto
dell’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia.
Vengono di seguito riassunte le principali indagini prese in considerazione:
1. Hodnett ED. “Pain and women's satisfaction with the experience of
childbirth” 2002. Revisione sistematica di 137 reports sui fattori che
influenzano la valutazione delle donne rispetto alla loro esperienza del
parto. Dai risultati si evince che influiscono sull’esperienza del parto:
a. aspettative personali;
b. quantità di supporto del caregiver;
c. qualità della relazione con il caregiver;
d. coinvolgimento nelle scelte assistenziali.
Le conclusioni cui si perviene mostrano come il dolore, le strategie per il
suo contenimento e gli interventi medici durante il travaglio non
54
influiscono sulla costruzione del vissuto della donna quanto le attitudini e i
comportamenti del caregiver.
2. Goodman P, Mackey MC, Tavakoli AS. “Factors related to childbirth
satisfaction,” 2004. Studio descrittivo su 60 puerpere che hanno avuto un
parto normale con neonato sano. Basato sull’utilizzo di questionari
strutturati, scale di valutazione della soddisfazione e del dolore. I risultati
emersi dimostrano che il controllo della donna sull’esperienza del parto è
un fattore predittivo di soddisfazione globale sull’esperienza del parto.
Anche le aspettative rispetto al travaglio/parto sono fattori predittivi di
soddisfazione della propria performance. Nelle conclusioni si afferma che
il controllo della donna sull’esperienza del parto è un fattore predittivo di
soddisfazione materna. L’empowerment e il potenziamento dell’autostima
possono accrescere la soddisfazione della donna rispetto all’esperienza.
3. Kannan S, Jamison RN, Datta S. “Maternal satisfaction and pain
control in women electing natural childbirth”, 2001. Lo studio si basa su
un campione di 23 donne con travaglio normale e 24 con travaglio
normale con richiesta di analgesia peridurale. Lo studio, realizzato con
questionari, somministrati prima e dopo il parto per valutare il dolore
durante il travaglio e la soddisfazione. I risultati dimostrano che le donne
con analgesia peridurale riferiscono punteggi di dolore inferiori rispetto al
gruppo che non la riceve. L’88% delle donne con analgesia peridurale
riferisce di essere meno soddisfatte di quanto si aspettavano, nonostante
55
la diminuzione del dolore. Spesso le donne riferiscono il ricorso
all’analgesia peridurale come un fallimento del proprio parto. La
conclusione cui giunge mostra che la diminuzione dell’intensità del dolore
in travaglio non aumenta la soddisfazione materna. La soddisfazione è
fortemente influenzata dalle aspettative in gravidanza.
4. Anim-Somuah M, “Smyth R, Howell C. “Epidural versus non-epidural
or no analgesia in labour”, 2005. Revisione sistematica di 21 RCT (6664
donne) che compara analgesia peridurale e altri metodi di contenimento
del dolore farmacologici e non contenimento. I risultati dimostrano che le
donne con analgesia peridurale vs altri metodi percepiscono dolore in
intensità minore ma sono esposte a maggior rischio di parti operativi (non
differenze significative per soddisfazione materna, ricorso al taglio
cesareo, cefalee a lungo termine e bassi score di Apgar). Lo studio
conclude che l’analgesia peridurale è un metodo efficace per il pain relief.
Non si evidenziano differenze rispetto a: taglio cesareo, cefalee a lungo
termine e bassi score di Apgar, soddisfazione materna anche con score di
dolore inferiori non aumenta la soddisfazione.
5. Howell CJ, Kidd C, Roberts W. “A randomised controlled trial of
epidural compared with non-epidural analgesia in labour”, 2001. RCT
con follow-up a lungo termine e un campione di 369 primi gravide, di cui
184 donne destinate al gruppo con analgesia peridurale e 185 al gruppo
non analgesia peridurale. Outcome: cefalea a 3 a 12 mesi dal parto,
56
incidenza parti strumentali e valutazione globale da parte delle donne. Dai
risultati non si evidenziano differenze statisticamente significative per
aumento di cefalea a lungo termine nel gruppo con epidurale. Si rileva un
aumento significativo dei parti strumentali. Non si individuano differenze
significative nella soddisfazione delle donne. Le conclusioni riscontrano
che il ricorso ad analgesia peridurale è associato a un aumento dei parti
operativi. Non sembrano esistere associazioni dell’analgesia peridurale
con cefalea a lungo termine o con soddisfazione maggiore da parte delle
donne.
6. McCrea BH, Wright ME. “Satisfaction in childbirth and perceptions of
personal control in pain relief during labour”, 1999. Studio retrospettivo
basato sulla somministrazione di un questionario a 100 puerpere a 48 ore
dal parto vaginale. Dai risultati si evince che il controllo della donna
nell’esperienza del parto influisce positivamente nel contenimento del
dolore e sulla soddisfazione materna. Le conclusioni fanno notare che le
variabili demografiche e socio-economiche hanno un basso impatto sulla
soddisfazione materna rispetto al controllo sul proprio travaglio.
7. Waldenstrom U. “Women's memory of childbirth at two months and one
year after the birth,” 2003. Studio di corte longitudinale su 2428 donne
svedesi reclutate in gravidanza. Dai risultati si desume che gli score di
valutazione del dolore non si mantenevano nel tempo, indipendentemente
57
dalle strategie per il contenimento del dolore ufficializzate.
Di conseguenza, perviene alla conclusione che il ricordo delle donne
rispetto al dolore del parto è soggetto a grande variabilità e le risposte delle
partecipanti possono cambiare nel tempo.
8. Waldenstrom U, Rudman A, Hildingsson I. “Intrapartum and
postpartum care in Sweden: women's opinions and risk factors for not
being satisfied,” 2006. Studio caso controllo su 2686 donne svedesi che
prevede la compilazione di un questionario all’inizio della gravidanza e
due mesi dopo il parto. Le associazioni vengono valutate con analisi di
regressione logistica. Dai risultati si rileva che i fattori di rischio per
l’insoddisfazione sono:
a. giovane età,
b. bassa scolarità,
c. single,
d. gravidanza non pianificata,
e. mancanza del supporto del partner,
f. mancanza di supporto dell’ostetrica in travaglio,
g. scarso coinvolgimento nelle decisioni,
h. ambiente del parto,
i. tempo insufficiente per il supporto in allattamento.
Nelle conclusioni si afferma che l’organizzazione dell’assistenza e i fattori
58
socio-demografici influiscono fortemente sulla soddisfazione materna
dell’esperienza del parto.
9. Alehagen S,Wijma B, Wijma K. “Fear of childbirth before, during, and
after childbirth,” 2006. Campione composto di 47 nullipare a termine di
gravidanza cui viene proposta una valutazione delle aspettative ante
travaglio, una sulla paura in travaglio e ripetuta nel post parto. I risultati
dimostrano che esiste una correlazione tra paura del parto in gravidanza e
dolore riferito in travaglio. Non c’è differenza tra la paura rilevata prima
del parto tra donne che non hanno / hanno ricevuto l’analgesia peridurale
mentre nelle donne con analgesia peridurale si rilevano livelli di paura del
parto maggiori vs no analgesia. Le conclusioni descrivono come le donne
che riferiscono intesi livelli di paura hanno maggiore probabilità di riferirla
anche al parto e in puerperio. L’offerta di analgesia peridurale non è una
risposta sufficiente alla paura delle donne in travaglio e in puerperio.
10.Leighton BL, Halpern SH. “The effects of epidural analgesia on labor,
maternal, and neonatal outcomes: a systematic review.” 2002. Questa
revisione ha incluso 14 studi randomizzati che coinvolgono 4.324 donne.
Valuta gli effetti dell’analgesia epidurale sul travaglio, materno, e gli esiti
neonatali. I risultati evidenziano la segnalazione di meno dolore nelle
donne assegnate nel gruppo epidurale. La meta-analisi ha anche rilevato
donne più soddisfatte del sollievo dal dolore, rispetto alla non-epidurale.
Inoltre in questo lavoro l'analgesia epidurale non è risultata associata a
59
un aumento della durata della prima fase del travaglio ma è stata associata
a un allungamento della seconda fase, all’uso di ossitocina e nascite
strumentali.
11. Reynolds F, Sharma SK, Seed PT. “Analgesia in labour and fetal acidbase balance: a meta-analysis comparing epidural with sistemi opioid
analgesia”. 2002; Un’altra revisione sistematica è stata effettuata per
valutare l'effetto dell’epidurale durante il travaglio sul rapporto acidobasico del funicolo del bambino alla nascita. Comprende otto RCT che
coinvolgono 2268 donne. E’ risultato che il pH dell'arteria ombelicale è
significativamente migliore per i bambini nati da donne del gruppo
epidurale così come l'eccesso di basi Gli autori concludono che l’analgesia
epidurale è associata con un migliore rapporto acido-basi neonatale,
suggerendo che il ricambio placentare è ben conservato durante l'analgesia
epidurale.
12. Christiaens W, et al. “Pain acceptance and personal control in pain
relief in two maternity care models: a cross-national comparison of
Belgium and the Netherlands.”2010. Studio osservazionale che ha
valutato 327 donne, sull’accettazione del dolore e sul controllo personale
nella riduzione del dolore, in un confronto internazionale tra Olanda e
Belgio. Lo studio si basava su due interviste, una condotta a 30 settimane
di età gestazionale e una due settimane dopo il parto. Dall'analisi dei
risultati si rileva che, nel campione di donne studiate, la giovane età e il
60
travaglio prolungato si associano a maggior ricorso all'analgesia. Un minor
ricorso all'analgesia è associato ad accettazione del dolore e controllo
personale del dolore. Per quanto attiene il paese, si osserva che le donne
Olandesi hanno un rischio molto ridotto di ricorrere all'analgesia rispetto
alle donne Belghe.
13. Dickinson JE et al. “Maternal satisfaction with childbirth and
intrapartum analgesia in nulliparous labour,”2003. Studio randomizzato
che ha confrontato i risultati di analgesia epidurale e non-epidurale. Il
primo gruppo composto di 493 donne è stato incoraggiato a richiedere
l'epidurale; e un gruppo di 499 donne che ha ricevuto un sostegno one-toone continuo durante il travaglio da parte dell’ostetrica. Le donne sono
state intervistate circa 24 ore dopo la nascita e a 6 mesi dopo il parto. Il
gruppo analgesia epidurale era significativamente più soddisfatto del
sollievo al dolore durante il parto, e l'intensità del dolore riferito dopo la
somministrazione era significativamente più bassa per questo gruppo.
Entrambi i gruppi hanno riportato livelli simili di soddisfazione con un
grado di supporto dell’ostetrica durante il travaglio, la partecipazione al
processo decisionale durante il parto. Nonostante le differenze di
soddisfazione per il sollievo dal dolore e dei livelli di dolore provato tra i
due gruppi, i resoconti dell’esperienza complessiva di travaglio e parto
erano simili per entrambi i gruppi. I risultati ottenuti ai 6 mesi di followup, hanno mostrato come le donne nel gruppo sostegno one-to-one,
61
erano significativamente meno propense a utilizzare l'epidurale in un
travaglio successivo.
3.4 Formulazione del razionale
Dagli studi sopra presentati si può desumere che quasi tutti gli autori sono
concordi nel rilevare che la paura del dolore e la conseguente percezione sono
condizionate, in senso positivo o negativo, dal background della paziente, da
fattori psichici, sociali e ambientali. (Waldenstrom U. 2006)
La rassegna della letteratura evidenzia inoltre, che il ricordo delle donne
rispetto al dolore del parto è soggetto a grande variabilità e le valutazioni
delle pazienti possono cambiare nel tempo. (Waldenstrom U. 2003)
Alla luce della complessità e molteplicità del tema contenimento del dolore,
questo studio focalizza l’attenzione sulla valutazione del dolore da parto, sulla
domanda di controllo del dolore in travaglio e durante il parto (Alehagen S.
2006). La rilevazione, si esegue presso l’Ospedale di Senigallia, su una
popolazione eterogenea di donne delle Marche ricoverate con indicazione
ostetrica (parto) o con indicazione ginecologica.
Infine s’indagano le preferenze delle donne verso il ricorso a tecniche
avanzate di analgesia come la peridurale (Goodman P 2004).
62
3.5 Formulazione delle ipotesi di ricerca
L’ipotesi scientifica dello studio, prevede che il background di una paziente,
influisce sensibilmente sulla percezione del dolore della stessa, e che tale
percezione si modifica in relazione al tempo trascorso dall’evento che ha
scatenato il dolore. (Waldenstrom U 2003 e 2006)
3.6 Obiettivi generali della ricerca
L’obiettivo
generale
di
questa
ricerca,
consiste
nell’indagare
i
condizionamenti culturali e personali di un campione di donne marchigiane,
rispetto al dolore, e come questi possano portare a percezioni differenti del
dolore in travaglio.
In particolare sono obiettivi specifici:
a. Analizzare l'influenza di alcune variabili indipendenti, (l’età, la
dimensione del comune di residenza, l’occupazione, la parità )
sull'orientamento e sulle attese del dolore nel travaglio e parto.
b. Delineare le dinamiche, le aspettative e le scelte connesse al primo
parto, per verificare attraverso il confronto con il campione di pluripare
e pazienti ginecologiche se, e in che misura, vi sono differenze nei
comportamenti, nei vissuti e nel tempo.
c. Acquisire informazioni utili, per migliorare l’organizzazione e la
63
gestione dell’offerta di terapia antalgica, presso l’U.O . di Ginecologia
e Ostetrica di Senigallia.
3.7 Definizione del campo d’indagine
3.7.1 Setting
Lo studio è stato realizzato presso l’Azienda Sanitaria Unica Regione Marche,
Area Vasta n.2, Ospedale Principe di Piemonte di Senigallia, Dipartimento
Materno Infantile, U.O. di Ginecologia e Ostetricia.
Il reparto di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia sito in Via Benvenuto
Cellini 1, Direttore Dott. Nelvio Cester, è costituito da una dotazione di 25
posti letto ordinari e 2 riservati ai day surgery, vi si effettuano circa 800 parti
all’anno, di cui il 28/30% espletati con taglio cesareo.
3.7.2 Campione
Lo studio è di tipo trasversale, e riguarda un campione casuale di donne
ricoverate presso l’Unità Operativa tra giugno e dicembre 2011.
Al fine di raggiungere un campione rappresentativo della realtà locale, sono
state incluse nello studio 544 pazienti, 300 ricoverate nella sezione di
ostetricia, 200 in quella di ginecologia e 44 reclutate mediante il Social
Network Facebook.
I criteri di inclusione allo studio sono stati:
a. Gestanti primipare afferenti all’ambulatorio di gravidanza a termine;
64
b. Gestanti pluripare afferenti all’ambulatorio di gravidanza a termine;
c. Donne ricoverate per indicazioni ginecologiche;
d. Donne che volontariamente hanno aderito allo studio attraverso il
Social Network Facebook.
Tutte le gestanti considerate hanno partorito presso l’Unità Operativa di
Ostetricia e Ginecologia del suddetto ospedale.
Il questionario è stato illustrato e consegnato dall’ostetrica durante il ricovero
ospedaliero e ritirato alla dimissione.
Alle donne che volontariamente hanno aderito allo studio attraverso il Social
network, il questionario, unitamente alle istruzioni per la compilazione sono
stati resi disponibili su pagina Facebook.
Figura n. 7
“Pagina Facebook ”
65
3.8 Definizione dell’area di analisi
3.8.1 Variabili
Nell’indagine in oggetto sono state prese in considerazione le seguenti
variabili, al fine di verificare le ipotesi di ricerca:
1. Età;
2. Comune di residenza;
3. Occupazione;
4. Parità;
5. Valutazione del dolore con scala numerica (NRS) da 0 (che
corrisponde a nessuna percezione del dolore) a 10 (che corrisponde
alla massima percezione del dolore);
6. Desiderio di controllo del dolore con analgesia peridurale al primo
parto;
7. Desiderio di controllo del dolore con analgesia peridurale ai parti
successivi.
3.8.2 Strumento d’indagine
Lo strumento metodologico utilizzato per l’indagine è il questionario autocompilato, composto di 16 domande di tipo chiuso (allegato n° 1).
Al questionario è allegata una breve presentazione, dove si spiegano le finalità
e le motivazioni dell’inchiesta e si rassicurano le interessate circa la
66
riservatezza delle informazioni.
Il questionario è articolato in tre parti:
I. Fattori socio-anagrafici (5 domande);
II. Aspettativa del dolore e reale percezione dello stesso al parto (7 domande);
III. Fattori collegati a successive gravidanze (4 domande).
La formulazione del questionario si attiene ad una serie di principi:
1. Enunciato delle voci:
 le voci sono formulate con oggetto un avvenimento e/o un’esperienza;
 le domande sono formulate in modo specifico, in quanto riflettono più
precisamente le esperienze attuali, passate e individuali;
2. Approccio di tipo diretto;
3. Formazione delle domande a risposta chiusa (standardizzate), al fine di
permettere confronti diacronici e sincronici;
4. Formato delle risposte:
 dicotomico (si/no) e a risposta multipla utilizzando una lista di
alternative (all’interno delle quali se ne può scegliere una sola);
 l’ordine di presentazione delle scelte, inizia sempre dalla modalità di
risposta negativa, in quanto, favorisce le critiche ed aumenta la
variabilità.
Nel suo complesso, il questionario è dotato di una sua originalità che si rivela
nella predilezione del criterio di sintesi evitando sofisticati linguaggi.
67
3.9 Pianificazione del progetto di ricerca
Per pianificare il progetto di ricerca, ci si è avvalsi di strumenti di
pianificazione
logico/strutturale
quali
Work
Breakdown
Structure
(letteralmente “struttura della suddivisione del lavoro”).
Per la programmazione del tempo di ogni singola attività svolta nel progetto,
in relazione alla disponibilità delle risorse necessarie, si utilizzano strumenti
di pianificazione e controllo temporali, quali il diagramma a barre (bar chart).
3.9.1 WBS Management
1.1 Individuazione del campione;
1.2 Individuazione degli obiettivi della ricerca c/o l’U.O. di Senigallia;
1.3 Ricerca documentazione e lettura critica della bibliografia;
1.4 Stima dei tempi;
1.5 Definizione delle attività e della loro sequenza;
1.6 Attuazione e coordinamento del Progetto;
1.7 Richiesta autorizzazione del Direttore della U.O..
68
Figura n.8 “WBS Management”
PROGETTO DI RICERCA
Management
Ind. campione
Progettazione e Attuazione
Ind. obiettivi
Defin. attività
Ric. Bibliogr. Attuaz. Progetto.
Stima Tempi.
Rich. autorizzazioni.
Figura n.9 “ Cronogramma Management”
Cod.
Attività
1.2
Indiv.
Campione
Indiv.
Obiettivi.
Progetto
1.3
Ricerca
bibliografia.
1.4
Stima
Tempi
1.1
1.5
1.6
1.7
Giu Lug Ago
'11 '11 '11
Set
'11
Ott Nov
'11 '11
Dic
'11
Attività e
Sequenza
Attuazione
Coordinam.
Progetto
Richista
Autoriz.
Direttore
69
3.9.2 WBS Progettazione/Attuazione
2.1 Elaborazione/acquisizione dello strumento di indagine (Questionario)
2.2 Definizione dell’area di analisi (variabili)
2.3 Progettazione e attuazione del sistema di raccolta dati
2.4 Individuazione software per analisi dei dati raccolti
2.5 Elaborazione dei dati
2.6 Valutazione qualità dei dati
2.7 Analisi dei dati
Figura n. 10
“WBS Progettazione/Attuazione”
PROGETTO DI RICERCA
Management
Elab. questionario Progettazione e Attuazione
Raccolta dati
Defin. area analisi
Elab. dati Software per analisi
Analisi dati.
Valut. qualità dati
70
Figura n.11
“Cronogramma Progettazione/Attuazione”
Cod.
Attività
2.1
Elab0razione
Strumento
2.2
Definizione
Variabili
2.3
Raccolta.
Dati
2.4
Indiv.
Software
Analisi Dati
2.5
Elaborazione
dei dati
2.6
Valutazione
Qualità Dati
2.7
Analisi Dati
Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
'11 11
'11 '11 '11 '11 '11
3.10 Analisi dei dati
Lo studio descrittivo ha previsto la raccolta dei dati in Excel, strumento che
permette di gestire elenchi e tabelle di dati organizzati per ordinare e ricercare
informazioni, ma anche per eseguire operazioni di analisi e confronti dei dati.
Per poter procedere all’organizzazione e alla spiegazione dei dati, si è ritenuto
opportuno ricorrere all’uso di indici statistici.
L’analisi statistica dei risultati è stata effettuata mediante il T Test Student
attraverso un programma biomedico Biostat, considerando P < 0.05
significativo.
71
Capitolo
Picasso
4
“Donna in bianco”
1929
ANALISI DEI DATI
72
4.1 Partecipazione all’indagine
Sono stati raccolti 557 questionari, di cui 44 mediante il Social
Ntework Facebook, i restanti sono stati compilati dalle pazienti Ostetriche e
Ginecologiche, ricoverate dal mese di Giugno al mese di Dicembre 2011
presso l’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia.
I dati analizzati nelle tabelle e nei grafici sono relativi a 544 questionari in
quanto, 13 sono stati esclusi dallo studio perché riconsegnati senza essere
compilati o sono risultati incompleti.
4.2 Caratteristiche generali della popolazione in studio
A. Età: l’età media delle 300 pazienti ostetriche oggetto dello studio è di
31.4 anni, la mediana di 32; quella delle 244 pazienti ginecologiche è
di 40.08, con mediana di 38.
B. Residenza:: la totalità del campione risiede nella Regione Marche.
Per quanto concerne le pazienti ostetriche, il 20,43% dimora nella
provincia di Pesaro - Urbino e il 79,57% nella provincia di Ancona.
Vive in ambiente urbano (comuni di media grandezza > 10.000
abitanti) il 72,04% del campione, il restante 27,96% risiede in ambito
rurale (comuni di piccole dimensioni < 10.000 abitanti). La residenza
delle pazienti ginecologiche segue una distribuzione simile al
73
campione ostetrico: il 19,17% delle pazienti abita nella provincia di
Pesaro – Urbino, il restante 79,47,% nella provincia di Ancona, in
questo campione è presente anche un 1,36% di residenti nella provincia
di Macerata.
Risiede in ambiente urbano (comuni di media grandezza > 10.000
abitanti), il 60,28% del campione, il restante 39,72% risiede in ambito
rurale (comuni di piccole dimensioni < 10.000 abitanti). (ISTAT
Comuni per classe di ampiezza demografica)
C. Occupazione:: nelle pazienti ostetriche il 26,88% non ha
occupazione, il rimanente 73.12% che ha un’occupazione è così
distribuito: il 22,05% fa parte delle professioni intellettuali, scientifiche
e di elevata specializzazione, il 39,52% svolge professioni tecniche e il
38,43% esercita professioni non qualificate /manuali. (nomenclatura e
classificazione delle professioni ISTAT)
Delle pazienti ginecologiche il 35,61% non ha occupazione, il
rimanente 64,39% che ha un’occupazione, si suddivide come segue: il
17,02% appartiene a professioni intellettuali, scientifiche e di elevata
specializzazione, il 42,56% svolge professioni tecniche e infine il
40,42% esercita professioni non qualificate/manuali.
D. Parità: Il campione ostetrico, presenta una distribuzione simmetrica,
50 % di primipare e 50% di pluripare. Il campione ginecologico è così
74
suddiviso, 173 pazienti corrispondente al 70,83% di pluripare e 71 pari
al 29.17% di primipare.
4.3 Valutazione della percezione del dolore nel parto
A .Percezione del dolore in base all’età:
Nella tabella seguente si evidenzia come il dolore è condizionato dalla
variabile indipendente età, la soglia del dolore ammonta a 8.76 con
deviazione standard di 1.14 nelle pazienti ostetriche, e a 7.62 nelle pazienti
ginecologiche con deviazione standard di 1.86.
Si rileva che il campione di pazienti ginecologiche reclutate, con un’età
maggiore delle pazienti ostetriche, ha una percezione del dolore più bassa.
CAMPIONE
300 PZ
244 PZ
PAZIENTI
OSTETRICHE
GINECOLOGICHE
ETA’
31.4 + 5.55
40.08 + 11.49
--
8.76 + 1.14
7.62 + 1.86
P<0.0001
SOGLIA DEL
DOLORE
Tabella n.1:
P VALUE
“Dolore condizionato dal fattore età”
B. Percezione del dolore e residenza:
Nella seguente tabella, mediante l’applicazione dell’analisi bivariata, si
esamina il campione ostetrico, e si evidenzia come la variabile indipendente
75
residenza sia associata in maniera statisticamente significativa alla soglia del
dolore.
Infatti, le pazienti che risiedono in ambito rurale presentano una soglia di
accettazione del dolore più alta (7,81 + 1,28; P = 0,001).
CAMPIONE
Paz. Ostetriche
Paz. Ostetriche
Ambito Urbano
Ambito Rurale
181
119
_
9 + 0,25
7,81 + 1,28
P < 0,001
P VALUE
PAZIENTI
SOGLIA DOLORE
Tabella n.2
“Dolore condizionato dal fattore residenza”
Anche dall’analisi del campione di pazienti ginecologiche, si rileva che la
variabile indipendente residenza è associata in maniera statisticamente
significativa alla soglia del dolore.
Anche nel campione delle pazienti ginecologiche che risiedono in ambito
rurale, la soglia di accettazione del dolore è più alta (8,68 + 1,01; P = 0,001).
CAMPIONE
Paz. Ginecologiche
Paz. Ginecologiche
Ambito Urbano
Ambito Rurale
176
68
9,59 + 0,37
8,68 + 1,01
P VALUE
_
PAZIENTI
SOGLIA DOLORE
Tabella n.4
P < 0,001
“ Dolore condizionato dal fattore residenza”
76
C. Percezione del dolore e occupazione:
Si può osservare nel seguente grafico che le gestanti che appartengono a
professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, danno un
giudizio più contenuto del loro dolore (8,63 scala NRS), pertanto, presentano
un’alta soglia di tolleranza.
Anche le pazienti ostetriche che svolgono una professione manuale mostrano
valori buoni (8,9 scala NRS), al contrario la percezione del dolore appare
molto più elevata per la condizione non lavorativa (9,45 scala NRS).
9,6
9,4
9,2
9
8,8
8,6
8,4
8,2
PROF.
INTELLETTUALI
Grafico n.1
PROF.
TECNICHE
PROF.
MANUALI
COND. NON
LAVORATIVA
“ Occupazione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ostetriche”
Nello specifico si evidenziano le professioni sanitarie che presentano una
soglia del dolore elevata (7,87 scala NRS), e la professione medica che
esprime un giudizio contenuto del dolore (8,5 scala NRS). All'opposto le
gestanti che svolgono professioni impiegatizie mostrano una percezione del
dolore più elevata (9,5 scala NRS), insieme alle studentesse che presentano
una valutazione del dolore pari a 9,6 della scala NRS.(Grafico 2)
77
DISOCCUPATA
PENSIONATA
STUD. /BABY S.
CASALINGA
COMM./OPERAIA
PARRUC./ ESTET.
IMPIEGATA
PROF.SANITARIA
INSEGNANTE
MEDICO/AVVOC.
0
2
4
6
8
10
Grafico n.2
“Professione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ostetriche”
Diversamente dal campione ostetrico, si può osservare nel campione di
pazienti ginecologiche, che sono le professioni manuali a dare un giudizio più
contenuto del loro dolore (8,63 scala NRS).
Le pazienti ginecologiche che svolgono una professione intellettuale,
scientifica e di elevata specializzazione si attestano al 9,14 della scala NRS
seguite dalle professioni tecniche e dalle pazienti che non hanno occupazione
dove la percezione del dolore appare più elevata (9,18 scala NRS).
9,2
9,1
9
8,9
8,8
8,7
8,6
8,5
8,4
8,3
PROF.
INTELLETTUALI
PROF.
TECNICHE
PROF.
MANUALI
COND. NON
LAVORATIVA
Grafico n.3
“Occupazione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ginecologiche”
78
Dall’analisi del campione di pazienti ginecologiche, si rileva, che professioni
quali operaia e commessa presentano una percezione del dolore più bassa (7,6
scale NRS), seguite dalle professioni sanitarie che esprimono un giudizio
contenuto del dolore (8,5 scale NRS).
Analogamente al campione ostetrico, anche in quello ginecologico si rileva
che, le pazienti che svolgono professioni impiegatizie mostrano una
percezione di dolore più elevata (10 scala NRS), insieme alle studentesse che
presentano una valutazione del dolore pari al massimo dolore della scala
numerica (10).
DISOCCUPATA
PENSIONATA
STUD. /BABY S.
CASALINGA
COMM./OPERAIA
PARRUC./ ESTET.
IMPIEGATA
PROF.SANITARIA
INSEGNANTE
MEDICO/AVVOC.
0
Grafico n.4
2
4
6
8
10
“Professione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ginecologiche”
79
D. Percezione del dolore e parità:
Riguardo alla parità, il grafico successivo mette in evidenza, come nel
campione di pazienti ostetriche esaminate, le primipare presentano una soglia
di accettazione del dolore più bassa pari a 9,54 della scala NRS, mentre le
pluripare si attestano al 9 della medesima scala.
9,6
9,5
9,4
9,3
9,2
9,1
9
8,9
8,8
8,7
PRIMIPARE
Grafico n.5
PLURIPARE
“Aspettativa del dolore correlata alla parità: pazienti Ostetriche”
Come prevedibile, anche nel campione di pazienti ginecologiche, si apprezza
una soglia di accettazione del dolore più bassa nel campione di primipare pari
a 9.2. della scala NRS, rispetto alle pluripare che presentano un’accettazione
più alta pari all’8,46.
9,2
9
8,8
8,6
8,4
8,2
8
Grafico n.6
PRIMIPARE
PLURIPARE
“ Aspettativa del dolore correlata alla parità: pazienti Ginecologiche”
80
4.4 Dolore atteso/dolore percepito
In rapporto alle aspettative, il primo elemento che emerge dal grafico è che il
45% delle pazienti ostetriche dichiara che il dolore percepito durante il parto
combacia con la loro aspettativa. Il 38% delle pazienti dichiara che il dolore
percepito durante il travaglio – parto è inferiore alla loro aspettativa. E infine
il restante 17% dichiara che il dolore percepito durante il travaglio – parto è
superiore alla loro aspettativa.
17 %
4 5%
38 %
Grafico n.7
“Dolore atteso e dolore percepito”
81
4.5 Desiderio di analgesia nei parti successivi
Il prossimo grafico descrive la distribuzione percentuale delle dichiarazioni
delle puerpere in relazione al desiderio di utilizzare la parto analgesia per il
successivo parto.
Si osserva che il 43% delle puerpere dichiara di volere la parto analgesia per il
successivo parto.
Al contrario, il 33% delle puerpere dichiara di non volere la parto analgesia,
ed infine il 24% delle puerpere dichiara di non sapere se volere o meno la
parto analgesia per il successivo parto .
33%
43%
24%
Grafico n. 8.
“ Desiderio di parto analgesia nei parti successivi del campione ostetrico”
Osservando il grafico della popolazione di pazienti ginecologiche si nota
l’elevata percentuale pari al 58% di donne che dichiarano di non volere la
parto analgesia per il successivo parto.
82
Il restante campione si divide quasi in parti uguali, con il 22% che dichiara di
volere la parto analgesia per il successivo parto, il e il 20% che dichiara di
non sapere se volere o meno la parto analgesia per il successivo parto.
20%
22%
58%
Grafico n. 9.
“ Desiderio di parto analgesia nei parti successivi del campione Ginecologico”
83
4.6 Caratteristiche della popolazione a confronto
Età media ( anni)
Soglia del dolore in
relazione all’ età
Provincia di residenza:
 Pesaro-Urbino
 Ancona
 Macerata
Residenza in ambito
URBANO
Residenza in ambito
RURALE
Soglia del dolore
ambito URBANO
Soglia del dolore
ambito RURALE
Pazienti non occupate
Pazienti professioni
manuali
Pazienti professioni
tecniche
Pazienti professioni
intelletuali
Soglia del dolore correlata
alle professioni
Aspettativa del dolore
primipare scala NRS
Aspettativa del dolore
pluripare scala NRS
Dolore combacia con
aspettativa
Dolore inferiore
all’aspettativa
Dolore superiore
all’aspettativa
Desidera analgesia nel
parto successivo
Non desidera analgesia
nel parto successivo
Non sa se desidera
analgesia nel parto
successivo
Tabella n. 5
Pazienti Ostetriche
n.300
Pazienti Ginecologiche
n.244
31.4
40.08
8.76 + 1.14 P < 0,001
7.62 + 1.86 P < 0,001
20,43 %
79.57 %
/
19,17 %
79.47 %
1,36 %
72,04 %
60,28 %
27,96 %
9 + 0,25 P < 0,001
39,72 %
9,59 + 0,37 P < 0,001
7,81 + 1,28 P < 0,001
8,68 + 1,01 P < 0,001
26.88 %
38,43 %
35,61 %
40,42 %
39,52 %
42,56 %
22,05 %
17,02 %
Alta per professioni
intellettuali e sanitarie
Alta per professioni
manuali e sanitarie
9,54
9.20
9
8.94
45 %
/
38 %
/
17 %
/
43 %
58 %
33 %
22 %
24 %
20 %
“Caratteristiche della popolazione a confronto”
84
Conclusioni
La comprensione dei meccanismi del dolore, ha beneficiato gli ultimi
anni di progressi considerevoli, s’inizia a non consideralo più un fenomeno
‘normale’, un inevitabile tributo da pagare, ma, si è recepito che il dolore
fisico non è inevitabile, va affrontato e controllato.
Per questo motivo nel panorama sanitario italiano si assiste all’attivazione di
centri di riferimento per il suo contenimento, in particolare molta attenzione si
riserva al dolore post operatorio, cronico e oncologico.
Partendo da queste considerazioni generali, è necessario evidenziare come da
sempre il momento della nascita ha spaventato le donne, perciò, è utile
riflettere sul significato del dolore del parto, e valutarne criticamente i molti
significati.
Tali considerazioni hanno condotto ad un animato dibattito in ambito politico
che congiuntamente all’impegno di gruppi e associazioni per la lotta al dolore
del parto, hanno consentito l’inserimento, nel gennaio del 2007, dell’analgesia
epidurale nel parto, nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
Successivamente il legislatore, con il DPCM del 23 aprile 2008, sancisce che:
“Il Servizio sanitario nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso
del travaglio e del parto vaginale nelle strutture individuate dalle regioni e
all’interno di appositi programmi, volti a diffondere l’utilizzo delle procedure
85
stesse. Le regioni adottano adeguate misure per disincentivare il ricorso al
parto cesareo”.
Tale normativa, non ha trovato in ambito sanitario una puntuale applicazione,
in ragione delle numerose risorse aggiuntive richieste dalla necessità di
acquisire anestesisti specializzati nell’esecuzione della tecnica e ostetriche
formate per l’assistenza al travaglio e il monitoraggio del benessere materno fetale.
Alla luce di quanto esposto e dell’analisi della letteratura, si è ritenuto
doveroso indagare la percezione che le donne hanno del dolore del parto e le
scelte rispetto al suo contenimento, al fine di ridurre il ricorso al taglio
cesareo e pervenire a una riorganizzazione dei servizi di assistenza alla
Maternità nel territorio.
Dal nostro studio è emerso che il background di una paziente, influisce
sensibilmente sulla percezione del dolore della stessa, e che tale percezione si
modifica in relazione al tempo trascorso dall’evento che ha scatenato il
dolore.
In particolare abbiamo evidenziato come variabili indipendenti quali l’età, la
residenza e l’occupazione influiscano sulla percezione del dolore. Pazienti che
vivono in un ambiente rurale, con una occupazione di tipo manuale o sanitario
di età superiore ai 40.8 + 11.49 anni hanno una percezione del dolore più
bassa.
86
Per ciò che concerne la richiesta della parto analgesia quale metodica di
contenimento del dolore per il travaglio-parto, si è evidenziato che le pazienti
pluripare hanno una richiesta inferiore di tale metodica rispetto alle primipare
per una soglia del dolore sensibilmente più alta. Inoltre la parto analgesia è
condizionata dal tempo che intercorre dall’evento scatenante il dolore: il
desiderio di una paziente di una parto analgesia è inversamente proporzionale
al tempo dall’evento parto.
87
A
Alllleeggaattoo 11
REGIONE MARCHE
OSPEDALE DI SENIGALLIA (AN)
Via Cellini, 1
U.O. “GINECOLOGIA E OSTETRICIA”
Direttore: Dott Nelvio Cester
QUESTIONARIO SULLA LOTTA AL DOLORE
L’ U.O. di Ginecologia e Ostetricia lavora da tempo ad un Progetto di Ricerca per la studio della
conoscenza e l’utilizzo della Terapia del Dolore fra le gestanti.
Le chiediamo di contribuire al Progetto rispondendo in forma anonima al questionario, per
raccogliere informazioni sulle reali necessità delle gestanti del territorio di Senigallia.
Grazie per la collaborazione.
ETA’ : _________ CITTA’ DI RESIDENZA : _____________________________________
OCCUPAZIONE: __________________
a.
PARTO
1. Ha partorito:  Si  No Se No, Indicare come giudica / immagina i quesiti 2,3,4,9,10
2. Da 1 a 10 come classificherebbe il dolore del travaglio di parto____________________
3. Ha o desidera utilizzare metodi naturali di contenimento del dolore?  Si
 No
4. Da 1 a 10, in questo caso, come classificherebbe il dolore del travaglio di parto?_____
5. Ha partorito con parto spontaneo con l’epidurale?  Si
6.Se si, con quali risultati:  Buoni
 Mediocri
 No
 Nulli
7. Se no, perche?  Non proposto  Taglio Cesareo  Altro
8. Se dovesse partorire nuovamente, vorrebbe l’epidurale?  Si
9. Se dovesse partorire per la prima volta, vorrebbe l’epidurale?  Si
 No
 No
 Non So
 Non So
10. Sa che la stessa anestesia epidurale del parto indolore può essere utilizzata,in caso di
necessità, per il Taglio Cesareo?  Si
 No
11. Se ha fatto il taglio cesareo, questo è avvenuto con:
 Anestesia generale
 Epidurale
88
A
Alllleeggaattoo 11
REGIONE MARCHE
OSPEDALE DI SENIGALLIA (AN)
Via Cellini, 1
U.O. “GINECOLOGIA E OSTETRICIA”
Direttore: Dott Nelvio Cester
QUESTIONARIO SULLA LOTTA AL DOLORE
L’ U.O. di Ginecologia e Ostetricia lavora da tempo ad un Progetto di Ricerca per la studio della
conoscenza e l’utilizzo della Terapia del Dolore fra le gestanti.
Le chiediamo di contribuire al Progetto rispondendo in forma anonima al questionario, per
raccogliere informazioni sulle reali necessità delle gestanti del territorio di Senigallia.
Grazie per la collaborazione.
ETA’ : _________ CITTA’ DI RESIDENZA : _____________________________________
OCCUPAZIONE: __________________
b.
POST PARTO
2. Da 1 a 10 come classificherebbe il dolore del travaglio di parto____________________
3. Ha o desidera utilizzare metodi naturali di contenimento del dolore?  Si
 No
4. Da 1 a 10, in questo caso, come classificherebbe il dolore del travaglio di parto?_____
5. Ha partorito con parto spontaneo con l’epidurale?  Si
6.Se si, con quali risultati:  Buoni
 Mediocri
 No
 Nulli
7. Se no, perche?  Non proposto  Taglio Cesareo  Altro
8. Se dovesse partorire nuovamente, vorrebbe l’epidurale?  Si
9. Se dovesse partorire per la prima volta, vorrebbe l’epidurale?  Si
 No
 No
 Non So
 Non So
10. Sa che la stessa anestesia epidurale del parto indolore può essere utilizzata,in caso di
necessità, per il Taglio Cesareo?  Si
 No
11. Se ha fatto il taglio cesareo, questo è avvenuto con:
 Anestesia generale
 Epidurale
89
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