I Quaderni di
Nuova Scena Antica
GALLERY GIUGNO 2010. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI
RIVISTA
ON LINE
ARTE
MUSICA
PERFORMANCE
Viaggio in un piccolo angolo di mondo: benvenuti in Friuli Venezia Giulia
Quando la terra chiama
“…assomigliava al suo Friuli, al suo destino
di passare inosservato ai margini della
storia.
La sua leggenda è viva nella memoria di
chi l’ha conosciuto, ma i suoi frammenti
non presentano quei vistosi e facili appigli
cui la società ha bisogno d’afferrarsi per
sancire la gloria di un nome.”
(Claudio Magris, da Microcosmi)
Ci sono luoghi in cui si avverte qualcosa di strano, qualcosa che ci parla
anche se in una lingua sconosciuta.
Luoghi in cui ci sembra di essere già
stati, in cui percepiamo qualcosa di familiare, di affine, di noto. E’ una sensazione
che conforta, che rassicura, che calma e
al tempo stesso che questiona, che muove, che inquieta.
Luoghi che, quando ci allontaniamo
per tornare a casa, lasciano un segno di
sé che è diverso dal semplice ricordo,
come se una parte di noi avesse stabilito
un legame di appartenenza al di là di
ogni ragionevole certezza di non aver mai
avuto niente a che fare con loro.
Possiamo aver viaggiato molto o
affatto. Possiamo capitarci per caso o per
volontà. Non importa quanto lontano o
quanto vicino essi siano: questi luoghi possiedono un fascino sottile, fatto di luci e di
ombre, di voci e di silenzi, di scorci e di
vedute che ci fanno sentire in pace con
noi stessi. E’ raro concedersi il tempo e lo
spazio per ascoltare queste sensazioni nel
bel mezzo della quotidianità, che esige
ritmi, frequentazioni, decisioni e attività di
un certo tipo, quasi sempre funzionali ad
uno scopo e un obiettivo da raggiungere.
Creare le condizioni per assecondare
un richiamo è un lusso che può sembrare
superfluo. Eppure ognuno di noi ha provato almeno una volta il potere calmante
che la vista del mare procura, il piacere
profondo di affondare i piedi nell’acqua
di un torrente, la magia di chiudere gli
occhi nel vento, l’incanto di sdraiarsi su un
prato, di confidare un segreto alle fronde
degli alberi, il benessere profondo di con-
templare il sole che muore dietro alle
colline...
Al di là della professione in cui ci
identifichiamo, del luogo dove siamo nati
o dove abbiamo scelto di vivere, forse
facciamo parte di qualcosa di più grande. Ed è naturale e salutare rispondere,
quando la terra chiama.
Questo numero è dedicato alla scoperta di una terra di confine e di alcuni dei
suoi artisti: benvenuti in FVG! (di D. Bestetti)
SOMMARIO
1
Arte 2
Musica
3
Performance 4
I Quaderni nel mondo 5
Editoriale ANNO 2 N. 2 GIUGNO 2010
Redazione Italia
Nuova Scena Antica
RIVISTA TRIMESTRALE
direttore responsabile SILVIO DA RU’
project & art director DANIELA BESTETTI
I Quaderni di Nuova Scena Antica
nascono per raccogliere gli incontri
significativi avvenuti nel panorama
artistico contemporaneo internazionale
ARTE
MUSICA
PERFORMANCE
I Quaderni di
I Quaderni - editoriale
Nuova Scena Antica 2010
Alcuni diritti riservati
www.nuovascenaantica.it
pag.1
“Senza titolo” di Lauren Moreira
“La Torre” di Nancy Rossit
Moreira, Rossit, Ruzzier
Nella cornice incantata di Strassoldo, un antico borgo medioevale nel comune di
Cervignano del Friuli (UD), si trovano il Castello di Sopra e il Castello di Sotto, due tra le più
antiche dimore della regione. Gli edifici che compongono la proprietà si trasformano
all’occorrenza in location per mostre, eventi, performance, installazioni. E’ in uno di questi
edifici, la Cancelleria, che abbiamo scoperto gli artisti che vi presentiamo.
Lauren Moreira
Senza titolo 2006-2009. Argilla
...”Nel mondo di Moreira tutto è in movimento, sussulto vitale della materia, che sfugge al
pieno controllo dell’artefice nelle incognite che la ceramica riserva in fase di cottura. (…)
L’argilla, lavorata con la tecnica raku, si piega in spirali che mantengono margini irregolari (…) si flette in volumi ovoidali che trasmettono la sensazione sottile di un pulsare interno, quasi che l’equilibrio ottenuto sia ancora suscettibile di trasformazioni (…) nella convinzione, ancora più radicale, che l’opera vera consiste non nella sua forma definitiva ma
nella serie d’approssimazioni per raggiungerla…”
(da “Sottrazioni di peso” di Fulvio Dell’Agnese)
Nancy Rossit
La sposa di marmo: Ginevra - Odorico - La Torre 2009. Tecnica mista su cartoncino
Volevo rappresentare una storia che fosse patrimonio culturale di queste terre, tradizione
orale di questo popolo. Mentre facevo ricerche sulle fiabe friulane, la contessa Ombretta
Strassoldo mi raccontò la leggenda di Ginevra. Me ne innamorai subito. Un antico racconto che nella sua dolcezza ricreava l’atmosfera che stavo cercando...
La leggenda narra che nel 1344 Ginevra di Strassoldo andò in sposa al conte Odorico di
Villalta. Secondo un’antica consuetudine, Odorico partì dal castello di Strassoldo per
raggiungere il suo maniero, dove avrebbe atteso la sposa. Sulla strada per raggiungerlo,
Ginevra fu vittima di una imboscata tesale dal conte Federico di Cuccagna al quale in
precedenza era stata promessa in sposa dal padre. Cuccagna la fece prigioniera e
cercò di usarle violenza ma, come per magia, non riuscì a stringere che una statua di
marmo e, accecato dall’ira, impazzì. Dopo settimane di ricerche, il povero Odorico riuscì
a sgominare il conte Cuccagna e a ritrovare nella torre della rocca una meravigliosa
statua di marmo con le fattezze di Ginevra. La leggenda vuole che grazie al bacio appassionato di Odorico il marmo divenne carne ed egli ritrovò la sua bellissima sposa.
Alessandro Ruzzier
Nemeria 2009. Video, oggetti, materiali organici
“…arrivati sui terreni fangosi cominciano a costruire le serre. Abbassano le chiuse e l’acqua nei canali lentamente comincia a salire. Alcuni preparano cesti con foglie di robinia
e castagno. Gli abitanti di Nemeria sono sempre gli stessi, o meglio, lo stesso numero. Per
ogni morte c’è una nascita. Questo fa sì che non servano nuove sedie, nuove scarpe,
nuove lampade, nuove case. Ogni cosa a Nemeria è sempre stata la stessa. Lo stesso
arco sorregge il balcone del municipio, lo stesso muro divide i giardini dalla centrale elettrica, la stessa salita conduce alla locanda in fondo alla piazza. Nemeria nasconde un
segreto: sotto la superficie su cui è stata costruita, la città si sviluppa in modo simmetrico.
Per meglio intendere queste parole bisogna pensarla appoggiata su un lago. L’immagine
riflessa compone la metà nascosta agli occhi…”
(da Nemeria di A.Ruzzier)
I progetti e le opere degli artisti sono tratti dal catalogo della mostra 09.10 rassegna
di arte contemporanea di Artecorrente, a cura di Orietta Masin e Fulvio Dell’Agnese.
I Quaderni - arte
“Nemeria” di Alessandro Ruzzier
ARTE
ZOOM ON LAUREN
Nasce in Brasile, a Belém in Amazzonia. Scopre la ceramica da adolescente, frequenta studi di architettura, ma
all'arrivo in Italia la ceramica diventa
la sua attività principale. Si concentra
sulla materia prima, attraverso la lavorazione dell'argilla a colombino,
senza smalti. Si ispira alla ceramica
primitiva degli indios dell'Amazzonia,
e più in generale alle sue radici. Sceglie il raku nudo per la sua essenzialità: terra e fuoco, nient'altro. Le forme
e la rifinitura sono completamente
fatte a mano. Vive a Frisanco (PN).
ZOOM ON NANCY
Nata nel 1977 a San Vito al Tagliamento (PN). Grafica digitale ed illustrazione sono alla base delle sue
opere nelle quali tecniche tradizionali
e computer grafica si fondono assieme, dando vita a sintesi creative,
ludiche ed immaginifiche. Vive a San
Vito al Tagliamento (PN).
www.nancyrossit.blogspot.com
ZOOM ON ALESSANDRO
Nato a Trieste nel 1967. Fotografa
come pratica essenziale. Propende per
una filosofia del fare non disgiunta dal
pensiero. E’ sensibile alle visioni e allo
stesso tempo affascinato dal documento, come parti reciprocamente necessarie alla costruzione della sua cosmogonia. Lavora sulla storia, sull’apparato scenico che gli permette di
includere e mostrare gli esiti della
raccolta. Crede sia importante dare
una storia al senso delle cose, piuttosto che dare senso a una storia.
Vive a Gorizia.
www.alessandroruzzier.it
pag. 2
MUSICA
ZOOM ON FLK
1. Il vostro maggior pregio
Essere restati tutti degli ultraquarantenni con cuore di bambino, che quando
si incontrano, per musica o un bicchiere
di vino, è sempre una festa.
2. Il vostro peggior difetto
Essere fermamente convinti che in
paese friulano dovrebbe esserci
via o una piazza dedicata agli
Questo mentre siamo ancora in
ovvio.
FLK in concerto. Foto by Mamo
FLK in concerto. Foto by Mamo
FLK (gruppo musicale)
Qualche volta succede di ascoltare brani musicali senza comprendere le parole
perché non sono nella nostra lingua, e di rimanere catturati dai suoni, dalle atmosfere,
dalla magia di una voce, lasciandoci trasportare oltre i confini del già noto. Qualche
volta durante questi viaggi, brevi ma intensi, capita anche di guardare con gli occhi di
qualcun altro particolari e storie che ci nutrono e ci commuovono.
Devo la poesia di momenti indimenticabili viaggiando alla scoperta della terra friulana all’ascolto di un gruppo musicale in particolare: gli FLK.
Letteralmente e “ideologicamente” qual è il significato di FLK?
FLK: Letteralmente significa Furlan Liberation Kongress. Ma è un’estremizzazione e una
burla a noi stessi. E’ stato per darci importanza. In realtà il nostro nome da suonatori di
liscio negli anni ‘80 era Mitili Folk. Abbiamo fatto cadere i mitili e la “o” di folk et voilà.
Non è stata un’ideologia di fondo a spingerci verso la musica e la musica di quel tipo,
fatta in lingua friulana, cioè. Credo che, misteriosamente, sia stata la lingua a sceglierci,
a chiedere attenzione. Noi siamo stati uno strumento e in realtà eravamo consapevoli
solo in parte di ciò che stavamo facendo, della piccola rivoluzione che abbiamo innescato. Poi, a posteriori, abbiamo spiegato tutto - io ci ho scritto pure un libro - ma la verità
è che per anni abbiamo suonato come in trance, presi solo da noi stessi e da un progetto
confuso ma vincolante, diverso nella testa di ognuno di noi. E per questo molto, molto
affascinante.
In un mondo che tende alla globalizzazione, cosa rappresenta l’utilizzo della lingua
friulana nei testi delle vostre canzoni?
FLK: Io credo che l’identità - perché è di questo che alla fine si parla - non sia né affermazione né negazione. Sia perdita. Perdita di una parte di sé che andrà a nutrire quelli che
verranno dopo. E’ per questo che esistiamo, per nutrire chi ci supera. E allora, con queste
premesse, la lingua friulana nella cosiddetta globalizzazione ci sguazza alla grande.
Perché non è lingua di concetti, come l’italiano, ma è lingua di emozioni e di allusioni, di
affermazioni lapidarie dove non serve cercare un senso più profondo, perché è già insito
nella parola stessa. Il friulano non è lingua di filosofia, ma di poesia.
Che differenza c’è tra un concerto live e la sala di incisione?
FLK: La differenza che c’è tra una cosa molto divertente e che dura troppo poco, e una
cosa necessaria ma noiosetta e che a volte dura troppo.
Che cosa vi spinge alla creazione di un nuovo lavoro?
FLK: Personalmente l’inquietudine. A volte la stanchezza di me, la ricerca di novità, la
noia, un desiderio represso. Un sacco di cose e neppure tutte positive. Ma questo è anche il gioco dell’arte ed è inutile nascondercelo.
Tradizione/innovazione. Radici/progresso. Come risolvete questa tensione?
FLK: Non risolvendola. Lo so, ho scelto la risposta più ovvia, però è soprattutto così. Le
tensioni non si risolvono, perché una risoluzione, una soluzione non c’è. Trovo che molto
del lavoro degli FLK, che pure ha rovesciato come un guanto il panorama musicale friulano, sia molto tradizione e abbia, scusa il paradosso, le sue radici nel progresso.
E’ quello che si potrebbe chiamare “memoria del futuro”.
(intervista al gruppo con Stefano Montello del 05.06.2010)
La formazione attuale degli FLK comprende: Cristina Mauro (voce), Deborah Cutugno
(voce), Daniele Flaiban (chitarra elettrica), Marco Furlan (batteria), Loris Luise (percussioni, voce), Stefano Montello (chitarra acustica, voce), Flavio Zanier (basso, pianoforte,
voce).
I Quaderni - musica
ogni
una
FLK.
vita,
3. Progetti per il futuro
Come FLK nulla. Il momento è strano.
Non è questione di creatività, ma di
ambiente. La musica conta sempre
meno e sempre meno sono i posti
dove poterla fare con dignità, davanti
a qualcuno che davvero ti ascolta.
Bio in sintesi di FLK
Nati sull’onda dell’etnopop, gli FLK (già
Mitili Folk e poi Mitili flk) sono il gruppo musicale che ha ricevuto fino ad
oggi in Friuli maggiore riscontro a livello
nazionale. Dopo un primo periodo di
folk estremo, la band si indirizza verso
sonorità word: la partecipazione al
Premi Friûl, vinto con Balade dal Pizighet, diventa lo spunto per un filone
compositivo che si concretizza nel ‘93
con il primo album Ratatuie. Il secondo,
Colôrs, suscita immediatamente l’interesse della critica nazionale e internazionale: ad Arezzo Wave gli FLK vengono
giudicati fra i più significativi gruppi
italiani degli anni ’90, conquistandosi
una presenza su Videomusic, passaggi
su Radio Popolare, citazioni in Stereonotte ed in altre trasmissioni radiofoniche Rai. Nel ’97 esce il terzo album, Re
Noir, con recensioni e diffusioni radiofoniche in Gran Bretagna, Svezia e Norvegia; la promozione porta il gruppo
ad esibirsi nei festival e nelle rassegne
musicali più importanti d’Italia. Nel
2000 esce Sun, album nato dall’esperienza di viaggio di un tour in Sudamerica; a maggio il lavoro definitivo della
band viene presentato nella prestigiosa
cornice del Teatro Nuovo Giovanni da
Udine. In seguito le apparizioni si sono
rarefatte, lasciando posto alle produzioni dei singoli elementi del gruppo e a
progetti ibridi di teatro, musica e letteratura. Nel ’07 esce Dancing Calipso, che
si avvale della collaborazione del poeta
Pierluigi Cappello (vincitore del premio
Bagutta 2006), del cantante Maurizio
Tatalo, e di altri musicisti friulani di alto
livello, con canzoni in lingua italiana
oltre che friulana e nuove sonorità, che
esaltano le qualità vocali della cantante
Cristina Mauro.
www.myspace.com/mitiliflk
pag. 3
PERFORMANCE
ZOOM ON AREAREA
1. Il vostro maggior pregio
Non essere commerciali, perseguire
le nostre intuizioni e collaborare uniti
alla loro realizzazione. Non scendere
a compromessi.
2. Il vostro peggior difetto
Pensare che questa virtù verrà un
giorno riconosciuta.
“Nè capo nè coda” . Foto Alessandro Rizzi
“Ballata”. Foto Alessandro Rizzi
Arearea (compagnia di danza contemporanea)
Nella città di Udine c’è uno spazio particolare, luminoso ed accogliente, dove le
persone vanno per studiare danza, per assistere a performance e spettacoli, per incontrare maestri con cui approfondire il proprio percorso di ricerca sul movimento e l’espressione corporea. Benvenuti a Lo Studio.
Come nasce la vostra compagnia e perché avete scelto questo nome?
A: La compagnia Arearea è una realtà decennale che ha vissuto diverse trasformazioni,
riassetti, ridisegnazioni al suo interno. I primi passi sono stati mossi da Roberto Cocconi e
dalla sua lucente carriera nel panorama italiano, attraversata, tra gli altri, da Carolyn
Carlson e dalla compagnia Sosta Palmizi. Il suo rientro a Udine dopo anni di esperienze
internazionali ha unito amanti e professionisti del mondo teatrale udinese. Fabrizio Zamero, Alessandro Rizzi e Giordano Casco sono stati i primi sostenitori, portando Arearea a
trovare una cifra artistica nuova nella regione.
Da sempre Arearea ha aperto le sue competenze a nuove anime artistiche, giovani e
meno giovani, instaurando collaborazioni fertili con il tessuto musicale, teatrale e visivo
della zona. Peregrina e libera da istituzioni, si è esercitata nella ricerca in vari spazi di lavoro e con l'aiuto di diverse associazioni. Trova radici mobili nel 2007, aprendo in autonomia un progetto strutturato e costruendo Lo Studio, spazio che ospita le creazioni di due
importanti figure professionali: Luca Zampar e Marta Bevilacqua. Al di là di ogni verticismo
artistico, Arearea si caratterizza per sperimentazione e diversità progettuali, favorendo la
crescita di giovani danzatori emergenti, come Valentina Saggin e Anna Giustina.
Arearea è un gioco, e nulla è più serio del giocare, che rispecchia il senso del suo stesso
nome. Gli arearea sono dei giocatori, e arearea in tahitiano significa gioco divertito...
Cosa contraddistingue il linguaggio della danza contemporanea dagli altri linguaggi performativi?
A: La danza è per eccellenza una forma d'arte che ha aperto la performatività. In quanto attività che non può essere svincolata dalla presenza di chi la mette in atto e di chi la
osserva, la danza contemporanea è rottura e invenzione.
La sua centralità è il corpo con le sue capacità di trasfigurazione. Il danzatore è un'opera
d'arte vivente, afferma Nietzsche.
Che cosa vi muove alla creazione di una nuova coreografia?
A: La coreografia è solo una delle componenti del nostro lavoro. Per noi coreografia è
scrittura, una modalità per esprimere un'idea, per materializzare una visione, un modo per
portare il corpo in posti altri, superando quelli in cui si è. Per rispondere: una coreografia è
ispirata da uno squarcio del quotidiano, da una sorpresa d'improvvisazione, da una condizione emotiva che scaturisce.
Qual è il vostro rapporto con lo spettacolo dal vivo?
A: Non amiamo parlare di spettacolo, ma di teatro. Lo spettacolo dura il tempo dell'esecuzione; il teatro inizia quando lo spettacolo finisce, quando gli spettatori si alzano delle
poltrone e sentono una vibrazione soggettiva e rielaborativa. Perciò il rapporto con il
pubblico è linfa per noi. Il teatro non esiste senza il pubblico, il teatro è un atto profondo
di condivisione: un atto collettivo. Capiamo il nostro lavoro solo quando lo manifestiamo.
Occupandovi anche di formazione, quale consiglio dareste ad un allievo che si
accinge alla danza oggi?
A: Quello che proviamo a veicolare nei nostri corsi di formazione, al di là delle parole, è
una forma di libertà che la danza in sé trattiene. Danzare è provare meraviglia! E' meravigliarsi di sé e degli altri. Con una punta critica diremmo all'”allievo” di non essere allievo;
di mettere in campo tutte le forze nascoste, di sperimentare, di non fossilizzarsi in un genere, in un insegnamento, in una realtà scolastica o accademica.
(intervista alla compagnia del 25.05.2010)
I Quaderni - performance
3. Progetti per il futuro
Innesti_il corpo tecnico, terzo capitolo
della trilogia Libro di Carne.
Bio in sintesi di Arearea
Fondata nel 1992 dal coreografo e
danzatore Roberto Cocconi (già membro della compagnia Teatro e Danza
La Fenice di Venezia - direzione Carolyn Carlson e fondatore del gruppo
Sosta Palmizi), la compagnia sviluppa
un linguaggio artistico personale,
dimostrando un’attitudine alle collaborazioni trasversali con artisti delle
più diverse estrazioni. Dal 2002 al
2006 lavora in residenza agli SpaziOff di Fagagna (UD); nel 2007
apre a Udine Lo Studio, luogo alternativo di formazione per indagare la
corporeità nel fare artistico ed educativo attraverso corsi, seminari, workshop, rassegne di danza contemporanea e teatro-danza. Sostenuta dalla
Regione Friuli Venezia Giulia e dalla
Provincia di Udine, Arearea è riconosciuta dal Ministero per i Beni e le
Attività Culturali.
Membri stabili attuali della compagnia sono: Roberto Cocconi (direttore
artistico), Luca Zampar (coreografo e
danzatore), Marta Bevilacqua (coreografa e danzatrice), Valentina
Saggin (danzatrice).
Tra le numerose produzioni realizzate
dal 1992 ad oggi, ricordiamo: Un
chilo di mele basterà…, a Rebours,
Box Two, Indefinito, Ballata, Reliquia_il corpo santo, Nervi_il corpo
eroico, Le mura, Né capo né coda.
Sito ufficiale:
www.arearea.it
Video della compagnia:
http://www.youtube.com/user/
CompagniaArearea
http://www.vimeo.com/user198
7622/videos
LO STUDIO
Via Fabio di Maniago, 15
33100 UDINE
tel e fax 0432 600424
mailto: [email protected]
pag. 4
Ed ora la parola ai nostri portavoce dall’estero
per scoprire cosa succede nel resto del mondo.
I Quaderni
nel mondo
(ES) Daniela De Marchi
In questo numero Daniela ha scelto per noi
BEATRIZ DEL POZO. Bailaora de flamenco.
Tu formación es de un lado clásico-musical (estudiaste piano en
Viena) y del otro de bailaora de flamenco. Como concilias el lado
dionisíaco del flamenco con el carácter más apolíneo de la música
clásica?
BDP: La música culta del Romanticismo y el Flamenco tienen mucho en común. El Flamenco es una forma musical y de baile absolutamente romántica. Es un arte que parece natural, espontáneo y salvaje, pero en realidad requiere estudio y profesionalidad.
Tiene una base muy estilizada, producto de siglos de tradición más elaborada, sin perder
su raíz tipicamente popular.
A tus alumnos siempre dices que el flamenco viene de las entrañas, de la tierra…
BDP: Sí, es cierto. Viene de la parte baja del estómago, que corresponde al Segundo
Chakra. Es una forma extrema de cantar y de bailar. Por eso parece tan poderoso, tan
auténtico. El Cante Flamenco es difícil de entender por su extrema agresividad, por su
dulzura desacostumbrada que no sabes si te va a dar un beso o te va a reñir.
Si tuvieras que resumir en tres palabras lo que te aporta el bailar flamenco, cuales
serían?
BDP: Autoestima, belleza y sabiduría. El mundo del piano clásico del cual provengo era
muy duro, me limitaba en mis relaciones sociales. Yo era demasiado retraída para sobrevivir allí. El ambiente del Flamenco es muy abierto, pertenece a todas las capas sociales
y culturales. El Flamenco me da recompensas inmediatas, el público no se espera a que
acabe la pieza para decir “¡Olé, Bravo!“. El Flamenco me da poder, me hace creerme
hermosa y digna de ser amada. Me ayuda a ser más fuerte para entender mejor la vida
y el sufrimiento. Enfin, me hace feliz.
(di Daniela De Marchi)
http://beatrizdelpozo.com
http://levocador.com
C‘era una volta un
popolo che ritrovava le piste nel deserto cantando
melodie ancestrali.
“La terra deve
prima esistere come concetto mentale. Poi la si deve cantare. Solo
allora si può dire che esiste… Gli
aborigeni credono che una terra
non cantata sia una terra morta: se
i canti vengono dimenticati, la terra
ne morirà… Non esistono piste
senza un canto. Il canto e la terra
sono un tutt‘uno… Gli uomini del
Tempo Antico percorsero tutto il
mondo cantando; cantarono i fiumi
e le montagne, le saline e le dune
di sabbia… In ogni punto delle loro
piste lasciarono una scia di musica…”. Da Chatwin Le vie dei canti.
Nelle lingue aborigene c‘è una sola
parola per indicare Madre, gli Spiriti
degli Antenati e la Madre Terra.
In Australia oggi vivono solo 500.000
aborigeni, il 2,6% della popolazione.
Ha forse vinto l‘antimusicalità
dell‘uomo occidentale?
http://it.wikipedia.org/wiki/Aust
raliani_aborigeni
www.danielademarchi.es
In questo numero Sergio ha scelto per noi
(BR) Sergio Nunes Melo
TOMAZ VIANA. Graffiti painter.
In my two months in Rio de Janeiro, the most impressive artistic contribution to the city’s landscape I have seen is definitely Toz’s cheerfully
colourful graffiti. Born in Bahia, northeast of Brazil, Toz (Tomaz Viana)
has adopted Rio as his home and, despite having become a darling of
art galleries and critics, he goes on grafitizing walls that would look dull white otherwise or
simply be the “canvases” for a less remarkable style of what we could call public urban
artwork.
Thus, Toz can choose a wall in the Botanical Garden, a train in the suburbs or a shanty
town, and leave valuable signs of his visionary territorialisation behind. A skater at heart,
Toz indeed gives substance to a relaxed and yet vigorous poetics of the space. Again,
globalization is there: Japanese-inspired pop characters reveal how hybrid the twentyfirst century culture is.
Follow the link http://www.galeriamovimento.com/blog/?cat=6
and find the most recent graffiti he has produced on the wall of Vila Hípica, a select club
of horsemen in the neighbourhood where I have been living.
Scrolling down the page, you will also see the plastic figurines created out of his characters. If everything becomes commercialization in the end, I have now come to understand that, sometimes, it is inevitable as a form that the gods have to reward those who
really dare to bring newness to the planet and make a living out of this.
(di Sergio Nunes Melo)
http://www.galeriamovimento.com/blog/?cat=6
I Quaderni nel mondo
Dopo la conclusione
del mio PhD a Toronto, sono tornato a
Rio de Janeiro, la
città dove sono nato
in Brasile. Ritornare al
paese che gli altri
chiamano “la tua casa” dopo sei
anni e un’unica visita nel 2006, per
me è significato arrivare in una
comunità contemporaneamente
conosciuta e estranea. Ci sono
cose che non cambiano mai, come
il contrasto sociale che va dallo
sfarzo di certi palazzi alle favelas; ci
sono i segni della globalizzazione:
segni chiari, come la comunicazione mobile, i musical importati da
Broadway, e “il mito” che regge le
mosse più importanti delle vite di
ognuno. Tornare nella propria terra... In questo momento di transizione, mi preparo per “l’opera del
caso totale” e accolgo il caos in
me. Quali attività mi definiranno nei
prossimi anni? To be continued...
pag. 5
Nuova Scena Antica
I Quaderni di
RIVISTA TRIMESTRALE
ANNO 2 N. 2 GIUGNO 2010
IN QUESTO NUMERO
Hanno collaborato
Daniela De Marchi (ES), Sergio Nunes Melo (CA)
Desideriamo ringraziare
Lauren Moreira, Nancy Rossit, Alessandro Ruzzier
Cristina Mauro e Stefano Montello,
Marta Bevilacqua, Roberto Cocconi, Luca Zampar, Federica Giuliano
Fabrizio Spica
ARTE
MUSICA
PERFORMANCE
Il prossimo appuntamento è per settembre 2010
con un nuovo numero de I QUADERNI
Arrivederci
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I Quaderni di Nuova Scena Antica
pag. 6
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