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7. CUSCINETTI VOLVENTI
I cuscinetti volventi, in base all’angolo che la congiungente i punti di contatto tra i corpi volventi e gli
anelli forma con l’asse, possono essere così suddivisi:
1. Cuscinetti radiali
2. Cuscinetti assiali
3. Cuscinetti obliqui
Poiché i cuscinetti a rotolamento sono organi di massima precisione e delicatezza, si comprende come il
loro perfetto funzionamento sia legato alla scrupolosa osservanza delle norme di montaggio.
La prima regola da rispettare è l’adozione degli accoppiamenti opportuni fra gli anelli interni ed esterni
e le loro sedi. A tal riguardo occorre tenere presente che se un anello deve ruotare rispetto alla direzione
del carico lo si deve montare con un accoppiamento abbastanza serrato per impedire la lenta rotazione
dell’anello rispetto alla sede. D’altro canto si deve ricordare che i forzamenti con interferenza
provocano un aumento del carico sui corpi volventi; perciò quando gli anelli devono essere montati con
interferenza, questa deve essere sempre accuratamente verificata per contenere il sovraccarico indotto
entro limiti tollerabili.
Sempre per evitare sollecitazioni anomale, si deve prestare molta attenzione affinché l’asse dell’albero e
delle sedi coincidano perfettamente con l’asse del cuscinetto. Si dovranno quindi minimizzare sia gli
errori di eccentricità, sia quelli di parallelismo e, qualora tali errori non possano essere adeguatamente
contenuti, si dovrà ricorrere inevitabilmente a cuscinetti di tipo orientabile.
Norme di montaggio
Montaggio dei cuscinetti radiali
Nelle applicazioni dei cuscinetti radiali, siano essi a sfere o a rulli, si deve tener presente che il compito
di bloccare assialmente l’albero dovrà essere affidato ad un solo cuscinetto, mente gli altri devono
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essere scelti e montati in modo da non reagire a spinte assiali; ciò per evitare che rialzi termici,
conseguenti a funzionamento con velocità elevate, diano luogo a carichi insopportabili.
Montaggio dei cuscinetti obliqui
I cuscinetti obliqui possono essere montati in due modi:
1. Montaggio ad O
2. Montaggio ad X
Montaggio a O
In questo caso la registrazione si effettua generalmente sull’anello interno che perciò deve essere
calettato a spinta (h6). Questo tipo di montaggio è generalmente usato per basse frequenza di
rotazione (n < 1000 rpm)
Montaggio a X
2
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In questo caso la registrazione si effettua generalmente sull’anello esterno e, poiché è possibile
montare l’interno con un accoppiamento bloccato, questa disposizione è particolarmente indicata per
frequenze di rotazione elevate (n > 1000 rpm)
I due tipi di montaggio si differenziano anche per la diversa rigidezza che conferiscono al supporto. Il
montaggio ad O, allontanando i centri di spinta, conferisce a tutto il supporto una maggiore rigidezza.
E’ da notare inoltre che nel montaggio ad O le dilatazioni assiali dell’albero, conseguenti al
riscaldamento, tendono a diminuire il precarico, al contrario, nel montaggio a X le dilatazioni assiali
dell’albero aumentano il precarico.
Montaggio in coppia dei cuscinetti a sfere a contatto obliquo
In funzione delle esigenze dell’applicazione, i cuscinetti possono venire sistemati in tre modi diversi
come indicato nella figura sotto riportata.
Nella disposizione in tandem il carico è sopportato in eguale misura da ciascun elemento della coppia.
Per quanto riguarda i carichi assiali, i due cuscinetti possono reggere solo quelli diretti in un unico
senso e generalmente devono venire montati in opposizione ad un terzo cuscinetto che sopporta i carichi
in senso opposto.
Nella disposizione ad O le rette di contatto divergono verso l’asse dei cuscinetti. Il carico assiale viene
sopportato in entrambi i sensi però da un solo cuscinetto per volta. La disposizione a O costituisce
un’applicazione relativamente rigida, che può reagire anche a momenti ribaltanti.
Nella disposizione a X le rette di contatto convergono verso l’asse dei cuscinetti. Anche in questo caso
il carico assiale viene sopportato in entrambi i sensi, però da un solo cuscinetto alla volta. Questa
disposizione è meno rigida della disposizione ad O ed è quindi meno adatta a reagire ai momenti di
ribaltamento.
Montaggio dei cuscinetti assiali
I cuscinetti reggispinta vanno montati lasciando all’anello fisso un gioco radiale che ne permetta il
libero spostamento sulla sede piana di appoggio.
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Qualora il cuscinetto assiale possa funzionare, anche per brevi istanti, a velocità elevata e sotto carichi
molto bassi, è conveniente applicare alle sfere, mediante molle, un precarico iniziale in modo da
impedire il reciproco allontanamento degli anelli che potrebbe consentire una parziale caduta della
gabbia.
Quando non si possa fare affidamento su una perfetta quadratura fra i perni d’appoggio e l’albero, è
indispensabile usare cuscinetti assiali orientabili.
In questo caso si ricorre per lo più all’adozione simultanea di un cuscinetto radiale orientabile e di un
reggispinta a sede sferica cercando, se possibile, di prevedere le posizioni relative dei cuscinetti in
modo che essi abbiano lo stesso centro di oscillazione. Necessità di spazio possono però anche imporre
la rinuncia a tale coincidenza.
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Cuscinetti montati su scatole divise in due metà
Quando il cuscinetto è alloggiato entro una scatola divisa a metà non deve assolutamente rimanere
Gioco tra il cappello e il corpo della scatola. In caso contrario una chiusura energica delle viti di unione
potrebbe produrre una ovalizzazione dell’anello esterno, provocando un forte sovraccarico in due zone
diametralmente opposte.
Per evitare questo inconveniente occorre tornire i supporti dopo aver ben lavorato le superficie di
contatto del cappello e del corpo e bloccato le due metà per mezzo di viti di unione.
Alloggiamento realizzato in materiale tenero
Nel caso in cui l’alloggiamento sia ricavato da un getto in materiale tenero (ad esempio alluminio) è
consigliabile, se le sollecitazioni sono elevate, riportare una bussola in ghisa o acciaio in modo da
creare una sede che non sia suscettibile a deformarsi o a guastarsi rapidamente.
Qualora comunque si rinunci all’adozione di una bussola riportata, si deve tener presente che, nel caso
di alloggiamenti in lega leggera, vanno scelti accoppiamenti più stabili che non per le sedi in acciaio e
ghisa, e ciò per realizzare un alloggiamento sufficientemente rigido.
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Trasmissioni lunghe
Nelle trasmissioni lunghe si fissa assialmente il cuscinetto alloggiato in uno dei supporti situati verso
la mezzeria; in quelle di lunghezza limitata si fissa il cuscinetto del supporto più caricato, perché
conviene che i cuscinetti chiamati a permettere scorrimenti longitudinali siano ostacolati in ciò il meno
possibile dal carico da essi portato. I cuscinetti vengono in generale fissati con una bussola conica di
calettamento; si osservi la regola che il cuscinetto deve essere possibilmente orientato in modo che il
senso della filettatura della bussola risulti contrario a quello di rotazione dell’albero.
Raccordi
Il raccordo fra la sede e lo spallamento dovranno avere un raggio minore di quello degli anelli,
altrimenti questi non potrebbero assumere la giusta posizione.
Dato però che più è ampio il raccordo tra albero e spallamento tanto più favorevole risulta la
distribuzione delle tensioni, soprattutto per alberi molto sollecitati, può essere indispensabile preveder
un raccordo più ampio di quello dell’anello interno. In tal caso tra l’anello interno e lo spallamento si
deve sistemare un distanziale che offra all’anello stesso una superficie d’appoggio estesa e che non
interferisca con il raccordo.
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Spallamenti
L’altezza dello spallamento deve rispettare le indicazioni fornite dal costruttore che ne fissano l’altezza
minima e massima.
Se per ragioni speciali si fosse vincolati a ad avere l’altezza dello spallamento sensibilmente inferiore a
quella normalmente richiesta, si può rimediare utilizzando un anello ausiliario in modo da formare uno
spallamento sufficiente.
Sono ammessi anche spallamenti maggiori di quelli normalmente previsti; in questi casi occorre però
prevedere o degli smussi , oppure delle fresature che permettano agli estrattori di agire sulla faccia degli
anelli quando occorra smontarli.
Per i cuscinetti a rulli cilindrici le dimensioni degli spallamenti vanno fissate tenendo conto della
possibilità di sfilare l’albero senza la necessità di smontare l’anello interno.
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Supporti d’estremità
Le figure sotto riportate si riferiscono al bloccaggio di anelli esterni in cuscinetti di estremità.
La soluzione (a) è la più diffusa ed è costituita da un dado filettato che blocca assialmente l’anello
interno. Tra il dado e l’anello è posta una rosetta di lamiera con un dente sul bordo interno che entra in
una apposita scanalatura dell’albero, e, in genere, cinque denti sul bordo esterno, uno dei quali va
ripiegato in corrispondenza di uno dei quattro intagli del dado. In tal modo, effettuato il serraggio, viene
assicurata la posizione del dado.
La soluzione (b) rappresenta un bloccaggio effettuato con dado e controdato.
Quando però si è in presenza di sforzi assiali particolarmente elevati, e nel caso di cuscinetti con foro
maggiore di 70 mm, conviene adottare la soluzione (c) costituita da una piastra assicurata frontalmente
all’estremità dell’albero con tre viti, a loro volta assicurate con un lamierino di sicurezza.
Supporti non d’estremità
Se l’albero non termina in corrispondenza del cuscinetto, ma si prolunga oltre, si può adottare una
soluzione come la (d), oppure se un altro elemento di macchina è montato vicino al cuscinetto si può
bloccarlo con un distanziale (e).
A volte si può bloccare l’anello interno semplicemente con un anello elastico inserito in un’apposita
scanalatura dell’albero, a condizione che questa scanalatura non pregiudichi la resistenza dell’albero
stesso.
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Accoppiamenti
I fattori più importanti da prendere in considerazione al momento della scelta degli accoppiamenti sono
i seguenti:
1. Condizione di rotazione
1.1. Carico rotante
Si ha una situazione di carico rotante quando l’anello ruota e il carico è fermo oppure
quando l’anello è fermo e il carico ruota in modo che, durante un giro, tutti i punti della pista
risultino sollecitati.
Un anello sottoposto a carico rotante, se montato con un accoppiamento libero ruoterà
rispetto alla sede provocando usura delle superficie a contatto. Occorre pertanto prevedere
un accoppiamento forzato il cui grado di interferenza verrà stabilito in base alle condizioni
di funzionamento.
I forti carichi oscillanti, quelli che agiscono ad esempio sugli anelli esterni dei cuscinetti per
bielle, vengono generalmente considerati carichi rotanti.
1.2. Carico fisso
Si ha una situazione di carico fisso quando l’anello del cuscinetto è fermo e lo è pure il
carico, oppure quando l’anello e il carico ruotano alla stessa velocità in modo che
quest’ultimo risulti sempre rivolto verso lo stesso punto della pista.
Un anello di un cuscinetto sottoposto ad un carico fisso normalmente non ruota rispetto alla
sede. A meno che altre ragioni non lo impongano, non è pertanto necessario un
accoppiamento forzato.
Quando la direzione del carico è indeterminata, e specialmente in presenza di carichi di forte entità,
è opportuno prevedere un accoppiamento forzato per entrambi gli anelli.1
2. Entità del carico
Il grado di interferenza fra l’anello e la sua sede deve essere commisurato all’entità del carico:
quanto più elevato è quest’ultimo, tanto maggiore è il forzamento richiesto.
3. Condizioni termiche
Durante il funzionamento, gli anelli dei cuscinetti normalmente raggiungono una temperatura
superiore a quella dei particolari su cui sono montati. Ciò può provocare un allentamento
dell’accoppiamento dell’anello interno sulla sua sede oppure fare in modo che l’anello esterno si
dilati fino ad assorbire il gioco che aveva rispetto all’alloggiamento compromettendo la sua libertà
di movimento in senso assiale. Nella scelta degli accoppiamenti bisogna quindi tener conto dei
gradienti termici.
4. Precisione di marcia
Quando i cuscinetti devono avere un alto grado di precisione di marcia, per ridurre al minimo i
cedimenti elastici e le vibrazioni, occorre evitare accoppiamenti liberi.
1
Qualora il carico non sia particolarmente elevato e/o l’anello esterno deve poter scorrere assialmente,
quest’ultimo può essere montato con un accoppiamento più libero.
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Tab. 7. 1
Tab. 7. 2
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Tolleranze di lavorazione delle sedi
E’ della massima importanza che le
superficie delle sedi siano lavorate con la
massima accuratezza sia per quanto
riguarda la precisione sia per quanto
riguarda la rugosità. Per gli errori di
forma è buona norma, per le applicazioni
di uso corrente, cioè quelle che si
avvalgono della qualità IT5-IT6, stare
entro la metà delle tolleranze prescritte
per i diametri; per qualità più grossolane
conviene invece stare in un campo di
tolleranza non superiore a IT5. La
massima cura deve anche essere posta
nelle lavorazioni delle superficie laterali
di appoggio dei cuscinetti le quali devono
risultare perpendicolari alle rispettive
superficie cilindriche.
Il difetto di perpendicolarità tra le superficie cilindriche e le superficie laterali d’appoggio dovrebbe
stare, nelle applicazioni normali, entro il limite di tolleranza della qualità ISO IT7 riferita al diametro
medio delle battute d’appoggio.
Lubrificazione
E’ invalso l’uso di valutare il prodotto d ⋅ n ( d diametro del foro in mm; n velocità di rotazione in rpm)
per orientarsi se sia meglio adottare la lubrificazione a grasso oppure ad olio.
Per cuscinetti a sfere o a rulli cilindrici con foro fino a 50 mm, si potrà prevedere la lubrificazione con
grasso per valori d ⋅ n uguali o inferiori a 300000÷500000 secondo il grado di precisione con il quale è
stato costruito il cuscinetto. Per cuscinetti con foro più grande, il valore limite diminuisce all’aumentare
del foro, approssimativamente secondo la relazione:
300000 ÷ 500000
d 50
Per i cuscinetti orientabili a rulli i valori limite sono circa la metà di quelli indicati in precedenza.
Si ribadisce comunque che il controllo del parametro d ⋅ n ha un valore puramente indicativo, dato che
la scelta del tipo di lubrificazione dipende da molti fattori valutabili solo caso per caso.
In genere, quando è possibile, è conveniente prevedere la lubrificazione a grasso, sia perché il
lubrificante può essere meglio trattenuto nei supporti, sia perché si possono adottare dispositivi più
semplici e quindi più economici.
Quando però la velocità di rotazione e la temperatura di esercizio raggiungono valori molto elevati,
oppure quando vi è la necessità di raffreddare il supporto per mezzo di liquido circolante, la
lubrificazione ad olio diventa insostituibile.
Lubrificazione a grasso
Il grasso non deve mai riempire completamente il supporto, altrimenti si generano, nella rotazione, dei
moti vorticosi che producono dannosi rialzi termici.
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Il periodo di tempo durante il quale un cuscinetto funziona regolarmente senza necessità di
rilubrificazione dipende dal tipo dalle dimensioni del cuscinetto stesso, dalla sua velocità e dalla
temperatura di esercizio del grasso.
Gli intervalli di lubrificazione si possono orientativamente stabilire dal diagrammo di seguito proposto
tenendo presente che i dati rilevati sono validi per cuscinetti montati su macchine fisse e in condizioni
normali di carico.
La quantità di grasso occorrente per la lubrificazione è data approssimativamente dalla formula:
G = 0.005 ⋅ D ⋅ B
con G quantità di grasso in grammi; D diametro esterno in mm; B larghezza del cuscinetto in mm.
Lubrificazione ad olio
1. Lubrificazione a bagno d’olio
E’ un tipo di lubrificazione adatto solamente per
basse velocità. Le parti del cuscinetto in rotazione
trascinano l’olio, distribuendolo per tutto il
cuscinetto, dopo di che l’olio ricade nel bagno.
Il livello dell’olio, a cuscinetto fermo, deve essere
leggermente al di sotto del centro del corpo
volvente più basso.
Aumentando la velocità, aumenta anche la
temperatura d’esercizio e viene così accelerato
l’invecchiamento dell’olio. Ne consegue la
necessità di cambiarlo di frequente.
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2. Lubrificazione a circolazione d’olio
Il lubrificante, dopo essere passato attraverso il cuscinetto, viene filtrato, eventualmente raffreddato e
poi riportato al cuscinetto. Di solito l’olio viene fatto circolare tramite un’apposita pompa.
2.1. Lubrificazione iniezione d’olio
In caso di elevate velocità di deve provvedere
affinché l’olio giunga in quantità sufficiente
alle varie parti del cuscinetto e possa dissipare
il calore dovuto all’attrito.
Un sistema di lubrificazione particolarmente
efficace è quello ad iniezione d’olio che
consiste nell’iniettare tale lubrificante da un
lato del cuscinetto. La velocità del getto deve
essere tale (> 15 m/s) da permettere che
almeno una parte dell’olio passi attraverso il
vortice d’aria generato dalla rotazione del
cuscinetto.
2.2. Lubrificazione a nebbia d’olio
Il sistema a nebbia d’olio consiste nel fare affluire al cuscinetto, tramite una corrente d’aria,
dell’olio finemente polverizzato. La nebbia d’olio è ottenuta in un apposito nebulizzatore.
L’aria compressa secca, prelevata da un impianto centrale, viene filtrata nel nebulizzatore e la
sua pressione viene regolata tra gli 0.05 e gli 0.1 MPa. La nebbia d’olio viene poi fatta affluire
mediante tubazioni ai diversi cuscinetti da lubrificare. L’aria che affluisce nel supporto serve
anche a raffreddare il cuscinetto ed a creare una leggera sovrappressione che contrasta la
penetrazione delle impurità nell’interno del supporto stesso.
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Protezione dei cuscinetti
I cuscinetti devono essere protetti in modo adeguato per impedire la penetrazione al loro interno di
umidità e sostanze estranee e per evitare la fuoriuscita di lubrificante.
L’efficacia della tenuta può avere un’influenza determinante sulla durata del cuscinetto.
Nella scelta del dispositivo di protezione più adatto per una certa applicazione occorre prendere in
considerazione molti fattori tra cui:
• tipo di lubrificante (olio o grasso);
• velocità periferica in corrispondenza della superficie di tenuta
• il disassamento dell’albero
• lo spazio disponibile
• l’attrito addebitabile alla protezione
• l’aumento di temperatura indotto dalla protezione
• il costo della protezione
Le protezioni usate nelle applicazioni dei cuscinetti volventi sono essenzialmente di due specie:
1. Protezioni non striscianti
Le protezioni non striscianti si basano principalmente sull’effetto di tenuta delle piccole luci e
possono essere disposte radialmente, assialmente oppure in ambedue le direzioni. Le protezioni di
questo tipo risultano particolarmente adatte per funzionare ad alta velocità e a temperature elevate.
La protezione strisciante di forma più semplice , sufficiente per macchine che lavorano in ambienti
asciutti ed esenti da polvere, consiste in una piccola luce radiale tra l’albero e l’alloggiamento (a).
CALCOLO A DURATA DEI CUSCINETTI VOLVENTI
Premessa
Il calcolo di un cuscinetto ha lo scopo di determinare, in funzione dell’entità e del tipo di carico, la
durata presunta del cuscinetto.
La relazione tra la durata Lh (h), la frequenza di rotazione n (rpm), il coefficiente di carico dinamico C
(N) e il carico equivalente P (N) ha la seguente espressione1:
1
Se il carico agente sul cuscinetto fosse variabile, il carico P da introdurre nella (7.1) deve essere posto pari a:
n
P=m
∑U P
i =1
n
i i
∑U i
dove Pi sono i carichi costanti per Ui giri.
i =1
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Lh =
106  C 
 
60 ⋅ n  P 
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m
(7.1)
dove l’esponente m vale:
• 3 per cuscinetti a sfere;
• 10/3 per cuscinetti a rulli.
Se il carico F gravante sul cuscinetto risulta costante in modulo, direzione e verso ed agisce in modo
puramente radiale sui cuscinetti radiali e in modo puramente assiale sui cuscinetti assiali si ha:
P=F
e tale carico P può essere introdotto direttamente nella (7.1).
In tutti gli altri casi è necessario calcolare il carico dinamico equivalente.
Il carico dinamico equivalente è quel carico ipotetico, costante come intensità, direzione e verso che, se
applicato, avrebbe sulla durata del cuscinetto rotante lo stesso effetto dei carichi agenti in realtà.
Riportiamo di seguito le procedure per il calcolo a durata dei cuscinetti rigidi radiali e dei cuscinetti a
rulli conici sottoposti a carichi costanti
Procedura di calcolo
Il carico equivalente viene calcolato come segue:
P = X ⋅ Fr + Y ⋅ Fa
dove:
•
•
•
Fr carico radiale effettivo (N)
Fa carico assiale effettivo (N)
X/Y fattori di amplificazione del carico radiale/assiale
Cuscinetti rigidi a sfere
1. Dal tipo di cuscinetto si ricava il valore di C0, coefficiente di carico statico (tabellato);
2. Si calcola il rapporto Fa C0 e in base ad esso il valore di e (tabellato);
3. Confrontando Fa Fr con e si determinano i valori di X e Y
Cuscinetti a rulli conici
1. In base al tipo di cuscinetto si ricavano il valori di e (tabellato);
2. Confrontando Fa Fr con e si determinano i valori di X e Y
Esempio 7.1
Scegliere un cuscinetto rigido a sfere ruotante a 1000 rpm che, sotto l’azione di un carico radiale
costante pari a 5000 N, raggiunga una durata di almeno 20000 ore.
Dalla (7.1) si ricava il coefficiente di carico dinamico C minimo richiesto:
Lh =
106  C 
 
60 ⋅ n  P 
m
→ C > P⋅m
Lh ⋅ 60 ⋅ n
≅ 53133 N
106
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Calcolo dei carichi assiali su coppie di cuscinetti obliqui
Vediamo ora come determinare il carico assiale sul singolo elemento di una coppia di cuscinetti obliqui
costituente un supporto.
Conviene considerare gli schemi sotto proposti riferiti rispettivamente al montaggio a O e al montaggio
a X.
Con Fai si è indicato il carico assiale sul cuscinetto i-esimo indotto dal carico radiale Fri.
Tale carico assiale si determina, in base ai coefficienti tabellati ei e Yi, secondo la (7.2).
Fai = ei Fri
cuscinetti obliqui a sfere
(7.2)
0.5 ⋅ Fri
Fai =
cuscinetti a rulli conici
Yi
Con Ka si è indicato il carico assiale esterno che si scarica sul supporto.
Indicata con Fa1 la reazione assiale massima indotta dal carico radiale, si distinguono quattro situazioni
di carico:
A. Carico assiale esterno assente
B. Carico assiale Ka concorde con Fa1
C. Carico assiale opposto a Fa1 e tale che K a < ( Fa1 − Fa 2 )
D. Carico assiale opposto a Fa1 e tale che K a ≥ ( Fa1 − Fa 2 )
Schematizzazione delle condizioni di carico: Montaggio ad “O”
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Schematizzazione delle condizioni di carico: Montaggio a “X”
Pertanto, indipendentemente dalla modalità di montaggio si riconoscono le seguenti distribuzioni dei
carichi assiali sui singoli elementi costituenti il supporto.
Tipo di carico
A
B
C
D
Cuscinetto 1
Fa1
Fa1
Fa1
Fa 2 + K a
Cuscinetto 2
Fa1
Fa1 + K a
Fa1 − K a
Fa 2
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Esempio 7.2
Sulla coppia di cuscinetti a rulli conici sotto rappresentati agisce un carico radiale di 35000 N.
Nell’ipotesi che la velocità di rotazione sia pari a 500 rpm, determinare, in prima approssimazione,
la durata in ore dei singoli cuscinetti.
Cuscinetto A1
d = 55 D = 95 X = 0.4 Y = 1.6 C = 95000 N e = 0.37
1
Cuscinetto B
d = 35 D = 80 X = 0.4 Y = 1.9 C = 81500 N e = 0.31
Tolleranze consigliate h6/N7 per gli anelli esterni e k6/N7 per quelli interni
Si suppone che il carico radiale di distribuisca uniformante tra i due cuscinetti. Si ha quindi:
FrA = FrB ≅ 17500 N
I carichi assiali indotti valgono pertanto:
0.5 ⋅ FrA
0.5 ⋅ FrB
FaA =
≅ 5469 N FaB =
≅ 4605 N
YA
YB
Dato che il carico assiale esterno è nullo si è nella condizione di carico A. I carichi assiali sui due
cuscinetti risultano pari al massimo carico assiale indotto.
Pertanto, tenuto conto della mutua azione tra i cuscinetti, i carichi radiali e assiali agenti sul
singolo cuscinetto risultano:
Cuscinetto A
Cuscinetto B
Fr (N)
17500
17500
Fa (N)
5469
5469
Fa/Fr
0.312
0.312
e
0.37
0.31
X
1
0.4
Y
0
1.9
I carichi equivalenti dei due cuscinetti risultano pari a:
PA = X A ⋅ FrA + YA ⋅ FaA ≅ 17500 N
PB = X B ⋅ FrB + YB ⋅ FaB ≅ 17390 N
Le durate dei due cuscinetti, in prima approssimazione, risultano:
1
I valori dei coefficienti X e Y sono validi se il rapporto tra il carico assiale e quello radiale risulta maggiore del
valore tabellato di e. In caso contrario si ponga X =1 e Y = 0.
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10 3
106  C A 
LhA =


60 ⋅ n  PA 
10 3
106  95000 
=


60 ⋅ 500  17500 
10 3
106  CB 
LhB =


60 ⋅ n  PB 
Elementi di Costruzione di Macchine
≅ 9372 h
10 3
=
106  81500 


60 ⋅ 500  17390 
≅ 5742 h
Esempio 7.3
La figura sotto riportata mostra una boccola ferroviaria che collega l’assale ad una ruota di
diametro pari a 1m. Determinare, prima approssimazione, la durata dei cuscinetti nell’ipotesi che il
carico sulla boccola sia pari a 87000 N e che la velocità media del carro sia di 75 km/h.
Caratteristiche dei cuscinetti d = 120 D = 260 C = 440000 N
Su ogni cuscinetto agisce un carico radiale pari a 43500 N che si assume pari al carico dinamico
equivalente.
Noto il diametro della ruota e la velocità del carro, si ricava la velocità di rotazione dell’assale:
V 75000 1
60 ⋅ ω
ω= =
= 41.6 rad/s → n =
≅ 400 rpm
R 3600 0.5
2π
La durata in ore è quindi:
10 3
106  C 
Lh =
 
60 ⋅ n  P 
10 3
106  440000 
=


60 ⋅ 400  43500 
≅ 93000 h
19
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Esempio 7.4
Con riferimento alla figura sotto riportata si determini, in prima approssimazione, la durata dei
cuscinetti nell’ipotesi che la velocità di rotazione sia di 270 rpm e che la ruota ( Φ = 250 mm) sia
assoggettata ad un carico radiale di 8000 N e ad un carico assiale, applicato alla periferia e con
verso indeterminato, pari al 20% del carico radiale stesso.
Caratteristiche dei cuscinetti: d = 30 D = 72 X = 0.4 Y = 1.9
Tolleranze consigliate: albero k6 alloggiamento M6
Di seguito viene riportato lo schema di carico
20
C = 65500 N e = 0.31
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Elementi di Costruzione di Macchine
I carichi sui cuscinetti risultano:
Carichi esterni
Carico radiale Carico assiale
Fr (N)
K (N)
6105
1600
1895
0
Cuscinetto dx
Cuscinetto sx
Carichi assiali
indotti Fa (N)
1606
499
Con riferimento ad un montaggio ad “O” ci troviamo nella condizione di carico D (al carico assiale
K orientato verso dx e applicato alla ruota, corrisponde una reazione K orientata verso sx e
applicata al perno) dato che K a > Fadx − Fasx . Pertanto tenuto conto del carico assiale esterno e dei
carichi assiali indotti i cuscinetti risultano caricati come di seguito riportato in tabella:
Cuscinetto dx
Cuscinetto sx
Carichi
Fr
Fa
6105
2099
1895
499
Fa/Fr
e
X
Y
P
0.34
0.26
0.31
0.31
0.4
1
1.9
0
6430
1895
Le durate in ore sono pari a:
Cuscinetto dx
Cuscinetto sx
Risultato del calcolo di durata
P (N) C (N)
C/P
n (rpm)
6430 65500 10.2
270
1895 65500 34.5
270
0
21
Durata (h)
142000
8000000
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 7.5
La figura rappresenta l’albero di una pompa centrifuga che ruotando a 1450 rpm elabora una
portata d’acqua pari 24 m3/min con una prevalenza di 90 J/kg.
La coppia di cuscinetti a contatto obliquo sopporta un carico assiale di 7700 N e un carico radiale
di 5900 N; il cuscinetto a rulli cilindrici fronteggia invece un carico radiale di 11000 N.
Determinare, in prima approssimazione, la durata dei cuscinetti.
Tolleranze consigliate:
Coppia di cuscinetti a contatto obliquo:
Cuscinetto radiale a rulli:
albero j5; alloggiamento J6
albero k5; alloggiamento J7
Caratteristiche dei cuscinetti
A contatto obliquo a sfere accoppiati con disposizione a X
d (mm)
D (mm)
C (N)
e
70
150
126000
1.14
Fa/Fr ≤ e
X
Y
1
0.55
Radiale a rulli cilindrici
d (mm)
D (mm)
C (N)
70
150
146000
22
Fa/Fr > e
X
Y
0.57 0.93
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Elementi di Costruzione di Macchine
La coppia di cuscinetti obliqui è sottoposta ad un carico equivalente pari a:
Faobl 7700
=
= 1.30 > 1.14 → X = 0.57 Y = 0.93 → Pobl = 0.57 ⋅ 5900 + 0.93 ⋅ 7700 ≅ 10524 N
Frobl 5900
La durata risulta pari a:
3
Lhobl =
106  C 
  ≅ 19700 h
60 ⋅ n  P 
Il cuscinetto radiale a rulli è soggetto ad un carico equivalente pari al carico radiale su di esso
insistente (11000 N).
10 3
Lhobl =
106  C 
 
60 ⋅ n  P 
≅ 63600 h
Esempio 7.6
La figura rappresenta l’albero di una sega circolare ruotante a 6000 rpm con una potenza di 22 kW.
Determinare, in prima approssimazione la durata dei cuscinetti nell’ipotesi che i carichi radiali
massimi sui cuscinetti A e B siano pari rispettivamente a 2100 N e 600 N e che la spinta assiale
sull’albero possa ritenersi pari a 400 N.
Tolleranze consigliate: albero j5; alloggiamento J6
23
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Elementi di Costruzione di Macchine
Caratteristiche dei cuscinetti
Cuscinetto
A
B
d (mm)
50
50
D (mm)
90
90
C (N)
27000
27000
Co (N)
19600
19600
Elementi per il calcolo del carico equivalente
Fa/Fr ≤ e
Fa/Fr > e
Fa/Co
e
X
Y
X
Y
0.025
0.22
1
0
0.56
2
0.04
0.24
1
0
0.56
1.8
0.07
0.27
1
0
0.56
1.6
0.13
0.31
1
0
0.56
1.4
0.25
0.37
1
0
0.56
1.2
0.5
0.44
1
0
0.56
1
Il carico assiale si scarica interamente sul cuscinetto A il cui carico equivalente vale:
FaA
F
400
=
≅ 0.002 ⇒ e ≅ 0.22 > aA = 0.19 ⇒ X = 1 Y = 0
C0 19600
FrA
PA = FrA = 2100 N
Il cuscinetto B è sottoposto al solo carico radiale; il suo carico equivalente vale quindi:
PB = FrB = 600 N
Le durate dei cuscinetti valgono:
3
3
3
3
106  C A 
106  27000 
LhA =

 =

 ≅ 5900 h
60 ⋅ n  PA  60 ⋅ 6000  2100 
106  CB 
106  27000 
LhB =
=



 ≅ 253000 h
60 ⋅ n  PB  60 ⋅ 6000  600 
24
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 7.7
La figura sotto riporta tata rappresenta l’albero di una piallatrice sviluppante una potenza di 9 kW e
ruotante a 4500 rpm.
Determinare, in prima approssimazione, la durata dei cuscinetti nell’ipotesi che il carico radiale sul
cuscinetto A sia di 600 N e che il carico radiale sul cuscinetto B sia pari a 1800 N.
Caratteristiche dei cuscinetti
Cuscinetto
SKF
d
(mm)
D
(mm)
C (N)
e
A
B
2208
2208
40
40
80
80
17300
17300
0.33
0.33
Fa/Fr ≤ e
X
Y
1
1.9
1
1.9
Fa/Fr > e
X
Y
0.65
3
0.65
3
Tolleranze consigliate: albero j5; alloggiamento J6
I carichi assiali sono trascurabili pertanto i carichi dinamici equivalenti coincidono con i rispettivi
carichi radiali.
Si ha quindi
Cuscinetto Fr (N)
A
600
B
1800
P (N)
600
1800
25
n (rpm)
6000
6000
Lh (h)
66000
2500
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 7.8
La figura sotto riportata mostra l’albero che movimenta il cestello di una lavabiancheria.
Si ritengano soddisfatte le seguenti ipotesi:
1. peso proprio di albero e puleggia trascurabili;
2. carico sul cestello schematizzabile come il carico di biancheria secca (bilanciato) più un
carico eccentrico pari a 1/3 del carico della biancheria secca, collocato a metà cestello sul
punto più esterno dello stesso;
3. la lavatrice lavori principalmente alla velocità di rotazione di centrifuga col carico
sbilanciato come sopra indicato (le altre condizioni di esercizio siano trascurabili).
Dati:
Tiro di cinghia
Massa del cestello
Massa biancheria secca
Velocità di rotazione della centrifuga
Dimensioni
a
85
b
150
c
235
d
15
D
500
T
Mc
Mb
n
200
4.5
5
800
N (diretto verso l’alto)
kg
kg
rpm
mm
mm
mm
mm
mm
Cuscinetti
Cuscinetto
A
B
SKF
6305-2RS
6307-2RS
d (mm)
25
35
D (mm)
62
80
C (N)
17500
25500
Si richiede di stimare, in prima approssimazione, la durata dei cuscinetti.
26
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Si distinguono
carichi con direzione fissa T, Pst
carichi rotanti
Elementi di Costruzione di Macchine
Pdin
Pst tiene conto del peso del cestello e della biancheria secca, pertanto si ha:
Pst = g ⋅ ( M c + M b ) ≅ 93.2 N
Pdin è dovuta alla forza centrifuga corrispondente al carico sbilanciato.
1
D
Pdin = M b ⋅ ω 2 ⋅ ≅ 2924 N
3
2
Sui cuscinetti agiranno delle reazioni fisse dovute a Pst e T e delle reazioni rotanti dovute a Pdin.
Cuscinetto A
Cuscinetto B
T
-235
+35
Reazioni fisse
Pst
Tot.
-165
-400
+258
+293
Reazioni rotanti
Pdin
5160
8084
Reazioni espresse in newton. Positive se dirette verso l’alto
I carichi gravanti sui cuscinetti si compongono di un carico F1 invariabile in grandezza, direzione e
verso ( 400 N per il cuscinetto A e 293 N per il cuscinetto B) e di un carico rotante F2 costante
(5160 N per il cuscinetto A e 8084 N per il cuscinetto B).
In questo caso i manuali consigliano di determinare il carico medio Fm con la seguente relazione:
Fm = f m ( F1 + F2 )
27
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Elementi di Costruzione di Macchine
dove f m si ricava dal diagramma di seguito riportato
Nel nostro caso avremo
Cuscinetto A
Cuscinetto B
F1 (N)
400
293
F2 (N)
5160
8084
F1/(F1+F2)
0.072
0.03
fm
0.97
0.99
Fm (N)
5393
8293
Dato che le componenti assiali sono nulle, il carico medio coincide con il carico dinamico
equivalente.
In prima approssimazione, le durate dei cuscinetti risultano:
3
3
3
3
106  C 
106  17500 
LhA =
=



 ≅ 712 h
60 ⋅ n  Fm  60 ⋅ 800  5393 
106  C 
106  25500 
LhB =

 =

 ≅ 654 h
60 ⋅ n  Fm  60 ⋅ 800  8084 
Ipotizzando che una famiglia media esegua quattro lavaggi alla settimana della durata di 1.5 ore di
cui 15 in centrifuga, una durata di 654 ore corrisponde ad una vita del cuscinetto di circa 12 anni.
Bibliografia
AA.VV.
AA.VV.
AA.VV.
Conti G.
Catalogo generale RIV-SKF
Manuale dei cuscinetti
Le roulement dans ses Montages
Cuscinetti a rotolamento vol. 1 e 2
RIV-SKF
Pubbl. 00200 FA
Hoepli
28
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Elementi di Costruzione di Macchine
8. IL VOLANO
Il momento torcente disponibile all’albero di un
motore non è costante ma varia, lungo il ciclo, in
conseguenza della variazione di pressione
all’interno del cilindro, dell’angolo di manovella
e delle forze di inerzia associate agli organi in
movimento.
La prima delle figure a fianco rappresentate
mostra l’andamento del momento torcente M in
funzione dell’angolo di manovella θ. L’area
sottesa dalla curva rappresenta il lavoro motore
sviluppato in un ciclo. Se il momento resistente è
costante (ipotesi semplificativa, ma realistica)
questo è rappresentato dal segmento AE che
definisce pure il valore del Momento Motore
Medio.
Tra i punti A e B la coppia motrice è eccedente
rispetto a quella resistente e il sistema accelera.
Tra i punti B e C il momento motore è inferiore a
quello resistente, perciò tutto il sistema è
assoggettato ad una decelerazione. Estendendo
queste considerazioni a tutto il ciclo si conclude
che:
nei tratti AB e CD il sistema accelera
nei tratti BC e DE il sistema decelera
Nei punti A, B, C, D, E, luogo di intersezione
delle due curve del momento motore e del
momento resistente, la coppia motrice uguaglia il
momento resistente e il sistema è soggetto ad
una accelerazione nulla. Si può perciò affermare
che nei punti sopra considerati la velocità del
sistema raggiunge dei massimi o dei minimi
relativi1
1
Sia f(x) una funzione continua e derivabile in un intorno H del punto x0. Indicata con f’(x) la derivata
prima della funzione, se nell’intorno H risulta:
< 0 per x < x0

f ( x) = 0 per x = x0
> 0 per x > x
0

'
x0 è un punto di minimo relativo per la funzione
 > 0 per x < x0

f ( x )  = 0 per x = x0
 < 0 per x > x

0
'
x0 è un punto di massimo relativo per la funzione
Tenuto presente che l’accelerazione angolare α rappresenta la derivata prima della velocità angolare ω, è facile
vedere che i punti B e D sono punti di massimo relativo per l’espressione della velocità angolare, mentre i punti A,
C, E rappresentano dei minimi relativi
29
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il lavoro di fluttuazione
Da A a B, come già detto, il sistema accelera, ovvero indicata con ωA la velocità nel punto A, in B si
raggiungerà una velocità ωB maggiore. Il lavoro motore eccedente lungo il tratto AB (La) è stato speso
per accelerare il sistema, e incrementarne, di conseguenza, l’energia cinetica. Applicando infatti la
legge della conservazione dell’energia, indicato con J il momento di inerzia delle masse rotanti ridotte
al medesimo asse, si ha:
La =
1
J ⋅ ( ωB2 − ω A2 )
2
(8.1)
Estendendo le stesse considerazione ai tratti BC, CD, e DE del ciclo si ha:
1
J ⋅ (ωB2 − ωC2 )
2
1
Lc = J ⋅ (ω D2 − ωC2 )
2
1
Ld = J ⋅ (ω D2 − ω E2 )
2
Lb =
Poiché l’area corrispondente a La è sicuramente maggiore delle rimanenti, anche l’incremento di
velocità che si ha nel tratto AB è certamente superiore a quello registrato nei restanti. Il problema è ora
quello di valutare se tale incremento di velocità può essere giudicato accettabile.
Compito del progettista è appunto quello di aumentare, quando necessario, il momento di inerzia della
trasmissione J, aggiungendo eventualmente una massa volanica, in modo da mantenere l’incremento di
velocità entro limiti tollerabili
2⋅ L
J= 2 a2
(8.2)
ω A − ωB
(
)
La è, come già detto, la più grande, in valore assoluto, fra le fluttuazioni presenti nel ciclo e viene
semplicemente denominata lavoro di fluttuazione. In seguito pertanto, quando si parlerà di lavoro di
fluttuazione si intenderà sempre la più grande, in valore assoluto, fra le fluttuazioni presenti nel ciclo.
Determinazione del momento di inerzia del volano
La relazione (8.2) sarebbe già di per sé risolutiva, tuttavia il lavoro di fluttuazione La e la differenza
dei quadrati delle velocità sono due grandezze non facilmente determinabili in fase di progetto.
Giova allora introdurre due parametri adimensionali: il grado di irregolarità e il coefficiente di
fluttuazione.
Grado di irregolarità δ
Il grado di irregolarità è definito come il rapporto tra la variazione di velocità ∆ω corrispondente
al lavoro di fluttuazione La e la velocità media di regime ωm
∆ω ωB − ω A
δ≡
=
(8.3)
ωm
ωm
30
ITI OMAR Dipartimento di Meccanica
Elementi di Costruzione di Macchine
Coefficiente di fluttuazione β
Il coefficiente di fluttuazione è definito come il rapporto tra il lavoro di fluttuazione L e il lavoro
intero del ciclo E
L
β≡
(8.4)
E
Confrontando la (8.4) con la (8.2) si ricava:
β=
J ⋅ (ω B2 − ω A2 )
=
J ⋅ (ω B + ω A ) ⋅ (ω B − ω A )
2E
2E
Dividendo e moltiplicando per ωm , tenuto presente che, per un limitato valore dello scarto di velocità,
si può ritenere ω m =
β =J⋅
ωB + ωA
ωB + ω A
2
⋅
2
ωm
E
⋅
si ottiene:
(ω B − ω A ) = J ⋅ ωm2 ⋅ δ
ωm
E
da cui:
J=
L
β ⋅E
= 2
ω ⋅ δ ωm ⋅ δ
(8.5)
2
m
La (8.5) permette di determinare il momento di inerzia complessivo della trasmissione atto a realizzare,
in corrispondenza di un coefficiente di fluttuazione β, il prestabilito grado di irregolarità δ alla velocità
di regime ωm
Si possono presentare due casi:
1)
2)
il valore di J ricavato dalla (8.5) è minore del momento di inerzia complessivo
attuale della trasmissione J0. In questo caso non occorre aggiungere masse
supplementari, dato che gli stessi organi della macchina sono in grado di rendere la
trasmissione uniforme entro i limiti stabiliti dal valore di δ
il valore di J ricavato dalla (8.5) è superiore al momento di inerzia complessivo
attuale della trasmissione J0. In questo caso occorre aggiungere una massa volanica
supplementare che con il suo momento di inerzia sia in grado di ridurre la
variazione di velocità entro i limiti definiti dal valore di δ
Indicato con J il momento di inerzia calcolato con la (8.5) e con J0 il momento di inerzia della
trasmissione, il momento di inerzia del volano JV vale21:
(8.6)
JV = J − J 0
La (8.5) si trova spesso espressa in forma diversa, dato che sovente non viene assegnata l’energia del
ciclo, bensì la potenza del motore.
β ⋅N
J ≅ 5.5 ⋅ 106 ⋅
(8.7)
δ ⋅ n3
dove
N
potenza espressa in kW; n
velocità di rotazione in giri/min
2
In pratica, il momento di inerzia della trasmissione viene trascurato, cosicché il momento di inerzia del
volano risulta definito direttamente dalla (8.5) ponendo JV = J
31
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Elementi di Costruzione di Macchine
Si riportano di seguito i valori dei coefficienti β e δ tabellati rispettivamente in funzione del tipo di
motore e della sua utilizzazione.
Tab. 8. 1
Coefficienti di fluttuazione β
Numero di cilindri
Tipo di Macchina
Motore a:
1
2
3
4
6
8
Carburazione a2 tempi
0.80÷1.00
0.15÷0.25
0.08÷0.10
0.04÷0.05
─
−
Carburazione a 4 tempi
1.40÷2.00
0.50÷0.70
0.25÷0.35
0.12÷0.20
0.030÷0.050
Iniezione a 2 tempi
1.25÷1.35
0.55÷0.65
0.22÷0.28
0.10÷0.12
0.060÷0.09
0
0.022÷0.02
8
0.100÷0.15
0
─
0.090÷0.110
Iniezione a 4 tempi
3.20÷3.60
1.30÷1.80
0.80÷1.90
0.20÷0.30
Vapore
0.15÷0.17
0.06÷0.08
0.02÷0.04
─
0.013÷0.016
─
Tab. 8. 2
Gradi di irregolarità δ consigliati in funzione dell’utilizzazione
δ
Utilizzazione
Motori per autotrazione (a minima velocità)
0.07÷0.10
Motori lenti a iniezione (a minima velocità)
0.03÷0.07
Propulsori navali
0.04÷0.06
Pompe alternative
0.03÷0.04
Telai macchine per la carta
0.02÷0.027
Trasmissioni d’officina
0.02÷0.03
Mulini
0.018÷0.022
Dinamo per illuminazione
0.006÷0.011
0.0025
Alternatori trifase
32
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Elementi di Costruzione di Macchine
Dimensionamento del volano
La forma geometrica dei volani dipende dalle applicazioni a cui sono destinati e dalle dimensioni di
ingombro. Si distinguono:
volani a disco pieno;
volani a corona circolare.
Volani a disco pieno
Nei volani a disco pieno, adottati nelle costruzioni automobilistiche, le dimensioni sono imposte dalle
esigenze della frizione; il volano deve avere dimensioni tali da rendere possibile l’utilizzo di dischi di
frizione di diametro adeguato.
33
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il momento di inerzia J di un disco pieno, indicato con r il raggio del disco e con m la sua massa e con
ρ la densità del materiale1, vale :
1
1
J = m ⋅ r2 = π r4 ⋅ b ⋅ ρ
(8.8)
2
2
Volani a corona circolare
Nei volani a corona circolare si trascurano di solito i contributi al momento di inerzia dati dalle razze e
dal mozzo. Il momento di inerzia di una corona circolare, nell’ipotesi che l’estensione radiale della
corona stessa (a) sia trascurabile rispetto al suo raggio medio (rm), vale:
J = m ⋅ rm2 = 2π ⋅ a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ rm3
(8.9)
Verifica a forza centrifuga
Soprattutto i volani a corona circolare possono essere verificati all’azione delle forze centrifughe.
Considerando la massa del volano distribuita uniformemente lungo la circonferenza media, la tensione
indotta dalle azioni centrifughe risulta pari a:
ρ ⋅ v2
σc =
≤ σ amm
(8.10)
1000
dove, al solito, ρ è la densità del materiale in kg/dm3 e v è la velocità periferica, misurata in
corrispondenza del diametro medio, espressa in m/s.
Infatti
dm = a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ rm ⋅ dϕ
dFC = dm ⋅
v2
rm
FC = a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ rm ⋅
π 2
v2
⋅ 2 cos ϕ dϕ = 2a ⋅ b ⋅ ρ ⋅ v 2
rm ∫0
La forza centrifuga genera su due sezioni di corona diametralmente una tensione di
trazione pari a:
F
σ c = C = ρ v 2 da cui si ricava, tenuto conto delle unità di misura, la (8.10).
2a ⋅ b
Nel caso volani in ghisa, in cui si prevede una tensione ammissibile a trazione intorno ai 12 MPa, la
(8.10) impone di non superare una velocità periferica intorno ai 40 m/s. Nel caso di volani in acciaio,
invece, non si superano, di norma, i 70 m/s.
1
I volani sono in genere realizzati in acciaio o in ghisa. La densità dell’acciaio vale circa 7.8 kg/dm3, mentre la
densità della ghisa vale circa 7.2 kg/dm3
34
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Elementi di Costruzione di Macchine
Schema di calcolo
1. Assegnate le caratteristiche del motore e dell’utilizzatore si determinano il coefficiente di
fluttuazione φ e il grado di irregolarità massimo consentito δ;
2. dalla (8.7) si determina il momento di inerzia del volano;
3. a secondo se si è scelto la tipologia a disco pieno o a corona si esegue il proporzionamento, a
tentativi, del volano secondo rispettivamente la (8.8) o la (8.9) verificando anche la (8.10).
Appendice
Calcolo del momento di inerzia di una corona circolare e di un disco pieno rispetto all’asse rotazione
baricentrico con traccia O.
Corona circolare
J ≡ ∫ dm ⋅ rm2 =
m
=
2π
m
∫ 2π r
m
0
2 2π
m
m⋅r
2π
rm ⋅ dϕ ⋅ rm2
∫ dϕ = m ⋅ r
2
m
0
Disco pieno
J = ∫ dm ⋅ r =
m
J=
35
R
2π
m
r 3 dr ∫ dϕ
π ⋅ R 2 ∫0
0
m R4
m ⋅ R2
π
⋅
=
2
π ⋅ R2 4
2
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 8.1
Un motore Diesel marino a 4 tempi, 4 cilindri sviluppa una potenza di 370 kW al regime di 900 giri al
minuto. Determinare la massa e le dimensioni della sezione della corona del volano.
Il grado di irregolarità δ può essere posto, in prima approssimazione, pari a 0.05 (Tab. 8.2)
Il coefficiente di fluttuazione β, determinato in base al tipo di motore (Tab. 8.1), può essere posto
pari a 0.25.
Dalla (8.7) si ottiene immediatamente il valore del momento di inerzia JV della massa volanica
β⋅N
0.25 ⋅ 370
= 5.5 ⋅ 106 ⋅
= 14 kgm 2
JV = 5.5 ⋅ 106
3
δ ⋅n
0.05 ⋅ 9003
In un volano a razze si è soliti ritenere che la corona assuma un momento di inerzia JC pari a circa
il 90% del totale. Con i dati del problema si ha pertanto:
J C = 0.9 ⋅ JV = 12.6 kgm2
La massa della corona mC, indicato con Rm il suo raggio medio, si determina con la (8.9):
J C = mC ⋅ Rm2
La precedente relazione presenta tuttavia due incognite poiché anche il raggio medio della corona
deve essere ancora definito.
Il raggio medio, ipotizzando di realizzare un volano in ghisa, può essere determinato imponendo
una velocità periferica della corona inferiore ai 40 m/s.
Posta una velocità periferica vC di 38 m/s, il raggio medio della corona risulta:
v
38 ⋅ 60
Rm = C =
= 403 mm Sostituendo il valore di Rm, trovato in precedenza, nella (8.9) si
ω 2π ⋅ 900
ricava la massa della corona:
J
mC = C2 = 78 kg
Rm
Indicata con A la sezione trasversale della corona, posto ρ = 7.25 kg/dm3,si ha:
mC = ρ A ⋅ 2π rm → A ≅ 4249 mm 2
Fissato un rapporto ξ = 2 ,tra lo spessore della corona b e la sua estensione radiale a, si ottiene:
a=
A
ξ
≅ 46 mm
b ≅ 92 mm
36
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 8.2
Un generatore elettrico e un motore elettrico sono collegati tramite un volano calettato su di un albero
comune. Il generatore assorbe 750 kW durante un periodo t1 di 10 s e 60 kW durante gli altri 15 s, dopo
di che il ciclo si ripete. Il motore è tale che la potenza sviluppata si mantiene rigorosamente costante. Le
velocità minima e massima dell'albero siano rispettivamente 400 e 500 giri/min.
Calcolare:
1. la massa del volano sapendo che ha un raggio giratorio ρ di 1.2 m;
2. le espressioni della frequenza di rotazione nel periodo;
3. la decelerazione massima nel periodo.
Il ciclo ha un periodo totale T pari a:
T = t1 + t2 = 10 + 15 = 25 s
Nel ciclo, il lavoro resistente deve essere pari al lavoro motore:
Lr = Lm
P1r t1 + Pr 2 t2 = PmT
Pm ≅ 336 kW
Nel ciclo sono presenti due fluttuazioni di pari entità. Nel periodo t1 il lavoro resistente eccederà il
lavoro motore. Tale eccedenza risulta:
LE1 = Pr1t1 − Pm1t1 = 4140 kJ
Nel periodo t2 il lavoro motore eccederà il lavoro resistente. Tale eccedenza risulta:
LE 2 =1 − Pm 2 t2 − Pr 2 t2 = 4140 kJ
Nel periodo t1 (il lavoro motore è inferiore al lavoro resistente) il sistema subisce una
decelerazione e la frequenza di rotazione si porterà da 600 a 400 giri/min; nel periodo t2 (il lavoro
motore è superiore al lavoro resistente) il sistema subisce una accelerazione e la frequenza di
rotazione si porterà da 400 a 600 giri/min.
37
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Elementi di Costruzione di Macchine
Dobbiamo ora determinare la massa del volano in grado di garantire che la frequenza di rotazione
del sistema nel ciclo sia compresa tra 600 e 400 giri/min. Indicato con Jv il momento di inerzia del
volano e con nmax e nmin rispettivamente la frequenza massima e minima del sistema, si ha:
2
2
1
1  2π nmax   2π nmin  
2
2
LE1 = J v (ωmax − ωmin ) ≅ J v 
−

2
2  60   60  
sostituendo i valori numerici:
J v = 8389 kg ⋅ m2
Indicata con m la massa del volano, l'espressione del raggio giratorio ρ è data dalla seguente
relazione:
ρ≡
JV
m
La massa del volano è pertanto pari a:
J
m = v2 ≅ 5826 kg
ρ
Determinazione dell’espressione della velocità nel periodo t1.
1
2
2
− ω (t )
0 ≤ t ≤ t1
( P1r − P1m ) ⋅ t = J v ωmax
2
1 4π 2 2
2
nmax − n ( t )
( P1r − P1m ) ⋅ t = J v
2
60
sostituendo i valori numerici si ottiene:
(
)
(
)
n ( t ) = 500 1 − 0.036t giri / min
0 ≤ t ≤ t1
38
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Elementi di Costruzione di Macchine
In modo del tutto analogo si ottiene la funzione della frequenza di rotazione per t1 ≤ t ≤ ( t1 + t2 )
n ( t ) = 400 1 + 0.0375 ( t − t1 )
t1 ≤ t ≤ ( t1 + t2 )
Determinazione della decelerazione massima
Il sistema decelera nei primi 10 secondi del ciclo.
Indicata con α la decelerazione, si ha:
Pr − Pm
= J vα
ω
E’ evidente pertanto che la decelerazione massima si ha in corrispondenza della velocità minima.
Sostituendo i valori numerici si ha:
P −P
α max = r m J v ≅ 1.178 rad / s 2
ωmin
39
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 8.3
Una pressa meccanica da stampaggio deve tranciare, su lamiera di acciaio allo 0.25% di carbonio dello
spessore di 2.5 mm, un profilo chiuso il cui perimetro misura 740 mm.
L’albero a gomito della pressa è azionato mediante ingranaggi da un albero motore che compie a vuoto
960 rpm.
Si desidera che durante ogni colpo di tranciatura la velocità dell’albero motore diminuisca al massimo
del 10% e a tale scopo su di esso sarà montato un volano.
Si trovi le dimensioni di massima del volano, in ghisa e a disco, capace di contenere entro tali limiti la
variazione di velocità, supponendo che il lavoro di tranciatura sia effettuato soltanto a spese dell’energia
cinetica del volano, cioè trascurando il lavoro attivo del motore in questa fase.
Indicata con T la forza applicata dal punzone, con l il perimetro chiuso del profilo da realizzare e
con s lo spessore della lamiera, il lavoro teorico L di tranciatura è espresso dalla seguente
relazione:
L =T ⋅s
con T pari a:
σ
T = R ⋅l ⋅ s
3
Note la tensione di rottura a trazione della lamiera e la geometria del profilo da realizzare, il
calcolo del lavoro teorico di tranciatura risulta pertanto immediato:
L=
σR
3
l ⋅ s2
Considerata una lamiera con lo 0.25% di C il carico di rottura a trazione può porsi:
σ R ≅ 500 N / mm 2
Pertanto il lavoro teorico di tranciatura vale1:
σ
500
L = R l ⋅ s2 =
⋅ 740 ⋅ 2.52 ≅ 1335 Nm
3
3
La velocità massima dell’albero motore, indicata con nmax la massima frequenza, vale:
2π ⋅ n 2π ⋅ 960
ωmax =
=
≅ 100.5 rad / s
60
60
La velocità minima tollerata vale:
ω min ≅ 0.9 ⋅ ω max ≅ 90.45 rad / s
Il grado di irregolarità massimo ammesso vale:
δ≅
1
ω max − ω min
≅ 0.105
(ω max − ω min ) 2
In realtà il problema è più complesso:
•
•
durante l’operazione di tranciatura occorre anche superare la resistenza degli attriti
il distacco della lamiera avviene per una corsa del punzone inferiore allo spessore della lamiera stessa
40
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il momento d’inerzia J del volano, noto il lavoro di tranciatura L, si determina applicando il
principio di conservazione dell’energia meccanica:
1
2
2
J (ωmax
− ωmin
)=L
2
da cui:
J=
(ω
2
max
2L
≅ 1.17 kgm 2
2
− ω min
)
Determinato il momento di inerzia del volano occorre ora stabilirne la geometria.
Si tratta di un volano in ghisa e pertanto la velocità periferica non deve superare i 40 m/s.
Ipotizzando, come primo tentativo, una velocità periferica v intorno ai 25 m/s si ottiene un raggio
esterno del disco pari a:
r=
v
ω max
≅ 0.248 m → r ≅ 0.25 m
Con riferimento ad un disco pieno di raggio r e massa m, l’espressione del momento di inerzia J
risulta:
J=
1 2
mr
2
da cui è immediato ricavare m:
m=
2J
≅ 37.5 kg
r2
Indicato con b lo spessore del disco e con ρ la densità della ghisa (7.25 kg/dm3), deve essere:
(
)
m = π ⋅ r2 ⋅b ⋅ ρ
Lo spessore b vale pertanto:
b=
m
≅ 0.026 m = 26 mm
πr 2 ρ
La geometria del volano risulta accettabile. Nel caso invece in cui il dimensionamento risultasse
incongruo occorrerebbe modificare r fino ad ottenere una soluzione soddisfacente.
41
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Esempio 8.4
Si consideri un motore il cui momento torcente Mt(θ), in funzione dell’angolo di manovella θ, abbia la
seguente espressione
M t (θ ) = 25320 + 12600 ⋅ sin 2θ − 15650 ⋅ cos 2θ
(Nm)
e che sia accoppiato con un utilizzatore in grado di fornire una coppia resistente uniforme.
Nell’ipotesi che il volano abbia un momento di inerzia
in
pari a 16000 km2, e la velocità di regime sia pari
a 150 rpm, calcolare:
a. il lavoro di fluttuazione;
b. la variazione massima di velocità del volano durante un ciclo.
ciclo
c.
Il momento resistente si determina uguagliando il lavoro motore con quello resistente:
Lm = Lr ⇒
π
π
0
0
∫ M t (θ ) dθ = M r ∫ dθ ⇒ M r = 25320 Nm
Tenuto presente che1:
1
 a sin θ − b cos θ = a 2 + b 2 sin (θ − φ )


−1 b
φ = tan
a

42
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Elementi di Costruzione di Macchine
b
a
L’espressione del momento motore può essere riscritta nel modo seguente:
15650
M t (θ ) = 25320 + 20090 ⋅ sin ( 2θ − φ )
φ = tan −1
(8.11)
12600
Dalla (8.11) è immediato riconoscere che momento motore e momento resistente raggiungono lo
stesso valore in corrispondenza di angoli di manovella pari a:
a sin θ − b cos θ = a 2 + b2 sin (θ − φ )
θ1 =
φ
θ2 =
2
π
2
+
φ = tan −1
φ
2
La massima fluttuazione di energia vale:
L=
(π +φ )
∫
φ 2
2
M m dθ −
(π +φ )
∫
φ 2
2
M r dθ =
( π +φ )
∫
2
20090 ⋅ sin (θ − φ ) dθ = 20090 Nm
φ 2
La variazione di velocità nell’arco di manovella compreso tra gli angoli θ1 e θ2 si determina
imponendo la conservazione dell’energia meccanica:
1
1
L = J (ω22 − ω12 ) = J ⋅ 2ω ( ω2 − ω1 )
2
2
L
∆ω =
≅ 0.08 rad/s → ∆n ≅ 0.76 rpm
J ⋅ω
43
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 8.5
Un motore ruotante alla velocità di regime di 120 rpm il cui momento motore varia, nel ciclo, come di
seguito riportato viene accoppiato ad un utilizzatore che oppone un momento resistente costante.
Determinare il momento di inerzia di un volano in grado di assicurate un grado di irregolarità δ pari a
0.05.
Il lavoro motore Lm , in un ciclo, è equivalente all’area ABCD, una volta che si trasformino gli
angoli da gradi in radianti.
180 + 45  π 
Lm ≅

 ⋅ 2700 ≅ 5301 J
2
 180 
Analogamente, il lavoro resistente vale:
Lr = M r ⋅ 180 ⋅
π
180
Dall’uguaglianza del lavoro motore con quello resistente si ricava il momento resistente:
M r ≅ 844 Nm
La fluttuazione massima L corrisponde all’area EFCD (EF ≅ 135°) e vale:
45 + 135 π
L≅
( 2700 − 844 ) ≅ 2915 J
2
180
Dalla (8.5) si ricava il momento di inerzia J del volano:
L
J= 2
≅ 369 kg ⋅ m 2
ωm ⋅ δ
44
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Elementi di Costruzione di Macchine
Bibliografia
Giovannozzi R.
Hannah J et al.
Heisler H.
Ottani M.
Pierotti P.
Costruzione di Macchine
Mechanics of Machines
Advance vehicle technology
Corso di Meccanica
Meccanica Macchine e progettazione
45
vol.1
vol. 3
vol. 3
Patron
Arnold
Elsevier
Cedam
Calderini
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Elementi di Costruzione di Macchine
9. CINEMATICA E DINAMICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI
Def. 9.1 Si definisce sistema rigido un sistema materiale i cui punti godono della proprietà che la loro
mutua distanza è costante rispetto al tempo durante il moto.
Def. 9.2 Un sistema rigido si dice dotato di moto piano se tutti i suoi punti si mantengono, durante il
moto, su di uno stesso piano detto piano del moto.
Determinazione delle velocità di punti appartenenti ad un sistema rigido piano
La figura sotto riportata (a), rappresenta un corpo rigido i cui punti A e B hanno rispettivamente velocità
complanari VA e VB.
Dalla Def. 9.1 risulta immediato riconoscere che le proiezioni di VA e VB lungo AB devono essere
uguali. Più in generale diremo che le velocità di due punti appartenenti allo stesso sistema rigido hanno
istante per istante la stessa proiezione, con segno, sulla retta che li unisce.
Sempre con riferimento alla figura precedente (b) si nota che il movimento nel piano del corpo rigido
può essere scomposto in una traslazione e in una rotazione. Questa possibilità si dimostra essere vera in
generale, pertanto diremo che un generico moto piano di un corpo rigido può essere sempre decomposto
in un moto di traslazione più un moto di rotazione.
Si consideri lo spazio connesso ad un corpo rigido animato da un moto di roto-traslazione (c).
Esiste sempre un punto di tale spazio caratterizzato dall’avere velocità nulla ad un dato istante. Tale
punto, che può essere a distanza finita o infinita dal corpo e, in generale, varia istante per istante, viene
chiamato centro istantaneo di rotazione del corpo.
E’ immediato riconoscere che (teorema di Chasles1) il centro di istantanea rotazione si trova, in ogni
istante, sulle normali alle traiettorie dei punti del sistema.
1
Michel Chasles (Épernon, 15 novembre 1793 – Parigi, 18 dicembre 1880) dopo brillanti studi superiori entra
all'École polytechnique nel 1812 sotto la guida di Siméon Denis Poisson. Nel 1814 viene chiamato alle armi da
Napoleone in difesa di Parigi. Poco dopo, finita la guerra, ritorna ai suoi studi di matematica e diventa professore
nel 1841. Nel 1846 viene istituita per lui una cattedra di geometria superiore alla Sorbona. Nel 1851 viene eletto
membro dell’Accademia delle scienze francese.
Michel Chasles diventa membro straniero della Royal Society il 15 giugno 1854. I suoi lavori di geometria gli
varranno la Medaglia Copley nel 1865.
46
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Elementi di Costruzione di Macchine
Verificheremo ora che le velocità angolari ω indotte dalle
scomposizioni del moto secondo gli schemi (b) e (c) sono
uguali.
Dallo schema (b) si vede che il punto C è dotato di sola
traslazione lungo AB e la velocità angolare (con centro di
rotazione C) vale:
ωC = VA ⋅ sin α AC
D’altra parte, dallo schema (c), si nota che se Ci è il
centro di istantanea rotazione allora deve essere
CiC ⊥ AB e la velocità angolare (con centro di rotazione
Ci) vale:
ωCi = VA ACi
Poiché ACi = AC sin α è immediato riconoscere che ωC = ωCi
Consideriamo ora un’asta rigida i cui estremi A e B abbiano rispettivamente velocità pari a VA e VB.
Se riportiamo le velocità VA e VB a partire da un polo O, è facile ottenere, congiungendo b con a, la
velocità VAB ossia la velocità di A relativa a B.
Tale velocità relativa VAB può essere immaginata ottenersi impartendo a tutta l’asta una velocità uguale
e opposta a VB. In questo nuovo moto, il punto B rimarrà fisso e la nuova velocità assoluta di A
rappresenta la velocità relativa di A rispetto a B nel moto originario.
In questo nuovo moto, ottenuto per sovrapposizione a tutto il corpo rigido di una velocità pari a –VB,
l’asta può essere considerata come ruotante attorno al punto fisso B con velocità angolare ω tale che:
V
ω = AB
AB
E’ inoltre evidente che VAB deve essere perpendicolare ad AB infatti, poiché B è da considerarsi fermo,
se ciò non fosse l’asta sarebbe soggetta ad allungamento o accorciamento violando l’ipotesi di corpo
rigido.
Pertanto, se VB è conosciuta in direzione e intensità e VA solo in direzione, l’intensità di VA si può
ottenere tracciando da b una perpendicolare ad AB fino ad intersecare la direzione di VA.
La velocità di un punto qualsiasi C su AB può ottenersi dividendo ab in modo da rispettare la seguente
proporzione:
bc : ba = BC : BA
Il segmento oc così determinato rappresenta la velocità di C.
47
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Esempio 9.1
Il punto B di un corpo rigido che si muove nel piano π è vincolato, nell’istante considerato, a muoversi
lungo la direzione y-y. Trovare la velocità di B sapendo che VA = 10 m/s e che AB = 5 m.
Soluzione 1
CiA = AB ⋅ sin ( 30° ) = 2.5 m
VA
= 4 rad/s (orario)
CiA
VB = ω ⋅ CiB ≅ 17.3 m/s (verticale verso l'alto)
ω=
Soluzione 2
Poiché le proiezioni, lungo AB, delle velocità di A e B devono essere uguali, si ha:
cos ( 30° )
VA ⋅ cos ( 30° ) = VB ⋅ cos ( 60° ) → VB = VA
≅ 17.3 m/s
cos ( 60° )
Soluzione 3
VB = VA ⋅ tan ( 60° ) ≅ 17.3 m/s
48
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Esempio 9.2
Determinazione della velocità di un pattino scorrevole su di un’asta rotante
Consideriamo un’asta che ruota con velocità angolare ω attorno ad un punto fisso O, e un pattino A
dotato di velocità assoluta VA.
Se A’ è il punto dell’asta a contatto con il pattino, la velocità di A’ relativa ad O deve essere
perpendicolare ad OA’.
D’altra parte la velocità di A relativa ad A’ deve essere parallela a OA’.
Pertanto, dopo aver riportato il vettore VA, tracciamo da o una perpendicolare ad OA’ e da a una
parallela ad OA: il punto di intersezione a’ così individuato permette di determinare la velocità
VAA’.
49
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Determinazione delle accelerazioni di punti appartenenti ad un sistema rigido piano
Consideriamo un’asta AB ruotante con velocità e accelerazione angolari pari rispettivamente a ω e α e
siano aAe aB le accelerazioni rispettivamente dei punti A e B.
Come nel caso dello studio delle velocità, riportiamo le accelerazioni di A e B a partire dal polo o.
Il segmento congiungente gli estremi b ed a rappresenta l’accelerazione di A relativa a B.
Tale accelerazione relativa ha due componenti:
2
1. una accelerazione centripeta ω 2 AB = VAB
AB , parallela ad AB e rappresentata dal segmento
a’b
2. una accelerazione tangenziale α AB , perpendicolare ad AB e rappresentata dal segmento a’a.
Normalmente, solamente una accelerazione, ad esempio aB sarà conosciuta completamente, mentre
l’altra sarà nota solo in direzione.
Al solito riportiamo da o l’accelerazione conosciuta aB.
Dall’estremo b tracciamo una parallela ad AB (la direzione dell’accelerazione centripeta) e su di essa
posizioniamo un segmento a’b corrispondente a ω 2 AB
Dall’estremo a’ tracciamo una perpendicolare ad AB fino ad intersecare la direzione dell’accelerazione
del punto A.
Il segmento oa rappresenta l’accelerazione di A e il segmento ba l’accelerazione relativa di A rispetto a
B. Per trovare l’accelerazione di un punto C lungo AB dovremo individuare su ab un punto c tale che:
ac : ab = AC : AB . In tal modo l’accelerazione di C sarà rappresentato dal segmento oc.
Allo stesso modo si possono ottenere le accelerazioni di punti appartenenti ad altre aste connesse con
AB.
Esempio 9.3
Il meccanismo di figura mostra un glifo oscillante,
utilizzato per consentire un corsa di ritorno veloce, e
montato su di una limatrice. La manovella ruota con verso
antiorario alla velocità di 90 rpm.
La lunghezza QP è 800 mm.
Determinare:
1. la velocità massima di P;
2. l’accelerazione massima di P;
3. l’accelerazione di P quando θ = 45°.
Sia
ω la velocità angolare dell’asta OA
Ω la velocità angolare dell’asta QP
Φ l’angolo OQA
50
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Elementi di Costruzione di Macchine
Dal triangolo OQA si ha:
0.2
0.5
0.5
=
=
sin φ sin (180 − ( 90 + θ + φ ) ) cos (θ + φ )
sin φ = 0.4 ⋅ cos (θ + φ ) = 0.4 ⋅ ( cos θ cos φ − sin θ sin φ )
2.5 = cosθ cot φ − sin θ
Da cui infine
cosθ
tan φ =
2.5 + sin θ
(9.1)
Derivando la (9.1) si ottiene l’espressione della velocità angolare Ω
1 dφ − ( 2.5 + sin θ ) − cos θ cos θ dθ
=
2
cos 2 φ dt
dt
( 2.5 + sin θ )
(1 + tan φ ) Ω = −
2
2.5sin θ + 1
( 2.5 + sin θ )
2
ω
(9.2)
Sostituendo la (9.1) nella (9.2)
(
si ottiene infine:
2.5sin θ + 1
Ω=−
ω
5sin θ + 7.25
(9.3)
La (9.3) assume valore massimo per θ = 270° ovvero quando A è posto verticalmente al di sotto di
O e tale massimo vale:
Ω max = 2π rad/s
La velocità massima di P vale:
Vmax = Ω max ⋅ PQ = 2π ⋅ 0.8 ≅ 5.03 m/s
51
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L’accelerazione angolare dΩ/dt
dΩ si ottiene derivando la (9.3):
dΩ
13.125cos θ
ω2
=−
2
dt
5sin
θ
+
7.25
(
)
L’accelerazione centripeta di P vale:
aCP = Ω2 ⋅ PQ = Ω2 ⋅ 0.8 m/s2
L’accelerazione tangenziale di P vale:
dΩ
dΩ
aTP =
⋅ PQ =
0.8 m/s 2
dt
dt
L’accelerazione risultante vale pertanto:
( 2.5sin θ + 1) + (13.125cosθ )
= 0.8ω
4
( 5sin θ + 7.25)
4
aP = a
2
CP
+a
2
TP
2
2
(9.4)
Di seguito viene riportato il grafico dell’accelerazione del punto P in funzione dell’angolo di
manovella
L’accelerazione massima di P vale 55.95 m/s2
Per θ = 45°, dalla (9.4) si ottiene:
a P θ = 45° ≅ 7.33 m/s 2
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Il sistema biella-manovella
Il sistema biella-manovella è un manovellismo di spinta rotativa utilizzato nella macchine alternative.
Il manovellismo è costituito da una manovella m, avente l’estremo O incernierato al telaio, da una biella
l, incernierata in C alla manovella ed in P allo stantuffo s che, per la presenza delle guide g, è costretto
a muoversi lungo PO.
La biella l è costituita da un fusto che porta alle sue estremità la testa di biella ed il piede di biella.
La testa di biella viene collegata al bottone di manovella ed è, in genere, costruita in due pezzi per
ragioni di montaggio.
Il piede di biella, che costituisce l’estremità più piccola della biella, viene collegata allo stantuffo
tramite una boccola cilindrica, generalmente cava, che prende il nome di spinotto.
Determinazione grafica delle velocità di un sistema biella-manovella
Sia ω la velocità angolare della manovella OC e sia Ω la velocità angolare della biella PC.
Il centro di istantanea rotazione I della biella è determinato dall’intersezione delle perpendicolari a VP e
VC a partire rispettivamente dai punti P e C.
Poiché I è il centro di istantanea rotazione della biella deve essere:
VC VP VPC
=
=
=Ω
IC IP PC
I triangoli PIC e OCM sono simili e pertanto:
IP
OM
VP = VC
= VC
= ω ⋅ OM
IC
OC
PC
CM
VPC = VC
= VC
= ω ⋅ CM
IC
OC
V
CM
Ω = PC = ω
PC
PC
53
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Elementi di Costruzione di Macchine
Determinazione grafica delle accelerazioni di un sistema biella-manovella
Nel seguito illustreremo la costruzione di Klein che è valida solo nell’ipotesi che la manovella ruoti con
velocità angolare ω costante.
1. si traccia una circonferenza di diametro PC;
2. si prolunga PC fino ad incontrare la verticale per O nel punto M;
3. si traccia una nuova circonferenza di centro C e raggio CM che interseca la circonferenza
precedente nei punti K ed L;
4. si prolunga il segmento HK fino ad intersecare OP in N e PC in L;
Il quadrilatero OCLN rappresenta il diagramma delle accelerazioni nella stessa scala con cui OC
rappresenta l’accelerazione centripeta di C. Si ha pertanto:
aP ∝1 ω 2 ⋅ ON
Accelerazione di P
Accelerazione centripeta di P relativa a C
acPC ∝1 ω 2 ⋅ LC
Accelerazione tangenziale di P relativa a C
atPC ∝1 ω 2 ⋅ LN
LN
α ∝1 ω 2
PC
Accelerazione angolare di PC
Analizziamo ora la costruzione del diagramma delle accelerazioni una volta nota la geometria del
sistema e la velocità di rotazione ω della manovella.
1. si traccia, in scala, un segmento oc corrispondente all’accelerazione centripeta del punto C
oc ∝2 ω 2 ⋅ OC
2. da o si traccia una semiretta avente la direzione dell’accelerazione di P;
3. dall’estremo c, con direzione parallela a PC, si traccia il segmento cp1 corrispondente
all’accelerazione centripeta di P relativa C.
V2
OM 2
acPC = AB = ω 2
cp1 ∝2 acPC
PC
PC
4. da p1 si traccia una perpendicolare a PC fino a incontrare in p la semiretta uscente da o.
Il segmento op rappresenta in scala l’accelerazione di P e il segmento pc rappresenta, sempre nella
stessa scala, l’accelerazione di P relativa a C.
Dobbiamo ora dimostrare che la costruzione di Klein è corretta, in altri termini resta da verificare che i
quadrilateri OCMN e ocp1p sono simili.
a. Preliminarmente verifichiamo che gli angoli corrispondenti sono congruenti.
= cɵ O
= oɵ per costruzione
C
ɵ perché entrambi retti
p1 = L
54
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b. Dimostreremo ora che
Elementi di Costruzione di Macchine
cp1 CL
=
oc OH
CM 2
cp1
CM 2
oc ∝2 ω 2 ⋅ OC →
=
CP
oc OC ⋅ CP
I triangoli CLH e CHP sono ovviamente simili1 da cui:
CL CH
CH 2
CM 2
=
→ CL =
→ CL =
CH CP
CP
CP
2
CL
CM
=
OC OC ⋅ CP
cp1 ∝2 ω 2
Poiché:
cp1 ∝2 ω 2CM 2
1
CM 2
=
=
oc
CP
∝2 ω 2OC OC ⋅ CP
cp1 CL
=
Poiché
tenuto presente che in precedenza avevamo già verificato che gli angoli
oc OC
corrispondenti erano congruenti resta dimostrato che i due quadrilateri OCMN e ocp1p sono
simili.
La costruzione di Klein, sempre nell’ipotesi che ω sia costante, è utile anche per determinare
l’accelerazione di un punto qualsiasi giacente sull’asse della biella ovvero appartenente a PC.
Di seguito vediamo come, sullo schema di Klein e sul diagramma delle accelerazioni, si posiziona
l’accelerazione di un punto generico S.
CN e cp rappresentano l’immagine dell’accelerazione dell’asta PC e deve essere: SC : NC = sc : pc .
I segmenti os e OS’ rappresentano, nelle rispettive scale, l’accelerazione del punto S.
1
I due triangoli sono entrambi retti e hanno un angolo in comune.
55
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 9.4
Si consideri un sistema biella-manovella sia caratterizzato da una biella e da una manovella lunghe
rispettivamente 800 mm e 200 mm.
Sapendo che la manovella ruota alla velocità costante di 480 rpm, mediante la costruzione grafica di
Klein, determinare, in corrispondenza di una angolo di manovella 45°:
1. l’accelerazione del pistone;
2. l’accelerazione del punto medio della biella;
3. l’accelerazione angolare della biella.
Dalla costruzione sopra riportata risulta:
OC ≅ 23 mm PC ≅ 92 mm ON ≅ 16.5 mm
Il fattore di scala risulta:
∝1 = 200 23 ≅ 8.7
OJ ≅ 19 mm
L’accelerazione di P vale:
200  2π ⋅ 480  16.5
aP = ∝1 ⋅ω ⋅ ON =
≅ 362.5 m/s

 ⋅
23  60  1000
2
2
L’accelerazione del punto medio G vale:
2
200  2π ⋅ 480  19
2
aG = ∝1 ⋅ω ⋅ OJ =
≅ 417.4 m/s

 ⋅
23  60  1000
L’accelerazione angolare della biella vale:
LN 200  2π ⋅ 480  16
≅
≅ 439 rad/s 2


PC
23  60  800
2
α = ∝1 ⋅ω 2
56
LN ≅ 16 mm
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Determinazione analitica delle velocità e delle accelerazioni nel sistema biella-manovella
Velocità e accelerazione del piede di biella
Sia x lo spazio percorso dal pistone a partire dal punto morto superiore.
x = ( r + l ) − ( r cosθ + l cos φ )
r
sin φ = sin θ
l
posto n =
(9.5)
l
si ha:
r
  sin θ 2 
sin 2 θ
cos φ = 1 − 
≅
1
−

  n  
2n 2


lecito poiché
1
è piccolo1
n
(9.6)
Sostituendo la (9.6) nella (9.5) e derivando rispetto al tempo si ottiene la velocità di P.
sin 2 θ
x = r (1 − cos θ ) + l
2n 2
dx 
sin 2θ  dθ
sin 2θ 

=  r sin θ + l
⋅
= ω r ⋅  sin θ +
vP =
(9.7)

2 
2n  dt
2n 
dt 

Derivando la (9.7), nell’ipotesi semplificativa che ω sia costante, si ottiene l’accelerazione del punto P.
d 2 x dv p
cos 2θ  dθ
cos 2θ 


aP = 2 =
= ω r  cos θ +
= ω 2 r  cos θ +
(9.8)


dt
dt
n  dt
n 


Velocità angolare Ω e accelerazione angolare α della biella
Dalla figura precedente è immediato ricavare che:
sin θ
sin φ =
n
Derivando rispetto al tempo si ottiene la velocità angolare della biella:
dφ cosθ dθ
cos φ ⋅
=
⋅
dt
n
dt
dφ cosθ ⋅ ω
cosθ
lecito poiché cos φ ≅ 1
Ω=
=
≅ω
dt n ⋅ cos φ
n
(9.9)
Derivando ulteriormente la (9.9) rispetto al tempo si ottiene l’accelerazione angolare della biella
dΩ
sin θ
α=
= −ω 2
(9.10)
dt
n
1
Sia f ( x ) = 1 − x 2 lo svilippo in serie di Mac-Laurin della funzione vale: f ( x) ≅ 1 −
Posto x 2 = sin 2 θ n 2 si giustifica l’approssimazione introdotta dalla (9.6)
57
1 2 1 4 1 6
x − x − x − .....
2
8
16
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58
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Elementi di Costruzione di Macchine
Forze di inerzia su di un’asta
Se ag è l’accelerazione lineare del baricentro di un’asta di massa m, la forza, applicata in G, necessaria
a produrre tale accelerazione è pari a P = m ⋅ ag
In modo del tutto simile, un’accelerazione angolare α è prodotta da una coppia M pari a:
M = I α = mρ 2α
dove I è il momento di inerzia baricentrico dell’asta e ρ il corrispondente raggio giratorio.
L’azione combinata di P ed M (P applicata al baricentro dell’asta) può essere ottenuta tramite l’azione
della sola forza P applicata a distanza h da G tale che:
M Iα m ⋅ ρ 2
h=
=
=
P
P
P
La forza di inerzia agente sull’asta è ovviamente sempre uguale e opposta a P.
Sistema dinamico equivalente di un’asta
Un’asta di massa m e raggio giratorio ρ può essere sostituita da un sistema dinamicamente equivalente
realizzato con due masse puntiformi m1 e m2 posizionate a distanza a e b dal baricentro come
schematizzato nella figura sotto riportata.
L’entità delle masse e il loro posizionamento, per garantire l’equivalenza dinamica dei sistemi, devono
soddisfare tre condizioni:
1. Invarianza della massa
m1 + m2 = m
(9.11)
59
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2. Invarianza della posizione del baricentro
m1 ⋅ a = m2 ⋅ b
3. Invarianza del momento di inerzia
m1 ⋅ a 2 + m2 ⋅ b2 = m ⋅ ρ 2
(9.12)
(9.13)
Dalle (9.12) e (9.13) si ottiene:
b
a
m1 =
m m2 =
m
a+b
a+b
(9.14)
Sostituendo la (9.14) nella (9.13) si ottiene:
a ⋅b = ρ2
(9.15)
Pertanto una delle due distanze può essere sempre scelta in modo arbitrario, ma l’altra deve soddisfare
la (9.15).
Se ad esempio la massa m1 viene posizionata all’estrema A dell’asta, la massa m2 deve essere
posizionata in C in modo tale che a ⋅ c = ρ 2
E’ importante notare che per l’equivalenza dei due sistemi, le direzioni di aC, aA e P devono convergere
in un unico punto O e che la direzione di P deve essere parallela ad ag..
60
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Elementi di Costruzione di Macchine
Sovente, come nel caso di una biella, è conveniente utilizzare un sistema dinamico equivalente
caratterizzato dalla disposizione delle masse m1 ed m2 all’estremità dell’asta1.
L’entità delle masse è stabilita dalle (9.14)
b
a
m1 =
m m2 =
m
a+b
a+b
ma in generale la condizione definita dalla (9.13) non potrà essere soddisfatta.
Il momento di inerzia del sistema dinamico equivalente vale infatti:
I d = m1 ⋅ a 2 + m2 ⋅ b2 = m ⋅ ab
Mentre il momento di inerzia originario vale:
I = mρ 2
Pertanto a meno che ab = ρ 2 i due momenti di inerzia differiscono della quantità:
∆I = I d − I = m ( ab − ρ 2 )
Per compensare questo “errore” si introduce nel sistema dinamico equivalente così definito una coppia
correttiva aggiuntiva pari a
M C = ∆I ⋅ α .
Se ab > ρ 2 la coppia correttiva ha lo stesso senso della accelerazione angolare α, se ab < ρ 2 è orientata
in modo opposto.
1
Si tratta comunque, a differenza della precedente, di una schematizzazione approssimata, per altro giustificata
dal fatto che la testa di biella risulta di massa considerevolmente più grande di quella del piede. In tali condizioni,
il baricentro G della biella risulta relativamente vicino al bottone di manovella B: se la massa m1 viene quindi
disposta nel piede di biella A, la massa m2 dovrà essere disposta in un punto che risulterà così vicino a B da
considerarsi coincidente con questo.
61
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Elementi di Costruzione di Macchine
Momento trasmesso da un sistema biella-manovella
Sia F la forza agente sul pistone e Q la corrispondente forza applicata alla manovella e ad essa
perpendicolare. Nell’ipotesi di trascurare gli effetti dell’inerzia e della gravità deve essere:
vP
LP
OM
=F
=F
vC
LC
OC
Il momento trasmesso alla manovella vale quindi:
M = Q ⋅ OC = F ⋅ OM
F ⋅ vP = Q ⋅ vC → Q = F
Se p è la pressione nel cilindro e a l’area del pistone, la forza esercitata dai gas vale pa.
Le masse alterne mA sono soggette ad un’accelerazione aP che dà luogo ad una forza di inerzia che deve
essere sottratta alla forza dei gas durante il periodo di accelerazione e sommata ad essa durante la fase
di decelerazione.
cos 2θ 

M = pa − mA ⋅ ω 2 r  cos θ +
(9.16)

n 

Effetto della massa e delle forze di inerzia sulla biella
Ai fini del computo delle forze di inerzia, la biella può venire scomposta da due masse concentrate in P
e D ovvero posizionate in modo tale da rispettare la (9.15).
62
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Elementi di Costruzione di Macchine
Tramite la costruzione di Klein, otteniamo il quadrilatero OCLN in cui CN rappresenta l’immagine
dell’accelerazione della biella. I punti g e d su CN sono ottenuti tracciando rispettivamente da G e D
delle parallele a PO.
I segmenti dO e gO forniscono le rispettive accelerazioni di D e G le cui ampiezze sono ω 2 ⋅ dO e
ω 2 ⋅ gO rispettivamente.
La forza di inerzia dovuta alla massa posizionata in P agisce lungo PO (direzione dell’accelerazione del
punto P), mentre la forza di inerzia dovuta alla massa posizionata in D passa per D con direzione
parallela a dO.
La risultante di queste due forze di inerzia deve passare obbligatoriamente per il loro punto di
intersezione Z e deve essere parallela a gO (direzione di aG).
Sulla biella insistono pertanto tre forze:
1. La risultante delle forze di inerzia di intensità maG
2. La reazione verticale S tra pistone e cilindro (si trascurano gli attriti di scorrimento);
3. La reazione V nel bottone di manovella.
Per l’equilibrio, le linee d’azione delle tre forze devono essere concorrenti e pertanto non possono che
passare per il punto comune H.
Il triangolo HEJ permette di calcolare facilmente le forze S e V.
Il momento torcente sulla manovella, dovuta alle forze di inerzia, Mi si determina moltiplicando V per
la sua distanza QO d O.
Se il peso della biella è complanare alla manovella, come rappresentato in figura, contribuisce
anch’esso al momento torcente. Questa quota parte di momento torcente MPb è pari a:
M Pb = ( mg ⋅ PG PC ) ⋅
Il momento totale sulla manovella sarà la somma del momento Mg dovuto all’azione dei gas sul
cilindro, del momento dovuto all’inerzia della biella Mi , del momento dovuto all’inerzia delle parti
alterne Ma ed eventualmente del momento MPb dovuto al peso della biella.
In precedenza abbiamo determinato il momento dovuto all’inerzia della biella scomponendola in due
masse di cui una posizionata al piede.
Esamineremo ora il momento dovuto all’inerzia della biella scomponendola in due masse posizionate
rispettivamente al piede e al bottone di manovella.
Le masse m1 e m2 devono essere tali da soddisfare le (9.14) e si deve, come abbiamo visto, introdurre
una coppia correttiva pari a:
M C = m ( PG ⋅ GC − ρ 2 ) ⋅ α
(9.17)
La forza di inerzia su m1 produce una coppia di inerzia pari a m1 ⋅ a P ⋅ OM . La forza di inerzia su m2,
diretta secondo OC, non produce alcun momento torcente, ma il peso di m2 induce rispetto ad O una
coppia pari a m2 ⋅ g ⋅ OK (sempre nell’ipotesi che il peso della biella sia complanare alla manovella).
63
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Elementi di Costruzione di Macchine
La coppia di correzione può considerarsi generata da due forze N uguali e contrarie applicate al piede e
al bottone di manovella in modo tale che:
M C = N ⋅ PK = m ( PG ⋅ GC − ρ 2 ) α
Come già riportato, la coppia MC è diretta secondo α se PG ⋅ GC > ρ 2 , diretta in verso opposto
altrimenti.
La coppia sulla manovella dovuta all’inerzia della biella e al peso della medesima vale pertanto:
M i + M Pb = −m1aP ⋅ OM − ( m2 g + N ) ⋅ OK
(9.18)
Per ottenere la coppia totale dovremo sommare ancora la coppia dovuta all’azione dei gas sul pistone e
la coppia dovuta all’inerzia delle masse alterne.
64
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 9.5
Un motore a vapore monocilindrico, disposto orizzontalmente, ha un raggio di manovella di 0.75 e una
biella di lunghezza 1.8 m. Le masse alterne sono pari a 520 kg, mentre la biella ha una massa di 230 kg.
Il baricentro della biella dista 0.8 dal bottone di manovella e il suo momento di inerzia rispetto all’asse
baricentrico perpendicolare al piano del moto è pari a 100 kgm2..
Con riferimento ad una velocità di 90 rpm e ad un angolo di manovella di 45°, determinare il momento
sulla manovella e lo sforzo sui cuscinetti di banco dovute all’azione dell’inerzia nell’ipotesi che il peso
della biella sia complanare alla manovella.
Risolveremo questa esemplificazione prima (1) scomponendo la biella con due masse di cui una
posizionata al piede, e successivamente (2) considerando due masse posizionate rispettivamente al
piede e al bottone di manovella (in questo caso dovremo introdurre una coppia di correzione).
1. Scomposizione della biella con due masse di cui una al piede
Dalla (9.15) si ottiene:
100
PG ⋅ GD = ρ 2 =
≅ 0.435 m
230
0.435
GD =
= 0.435 m
1
Nella figura sopra riportata il quadrilatero OCLN rappresenta il diagramma di Klein delle
accelerazioni. Gg e Dd sono parallele all’asse del manovellismo, e gO e dO individuano le
accelerazioni delle accelerazioni rispettivamente di G e D.
La velocità angolare della manovella vale:
2π n
ω=
= 9.42 rad/s
60
L’accelerazione del punto G, dal diagramma di Klein, vale:
ag = ω 2 ⋅ gO ≅ ( 3π ) ⋅ 0.3 = 26.65 m/s 2
2
La forza di inerzia sulla biella vale:
Fib = mb ⋅ ag ≅ 230 ⋅ 26.65 = 6129 N
Dal triangolo delle forze HJE, la forza agente sulla manovella vale:
Fm = 5708 N
Il momento torcente dovuto all’inerzia della biella vale quindi:
M i = Fm ⋅ OQ ≅ 5708 ⋅ 0.15 = 856 Nm
65
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il momento torcente dovuto alle masse alterne vale:
M a = ma ⋅ aP ⋅ OM = ma ⋅ ω 2 ⋅ ON ⋅ OM ≅ 520 ⋅ ( 3π ) ⋅ 0.265 ⋅ 0.305 ≅ 3773 Nm
2
Il momento torcente dovuto alle inerzie della biella e delle masse alterne vale pertanto:
M it = M i + M a ≅ 856 + 3773 ≅ 4430 Nm
Le forze agenti sul bottone di manovella sono:
•
La componente della forza di inerzia della biella diretta secondo HC e di intensità 5708
N, diretta da C ad H;
•
La forza dovuta alle masse alterne diretta lungo l’asse della biella. Tale forza diretta da
C a P ha un’intensità pari a 12250 ⋅ cos φ ≅ 12440 N ;
•
La forza totale, determinata, dal parallelogramma delle forze vale: 17750.
La reazione sul cuscinetto di banco sarà uguale e contraria a tale forza.
2. Scomposizione della biella con due masse rispettivamente al piede e al bottone di manovella.
Le masse m1 e m2 rispettivamente al piede e al bottone di manovella si ricavano dalle (9.14):
m1 ≅ 102.2 kg
m2 = 127.8 kg
Le masse alterne, in questa schematizzazione, valgono:
ma = 520 + 102.2 ≅ 622.2 kg
La forza di inerzia associate a queste masse vale:
Fa = ma ⋅ ω 2 ⋅ ON ≅ 14646 N
Il momento torcente dovuto a questa forza di inerzia vale:
M ia = Fia ⋅ OM ≅ 14646 ⋅ 0.305 ≅ 4467 Nm
L’accelerazione tangenziale di P relativa a C vale:
aPC = ω 2 ⋅ LN ≅ 23.5 rad/s
Conseguentemente l’accelerazione angolare di PC vale:
a
23.5
α = PC ≅
≅ 13.1 rad/s 2 (oraria)
PC 1.8
La coppia di correzione MC, dalla (9.17), vale:
M C ≅ 230 (1 ⋅ 0.8 − 0.435 ) ⋅ 13.1 = 1100 Nm (concorde con α, pertanto oraria)
La coppia di correzione può essere sostituta da due forze N tali che:
N ⋅ PK = M C → N ≅ 620 N
Il momento torcente sulla manovella dovuto alla coppia di correzione vale:
M iC = N ⋅ OK ≅ 620 ⋅ 0.263 ≅ 163 Nm
66
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il momento torcente totale sulla manovella, dovuto alle inerzie, vale quindi:
M it = M i + M iC ≅ 4630 Nm
Come è facile verificare i momenti torcenti totali agenti sulla manovella differiscono a secondo
del tipo di schematizzazione usata. La prima schematizzazione, che prevede il posizionamento
fisso di una sola massa, è senz’altro corretta, la seconda invece, che prevede il posizionamento
di due masse agli estremi della biella, è una schematizzazione, per altro molto usata, ma che
conduce ad una soluzione accettabile ma tuttavia approssimata.
Azioni sul telaio del manovellismo biella-manovella
La figura (a) mostra l’effetto sul telaio delle forze prodotte dalla spinta del pistone e dalla inerzia delle
masse alterne (pistone, spinotto, fasce elastiche e la quota parte della massa della biella ridotta al piede).
Tali forze, la cui risultante è F, inducono sul telaio una coppia che viene reagita dai sopporti con due
reazioni uguali e contrarie Fyr.
Questa coppia di reazione è uguale alla coppia motrice M, infatti1:
Fyr = F sin φ Fb = F cos φ b = OP ⋅ sin φ
M = Fb ⋅ b = F ⋅ cos φ ⋅ OP ⋅ sin φ = Fyr ⋅ OP
La figura (b) mostra invece l’effetto sul telaio della coppia di inerzia Mc applicata alla biella.
Il telaio reagisce con una coppia di reazione Mr pari a:
M
M r = N r ⋅ OP = − C ⋅ OP
PK
1
Detto in altri termini: la coppia di rovesciamento sull’incastellatura è uguale e opposta alla coppia motrice
sull’albero.
67
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Bibliografia
Guido AR et al
Hannah J et al.
Ottani M
Lezioni di meccanica delle macchine
Mechanics of Machines
Corso di Meccanica
68
vol.2
vol.3
CUEN
Arnold
CEDAM
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10. PROGETTO E VERIFICA DI UNA BIELLA
Dimensionamento di massima a carico di punta
In un primo dimensionamento di larga massima il fusto della biella viene considerato come
un’asta caricata di punta1.
Le indicazioni di progetto distinguono il caso dei motori a scoppio, in cui la pressione dei gas
non si mantiene costante durante la fase utile del ciclo, e il caso delle motrici a vapore e delle
pompe volumetriche in cui la pressione sul pistone si mantiene costante lungo tutta la corsa di
mandata.
Motore a scoppio
Il fusto si calcola al punto morto superiore (pms), trascurando, a favore della stabilità il
contributo delle forze di inerzia.
In questa schematizzazione, indicata con p la pressione massima dei gas con d l’alesaggio
del cilindro, la forza agente sulla biella vale:
πd2
N=p
(9.19)
4
Motrici a vapore e pompe
Il fusto si calcola in corrispondenza di un angolo di manovella pari a 90°.
Con questa schematizzazione la forza agente sulla biella vale:
N=p
πd2
4cos φ
(9.20)
Una volta determinata la forza massima N, tramite la (9.19) o (9.20) a secondo del tipo di
motore assegnato, si determina il momento di’inerzia minimo da assegnare alla sezione,
nell’ipotesi che la biella, sottoposta a compressione, si comporti come un’asta caricata di punta.
1
In effetti, soprattutto nei motori a combustione interna, il calcolo della biella per
il carico di punta non è il più delle volte necessario; occorre eseguirlo solo per
gradi di snellezza superiori a 60. L’eseguire la verifica a carico di punta per gradi
di snellezza inferiori, come qui si suggerisce, porta a gradi di sicurezza apparenti
molto elevati dal punto di vista del carico di punta, mentre non offre di per sé
sufficiente garanzia dal punto di vista della trazione-compressione.
Comunque, nei casi in cui la verifica a carico di punta fosse necessaria, si deve
tenere presente che le verifiche da compiersi sono due: una nel piano normale
all’asse dello spinotto (in base al momento di inerzia Jxx rispetto all’asse
parallelo all’asse dello spinotto), supponendo la biella incernierata agli estremi e
come tale con una lunghezza libera pari alla lunghezza l della biella; l’altra nel
piano medio contenente l’asse dello spinotto (in base al momento di inerzia Jyy
rispetto all’asse normale all’asse dello spinotto) supponendo questa volta la biella
incastrata agli estremi e come tale con lunghezza libera pari a l/2. Da questo
punto di vista dovrebbe perciò farsi Jxx/Jyy = 4.
69
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Elementi di Costruzione di Macchine
Dall’ipotesi formulata da Eulero1, sul comportamento di un’asta caricata di punta, si ricava:
N ⋅ l2
N ⋅ l2
J xx = µ 2 0 con l0 = l
J yy = µ 2 0 con l0 = l 2
(9.21)
π E
π E
dove N è il carico agente sulla biella, l0 la lunghezza libera della biella, E il modulo di elasticità
normale, µ un opportuno coefficiente di sicurezza, da porsi orientativamente pari a:
• 20 per i motori a combustine interna;
• 25-30 per le motrici a vapore e le pompe volumetriche.
Segue una verifica con il metodo di Rankine2
σ
β ⋅ σ amm
N = amm 2 A α =
(9.22)
π 2E
1 + αλ
dove A è la sezione trasversale dell’asta definita tramite la (9.21), λ è la snellezza3 della biella e
β è un opportuno grado di sicurezza (in genere pari a 3).
Nelle indicazioni fornite in precedenza si sono trascurate le azioni dovute all’inerzia delle
masse alterne che al pms scaricano la biella, ma al punto morto inferiore (pmi) la
sovraccaricano. Nei motori a combustione interna al pmi la pressione dei gas è quasi assente
pertanto una verifica della biella in tale posizione è inutile. Nelle motrici a vapore e nelle
pompe volumetriche invece la pressione si mantiene pressoché costante lungo tutta la corsa di
mandata per cui la sollecitazione massima si ha al pmi dove l’inerzia delle masse alterne si
somma all’azione del pressione del fluido.
Pertanto, nelle motrici a vapore e nelle pompe volumetriche, potrebbe essere giustificato
condurre una verifica anche al pmi considerando la biella sottoposta contemporaneamente alla
forza N ricavabile dalla (9.19) e dalla forza di inerzia Fia dovute alla masse alterne ma soggette
all’accelerazione a:
(9.23)
Fia = ma ⋅ a
1
Leonhard Euler, noto in Italia come Eulero (Basilea, 15 aprile 1707 – San Pietroburgo, 18 settembre 1783), è
stato un matematico e fisico svizzero. È considerato il più importante matematico dell'Illuminismo. Allievo di
Johann Bernoulli, è noto per essere tra i più prolifici di tutti i tempi ed ha fornito contributi storicamente cruciali
in svariate aree: analisi infinitesimale, funzioni speciali, meccanica razionale, meccanica celeste, teoria dei
numeri, teoria dei grafi.
2
William John Macquorn Rankine (Edimburgo, 5 luglio 1820 – Glasgow, 24 dicembre 1872) è stato un ingegnere
e fisico scozzese. Contribuì a dare orientamento moderno alla Scienza delle costruzioni e all’ingegneria
meccanica, sistemando su basi razionali le molte nozioni e norme di progetto evolutesi con la pratica. Notevoli
sono i suoi studi sulla resistenza dei materiali specialmente per quel che concerne le sollecitazioni a fatica nel
campo ferroviario, ma la sua fama é principalmente legata agli studi sulla termodinamica.
3
Ricordiamo che la snellezza di un’asta caricata di punta, indicata con l0 la lunghezza libera di inflessione e ρ il
raggio di inerzia rispetto all’asse perpendicolare al piano di inflessione considerato, vale: λ ≡ l0 ρ
70
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In un dimensionamento di massima, come quello ora proposto, tale verifica viene in genere
omessa e si tiene conto dell’azione dell’inerzia delle masse alterne semplicemente modulando
in modo opportuno, come è già stato fatto1, i coefficienti di sicurezza da inserire nella (9.21)
Verifica al colpo di frusta
Si effettua solo per i motoria a c.i. in cui la velocità di rotazione della manovella induce delle
forze di inerzia sulla biella non trascurabili. Si pone la biella perpendicolare alla manovella e si
valuta il momento flettente max dovuto alle masse accelerate tenendo presente che in tale
posizione l’accelerazione del piede di biella può ritenersi prossima a zero.
La biella può essere quindi assimilata ad una trave appoggiata agli estremi e sollecitata da un
carico, costituito dalle forze di inerzia agenti su di essa, distribuito linearmente con valore zero
al piede.
Le forze di inerzia, per unità di lunghezza, si ottengono moltiplicando le masse per unità di
lunghezza, per le rispettive accelerazioni. Nell’ipotesi semplificativa che la biella, di massa M,
abbia sezione uniforme, la massa per unità di lunghezza m, indicati con ρ la densità del
materiale e con A la sezione trasversale del fusto, vale:
M ρ ⋅ A⋅l
m=
=
= ρA
(9.24)
l
l
Le accelerazioni, lungo l’asse della biella, come detto in precedenza, variano linearmente dal
valore zero al piede al valore massimo amax in corrispondenza della testa. Indicata con ω la
velocità di rotazione della manovella e con r il suo raggio, tale accelerazione massima vale:
amax = rω 2
Da cui il carico massimo per unità di lunghezza vale:
qmax = ρ ⋅ A ⋅ r ⋅ ω 2
(9.25)
Pertanto, agli effetti del colpo di frusta, la biella viene schematizzata come di seguito riportato.
Il valore del momento flettente, in corrispondenza di una generica sezione di ascissa x , vale:
1
In effetti i coefficienti di sicurezza consigliati per le pompe volumetriche e per le motrici a vapore (25-30) sono
superiori ai coefficienti di sicurezza consigliati per i motori a combustione interne (20)
71
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Elementi di Costruzione di Macchine
qmax ⋅ l
q
x − max x3
(9.26)
6
6l
Mentre la funzione del taglio è:
dM f ( x ) qmax ⋅ l qmax ⋅ 3x 2
(9.27)
T ( x) =
=
−
dx
6
6l
Il momento flettente assume il valore massimo in corrispondenza della sezione in cui il taglio si
annulla, ovvero, dalla (9.27), per:
M f ( x) =
3
(9.28)
l ≅ 0.577 ⋅ l
3
Sostituendo la (9.28) nella (9.26) si ottiene il valore del momento flettente massimo:
x=
qmax ⋅ l 2 ⋅ 3
(9.29)
≅ 0.064 ⋅ qmax ⋅ l 2 ≅ 0.064 ⋅ M ⋅ ω 2 ⋅ r ⋅ l
27
Nella (9.29) M f max è dato in Nm, quando r ed l sono espressi entrambi in metri e ω viene
M f max =
misurato in rad/s.
Si determina la tensione massima di flessione con riferimento ad una sezione posta a circa 0.6l
dal piede di biella avente modulo di resistenza alla flessione W f 0.6l
σ f max =
M f max
(9.30)
W f 0.6l
Questa tensione coesiste con la tensione di compressione σn dovuta alla forza N che agisce in
direzione della biella. Quando la biella è perpendicolare alla manovella l’angolo φ vale:
cos φ =
l
l + r2
e la pressione all’interno del cilindro, in prima approssimazione, si può porre:
p ≅ pmax / 3
2
La tensione σn , indicata con Ap l’area del pistone, e con A la sezione trasversale della biella,
vale pertanto:
p A
σ n = max p
(9.31)
3 ⋅ cos φ ⋅ A
Una verifica alquanto grossolana può essere condotta verificando che:
σ ≅ σ f max + σ n ≤ σ amm
I valori della tensione ammissibile possono essere posti, in prima approssimazione pari a:
σ amm ≅
σ sn
5 ÷ 10
Cenni sull’impostazione della verifica a fatica
Sempre considerando gli effetti del colpo di frusta, si potrebbe impostare una verifica a fatica
determinando, per la fibra interessata, il valore della tensione massima e minima e quindi della
tensione media.
Occorre distinguere, a questo scopo, le macchine a doppio effetto dalle macchine a effetto
semplice.
Nelle macchine a semplice effetto, durante la corsa di ritorno, l’azione sul fusto della biella
dovuto al fluido può essere considerato nullo, pertanto, nel ciclo, il valore di della tensione σn
oscilla tra zero e il valore determinato dalla (9.31). Con riferimento alla figura di seguito
riportata, la biella è sottoposta sulla fibra 2, ossia quella maggiormente sollecitata, ad una
tensione alterna asimmetrica tra i valori:
72
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Elementi di Costruzione di Macchine
σ max = − (σ f + σ n ) compressione
σ min = σ f trazione
e con tensione media pari a:
σ media =
σn
2
Nelle macchine a doppi effetto dove durante la corsa di ritorno il fluido esercita una forza
uguale e contraria a quella fornita durante la corsa di andata, la fibra più sollecitata (sempre la
fibra 2) è sottoposta ad una tensione alterna simmetrica tra i valori:
σ max = + (σ f + σ n ) trazione σ min = − (σ f + σ n ) compressione
Esempio 10.1
Di un motore Diesel quadriciclindrico, a quattro tempi, sono noti i seguenti dati:
• Rapporto corsa diametro
C/Dp
1.6;
• Velocità media degli stantuffi
vm
3.86 m/s;
• Velocità di rotazione
n
290
rpm;
• Pressione massima nel cilindro
p
80
bar.
Assumendo con opportuno criterio ogni altro dato occorrente, si esegua il proporzionamento della
biella, a sezione circolare uniforme cava con rapporto tra i diametri χ pari a 0.4, e con lunghezza
l = 0.9 m.
Si stimi inoltre la potenza e il consumo orario del motore.
Il momento di inerzia1 della sezione circolare cava, rispetto ad una asse diametrale, vale:
π ( D 4 − d 4 ) π D 4 (1 − χ 4 )
64 J
J=
=
→ D=4
(9.32)
64
64
π (1 − χ 4 )
La sezione trasversale di una sezione circolare cava, vale:
π ( D 2 − d 2 ) π D 2 (1 − χ 2 )
4A
A=
=
→ D=
4
4
π (1 − χ 2 )
1
Si tratta in questo caso, più propriamente, di un momento quadratico di superficie.
73
(9.33)
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Elementi di Costruzione di Macchine
In corrispondenza di un giro completo il pistone compie due corse. La corsa C del pistone si trova
pertanto moltiplicando la velocità media degli stantuffi per il tempo impiegato a compiere mezzo giro.
Dalla corsa del pistone si ricava immediatamente il diametro dello stantuffo.
1 60
C
C = vm ⋅
≅ 0.399 m → D p =
≅ 0.250 m
2 n
1.6
La forza N agente sulla biella al pms, può essere ritenuta, trascurando a favore della stabilità le forze di
inerzia delle masse alterne, pari a:
π Dp2
N = p⋅
≅ 392700 N
(9.34)
4
Si procede ad un primo dimensionamento di massima determinando il momento di inerzia della sezione
tramite la relazione di Eulero (9.21).
J xx = µ
N ⋅ l02
con l0 = l
π 2E
→ J xx ≅ 20
392700 ⋅ ( 0.9 ⋅ 100 )
π ⋅ 206000 ⋅ 100
2
2
≅ 313 cm 4
Il diametro esterno della sezione si calcola tramite la (9.32):
64 J
D= 4
≅ 9 cm d = 3.6 cm
A ≅ 53.4 cm 2
4
π (1 − χ )
Noti l’area A e il momento di inerzia Jxx si determina il raggio giratorio ixx:
J xx
ixx ≡
≅ 2.42 cm
A
Si può procedere ora ad un affinamento dei risultati impostando una verifica a carico di punto seguendo
le indicazioni di Rankine.
Dalla (9.22) si ricava il carico massimo sopportabile dall’asta che dovrà corrispondere, a grandi linee, al
il carico determinato con la (9.34). Nell’ipotesi di realizzare la biella con un acciaio C40 bonificato,si
può far affidamento su una tensione ammissibile pari a:
σ
400
σ amm ≅ sn ≅
≅ 67 MPa
6
6
σ
β ⋅ σ amm
N R = amm 2 A α =
π 2E
1 + αλ
67
3 ⋅ 67
90
λ = l0 i ≅
NR =
53.4 ⋅ 102 α = 2
≅ 10−5
≅ 37.2
2
π 206000
1 + αλ
2.42
N R ≅ 314723 N
Il valore del carico massimo sopportabile dall’asta risulta decisamente inferiore al carico agente su di
essa determinato con la (9.34).
Pertanto la verifica a carico di punta, condotta secondo l’ipotesi di Rankine, non è da ritenersi superata.
Non resta che aumentare le dimensioni della sezione e procedere ad una nuova verifica.
D = 95 mm → A ≅ 59.5 cm2 J xx ≅ 389 cm4 ixx ≅ 2.56 cm
σ
β ⋅ σ amm
N R = amm 2 A α =
π 2E
1 + αλ
67
3 ⋅ 67
90
λ = l0 i ≅
NR =
59.5 ⋅ 102 α = 2
≅ 10−5
≅ 35.2
2
π 206000
1 + αλ
2.56
N R ≅ 355147 N
74
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il carico massimo trovato differisce soltanto di circa il 10% dal carico massimo effettivamente agente
sulla biella. In queste condizioni, la verifica a carico di punta, condotta secondo l’ipotesi di Rankine,
può ritenersi superata1.
Si conduce ora una verifica al colpo di frusta anche se non pienamente giustificata dalla ridotta velocità
di rotazione del motore (< 300 rpm).
La massa M della biella vale:
M = ρ ⋅ A ⋅ l ≅ 7.8 ⋅ 0.595 ⋅ 9 ≅ 42 kg
Con la (9.29) si calcola il momento flettente dovuto alle inerzie agenti sulla biella in posizione di
quadratura.
 2π n   0.399 
M f max ≅ 0.064 ⋅ M ⋅ ω ⋅ r ⋅ l ≅ 0.064 ⋅ 42 ⋅ 
 
 0.9 ≅ 445 Nm
 60   2 
La tensione indotta dalla flessione in una sezione posta ad una distanza 0.6l dal piede vale:
M
445 ⋅ 100 9.5
σ f f max =
≅ 5.4 MPa (decisamente bassa, come previsto)
Wf
389
2
2
2
Determiniamo ora la forza esercitata dai gas sulla biella quando questa si trova in posizione di
quadratura.
2
p π Dp 1
l
F = max
cos φ =
3
4 cos φ
l2 + r2
F=
8 ⋅ 106 π ⋅ 0.2502 1
3
4
0.999
cos φ =
9
9 + ( 0.399 2 )
2
2
≅ 0.999
F ≅ 131031 N
La tensione di compressione indotta dalla forza F vale:
F
131031
σn = ≅
≅ 22 MPa
A 59.5 ⋅ 102
La tensione totale risulta ben inferiore alla tensione ammissibile:
σ tot = σ n + σ f ≅ 27.4 MPa
Passiamo ora alla stima della potenza e del consumo orario.
Dai manuali si possono ricavare, tra l’altro, la potenza specifica e il consumo di combustibile in base al
tipo di motore.
Impiego
Aviazione
Autoveicoli
Ciclo e n. di tempi
Otto-4
Otto-4
Diesel-4
3
20÷40
70÷100
22÷60
75÷120
15÷25
60÷80
Potenza specifica kW/dm
Consumo di combustibile g/MJ
Installazioni fisse o marine
Diesel-4
Diesel-4
media velocità
lenti
6÷13
2÷3
54÷65
55÷65
La cilindrata V del motore è pari a:
V = C ⋅ AP ⋅ i ≅ 78.3 dm3
La potenza del motore, nell’ipotesi di un’installazione fissa a media velocità, può essere stimata pari a:
Pot ≅ 78.3 ⋅ 6 ≅ 470 kW
In un’ora il lavoro compiuto vale:
L = Pot ⋅ 3600 ≅ 1692 MJ
Pertanto il consumo orario di combustibile può essere stimato pari a:
ch ≅ 60 ⋅ 1692 ≅ 101520 g ≅ 101.5 kg
1
Può essere utile valutare anche la tensione dovuta alla compressione semplice
σ cs = N / A ≅ 392700 / 59.5 ⋅10 2 ≅ 66 MPa
75
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 10.2
Si fa l’ipotesi che durante un adeguato periodo di prova di una autovettura, vengano segnalate
rotture al fusto delle bielle veloci in prossimità del piede.
Dopo una approfondita analisi del fenomeno, emerge che non era stato valutato opportunamente il tipo
di sollecitazione gravante nella sezione di rottura.
Pertanto occorrerà rifare un nuovo calcolo per il dimensionamento.
Si dispone dei seguenti dati
b=h
C = 80 mm
pmax = 2.85 Mpa
h’=0.5 h
D = 80 mm
R = 920 N/mm2
d = 0.25
ng = 5500 giri/min
h = 10 mm
e = 0.25 h
l = 160 mm
H = 20 mm
Legenda
corsa del pistone
C
D
alesaggio
l
lunghezza della biella
pmax pressione massima sul pistone
R
carico di rottura minimo del materiale costituente la biella
Si richiede, adottando un coefficiente di sicurezza per bielle veloci n = 8, di:
• eseguire le opportune verifiche sullo stato di fatto;
• determinare le nuove dimensioni del fusto di biella.
Verifica sullo stato di fatto
Forza di compressione, dovuta ai gas, al pms.
π pmax ⋅ D 2
Fmax =
≅ 14326 N
4
In prima approssimazione, il diametro esterno dello spinotto può essere posto pari a:
DSP ≅ 0.25 ⋅ D ≅ 20 mm
Il diametro dell’albero a gomiti, in mancanza di dati più precisi, può determinarsi come si trattasse di un
perno di estremità ponendo una tensione ammissibile a flessione intorno agli 80÷90 MPa e un rapporto
di caratteristico pari a1.2.
Dag =
5  l

σ amm  Dag

 ⋅ Fmax ≅ 32 mm

Noti i diametri dello spinotto e dell’albero a gomiti, è possibile schizzare la biella:
76
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Elementi di Costruzione di Macchine
Caratteristiche della sezione al piede di biella (h = 10 mm)
Area resistente
Ap = 0.75 ⋅ h 2 ≅ 75 mm 2
Momento quadratico di superficie rispetto ad x-x
J xxp ≅ 0.078 ⋅ h 4 ≅ 780 mm 4
Raggio giratorio
i p = J xxp Ap ≅ 3.22 mm
Caratteristiche della sezione al punto medio (h = 15 mm)
Area
Am ≅ 0.75 ⋅ h2 ≅ 0.75 ⋅152 ≅ 169 mm2
Caratteristiche della sezione posta a 0.6l dal piede di biella (h = 17.2 mm)
Momento quadratico di superficie rispetto a x-x
J xx 0.6l ≅ 0.078 ⋅ h4 ≅ 6827 mm4
Modulo di resistenza a flessione
J
W f 0.6l = xx 0.6l ≅ 794 mm3
h2
Con riferimento al pms, e considerando una sollecitazione di compressione semplice, la tensione in
corrispondenza del piede di biella risulta pari a:
σ cs = Fmax Ap ≅ 14326 75 ≅ 191 > R 8 ≅ 115 MPa
Pertanto la sezione corrispondente al piede di biella è sottodimensionata, giustificando pienamente le
rotture avvenute durante il periodo di prova. La biella deve essere ridimensionata.
Ridimensionamento della biella
Dimensionamento di massima a compressione semplice
F ⋅n
Ap = max ≅ 125 mm 2 → h = Ap 0.75 ≅ 13 mm → J xx ≅ 0.078 ⋅ h4 ≅ 2228 mm 4
R
ixx = J xx Ap ≅ 4.22 mm
λ = l0 ixx ≅ 160 4.22 ≅ 38
Si determina ora, con il metodo di Rankine, il carico massimo sopportabile dalla biella nell’ipotesi di
considerare la stessa come un solido caricato di punta.
77
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NR =
σ amm
A
1 + αλ 2
α=
115
125
1 + α 382
N R ≅ 11546 N
β ⋅ σ amm
π 2E
α=
NR =
Elementi di Costruzione di Macchine
3 ⋅ 115
≅ 17 ⋅ 10−5
π 206000
2
Il valore di NR e decisamente inferiore a Fmax: non resta altro che aumentare ancora la sezione.
Si pone h = 14 mm
Ap ≅ 147 mm 2
J xx ≅ 0.078 ⋅ h 4 ≅ 2996 mm 4
ixx = J xx Ap ≅ 4.51 mm
NR =
σ amm
A
1 + αλ 2
α=
115
147
1 + α 35.52
N R ≅ 13927 N
NR =
λ = l0 ixx ≅ 160 4.51 ≅ 35.5
β ⋅ σ amm
π 2E
α=
3 ⋅ 115
≅ 17 ⋅ 10−5
π 206000
2
La sezione può considerarsi verificata: la forza NR differisce da Fmax per meno del 3%.
Schizzo della nuova soluzione proposta
Verifica della biella in posizione di quadratura
La sezione pericolosa dista circa 0.6l (96 mm) dal piede di biella
Caratteristiche della sezione (h = 18.32 mm)
Area resistente
Ao.6l ≅ 0.75 ⋅ h 2 ≅ 252 mm 2
Momento quadratico di superficie rispetto ad x-x
J xx 0.6l ≅ 0.078 ⋅ h4 ≅ 8786 mm4
Modulo di resistenza a flessione
W f 0.6 l = 2 ⋅ J xx 0.6 l h ≅ 959 mm 3
78
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Elementi di Costruzione di Macchine
Determinazione approssimata della massa della biella
Altezza media hm = 17 mm
M = δ ⋅ ( 0.75 ⋅ hm2 ) ⋅ l ≅ 7.8 ⋅ 0.75 ⋅ 17 2 ⋅ 10−4 ⋅ 1.6 ≅ 0.27 kg
Il momento flettente massimo indotto dalle inerzie agenti perpendicolarmente all’asse della biella, vale:
 2π n 
4
M f max ≅ 0.064 ⋅ M ⋅ 
 ⋅ r ⋅ l = 0.064 ⋅ 0.27 ⋅ 33 ⋅ 10 ⋅ 0.04 ⋅ 0.16 ≅ 36.5 Nm
60


La tensione di flessione vale:
M
σ f = f max ≅ 38 MPa
W f 0.6l
2
A questa tensione di flessione deve sommarsi la tensione di compressione dovuta all’azione dei gas.
Nella posizione di quadratura la pressione dei gas può essere assunta pari a 1/3 della pressione massima,
pertanto la forza F esercitata sulla biella vale.
F=
2
pmax π D p 1
3
4 cos φ
F=
2.5 ⋅ 106 π ⋅ 0.082 1
3
4
0.97
cos φ =
l
l + r2
2
cos φ =
160
1602 + 402
F ≅ 4318 N
La tensione di compressione vale pertanto:
σ n = F A0.6 l ≅ 4318 252 ≅ 17 MPa
La tensione totale massima in quadratura vale:
σ tot = σ n + σ f ≅ 55 MPa < σ amm ≅ 115 MPa
La biella è da considerarsi verificata.
79
≅ 0.97
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 10.3
Si esegua un dimensionamento di massima del fusto della biella di un motore ad accensione comandata
per autovettura da realizzare con un acciaio 40 NiCrMo 3.
Si hanno disponibili i seguenti dati:
regime massimo di rotazione
n
5000 rpm
alesaggio
d
70
mm
corsa del pistone
c
64.9 mm
lunghezza della biella
l
108
mm
massa del fusto
mF
0.30 kg
pressione massima
p
3.65 MPa
Tipo di sezione e caratteristiche geometriche
Si adotta una sezione a doppio T come di seguito rappresentato
Caratteristiche della SEZ.1
Area della sezione
A = 0.5 ⋅ h 2
Momenti quadratici di superficie1
superficie1
J xx ≅ 0.08 ⋅ h4
J yy ≅ 0.019 ⋅ h 4
Raggi di inerzia
ixx ≅ 0.4 ⋅ h
i yy ≅ 0.195 ⋅ h
Snellezze
λxx ≅ 2.5
l
h
λyy ≅ 5.13
1
l
h
Poiché J xx ≅ 4 J yy , la sezione presenta, agli effetti del carico di punta, la stessa instabilità sia considerando la
biella incernierata agli estremi e come tale con una lunghezza libera pari alla lunghezza l della biella e con piano
di inflessione normale all’asse dello spinotto, sia supponendo la biella incastrata agli estremi (lunghezza libera
pari a l/2) e considerando come piano di inflessione il piano medio della biella contenente l’asse dello spinotto.
80
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Elementi di Costruzione di Macchine
Materiale e tensione ammissibile
L’acciaio 40 NiCrMo 3 ha un carico unitario di rottura pari a circa 980 MPa. Facendo riferimento, in un
calcolo di larga massima, ad un coefficiente di sicurezza intorno a 7.5, la tensione ammissibile risulta
pari a circa 130 MPa.
Progetto sella SEZ.1 con il metodo di Eulero
Forza sul pistone al pms
πd2
Fmax = p
≅ 14047 N
4
Dalla (9.21), posto un coefficiente di sicurezza µ ≅ 20 , si ottiene:
Fmax ⋅ l02
14047 ⋅ 1082
con l0 = l → J xx = 20 2
≅ 1612 mm 4 → h ≅ 12 mm
2
π E
π 206000
Verifica della SEZ.1 in accordo con l’ipotesi di Rankine
Dalla (9.22) posto un coefficiente di sicurezza β ≅ 3 , si ottiene il carico massimo sopportabile
J xx = µ
dalla biella al pms.
σ amm
β ⋅ σ amm
3 ⋅ 130
A α=
≅ 2
≅ 1.92 10−4
2
2
π E
π 206000
1 + αλ
σ
130
N = amm 2 A ≅
72 ≅ 8531 N
1 + αλ
1 + 1.92 ⋅ 10−4 ⋅ 22.52
N=
La SEZ.1 non è verificata essendo N ≪ Fmax
Si aumenta la SEZ.1 portando h a 15 mm e si conduce una nuova verifica secondo Rankine.
σ
130
N = amm 2 A ≅
128 ≅ 15775 N
1 + αλ
1 + 1.92 ⋅ 10−4 ⋅ 16.92
La SEZ.1 è verificata.
Verifica la colpo di frusta
Dallo schizzo si ricava che la sezione posta a 0.6 l dal piede (SEZ.2) ha un’altezza pari a circa
21 mm. Il modulo di resistenza flessionale, in tale sezione, vale:
W f 0.6 l ≅ 742.5 mm 3
La verifica al colpo di frusta si effettua in posizione di quadratura considerando la flessione
indotta dalla massa della biella in rototraslazione e la compressione sul fusto esercitata dal gas.
Flessione indotta dall’inerzia della biella
Dalla (9.29) si calcola il momento flettente massimo
 2π ⋅ 5000   0.0649 
M f max ≅ 0.064 ⋅ 0.3 ⋅ 
 
 ⋅ 0.108 ≅ 18.5 Nm
60

  2 
La tensione massima dovuta alla flessione vale pertanto:
M
σ f = f max ≅ 25 MPa
W f 0.6l
2
Compressione indotta dai gas
In posizione di quadratura, la pressione dei gas, in mancanza di dati più precisi, può
essere assunta pari 1/3 della pressione massima. Pertanto, in quadratura, la forza
esercitata sul pistone è pari a:
1
F = Fmax ≅ 4802 N
3
81
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Elementi di Costruzione di Macchine
La forza esercitata sul fusto della biella vale:
F
r
φ = tan −1   ≅ 16.72°
cos φ
l
Fb ≅ 4890 N
Fb =
L’area della sezione resistente (SEZ.2) vale:
A2 = 148 mm2
e la tensione di compressione vale:
F
σ c = b ≅ 33 MPa
A2
Una verifica, alquanto grossolana, al colpo di frusta può essere condotta verificando
che la somma della tensione massima di flessione e della tensione di compressione non
supera il valore della tensione ammissibile:
σ f + σ c = 25 + 33 = 58 ≪ σ amm = 130 MPa
La verifica è superata e il progetto di massima può ritenersi concluso. La SEZ.2 parrebbe
sovradimensionata, tuttavia le sue dimensioni sono imposte non solo dalla necessità di
sopportare gli sforzi dovuti all’azione combinata della flessione e della compressione, ma
soprattutto dall’esigenza di garantire un corretto raccordo del fusto con il cappello.
82
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 10.4
Con riferimento al motore Ducati 998 RS 02 si richiede di:
1. determinare le funzioni di spostamento, di velocità e di accelerazione del pistone in funzione di
parametri geometrici caratteristici del manovellismo.
2. determinare le forze agenti sulla biella
3. determinare le tensioni massime, minime e medie agenti sulle sezioni caratteristiche della
biella.
Caratteristiche tecniche del motore Ducati 998 RS 02
Motore Bicilindrico a L 90°, ciclo Otto a 4 tempi
Alesaggio
100
mm
Corsa
63.5 mm
Cilindrata totale
998
cm3
Rapporto di compressione
12.6 ± 0.2:1
Potenza max (95/1/CE) 130.8 kW
al regime di 12000
giri/min
Coppia max (95/1/CE) 110
Nm
al regime di 9500
giri/min
Distribuzione a doppio albero a camme in testa, 4 valvole per cilindro con comando a cinghia dentata,
sistema desmodromico.
Aspirazione-Apertura
10°
DPMS
Aspirazione-Chiusura
27°
DPMI
Scarico-Apertura
36°
PPMI
Scarico-Chiusura
6°
PPMS
Biella realizzata in Ti 6Al 4V Grade 5 STA Densità ρ = 4.43 kg/dm3
Cinematica
L = 124 mm (lunghezza della biella)
C = 63.5 mm (corsa del pistone)
R = C/2 = 31.75 (raggio di manovella)
x spostamento del pistone rispetto alla
posizione corrispondente al PMS
α spostamento angolare della manovella
rispetto alla posizione corrispondente al PMS
β angolo formato dall’asse della biella con
l’asse del cilindro
83
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Legge di spostamento del pistone (x) in funzione dell’angolo α
1
 x = R (1 − cos α ) + L (1 − cos β )


→ x = R  1 − cos α + 1 − 1 − λ 2 sin 2 α 

λ


λ = R L
λ rapporto di allungamento pari a 0.2-0.3 ove i valori inferiori si riferiscono ai motori più veloci.
)
(
βmax = sin −1 λ . Nel nostro esempio R = 31.75 mm e λ = 0.256
Per uno spostamento angolare della manovella pari a π 2 il pistone compie uno spostamento maggiore
della metà della corsa. Ciò significa che per percorrere la prima metà della corsa il pistone impiega un
tempo minore che per percorrere la seconda metà.
70
Spostamento pistone x (mm)
60
50
40
30
Raggio di manovella R = 31.75 mm
Rapporto di allungamento λ = 0.256
20
10
0
90
180
270
360
Angolo di manovella α (°)
Legge della velocità v del pistone in funzione dell’angolo di manovella


dx
λ sin 2α
= ω R  sin α +

2
2
dt
2 1 − λ sin α 

poiché, per i valori normalmente assunti da λ , può porsi:
v=
1 − λ 2 sin 2 α ≅ 1
allora
λ


v ≅ ω R  sin α + sin 2α 
2


La velocità si annulla per α = 0 e α = π, ossia ai punti morti, mentre per α = π / 2 e α = 3π / 2 diviene, in
valore assoluto, uguale alla velocità di spostamento ωR del perno di manovella. Il punto in cui la
velocità del pistone è massima si ha in corrispondenza del valore α che soddisfa la relazione:
cos α + λ cos 2α = 0
La velocità media del pistone, nel suo movimento tra i punti morti, rappresenta un importante parametro
delle condizioni di funzionamento del motore.
84
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Indicata con n la frequenza di rotazione del motore in rpm, e con C la corsa in m, la velocità media del
Cn
pistone, in m/s, risulta pari a: vm =
30
Legge della accelerazione a del pistone in funzione dell’angolo di manovella
d 2 x dv
ap = 2 =
= ω 2 R ( cos α + λ cos 2α )
dt
dt
2
a p = ω R (1 + λ )
pmi
a p = −ω 2 R (1 − λ )
pms
85
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Dinamica del manovellismo
Per studiare la dinamica del manovellismo occorre conoscere le masse dotate di moto alterno e di moto
rototraslatorio.
Masse dotate di moto alterno
Pistone
326
g
Spinotto
66.7 g
Fasce elastiche e anelli di arresto dello spinotto
19.3 g
Totale ma
412
g
Masse dotate di moto rototraslatorio
Fusto della biella
194
g
Cappello della biella
67.1 g
Vite testa di biella
28.2 g
Semiguscio cuscinetto della testa di biella
19.5 g
Cuscinetto piede di biella
12.8 g
369.3 g
Totale mb
Al fine del calcolo delle forze d’inerzia, si può schematizzare la biella con un sistema a due
masse concentrate poste rispettivamente nella posizione del piede di biella (punto A) e del
perno di manovella (punto B). La conservazione del momento d’inerzia Jz rispetto all’asse
passante per il baricentro G e normale al piano del moto può essere trascurata.
mba = mb ( L2 L )
mba + mbb = mb
→

mba L1 = mbb L2
mbb = mb ( L1 L )
L = 124 mm
L1 = 90.759 mm
mba ≅ 99 g
86
L2 = 33.241 mm
mbb = 270.3 g
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Verifica delle tensioni agenti su di una sezione prossima al piede
La sezione prossima al piede può essere considerata soggetta all’azione combinata della pressione dei
gas all’interno della camera e delle inerzie dovute alle masse alterne.
Area sezione B-B
ABB = 238 mm2
Azione dei gas
Si ha a disposizione il diagramma delle pressioni1 all’interno del cilindro in funzione dell’angolo di
manovella.
Sul fusto della biella si scarica una forza Fgas(α) di intensità pari a:
π A2 1
π A2
1
Fgas (α ) = ( p (α ) − patm )
= ( p (α ) − patm )
2
4 cos β
4
r

1 −  sin α 
l

1
(9.35)
Il diagramma si riferisce all’andamento della pressioni assoluta all’interno del cilindro. Per determinare la forza
indotta sul pistone occorre sottrarre dalla pressione assoluta la pressione atmosferica.
87
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Azione delle inerzie delle masse alterne
Massa alterne totale
mat = ma + mba ≅ 412 + 99 = 511 g
Forza inerzia associata diretta lungo l’asse del manovellismo
Fia = − mat ⋅ a p = − mat ⋅ ω 2 R ( cos α + λ cos 2α )
Forza lungo il fusto della biella dovuta alle masse alterne
1
Fiab = −mat ⋅ ω 2 R ( cos α + λ cos 2α )
(9.36)
2
r


1 −  sin α 
l

Azione totale
L’azione totale sul fusto, dovuta all’azione dei gas e delle inerzie associate alle masse alterne, si
determina sommando le forze espresse dalle (9.35) e (9.36)
Pertanto si ha:


π A2
1
Fb (α ) =  ( p (α ) − patm )
− mat ⋅ ω 2 R ( cos α + λ cos 2α ) 
(9.37)
2
4


r

1 −  sin α 
l

Allo spunto
Sollecitazione (N)
Tensione (MPa)
+50350
215
88
Al regime di 12000 rpm
Max
Min
+23310
-32000
98
-134
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Elementi di Costruzione di Macchine
Verifica nella sezione E-E posta a circa 0.6l dal piede
Caratteristiche della sezione E-E
Area resistente
AEE ≅ 209 mm2
Momento quadratico di superficie
J yyE ≅ 13202 mm 4
Modulo di resistenza flessione
W fyyE ≅ 880 mm 3
Forze trasversali sulla biella
Nel considerare le forze trasversali, non è lecita la schematizzazione della biella a masse concentrate.
Si calcolano preliminarmente le accelerazioni nei punti A e B.
a A = a = Rω 2 ( cos α + λ cos 2α )

2
aB = Rω
e le rispettive componenti trasversali, trascurando i termini in λ2:
a An = aA sin β = a Aλ sin α = Rω 2 ( λ sin α cos α + λ 2 sin α cos 2α ) = Rω 2
(
λ
2
sin 2α
aBn = aB sin (α + β ) = aB ( sin α cos β + cos α sin β ) = aB sin α 1 − λ 2 sin 2 α + λ cos α sin α
)
λ


≅ Rω 2  sin α + sin 2α 
2


Ipotizzando poi una distribuzione lineare delle accelerazioni della biella rispetto alla coordinata
longitudinale u, si ottiene:
a (α ) + a An (α )
u
λ

an ( u ,α ) = a An + Bn
u = Rω 2  sin 2α + sin α 
L
L
2

89
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Elementi di Costruzione di Macchine
La sezione della biella non è costante e in prima approssimazione può ritenersi che la sezione vari
linearmente da A0 (piede di biella) ad AL (testa di biella). La generica sezione vale pertanto:
A − A0
A ( u ) = A0 + L
u
L
Nel nostro caso possiamo ritenere, in prima approssimazione, A0 = 238 mm 2
AL = 346 mm2
In corrispondenza della coordinata longitudinale u, un elemento di biella di spessore du ha una massa
dm pari a:
A − A0 

dm(u ) = ρ A ( u ) du = ρ  A0 + L
u  du
L


E la relativa forza di inerzia elementare vale:
A − A0  2  λ
u


dFbt ( u ,α ) = ρ A ( u ) an ( u , α ) du = − ρ  A0 + L
u  Rω  sin 2α + sin α  du = Fɶbt ( u , α ) du
L
L
2



90
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Elementi di Costruzione di Macchine
Le reazioni vincolari si calcolano tramite le equazioni cardinali della statica:
L

 RA (α ) + RB (α ) + ∫ Fɶbt ( u ,α ) du = 0
0


L


L
∫0 Fɶbt ( u,α ) udu
 R (α ) L + Fɶ ( u ,α ) udu = 0
→ RB (α ) = −
∫0 bt
 B
L
u
M f ( u ,α ) = − RAu − ∫ Fɶbt ( u ,α ) udu
0
Riportiamo i risultati dei calcoli con riferimento ad un’ascissa u = 74 mm .
α
0
90
180
270
360
450
540
630
720
α
Fg
Fia
Fn
σn
Mf
σf
σti, σte
Fg
0
0
0
1875
43082
6062
2237
0
0
Fia
-32179
6785
19062
6785
-32179
6785
19062
6785
-32179
Fn
-32179
6785
19062
8860
10903
12847
21299
6785
-32179
σn
-154
32.5
91.2
42.4
52.2
61.5
102
32.5
-154
Mf
0
-98.12
0
98.12
0
-98.12
0
98.12
0
σf
0
-111.5
0
111.5
0
-111.5
0
144
0
σte
-154
-79
91.2
153.5
52.2
-50
102
229.5
-154
σti
-154
144
91.2
-69.1
52.2
173
102
-111.5
-154
angolo di manovella (°)
forza assiale sulla biella dovuta ia gas (N)
forza assiale sulla biella dovuta all’inerzia delle masse alterne (N)
Fg + Fia
tensione assiale totale Fn/Ar con Ar = 209 mm2 (MPa)
momento flettente dovuto alla massa della biella (Nm)
tensione di flessione Mf/Wf con Wf = 880 mm3 (MPa)
tensioni totali, somme delle tensioni dovute alla flessione e allo sforzo assiale, rispettivamente
per le fibre più interne e più esterne.
91
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Elementi di Costruzione di Macchine
92
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Elementi di Costruzione di Macchine
Costruzione del diagramma di Smith & Goodman relativo alla lega Ti-6Al-4V
Dati
Tensione di rottura
Tensione di snervamento
Resistenza all’oscillazione
950
880
550
MPa
MPa
MPa
Il grado di sicurezza1 risulta circa 2.9
1
E’ un risultato di larga massima. Non si sono considerati gli eventuali fattori di intaglio nonché gli effetti dovuti
alla finitura superficiale e alle dimensioni della biella (fattore di scala).
93
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Elementi di Costruzione di Macchine
Appendice
A0 − AL  2  λ
u


∫0 Fɶbt ( u,α ) du = ∫0 ρ  A0 + L u  Rω  2 sin 2α + L sin α  du
L
L
L
λ
u2
= ρ A0 Rω sin 2α ⋅ u 0 + ρ A0 Rω sin α ⋅
+
2
2L 0
2
L
2
A − A0
λ
u2
ρ L
Rω 2 sin 2α
L
2
2
L
0
L
A − A0
u3
+ρ L
Rω 2 sin α
=
L
3L 0
 λ L2

A − A0
L
L2
 λL

Rω 2 
= ρ A0 Rω 2 
sin 2α + sin α  + ρ L
sin 2α + sin α  =
L
2
3
 2

 4

2
2
  λL

L
L
 A − A0  λ L
= ρ Rω 2  A0 
sin 2α + sin α  + L
sin 2α + sin α  

2
L  4
3


  2
L
L
AL − A0  2  λ
u


∫0 Fɶbt ( u,α ) udu = ∫0 ρ  A0 + L u  Rω  2 sin 2α + L sin α  udu
= ρ A0 Rω 2
λ
2
sin 2α ⋅
u2
2
L
L
+ ρ A0 Rω 2 sin α ⋅
0
A − AL
λ
u3
ρ 0
Rω 2 sin 2α
L
2
3
L
0
u3
+
3L 0
L
A − A0
u4
+ρ L
Rω 2 sin α
=
L
4L 0
 λL

 λ L3

A − A0
L
L3
Rω 2 
= ρ A0 Rω 2 
sin 2α + sin α  + ρ L
sin 2α + sin α  =
L
3
4
 4

 6

2
2
3
3
  λL
 A − A0  λ L

L
L
= ρ Rω 2  A0 
sin 2α + sin α  + L
sin 2α + sin α  

L  6
3
4


  4
2
2
AL − A0  2  λ
u


∫0 Fɶbt ( u,α ) udu = ∫0 ρ  A0 + L u  Rω  2 sin 2α + L sin α  udu
u
u
  λ L2
 A − A0  λ L3

u 32
u4
= ρ Rω 2  A0 
sin 2α +
sin α  + L
sin
2
α
+
sin α  

3L
4L
L  6


  4
Bibliografia
Giovannozzi R.
Ottani M
Perotti P.
Costruzione di Macchine
Corso di Meccanica
Meccanica Macchine
94
vol.2
vol.3
vol.3
Patron
CEDAM
Calderini
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Elementi di Costruzione di Macchine
11. VERIFICA DELLA MANOVELLA DI ESTREMITA’
Le manovelle sono gli elementi del meccanismo biella-manovella che, calettati sugli alberi o di pezzo
con essi, consentono la trasformazione del moto alterno dei pistoni nel moto rotatorio degli alberi o
viceversa, a secondo che il meccanismo sia inserito rispettivamente in una macchina motrice o in una
macchina operatrice.
L’insieme della manovella e dei relativi perni di banco realizza il cosiddetto albero a gomiti.
Di seguito viene riportato lo schema di un albero a gomiti che comprende quattro manovelle.
Il calcolo di un albero a gomiti è piuttosto complesso e richiede, tra l’atro, la risoluzione di un sistema
iperstatico.
Nel caso invece di una manovella d’estremità si può impostare, come vedremo in seguito, un calcolo di
verifica sufficientemente approssimato e di esecuzione non particolarmente laboriosa.
Calcolo di una manovella d’estremità
Una manovella d’estremità è costituita da un perno (1) (perno di manovella o bottone) collegato
all’albero (2) mediante un braccio(3) (maschetta) munito di due mozzi.
Il calcolo di una manovella di estremità viene svolto come verifica, nel senso che, determinate le
dimensioni dall’albero e del bottone se ne disegna il profilo in base ai dati pratici forniti dai manuali
verificando poi la stabilità del braccio nelle sezioni pericolose
95
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Elementi di Costruzione di Macchine
d1
l1
a
D
L
e
D1
( 2 ÷ 2.5) d
(1.5 ÷ 1.7 ) d
( 3.5 ÷ 4 ) d
D ≅ D '− ( 2 ÷ 10 ) mm
(1 ÷ 1.2 ) D
0.8d
(1.8 ÷ 2 ) D '
Calcolo del bottone
Sul bottone di manovella si considera agente la forza N scaricata dalla biella (in genere si
trascurano le forze di inerzia dovute alle masse in moto alternativo). Il calcolo del bottone, che è un
perno di estremità, si effettua nel modo consueto assumendo il rapporto caratteristico del perno
l / d ≅ 1 ÷1.2 . Per le motrici a vapore si considera la posizione in cui l’angolo di manovella vale
90°, in questo caso la forza N scaricata sul perno vale N = F / cos φ dove F è la forza agente sul
pistone e φ è l’angolo della biella rispetto alla congiungente il piede di biella con l’asse del perno
di banco. Per i motori a combustione interna si esamina invece il manovellismo al punto morto
superiore, al momento cioè in cui la pressione del gas è massima.
Calcolo dell’albero (perno di banco)
Il diametro dell’albero D’si valuta in base alla sollecitazione di flesso-torsione che ha origine per la
contemporanea presenza del momento flettente Na (in prima approssimazione a vale circa 4d) e
del momento torcente. Occorre sottolineare che in tutte le macchine alternative il momento
torcente cambia istante per istante; nelle motrici a vapore, nelle pompe e in tutte le macchine in cui
la forza F agente sul pistone rimane costante lungo tutta la corsa di mandata, si può ritenere
massimo il momento torcente corrispondente alla biella perpendicolare alla manovella ed appunto
in questa posizione verranno valutate le tensioni di flesso torsione. Nei motori a combustione
interna il massimo momento torcente si verifica in corrispondenza di un angolo di manovella di 3545°, in questo caso, in mancanza di dati più precisi, si assume per momento torcente massimo il
valore 0.5 Fmaxr (r = raggio di manovella) ovvero N = 0,7 Fmax e b (braccio) = 0.7 r
Nel seguito si riportano le posizioni del manovellismo e le sollecitazioni da considerare nel calcolo
dell’albero, nel caso di motrici a vapore (o pompe volumetriche) e di motori a combustione interna.
sollecitazioni sull’albero motore
Momento flettente
M f ≅ N ⋅a
Momento torcente
Mt = N ⋅ r
96
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Sollecitazioni sull’albero motore
Elementi di Costruzione di Macchine
Momento flettente
M f ≅ 0.7 ⋅ Fmax ⋅ a
Momento torcente
M t = 0.5 ⋅ Fmax ⋅ r
Verifica del braccio
Una volta determinati i diametri d del perno (bottone di manovella) e del diametro D’ dell’albero (perno
di banco) si procede al disegno della manovella secondo il proporzionamento riportato in precedenza e
si verificano le sezioni critiche n-n- ed m-m di seguito rappresentate.
Verifica della sezione n-n
Viene
condotta
ponendo
il
manovellismo al punto morto
superiore, considerando pertanto la
flessione Nc composta con l’unica
compressione dovuta a N. La
tensione massima vale:
σ max = σ c + σ f ≤ σ amm
σc =
N
bn ⋅ e
σf =
N ⋅c
(1 6 ) ⋅ bn ⋅ e2
e deve risultare minore della
tensione ammissibile del materiale
costituente il braccio.
97
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Elementi di Costruzione di Macchine
Verifica della sezione m-m
Viene condotta posizionando la
manovella in quadratura (motrici a
vapore e pompe volumetriche) o in
corrispondenza di un angolo di
manovella intorno ai 35-45° in
modo del tutto analogo a quanto è
stato descritto a proposito del
calcolo dell’albero (perno di
banco). Si considerano agenti la
compressione dovuta a R e le
flessione dovute a Tr1 e Rc da
comporre con l’unica torsione
dovuta a Tc.
Per le motrici a vapore e le pompe volumetriche, dato che si considera la posizione di
quadratura, la forza R risulta nulla. Nei motori a combustione si considera, al solito, una
forza agente sulla biella pari a circa il 70% della Fmax (in assenza, ovviamente, di dati più
precisi).
Si distinguono pertanto queste due distribuzioni di tensione
Motrici e vapore e pompe volumetriche
τ max = α
N ⋅c
bm ⋅ e2
bm e
1
τ min = β
N ⋅c
bm ⋅ e2
1.2
σf =
1.5
N ⋅ r1
(1 6 ) ⋅ e ⋅ bm2
2
3
10
∞
α
4.80
4.57
4.33
4.06
3.80
3.20
3
β
4.80
4.37
3.93
3.50
3.07
2.46
─
Il valore di α può anche essere assunto, in prima approssimazione pari a:
α ≅ 3 + 1.8 ⋅ ( e bm )
Nel proporzionamento consueto della manovella, β può essere assunto pari a 0.8α
La verifica è da ritenersi superata se sono soddisfatte le seguenti imposizioni:
σ 1id = 3 ⋅τ max ≤ σ amm
2
σ 2id = σ 2f + 3τ min
≤ σ amm
98
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Elementi di Costruzione di Macchine
Motori a combustione interna
σC =
R
e ⋅ bm
τ max = α
σ fR =
N ⋅c
bm ⋅ e 2
T ⋅c
(1 6 ) ⋅ bm ⋅ e2
τ max = β
σ fT =
T ⋅ r1
(1 6 ) ⋅ bm2 ⋅ e
N ⋅c
bm ⋅ e 2
La verifica è da ritenersi superata se sono soddisfatte le seguenti imposizioni:
σ 1id =
(σ
σ 2id =
(σ
2
+ σ fR ) + 3τ max
≤ σ amm
2
C
2
+ σ fT ) + 3τ min
≤ σ amm
2
C
σ 3id = σ C + σ fT + σ fR ≤ σ amm
Carichi di sicurezza per le manovelle
I carichi di sicurezza ammissibili per le manovelle variano, in prima approssimazione, da 60 MPa per
gli acciai ordinari, fino a 120-150 MPa per gli acciai al Cr-Ni.
99
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 11.1
Una pompa a stantuffo a semplice effetto ha le seguenti caratteristiche:
velocità di rotazione: n = 120 giri al minuto primo;
diametro del cilindro: 200 mm;
corsa del pistone: c = 320 mm;
prevalenza manometrica: 280 J/kg;
fluido movimentato: fanghi con massa volumica di 1600 kg/dm3
Si richiede di:
1. disegnare, con opportuna scala, il diagramma del momento richiesto in funzione dell’angolo di
manovella;
2. eseguire uno schizzo quotato della manovella di estremità del meccanismo assumendo con proprio
criterio tutte le dimensioni occorrenti.
3. calcolare, in riferimento alle posizioni critiche della manovella (quadratura e allineamento con
biella), le sollecitazioni presenti nelle sezioni trasversali più pericolose.
Determinazione del diagramma del Momento Motore
ω=
Velocità di rotazione ω
V=
Cilindrata V
Raggio di manovella r
πd2
4
2π n
= 12.56 rad / s
60
c ≅ 10 dm3
r=
c
= 160 mm
2
Lavoro L svolto nel ciclo
L = Lu ⋅ V ⋅ δ = 10 ⋅10−3 ⋅ 280 ⋅1600 = 4480 J
La potenza N della pompa, indicato con t il tempo impiegato per completare un ciclo, vale
L 4480 ⋅ 120
N= =
= 8960 W
t
60
La potenza all’albero della manovella, posto il rendimento della pompa η = 0.85 , vale:
8960
≅ 10540 W ≅ 10.5 kW
η 0.85
La forza F agente sul pistone vale, in prima approssimazione:
L 4480
F= ≅
≅ 14000 N
c 0.32
Il momento Ma agente sull’asse dell’albero motore si calcola con la relazione:
F ⋅v
Ma ⋅ω =
Na =
N
=
η
dove con v si è indicata la velocità del piede di biella
Sia l la lunghezza della biella e r il raggio di manovella. Si può porre:
r
µ = ≅ 0.5
l
100
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Indicato con ϕ l’angolo di manovella, il momento torcente Ma all’albero, tenuto conto del rendimento,
può esprimersi, in prima approssimazione, nel modo seguente:

F
M a =
η

M = 0
 a
µ


r  sin ϕ + sin 2ϕ 
2


0≤ϕ ≤π
altrimenti
Calcolo del diametro del perno di manovella
Il diametro del perno di manovella, in prima approssimazione1, si può calcolare limitando la pressione
specifica.
Considerando un angolo di manovella pari a 90°, il valore della forza agente sul perno P vale:
F
P=
≅ 16170 N
cos(sin −1 0.5)
La pressione ammissibile massima pa può essere posta pari a 8 N/mm2. Il diametro d1 del perno di
manovella, ipotizzando pari a 1.2 il rapporto l1/d1 (l1 lunghezza del perno), vale pertanto:
d12 =
1
P
( l1 d1 ) pa
⇒
d1 =
P
≅ 41 mm
1.2 pa
si dovrà poi procedere alla verifica a flessione ed eventualmente a riscaldamento
101
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Elementi di Costruzione di Macchine
Calcolo del diametro dell’albero di manovella
Un primo dimensionamento1 di massima del diametro D dell’albero di manovella può essere
effettuato a torsione semplice utilizzando delle tensioni ammissibili convenientemente ridotte. Con
riferimento ad un acciaio 40 NiCrMo 3 bonificato possiamo porre la tensione ammissibile a torsione
pari a 50 MPa.
Si ha pertanto:
D=3
16 M a
16 ⋅ 2900 ⋅ 1000
≅3
≅ 66 mm
π ⋅τ amm
π ⋅ 50
Una volta stimati d1 e D , noto r, si può schizzare la manovella e procedere alle verifiche del braccio
che dovranno essere effettuate al punto morto superiore e in posizione di quadratura.
Schizzo di massima della manovella (disegno non in scala)
Verifica della manovella
La verifica va condotta nelle sezione n-n e m-m. Nel caso di pompe la sezione n-n va verificata al
punto morto, mentre la sezione m-m va verificata con biella perpendicolare alla manovella. Il
materiale del braccio sia un acciaio F490 con una tensione ammissibile pari a 60 MPa.
Verifica della sezione n-n
La sezione n-n è rettangolare ed ha dimensioni (e x bn) circa pari a 33 x 79.
Al punto morto superiore agisce sul pistone la forza F che determina, sulla sezione n-n, una tensione
di compressione e una di flessione. La tensione massima di flessione vale:
 58 + 33 
6 ⋅ 14000 ⋅ 

F ⋅c
 2  ≅ 44 MPa
σf =
=
1 2
79 ⋅ 332
bn e
6
1
Successivamente l’albero di manovella dovrà essere verificato a flesso torsione.
102
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Elementi di Costruzione di Macchine
dove con c si è indicata la semisomma di e (spessore del braccio) con l1 (lunghezza del perno di
manovella)
La tensione di compressione vale:
F 14000
σc =
=
≅ 5.4 MPa
bn e 79 ⋅ 33
La tensione massima totale vale:
σ t = σ f + σ c ≅ 50 MPa < 65 MPa
Verifica della sezione m-m
La sezione m-m è rettangolare ed ha dimensioni (e x bm) circa pari a 33 x 92.
Con biella perpendicolare alla manovella, sul perno di manovella viene ad agire una forza F’ pari a:
F
F'=
≅ 15652 N
cos(tan −1 0.5)
Tale forza F’ genera sulla sezione m-m una sollecitazione di flessione e una sollecitazione di torsione.
15652 ⋅ (160 − 50)
M f = F '⋅ r1 ≅
≅ 1722 Nm
1000
15652 ⋅ 45.5
M t = F '⋅ c ≅
≅ 712 Nm
1000
Le tensioni conseguenti sono:
M
6 ⋅ 1722 ⋅ 1000
σf = f ≅
≅ 38 MPa
33 ⋅ 922
Wf
τ max = α
Mt
bm e 2
τ min = β
Mt
bm e 2
3.8 ⋅ 712 ⋅ 1000
3.07 ⋅ 712 ⋅ 1000
≅ 27 MPa
τ min ≅
≅ 22 MPa
2
92 ⋅ 33
92 ⋅ 332
Con riferimento allo schema sotto riportato dovremo verificare che:
τ max ≅
σ 1id = 3 ⋅τ max ≤ σ amm
2
σ 2id = σ 2f + 3τ min
≤ σ amm
σ 1id = 3 ⋅ τ max ≅ 47 MPa < 60 MPa
2
= 382 + 3 ⋅ 222 ≅ 54 MPa < 60 MPa
σ 2id = σ 2f + 3τ min
La manovella è da considerarsi verificata.
103
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 11.2
Eseguire il dimensionamento di massima di una manovella d’estremità, facente parte di
manovellismo di spinta rotativa, e i cui dati di progetto sono di seguito riportati.
Lunghezza della biella
l
360
mm
Raggio di manovella
r
158
mm
Forza costante sul piede di biella
F
9200 N
Carico di sicurezza del materiale costituente la manovella
σamm
50
MPa
Distanza tra mezzeria del bottone di manovella e quella del sopporto di banco
a
125
mm
Pressione specifica max sul bottone
p
9
MPa
un
Calcolo del diametro del perno di manovella
Con riferimento ad un angolo di manovella di 90°, la forza sul bottone vale:
F
Fb =
≅ 10239 N
cos ( sin −1 ( r l ) )
Il diametro del perno, sulla base della limitazione della pressione specifica, ipotizzato un rapporto
caratteristico pari a 1.1, risulta:
Fb
≅ 32 mm
1.1 pa
d1 =
La tensione di flessione, sul perno, risulta pari a:
σ fb =
16 ⋅ Fb  l1  32 ⋅ 10239
1.1 ≅ 56 MPa
 ≅
π ⋅ d12  d1 
π ⋅ 322
Se si realizzasse il perno con un acciaio C40 bonificato1 , tale tensione sarebbe pienamente
accettabile.
Calcolo del diametro dell’albero di manovella
Il diametro dell’albero D di manovella si valuta in base alla sollecitazione di flesso-torsione che ha
origine per la contemporanea presenza del momento flettente M f = F '⋅ a e del momento torcente
M t = F '⋅ r
F'=
F
cos ( tan −1 ( r l ) )
Il momento flettente ideale vale:
M fid = M 2f + 0.75M t2 ≅
(10047 ⋅ 0.125)
2
+ 3 (10047 ⋅ 0.158 ) ≅ 3023 Nm
2
Nel’ipotesi di realizzare anche l’albero motore in C40 bonificato, la tensione ammissibile sull’albero
stesso potrebbe porsi pari a circa 85 MPa. Il diametro D risulta pertanto pari a:
D=
3
32M fi
π ⋅ σ amm
≅
3
32 ⋅ 3023 ⋅ 1000
≅ 72 mm
π ⋅ 85
Noti il raggio di manovella e i diametri del bottone e dell’albero motore si proporziona la manovella in
base alle indicazioni fornite in precedenza.
1
Un acciaio C40 bonificato ha un carico e di rottura e un carico di snervamento pari circa rispettivamente a 550 e
290 MPa.
104
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Elementi di Costruzione di Macchine
Schema (non in scala) della manovella.
Verifica della manovella
Verifica della sezione n-n
La sezione n-n è rettangolare ed ha dimensioni (e x bn) circa pari a 26 x 80.
Al punto morto superiore agisce sul pistone la forza F che determina, sulla sezione n-n, una tensione
di compressione e una di flessione. La tensione massima di flessione vale:
 36 + 26 
6 ⋅ 9200 ⋅ 

F ⋅c
 2  ≅ 32 MPa
σf =
=
1 2
80 ⋅ 262
bn e
6
La tensione di compressione vale:
F
9200
σc =
=
≅ 4.4 MPa
bn e 26 ⋅ 80
La tensione massima totale vale:
σ t = σ f + σ c ≅ 36.4 MPa < 50 MPa
Verifica della sezione m-m
La sezione m-m è rettangolare ed ha dimensioni (e x bm) circa pari a 26 x 106.
Con biella perpendicolare alla manovella, sul perno di manovella viene ad agire una forza F’ pari a:
F
F'=
≅ 10047 N
cos(tan −1 0.44)
Tale forza F’ genera sulla sezione m-m una sollecitazione di flessione e una sollecitazione di torsione.
10047 ⋅ (158 − 65)
M f = F '⋅ r1 ≅
≅ 935 Nm
1000
10047 ⋅ 31
M t = F '⋅ c ≅
≅ 312 Nm
1000
105
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Elementi di Costruzione di Macchine
Le tensioni conseguenti sono:
M
6 ⋅ 935 ⋅ 1000
σf = f ≅
≅ 19 MPa
Wf
26 ⋅1062
τ max = α
Mt
bm e 2
τ min = β
Mt
bm e 2
3.7 ⋅ 312 ⋅ 1000
2.98 ⋅ 312 ⋅ 1000
≅ 16 MPa
τ min ≅
≅ 13 MPa
2
106 ⋅ 26
106 ⋅ 262
Con riferimento allo schema sotto riportato dovremo verificare che:
τ max ≅
σ 1id = 3 ⋅τ max ≤ σ amm
2
σ 2id = σ 2f + 3τ min
≤ σ amm
σ 1id = 3 ⋅ τ max ≅ 29 MPa < 50 MPa
2
= 192 + 3 ⋅ 132 ≅ 29.5 MPa < 50 MPa
σ 2id = σ 2f + 3τ min
La manovella è da considerarsi verificata.
Bibliografia
Ottani M
Pierotti P.
Corso di Meccanica
Meccanica Macchine
vol.3
vol.3
106
CEDAM
Calderini
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Elementi di Costruzione di Macchine
12. Le molle ad elica cilindrica soggette a compressione
12.1 La barra di torsione
La barra di torsione semplice presenta una parte attiva elastica a sezione circolare piena e due testate,
una delle quali si suppone fissa, mentre l’altra ruota di un determinato angolo θ per effetto di un
momento torcente ad essa applicato.
Con riferimento alla condizione di carico sopra illustrata, la tensione massima di torsione (costante
lungo tutto l’asse della barra), indicato con d il diametro della barra, vale:
16M t 16 ⋅ F ⋅ R
τ1 =
=
(12.1)
πd3
πd3
La tensione massima di taglio vale:
4 4⋅ F
τ2 =
3 πd2
(12.2)
La freccia sotto carico, indicato con G il modulo di elasticità tangenziale1, si calcola con la seguente
relazione2:
32 F ⋅ R 2 ⋅ l
f =θ ⋅R =
(12.3)
π G ⋅d4
1
Tra il modulo di elasticità tangenziale G, il modulo di elasticità normale E ed il rapporto di Poisson ν vale la
seguente relazione:
G = E ( 2 (1 + ν ) )
2
Indicato con J il momento quadratico di superficie (polare) della sezione e con z la sua distanza dalla testata
fissa, ricordando che il momento torcente Mt è costante lungo tutto l’asse della barra, si ha:
θ
Mt
Mt
M l
Mt
dθ
=
→ dθ =
dz → θ = ∫ dθ = t ∫ dx ⇒ θ =
dz G ⋅ J
G⋅J
G⋅J 0
G⋅J
0
Posto M t = F ⋅ R
J=
πd4
32
è immediato ottenere la (12.3)
107
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il coefficiente di utilizzazione m, ovvero il rapporto tra l’energia potenziale elastica U effettivamente
immagazzinata1 e l’energia potenziale elastica U0 corrispondente al verificarsi in tutti i punti della molla
della massima tensione1 vale:
1
F ⋅ R ⋅θ
U
m≡
= 2
U0
1 τ2
V
2 G
(12.4)
dove con V si è indicato il volume della barra di torsione. Sostituendo nella (12.4) i valori di θ e τ
ricavabili rispettivamente dalle (12.3) e (12.1) si ottiene:
1
32 F ⋅ R ⋅ l
F ⋅R⋅
1
2
π G⋅d4
=
m=
2
1 πd
2
 16 ⋅ F ⋅ R 
⋅l ⋅
⋅G
3 
2 4
⋅
d
π


(12.5)
Quindi, in una barra di torsione, l’energia accumulabile è circa la metà di quella che si avrebbe se tutti
gli elementi dell’albero fossero soggetti alla tensione tangenziale massima
1
L’energia U0 immagazzinata in un elemento sollecitato, in campo elastico, a taglio semplice può essere calcolata
facilmente considerando la figura sopra riportata (parte sx). Se la faccia inferiore dell’elemento è fissa, per
determinare l’energia immagazzinata U0, è sufficiente considerare il lavoro compito dalla forza agente sulla faccia
superiore di area A. Si ha quindi:
Uo =
τ ⋅ A⋅δ
2
=
τ⋅A
2
⋅( L ⋅γ ) =
τ ⋅ A⋅ L τ
2
G
=
τ 2 ⋅V
2G
L’energia U accumulata, in campo elastico, da una barra di torsione si determina facilmente considerando la
figura sopra riportata (parte dx). L’energia accumulata corrisponde all’area OAB e vale:
1
U = M t ⋅θ
2
108
ITI OMAR Dipartimento di Meccanica
Elementi di Costruzione di Macchine
12.2 Le molle di compressione ad elica cilindrica
Lo studio teorico del comportamento di un solido a sezione circolare costante, con asse disposto ad
elica, presenta indubbiamente una certa difficoltà. In prima approssimazione, tuttavia, una molla ad
elica cilindrica, sottoposta ad una carico di compressione F, si comporta, sostanzialmente, come la barra
di torsione ad essa associata e di seguito rappresentata:
Determinazione delle tensioni
Indicati con d il diametro del filo, con l la sua lunghezza e con D il diametro medio di avvolgimento
della molla, l’analogia prima definita, consente di esprimere facilmente le tensioni massime di torsione
e taglio in una sezione normale all’elica:
8⋅ F ⋅ D
16 F
τ1 =
τ2 =
(12.6)
3
πd
3 πd2
La tensione massima si ha nella fibra interna (la fibra più vicine all’asse della molla), laddove cioè le
tensioni τ1 e τ2 hanno segno concorde, e vale:
8⋅ F ⋅ D  2 d 
τ max =
1+
(12.7)
π d 3  3 D 
(a) Tensione di taglio; (b) tensione di torsione; (c) tensione di taglio e torsione; (d) effetto della curvatura
Dall’esame della (12.7), si nota che il secondo temine tra parentesi, rappresentante l’effetto dello sforzo
di taglio, aumenta all’aumentare del rapporto d/D e diviene pertanto di una certa importanza nelle molle
elicoidali pesanti (d elevato) nelle quali, in effetti, le esperienze eseguite mostrano che le lesioni, di
solito, iniziano nella parte interna della spira.
La tensione calcolata con la (12.7) non tiene ancora conto, tuttavia, dell’effetto della curvatura della
molla che, determinando un aumento dello scorrimento unitario sulla fibra interna e una corrispondente
109
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Elementi di Costruzione di Macchine
diminuzione nella fibra interna1, modula ulteriormente la distribuzione delle tensioni come riportato
nella figura precedente (d).
Il valore massimo della sollecitazione tangenziale τmax si può ottenere semplicemente moltiplicando la
tensione di torsione τ1 (valutata prescindendo dalla curvatura) per un fattore di correzione delle
sollecitazioni χ , variabile in funzione del rapporto di avvolgimento w = D/d secondo il diagramma sotto
riportato, o in accordo con le formule approssimate proposte da Whal2 (12.8) e Bergsträsser3 (12.9).
4w − 1 0.615
+
w = D d (indice della molla)
(12.8)
4w − 4
w
w + 0.5
χB =
(12.9)
w − 0.75
Pertanto noti il carico F, il diametro medio di avvolgimento D e diametro del filo d, la tensione
massima si valuta con la seguente relazione4:
8⋅ F ⋅ D
τ χ max = χ
(12.10)
π d3
χW =
Tensioni ammissibili
Le tensioni ammissibili statiche, dipendono fortemente dal diametro del filo5. A parità di ogni altra
condizione, i fili di diametro minore presentano tensioni ammissibili più elevate di quelle adottabili per
i fili di diametro maggiore.
1
Il momento torcente, costante lungo l’asse dell’elica di avvolgimento, produce una rotazione relativa, tra due
sezioni radiali successive, che determina uno scorrimento unitario maggiore sulla fibra interna (più corta) rispetto
a quella esterna (più lunga).
2
A.M.WAHL, Stresses in Heavy Closely Coiled Helical Springs, Trans.ASME, APM-51-17, 185 (1929).
3
M.Bergsträsser, Die Berechnung zylindrischer Schraubenfedern, Z.VDI, Bd77, 198 (1933).
4
La (12.10) deve essere usata solo nel caso di carichi dinamici, per molle caricate staticamente o quasi
staticamente la tensione torsionale si valuta semplicemente con la prima delle (12.6). Una molla si definisce
caricata staticamente se il carico è da ritenersi costante nel tempo; una molla si definisce caricata quasi
staticamente se il carico varia con il tempo con un’ampiezza della sollecitazione torsionale trascurabile (per
esempio un’ampiezza di sollecitazione torsionale fino a 0,1 volte la resistenza a fatica) oppure se il carico, pur
variando con un’ampiezza della sollecitazione torsionale maggiore, presenta, nel corso dell’intera vita della
molla, un numero di cicli limitato a non più di 104. Una molla che non sia caricata staticamente o quasi
staticamente è da considerarsi caricata dinamicamente.
5
Diametri dei fili unificati da 0.1 a 13 mm:
0.1;0.12;0.15;0.20;0.25;0.30;…;0.85;0.90;1.00;1.10;…;3.00;3.2;3.4;3.5;3.7;3.8;4.00;4.20;4.50;5.00;5.50;…10.50;
11.00;12.00;13.00.
110
ITI OMAR Dipartimento di Meccanica
Elementi di Costruzione di Macchine
La resistenza di un filo per molle dipende inoltre dalla modalità di realizzazione della molla stessa
(avvolgimento a caldo o a freddo) e dagli eventuali trattamenti termici. (bonifica1, patentamento2,
ecc…).
Infine è utile sottolineare come sia essenziale, ai fini del miglioramento della resistenza a fatica di una
molla, che la superficie della stessa sia perfettamente liscia, senza segni o incisioni e priva, per quanto
possibile, di zone decarburate.
In mancanza di dati più precisi, la resistenza a rottura a trazione (σR) di un filo per molle può ricavarsi
semplicemente dalla seguente relazione:
A
σR ≅ m
(12.11)
d
dove d è il diametro del filo espresso in mm, A ed m delle costanti ricavabili dalla tabella sottostante.
Materiale
Filo armonico
Filo temprato in olio e rinvenuto
Filo trafilato
Filo al CrV
Filo al CrSi
Acciaio inox
Bronzo fosforoso
Esponente m
0.145
0.187
0.190
0.168
0.108
0.146
0.263
0.478
0
0.028
0.064
A (MPa·mmm)
2211
1855
1783
2005
1974
1867
2065
2911
1000
913
932
Diametro d (mm)
0.10 ─ 6.5
0.5 ─ 12.7
0.7 ─12.7
0.8 ─ 11.1
1.6 ─ 9.5
0.3 ─ 2.5
2.5 ─ 5
5 ─ 10
0.1 ─ 0.6
0.6 ─ 2
2 ─ 7.5
Dal carico di rottura si può risalire alla sollecitazione torsionale massima ammissibile, per molle a
elica caricate staticamente, secondo quanto indicato nella tabella sottostante:
Sollecitazione torsionale massima ammissibile3 τ tamm = β ⋅ σ R
β
Materiale
Filo armonico e acciaio al carbonio trafilato a freddo
Acciaio al carbonio temprato, acciaio basso legato
Acciaio austenitico inossidabile
Leghe non ferrose
1
#
senza presetting¥
dopo presetting
w − 0.75
w + 0.5
w − 0.75
0.50
w + 0.5
w − 0.75
0.35
w + 0.5
w − 0.75
0.35
w + 0.5
( 0.65 ÷ 0.75)
0.45
w
w + 0.5
Con il termine bonifica si designa l’insieme delle due operazioni di tempra e rinvenimento
Il patentamento consiste in un’astenitizzazione seguita da un raffreddamento sufficientemente energico, ma al di
sopra di Ms, tale da conferire al materiale una struttura favorevole al successivo lavoro di deformazione a freddo.
3
La tabella riporta, rispetto ai dati originali forniti da Joerres (E.Shigley, Charles R. Mischke, Brown TH:
Standard Handbook of Machine Design; 3ed. McGraw-Hill 2004) delle modifiche per renderla conforme alle
indicazioni delle norme di progetto attuali che prevedono, nel caso di carichi statici o quasi statici, di computare le
tensioni, come già segnalato in precedenza, con la prima delle (12.6).
2
111
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Elementi di Costruzione di Macchine
# w =D/d
¥ Il presetting è usato nella fabbricazione delle molle a elica di compressione per indurre delle sollecitazioni
residue. La molla viene costruita con un’altezza superiore a quella necessaria e poi compressa a pacco. In
questa operazione viene superato, nelle fibre più periferiche, il limite di snervamento torsionale della molla
che, una volta tolto il carico, risulta dell’altezza desiderata e pretensionata in modo opposto rispetto a quelle
che saranno le sollecitazioni in esercizio.
L’altezza iniziale della molla deve essere tra il 10 e il 30% superiore rispetto all’altezza libera finale. Se la
tensione a pacco supera di 1.3 volte lo snervamento si possono avere distorsioni, d’altro lato se è inferiore a
1.1 le tensioni residue risultano inadeguate. Il presetting permette di migliorare la capacità di carico statico
della molla anche del 45-65% e raddoppia l’energia accumulabile per unità di materiale.
Il presetting ovviamente non dovrà essere preso in considerazione per molle in cui può essere ipotizzabile una
inversione del carico.
Tensioni ammissibili a fatica
Le molle sono quasi sempre soggette a fatica e sovente devono sostenere milioni di cicli, e devono
essere pertanto progettate a “vita infinita”.
Per aumentare la resistenza a fatica delle molle ad elica si può usare la pallinatura, che consente di
aumentare il limite di resistenza torsionale fino al 20%. Il diametro dei pallini usati è di circa 0.4 mm,
quindi il diametro di avvolgimento e il passo della molla devono permettere il trattamento su tutta la
superficie della molla1.
La verifica a fatica viene condotta valutando se le condizioni di carico (tensioni massime e minime)
collocano lo stato tensionale del filo all’interno di una certa area definita come area di resistenza a
fatica. Secondo Goodman tale area può essere definita, in un grafico riportante sulle ascisse le tensioni
medie e sulle ordinate le semi ampiezze dei cicli di tensione, come l’area sottesa dalla retta passante per
i punti A e B. Il punto A è posizionato sull’asse delle ascisse ed ha coordinate (τ R ;0 ) , dove τ R è il
carico di rottura a torsione che può ritenersi pari a 0.67 ⋅ σ R ; il punto B ha coordinate (τ aL ;τ mL ) dove
τ aL e τ mL rappresentano rispettivamente la semiampiezza e la tensione media corrispondente al limite di
fatica sperimentale e che per molle a elica sottoposte a compressione possono essere assunti in accordo
con la tabella sotto riportata2.
Limite di fatica per molle a elica cilindrica
sottoposte a compressione
Tipo di molle
τ aL (MPa)
τ mL (MPa)
Non pallinate
Pallinate
241
398
1
379
534
La norma UNIEN 13906-1 prevede, a questo proposito, di effettuare la pallinatura solo su molle con d > 1 mm,
w < 15 e distanza minima tra due spire attive a molla libera maggiore del diametro del filo.
2
F.P. Zimmerli Human Failures in Spring Applications, “The Mainsping”, n.17, Ass. Spring Corp. 1957
112
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Elementi di Costruzione di Macchine
Una volta noti A e B risulta determinata anche l’ordinata τ oL del punto C, ovvero la semiampiezza del
limite di fatica corrispondente ad un ciclo di tensione alternato.
τ oL =
τ aL
1 − τ mL τ R
(12.12)
Determinazione del coefficiente di sicurezza a fatica
In corrispondenza di uno stato tensionale caratterizzato da una semiampiezza τ a e da una tensione
media τ m , il coefficiente di sicurezza ηf può essere espresso come rapporto tra le ordinate del punto D e
del punto E ottenuto come intersezione della retta dall’origine passante per D con la retta passante per
AC.
τɶaL =
ηf ≡
r ⋅ τ oL ⋅ τ R
r ⋅ τ R + τ oL
τɶaL
r=
τa
τm
(12.13)
(12.14)
τa
Le deformazioni
Sempre con riferimento alla barra di torsione associata, la freccia di una molla ad elica cilindrica
soggetta a compressione può valutarsi semplicemente tramite la (12.3) una volta che la lunghezza l
113
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Elementi di Costruzione di Macchine
venga sostituita dal prodotto ia ⋅ π D dove ia indica il numero di spire attive, ovvero quelle spire che
con la modificazione del loro passo concorrono a determinare la freccia.
32 F ⋅ R 2 ⋅ ia ⋅ π D 8 ⋅ D 3
f =θ ⋅ R =
=
ia ⋅ F
(12.15)
π
G ⋅d4
G⋅d4
Il valore del modulo di elasticità tangenziale G può essere scelto in base alla tabella di seguito proposta.
Il rapporto k , tra il carico F e la freccia indotta f, prende il nome di rigidezza della molla.
G ⋅d4
k≡F f =
(12.16)
8 ⋅ D 3 ⋅ ia
Il grafico con frecce sulle ascisse e carichi corrispondenti sulle ordinate prende il nome di caratteristica
della molla. All’aumentare del carico la freccia aumenta linearmente fino a raggiungere il valore
massimo fb , ovvero la freccia corrispondente al blocco delle spire (molla a pacco).
Come accennato in precedenza, alcune spire, già collassate in assenza di carico, non partecipano alla
determinazione della freccia: tali spire vengono denominate spire inattive.
Il numero di spire inattive ii dipende dalla forma delle estremità della molla e dal processo di
fabbricazione. Si può ritenere che le molle di compressione avvolte a freddo richiedano 2 spire inattive,
quelle avvolte a caldo 1,5 spire. Il numero totale1 di spire può porsi pertanto pari a:
1
Per una corretta spinta assiale, il numero totale di spire dovrebbe risultare un multiplo dispari di mezza spira o
almeno, nel caso in cui il numero totale di spire sia minore di 8, un multiplo dispari di un quarto di spira.
114
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per molle avvolte a caldo
ia + 1.5
it = ia + ii = 
(12.17)
per molle avvolte a freddo
ia + 2
La molla non caricata viene detta molla libera, la molla con spire bloccate viene detta molla a pacco
Con riferimento alla figura sopra riportata, si definiscono le seguenti grandezze:
Molla libera
L0
p0
L0 lunghezza della molla libera
p passo della molla caricata
pb passo della molla a pacco
Molla caricata
L
p
f
δ
p0
f
fb
Molla a pacco
Lb
fb
∆ = Σδ
passo della molla libera
freccia della molla caricata
freccia della molla a pacco
L lunghezza della molla caricata
Lb lunghezza della molla a pacco
δ vuoto interspira sotto carico
La lunghezza a blocco della molla, nel caso di gran lunga più frequente di terminali chiusi e molati, si
pone:
per molle avvolte a caldo
( it − 0.3) d
(12.18)
Lb = 
per molle avvolte a freddo
it ⋅ d
La somma minima ∆min di tutti i vuoti interspira, utile tra l’altro per determinare la lunghezza minima
ammissibile della molla, varia a secondo della modalità di realizzazione della molla.
0.02 ⋅ ia ( D + d )
molle avvolte a caldo

(12.19)
∆ min =  

D2
+ 0.1d 
molle avvolte a freddo
ia  0.0015
d

 
Tra la lunghezza libera L0, la lunghezza a blocco Lb e la lunghezza sotto carico L valgono le seguenti
relazioni:
8D3 F
L0 = Lb + ∆ + f
L = Lb + ∆
ia
(12.20)
con f =
G⋅d4
115
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Instabilità
Certe molle hanno tendenza a essere instabili; la lunghezza critica di una molla alla quale inizia
l’instabilità, è chiamata lunghezza di instabilità Lk e la freccia della molla fino al punto di instabilità è
detta freccia della molla sotto il carico di instabilità fk.
L’influenza dell’alloggiamento delle estremità della molla viene tenuta in considerazione per mezzo del
coefficiente di appoggio ν, che è indicato nella figura sotto riportata per i più comuni tipi di
alloggiamento.
La sicurezza contro l’instabilità può essere valutata con il grafico riportato nella pagina seguente. Nella
zona a destra della curva limite la molla è instabile, nella zona a sinistra la molla è stabile.
116
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Elementi di Costruzione di Macchine
Frequenza naturale di risonanza
Una molla ad elica cilindrica, avente due estremità appoggiate a due piattelli rigidi, ha una frequenza
naturale di risonanza NH, che e valutabile, indicato con ρ la massa volumica e con M la massa della
molla, con la seguente relazione:
1 k
G d
(12.21)
NH =
= 3650
2 M
ρ i ⋅ D2
Nel caso particolare di molle avvolte a freddo e realizzate con filo di acciaio pretemprato, si può porre:
G = 81500 MPa
ρ = 7.86 ⋅10−6 kg/mm3
per cui la (12.21) diviene:
d
N H = 3.63 ⋅ 105 ⋅
(12.22)
i ⋅ D2
In sede di progetto è necessario verificare che la frequenza naturale di risonanza, calcolata con la
(12.21), risulti più elevata della più alta armonica della frequenza di esercizio ancora suscettibile, per la
sua intensità, di innescare il fenomeno della risonanza.
In pratica la prima frequenza propria della molla, colata con la (12.21), dovrebbe essere 15-20 volte
superiore rispetto a quella della forzante. Se la frequenza propria non è abbastanza elevata, la molla
dovrebbe essere riprogettata per aumentare k o diminuire M.
Classi di resistenza dei materiali per molle
Gli acciai per molle sono suddivisi in classi di resistenza in accordo con la norma EN 102701(2)(3):2001
Gli acciai non legati (molle avvolte a freddo) sono suddivisi in due categorie S ed D a secondo del tipo
di sollecitazione prevalente (Statica o Dinamica). Le categorie S e D sono poi ulteriormente suddivise
in base all’entità della sollecitazione fino ad ottenere cinque classi: SL, SM, SH e DM e DH.1
Gli acciai temprati per molle sono suddivisi in nove classi secondo il seguente schema:
1. Basso grado di resistenza:
FDC (Static), TDC (Medium fatigue), VDC (High fatigue)
2. Medio grado di resistenza:
FDCrV (Static), TDCrV (Medium fatigue), VDCrV (High
fatigue)
3. Alto grado di resistenza:
FDSiCr (Static), TDSiCr (Medium Fatigue), VDSiCr (High
fatigue)
Gli acciai inox sono suddivisi in due sole classi: NS (normale resistenza), HS (alta resistenza).
Indicazioni sulla progettazione di molle sollecitate staticamente
• L’indice della molla dovrebbe essere mantenuto tra 4 e 12. Molle con indice inferiore a 4 sono
difficili da produrre (possibili incrinature superficiali indotte dall’avvolgimento), molle con
indice superiore a 12 tendono ad aggrovigliarsi, tanto da richiedere un contenimento.
• Il numero di spire attivo dovrebbe preferibilmente essere compreso tra 3 e 15.
• E’ buona norma limitare il campo di funzionamento della molla alla parte centrale della sua
caratteristica, escludendo circa il 12.5% della freccia all’inizio e alla fine. La forza massima di
esercizio sarà quindi:
F = 0.875 ⋅ Fb = ( 7 8 ) ⋅ Fb
(12.23)
Definendo con ξ la frazione della F con cui si sovraccarica la molla per chiuderla a pacco si ha:
Fb = (1 + ξ ) ⋅ F
(12.24)
Tenuta presente la (12.23) si ha:
ξ = 1 7 ≅ 0.15
• La molla va sempre verificata in condizioni di blocco e il relativo coefficiente di sicurezza va
definito caso per caso.
1
Le vecchia classificazione DIN prevedeva, per gli acciai non legati, quattro classi di resistenza A, B, C, D. In
modo molto schematico potrebbe proporsi la seguente tabella di conversione: A (SL), B (SM-DM), C-D (SH-DH)
117
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Elementi di Costruzione di Macchine
La verifica in condizioni di blocco va condotta valutando la tensione di torsione non corretta
rispetto alla tensione torsionale ammissibile non corretta a spire bloccate. Tale tensione, nel
caso di molle avvolte a freddo, va posta pari a:
(12.25)
τ amm = 0.56 ⋅ σ R
mentre per molle avvolte a caldo va scelta in funzione del
diametro del filo secondo la
tabella di seguito riportata.
•
•
Infine si verificherà l’instabilità laterale e la somma dei vuoti interspira
Si ricorda infine che nel caso delle molle sottoposte a carico statico o quasi-statico, la
sollecitazione torsionale ammissibile in funzionamento è limitata dal cedimento anelastico
(rilassamento) che può essere accettato, in dipendenza dell’applicazione prevista.
Il cedimento anelastico è una perdita di carico a lunghezza costante, in dipendenza da
sollecitazione, temperatura e tempo e, in genere, viene presentato sottoforma di perdita
percentuale riferita al valore iniziale del carico. Esso deve essere verificato soltanto là ove
siano stati specificati requisiti vincolanti riguardo alla stabilità nel tempo dei carichi della
molla. A titolo esemplificativo riportiamo il rilassamento dopo 48 h di molle avvolte a freddo,
fabbricate con filo di classe SH e DH secondo la EN 10270-1:2001, preassestate a temperatura
ambiente, non pallinate, in funzione della sollecitazione torsionale τ prima del rilassamento,
a varie temperature espresse in gradi Celsius e per diametri del filo di 1 mm, 3 mm e 6 mm.
118
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 12.1
Una molla di compressione a elica è realizzata con filo armonico C98 di diametro 0.94 mm. Il diametro
esterno OD della molla è 11 mm. Le spire terminali sono chiuse e molate e le spire totali sono 12.5.
1. Stimare la tensione di snervamento.
2. Stimare il carico statico corrispondente alla tensione di snervamento.
3. Stimare la rigidezza della molla.
4. Stimare la freccia della molla sotto il carico definito al punto 2.
5. Stimare la lunghezza a pacco della molla.
6. Quale lunghezza dovrebbe avere la molla affinché dopo essere stata compressa a pacco e
rilasciata non si abbiano deformazioni permanenti?
7. Con la lunghezza calcolata al punto precedente è possibile l’inflessione?
8. Qual è il passo della molla?
9. Tracciare la caratteristica della molla.
1-
2-
3-
456-
Dalla (12.11) si ha:
A
2211
σR ≅ m =
≅ 2231 MPa
d
0.940.145
Il diametro medio D della molla vale:
D = OD − d = 11 − 0.94 = 10.06 mm
e l’indice della molla:
w = D d = 10.7
Il fattore χ B vale:
4w + 2
χB =
≅ 1.126
4w − 3
Dalla (12.10) si ricava il carico corrispondente alla tensione di snervamento
π d 3τ S
≅ 36 N
con τ S ≅ 0.56 ⋅ σ R
F=
8 ⋅ χB ⋅ D
Il numero di spire attive, considerando una molla avvolta a freddo, può porsi in base alla
(12.17) può porsi pari a:
ia = it − ii = 12.5 − 2 = 10.5
Fissato G pari a circa 81500 MPa, la rigidezza della molla, dalla (12.16), risulta:
F
d4 ⋅G
k= =
≅ 0.744 N/mm
f 8 ⋅ D 3 ⋅ ia
La freccia, sotto il carico F, vale:
f = F k ≅ 49.9 mm
La lunghezza a pacco, dalla (12.18), vale:
Lb ≅ it ⋅ d ≅ 11.75 mm
La lunghezza libera richiesta vale:
L0 = f + Lb = 49.9 + 11.75 = 61.65 mm
7-
Dal diagramma relativo all’instabilità laterale, è immediato verificare che, anche nelle
condizioni di vincolo più vantaggiose, la molla risulta instabile; pertanto è necessario inserire
uno stelo interno o un tubo esterno.
8-
Con riferimento a terminali chiusi e molati, si ha:
L − 2d
L0 = p0 ⋅ ia + 2d → p0 = 0
≅ 5.7 mm
ia
119
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Elementi di Costruzione di Macchine
9-
Esempio 12.2
Una molla di compressione a elica cilindrica, realizzata in acciaio armonico C98, caricata con un carico
di 90 N deve avere una freccia di 50 mm. Per problemi di montaggio, la lunghezza a pacco non deve
superare i 27 mm, mentre la lunghezza libera massima è di 100 mm. Progettare la molla con un
coefficiente di sicurezza a pacco di 1.2
1.2, assumendo che i terminali siano chiusi e molati.
Fissiamo come primo tentativo un indice della molla pari a 10 e determiniamo il diametro del filo,
verificando la tensione massima a pacco. Ipotizzato un margine di sovraccarico ξ = 0.15, indicato con F
il carico e con η il coefficiente di sicurezza, si ha:
0.56 ⋅ σ R 8 ⋅ (1 + ξ ) F ⋅ w
2211 2636
1/1.855
=
⇒ 0.47 0.145 = 2 ⇒ d ≅ ( 2.54 )
≅ 1.7 mm
2
d
d
η
π ⋅d
16) il numero di spire attive:
Determiniamo ora, dalla (12.16
4
4
d ⋅ G ⋅ f 1.7 ⋅ 81500 ⋅ 50
ia =
≅
≅ 9.6
8 ⋅ D3 ⋅ F
8 ⋅ 173 ⋅ 90
Il numero di spire totali, con riferimento ad una molla avvolta a freddo, può porsi:
it = ia + 2 = 11.6
La lunghezza a pacco, dalla (12
12.18), vale:
Lb = it ⋅ d = 11.6 ⋅ 1.7 = 19.72 mm
La lunghezza sotto carico vale:
L = Lb + ξ f = 27.22 mm
La lunghezza libera vale:
L0 = Lb + (1 + ξ ) f = 77.22
120
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Elementi di Costruzione di Macchine
Verifichiamo ora che la somma dei vuoti interspira sotto carico S sia maggiore della somma minima
calcolata con la (12.19) con riferimento ad un avvolgimento a freddo.
S = L − Lb = 7.5 mm > S min = 4.08 mm
Il passo della molla vale:
L − 2d
= 7.7 mm
p0 = 0
ia
Verifica all’instabilità laterale ipotizzando un coefficiente d’appoggio ν = 0.5
L
f L0 = 0.647 ν 0 = 2.27
D
Con riferimento al grafico riportato a pag.114, la molla può ritenersi stabile.
Materiale
d (mm)
De (mm)
Di (mm)
D (mm)
C98
1.7
18.7
15.3
17
ia
it
L0 (mm)
Lb (mm)
L (mm)
9.6
11.6
77.22
19.72
27.22
F (N)
Fb (N)
∆ (mm)
k (N/mm)
Avvolgim.
90
103.5
7.5
1.8
dx
Esempio 12.3
Progettare una molla ad elica cilindrica in C 98, avente un diametro medio D = 45 mm, che eserciti una
forza di 300 N in corrispondenza di un’altezza di lavoro di 55 mm.
Assumiamo un coefficiente di sicurezza η = 1.2 e un margine di sovraccarico ξ = 0.15.
Il diametro di primo tentativo del filo risulta:
0.56 ⋅ σ R 8 ⋅ (1 + ξ ) F ⋅ D
2211 124200
1/ 2.855
=
⇒ 0.47 0.145 =
⇒ d ≅ ( 38 )
≅ 4 mm
3
d
η
π ⋅d
π d3
A cui corrisponde un indice di molla pari a 11.25.
Calcoliamo la freccia per ogni spira:
f 8 ⋅ F ⋅ D 3 8 ⋅ 300 ⋅ 453
=
≅
≅ 10.48 mm/spira
81500 ⋅ 44
ia
G ⋅d4
Per il rispetto del margine di sovraccarico deve essere:
121
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Elementi di Costruzione di Macchine
( L0 − L )(1 + ξ ) = L0 − Lb

f
L − 2d
55 − 8

⇒ ia =
=
≅ 8.43
 L0 = L + ia
ia
( f ia ) ⋅ ξ + d 10.48 ⋅ 0.15 + 4

 L = (i + 2) d
a
 b
Il numero totale di spire vale:
it = ia + 2 = 10.43
La lunghezza libera risulta:
L0 = L + f = 55 + 8.43 ⋅ 10.48 = 143.3 mm
La lunghezza a blocco vale:
Lb = it ⋅ d = 41.72 mm
Verifichiamo ora che la somma dei vuoti interspira sotto carico S sia maggiore della somma minima
calcolata con la (12.19) con riferimento ad un avvolgimento a freddo.
S = L − Lb = 13.28 mm < S min = 9.77 mm
La somma dei vuoti interspira è superiore al minimo regolamentare.
Verifica all’instabilità laterale ipotizzando un coefficiente d’appoggio ν = 0.5
L
f L0 = 0.616 ν 0 = 1.59
D
Con riferimento al grafico riportato a pag.115,
pag.11 la molla può ritenersi stabile.
Indicazioni sulla progettazione di molle sollecitate dinamicamente.
Valgono le stesse indicazioni fornite per le molle caricate staticamente in particolare si ricorda che
anche le molle caricate dinamicamente dovranno essere verificate controllando il valore della tensione
non corretta in condizioni di spire bloccate.
Le molle caricate dinamicamente dovranno,
dovranno in aggiunta, essere sempre verificate
verific a fatica valutando se
le condizioni di carico (tensioni massime e minime) collocano lo stato tensionale del filo all’interno di
una certa area definita come area di resistenza a fatica.
Quando in sede di progettazione non sono fissati né il diametro medio,
medio, né il diametro del filo, l’indice
della molla può essere ricavato risolvendo la seguente equazione:
122
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Elementi di Costruzione di Macchine
τɶaL
8 ⋅ Fa ⋅ D
= χB
ηf
π ⋅d3
Con τɶaL calcolata con la (12.13) e Fa pari alla semiampiezza dell’oscillazione del carico.
Posti:
τɶ
8 ⋅ Fa
α = aL
β=
ηf
π ⋅d2
L’indice della molla risulta:
2
w=
2α − β  2α − β  3α

 −
4β
 4β  4β
(12.26)
Esempio 12.4
Una molla senza presetting, realizzata in acciaio C98 (diametro del filo pari a 2.3 mm), ha un diametro
esterno di 14 mm, una lunghezza libera di 110 mm, 21 spire attive ed entrambe le estremità chiuse e
molate. Nell’ipotesi che la molla non sia pallinata, che sia montata con un precarico di 22 N e che la
forza massima di esercizio sia 155 N, determinare:
1. il coefficiente di sicurezza rispetto alla rottura a fatica usando il criterio di Goodman;
2. la frequenza critica della molla.
Il diametro medio di avvolgimento è:
D = 14 − 2.3 = 11.7 mm
L’indice della molla è:
w = D / d ≅ 5.09
Il coefficiente di correzione della tensione secondo Bergsträsser, dalla (12.9), vale:
w + 0.5
χB =
≅ 1.287
w − 0.75
Il carico medio sulla molla vale:
F + Fmin
Fm = max
= 88.5 N
2
La semiampiezza della sollecitazione vale:
F − Fmin
Fa = max
= 66.5 N
2
Le corrispondenti tensioni, corrette secondo Bergsträsser, valgono:
8F D
8 ⋅ 66.5 ⋅ 11.7
τ a = χ B a 3 = 1.287
≅ 210 MPa
π ⋅d
π ⋅ 2.33
τ m = χB
8Fa D
8 ⋅ 88.5 ⋅ 11.7
= 1.287
≅ 279 MPa
3
π ⋅d
π ⋅ 2.33
La resistenza a rottura di un filo in C98 di diametro pari a 2.3 mm, può essere assunta pari a:
2211
σ R ≅ 0.145 ≅ 1959 MPa
2.3
La resistenza a torsione può porsi pari a:
τ R ≅ 0.67 ⋅ σ R ≅ 1312 MPa
La pendenza r della retta di carico vale:
210
r=
≅ 0.75
279
Con riferimento ad una molla non pallinata, risultano approssimativamente:
123
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τ aL ≅ 241 MPa
Elementi di Costruzione di Macchine
τ mL ≅ 379 MPa
La semiampiezza del limite di fatica alla tensione alterna vale:
τ aL
241
τ oL =
=
≅ 339 MPa
1 − τ mL τ R 1 − ( 379 1312 )
La componente di semiampiezza della resistenza a fatica τɶaL vale:
r ⋅ τ oL ⋅ τ R
0.75 ⋅ 339 ⋅ 1312
τɶaL =
=
≅ 252 MPa
r ⋅ τ R + τ oL 0.75 ⋅ 1312 + 339
Il coefficiente di sicurezza a fatica è dato da:
τɶ
252
η f = aL =
≅ 1.2
τ a 210
La frequenza di risonanza è pari a:
G d
81500
2.3
N H = 3650
= 3650
≅ 298 Hz
2
ρ ia ⋅ D
7.8 21 ⋅ 11.7 2
124
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 12.5
Una molla di compressione a elica cilindrica, progettata a vita infinita con un coefficiente di sicurezza
η f = 1.5 , realizzata in acciaio armonico C98, è sottoposta a un carico variabile fra 22 N e 90 N a 5 Hz.
La freccia varia da 12 mm a 50 mm. Per problemi di montaggio, la lunghezza a pacco non deve
superare i 30 mm (con coefficiente di sicurezza a pacco ηb = 1.5 ), mentre la lunghezza libera massima
deve essere inferiore a 110 mm. In magazzino si hanno a disposizione i seguenti diametri per il filo: 2,
1.8, 2.3, 2.4, 2.7 e 2.8.
Condizioni di carico
Fmax = 90 N
Fmin = 22 N
Fa =
90 − 22
= 34 N
2
Fm =
90 + 22
= 56 N
2
Rigidezza della molla
∆F 68
k=
=
≅ 1.8 N/mm
∆f 38
Limitazioni
3 ≤ ia ≤ 15
4 ≤ w ≤ 16
Lo ≤ L0 max
La molla sarà verificata a fatica secondo il criterio di Goodman
Svolgeremo i calcoli in modo tabellare ricavando per ogni diametro di filo le grandezze di seguito
riportate.
σR =
A 2211
=
d m d 0.145
τ R = 0.67 ⋅ σ R
τɶ
α = aL
ηf
8 ⋅ Fa
β=
π ⋅d2
D = w⋅d
Fb = (1 + ξ ) ⋅ Fmax
it = ia + 2
Lb = it ⋅ d
w + 0.5
w − 0.75
Fb
τb = τa
Fa ⋅ χ B
χB =
ηf =
τɶaL
τa
τ a = χB
r=
τ s = 0.45 ⋅ σ R
τ aL
1 − τ mL τ R
2
 2α − β  3α
2α − β
w=
+ 
 −
4β
 4 β  4β
d4 ⋅G
ia =
8 ⋅ D3 ⋅ k
F
L0 = Lb + b
k
Fm
τm =τa
Fa
r ⋅ τ oL ⋅ τ R
τɶaL =
r ⋅ τ R + τ oL
8 ⋅ Fa ⋅ D
π ⋅ d3
Fa
Fm
ηb =
τ oL =
τs
τb
N H = 3650
125
G
d
ρ ia ⋅ D 2
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Elementi di Costruzione di Macchine
Nella tabella sopra riportata le celle evidenziate corrispondono a violazioni delle limitazioni imposte in
sede di progetto. Le uniche violazioni nel nostro esempio riguardano il numero di spire attive ia , la
lunghezza libera L0 e la lunghezza a pacco Lb
Si può vedere che la molla può essere realizzata con diametro del filo 2.7 oppure 2.8. Si sceglie il
diametro 2.7 in conseguenza di un minor impegno di materiale (0.049479 kg).
126
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Elementi di Costruzione di Macchine
Molle in serie e in parallelo
Spesso le molle vengono utilizzate simultaneamente; le realizzazioni tipiche sono quelle ottenute con
molle in serie e in parallelo. In tutti questi casi è importante conoscere le relazioni tra le rigidezze delle
singole molle ki e la rigidezza totale ke del sistema
Molle in serie
Tutti gli elementi elastici sono soggetti alla stessa forza, mentre lo spostamento terminale e la somma
degli spostamenti (frecce) individuali (delle singole molle).
f1 = F k1
f 2 = F k2
f = ( f1 + f 2 ) = F ke ⇒
k ⋅k
1
= 1 2
1 k1 + 1 k2 k1 + k2
E in generale considerando n molle in serie si ha:
1
ke = n
∑ 1 ki
ke =
1 1 1
= +
ke k1 k2
(12.27)
(12.28)
i =1
Molle in parallelo
Nel caso di molle in parallelo ogni molla è sottoposta allo stesso allungamento coincidente con lo
spostamento terminale, mentre la forza complessiva e data dalla somma delle forze agenti sui singoli
elementi.
F + F2
ke = 1
f = F1 k1
f = F2 k2 ⇒ ke = k1 + k2
(12.29)
f
E in generale considerando n molle in parallelo si ha:
n
k e = ∑ ki
(12.30)
i =1
127
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 12.6
Una carrozza ferroviaria di massa M appoggia su 2 carrelli, mediante 2 molle ad elica cilindrica a
sezione circolare per ogni carrello.
Basandosi sulla teoria elementare per il calcolo di queste molle (vedi figura):
1. scegliere le dimensioni delle molle (in acciaio), tutte uguali fra loro, in modo da ottenere una
rigidezza complessiva verso terra pari a kt, nell’ipotesi che il carico sia uniformemente ripartito
tra le 4 molle;
2. calcolare la freccia (rispetto alle molle scariche) corrispondente alla massa M e che deve essere
tale da non portare a pacco le molle;
3. calcolare la massa aggiuntiva che porta a pacco le molle;
4. tracciare la caratteristica della molla individuando il punto di esercizio.
Dati
Massa della carrozza ferroviaria
Rigidezza complessiva (4 molle)
M
kt
18000 kg
440 N/mm
Materiale
48Si7
Rp0.2
1110 MPa
Rm
1300 MPa
A= 6%
Considereremo la molla come caricata quasi staticamente, fisseremo inoltre il margine di sovraccarico
ξ ≅ 0.15 e imporremo un coefficienti di sicurezza a pacco ηb ≥ 1.2 .
Rigidezza della molla
La molla che intendiamo dimensionare serve per la sospensione di una carrozza ferroviaria, con due
carrelli, ciascuno dei quali ha due molle. Il sistema equivale pertanto a quattro molle in parallelo. La
128
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Elementi di Costruzione di Macchine
rigidezza della singola molla, dato che le quattro molle sono identiche, si ottiene pertanto dividendo la
rigidezza complessiva (440 N/mm) per il numero di molle (4):
4
k
kt = ∑ ki → ki = tot = 110 N/mm
4
i =1
Determinazione di primo tentativo del diametro del filo
Il carico agente su di una molla è pari al peso di un quarto di vagone, ovvero:
m⋅ g
F=
= 44145 N
4
La forza che porta a pacco la molla si ricava in funzione del margine di sovraccarico:
Fb = (1 + ξ ) ⋅ F = 50767 N
Ipotizziamo di realizzare la molla con un acciaio, aventi le seguenti caratteristiche:
48Si7
Rm
1300 MPa
Rp0.2 1110 MPa
A= 6%
La tensione di snervamento a torsione è circa:
R
τ s = p 0.2 ≅ 641 N/mm 2
3
Fissato di primo tentativo un rapporto w = D d pari a 10, il diametro del filo risulta:
τ s 8 ⋅ Fb ⋅ w
=
⇒ d ≅ 50 mm
ηb
π ⋅d2
Determinazione del numero di spire
Il numero di spire attive, una volta fissati d e D, determina la rigidezza della molla. Pertanto si ha:
d4 ⋅G ⋅ f
504 ⋅ 81500
ia =
≅
≅ 4.63
3
8 ⋅ D ⋅ F 8 ⋅ 5003 ⋅ 110
Il numero di spire totali, considerando una molla avvolta a caldo, vale:
it = ia + 1.5 ≅ 6.13
Determinazione delle lunghezza e delle frecce
La lunghezza a pacco, sempre considerando una molla avvolta a caldo, vale:
Lb = ( it − 0.3) d ≅ 291.5 mm
La lunghezza libero vale:
F
50767
L0 = Lb + b = 291.5 +
≅ 753 mm
k
110
La lunghezza sotto il carico F vale:
F
44145
≅ 352 mm
L = Lb + ξ = 291.5 + 0.15
k
110
La freccia sotto il carico F vale:
f = L0 − L ≅ 401 mm
La freccia a pacco vale:
f b = L0 − Lb ≅ 461.5 mm
La massa aggiuntiva che porta a pacco la molla vale:
F −F
M agg = b
≅ 675 kg
g
129
ITI OMAR Dipartimento di Meccanica
Elementi di Costruzione di Macchine
Caratteristica della molla
Bibliografia
AA.VV.
Handbook of Spring design
SMA
Anzalone G. et al.
Corso di Meccanica
vol 3
Hoepli
Giovannozzi R
Costruzione di Macchine
vol. 1
Patron
Kaiser B. et al.
Recent Findings to the fatigue properties of Helical Springs
http://wwwsoc.nii.ac.jp/jssr/english/Proceeding/paper14.pdf
Napoli C.
Appunti sulle molle
www.carmnap.it/FilePdf/Le%20molle%202008.pdf
Norton R.L
Machine Design
Petrucci G.
Lezioni di Costruzioni di Macchine
http://www.dima.unipa.it/~petrucci/Disp/Molle0.PDF
Shigley JE et al.
Progetto e Costruzione di macchine
Shigley JE et al.
Standard Handbook of Machine Design
3 ed.
McGraw-Hill
Straneo SL et al.
Disegno, progettazione..
vol. 2
Principato
Thimoshenko S.
Scienza delle Costruzioni
vol. 2
Viglongo
UNI EN
13906-1
Prentice Hall
130
McGraw-Hill
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Elementi di Costruzione di Macchine
13. Molle di Flessione
13.1 Molle di flessione a pianta romboidale
Le tensioni
Consideriamo il comportamento di una lamina, di spessore costante h, avente pianta romboidale
caricata da un carico centrato in mezzeria pari a 2P, e appoggiata ai due estremi distanti L.
Tale comportamento, per ragioni di simmetria è del tutto equivalente al comportamento di una lamina
triangolare, di uguale spessore h, di lunghezza L incastrata ad estremo e caricata nell’altro con un carico
pari a P come riportato in figura.
Con riferimento allo schema sopra proposto, indicata con x la distanza di una generica sezione dal
punto di applicazione della forza P, il momento flettente lungo l’asse della trave vale:
(13.1)
M f ( x) = P ⋅ x
e la tensione indotta, indicato con Wf (x) il modulo di resistenza a flessione, vale:
M f ( x)
P⋅x
P⋅x
6P ⋅ L
=
=
(13.2)
2
1
1
x
⋅
b
Wf ( x)
b
⋅
h

2
2
b( x) ⋅ h
h 

6
6  L 
E’ importante rilevare come la (13.2) affermi che in una lamina triangolare, di spessore costante,
caricata ad una estremità e incastrata nell’altra, le tensioni dovute al momento flettente sono del tutto
indipendenti dalla distanza x di una generica sezione dal punto di applicazione del carico.
σf =
=
Le deformazioni
Possiamo ora valutare l’entità della freccia f che si che si manifesta all’estremità libera della lamina in
conseguenza del carico applicato P.
Il valore del raggio di curvatura r della deformata (nell’ambito delle piccole deformazioni), indicato con
E il modulo di elasticità normale (per gli acciai pari a circa 205800 N/mm2) e con J il momento
quadratico di superficie della sezione resistente trasversale, vale:
 1 b  
E ⋅   x  h3 
E ⋅ J ( x)
12  L   E ⋅ b ⋅ h3 E ⋅ J
r ( x) =
= 
=
=
M f ( x)
P⋅x
12 P ⋅ L P ⋅ L
131
(13.3)
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Elementi di Costruzione di Macchine
Ovvero il raggio di curvatura della deformata è costante, in altri termini, la lamina si deforma secondo
un arco di circonferenza.
L’entità della freccia, nell’ipotesi che la deformata sia un arco di circonferenza, si ottiene da semplici
considerazioni trigonometriche1riferite alle figure sopra riportate.
α LL
f ≅ L ⋅ tan (α 2 ) ≅ L =  
(13.4)
2 2 r 
Sostituendo nella (13.4) il valore di r ottenuto dalla (13.3) si ottiene infine:
P ⋅ L3
6 P ⋅ L3
f =
=
(13.5)
2 ⋅ E ⋅ J E ⋅ b ⋅ h3
Coefficiente di utilizzazione
Il coefficiente di utilizzazione m, ovvero il rapporto tra l’energia potenziale elastica U effettivamente
immagazzinata e l’energia potenziale elastica U0 corrispondente al verificarsi in tutti i punti della molla
della massima tensione2, tenuto conto delle (13.2) e (13.5), vale:
1  6 P ⋅ L3 
1
P

P⋅ f
2  E ⋅ b ⋅ h3 
1
2
(13.6)
m=
=
=
2
2
 1 σ V   1  6P ⋅ L  (b ⋅ h ⋅ L )  3

  

2 
2 E 
 2 E   2  b ⋅ h 
1
Nelle considerazioni seguenti, poiché si è nell’ambito delle piccole deformazioni, riterremo lecito confondere gli
archi di circonferenza con le rispettive corde sottese.
2
L’energia U0 immagazzinata in un elemento sollecitato, in campo elastico, a sforzo
normale può essere calcolata facilmente considerando la figura a fianco riportata. Se
la faccia sinistra dell’elemento, di volume V, è fissa, per determinare l’energia
immagazzinata U0, è sufficiente considerare il lavoro compito dalla forza agente
sulla faccia destra di area A. Si ha quindi:
2
1
1
1
σ  1 σ V
U 0 = σ ⋅ A ⋅ δ = σ ⋅ A ⋅ (ε L ) = σ ⋅ A ⋅  L  =
2
2
2
E  2 E
132
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13.2 Molle di flessione a pianta rettangolare
Le tensioni
Consideriamo ora una lamina a pianta rettangolare, di lunghezza L, di larghezza b e spessore h,
incastrata ad un estremo e caricata nell’estremo libero con un carico concentrato P.
Con riferimento allo schema sopra proposto, indicata con x la distanza di una generica sezione dal
punto di applicazione della forza P, il momento flettente lungo l’asse della trave vale:
M f ( x) = P ⋅ x
e la tensione indotta, indicato con Wf il modulo di resistenza a flessione, vale:
P ⋅ x 6P ⋅ x
6P ⋅ L
σ ( x) =
=
→ σ max =
(13.7)
2
Wf
b⋅h
b ⋅ h2
Le deformazioni
La deformazione in corrispondenza del punto di applicazione del carico P si può determinare facilmente
tramite un carico esplorativo Pe e applicando il principio dei lavori virtuali.
Il lavoro esterno, indicata con f la freccia indotta da P nel sistema reale, vale:
LeVR = Pe ⋅ f
(13.8)
Il lavoro interno ovvero la somma dei lavori che su ciascuna particella isolata di struttura farebbero le
sollecitazioni virtuali nelle deformazioni reali, vale:
L
MVM R
(13.9)
LiVR = ∫
dz
EJ
o
Il principio dei lavori virtuali stabilisce l’uguaglianza:
VR
LVR
(13.10)
e = Li
133
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Elementi di Costruzione di Macchine
L’integrale definito che compare nell’espressione del lavoro interno, integrale del prodotto di due
funzioni, può essere facilmente calcolato in accordo con quanto proposto da Cavalieri e Simpson
secondo cui l’integrale definito di una funzione y = f ( x ) in un intervallo ab vale:

ab 
a+b
(13.11)
 f (a) + 4 f 
 + f (b ) 
6 
 2 

a
Nel nostro caso gli estremi di integrazione valgono 0 e L e i valori assunti dalla funzione integranda agli
estremi e al punto medio dell’intervallo di integrazione valgono rispettivamente:
L
1
1 P ⋅ L  Pe ⋅ L 
f ( L) =
( P ⋅ L )( Pe ⋅ L ) ; f ( 0 ) = 0; f   = 


EJ
 2  EJ  2  2 
Pertanto il lavoro interno vale:
L

 P ⋅ Pe ⋅ L2 
MV M R
L 
L3
2
LiVR = ∫
dz =
P
⋅
Pe
⋅
L
+
4
+
0
=
P
⋅
P

 (


e)
EJ
6 EJ 
4
3EJ


o

Dalla (13.8) si ottiene infine il valore della freccia f.
P ⋅ L3
f =
(13.12)
3EJ
b
∫ f ( x ) dx ≅
Coefficiente di utilizzazione
Il coefficiente di utilizzazione m, ovvero il rapporto tra l’energia potenziale elastica U effettivamente
immagazzinata e l’energia potenziale elastica U0 corrispondente al verificarsi in tutti i punti della molla
della massima tensione, tenuto conto delle (13.7) e (13.12) vale:
1  4 P ⋅ L3 
1
P

P⋅ f
2  E ⋅ b ⋅ h3 
1
2
m=
=
=
2
2
 1 σ V   1  6P ⋅ L  (b ⋅ h ⋅ L )  9

  
2 

E
 2 E   2  b ⋅ h 

ossia un terzo del coefficiente di utilizzazione di una lamina triangolare.
Tensioni e frecce in corrispondenza di forti deformazioni
Le formule (13.7) e (13.12) utilizzate per ricavare rispettivamente le tensioni e le frecce in una lamina
rettangolare, forniscono risultati attendibili solo nell’ambito delle piccole deformazioni (rapporto f/L
minore di 0.3). In corrispondenza di deformazioni più elevate, calcolata la quantità PL2 EJ
e tramite il grafico sotto riportato si determina la freccia come prodotto di L per f/L, la tensione
massima come prodotto della tensione ottenuta dalla (13.7) moltiplicata per il rapporto x0 L letto sul
grafico.
134
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Elementi di Costruzione di Macchine
13.3 Molle di flessione a pianta trapezia
Le tensioni
Consideriamo ora una lamina a pianta trapezia, di lunghezza L, con base maggiore e minore pari
rispettivamente a b e b’, di spessore h, incastrata ad un estremo e caricata nell’estremo libero con un
carico concentrato P.
Indicata con x la distanza di una generica sezione dal punto di applicazione della forza P, il momento
flettente lungo l’asse della trave vale:
M f ( x) = P ⋅ x
e la tensione indotta, indicato con Wf (x) il modulo di resistenza a flessione, vale:
P⋅x
6P ⋅ x
6P ⋅ x
6P ⋅ L
(13.13)
σ ( x) =
=
=
→ σ max =
2
b − b'  2
Wf ( x) b ( x) ⋅ h
b ⋅ h2

x⋅h
 b '+
L


Le deformazioni
Il calcolo della deformazione nel punto di applicazione del carico non è, in questo caso, immediato.
Il grafico di seguito rappresentato permette di calcolare un coefficiente ξ funzione del rapporto b’/b che
consente di ricavare la freccia sotto carico di una lamina trapezia una volta nota la freccia sotto carico di
una lamina rettangolare di larghezza b.
Si ha pertanto:
f =ξ
P ⋅ L3
4 P ⋅ L3
=ξ
3EJ
E ⋅ b ⋅ h3
(13.14)
135
ITI OMAR Dipartimento di Meccanica
Elementi di Costruzione di Macchine
Coefficiente di utilizzazione
1  4 P ⋅ L3 
1
P ξ

P⋅ f
2  E ⋅ b ⋅ h3 
2
ξ
2
m=
=
=
2
2
 1 σ V   1  6 P ⋅ L  ( ( b + b ') ⋅ h ⋅ L )  9 (1 + b ' b )

  



2E
 2 E   2  b ⋅ h 2 

(13.15)
Ponendo nella (13.15) ξ = 1 e b ' b = 1 si ottiene il coefficiente di utilizzazione della lamina rettangolare
(1/9), ponendo invece ξ = 1.5 e b ' b = 0 si ottiene il coefficiente di utilizzazione della lamina
triangolare (1/3).
13.4 Molle a balestra
In precedenza abbiamo esaminato varie tipologie lamine di flessione e abbiamo visto come la lamina
con un superiore coefficiente di utilizzazione fosse la lamina a pianta triangolare, mentre la lamina con
coefficiente di utilizzazione peggiore fosse quella a pianta rettangolare.
Tuttavia, tutte lamine prima esaminate condividono un aspetto decisamente sfavorevole: l’elevato
ingombro in pianta.
Per evitare questo inconveniente si ricorre al sistema di formare la molla con tante strisce di larghezza
costante (foglie), ciascuna delle quali può immaginarsi formata dall’unione di due mezze strisce
simmetriche rispetto alla mezzeria lamina generatrice. Una molla così realizzata prende il nome di
balestra.
Per la molla a pianta triangolare, poiché come abbiamo dimostrato la linea elastica appartiene ad un
arco di circonferenza, è logico pensare che tutte la foglie della molla così ricavata, essendo obbligate a
mantenersi a contatto e quindi ad avere all’incirca la stessa linea elastica, lavoreranno come lavoravano
quando erano, invece che sovrapposte, affiancate nella molla a pianta triangolare.
Partendo dalla molla a pianta triangolare si
avrebbero in pianta tutte le foglie terminanti a
punta. Poiché almeno una o due foglie devono,
perché sia possibile l’applicazione del carico,
avere in pianta le estremità rettangolari, le molle a
balestra sono effettivamente derivate dalla lamina
trapezia come mostrato nella figura a fianco
riportata. Le foglie sottostanti alle prime (di forma
rettangolare) verrebbero teoricamente a terminare
con una punta acuta, la quale tuttavia viene in
pratica fatta a forma trapezia o, per ragioni di
economicità, a forma rettangolare.
Benché ora, non essendo più la linea elastica della
lamina trapezia generatrice una circonferenza, sia
meno perfetta l’identità del modo di lavorare delle
varie foglie, le tensioni e le deformazioni della
balestra possono ancora derivarsi dalle formule
già ricavate per la lamina trapezia (lamina ideale
da cui la balestra si immagina derivata. Quindi le
tensioni e le deformazioni si determineranno
rispettivamente con le (13.13) e (13.14)
136
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Elementi di Costruzione di Macchine
Tensioni e frecce in corrispondenza di forti deformazioni
Le formule (13.13) e(13.14), con cui abbiamo determinato rispettivamente le tensioni e la deformazione
sotto carico di una lamina trapezia e della balestra da essa derivata, hanno una certa validità fino a che il
rapporto f/L tra freccia e lunghezza della lamina si mantiene inferiore a 0.3.
In presenza di deformazioni più elevate le (13.13) e (13.14) devono essere completate con
l’introduzione di fattori correttivi, dipendenti tra l’altro dal rapporto b’/b, il cui andamento è di seguito
riportato.
Caratteristica reale della balestra
Si è accennato in precedenza alla non corretta identità di comportamento tra la balestra e la rispettiva
lamina trapezia generatrice. A rendere meno perfetta tale corrispondenza, contribuisce anche l’azione
dell’attrito1 tra le varie foglie, la quale, quando nella molla diminuisce (aumenta) il carico, tende a
conservare una deformazione maggiore (minore) di quella teorica corrispondente al carico applicato.
Si avranno pertanto due caratteristiche: una caratteristica di carico, più ripida, e una caratteristica di
scarico, meno ripida.
1
Lo strisciamento conseguente al contatto tra le diverse foglie della molla a balestra provoca uno smorzamento
utile durante il funzionamento, ad esempio per le sospensioni dei veicoli.
137
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Elementi di Costruzione di Macchine
Caratteristiche costruttive
Come è noto le molle a balestra hanno, quando sono scariche, una forma leggermente arcuata in modo
tale che sotto carico esse tendono a raddrizzarsi.
Alle varie foglie viene data una preventiva curvatura che non è però uguale per tutte le lamine, ma via
via maggiore per le foglie più corte: ciò viene fatto al fine di ottenere una pretensione di montaggio che
eviti la formazione di giochi tra le lamine. Operando in tal modo si ottiene che l’effetto d’autotensione
vada a beneficio della foglia maestra (quella più lunga e sulla quale sono ricavati gli ‘occhielli’
attraverso i quali avviene il fissaggio al telaio) che risulterà, sotto carico, meno sollecitata del previsto.
Per evitare la corrosione e in particolare la corrosione per sfregamento, le singole foglie devono essere
opportunamente lubrificate e grafitate; talvolta, per ottenere lo stesso scopo, tra foglia e foglia viene
interposto un foglio di polietilene.
Gli attacchi alla estremità della balestra con il telaio sono generalmente effettuati forzando negli
occhielli terminali, ricavati sulla foglia madre, un perno sulle cui estremità oscillano due biellette
(biscottini) parallele collegate all’estremità opposte a un perno solidale al telaio.
Limiti di tensione
Le molle in pratica lavorano sempre a fatica, con tensioni unitarie comprese fra due limiti σ s superiore
e σ i inferiore, cioè con una oscillazione di tensione ±σ a = ± (1 2 )(σ s − σ i ) rispetto ad una tensione
media σ m = (1 2 )(σ s + σ i ) .
Di seguito riportiamo1 i valori limite delle ampiezze ∆σoL ( resitenza a fatica alternata) da utilizzare in
assenza di indicazione più precise
Limiti di fatica per molle di flessione
Tipo di molla
σoL (MPa)
Molle con superficie rettificate
400 ─ 450
Molle a lamina grezza
120 ─ 200
Molle a balestra ordinarie
100 ─ 120
1
Massa E. Costruzione di Macchine vol. 2 Masson
138
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Elementi di Costruzione di Macchine
Con i valori limite ottenuti dalla precedente tabella, risulta immediato il tracciamento del diagramma di
Goodman (in modo del tutto analogo a quanto descritto a proposito delle molle a elica)
Assegnato uno stato di tensione caratterizzato dalla semiampiezza σa e dalla tensione media σm, il
coefficiente di sicurezza ηf può essere espresso come rapporto tra le ordinate del punto D e del punto E
ottenuto come intersezione della retta dall’origine passante per D con la retta passante per AC.
r=
σa
σm
σɶ aL =
ηf ≡
r ⋅ σ oL ⋅ σ R
r ⋅ σ R + σ oL
σɶ aL
σa
(13.16)
(13.17)
La resistenza a fatica delle molle dipende in misura notevole dal trattamento termico e dalle condizioni
della superficie e dello strato superficiale. Il trattamento termico è normalmente quello di tempra
seguito da un riscaldamento di distensione. Il trattamento di tempra deve eseguirsi su materiale da cui
siano stati asportati la crosta di laminazione e lo strato decarburato sottostante.; inoltre la tempra e il
successivo riscaldamento devono farsi evitando assolutamente il prodursi di decarburazioni superficiali
(molto temibili soprattutto negli acciai al silicio); infine lo straterello ossidato che rimane dopo la
tempra deve essere asportato per sabbiatura o pallinatura.
Nel caso delle molle di flessione può essere desiderabile la presenza di una certa fibrosità longitudinale:
per questa ragione si preferiscono gli acciai al manganese nei quali la presenza di silicati di manganese
e di solfuro di manganese, allineati secondo la direzione di laminazione, favorisce la formazione di una
struttura fibrosa.
139
ITI OMAR Dipartimento di Meccanica
Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 13.1
Dimensionare una molla a balestra avente una lunghezza 2L di 1000 mm sapendo che sotto un carico
2P di 10000 N la freccia massima non deve superare gli 80 mm.
Materiale della molla C75 UNI 7064 con tensione di snervamento pari a 1030 MPa e resistenza a fatica
alternata pari a 350 MPa
Note:
1. Dato che il rapporto f/L = 0.16 è minore del valore limite di 0.3 non useremo i coefficienti di
correzione delle tensioni e delle deformazioni ricavabili dai diagrammi presentati a pag. 136.
2. Fisseremo un coefficiente di sicurezza a fatica non minore di 1.3
3. Costruiremo il diagramma di fatica ponendo l’ascissa del punto A pari al carico di snervamento
del materiale.
Con riferimento alla lamina triangolare equivalente, calcoliamo, dalla (13.5), il momento quadratico di
superficie J della sezione all’incastro:
P ⋅ L3
5000 ⋅ 5003
J=
=
≅ 18980 mm 4
2 ⋅ E ⋅ f 2 ⋅ 205800 ⋅ 80
Noto J possiamo calcolare lo spessore h e la larghezza massima b della lamina triangolare ponendo, in
prima approssimazione la tensione ammissibile pari al 40% del carico di snervamento.
σ amm ≅ 0.4 ⋅ σ sn ≅ 412 MPa
2 ⋅ J ⋅σ f
2 ⋅ 18980 ⋅ 412
≅ 6.25 = 6 mm
PL
5000 ⋅ 500
Nota l’espressione del momento quadratico di superficie di una sezione rettangolare, si calcola la
larghezza b della lamina:
1
12 ⋅ J 12 ⋅ 18980
J = bh3 ⇒ b = 3 ≅
≅ 1054 mm
12
h
63
h=
=
La molla a balestra effettiva viene ricavata suddividendo la lamina triangolare teorica in strisce che
andranno poi sovrapposte. Con riferimento alla tabella UNI 3960 si vede che la balestra può essere
realizzata con tredici foglie di sezione 80x6.
Determinata la reale costituzione della balestra, indicato con n il numero di foglie, si può condurre un
calcolo di verifica valutando la tensione e la freccia effettive agenti su una lamina trapezoidale con
rapporto b’/b = 0.077.
La tensione effettiva massima vale:
6 PL
σ f max =
≅ 400 MPa
(inferiore al valore massimo ammesso di 412 MPa)
nb ' h 2
La freccia massima vale:
P ⋅ L3
4 P ⋅ L3
f =ξ
= 1.45
= 78.4 mm (inferiore al valore massimo ammesso di 80 mm)
3EJ
E ⋅ n ⋅ b '⋅ h3
Il calcolo fin qui condotto, fa riferimento, tuttavia, ad una sollecitazione statica della molla. In realtà la
balestra deve essere quasi sempre verificata a fatica. In mancanza di dati più precisi, possiamo riferirci
alle seguenti condizioni di carico:
Carico massimo
10000 N
Carico minimo
0N
da cui:
σ max = 400 MPa
σ min = 0 MPa
σ m = 200 MPa
σ a = 200 MPa
140
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Elementi di Costruzione di Macchine
Possiamo costruire il diagramma di Goodman e ricavare il coefficiente di sicurezza a fatica.
σɶ aL ≅ 261 MPa
η f ≅ 1.3
141
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 13.2
Determinare le caratteristiche di una molla a balestra, con lamine grezze, di lunghezza 2L=1m, in grado
di garantire una variazione massima di freccia pari a 60 mm sotto un carico variabile da Pmax 10000 N a
Pmin 2000 N.
Materiale della molla C75 UNI 7064 con carico di snervamento pari a 1030 MPa e resistenza a fatica
alternata pari a 350 MPa
Note:
1. Dato che il rapporto f/L = 0.15 è minore del valore limite di 0.3 non useremo i coefficienti di
correzione delle tensioni e delle deformazioni ricavabili dai diagrammi presentati a pag. 136.
2. Fisseremo un coefficiente di sicurezza a fatica non minore di 1.3
3. Costruiremo il diagramma di fatica ponendo l’ascissa del punto A pari al carico di snervamento
del materiale.
Dalla (13.5) applicata nelle due condizioni estreme di carico ricaviamo il momento quadratico di
superficie della sezione all’incastro con riferimento alla lamina triangolare generatrice:
 Pmax − Pmin  3

L
2


J=
≅ 20246 mm 4
2 E ( f max − f min )
Determiniamo lo spessore h della lamina fissando un tensione ammissibile pari a al 40% del carico di
snervamento:
σ amm = 0.4 ⋅ σ sn ≅ 412 MPa
2σ amm J
≅ 6.67 → 6 mm
Pmax
L
2
La larghezza massima b della lamina triangolare teorica vale:
12 J
b = 3 ≅ 1125 mm
h
La molla può pensarsi costituita da quattordici foglie 80x6 (vedi UNI 3960)
Determinata la reale costituzione della balestra, indicato con n il numero di foglie, si può condurre un
calcolo di verifica valutando la tensione e la freccia effettive agenti su una lamina trapezoidale con
rapporto b’/b = 0.07.
P
6 max L
σ max = 2 2 ≅ 372 MPa
n ⋅ b '⋅ h
La variazione massima della freccia vale:
h=
∆f = ξ
4∆P ⋅ L3
4 ⋅ 4000 ⋅ 5003
≅
1.45
≅ 58 mm
E ⋅ n ⋅ b '⋅ h3
205800 ⋅ 14 ⋅ 80 ⋅ 63
Da ultimo conduciamo una verifica a fatica:
Carico massimo
10000 N
Carico minimo
2000 N
da cui:
σ max = 372 MPa
σ min = 74 MPa
σ m = 223 MPa
142
σ a = 149 MPa
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Possiamo costruire il diagramma di Goodman e ricavare
ricavare il coefficiente di sicurezza a fatica.
σ 0 L ≅ 350 MPa σɶ aL ≅ 232 MPa
η f ≅ 1.56
Bibliografia
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Giovannozzi R
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Petrucci G.
Shigley JE et al.
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Handbook of Spring Design
SMI
Manuale dell’Ingegnere
dell’
Meccanico
Hoepli
Costruzione di Macchine
vol. 1 Patron
Costruzione Macchine
vol. 2 Masson
Appunti sulle molle
www.carmnap.it/FilePdf/Le%20
www.carmnap.it/FilePdf/Le%20molle%202008.pdf
Lezioni di Costruzioni di Macchine
http://www.dima.unipa.it/~petrucci/Disp/Molle0.PDF
Progetto e Costruzione di macchine
McGraw
McGraw-Hill
Standard Handbook of Machine Design
3 ed.
McGraw
McGraw-Hill
Disegno, progettazione..
vol. 2 Principato
Scienza delle Costruzioni
vol. 2 Viglongo
143
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Elementi di Costruzione di Macchine
14. Molle a disco conico (molle Belleville)
Le molle a disco conico, che chiameremo in seguito
semplicemente molle Belleville1, sono contraddistinte da una
caratteristica forza/freccia non lineare che le rende utili in
svariate applicazioni.
Sono costituite da elementi anulari leggermente conici le cui
forme e dimensioni sono definite dal diametro esterno DO, dal
diametro interno Di, dall’altezza iniziale h e dallo spessore t.
Sono molle estremamente compatte in grado di esercitare forze
elevate a fronte di modeste deformazioni. Quando sono
posizionate su di una superficie piana, la loro massima
deflessione non può che essere h, deflessione corrispondente ad
un appiattimento totale della molla. Normalmente il range di
deflessione va dal 15% all’85% della deflessione massima
(freccia corrispondente all’appiattimento totale della molla).
Se montate in modo opportuno possono anche deflettere oltre il limite massimo h permettendo di
ottenere risultati interessanti.
Negli innesti a frizione sono invece molto usate nel tratto orizzontale della loro caratteristica
permettendo di ottenere piccole deformazioni sotto un carico pressoché costante.
Il rapporto DO/Di, che chiameremo R, influisce notevolmente sul comportamento della molla
determinando la capacità di accumulare energia elastica; per R = 2, tale capacità di accumulo risulta
massima. Il valore del rapporto h/t determina la forma della caratteristica: lineare, crescente o
decrescente al crescere della deflessione, oppure presentare un tratto pressoché orizzontale.
Di seguito presentiamo le curve forza-deflessione al variare del rapporto h/t. Entrambi gli assi sono
normalizzati rispetto alla condizione di totale appiattimento della molla.
1
Questo tipo di molle è stato brevettato a Parigi nel 1867 da J.F. Belleville
144
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Elementi di Costruzione di Macchine
Con h/t = 0.4, la caratteristica è quasi lineare, per valori di h/t maggiori di 0.4 la caratteristica si
allontana sempre più dalla linearità. In corrispondenza di h/t =1.414 la caratteristica presenta una
porzione quasi orizzontale. Per valori di h/t superiori a 1.414 le curve divengono francamente bimodali.
Espressione analitica della caratteristica
Il calcolo delle molle Belleville può
effettuarsi secondo la teoria approssimata
di J.O. Almen e A.Laszlo1 basata
sull’ipotesi che la sezione meridiana
rettangolare subisca sotto carico una
rotazione attorno ad un punto S (che si
dimostra trovarsi ad un raggio D*/2)
conservando invariata la propria forma2.
Sotto tale ipotesi si giunge alle seguenti
relazioni dove, al solito, con ν abbiamo
indicato il rapporto di Poisson :
F=
4E ⋅ f
( ( h − f )( h − f 2) ⋅ t + t 3 )
M (1 −ν 2 ) ⋅ DO2
1
(14.1)
J.O.Almen, A. Laszlo The Uniform Section Spring Disc ASME Transactions, vol. 58, n.4, May 1936, 305-314
Si dimostra che:
DO − Di
D* 2 =
2 ln ( DO Di )
2
145
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2
6  ( R − 1)

M=
π ⋅ ln R  R 2

D
 con R = O
(14.2)

Di

Dalla (14.1) posto f = h si ricava il carico corrispondente all’appiattimento totale della molla:
F flat =
4E ⋅ h ⋅ t 3
M ⋅ DO2 (1 − ν 2 )
(14.3)
Le tensioni
Le tensioni non sono uniformemente distribuite nella sezione, ma sono concentrate soprattutto agli
estremi dei diametri interni ed esterni come rappresentato nella figura sopra riportata. La tensione più
elevata risulta essere la σ C (tensione di compressione) e in base ad essa sui proporziona la molla
quando sottoposta a carchi statici o quasi statici.
La tensione di trazione σ to , negli usuali proporzionamenti della molla, è quasi sempre superiore a σ ti e
rispetto ad esse viene impostata la verifica a fatica della molla quando caricata dinamicamente.
Le espressioni delle tensioni nei punti in precedenza definiti risultano:
4E ⋅ f
 
f 

C h −  + C2 t 
2
2  1
2
M (1 − ν ) ⋅ DO  


(14.4)
σ ti =
4E ⋅ f

f 


−C1  h −  + C2t 
2
2 
2
M (1 − ν ) ⋅ DO 


(14.5)
σ ti =
4E ⋅ f
 
f 

T h −  + T2t 
2
2  1
(1 −ν ) ⋅ DO   2  
(14.6)
σc = −
in cui C1, C2, M, T1 e T2 sono dei coefficienti dipendenti da R ossia del rapporto tra diametro esterno DO
e diametro interno Di
146
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Determinazione di C1, C2 ed M in funzione di R
Determinazione di T1 e T2 in funzione di R
147
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Carichi e tensione di compressione σC in funzione di DO e del rapporto h/t
148
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Tensioni ammissibili statiche
La tensione σC determinata con la (14.4) rappresenta una punta locale di tensione, per cui la tensione
media è notevolmente inferiore a tale punta e un cedimento plastico anche limitato può condurre a una
ridistribuzione delle tensioni con un abbassamento notevole del valore massimo. Ciò spiega come, nel
caso di sollecitazioni statiche o quasi statiche, si sia riscontrata sperimentalmente la possibilità di
raggiungere tensioni massime, calcolate con la (14.4), ben superiori al carico di snervamento.
Si giustificano pertanto le tensioni massime consigliate, in funzione del carico di rottura a trazione, di
seguito riportate.
Tensioni massime di compressione σC per molle Belleville (carichi
statici) in funzione del carico di rottura a trazione σR del materiale
σ C = ζσ R
Materiale
ζ
senza presetting
dopo presetting
Acciaio al carbonio o legato
1.2
2.75
Acciaio inox austenitico
Materiali non ferrosi
0.95
1.6
Tensioni ammissibili dinamiche
Se la molla è sottoposta a carichi dinamici occorre calcolare con le (14.5) e (14.6) le tensioni. Con i
valori massimi e minimi di tali tensioni si entra quindi in un diagramma di Goodman modificato e di
seguito proposto per determinare infine il coefficiente di sicurezza a fatica.
Diagramma di Goodman modificato per molle Belleville in acciao al carbonio o legato, dopo presetting
149
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Molle Belleville in serie e in parallelo
La freccia delle molle Belleville è molto ridotta. Per ottenere frecce elevate è necessario assemblare le
molle in serie: in tal modo la forza totale si scaricherà su ogni singola molla, mentre la freccia totale
sarà pari alla somma delle frecce parziali di ogni singola molla.
Nel caso di un assemblaggio in parallelo, la deflessione totale sarà condivisa da ogni singola molla,
mentre la forza totale sarà la somma delle forze parziali agenti sulle singole molle1.
Con un opportuno assemblaggio, è possibile realizzare sistemi molleggiati con caratteristica di
pendenza progressiva.
1
Nella disposizione in parallelo, occorre tenere presente che per effetto degli inevitabili attriti tra le superficie a
contatto, la forza necessari a comprimere il sistema deve essere aumentata , rispetto al valore teorico, del 3% per
ogni superficie a contatto.
150
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Siano k1, k2 e k3 le rigidezze dei tre gruppi di molle rappresentate nelle figura. Inizialmente il sistema
molleggiato si comporterà come se avesse una caratteristica keq0 pari a:
−1
 3 1
keq 0 =  ∑ 
(14.7)
 i =1 ki 
Aumentando progressivamente il carico, la molla appartenente al gruppo 1 raggiungerà la posizione di
pieno appiattimento e non contribuirà più al cedimento del sistema. Da questo punto in poi la molla si
comporterà come se avesse una rigidezza keq1 determinata solamente dalle molle facenti parte dei gruppi
2 e 3.
−1
 3 1
keq1 =  ∑ 
(14.8)
 i = 2 ki 
Aumentando ulteriormente il carico, anche le molle appartenenti al gruppo 2 raggiungeranno la
condizione di pieno appiattimento. Da questo punto in poi, il sistema elastico è costituito soltanto dalle
appartenenti al sistema 3, e la rigidezza del sistema sarà pari a:
keq 2 = k3
(14.9)
151
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Materiali
Di seguito riportiamo le caratteristiche dei principali materiali usati per la realizzazione di molle
Belleville
152
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Esempio 14.1
Un cuscinetto a sfere deve essere precaricato assialmente, tramite una molla Belleville, con un carico
nominale di 45 N. Per effetto delle dilatazioni termiche si ritiene che la freccia sulla molla possa
variare, rispetto alla freccia nominale, di ± 0.15 mm. In tali condizioni il carico fornito dalla molla deve
variare al più del ± 5% rispetto al carico nominale.
Progettare la molla adatta, nell’ipotesi che sia realizzata in C75 (σ R ≅ 1700 MPa ) , e che debba essere
inserita all’interno di un alloggiamento di 32 mm di diametro.
Per permettere un corretto posizionamento, si sceglie una molla con diametro esterno DO pari a
30 mm.
Si assume inoltre, per uno sfruttamento ottimale del materiale:
R = DO Di = 2 R
La caratteristica della molla deve presentare un tratto pressoché orizzontale (forza costante a
fronte di una variazione di freccia): ciò è possibile solo utilizzando una molla con h / t = 1.414 .
Il campo di utilizzo della molla, nel range di carico assegnato, è rappresentato nella figura sotto
riportata:
La freccia può variare dal 63 al 137% della freccia corrispondente alla condizione di
appiattimento mantenendo ancora la forza nei limiti assegnati.
Lo spessore t della molla può calcolarsi con la seguente relazione (riportata anche sul
diagramma di pag.147).
t=
Fflat ⋅ DO2
1
1
45 ⋅ 302
4
= 4
≅ 0.38 mm
10 132.4 ⋅ ( h t ) 10 132.4 ⋅ 1.414
(14.10)
L’altezza h della molla vale:
h = ( h t ) ⋅ t = 0.54 mm
Le frecce minima e massima e minima, in grado di rispettare la variazione tollerata della forza,
valgono rispettivamente:
153
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Elementi di Costruzione di Macchine
f min = 0.63 ⋅ h = 0.34 mm
f max = 1.37 ⋅ h = 0.74 mm
Le condizioni di lavoro, tuttavia, impongono una variazione di freccia più ristretta pari a:
f min e = h − 0.15 = 0.39 mm
f max e = h + 0.15 = 0.69 mm
Calcoliamo ora la tensione massima di compressione con la (14.4), in corrispondenza della
freccia massima, ricavando i coefficienti C1, C2 ed M in base ai grafici forniti in precedenza:
σc = −
4 E ⋅ f max e
f 
 

 C1  h −  + C2t 
2
M (1 − ν ) ⋅ D  

C1 ≅ 1.2
2
2
O
C2 ≅ 1.34
M ≅ 0.68
σ c ≅ −762 MPa
Con riferimento ad una molla senza presetting, la tensione ammissibile può essere posta pari a:
σ amm ≅ 1.2 ⋅ σ R ≅ 2040 MPa
Il coefficiente di sicurezza è quindi pari a:
σ
η s = amm ≅ 2.7
σc
La molla è pertanto verificata
Esempio 14.2
Un colonna di molle a disco, tutte uguali fra loro, è costituita da 10 unità in serie, ciascuna delle quali
realizzate con 3 molle in parallelo. Nell’ipotesi che per ottenere una freccia di 1mm su di una singola
molla occorra applicare un carico di 5000 N, determinare il carico da applicare all’intera colonna di
molle per ottenere una freccia 10 mm.
Per realizzare una freccia complessiva di 10 mm, ogni unità, costituita da tre molle in parallelo,
deve contribuire con una freccia di 1 mm.
Si tratta ora di determinare la forza necessaria per imporre ad ogni unità una freccia di 1 mm.
Poiché ogni unità e costituita da tre molle in parallelo tale forza vale teoricamente:
F = 5000 ⋅ 3 = 15000 N
Tenuto conto che ogni unità presenta due superficie di strisciamento, la forza totale per indurre
la freccia imposta vale:
Fe = F + 2 ( 0.03 ⋅ F ) ≅ 15900 N
154
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 14.3
Verificare il comportamento a fatica della molla Belleville la cui sezione è di seguito rappresentata.
La molla è sottoposta ad un ciclo di carico, con una frequenza di 1000 cicli al minuto, operante tra una
forza massima di 2670 N e una forza minima di 1580 N.
Dalle tabelle fornite dal costruttore possiamo determinare la caratteristica della molla e le frecce
di lavoro.
155
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Elementi di Costruzione di Macchine
Determiniamo con le (14.5) e (14.6) le tensioni di trazione σto e σti
 min 460 N
 min 222 N
σ to 
σ ti 
 max 819 N
 max 494 N
La molla si trova al limite della resistenza a fatica a corrispondente a 106 con un coefficiente di
sicurezza intorno a 1.4.
156
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 14.4
In una frizione a disco, in cui gli elementi di frizione sono compressi tramite l’azione di una molla
Belleville, la forza minima di compressione è di 900N.
Tale forza deve mantenersi pressoché costante fino a che il consumo dei dischi di frizione non supera
0.8 mm. Determinare le caratteristiche della molla sapendo che il diametro esterno è di 76 mm.
Materiale costituente la molla: acciaio con carico di rottura a trazione pari a 1650 MPa.
Per ragioni di sicurezza imposteremo il calcolo con riferimento ad un carico minimo superiore
del 10% del carico nominale:
FC = Fmin ⋅ 1.1 ≅ 990 N
Poiché il carico deve mantenersi pressoché costante al variare della freccia assumiamo:
D
R = o = 1.414
Di
Ipotizziamo che la freccia di lavoro sia pari al 50% della freccia corrispondente al pieno
appiattimento della molla.
Il carico corrispondente al pieno appiattimento risulta pertanto pari a:
F flat = FC 0.88 ≅ 1125 N
Dal grafico a pag.147, con riferimento alla h/t = 1.414 si vede che ad un’ascissa di 1125 N
corrisponde, con un diametro esterno di76 mm, una tensione massima pari 1500 MPa.
Poiché la tensione ammissibile, senza presetting, può essere posta pari a:
σ amm = 1.2 ⋅ σ R ≅ 1980 N
la forza Fflat induce una tensione inferiore a quella ammissibile.
Calcoliamo ora con la (14.10) lo spessore della t della molla:
t=
Fflat ⋅ DO2
1
1
1125 ⋅ 762
4
= 4
≅ 1.37 mm
10 132.4 ⋅ ( h t ) 10 132.4 ⋅ 1.414
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Elementi di Costruzione di Macchine
Possiamo ora calcolare l’altezza iniziale h e l’altezza iniziale totale H:
h = 1.414 ⋅ t = 1.93 mm
H = h + t = 3.3 mm
Il carico FC induce una freccia f1 pari al 50% della freccia corrispondente al massimo
appiattimento, quindi:
f1 = 0.5 ⋅ h ≅ 0.965 mm
L’altezza totale H1 della molla, in tali condizioni, risulta:
H1 = H − f1 = 2.33 mm
Per compensare il consumo dei dischi (nella misura stimata di 0.8 mm), la molla deve essere
precaricata con un’altezza H2 pari a:
H 2 = H 1 − 0.8 ≅ 1.53 mm
a cui corrisponde una freccia f2 pari a:
f 2 = H − H 2 = 1.77 mm
Tale freccia è pari circa al 90 della freccia massima. Poiché tutte le indicazioni dei Costruttori
sono concordi nel ritenere opportuno non superare l’85% della freccia di massimo
appiattimento, occorre rifinire il progetto imponendo che il carico FC si realizzi in
corrispondenza di una freccia minore (ad esempio il 40% della freccia di massimo
appiattimento).
Con questa nuova imposizione risulta:
Fflat = Fc 0.788 ≅ 1256 N
Sempre dal grafico riportato a pag. 147 si vede che la Fflat induce ancora una tensione inferiore
a quella ammissibile.
Calcoliamo ora il nuovo spessore t della molla:
t=
F flat ⋅ DO2
1
1
1256 ⋅ 762
4
= 4
≅ 1.4 mm
10 132.4 ⋅ ( h t ) 10 132.4 ⋅ 1.414
Possiamo ora calcolare l’altezza iniziale h e l’altezza iniziale totale H:
158
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Elementi di Costruzione di Macchine
h = 1.414 ⋅ t = 1.98 mm
H = h + t = 3.38 mm
Il carico FC induce una freccia f1 pari al 40% della freccia corrispondente al massimo
appiattimento, quindi:
f1 = 0.5 ⋅ h ≅ 0.79 mm
L’altezza totale H1 della molla, in tali condizioni, risulta:
H1 = H − f1 = 2.59 mm
Per compensare il consumo dei dischi (nella misura stimata di 0.8 mm), la molla deve essere
precaricata con un’altezza H2 pari a:
H 2 = H 1 − 0.8 ≅ 1.79 mm
a cui corrisponde una freccia f2 pari a:
f 2 = H − H 2 = 1.59 mm
La freccia f2 questa volta risulta compatibile essendo pari all’80% della freccia corrispondente
al massimo appiattimento.
Bibliografia
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Other Types of Springs
Schnorr
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159
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Elementi di Costruzione di Macchine
15. Innesti con superficie di frizione piane (frizioni piane)
15.1 Gli innesti
Gli innesti sono dispositivi che permettono di stabilire o sciogliere ripetutamente, e con facilità, il
collegamento fra due alberi.
Si possono distinguere in:
• Innesti a denti: di norma consentono manovre di innesto e disinnesto ad alberi fermi o quasi.
Innesti a denti frontali
Innesti a denti radiali
Innesto a denti frontali a comando meccanico
Innesto a denti radiali a manicotto
Innesto a denti frontali a comando pneumatico
Innesto a denti
elettromagnetico
160
frontali
a
comando
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•
Elementi di Costruzione di Macchine
Innesti a frizione (frizioni): consentono manovre di innesto e disinnesto sotto carico.
Frizioni coniche
• Accostamento assiale
• Accostamento radiale
Frizioni cilindriche (accostamento radiale) poco usate
Frizioni piane (accostamento assiale)
Innesto conico ad accostamento assiale
Innesto a doppio cono con accostamento
radiale
Innesti cilindrico
Innesto a lamelle elettromagnetico
161
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Elementi di Costruzione di Macchine
Frizione per autocarro Fiat 690 N4 (1970)
162
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Frizione automobilistica a diaframma
163
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Elementi di Costruzione di Macchine
Schema del disco di frizione
15.2 Gli innesti a frizione con superficie piane
Precedentemente abbiamo dato una definizione di innesto e ne abbiamo fornito una classificazione
unitamente ai principali schemi realizzativi.
Nel seguito ci interesseremo solamente delle frizioni piane, che sono di gran lunga le più diffuse e che
possono distinguersi sia in base al diverso numero delle superficie di frizione (frizioni monodisco o a
dischi multipli), sia in base alla modalità con cui viene realizzata la pressione sulle superficie di frizione
(a molle, a leve, elettromagnetiche, pneumatiche, oleodinamiche).
In tutti questi innesti la superficie attiva è costituta da un certo numero di corone circolari, ruotanti
coassialmente e collegate alternativamente alla parte motrice e alla parte condotta della trasmissione.
164
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Elementi di Costruzione di Macchine
Una volta che tutte le superficie attive, tramite una forza esterna, sono mutualmente compresse la
trasmissione del moto è resa possibile dall’azione dell’attrito che si oppone al loro scorrimento relativo.
Materiali impiegati nelle superficie di frizione
Gli accoppiamenti di materiali usati nelle superficie di frizioni sono sostanzialmente:
1. Ghisa su ghisa
2. Acciaio su bronzo, ottone o ghisa
3. Ferodo su acciaio o ghisa
Negli accoppiamenti fra metalli di solito si attua una leggera lubrificazione, mentre l’utilizzo di ferodo
consente il funzionamento a secco.
Con il nome generico di ferodo si indicava, nel passato, una serie di materiali ottenuti artificialmente
aventi tutti l’amianto1 come elemento comune caratteristico.
Nel seguito riportiamo i coefficienti di attrito f per le coppie di materiali più usati e le pressioni
specifiche ammissibili nei principali tipi di innesti.
Valori del coefficiente d’attrito f
f
Superficie di frizione
Ferodo su ghisa o acciaio
0.35 ─ 0.40
Ghisa su ghisa, ghisa su acciaio, acciaio su acciaio (superficie scarsamente lubrificate)
0.07 ─ 0.10
Ghisa su ghisa, ghisa su acciaio, acciaio su acciaio (superficie in bagno d’olio)
Tipo di innesto
Valori della pressione specifica ammissibile p
Superficie di frizione
0.05
p (MPa)
Monodisco o a dischi multipli
(a secco)
Ferodo su ghisa o acciaio
0.2 ─ 0.3
A dischi multipli
(lubrificati con olio 2─3°Engler a 50°C)
Ghisa su ghisa, ghisa su acciaio, acciaio
su acciaio
0.06 ─ 0.1
1
L'amianto, chiamato anche asbesto, è un minerale naturale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso
appartenente alla classe chimica dei silicati, ed è stato utilizzato per anni per la realizzazione di materiali di
frizione. Nel seguito è risultata ben evidente l’associazione tra esposizione all’amianto e rischio di contrarre
asbestosi, carcinoma polmonare (soprattutto nei fumatori) e mesotelioma pleurico. Per tali ragioni l’uso
dell’amianto, come materiale di frizione, è stato bandito in tutta in Italia nel 1992 (Legge 27 Marzo 1992 n.257).
Quindi, quando parliamo ora di ferodo, non ci riferiamo alla sua formulazione originaria bensì ad una
realizzazione modificata in cui l’amianto è stato sostituito da miscele di materiali che, nel loro insieme,
conferiscono le caratteristiche richieste ad un materiale d’attrito. I componenti costituenti la formulazione sono
suddivisibili in sei grandi famiglie: i leganti (resine fenoliche termoindurenti e gomme sintetiche o naturali), le
fibre organiche (le più famose sono il kevlar e le fibre di carbonio), le fibre inorganiche (metalliche e minerali,
come la lana d’acciaio), gli abrasivi, i lubrificanti e i riempitivi.
165
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Dimensionamento della frizione
Il dimensionamento della frizione ha sostanzialmente lo scopo di definire le dimensioni dei dischi,
tenuto conto delle esigenze di ingombro, e di calcolare l’entità della forza assiale con cui devono essere
compresse le superficie di frizione per permettere la trasmissione del momento torcente assegnato.
Per quanto riguarda specificamente le frizioni automobilistiche, occorre ricordare che vanno
dimensionate tendo conto di una quantità di eventualità concomitanti (variazione del coefficiente
d’attrito dovuto al rialzo termico, cedimenti plastici delle molle, etc..); per tale ragione si suole
dimensionarle con riferimento ad un momento di calcolo Mc opportunamente maggiorato rispetto al
momento massimo trasmesso dal motore Mm. Orientativamente si pone:
MC = k ⋅ Mm
k = 1.8 ÷ 2.2 a 25°C
k = 1 ÷ 1.4
a 250°C
(15.1)
Le dimensioni degli anelli di frizioni devono essere preferibilmente scelte tra quelle normalizzate e
riportate nella tabella seguente.
Dimensioni (mm) normalizzate degli anelli di ferodo per frizioni automobilistiche
155
184
216
328
440
Diametro esterno
114
127
152
196
280
Diametro interno
Ipotesi sulla distribuzione delle pressioni
Il calcolo della frizione deve basarsi su un’ipotesi teorica di distribuzione delle pressioni tra le
superficie a contatto il più possibile coerente con quanto verificato sperimentalmente.
A frizione nuova e con superficie a contatto sufficientemente rigide può essere plausibile l’ipotesi di
una distribuzione uniforme. Dopo il logoramento e con superficie di frizione abbastanza flessibili è
invece più aderente alla realtà ipotizzare una distribuzione non uniforme in conseguenza di un uniforme
consumo delle superficie a contatto.
Vediamo ora in dettaglio come queste diverse ipotesi influiscono nei criteri di progetto della frizione
•
Ipotesi di distribuzione uniforme delle pressioni
Indicata con P la forza totale premente sui dischi, per l’equilibrio alla traslazione si ha:
P
P = p ⋅ π ( re2 − ri 2 ) → p =
(15.2)
2
π ( re − ri 2 )
166
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il momento trasmesso dalla frizione vale:
M = ∫ p ⋅ f ⋅ r ⋅ dA =
A
(r
= p ⋅ f ⋅ 2π
3
e
2π re
2π
re
0 ri
0
ri
∫
− ri
3
∫ p ⋅ f ⋅ r ⋅ ( r ⋅ dθ ⋅ dr ) = p ⋅ f
)
2
∫ dθ ∫ r dr
(15.3)
3
Sostituendo la (15.3) nella (15.2) si ottiene:
re3 − ri3 )
(
2
Mt = P ⋅ f 2 2
3
( re − ri )
(15.4)
Il momento trasmesso dalla frizione è pertanto pari alla reazione d’attrito P ⋅ f moltiplicata per
un raggio medio definito come:
3
3
2 ( re − ri )
Rm1 ≡
3 ( re2 − ri 2 )
(15.5)
Nell’ipotesi di pressione costante lungo tutta la superficie di contatto, il consumo, lungo una
direzione radiale, si distribuisce linearmente: massimo in corrispondenza del raggio esterno e
minimo in corrispondenza del raggio interno come raffigurato in precedenza.
Infatti, ritenuto il consumo c proporzionale al prodotto della pressione p per la velocità di
strisciamento v , indicata con ω la velocità angolare, si ha:
c(r ) ∝ p ⋅ v ∝ p ⋅ω ⋅ r
(15.6)
Da cui è facile riconoscere che il consumo lungo una direzione radiale ha un andamento
lineare come descritto in precedenza.
c ( r ) = k1 ⋅ r
(15.7)
167
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•
Elementi di Costruzione di Macchine
Ipotesi di distribuzione non uniforme delle pressioni (consumo uniforme)
In modo del tutto analogo a quanto è stato detto in precedenza, se il consumo è uniforme ovvero
indipendente dal raggio, dalla (15.6) si ricava che la pressione diminuisce all’aumentare del
raggio secondo una legge iperbolica:
k
p= 2
(15.8)
r
Il valore della costante k2 presente nella (15.8) si determina imponendo la condizione di
equilibrio delle forze dirette lungo l’asse della frizione. Indicata con P la forza totale di spinta
sui dischi deve essere:
k2
dA =
A r
P = ∫ pdA = ∫
A
2π re
2π
re
k
∫ri r2 ⋅dr ⋅ rdθ = k2 ∫0 dθ ∫ri dr = k2 ⋅ 2π ( re − ri )
∫
0
(15.9)
da cui
k2 =
P
2π ( re − ri )
(15.10)
La pressione, in corrispondenza di un generico raggio r vale pertanto:
P
p(r ) =
2π ( re − ri ) ⋅ r
(15.11)
Adesso esprimiamo il momento torcente Mt trasmissibile in funzione della pressione p.
2π re
M t = ∫ p ⋅ f ⋅ dA ⋅ r = ∫
A
= k2
(r
⋅ f ⋅ 2π
2
e
0
− ri
k
∫ri r2 f ⋅ r ⋅ dr ⋅ rdθ = k2 ⋅ f
2
)
2π
re
0
ri
∫ dθ ∫ rdr
(15.12)
2
Sostituendo la (15.10) nella (15.12) si ottiene:
re2 − ri 2 )
(
(r + r )
P
Mt =
⋅ f ⋅ 2π
= P⋅ f ⋅ e i
2π ( re − ri )
2
2
(15.13)
Il momento trasmesso dalla frizione è pertanto pari alla reazione d’attrito P ⋅ f moltiplicata per
un raggio medio1 definito come:
Rm 2 ≡
re + ri
2
(15.14)
Fissato il raggio esterno, la coppia massima trasmissibile si ha quando il raggio interno vale:
r
(15.15)
ri = e
3
Infatti dalle (15.13) e (15.11) si ha:
dM t
r
M t = 2π pmax ⋅ f ⋅ ( re2 − ri 2 ) ri →
= 0 ⇒ re2 − 3ri 2 = 0 → ri = e
(15.16)
dri
3
Abbiamo già visto in precedenza, come a frizione rodata e dischi sufficientemente flessibili, l’ipotesi di
consumo uniforme è senz’altro la più aderente al comportamento reale delle superficie mutuamente
striscianti.
Può essere infine interessante illustrare tramite un grafico come i raggi medi, definiti dalle due teorie
sopra esposte, ed espressi dalla (15.5) e dalla (15.14) differiscono molto in corrispondenza di rapporti
ri/re prossimi a zero mentre tendono a coincidere per rapporti ri/re prossimi a uno.
1
Il raggio medio della frizione deve essere pertanto calcolato con la (15.14) o con la (15.5) rispettivamente sotto
ipotesi di consumo uniforme o di pressione uniforme.
168
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Esempio 15.1
Una frizione a dischi, acciaio su bronzo, deve trasmettere una potenza di 2.5 kW al regime di 750 rpm.
Sapendo che il raggio interno dei contatti è 38 mm, quello esterno di 70 mm e che la frizione opera in
olio, determinare:
1. il numero di dischi necessari;
2. la pressione massima effettiva sui dischi.
In base ai dati tabellati in precedenza, possiamo porre il coefficiente d’attrito f e la pressione
ammissibile p pari a:
f = 0.1 p = 0.1 MPa
Il momento trasmissibile da una coppia di superficie a contatto, nell’ipotesi di consumo
uniforme, si ricava dalla (15.13):
(r + r )
(r + r )
M tu = P ⋅ f ⋅ e i = pm ⋅ f ⋅ π ( re2 − ri 2 ) ⋅ e i ≅ 5.9 Nm
2
2
169
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Elementi di Costruzione di Macchine
Il momento torcente da trasmettere vale:
1000 ⋅ 2.5 ⋅ 60
Mt =
≅ 32 Nm
2π ⋅ 750
Il numero di coppie di superficie striscianti vale:
M
n = t ≅ 5.4 → 6
M tu
Useremo pertanto 4 dischi di acciaio (dentati internamente) e 3 dischi di bronzo (dentati
esternamente)
Il momento effettivo trasmesso da ogni coppia strisciante vale:
M
M tue = t ≅ 5.3 Nm
n
La forza P effettivamente richiesta per serrare la frizione vale:
2 ⋅ M tue
P=
= 981 N
f ⋅ ( re + ri )
La pressione media effettiva vale:
P
= 0.09 MPa
pme =
2
π ( re − ri 2 )
La pressione massima effettiva si ha in corrispondenza del raggio interno e vale pertanto:
P
pmax e =
≅ 0.13 MPa
2π ( re − ri ) ⋅ ri
Esempio 15.2
Una frizione a dischi è costituta da 5 dischi in acciaio e 4 dischi di bronzo e deve trasmettere un
momento pari a 20000 Nmm.
Nell’ipotesi che il diametro interno dei dischi sia fisso e pari a 50 mm, che il coefficiente d’attrito sia
0.1 e che la pressione media non debba superare 0.4 MPa, determinare:
1. il diametro esterno dei dischi;
2. la forza di serraggio della frizione.
Il numero n di coppie di superficie di frizioni vale:
n = n A + nB − 1 = 5 + 4 − 1 = 8
Il momento torcente trasmesso da ogni coppia di superficie di frizione vale:
M
20000
M tu = t =
= 2500 Nmm
n
8
Nell’ipotesi di consumo uniforme deve essere:
(r + r )
M tu = pm ⋅ f ⋅ π ( re2 − ri 2 ) ⋅ e i
2
Da cui la seguente equazione:
( r + 50 )
2500 = 0.04 ⋅ 0.1 ⋅ π ( re2 − 502 ) ⋅ e
2
la cui soluzione reale fornisce il valore del raggio esterno richiesto:
re ≅ 71.55 → 72 mm
170
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La forza di serraggio P vale:
4 M tu
4 ⋅ 2500
P=
=
≅ 820 N
f ( De + Di ) 0.1( 72 + 50 )
La pressione media p vale:
4P
≅ 0.39 MPa
pme =
π ( De2 − Di2 )
Esempio 15.3
La frizione monodisco a secco rappresentata in figura è interposta tra l’albero motore e l’albero
primario del cambio.
Si richiede di determinare:
1. i diametri interno ed esterno del disco frizione in modo che sia possibile trasmettere la
coppia massima T generata dal motore con un coefficiente di sicurezza ξ = 2;
2. la forza P che il sistema di molle deve applicare al disco per trasmettere la coppia di
progetto;
Dati:
Coppia max motore T = 130 Nm; pressione max sui dischi p = 0.3 MPa; coefficiente d’ attrito f = 0.35
171
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Considereremo valida l’ipotesi di consumo uniforme.
Indicato con n il numero delle superficie striscianti, l’espressione del momento massimo
trasmissibile, dalla (15.16), vale:
Tmax = 2n ⋅ π ⋅ pamm ( re2 − ri 2 ) ri
(15.17)
Per uno sfruttamento ottimale della trasmissione deve essere:
r
ri = e
3
Il problema impone inoltre che:
Tmax = ξ ⋅ T = 2T
(15.18)
(15.19)
Sostituendo le (15.19) e (15.18) nella (15.17) si ottiene il valore del raggio esterno del disco di
frizione:
13
13
 3 3 ⋅T ⋅ξ 
 3 3 ⋅ 130 ⋅ 1000 ⋅ 2 
re = 
 = 
 ≅ 100 mm
 2n ⋅ π ⋅ pamm ⋅ f 
 2 ⋅ 2 ⋅ π ⋅ 0.3 ⋅ 0.35 
A cui corrisponde un diametro esterno pari a circa 200 mm.
La frizione viene realizzata con un disco di ferodo con le seguenti dimensioni (normalizzate):
De = 216 mm
Di = 152 mm
La forza minima P necessaria per l’inserimento della frizione vale:
4Tmax
P=
≅ 4037 N
f ( De + Di ) ⋅ n
La pressione media effettiva vale:
4P
pme =
≅ 0.22 MPa
π ( De2 − Di2 )
La pressione massima, in corrispondenza del raggio interno, vale:
D + Di
pmax e = pme e
≅ 0.26 MPa
2 Di
Esempio 15.4
Un autoveicolo, il cui motore sviluppa una potenza di 55 kW al regime di 5100 giri/min, deve
essere munito di un innesto a frizione del tipo monodisco a secco.
Si richiede il dimensionamento del disco di frizione.
La coppia trasmessa vale:
Mt =
1000 ⋅ 55 ⋅ 60
≅ 103 Nm
2π ⋅ 5100
La coppia di calcolo può porsi:
M tc ≅ 1.8 ⋅ M t ≅ 185 Nm
Scegliamo, come primo tentativo, un disco di frizione di dimensioni:
De = 184 mm
Di = 127 mm
Nell’ipotesi che il coefficiente d’attrito f sia pari a 0.35, la forza minima P necessaria
all’innesto della frizione vale:
172
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P=
Elementi di Costruzione di Macchine
4 M tc
≅ 3400 N
f ( De + Di ) ⋅ 2
La pressione media risulta pertanto:
pme =
4P
≅ 0.24 MPa
π ( De2 − Di2 )
valore perfettamente coerente con i dati di letteratura.
Bibliografia
Biggioggero-Rovida
Bongiovanni G. Roccati G.
Giovannozzi R.
Hall A.S. et al.
Heisler H.
Pierotti P.
Disegno di Macchine
Innesti
Costruzione di Macchine
Costruzione di Macchine
Advanced Vehicle Technology
Meccanica Macchine
173
vol. 1
vol. 3
Clup
Levrotto & Bella
Patron
Etas
Elsevier
Calderini
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16. I transitori nei sistemi meccanici
Per transitorio di un sistema intendiamo la fase che precede il raggiungimento delle condizioni di
regime, ossia le condizioni caratterizzate da assenza di accelerazioni.
Nel seguito affronteremo lo studio dei transitori con riferimento esclusivamente a situazioni semplici e
di facile definizione: accoppiamento diretto motore-carico, accoppiamento motore-carico con riduttore
di velocità, accoppiamento motore-carico con innesto a frizione.
16.1 Accoppiamento diretto motore-carico
Il motore in generale sviluppa una coppia M m funzione della velocità angolare ω, mentre il carico
(utilizzatore) assorbe un momento Mr anch’esso funzione della velocità ω.
Poiché stiamo trattando un accoppiamento diretto motore-carico la velocità di rotazione ω è comune al
motore e al carico. Dall’equazione fondamentale della dinamica indicate con Jm e Jr rispettivamente i
momenti di inerzia del motore e del carico si ha:
dω
M m ( ω ) − M r (ω ) = ( J m + J r )
(16.1)
dt
Per risolvere la (16.1) occorre conoscere le funzioni Mm(ω) e Mr(ω) ossia le caratteristiche del motore e
dell’utilizzatore. Di seguito riportiamo alcuni esempi di tali caratteristiche.
L’intersezione tra la caratteristica del motore e dell’utilizzatore determina il punto di funzionamento a
regime del sistema, ossia al termine del transitorio. Il punto di funzionamento può essere stabile o
instabile. Un punto di funzionamento è detto stabile quando ad un effetto di un’azione perturbante che
induca un aumento (diminuzione) della velocità di regime corrisponde un aumento (diminuizione) della
coppia resistente e una diminuzione (aumento) della coppia motrice tali da riportare il sistema alla
velocità di rotazione di regime ω.
174
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Elementi di Costruzione di Macchine
Riprendiamo ora l’equazione (16.1) e cerchiamo di risolverla nell’ipotesi che il momento motore sia
costante (indipendente da ω) e il momento resistente vari invece linearmente in funzione di ω.
Si ha pertanto:
dω
dω
=J
(16.2)
dt
dt
dove con J si è indicato il momento di inerzia complessivo del sistema.
Poiché a regime, per definizione, deve essere nulla l’accelerazione del sistema, il punto di
funzionamento sarà caratterizzato dalla seguente velocità angolare:
(16.3)
M m = kω R → ω R = M m k
M m − kω = ( J m + J r )
Per studiare il comportamento del sistema durante il transitorio, occorre integrare la (16.2) tra l’istante
iniziale t = 0, a cui corrisponde un velocità ω = 0, e l’istante generico t a cui corrisponde la velocità
generica ω.
ω
ω
 M m − kω 
J
J
J
∫0 dt = ∫0 M r − kω dω → t = − k log ( M m − kω ) 0 = − k log  M m 
t
(16.4)
Dalla (16.4) risolta rispetto a ω, si ottiene:
Mm
Mm
M 
kt
 kt 
 kt  
= log
→ exp   =
→ ω = m  1 − exp   
J
M m − kω
k 
 J  M m − kω
 J 
(16.5)
Dalla (16.5) si vede come la velocità di regime espressa dalla (16.3) si raggiunge teoricamente solo per
t → ∞ . In genere, per definire le prestazioni dinamiche di un sistema, ci si basa sul tempo t* necessario
per raggiungere una certa percentuale (in genere 90%) della velocità di regime.
175
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Dalla (16.4) si ha immediatamente:
t=−
t* =
 M − kω 

Mm
J
J
log  m
 → t* = log 
k
k
 Mm 
 M m − k ⋅ 0.9 ⋅ ωR


 J
Mm

 = log 
 k
 M m − k ⋅ 0.9 ⋅ ( M m k ) 
J
1
J
log
= log10
k
(1 − 0.9 ) k
(16.6)
Il tempo tx necessario per raggiungere una velocità pari a x ⋅ ω R con 0 ≤ x < 1 vale:
tx =
J
1
log
k
(1 − x )
(16.7)
16.2 Accoppiamento motore-carico con riduttore
Consideriamo un sistema motore-utilizzatore con interposizione di un riduttore con rapporto di
trasmissione i e rendimento η.
Il sistema può essere scomposto in tre sottosistemi e per ciascuno di essi scriviamo le equazioni di
equilibrio, trascurando in momento di inerzia delle masse rotanti appartenenti al riduttore.
Sottosistema I (motore)
dω
M m − M1 = J m 1
dt
(16.8)
176
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Sottosistema II (riduttore)
M 2ω2

η = M ω
M2

1 1
→η =

M1 ⋅ i
i ≡ ω1
 ω2
Sottosistema III (utilizzatore)
d ω2
M 2 − M r = Jr
dt
(16.9)
(16.10)
Sostituendo la (16.9) nella (16.10) si ottiene:
dω
d ω2 
1 
η ⋅ M1 ⋅ i − M r = J r 2 → M1 =
Mr + Jr
η ⋅ i 
dt
dt 
(16.11)
Sostituendo infine la (16.11) nella (16.8) si ottiene:
J d ω2
d ω1
1
− Jm
=0
Mm −
Mr − r
η ⋅i
η ⋅ i dt
dt
Poiché:
ω
d ω2 1 d ω1
i≡ 1 ⇒
=
ω2
dt
i dt
allora:
Mm −
J d ω1
d ω1
1
Mr − r 2
− Jm
=0
η ⋅i
η ⋅ i dt
dt
Ponendo poi:
M r* =
Mr
η ⋅i
J = Jm +
Jr
η ⋅ i2
(16.12)
si ha:
M m − M r* = J
d ω1
dt
(16.13)
La (16.13) dimostra che il sistema assegnato è del tutto equivalente al sistema elementare governato
dalla (16.1) una volta che si tenga conto delle sostituzioni definite dalla (16.12).
177
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16.3 Accoppiamento motore-carico con interposizione di un innesto di frizione
Consideriamo ora un sistema costituito da un motore e da un utilizzatore accoppiati tramite una
frizione.
Il transitorio di avviamento può essere suddiviso in due fasi:
1. fase di strisciamento: attraverso la frizione viene trasmesso una coppia Mf;
2. fase di aderenza: l’albero motore e l’albero condotto si comportano come un corpo unico e
ruotano entrambi con la stessa velocità angolare.
Esaminiamo ora in dettaglio le varie fasi definite in precedenza.
Fase di strisciamento
Il sistema può essere convenientemente suddiviso in due sottosistemi e per ciascuno di essi possiamo
scrivere le equazioni di equilibrio alla rotazione.
Sottosistema I
dω
dω M m − M f
M m − M f = Jm 1 → 1 =
(16.14)
dt
dt
Jm
Sottosistema II
M f − M r = Jr
d ω2
d ω2 M f − M r
→
=
dt
dt
Jr
(16.15)
Integrando le (16.14) e (16.15) tra l’istante iniziale d’innesto ( t = 0), a cui corrispondono
rispettivamente le velocità angolari iniziali ω10 e ω20, e l’stante generico t, si ottengono le espressioni di
ω1 e ω2 in funzione del tempo.
Poiché al temine della fase di strisciamento le due velocità ω1 e ω2 devono essere uguali si possono
determinare agevolmente sia la durata t* della fase di strisciamento sia la velocità comune ω* al
termine di tale fase.
Fase di aderenza
Al termine della fase di strisciamento il sistema, dotato di velocità comune, si riduce a quello
rappresentato nella figura sopra riportata.
178
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Elementi di Costruzione di Macchine
Scrivendo l’equazione di equilibrio alla rotazione, si ottiene:
dω
M m − M r = ( Jm + Jr )
(16.16)
dt
La (16.16), una volta note le espressioni di Mm e Mr in funzione di ω, può essere integrata tra l’istante
t*, a cui corrisponde la velocità ω* e l’istante generico t:
t
∫ dt =
t*
ω
Jm + Jr
dω
m − Mr
∫
ω M
*
(16.17)
Pertanto la (16.17) definisce la legge del moto del sistema per tutta la seconda fase.
Esempio 16.1
Su due alberi coassiali A e B sono calettati due rotori rispettivamente con momenti di inerzia JA = 7.2
kgm2 e JB = 1.2 kgm2. Gli alberi sono collegati tramite una frizione idraulica la cui coppia trasmissibile,
espressa in Nm, vale: M f = 2(ω A − ω B ) 2 dove ω A e ω B sono le velocità angolari degli alberi.
Inizialmente entrambi gli alberi ruotano a 2000 giri/min e non viene trasmessa alcuna coppia.
Successivamente una coppia motrice Mm di 100 Nm viene applicata all’albero A e una uguale coppia
resistente viene applicata simultaneamente all’albero B. Determinare, a transitorio ultimato, le velocità
finali degli alberi e la potenza trasmessa.
Scriviamo le equazioni di equilibrio alla rotazione per l’albero A e per l’albero B.
dω A ( M m − M f
=
dt
Jm
)
d ωB ( M f − M r )
=
dt
Jr
Poiché il momento motore uguaglia istante per istante il momento motore, possiamo scrivere:
dωA
d ωB
JA
= −J B
dt
dt
Da cui è facile riconoscere che, indicate con ω *A e ωB* le velocità di regime dei due alberi e con
ωO la velocità iniziale comune, vale la seguente relazione:
J A (ω A* − ω0 ) = J B (ω0 − ω B* )
Sostituendo i valori numerici si ottiene:
6ω *A + ωB* ≅ 1466 rad/s
(16.18)
179
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Inoltre sappiamo che, al termine del transitorio, la coppia trasmessa dalla frizione, deve essere
pari al momento motore, quindi:
M m = 2 (ω A* − ωB* )
2
Sostituendo i valori numerici si otteniamo:
ω *A − ωB* = 7.071 rad/s
(16.19)
Dalle equazioni (16.18) e (16.19) ricaviamo le velocità incognite:
ω *A = 210.4 rad/s
ωB* = 203.34 rad/s
La potenza trasmessa all’albero B vale:
N B = M r ⋅ ωB* = 20334 W
Soluzione alternativa
Le velocità finali dei due alberi si possono anche risolvendo il seguente sistema di equazioni
differenziali:
dωA
2

 M m − 2 (ω A − ωB ) = J A dt
Mf   2
M
2 
d
2
⇒ m +
+

−
 (ω A − ωB ) = (ω A − ωB )
JB   J A JB 
dt
 JA
 2 ( ω − ω )2 − M = J d ωB
A
B
f
B

dt
Posti:
 Mm M f 
 2
2 
+
+
(ω A − ωB ) = u

 = 194.4 = −c1 
 = 3.8 = c2
JB 
 JA
 JA JB 
Si ottiene l’equazione differenziale di Riccati1:
du + c2u 2 + c1 = 0
(16.20)
Se della (16.20) è noto un integrale particolare u0 , allora l’integrale generale si può trovare con sole
quadrature. E’ per altro facile verificare che un integrale particolare della (16.20) è:
u0 = −
c1
c2
c1 c2 > 0
con
quindi il suo integrale generale vale:
u = u0 +
(
exp −2 ∫ c2u0 dt
(
)
)
c + ∫ c2 ⋅ exp −2 ∫ 2c2 u0 dt dt
con c costante arbitraria
(16.21)
Poiché per t = 0 deve corrispondere u = 0, la costante c vale:
1
Studioso profondo e straordinariamente versatile, Jacopo Riccati visse in uno dei periodi più importanti
dell’intera storia della matematica, l’epoca in cui l’ambiente scientifico europeo era pervaso dall’entusiasmo per
l’introduzione dei grandi concetti del Calcolo infinitesimale e per la loro feconda applicazione a numerose
questioni fisiche, particolarmente di meccanica.
Jacopo Riccati nacque a Venezia il 28 maggio 1676; dopo avere compiuto gli studi a Brescia ed a Padova, ritornò
nel palazzo di famiglia a Castelfranco Veneto e sposò Elisabetta Onigo, dalla quale ebbe diciotto figli. La vita di
Riccati si svolse quasi interamente tra Castelfranco Veneto e Treviso, dove lo studioso si stabilì definitivamente
nel 1749, in un palazzetto di Borgo SS. Quaranta (davanti allo sbocco dell’attuale via Riccati); Jacopo Riccati
morì a Treviso il 15 aprile 1754 e fu sepolto nella Cattedrale trevigiana (la semplice pietra tombale è tuttora
visibile presso la porta laterale aperta verso il Battistero proprio in corrispondenza della cappella gentilizia della
famiglia Riccati). L’infaticabile studioso trevigiano si dedicò a questioni di matematica, di fisica, di idrologia, di
scienze naturali, di storia, di filosofia, di teologia, di pedagogia, di architettura, di economia; scrisse molti ampi
trattati, innumerevoli note e memorie, alcune opere letterarie. La storia della cultura ricorda Jacopo Riccati
particolarmente per i molti importanti contributi nel campo dell’Analisi matematica, tra i quali spicca l’equazione
differenziale di Riccati
180
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Elementi di Costruzione di Macchine
c = c2 c1
Dalla conservazione del momento della quantità di moto, indicata con ω la velocità iniziale comune si
ha:
( J A + J B ) ω = J Aω A + J BωB
e quindi:
ωA = −
JB
J + JB
ωB + A
ω
JA
JA
ωB = −
JA
J + JB
ωA + A
ω
JB
JB
Ricordando la definizione di u si ottiene:
JA
JB
ωB = ω −
ωA = ω +
u
u
JA + JB
JA + JB
Per t → ∞ dalla (16.21) si ha infine:
ωB = ω −
JA
c
− 1
JA + JB
c2
ωA = ω +
JB
c
− 1
JA + JB
c2
e sostituendo i valori numerici:
ωB =
2000 ⋅ 2π 7.2 194.4
−
≅ 203.38 rad/s
60
8.4 3.8
181
ωA = ω +
JB
J A + JB
−
c1
≅ 210.45 rad/s
c2
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 16.2
Un albero A è connesso ad una albero coassiale B tramite una frizione monodisco, con due coppie di
superficie di strisciamento di diametro esterno ed interno pari rispettivamente 120 e 70 mm.
Il carico totale assiale sulla frizione è di 450 N e il coefficiente d’attrito può essere assunto pari a 0.35.
Sull’albero condotto B è calettato un pignone P che ingrana con una ruota R calettata, a sua volta, su di
un albero C parallelo ad A e B. Le masse e i raggi giratori dei tre alberi A,B,C (comprensivi delle masse
ad essi solidali) sono rispettivamente 12.5 kg, 80 mm; 20 kg, 70 mm; 37.5 kg, 120 mm.
Determinare
1. il rapporto di trasmissione tra l’albero B e l’albero C in grado di assicurare a quest’ultimo il
raggiungimento, nel tempo minimo e partendo dalla velocità iniziale di 500 rpm, della velocità
finale di 1500 per effetto di una coppia costante applicata all’albero A;
2. il tempo minimo definito al punto precedente.
Sia u il rapporto di ingranaggio, ovvero il rapporto tra il numero di denti zR della ruota e zP del
pignone:
u = zR zP
Dalla (16.12) il momento di inerzia di C, opportunamente modificatao, può essere trasportato
sull’asse A-A:
J CT = J C u 2
Possiamo pertanto riferirci al seguente sistema equivalente:
La coppia massima trasmessa dalla frizione, indicato con f il coefficiente d’attrito, con W il
carico assiale e con Rm il raggio medio delle superficie striscianti, vale:
M f max = f ⋅ W ⋅ Rm ⋅ 2 = 0.35 ⋅ 450 ⋅ 0.0475 ⋅ 2 ≅ 14.96 Nm
Pertanto la massima accelerazione di B* vale:
182
ITI OMAR Dipartimento di Meccanica
d ωB*
dt
=
max
M f max
J B + J CT
Elementi di Costruzione di Macchine
≅
14.96
( 20 ⋅ 0.07 ) + ( ( 37.5 ⋅ 0.12 ) u )
2
2
2
≅
14.96
0.098 + 0.54 u 2
e la massima accelerazione di C vale:
dω
1
14.96
α C max = C
= ⋅
dt max u 0.098 + 0.54 u 2
(16.22)
Il massimo valore dell’accelerazione di C si ha, ponendo a zero la derivata prima della (16.22):
u = 2.347 ⇒ max α C ≅ 32.5 rad/s2
Il minimo tempo richiesto per raggiungere la velocità finale di 1500 rpm, vale:
t=
2π  1500 − 500 

 ≅ 3.22 s
60  32.5 
Esempio 16.3
Un motore è accoppiato a un utilizzatore tramite una frizione che slitta quando la coppia raggiunge i 40
Nm. Il momento di inerzia del motore Jm è pari a 1.6 kgm2, mentre il momento di inerzia
dell’utilizzatore Ju è pari a 3 kgm2. La coppia sviluppata dal motore, costante ad ogni velocità, è di 27
Nm e quando la frizione è inserita la velocità di regime è di 500 rpm.
Improvvisamente la frizione viene disinserita e dopo 4 secondi si procede al suo reinserimento.
Si chiede di calcolare il tempo di slittamen
slittamento e l’energia dispersa dalla frizione.
Al disinserimento della frizione corrisponde un’accelerazione αm del motore e una
decelerazione αu dell’utilizzatore.
M
M
27
27
αm = m =
= 16.875 rad/s 2
αu = u =
= 9 rad/s 2
J m 1.6
Ju
3
183
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Elementi di Costruzione di Macchine
Immediatamente prima del reinserimento della frizione, motore e utilizzatore avranno raggiunto
le seguenti velocità:
2π ⋅ 500
ωmf = ωmo + α m ⋅ t =
+ 16.875 ⋅ 4 ≅ 119.86 rad/s
60
2π ⋅ 500
ωuf = ωuo − α u ⋅ t =
− 9 ⋅ 4 ≅ 16.36 rad/s
60
Al reinserimento della frizione il motore decelera per l’intervento della coppia trasmessa dalla
frizione, mentre l’utilizzatore, sempre per l’intervento della coppia trasmessa dalla frizione
accelera.
Le leggi della velocità del motore e dell’utilizzatore, durante il reinserimento della frizione,
sono espresse dalle seguenti relazioni:
M f − Mm

ωm ( t ) = ωmf −
Jm

(16.23)

M
−
M
f
u
ω ( t ) = ω +
uf
 u
Ju

Inserendo nella (16.23) i valori numerici e imponendo l’uguaglianza delle velocità del motore e
dell’utilizzatore ricaviamo il tempo t di slittamento.
t = 8.3 s
Indicate con ECI l’energia cinetica del sistema prima del reinserimento della frizione, con ECF
l’energia cinetica del sistema al termine dello slittamento e con Lm e Lu rispettivamente il lavoro
motore e il lavoro resistente sviluppati durante la fase di slittamento, il lavoro disperso LD dalla
frizione in tale fase si ottiene dal seguente bilancio:
(16.24)
ECI + Lm − Lu = ECF + LD
1
1
J mωmf2 + J uωuf2 ≅ 11895 J
2
2
(16.25)
1
2
ECF = ( J m + J u ) ⋅ ωmo
≅ 6306 J
2
Gli spazi angolari percorsi durante la fase di slittamento della frizione rispettivamente del
motore e dall’utilizzatore valgono:
1
θ m = ωmf ⋅ t − α m ⋅ t 2 ≅ 715 rad
2
1
θu = ωuf ⋅ t − α u ⋅ t 2 ≅ 285 rad
2
ECI =
Il lavori motore e resistente sviluppati durante la fase di slittamento valgono:
Lm = M m ⋅ θ m ≅ 19305 J
Lu = M u ⋅ θu ≅ 7695
J
(16.26)
Sostituendo le (16.26) e (16.25) nella (16.24) si ottiene il lavoro LD disperso dalla frizione:
LD = 19305 + 11895 − 7695 − 6306 = 17199 J
184
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 16.4
Due volani A e B sono fissati su due alberi coassiali e collegati tramite una frizione. Durante
l’avviamento il momento trasmesso dalla frizione cresce, da zero, in modo lineare. Il momento di
inerzia dei due volani sono rispettivamente JA = 1.2 kgm2, JB = 2 kgm2 e inizialmente A ruota
liberamente a 600 giri mentre B è a riposo.
La frizione viene quindi inserita e lo slittamento cessa dopo 3 secondi.
Determinare
1. la velocità finale dei due volani a transitorio ultimato;
2. l’energia dissipata dalla frizione;
3. il momento massimo trasmesso dalla frizione;
4. il numero di rivoluzioni compiute da A per completare il transitorio.
1. La velocità finale di sincronismo dei due volani si trova applicando il principio di
conservazione del momento della quantità di moto (non intervengono forze esterne)
J A ⋅ωA = ( J A + J B ) ⋅ ω f
Da cui:
ωf =
JA
1.2 2π ⋅ 600
ωA =
≅ 23.56 rad/s
3.2 60
JA + JB
2. L’energia dissipata dalla frizione è data dalla differenza fra l’energia cinetica iniziale e finale
del sistema:
J A ⋅ ω A2 ( J A + J B ) ⋅ ω f
−
≅ 2368.7 − 888.3 ≅ 1480 J
2
2
2
ED = ECI − ECF =
3. Il momento trasmesso dalla frizione viene speso per accelerare il volano B che raggiunge, da
zero, la velocità finale di 23.6 rad/s in tre secondi.
Il momento istantaneo trasmesso dalla frizione al generico istante t, vale:
M
M i = max t
(16.27)
3
L’accelerazione angolare del volano vale:
M
M
dω
α A = A = i = max t
(16.28)
dt
JB
3J B
Integrando la (16.28) tra l’inizio e la fine della fase di slittamento si ottiene il valore del
momento massimo trasmesso dalla frizione:
23.56
3
∫
d ωB = ∫
0
0
M max
tdt → M max ≅ 31.4 Nm
3J B
4. Il numero di rivoluzioni compiute da A per completare il transitorio, si ottengono integrando
l’espressione della velocità angolare di A.
La accelerazione angolare di A (in realtà trattasi di decelerazione) vale:
M (t )
M
(16.29)
α A (t ) = − i
= − max t ≅ −8.72 ⋅ t
JA
3J A
La velocità di A si ottiene integrando la (16.29):
ωA
∫
62.8
t
d ω = ∫ α A ( t ) dt → ω A ( t ) = 62.8 − 4.36 ⋅ t 2
0
185
(16.30)
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Elementi di Costruzione di Macchine
E lo spazio percorso, necessario al completamento del transitorio, si trova integrando la (16.30):
3
3
0
0
θ A = ∫ ω A ( t )dt = ∫ ( 62.8 − 4.36 ⋅ t 2 )dt ≅ 149 rad
→ 23.7 giri
N.B.: l’energia dissipata dalla frizione può anche calcolarsi nel modo seguente:
3
ED = ∫ M i ( t ) ⋅ ωr ( t ) ⋅ dt
0
dove con ωr abbiamo indicato la velocità relativa dei dischi di frizione solidali alternativamente ad A e
a B.
Poiché
ω A ( t ) = 62.8 − 4.36 ⋅ t 2
ωB ( t ) = 2.62 ⋅ t 2
l’espressione della velocità relativa di strisciamento risulta:
ωr ( t ) = 62.8 − ( 4.36 + 2.62 ) t 2
Da cui:
3
ED = ∫
0
M max
⋅ t ⋅ ( 62.8 − 6.98 ⋅ t 2 ) dt ≅ 1480 J
3
186
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Elementi di Costruzione di Macchine
Esempio 16.5
Una macchina è condotta da un motore a velocità variabile che sviluppa una coppia Mm rigorosamente
costante di 35 Nm.
Le parti rotanti della macchina hanno un momento di inerzia Ju di 3.5 kgm2, mentre il motore ha un
momento di inerzia Jm di 2 kgm2.
Tra la macchina e il motore è inserita una frizione che può trasmettere al massimo un momento Mf di 55
Nm. Il motore e la macchina ruotano in modo uniforme alla velocità di 600 rpm quando, per errore, la
frizione viene disinserita per 4 secondi per poi essere immediatamente reinserita.
Determinare:
1. il tempo durante il quale la frizione slitta dopo il suo reinserimento;
2. la perdita di energia imputabile allo slittamento della frizione.
1. Durante il periodo in cui la frizione e disinserita, il motore viene accelerato dalla coppia
motrice, mentre la macchina vien decelerata dall’azione della coppia resistente. Quindi si ha:
M
α m1 = m = 17.5 rad/s 2
Jm
ωmf = ω Ao + α m1 ⋅ 4 ≅ 132.83 rad/s
α u1 = −
Mm
= −10 rad/s 2
Ju
ωuf = ωuo + α u1 ⋅ 4 ≅ 22.83 rad/s
Al reinserimento della frizione il motore decelera per effetto del momento trasmesso dalla
frizione, mentre la macchina, sempre per effetto del momento trasmesso dalla frizione, subisce
un’accelerazione.
Ovviamente al temine del transitorio le velocità di motore e macchina saranno coincidenti. Si ha
pertanto:
M −Mf
α m2 = m
≅ −10 rad/s 2
Jm
αu 2 =
M f − Mm
Ju
≅ 5.71 rad/s 2
Le espressioni delle velocità del motore e della macchina dal reinserimento della frizione fino al
termine del transitorio sono:
ωm ( t ) = ωmf + α m 2t

ωu ( t ) = ωuf + α u 2t
(16.31)
Imponendo l’uguaglianza del delle velocità di motore e macchina si determinano il tempo di
slittamento ts e la velocità di sincronismo ωs.
t s ≅ 7 s ωs ≅ 62.83
2. Determiniamo ora gli spazi angolari percorsi dal motore θ m e dalla macchina θu dal
reinserimento della frizione fino al termine del transitorio. Dalle (16.31) posto t = t s si ottiene:
θ m ≅ 684.8 rad
θ u ≅ 299.8 rad
187
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Elementi di Costruzione di Macchine
Indicate con ECI ed ECF rispettivamente l’energia cinetica del sistema iniziale e al termine del
transitorio, con Lm e Lu rispettivamente il lavoro motore e resistente compiuti durante il
transitorio, e con LD il lavoro disperso dalla frizione, per la conservazione dell’energia, si ha:
ECI + Lm − Lu = ECF + LD
1
1
J mωmf2 + J uωuf2 ≅ 18556 J
2
2
1
ECF = ( J m + J u ) ωs2 ≅ 10856 J
2
Lm = M m ⋅ θ m ≅ 23968 J
ECI =
Lu = M m ⋅ θ u ≅ 10493 J
Il lavoro disperso dalla frizione vale:
LD ≅ 21175 J
Bibliografia
Ferraresi C, Raparelli T
Hannah J et Stephens RC
Meccanica Applicata
Mechanics of Machines
188
CLUT
Arnold
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dispense costruzione di macchine vol.2