Gian Lorenzo Bernini
Napoli 1598 - Roma 1680.
nasce a
Napoli il 7 dicembre 1598, dove
il padre Pietro, scultore toscano,
e la madre Angelica Galante si
erano da poco trasferiti.
Nel 1606 la famiglia fa ritorno a Roma: Pietro ottiene la protezione
del cardinale Scipione Borghese. In questo contesto ci sarà
occasione per il giovane Gian Lorenzo di mostrare il suo precoce
talento.
Fu architetto, pittore, poeta, scenografo, scultore. I suoi maestri
furono i modelli classici che studiò con passione e che ripropose
con quella linea nervosa e magnifica che lo rese un caposcuola
fondamentale.
Cominciò a lavorare a 15
anni con il padre, e le
prime opere gli furono
proprio commissionate dal
cardinale Borghese che
già aveva preso a
protezione il padre Pietro,
artista di notevole cultura.
"Plutone e Proserpina" (1621);
Seguirà nel 1621-22 il gruppo di " Apollo e Dafne ",
dove la ricerca del movimento si accentua e
perfeziona indicando già uno stile espressivo
completamente raggiunto.
Oltre alle precedenti opere, tra il 1623 e 1624,
il cardinale Scipione commissionò al Bernini
allora venticinquenne, la statua del David:
l’eroe biblico, armato soltanto di fionda,
affronta un gigante in armi, Golia. Per
l'espressione del viso di questo giovane,
contratto per lo sforzo, Bernini si sarebbe
ispirato al proprio volto, nei momenti della
difficile lotta contro le durezze del marmo,
armato dei suoi ferri. La corazza troppo
grande, prestata a David dal re Saul prima del
confronto, poggia per terra, come anche l'arpa
con la quale suonerà dopo la vittoria,
strumento musicale che culmina in una testa
d'aquila con riferimento alla casa Borghese.
A differenza del David di Donatello e di quello del Michelangelo, Bernini s'interessa
al momento di massimo dinamismo, quando l'energia esplode e si fa manifesta nel
tendersi dei muscoli, nella violenta torsione a spirale del busto e nella fierezza del
volto.
Pietro, si avvide molto presto che il figlio era dotato di talento a lui superiore e rendendosi
conto che il figlio avrebbe avuto un avvenire artistico tale da sovrastarlo e seppe, con
straordinaria genialità, lentamente, tirarsi indietro perché sempre più i committenti volevano
Bernini, non Pietro ma Gian Lorenzo.
Inizia, in seguito, la lunga serie delle opere per la Basilica di San Pietro che lo
terrà impegnato per più di quarant’anni nella difficile e delicata impresa della
definitiva sistemazione dell’edificio.
appassionato studioso
dell'architettura classica, il
Bernini tenterà una
felicissima sintesi fra scultura
e architettura nel "
Baldacchino di S. Pietro "
commissionatogli da papa
Urbano VIII nel 1624. Nel
concepire l'immenso ciborio
che pure si slancia nella
forma tortile delle colonne
"fiorite", l'artista non tenne
conto delle dimensioni umane
rapportando, come altri
avevano proposto, l'opera
all'uomo, ma tenne conto
soltanto dell'immenso spazio
michelangiolesco dove la
zona dell'altare doveva
inserirsi con tutta la potenza
e la grandezza possibile.
Dove prendere il bronzo? Dalle opere dell’antica Roma ed in
particolare dal Pantheon dove dell’eccellente bronzo dorato è
Il principale materiale didecorazione. Sarà proprio al Pantheon
che Bernini, con una stretta al cuore indubitabile, ma anche con
il piacere avido e assoluto di compiere un lavoro per il Papa,
che alzerà lo sguardo per ammirare quello che di lì a poco andrà a demolire, poiché il
Papa Urbano VIII Barberini ha promesso a Bernini di prendere tutto il bronzo esorbitante
dopo la costruzione dei cannoni, per realizzare una parte della fusione del baldacchino
tortile bronzeo che domina la tomba dell’Apostolo nella grande basilica della cristianità
dedicata a Pietro.
La scelta del Papa fece scandalo e venne
immortalata con un detto: "Quel che non
fecero i barbari, lo fecero i Barberini".
Bernini ordina ai suoi di staccare tutte le grandi lastre di bronzo incise
e di rimuovere le immense porte. Tutto viene fatto a pezzi e portato a fondere.
In tale lavoro si fa aiutare da un giovane collaboratore: un ragazzo
straordinariamente abile con le mani, silenzioso, tranquillo, introverso, il suo
nome è Francesco Borromini giunto dal paesino lacuale di Bissone nel Canton Ticino.
Fu considerato da Urbano VIII ormai l'artista ufficiale della corte papale
ed in particolare stimato dalla famiglia Barberini che legò il suo nome a
tante realizzazioni nuove. Onori ed incarichi a questo punto non
mancarono. Nel 1629 muore il Maderno e Bernini e Borromini sono
chiamati a completare il palazzo Barberini in una gara esaltante e di
grande interesse per gli storici dell'arte che possono riconoscere nella
grande realizzazione barocca i diversi stili e soprattutto l'opposta
personalità dei due grandi architetti.
La scala del Borromini
E' comunque del 1646 il
suo capolavoro
scultoreo, quella "
Estasi di S. Teresa "
nella cappella Cornaro,
in S. Maria della
Vittoria, dove lo
stupefacente mestiere
dell'artista, che tratta il
marmo come se fosse
duttile creta, incarna
con elegantissima ironia
tutto l'equivoco religioso
voluto dai gesuiti, che
imponeva opere belle e
teatrali per attirare in
chiesa le masse dei
fedeli turbati dalla
"riforma".
Questa foga controriformista trova nell'opera di Bernini tutta la
carica espressiva di una sensuale ironia partenopea che
ripropone il malizioso "Cupido" nell'angelo armato di freccia ed
un "estasi" del tutto carnale nel bel volto riverso della santa
spagnola che effettivamente di sacra sensualità ne aveva
espressa molta nei suoi vigorosi scritti
Capolavoro della tecnica scultorea barocca, questo
gruppo marmoreo, sospeso quasi a mezz'aria e
vivificato dall'alto della sua fonte luminosa, ancora
affascina e turba e più e meglio di ogni altra cosa,
esprime l'inquietudine del Seicento romano.
Sarà sotto il pontificato di Alessandro VI che Gian Lorenzo Bernini compirà il suo capolavoro architettonico: lo
splendido emiciclo di Piazza S. Pietro che chiude finalmente quel grande progetto urbanistico con l'abbraccio
simbolico del grande colonnato che conclude ed esalta l'opera michelangiolesca per la basilica romana.
il BERNINI che ideò ed eseguì questo *Colonnato che più di ogni altro monumento ha reso celebre il suo
nome. Si compone di 284 robustissime colonne e 90 pilastri di ordine dorico, formanti un triplice porticato di m.
19,81 d'altezza, coronato da una balaustrata adorna degli stemmi di Alessandro VII e di Clemente XI, nonchè
di 96 statue alte m. 3,73. Il lavoro fu compiuto nell'anno 1667 e costò, compreso il pavimento, poco oltre i 5
milioni di lire.
La piazza propriamente detta è lunga m. 289,73 e larga 201; essa comunica con la Basilica a mezzo d'un'altra
piazza più piccola, di forma trapezoide, più larga verso la facciata e più stretta verso la colonnata, (m. 96,15 su
118,89) senza di che quest'ultima non avrebbe potuto raccordarsi colla facciata.
Dieci anni durò la costruzione della grande piazza, in rigoroso stile
classicheggiante che di barocco non ha soltanto la geniale soluzione
ellittica che riesce ad esaltare anche la tozza facciata del Maderno,
fondendo in una felicissima linea compositiva le varie e a volte
discontinue parti del S. Pietro che, dopo la morte di Michelangelo, aveva
usufruito dell'opera dei continuatori non sempre rigorosamente fedeli
all'impostazione del maestro…..
…la piazza doveva anche ad andarsi a costituire come luogo di sorpresa che in linea con la poetica
barocca del tempo andava a manifestarsi agli occhi del fedele come momento di meraviglia e stupore.
Cosi raccontata anche nei romanzi dei primi anni del XX secolo…
…”All’ombra del pino” di Enrico Solito
Ermanno era a bocca aperta. Trovarsi a Roma, nella Città Eterna, era già un qualcosa
che aveva sognato fin da piccino, e aveva una certa difficoltà a credere a tutto quello
che gli si parava sotto gli occhi. Le case addossate alla grande Cupola che troneggiava
su tutta la città, i modi stessi della gente, che erano così simili eppure così diversi da
quelli che conosceva, gli davano una strana sensazione di ebbrezza e stupore. La sera
prima, dopo cena, se ne era andato dalla locanda giù per le stradine che dalla
piazzetta Scossacavalli conducevano a San Pietro, svoltando tra vicoli e casupole: e di
botto, senza alcun preavviso, si era trovato nella piazza immensa, solo, davanti alla
enorme basilica che conosceva dai quadri che aveva ammirato fin da bambino. La
cupola del Michelangelo, mastodontica e silenziosa, lo aspettava da quattrocento anni.
Adesso Ermanno era lì, senza parole davanti a tanta magnificenza e alla sorpresa che
Bernini aveva giocato a lui, come a tanti altri prima di lui. La facciata illuminata dalla
luna sembrava osservarlo; l'immenso colonnato lo abbracciava come la fede, come la
Chiesa. Ermanno si era dovuto appoggiare al muro per non cadere, ed era rimasto
nella piazza per ore ed ore, letteralmente incapace di muoversi. Alla fine era stata una
guardia a riscuoterlo, preoccupata che non si sentisse bene; era per quello che si era
svegliato tardi al mattino
Una anno prima della morte
del papa, Bernini aveva già
messo mano alla tomba
monumentale che resterà
altro esempio fondamentale
dell'arte funeraria
seicentesca.
Bernini fu anche appassionato autore
di fontane. Da quella dei fiumi di
Piazza Navona, per la quale si avvalse
dell'opera di molti collaboratori……
Nilo
Danubo
Gange
Rio della Plata
………..a quella del "Tritone"
Scipione Borghese
Richelie
Urbano VIII
Grandi committenti, mecenati e protettori, per un grande artista…
…G i a n
Lorenzo
Bernini
Scarica

Diapositiva 1