Revista de Relaciones Internacionales, Estrategia y Seguridad ISSN: 1909-3063 [email protected] Universidad Militar Nueva Granada Colombia Losada Sierra, Manuel L.idea di bene comune, .destra. o .sinistra.? Revista de Relaciones Internacionales, Estrategia y Seguridad, vol. 2, núm. 2, julio-diciembre, 2007 Universidad Militar Nueva Granada Bogotá, Colombia Disponible en: http://www.redalyc.org/articulo.oa?id=92720204 Comment citer Numéro complet Plus d'informations de cet article Site Web du journal dans redalyc.org Système d'Information Scientifique Réseau de revues scientifiques de l'Amérique latine, les Caraïbes, l'Espagne et le Portugal Projet académique sans but lucratif, développé sous l'initiative pour l'accès ouverte 173 REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre rev.relac.int.estrateg.segur.2(2):173-188,2007 LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA?* Manuel Losada Sierra ** Recibido: 31 de agosto de 2007 Aceptado: 1 de octubre de 2007 RIASSUNTO Con questo documento si pretende far conoscere el dibattito intorno allidea del bene comune, specialmente dal punto di vista politico di destra e di sinistra. Dal pensiero liberale, lidea del bene comune è stata sempre considerata come di destra. In effetto, è vista come un modello aristotelico continuato dal pensiero cattolico. Si contrappone, dal pensiero liberale, lidea di libertà come fine della società politica, vale a dire, una fondamentale uguaglianza di diritti, di possibilità e di opportunità. Nel presente articolo, si presentano gli elementi comuni e divergenti della tradizione liberale, reppresentata specialmente dal primo Rawls, da Hayek e da Von Mises; e la tradizione aristotelica-cattolica, rappresentata specialmente dai comunitaristi, i documenti della Chiesa Cattolica e dal filosofo Jacques Maritain. *Questo articolo è risultato del lavoro di recerca sullorigine e lo svilupo dellidea del bene comune, che lautore ha presentato presso lUniversità Gregoriana di Roma, nel gruppo di lavoro sulla Filosofia Politica. Per questa pubblicazione, si sono inclusi alcuni riferimenti di testi in spagnolo. **Director Departamento de Educación y Humanidades UMNG. 174 REVISTA DE RELACIONES INTERNACIONALES, ESTRATEGIA Y SEGURIDAD Parole Chiavi: Destra, sinistra, bene comune, liberale, diritti, libertà. ABSTRACT In this document we intend to show the debate around common welfare, especially from the right-wing and left-wing political parties points of view. From liberal thought, the idea of common welfare has been considered as of the right political parties. In fact, it is seen as an Aristotles model continued by the catholic thought. The idea of freedom as and end of the political society is opposed to the liberal point of view, this is, a fundamental equality of rights, of possibilities and of opportunities. The article herein presents the common and diverging elements of the liberal tradition, specially represented by the first Rawls, by Hayek and by Von Mises; and the aristotle-catholic tradition, specially represented by the comunitarist, the official documents of the Catholic Church and by the philosopher Jacques Maritain. Key Words: Right-wing, left-wing parties, common welfare, liberal, rishts, freedom. RESUMEN En este documento se pretende mostrar el debate entorno a la idea de bien común, especialmente desde la posición política de derecha y de izquierda. Desde el pensamiento liberal, la idea de bien común ha sido considerada como de derecha. En efecto, es vista como un modelo aristotélico continuado por el pensamiento católico. Se contrapone, desde el pensamiento liberal, la idea de libertad como fin de la sociedad política, es decir, una fundamental igualdad de derechos, de posibilidades y de oportunidades. En el presente artículo se presentan los elementos comunes y divergentes de la tradición liberal, representada especialmente por el primer Rawls, por Hayek y por Von Mises; y la tradición aristotélico-católica, representada especialmente por los comunitaristas, los documentos oficiales de la Iglesia Católica y por el filósofo Jacques Maritain. Palabras Clave: Derecha, izquierda, bien común, liberal, derechos, libertad. LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA? REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre 175 INTRODUZIONE Per stabilire se lidea di bene comune sia di destra o piuttosto di sinistra, è necesario anzitutto chiarire che cosa si intenda per destra e sinistra. Il dibattito verificatose di recente in Italia su che cosa significhe essere di sinistra ha portato, a mio giudizio, ad un punto fermo, grazie sopratutto allintervento del filosofo del diritto e della politica Norberto Bobbio1 . Questi ha individuato infatti nelluguaglianza il valore fondamentale che caratterizza le posizione di sinistra (BOBBIO, 2005: 70ss). Di conseguenza, il valore fondamentale che caracteriza la destra viene ad essere, nella versione negativa che ne fornisce la sinistra, quello della disugualianza, e nella versione positiva che ne fornisce la stessa destra, quella dellordine o della gerarchia. Mi sembra che questa definizione interpreti perfectamente il modo in ciu i due concetti di destra e sinistra sono sorti e si sono trasformati nella storia. E noto, infatti, che la distinzione destra-sinistra è nata con la rivoluzione francese, quando i deputati dellAsemblea nazionale favorevoli al re, cioè, allancien régime2 , si sono schierati a destra, e quelli favorevoli al terzo stato, cioè alla rivoluzione, si sono schierati a sinistra. Ebbene, i primi erano i fautori dellordine costitutito e quindi della gerarchia tra i ceti (col primato dellaristocrazia sulla borghesia e del re su tutti), cioè della disuguaglizanza, mentre i secondi erano favorevoli alluguaglianza nei diritti tra tutti i cittadini. La stessa distinzione si produce in Inghilterra nel corso dellOttocento, dove si schierarono a destra i conservatori (Tories) ed a sinistra i liberali (Whiga). In questa prima fase, dunque, destra significò aristocrazia e conservadorismo, sinistra significò fondamentalmente liberalismo. Nello stesso Otocento, tuttavia, il concetto di uguaglianza, e quindi di sinistra, subì una profunda trasformazione, cioè si divise, per così dire, in quello di uguaglianza dei diritti, vale a dire delle posibilità, delle oportunità, ed in quello di uguaglianza delle coindizioni reali, vale a dire della situazione economico-sociale, in pratica della richezza. Mentre la difesa del primo concetto di uguaglianza restò caratteristica del liberalismo, la difesa del secondo diventò la caratteristica del socialismo, sia nella sua versione laborista inglese, sia nella sua versione marxista, propria degli altri paesi europei. Il liberalismo pertanto, che rispetto ai nostalgici delllancien régime rappresentava certamente una posizione di sinistra, cioè egualitaria, rispetto al socialismo venne a rappresentare una posizione sostanzialmente di destra, perchè favorevole ad unuguaglianza puramente legale, cioè formale, che in prattica poteva tollerare una Norberto Bobbio fu professore di filosofia presso lUniversità di Torino e senatore vitalizio della Repubblica Italiana. Nato a Torino il 18 ottobre 1909, deceduto in quella città il 9 gennaio 2004. 1 Antico regime (in francese Ancien Régime), fu il termine che i rivoluzionari francese utilizzarono per nominare peggiorativamente il sistema di governo precedente alla Rivoluzione Francese del 1789 (la monarchia absoluta di Luigi XVI), applicata anche al resto delle monarchie europee, il cui regime era simile a quello. 2 Manuel Losada Sierra 176 REVISTA DE RELACIONES INTERNACIONALES, ESTRATEGIA Y SEGURIDAD disuguaglianza reale, cioè sociale. Il socialismo divenne così la vera sinistra egualitaria, ma ancheesso si divise in due versione, a seconda che conservasse il patrimonio liberale delluguaglianza dei diritti, cioè fundamentalmente delle libertà, o che lo ripudiasse in nome di unuguaglianza socio-economica da realizzarsi anche a costo di rinunciare alla libertà. IL BENE COMUNE NELLA CONCEZIONE DELLA DESTRA Si è giunti così alla situazione attuale, in cui accanto ad una destra erede delle tendenze restautorie dellancien régime e quindi sostanzialmente autoritaria, rappesentata nel Novecento dalle varie forme di fascismo, esiste una destra liberale (o liberalismo di destra), che unisce alla scelta di unuguaglianza legale (i diritti e le libertà) quella di una disuguaglianza reale (determinata dalla dura legge del mercato); ed accanto ad una sinistra liberale (o liberalismo di sinistra), che tiene fermi tanto i diritti e le libertà, quanto laspirazione alluguaglianza reale, esiste una sinistra totalitaria, che repudia i diritti e le libertà in nome di unugaglianza exclusivamente economico-sociale. Da quale parte si colloca, in questo scenario, lidea di bene comune, cioè la tesi che il fine della società politica, e quindi di coloro che la governano, deve essere il bene comune? Inizialmente essa è stata fatta propria dai fautori dellancien régime e quinde si è collocata sostanzialmente a destra. La giustificazione, infatti, che lancien régime dava di sé era sostanzialmente che lordine sociale stratificato, e quinde la gerarchia dei ceti culminante nella monarchia, aveva come fine precisamente il bene comune, cioè il bene di tutti. Espressione emblematica di questo orientamento fu linglese sir Robert Filmer (1588-1653), il quale nel Patriarca sostenne che lo Stato è come una famiglia, di cui il re rappresenta il padre, e che pertanto questi opera per il bene di tutti i suoi figli. Questa concezione politica è stata tradizionalmente interpretata come modello aristotelico (BOBBIO, 1979: 22), perché il primo che atribuí esplícitamente come fine alla società politica il vivere bene, cioè il bene comune, fu Aristotele, e perchè Aristotele concepí la polis come un insieme di famiglie (ARISTOTELE, 1993: I, 1-2). Sempre Aristotele (ma già lo aveva fatto anche Platone), distinse le costituzioni buone (regno, aristocracia e politìa) da quelle corrotte (tirannide, oligarchia, e democracia nel senso antico) mediante il criterio per cui le prime hanno come fine il bene di tutti, mentre le seconde hanno come fine il vantaggio di chi governa (ARISTOTELE, 1993: III, 6). Tutta la tradizione dellaristotelismo politico, a cominciare da Tommaso dAquino3 , ha sempre condiviso lidea che il fine della società politica debba Figlio del Conte di Aquino, studiò nel monasterio di Montecasino e poi nellUniversità di Napoli. Nel 1252 fu insegnante di teologia presso lUniversità di Parigi e in altre città europee come Roma, Bologna e Napoli. Morì nel 1274 prima del Secondo concilio di Lyon. È considerato come il filosofo scolastico più importante. 3 LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA? 177 REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre essere il bene comune, inteso come la piena realizzazione di tutte le facoltà, materiali e spirituali, di ciascuno dei suoi membri. Nel commento allEtica Nicomachea, infatti, Tommaso afferma che la civitas ha come fine il bene vivere di tutti i suoi componente e che pertanto la scienza politica ha per oggetto il bonum commune civitatis (TOMMASO DAQUINO, 1949: I, lectio I, 4; lectio II, 25-31); e nel commento alla Politica egli afferma che la società più importante, cioè la società politica, è ordinata al bene più importante, cioè al bene comune, il quale è migliore e più divino del bene di uno solo (TOMASO DAQUINO,1966: proemium 4; I, lectio I, 11 e 31). E Leibniz, che si colloca alla fine della tradizione dellaristotelismo in età moderna, afferma che, quando si ama Dio, si dirigono tutte le proprie intenzioni verso il bene comune, che non differisce in nulla dalla gloria di Dio, e si trova che non vè interesse particolare oiù forte che quello de sposare linteresse generale, e che si giova a noi stessi quando ci si complace di perseguire il vero vantaggio degli uomini (LEIBNIZ, 1973: 69). Negli ultimi due secoli, dopo la rivoluzione francese e la nascita del liberalismo in nome delluguaglianza dei diritti, lidea di bene comune ha continuato ad essere professata sopratutto dal pensiero politico cattolico e dalla dottrina sociale della Chiesa. Nellottocento è esemplare, a questo proposito, la posizione di Antonio Rosmini, il quale nella Filosofia del diritto afferma che ogni società si costituisce di un bene comune, nel quale cospirino le volontà di più persone al fine di poderlo tutte, o di trarne tutte profitto (ROSMINI, 2000: 23); mentre nel Novecento è esemplare la posizione di Jacques Maritain, il quale nellopera intitolata La persona e il bene comun4 e ha identificado il bene comune, fine della società politica, con la buona vita umana della moltitudine ed ha precisato che esso implica ed esige il riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone (MARITAIN, 1978: 23) Quanto alla dottrina sociale della Chiesa cattolica, il concetto di bene comune compare già nellenciclica Rerum Novarum di Leone XIII (1891), dove lespressione recorre un centinaio di volte; è svilupato sopratutto nella Pacem in Terris di Giovanni XXIII, dove si precisa che esso ha attinenza a tutto luomo, tanto ai bisogni del suo corpo quanto alle esigenze del suo spirito e che lattuazione di esso trova la sua attuazione nei diritti e nei doveri della persona (GIOVANNI XXIII, 1970: n° 25.60); riceve la sua definizione nella costituzione del Concilio Vaticano II Gaudium et spes come linsieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più plenamente e più speditamente (CONCILIO VATICANO II, Gaudium et Spes, 1970: n° 26); 4 In spagnolo, Cf. Maritain, J. La persona y el bien común. Buenos Aires: Club de Lectores, 1981. Manuel Losada Sierra 178 REVISTA DE RELACIONES INTERNACIONALES, ESTRATEGIA Y SEGURIDAD definizione infine represa nella Centesimus annus di Giovanni Paolo II, dove è detto che il bene comune non è la semplice somma degli interessi particolari, ma implica la loro valutazione e composizione fatta in base ad unequilibrata gerarchia di valori, e, in ultima analisi, ad unesatta comprensione della dignità e dei diritti della persona (GIOVANNI PAOLO II, Centessimus Annus, 1970: n° 47). Linterpretazione che identifica la conservazione dellancien régime, cioè lidea di una società gererchica, col modello aristotelico è tuttavia errata, perchè, se è vero che per la polis è un insieme di famiglie, è altrettanto vero che per Aristotele, a differenza che per Platone, la polis ha una struttura totalmente diversa da quella della famiglia. Mentre la famiglia, infatti, è esencialmente una società di disuguali, avendo al vértice dei suoi componente il padre, più in basso la madre, indi i figli ed infine nella posizione piu bassa di tutti i servi (o schavi), la polis al contrario è una società di liberi ed uguali; di conseguenza mentre il governo migliore per la famiglia è quello di tipo regale, adatto a dei familiari disuguali, il governo ideale della polis, secondo Aristotele, è la politìa, cioè una democrazia moderata, adatta a dei cittadini tutti liberi ed uguali (ARISTOTELE, 1993: I, 7 y IV, 12). È vero che non tutti gli abitanti della polis sono per Aristotele liberi ed uguali, perché tra essi ci sono anche gli schiavi, le donne e i giovanni, che non hanno la pienezza della citadinanza; resta però il fatto che i cittadini pleno iure, cioè i capi-famiglia, sono tutti liberi ed uguali, e per questo devono poter partecipare tutti a turno al governo della polis (ARISTOTELE, 1993: II, 2). Comunque, a parte questo errore storico, nel pensiero politico moderno, specialmente liberale, lidea del bene comune, e laristotelismo di cui essa è espressione, è stata considerata sostanzialmente unidea di destra. Ad essa è stata opposta lidea che il fine della società politica debe essere anzitutto quello di garantire a tutti i suoi membri la libertà, cioè una fondamentale uguaglianza di diritti, di posibilità e di opportunità. Questa idea si ritrova nei maggiore esponenti del pensiero liberale, a cominciare da Spinoza, per il quale finis rei publicae libertas est5 , per continuare con Montesquieu, per il quale lo scopo della politica e dello Stato deve essere la tutela della libertà; e con Kant, per il quale lo scopo dello Stato è la legge della pari libertà di tutti i cittadini. LIDEA DI BENE COMUNE NELLA CONCEZIONE DELLA SINISTRA. Dalla contrapposizione tra libertà, cioè uguaglianza formale, e bene comune derivano tutte le critiche che lodierno pensiero liberale, di destra e di sinistra, muove allidea aristotelica e 5 Cf. Spinoza, B. Tratado teológio político. Madrid: Alianza. 2003 LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA? REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre 179 cattolica di bene comune. Ad esempio F.A. Hayek afferma che in una società libera il bene generale consiste principalmente nel facilitare il perseguimento di scopi individuali sconosciuti (HAYEK, 1989: 75); per cui non cè un vero fine comune, ma ci deve essere solo la pari libertà per ciascuno di perseguire il proprio fine particolare. E L. Von Mises addiritura lega lidea di bene comune a quella di collettivismo marxistico (VON MISES, 1959: 80). Litaliano N. Matteucci critica lidea di bene comune in quanto suscettibile, nel suo contenuto, delle interpretación più diverse e quindi non proponibile come progetto che tutti dovrebbero accettare (MATTEUCCI, 1983: 15). Anche un liberale di sinistra, quale può essere considerato el neocontrattualista John Rawls, nel suo celebre libro su Una teoria della giustizia (1971)6 dove propone una concezione della giustizia come equità, cioè come ugualianza di diritti, pur non criticando esplicitamente lidea di bene comune, retiene che il bene di una persona sia determinato da ciò che per essa rappresenta il piano di vita più raziónale, date circostanze ragionevolmente favorevoli (RAWLS, 2004: 327), perciò afferma il primato del giusto, rispetto al bene. Il giusto, per Rawls, consiste nellassicurare a ciuscun individuo le condizioni minime favorevoli per poter svilupare il suo piano di vita, cioè la libertà, la salute e un reddito suficiente. Poichè infatti egli prosegue- ciascuna persona deve essere libera de pianificare la propria vita como più le piace, e gli individui concepiscono il loro bene in maniere differenti, non cè alcun bisogno di proporre una descrizione del bene che imponga lunanimità su tutti gli standards della scelta razionale. Ciò sarebbe in contraddizione con la libertà di scelta che la giustizia come equità garanstisce agli individui e ai gruppi nellambito di una struttura di istituzioni giuste (RAWLS, 2004: 367-371). Benché questa critica sia rivolta esencialmente allutilitarismo, che atribuisce come fine alla politica la massima utilità per il maggior numero possibile di persone, intendendo per utilità la soddisfazione delle preferenze soggetive, essa viene spesso usata contro lidea tradizionale di bene comune, accusata di essere espressione di unintenzione impositiva e di violare quindi la libertà dei singoli di sceglierse il tipo di vita più conforme alle proprie concezione filosofiche, o anche ai propri gusti. Ciò è avvenuto, ad esempio, in Italia, dove lenciclica Centesimus annus è stata criticata dal liberale Lucio Colletti sul Corriere della Sera proprio perchè riprendeva lidea di bene comune. Una simile critica implica quel pluralismo di valori, o piuttosto quel pluralismo come valore, che può essere considerato come lespressione più tipica ed avanzata del liberalismo moderno. 6 In spagnolo Cf. Rawls, J. Una teoria de la justicia. Madrid: FCE, 1997. Manuel Losada Sierra 180 REVISTA DE RELACIONES INTERNACIONALES, ESTRATEGIA Y SEGURIDAD Il libro di Rawls, Una teoria della giustizia7 , ha suscitato un vasto dibattito e in particolare la tesi del primato del giusto sul bene é stata criticata dai filosofi cosidetti comunitaristi 8 . Tra questi Michael Sandel9 , oltre ad osservare che il bene, proposto da Rawls al giusto, è da lui inteso in modo utilitaristico, cioè come interesse individuale, come soddisfazione dei desideri, ha rilevato molto cautamente che il giusto, anteposto da Rawls al bene, implica una forma di intersoggetività, e quindi di società, e costituisce un valore che deve essere condiviso da questa società, cioè un fine comune, il quale è appunto un bene. Pertanto non è vero che il giusto preceda il bene, come sostiene Rawls, ma è vero piuttosto il contrario, cioè che il giusto è un aspetto del bene e dunque lo presupone: il bene insomma, secondo Sandel, non è un complemento del giusto, ma il suo prerrequisito (SANDEL, 2004). Se il bene, afferma Sandel, non è nientaltro che la soddisfazione indiscriminata di preferenze arbitrariamente date, senza tener conto del merito non è difficile immaginare che il giusto (e perciò stesso un bel po di altgri tipi di pretese) debba avere maggior peso. Ma in realtà, lo status moralmente svalutato del bene deve inevitabilmente mettere in dubbio anche lo status della giustizia. Perchè una volta ammesso che le nostre concesión del bene sono moralmente arbitrarie, diventa difficile capire perchè la più alta di tutte le virtù (sociali) debba essere quella che ci consente di perseguire queste concezioni arbitrarie tanto completamente quanto lo consentono le circonstanze (SANDEL, 2004: 184). Tuttavia per Sandel lindividuo, cioè il soggetto del giusto e del bene, ha una sua identità soltando in quanto appartiene ad una comunità intesa in senso forte, cioè derivante da unorigine comune, ed il bene non è altro se non ciò che questa comunità condivide come moralmente buono: esso non è dunque un oggetto di scelta, cioè un fine, ma è riconosciuto da tutti i membri della comunità come già esistente, fa parte della comprensione di sè condivisa dai partecipanti alla comunità stessa. Criticando infatti espressioni come associazione, relazione, reciprocità, cooperazione, usate da Rawls per indicare il rapporto intersoggetivo, Sandel propone di sustituirle con comunità, attaccamento, condivisione, partecipazione, le quali indicano a suo avviso una forma di vita in cui i membri si trovano comunemente collocati fin dallinizio (SANDEL, 2004: 167-168). Questultimo è laspetto propiamente comunitaristico della critica di Sandel a Rawls, il quale è anche, come vedremo, il meno convincente. Analoga è la concezione del bene sviluppata da un altro filosofo comunitarista, Alasdair MacIntyre, anchegli critico di Rawls, nel libro Dopo la virtù. Saggio di teoria morale (1981)10 . 7 In spagnolo, cf. Rawls, J. Una teoría de la justicia. México: FCE, 1979. 8 Conosciuti in inglese come Communitarians. Michael Sandel (nato nel 1953), filosofo statunitense, professore presso il Dipartimento di Scienza Politica dellUniversità di Harvard. 9 10 In spagnolo Cf. MacIntyre, A. Tras la virtud, Barcelona: Crítica, 2001 LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA? REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre 181 Qui infatti lautore identifica il bene esencialmente con la virtù, richiamandosi al concetto aristotelico di virtù, come eccellenza in una pratica, cioè in unattività riconosciuta da una comunità, dotata di regole divenute tradizionali, alimentata da un ethos, cioè da un costume, da un sentire comune. Tutto questo è possibile solo allinterno di una comunità, intesa ugualmente in senso forte, cioè composta di persone aventi una medesima origine, in cui la visione teleologica del fine è espressione di questa origine comune (MACINTYRE, 2000: 225-243. 291-304). A questultima tesi si deve osservare che per Aristotele il bene comune non è costituito solo dalle virtù etiche, le quali sono effettivamente lespessione di un ethos, cioè di un costume, e di istituzioni, che solo una comunità come la polis può assicurare. Il bene per Aristotele è anche, e sopratutto, la felicità, cioè qualcosa che deve essere individuato per mezzo della filosofia pratica, cioè di unindagine razionale, e deve essere perseguito per mezzo di una virtù dianoetica, la saggezza pratica11 . Insomma il bene è esencialmente un fine, qualcosa che debe essere realizzato. Più in generale si ha limpressione che i filosofi comunitaristi (tra i quali si possono annoverare, sia pure con posizioni più moderate, anche Charles Taylor e Michael Walzer12 ) introducano nella loro difesa dellidea di bene comune un elemento estraneo alla tradizione dellaristotelismo politico ed alla stessa concezione cristiano-cattolica di essa, cioè il primato della comunità sulla società, dellorigine sul fine, del sentimento sullintelligenza e sulla volontà13 . Anchessi, come Rawls, hanno una concezione forse troppo utilitaristica della volontà e della scelta, cioè la considerano espressione soltando di preferenze arbitrarie. Invece è proprio sulla volontà, cioè su una scelta razionale, o intelligente, che si fonda il concetto classico di bene comune come fine. Colui che ha visto più chiaramente questo aspetto del bene comune è Maritain14 , il quale nel suo capolavoro politico, cioè Luomo e lo stato (1951), riprendendo la distinzione tra società e comunità fatta da Ferdinand Tönnies, aveva osservato che la società politica, non solo moderna, ma anche antica, non è una comunità, bensì una società, ed aveva espresso senzaltro la sua preferenza per questultima forma di organizzacione sociale. Sia la comunità che la società, osserva Maritain, hanno in comune un bene, cioè hanno un bene comune, ma mentre nella comunità questo bene è già dato, cioè è una comune origine, o una lengua, o 11 La clasica Phronesis. 12 Charles Taylor, nato a Montreal nel 1931, insegnante di diritto e filosofia allUniversità di Northwestern. Michael Walzer, nato nel 1935, insegnante al Institute for Advanced Study in Princeton. Sul dibattito tra liberali e comunitaristi circa il bene comune, cf. anche Kymlicka, Introduzione alla filosofia politica contemporanea, 1996, pp. 231-261. 13 14 Jacques Maritain (1882-1973), filosofo francese nato a Parigi e deceduto a Toulouse. Manuel Losada Sierra 182 REVISTA DE RELACIONES INTERNACIONALES, ESTRATEGIA Y SEGURIDAD una tradizione, o una storia, nella società il bene è qualcosa che debe essere realizzato, cioè un fine, oggetto dellintelligenza e della volontà, vale a dire di una libera scelta (MARITAIN, 1963: cap. I). Non si appartiene infatti ad una comunità, per esempio ad una nazione, o ad un clan, o ad un gruppo linguistico, per scelta, ma solo per nascita; invece si entra a far parte di una società per scelta, cioè per decisione libera, e liberamente si decide di cooperare con tutti gli altri membri di essa alla realizzazione di un bene comune. Ciò non significa che luomo sia per natura un individuo senza legami sociali e che questi intervengano solo attraverso un contratto, cioè una convenzione, come sostiene il contrattualismo moderno. A questo proposito la critica dei comunitaristi al liberalismo é perfectamente valida. Luomo, come diceva Arisotele, è per natura un animale politico, cioè un essere fatto per vivere nella polis ed incapace di realizzare pienamente se stesso al di fuori di essa. Ma lo stesso Aristotele precisava, nel medesimo paso, che per natura si deve intendere non lorigine, bensì il fine, cioè il compimento, la perfezione, la piena realizzazione delluomo; ed aggiungeva che il segno di questa natura sociale è il possesso, da parte delluomo, del logos, che è ragione e parola, e permette di discutere con gli altri che cosa è giusto o ingiusto, chè cosa è bene o male (ARISTOTELE, 1993: I, 2). La natura delluomo è dunque la ragione, la volontà, la libertà, la quale si realizza pienamente solo nel raggiungimento del bene comune della polis, cioè del vivere bene. Una concezione del bene comune singularmente vicina a quella di Aristotele si trova in un economista che può essere considerato non solo liberale, ma anche di sinistra, cioè Amartya Sen. Questi ha sostenuto, anchegli in polemica con Rawls, che non possiamo stimare in modo appropiato il valore dei beni da distribuire, e quindi non possiamo realizzare una vera giustizia, finché non abbiamo una descrizione delle funzioni per le quali tali beni sono utili, cioè una concezione delluomo, delle sue capacità e della sua piena realizzazione. Non basta, perciò, una concezione scarna del bene, come quella sostenuta da Rawls, ma è necesaria una concezione dotata di maggiore spessore, che indichi qual è la piena realizzazione delluomo, la fioritura di tutte le capacità umane, la vita fiorente (MASSARENTI- RE, 1992: 56-59). Sen non ha sviluppato la sua teoria economica partendo da Aristotele, ma quando gli è stata fatta notare laffinità tra essa e la concezione aristotelica del vivere bene come piena realizzazione di tutte le capacità umane, ha riconosciuto questa affinità. Dapprima infatti egli aveva interpretato il concetto aristotelico di vivere bene15 in senso utilitaristico, cioè come semplica felicità; in seguito poi si è accorto che Aristotele usava esattamente lo stesso termine, cioè funzione16 , da lui usato per spiegare il concetto di capacità, ugualmente di 15 Aristotele lo chiama in greco eudaimonia 16 Ergon in greco. LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA? 183 REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre origine aristotelica. In questo autore, dunque, lidea aristotelica di bene comune assume una caratterizzazione chiaramente di sinistra, perchè esprime laspirazione ad unuguaglianza non solo nei diritti, ma anche nella effettiva distribuzione dei beni. ORIGINALITÀ DELLIDEA DI BENE COMUNE Le critiche dei comunitaristi e dei liberali di sinistra al primato del giusto rispetto al bene, sostenuto da Rawls, hanno avuto un effetto importante, perchè hanno indocto lo stesso Rawls, ad una trasformazione, o ad una precisazione della sua posizione, che si è espressa nella sua opera del 1993, cioè Liberalismo politico17 . In questo libro, infatti, Rawls ha accettato lidea che il bene comune possa essere il fine della società politica, a condizione che esso venga inteso come quellinsieme di valori che sono comuni a individui, o gruppi, orientati verso concezioni della vita diverse ed anche tra loro incompatibili (RAWLS, 1994). Lultimo Rawls ha parlado, a questo punto di una zona oggetto di consenso per intersezione18 , e la sua teoria è stata presentata nel modo seguente: quanto deve essere oggetto di condivisione stabile non è linsieme dei valori che ci identificano entro dottrine o visioni comprensive (religiose o meno), alternative conflinggenti tra loro. E piuttosto il sottoinsieme di intersezione non vuoto che incluye i valori politici fondamentali (VECA, 1996: 176ss). Questi valori sono in genere quelli sanciti dalla costituzione di un paese, per cui la posizione di Rawls è avvicinabile a quella del filosofo tedesco Jürgen Habermas, il quale, in occasione della riunificazione della Germania, ha parlado di patriotismo costituzionale (HABERMAS, 1990: 50). Ma essa converge anche con quella di Maritain e dei fautori cattolici del bene comune, le cui idee, come è noto, hanno ispirato alcune delle costituzioni approvate nella seconda metà del Novecento, cioè quella francese del 1946, quella italiana del 1947, quella tedesca del 1948 e quella spagnola del 1978. E chiaro che in una concezione siffatta sono compresi anzitutto i diritti fondamentali della persona, detti anche diritti civili e coincidenti con le libertà tradizionali (di pensiero, di parola, di stampa, di associazione), rivendicate sopratutto dalla tradizione liberale. Insomma la giustizia, intesa come uguaglianza dei diritti, cioè delle posibilità, delle oportunità, è parte integrante e fondamentale del bene comune. Ma in questo sono compresi anche i cosidetti 17 In spagnolo Cf. Rawls, J. El liberalismo politico. Barcelona: Crítica, 2003. 18 Overlaping consensus Manuel Losada Sierra 184 REVISTA DE RELACIONES INTERNACIONALES, ESTRATEGIA Y SEGURIDAD diritti politici, rivendicati dalla tradizione democratica, cioè il diritto di participazione di tutti i cittadini al governo della società politica, mediante libere elezioni, forme adeguate di rappresentanza e di controllo del governo ed altre istituzioni democratiche. Infine nel bene comune sono compresi i cosidetti diritti sociali, rivendicati dalla tradizione socialista, cioè il diritto alla salute, alleducazione, al lavoro, alla cultura, ad un ambiente vivibile, ad una buona qualità della vita, cui la concezione cattolica (ma enche di alcuni laici) aggiunge preliminarmente come fondamentale lo stesso diritto alla vita, dal momento del suo concepimento sino a quello della sua cessazione naturale. Tutti questi elementi sono contenuti nella definizione di bene comune proposta dalla chiesa cattolica nella Gaudium et spes19 , cioè, come abbiamo visto sopra, linsiema di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi come ai singoli membri, di raggiungere la propia perfezione più pienamente e speditamente. In tale proposta non cé nulla di impositivo, nulla che violi la libertà di progettare autonomamente la propria vita e la propria felicità, nulla che si opponga al pluralismo culturale, filosofico, ideologico e religioso. Anzi si può dire che lidea classica di bene comune include in sè sia luguaglianza formale voluta dal liberalismo, sia luguaglianza sostanziale voluta dal socialismo, perciò è fondamentalmente di sinistra. A questo punto è legitimo chiederci che cosa ditingue lidea classica di bene comune, risalente alla tradizione dellaristotelismo politico e della doctrina sociale della chiesa católica, dal liberalismo di sinistra in genere, quale potrebbe essere rappresentato dallultimo Rawls, o dal socialismo democratico, quale potrebbe essere rappresentato dallultimo Habermas. Senza fare riferimento preciso a questi due autori, si può affermare che molte espressioni del liberalismo di sinistra e dello stesso socialismo democratico oggi sembrano dominate dalla convinzione che non vi possa essere pluralismo, e quindi democrazia, senza relativimo etico, cioè che la democracia sia per sua stessa definizione moralmente neutrale. Questa idea è stata messa in circolazione già negli anni trenta del Novecento da Hans Kelsen, il quale non solo ha ravvisato lessenza della democrazia soltando in un complesso di regole puramente formali e del tutto neutrali dal punto di vista etico, ma ha esplicitamente indicato nel relativismo etico la condizione della stessa democracia ed ha considerato questultima incompatiobile con qualsiasi concezione sostanziale del bene comune. Perciò Kelsen ha criticato non solo concezione della democrazia come quella marxistica, che hanno poi avuto un esito chiaramente totalitario, ma anche concezione come quella sviluppata da Maritain in Umanesimo integrale (KELSEN, 1966). 19 Gaudium et spes: Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA? 185 REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre Questo è precisamente il punto in cui lidea del bene comune accolta da certe forme di liberalismo e di socialdemocrazia diverge dallidea di bene comune propria della tradizione classico-cristiana. Come ha precisato, infatti, Giovanni Paolo II nella Centessimus annus20 , ed abbiamo visto già, lidea di bene comune non è la semplice somma degli interessi particolari, ma implica la loro valutazione e composizione fatta in base ad unequilibrata gerarchia di valori e, in ultima analisi, ad unessatta comprensione della dignità e dei diritti della persona. Si tratta, dunque, di accettare una determinata gerarchia di valori, cioè una determinata concezione etica, la quale non può non presupporre una determinata concezione delluomo, cioè una precisa antropología. Da questo punto di vista non solo il relativismo etico non resulta indispensabile alla democrazia, ma anzi si rivela pericoloso per la stessa democrazia, perchè nella sua indiferenza verso i valori morali rischia di giustificare anche le peggiori forme di totalitarismo, cioè di negazione della democrazia stessa. QUESTIONE FINALE Ciò che ho detto non significa che letica e lantropologia in questione siano necessariamente e soltando la visione cristiana della vita. Certo, in base a questa la persona umana non si risolve interamente nella società politica, ma possiede una dimensione cha la trascende, cioè trascende la politica e la storia in genere, proiettando luomo verso un destino eterno. Ciè è stato detto con chiarezza da Tommaso dAquino, il quale ha affermato che luomo non è ordinato alla società politica secondo tutto se stesso e secondo tutte le sue cose ( ), ma tutto ciò che luomo è, e ciò che può, ed ha, debe essere ordinato da Dio (TOMASO DAQUINO, 1970: I-II, q. 21, a. 4, ad tertium). E Maritain ha così commentato: luomo è parte della comunità politica e inferiore a questa secondo le cose che, in lui e di lui, rechieste dalle indigenze della individualità materiale, dipendono, quanto alla loro stessa essenza, dalla comunità politica, e possono essere chiamate a servire da mezzo per il bene temporale- di questa ( ). E daltra parte luomo sorpassa la comunità politica secondo le cose che, in lui e da lui, in quanto relative allordinanza allassoluto della personalità come tale, dipendono, quanto alla loro stessa essenza, da più in alto che la comunità politica, e concernono in proprio il compimento sopratemporale- della persona proprio in quanto persona (MARITAIN, 1978: 45-55). Questa dimensione delluomo che trascende la società politica, e che nella visione cristiana assume il significado di un riferimento ad un principio absoluto, non può essere intesa come Centesimus Annus (che in latino significa centesimo anno) è una enciclica scritta da papa Giovanni Paolo II nel 1991, nel centesimo anniversario dellenciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII del 1891. Fa parte degli scritti sulla dottrina sociale della Chiesa cattolica. 20 Manuel Losada Sierra 186 REVISTA DE RELACIONES INTERNACIONALES, ESTRATEGIA Y SEGURIDAD una diminuzione, o una riduzione, o una limitazione della libertà della persona, ma anzi proprio la sua enfatizzazione, la sua esaltazione. In base ad essa, infatti, luomo resulta in ultima analisi superiore ed autonomo anche rispetto alla società politica, sia egli usi questa autonomia per riferirsi ad un Absoluto trascendente, sia che eviti di determinarla positivamente in questa direzione, manteniéndola aperta e indeterminata. Insomma lidea classico-cristiana di bene comune, con la gerarchia di valori e la concezione della persona che essa comporta, non impone nulla a nessuno e non limita in alcun modo nessuna concezione della persona, ma anzi la arrichisce tutte di un elemento ulteriore, lasciando ciascuno libero di tenerne conto e di non tenerne conto. La dimensione trascendente che essa rivendica, e che costituisce il vértice della gerarchia di valori che essa implica, proprio perchè trascende la politica, non si risolve mai in unimposizione, ma è solo lapertura di un varco oltre la politica, che poi ciascuno è libero di riempire nel modo che preferiste. In questa lidea classico-cristiana di bene comune differisce dalla concezione del bene comune propria della destra conservatrice, che pur facendo riferimento ad una gerarchia di valori e quinde ad un ordine etico, ma pretendeva di imporlo attraverso le regole della politica. Ciò è divenuto chiaro specialmente dopo il Concilio Vaticano II21 e la dichiarazione da esso approvata sulla libertà religiosa, che è la più profonda libertà di coscienza ed è quinde il fondamento di tutte le libertà. Per questo non è necesario aderire alla visione cristiana per accogliere lidea di bene comune elaborata dalla tradizione classico-criostiana, ma questultima resulta essere lidea più ricca, comprensiva dei valori elaborati sia dalla destra che dalla sinistra, non escludente nei confronti di nessuno, nella quale tutti possono riconoscersi, totalmente o parcialmente, e che perciò merita di essere riproposta ancora al inzio del terzo millenio. BIBLIOGRAFIA Aristotele. (1993). Politica I 1-2. Roma: Laterza. Bobbio, N. (2005). Destra e sinistra. Roma: Donzelli. Bobbio, N., Bovero M. (1979). Società e Stato nella filosofia politica moderna. Il Concilio fu aperto ufficialmente l11 ottobre di 1962 da Papa Giovanni XXIII allinterno della Basilica Vaticana. Alla morte di Giovanni XXIII (3 giugno 1963) fu continuato dal suo successore Paolo VI. Si svolse in nove sessioni, in quattro periodi, e terminò il 7 dicembre 1965. Promulgò quattro Costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti. 21 LIDEA DI BENE COMUNE, DESTRA O SINISTRA? REVISTA - Bogotá (Colombia) Vol. 2 No. 2 - Julio - Diciembre 187 Torino: Garzanti. Concilio Vaticano II Gaudium et spes. (1990). N° 26. Roma: San Paolo. Giovanni XXIII. (1964). Pacem in Terris. Roma: Editrice Vaticana. Giovanni Paolo II (1970). Centessimus Annus. N° 47. Roma: Editrice Vaticana. Habermas, J. (1990). La rivoluzione in curso, Milano: Garzanti. Hayek, F.A. (1989). Legge, legislazione e libertà. Roma: Laterza. Kelsen, H. (1966). I fondamenti della democrazia e altri saggi. Bologna: Dehoniane. Leibniz, G. (1973). Saggi di Teodicea sulla bontà di Dio, sulla libertà delluomo, sullorigine del male, Trad. it. di Mathieu, Bologna: Dehoniane, 69. MacIntyre A. (2000). Dopo la virtù. 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