La Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità
richiama più volte il concetto di discriminazione. Nell’articolo 27,
in particolare, viene sancito il divieto di «discriminare sulla base
della disabilità con riguardo a tutte le questioni concernenti ogni
forma di occupazione, incluse le condizioni di selezione,
assunzione e impiego, mantenimento dell’impiego, avanzamento
di carriera e le condizioni lavorative sicure e salubri».
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Ancora più numerosi e subdoli sono gli episodi di discriminazione durante lo svolgimento del
rapporto di lavoro. Facciamo qualche esempio.
Rappresentano una discriminazione nella retribuzione i premi di produttività legati alla
presenza al lavoro e non agli obiettivi raggiunti.
Sono evidenti discriminazioni le compressioni nella progressione di carriera, correlate ad
esempio al fatto che si utilizzano i permessi della Legge 104/1992 e le altre agevolazioni
previste dalla vigente normativa a tutela della disabilità (es. esonero dal lavoro notturno).
Sono discriminazioni le limitazioni immotivate nella scelta della sede e nei trasferimenti
previsti dalla Legge 104/1992.
Ancora di più, in questa fase, rappresentano una grave discriminazione i licenziamenti
incondizionati, attuati magari “approfittando” della innegabile crisi congiunturale. Si attuano di
fatto ristrutturazioni aziendali a scapito soprattutto delle fasce più deboli.
E infine il mobbing: vengono quotidianamente segnalati episodi di pressione e di
condizionamento negativo attuati nei confronti di lavoratori per il solo fatto che sono persone
con disabilità
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IL MOBBING
I comportamenti che vengono normalmente individuati possono essere molteplici: abusi
psicologici, angherie, vessazioni, emarginazione, umiliazioni, maldicenze, ostracizzazione, ed
ancora il demansionamento, il trasferimento ingiustificato, le sanzioni disciplinari pretestuose
e infondate, le molestie, il licenziamento ingiustificato.
Perché tali situazioni si possano configurare come azioni mobbizzanti deve sussistere
l’aggressione o persecuzione di carattere psicologico; una frequenza e sistematicità del
comportamento illecito; la compressione della capacità lavorativa e dell’autostima della vittima
che denuncia; l’insorgere di problemi psicofisici (spesso forme depressive gravi).
Il lavoratore deve dimostrare il nesso causale tra la condotta persecutoria ed una serie di
conseguenze pregiudizievoli a lui occorse, ovvero il danno subito.
La prova dei comportamenti illegittimi diretti a ledere la sua persona, così come la sussistenza
del danno, deve essere fornita dal lavoratore. Al datore di lavoro spetterà di provare che gli
elementi di fatto addotti non costituiscono violazioni dell’obbligo di protezione e che non c’è
stata alcuna intenzione di vessare o discriminare il lavoratore.
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La testimonianza del CI.D.
Dis. Mot.: 3; dis. Sens.: 4; dis. int.: 2 – Altro: 19
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La testimonianza del CI.D.
Nello stesso periodo richieste riguardanti l’occupazione passate da 99 nel 2010 a 172 del
2014.
Licenziamento: «L' utente extracomunitario, ha un deficit uditivo grave, e per questo è
stato licenziato».
Trasferimenti: «Marito disabile, la figlia usufruisce della legge 104 per assistere il padre.
L'azienda , dove lavora la figlia impongono il trasferimento».
Mansioni: «Dipendente di un'azienda a tempo indeterminato, assunta tramite liste
protette, disabilità 76% (motoria). E' stata assunta come impiegata, in seguito l’hanno
inserita con mansioni di «facchino» con attività che comportavano l’espletamento di
commissioni in giro per la città e con parecchio tempo da passare in piedi».
Permessi lavorativi: «Elargiscono il premio concordato in base alle ore e gli danno di meno
perché non vengono conteggiate le ore dei permessi che lui ha preso per accudire la
figlia.».
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Sede di Lavoro/Turni: «Figlio disabile, si muove solo con la carrozzina, nato nel 1997. Dipendente al
(omissis)… dal 1993. Dal 2000 ad oggi orario part-time dalle 9,30 alle 13,30 (fisso). La ditta chiede di
lavorare sui tre turni ma lei deve accudire il figlio».
Mobbing: «Minorazione fisica-psichica. E' stato trasferito con persona anch'essa problematica, ha avuto
problemi è anche stato portato via con 118 perché si è sentito male. Può fare qualcosa per
trasferimento».
Cosa dice la norma
I commi 5 e 6 dell'articolo 33 della Legge 104/1992 prevedono che il genitore o il familiare lavoratore
e il lavoratore disabile non possono essere trasferiti senza il loro consenso ad altra sede. I commi 5 e 6
dell'articolo 33 della Legge 104/1992 prevedono che il genitore o il familiare lavoratore e il lavoratore
disabile hanno diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.
L'art.10 l.68/99 precisa che al lavoratore disabile deve essere riconosciuto il normale trattamento
economico previsto dalla legge e dai CCNL. Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una
prestazione non compatibile con le sue minorazioni. Il disabile deve essere adibito a mansioni che
siano compatibili con le sue minorazioni e può richiedere che venga accertata la compatibilità delle
mansioni svolte con il proprio stato di salute. Il licenziamento del disabile per riduzione di personale o
per giustificato motivo, è annullabile qualora il numero dei rimanenti lavoratori obbligatoriamente
occupati sia inferiore alla quota di riserva.
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La testimonianza del CI.D.
Libro Bianco
«Ho chiesto alla Direzione Provinciale del Lavoro in via Arcivescovado 9 a Torino, una
ispezione negli … per i seguenti motivi:
1.Igiene locali
2.sicurezza 626
3.i locali sono molto umidi e necessitano di una aerazione sufficiente, che non c'è, e di
un impianto di riscaldamento funzionante
4.purtroppo la costruzione è tutta in cemento armato e tutti questi problemi vengono
maggiormente sentiti ancora di più per chi sta male come il sottoscritto
5.troppo personale non idoneo con le conseguenze di chi sta peggio
6.tutto questo porta ad avere freddo in inverno e caldo in estate con molta umidità».
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La testimonianza del CI.D.
Libro Bianco
Secondo il DM 236/1989 i luoghi di lavoro realizzati o avviati dopo l'entrata in vigore del
Decreto stesso, si differenziano a seconda del fatto che l'azienda ricada fra quelle obbligate o
meno
al
collocamento
obbligatorio
e
sia
aperta
o
meno
al
pubblico.
1) Collocamento non obbligatorio in locali aperti al pubblico: devono essere visitabili e
adattabili
2) Collocamento obbligatorio in locali aperti al pubblico: devono essere accessibili
3) Collocamento non obbligatorio in luoghi di lavoro non aperti al pubblico: devono essere
adattabili
4) Collocamento obbligatorio in luoghi di lavoro non aperti al pubblico: devono essere
accessibili.
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La normativa
•Convenzione
ONU sui diritti delle persone con disabilità (13/12/2006)
•Art. 13 Trattato UE (come modificato da Trattato Amsterdam 1997)
•Legge 67/2006
•Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216 (Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la
parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro).
•Legge 104/1192
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Che fare?
Il lavoratore – sia esso disabile o meno – che ritiene di essere vittima di una
discriminazione (o è stato oggetto di un comportamento pregiudizievole posto in essere
quale reazione ad una sua precedente attività diretta ad ottenere la parità di
trattamento) può ricorrere, avvalendosi di un avvocato esperto di diritto del lavoro, alla
magistratura per ottenere un provvedimento di cessazione del comportamento
illegittimo.
Le organizzazioni sindacali, le associazioni e le organizzazioni rappresentative del
diritto o dell’interesse leso, in forza di delega, rilasciata per atto pubblico o scrittura
privata autenticata, a pena di nullità, sono legittimate ad agire, in nome e per conto o a
sostegno del soggetto passivo della discriminazione, contro la persona fisica o giuridica
cui è riferibile il comportamento o l’atto discriminatorio.
Consigliera di parità: Nel caso in cui si rilevi una discriminazione diretta o indiretta,
come previsto dalla legge 903/77, la Consigliera di parità può promuovere il tentativo di
conciliazione ai sensi dell'art.410 del C.p.C. o dell'art.69/Bis della legge 29/93, oppure
agire in giudizio in funzione di Giudice del lavoro.
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