Marco Fabio Quintiliano
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Vita
 Opere
– Institutio Oratoria
–De causis corruptae eloquentiae
Stile
VITA
Nacque
a Calagurris Iulia Nasica all'incirca nel 35-
40d.C.
Giunge a Roma nel 68, vi esercitò l'avvocatura e
(soprattutto) incominciò la sua attività di maestro di
retorica.
Vespasiano gli affidò quella che può ben dirsi la prima
cattedra statale in assoluto.
Fra i suoi numerosi allievi, ebbe Plinio il Giovane e,
forse, Tacito; Domiziano lo incaricò nel 94
dell'educazione dei suoi nipoti, cosa che gli valse gli
"ornamenta consolatoria", ovvero il titolo di
console nonostante egli non avesse mai rivestito nel
corso della propria vita tale professione.

Institutio Oratoria
–
OPERE
Il titolo dell'opera proviene dallo stesso autore, da un'espressione contenuta in
una lettera al suo editore Trifone, posta a premessa dell'opera. Si tratta di un
vero e proprio manuale sistematico di pedagogia e di retorica, in 12 libri,
pervenutoci integro.
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Il I libro fa parte a sé, trattando di problemi vari di pedagogia relativi all'istruzione
"elementare" (una novità assoluta nel panorama culturale antico): dalla scelta del
maestro, al modo di insegnare i primi elementi di scrittura e lettura, dalla questione se
sia più utile l'istruzione pubblica o privata, al modo di riconoscere e invogliare le
capacità dei singoli discepoli, e così via.
Il II, invece, chiarisce la didattica del rètore, consiglia la lettura di autori "optimi", né
troppo antichi né troppo moderni, esorta gli scolari ad impostare le loro declamazioni
attinenti alla vita reale (e che puntassero comunque alla "sostanza delle cose"), con un
linguaggio semplice ed appropriato.
I libri dal III al VII trattano della "inventio" e della "dispositio", cioè lo studio degli
argomenti da inserire nelle cause e l'arte di distribuirli;
i libri dall'VIII al X, dell' "elocutio", ovvero della scelta dello stile e dell'orazione. Il X
libro insegna i modi di acquisire la "facilitas", cioè la disinvoltura nell'espressione
(prendendo in esame gli autori da leggere e da imitare, Quintiliano inserisce qui un
famoso excursus storico-letterario sugli scrittori greci e latini – di uguali meriti –
preziosa testimonianza sui canoni critici dell'antichità: ma i giudizi hanno un carattere
esclusivamente retorico).
L'XI libro parla della "memoria" e dell'"actio", cioè dell'arte di tenere a mente i discorsi
e di porgerli.
Il XII (la parte "longe gravissimam", "di gran lunga più impegnativa" dell'opera)
presenta, infine, la figura dell'oratore ideale: le sue qualità morali, i principi del suo
agire, i criteri da osservare.
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De causis corruptae eloquentiae
Nel saggio De causis corruptae eloquentiae Quintiliano
affronta un problema che già trattato in precedenza da Seneca il
Vecchio e da Petronio e che verrà riproposto, qualche anno dopo,
da Tacito. Il trattato è andato perduto, ma e possibile ricostruirne le
linee di fondo.
Diversamente da Seneca il Vecchio e da Tacito, che
misero in relazione la decadenza dell'oratoria con il più generale
declino della società romana, Quintiliano attribuiva la crisi
dell'oratoria da una parte al nuovo stile che era prevalso nelle
scuole di retorica, e che egli vedeva rappresentato soprattutto da
Seneca, dall'altra alla moda delle declamazioni impostasi nei
decenni precedenti.
Quintiliano non era ostile alle declamazioni in quanto
tali: ne ammetteva l'utilità quale esercitazione oratoria, ma era
contrario alla centralità che esse avevano assunto nelle scuole di
retorica dell'epoca.
STILE
Nel suo tentativo particolare di "recupero formale" della retorica, poi,
Quintiliano si oppone da un lato agli eccessi del "Nuovo Stile", cioè della
nuova prosa di tipo senecano (Seneca è uno dei suoi bersagli preferiti) e allo
stile acceso delle declamazioni (che mirano a "movere" più che a "docere"),
dall'altro al troppo scarno gusto arcaico. E propone anche qui - come altrove il modello di Cicerone (modello di sanità di espressione che è insieme sintomo
di saldezza di costumi), reinterpretato ai fini di un'ideale equidistanza appunto
fra asciuttezza e ampollosità, ovvero di un equilibrato contemperamento dei
tre stili "subtile", "medium" e "grande". L'autore, però, sia in teoria, sia
soprattutto nella pratica della sua prosa, testimonia l'indulgere a concessioni al
nuovo gusto per l'irregolarità e per il colore vivace.
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DE CAUSIS CORRUPTAE ELOQUENTIAE