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L’INSEGNANTE NELLE RELAZIONI SCUOLA
Non gestisce solo la relazione con l’alunno, ma si
inserisce in un contesto organizzato di relazioni
significative dove La relazione insegnante-alunno si
pone in una complessità relazionale, che deve tenere
conto di altri attori che a diverso titolo partecipano al
funzionamento dell’organizzazione scolastica:
• colleghi insegnanti,
•dirigente, famiglia,
•personale ausiliario,
•operatori dei servizi, ecc.
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Il funzionamento relazionale nel contesto scolastico, è una
relazione educativa connessa all’apprendimento .
In questa prospettiva l’insegnante gestisce delle relazioni che
si fondano su relazioni asimmetriche
o per ruolo o per conoscenza.
La mente dell’insegnante è lo strumento psicologico
di lavoro, intesa non solo in termini cognitivi, ma
anche e soprattutto emotivo-affettivi.
All’interno di una relazione …
noi possiamo pensare
solo quando siamo in contatto con le nostre
emozioni.
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Le molteplici aree coinvolte nell'apprendimento
Nell’apprendimento non è coinvolta solo l’area cognitiva, ma
anche quella relazionale, quella motivazionale, quella emotiva,
quella affettiva:
non si apprende in modo astratto, ma ogni apprendimento è
iscritto in un Campo (come direbbe Kurt Lewin) che include
bisogni, desideri, emozioni, affetti, pregiudizi, ostacoli, risorse...
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E’ naturale come il proprio mondo interno, i vissuti
emotivi e affettivi possano influire nell’incontro con
l’altro.
Ma anche sono influenzati dalle interazioni tra
individuo e ambiente e alle variabili contestuali dello
sviluppo umano.
Non si può tralasciare il contesto
e, focalizzare la dimensione evolutiva
(dimensione temporale) e viceversa .
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IL CONTRIBUTO ECOLOGICO:
IL MODELLO DI BROFENBRENNER
Interazioni tra individuo e ambiente
Bronfenbrenner elabora un modello cronosistemico L’approccio
ecologico ha il pregio di aver modificato l’impostazione lineare
causa-effetto che ha caratterizzato la ricerca nella prima metà
del secolo scorso, assumendo una prospettiva di studio delle
relazioni umane CIRCOLARE, che sottolinea
l’importanza del contesto
da cui non può essere scissa alcuna unità.
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L’interazione individuo-ambiente viene
determinata dalle relazioni esistenti tra
le diverse situazioni ambientali e dai
contesti più ampi di cui le prime fanno
parte. L’ambiente ecologico include le
interconnessioni tra più situazioni
ambientali e le influenze esterne su
quelle situazioni.
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All’interno dell’ambiente ecologico
Brofenbrenner individua una serie ordinata di
strutture concentriche incluse l’una
nell’altra, definite come microsistema,
mesosistema, esosistema e macrosistema.
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Microsistema: è l’ambiente
immediato in cui vive l'alunno
in un preciso momento dello sviluppo.
E’ dato dal complesso di attività, ruoli
e relazioni interpersonali con cui
l’individuo è in contatto diretto in un
particolare contesto, casa, scuola o
gruppo dei compagni durante il suo
sviluppo.
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Mesosistema: zona di relazione tra
due o più contesti, ai quali l'alunno
partecipa direttamente; è un sistema di
microsistemi. Si riferisce a due o più
contesti ambientali e alle loro
interconnessioni.
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Esosistema: ambito in cui hanno luogo eventi e
vengono prese decisioni che influiscono sullo
sviluppo del alunno pur non avendo contatto
diretto con esso. Riguarda due o più contesti
ambientali, fra i quali almeno uno a cui la
persona non partecipa direttamente, ma in cui
si verificano eventi che influenzano l’ambiente
con cui la persona è in contatto diretto.
Per esempio il rapporto fra l’ambiente di lavoro
del padre e/o della madre del alunno e i
processi intrafamiliari.
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Macrosistema: contesto ideologico, culturale e
organizzativo che governa tutta la rete
relazionale, e dota di coerenza l’intero sistema.
Rappresenta il contesto sovrastrutturale. Tale
contesto è legato a culture e organizzazioni
sociali più ampie, che hanno i loro sistemi di
norme, credenze, rappresentazioni sociali e
aspettative, che sono rilevanti ai fini dello
sviluppo.
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Bronfenbrenner
ha analizzato il contesto scolastico secondo il modello
ecologico. Nella scuola, la classe e lo spazio di gioco sono
microsistemi dell’alunno; la relazione tra casa e scuola è
un mesosistema; gli esosistemi si situano a livello
comunitario dove si compiono le scelte educative e di
organizzazione del funzionamento scolastico. Se famiglia
e scuola sono microsistemi dell’alunno e la relazione tra
di essi è un mesosistema, è necessario analizzare le
interconnessioni tra questi due ambienti sociali per
comprendere lo sviluppo dell’alunno.
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Scuola – famiglia:
Il tentativo di modificare le relazioni con il
coinvolgimento di genitori e insegnanti in
progetti comuni può incidere sull’atteggiamento
dei genitori e sui processi di apprendimento dei
bambini in modalità rilevanti ai fini dello
sviluppo.
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CARATTERISTICHE DELLA FAMIGLIA
E DELLA SCUOLA NELLA SOCIETA’ ATTUALI
LA FAMIGLIA:
primo contesto di formazione e
socializzazione.
Associazione cooperativa intima finalizzata a
promuovere lo sviluppo del soggetto;
↓
Educazione emozionale o affettiva (Nigris)
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Famiglia = educazione affettiva e sociale
Scuola = educazione cognitiva e intellettuale
I genitori trovano difficoltà sul piano
normativo:
Cosa si deve fare da un punto di vista
educativo?
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Cambiamenti della famiglia attuale:
Modello di famiglia nucleare isolata
(crisi del ruolo paterno).
Figli ad un’età avanzata.
Perdita nella nostra società di riti e di rituali
condivisi.
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Cambiamento percezione del ruolo
dei docenti: non solo didattica ma
anche relazionale e luogo di
consulenza, di supporto e spazio di
discussione.
Ridefinizione del ruolo di insegnante.
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LE RELAZIONI GENITORI INSEGNANTI: UNA
LETTURA EVOLUTIVA
L’inserimento nella scuola dell’infanzia
(Primo momento di incontro)
DOCENTI
Nuova sensibilità verso i genitori:
- accordo sui ritmi di inserimento
- ambiente fisico famigliare
- accompagnatori
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Genitori
- ansia rispetto alla crescita e allo sviluppo
psicofisico del alunno,
- si va oltre il cognitivo, privilegiati gli aspetti
affettivi relazionali,
-Incontro con la competenza materna e alle
modalità di accudimento
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La scuola dell’obbligo
Momento di transizione causata dal cambio di
scuola:
- nuovi orari
-nuovi compagni (comportamento diverso)
-nuova impostazione della attività (oggetti differenti)
-attese dei genitori e della società più definite
-difficile acquisizione di equilibrio tra autonomia e
dipendenza
Richieste dei genitori:
- Attenzione ai bisogni
- Aspettative contraddittorie (troppi compiti)
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Open day…
Durante il momento di incontro prima dell’
inserimento a scuola dovrebbe
iniziare a crearsi un clima di fiducia, ma
spesso si riduce a promozione della
stessa scuola da parte dei dirigenti.
Assemblee si possono trasformare in
momenti di scontro (asimmetria di rapporto)
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Indicazioni per la promozione del coinvolgimento dei
genitori
(documento redatto dalla Canadian Association of Principals e dalla Canadian
Association for school Health):
- INFORMARE REGOLARMENTE IGENITORI IN MERITO AI
PROGRESSI;
-COMUNICARE LE DIFFICOLTA’;
- COMUNICARE OBIETTIVI E I SERVIZI DISPONIBILI;
-CONVOLGERE I GENITORI NEI COMPITI A CASA; INTERVENTI
MIRATI;
-PROPORRE PROGRAMMI DI FORMAZIONE AI GENITORI;
-COINVOLGERE I GENITORI COME VOLONTARI;
-SOSTENERE GENITORI DISPONIBILI A FORMARE ASSOCIAZIONI;
→ segue
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… Possibili attività:
Organizzazione di incontri formativi o lavori
di gruppo per genitori;
Gestione di un comitato di genitori;
Ricerca di fondi per attrezzature e materiale
per la scuola;
Supporto alle politiche di sostegno della
scuola.
La collaborazione è possibile!
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La comunicazione
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La comunicazione
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http://www.slideshare.net/PULZE7
6/ascolto-attivo-metodo-4orecchie-schulz-von-thun
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La comunicazione
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EMPATIA
La professionalità relazionale consiste nella possibilità di
fornire supporto sia cognitivo che emotivo all’altro, nella
capacità di comprendere, capire e assumere responsabilità
all’interno della relazione.
Questa professionalità consiste anche nella capacità di
sentire e di essere presenti nella relazione, ricevere,
accogliere e contenere, nel saper entrare in contatto con
l’altro, comprenderne le richieste e i bisogni.
Si tratta della capacità di gestire la complessità
interpersonale. La professionalità relazionale coinvolge il
rapporto tra insegnante e alunno, tra insegnanti e genitori, tra
operatori e utenti, rapporti che possono favorire o ostacolare il
processo di crescita e di apprendimento dei bambini.
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La comunicazione
La comunicazione genitori-insegnanti
La relazione tra insegnanti e genitori si
caratterizza per modalità comunicative che
possono assumere forme differenti e
incontrare difficoltà di vario genere.
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Modelli comunicativi degli insegnanti
Nell’incontro tra insegnanti e genitori
possiamo individuare almeno tre modelli di
comunicazione che caratterizzano il
docente e che descrivono quali modalità può
assumere la relazione tra scuola e famiglia.
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1- La comunicazione genitoriale:
l’insegnante si pone come una persona di famiglia,
utilizzando modalità comunicative di tipo affettivo,
quali la comprensione e l’accudimento dei genitori. Il
colloquio informale davanti alla scuola diviene uno
strumento privilegiato di comunicazione. Il rischio di
tale modello può consistere nell’alimentare la
dipendenza del genitore dalle decisioni
dell’insegnante, con ridotte possibilità di attivare le
risorse autonome della famiglia. L’eccesso di affettività
rischia di mascherare una richiesta di sostituzione
educativa del genitore da parte dell’insegnante.
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2- La comunicazione direttiva:
l’insegnante si pone soprattutto come un
rappresentante della scuola e
sottolinea la sua dimensione istituzionale.
Gli strumenti comunicativi privilegiati sono le note e i
giudizi.
La comunicazione è prevalentemente valutativa;
il genitore si percepisce incapace di sostenere i
compiti educativi e di apprendimento e tende a
evitare l’incontro con l’insegnante o a cercare lo
scontro.
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3- La comunicazione competente: l’insegnante sostiene la
relazione con il genitore al fine di condividere una lettura del
percorso scolastico in funzione di obiettivi di apprendimento e di
relazione, utilizzando strumenti tecnici ed empatici. L’insegnante,
attraverso la comprensione emotiva e la competenza didattica,
aiuta il genitore nella promozione delle potenzialità del figlio, al
fine di rendere la relazione educativa il più funzionale possibile al
raggiungimento di obiettivi condivisi.
Il genitore viene visto come una risorsa e non come un problema.
La dimensione è prevalentemente collaborativa in quanto
l’insegnante sa che il genitore può essere un aiuto nelle questioni
educative, ma ne rispetta l’autonomia decisionale; eventuali
problemi vengono segnalati e gestiti nella valorizzazione della
competenza genitoriale.
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Anche le modalità comunicative messe in atto dai genitori, come
quelle degli insegnanti, concorrono a definire alcune dimensioni
relazionali tipiche del contesto scolastico. Possono essere
presentate almeno quattro tipologie di genitori in base alle
caratteristiche che emergono dall’incontro con i docenti.
1- Sfidante: questi genitori non riconoscono l’autorità
dell’insegnante. Vissuti di scarsa autostima, svalutazione e ansia
possono caratterizzare questi genitori, che attribuiscono alle
comunicazioni degli insegnanti un disvalore o un attacco. La loro
presenza nella scuola è finalizzata soprattutto a sottolineare ciò
che non funziona.
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L’insegnante dovrebbe cercare di non raccogliere la sfida e
tentare la proposta di una dimensione relazionale
accogliente della sofferenza di questi genitori.
Una strategia può consistere nel sottolineare le risorse del
alunno; se il genitore coglie che il contenuto dell’incontro
non è dato solo dalla evidenziazione dei problemi del figlio,
può aprirsi alle indicazioni e all’aiuto dell’insegnante.
Spesso questi genitori hanno avuto una storia scolastica
simile a quella del figlio problematico e ritengono di non
avere avuto quasi nulla dall’esperienza nella scuola. Molte
volte la scuola del figlio rappresenta un luogo di riscatto e di
possibile affermazione e di conferma delle proprie capacità
attraverso l’eventuale successo del figlio.
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2- Sottomesso:
questi genitori sono sicuramente molto apprezzati
dagli insegnanti perché entrano in una relazione di
dipendenza dalla figura dell’autorità. Però questa
sottomissione può essere l’espressione di un passività
delegante al docente, che sente di avere in mano la
responsabilità educativa dell’alunno e
di non poter contare su risorse a cui appellarsi.
L’atteggiamento passivo delegante, rischia di non
promuovere
la crescita dei genitori stessi, i quali evidenziano una
scarsa autostima nelle loro competenze educative.
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L’insegnante non dovrebbe accettare nessun
tipo di delega ma dovrebbe lavorare per
promuovere le competenze genitoriali,
cercando di attivare la risorse possibili. Le
insicurezze di questi genitori concorrono a
cercare nella scuola un luogo di accudimento,
inteso come delega del ruolo educativo agli
insegnanti.
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3- Assente: questi genitori sono difficilmente definibili, proprio
perché non si vedono quasi mai a scuola.
Spesso sono proprio i genitori degli alunni che presentano
difficoltà nell’apprendimento e nel comportamento di notevole
rilievo. I motivi di queste assenze risiedono in vari fattori:
livello socio-culturale, sofferenza psichica e/o fisica, difficoltà
economiche.
In alcuni casi i motivi sono di tipo pratico, in altri casi possono
risiedere in fattori psicologici legati all’attribuzione di valore che
questi genitori fanno dell’esperienza scolastica in generale. La
scuola viene considerata come un “parcheggio”, un luogo dove
mettere i figlio nel tempo lavorativo o da dedicare ad altro.
Manca la condivisione di un obiettivo con gli insegnanti.
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Mentre i genitori sfidanti o sottomessi non discutono il
valore formativo dell’esperienza scolastica, i genitori
assenti comunicano disinteresse profondo nei
confronti dell’istituzione scuola.
Gli insegnanti si trovano impotenti nei confronti di
questi genitori. L’assenza di questi genitori deve
essere considerata soprattutto come assenza
dall’esperienza scolastica dei figli. La vita nella scuola
di questi bambini e ragazzi non trova uno spazio nella
mente dei loro genitori, che per vari motivi non se ne
interessano.
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4- Partecipativo: il genitore che si pone con modalità
collaborative, attente e interessate alla scuola, al lavoro
dell’insegnante e ai progressi del alunno, costituisce un
modello auspicabile.
Questi genitori sono persone che mostrano una discreta
sicurezza e ritengono di potersi confrontare con gli
insegnanti anche su questioni di apprendimento,
riconoscendo i propri
limiti e ponendosi in una dimensione di ascolto. Non
temono il giudizio e la valutazione e sono in grado di
affrontare i momenti delicati con equilibrio e rispetto
della professionalità.
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Questi genitori possono anche trovarsi a fronteggiare
situazioni problematiche per l'alunno e vivere momenti
di incertezza, di difficoltà e di crisi, ma difficilmente
entrano in un rapporto di sfida con gli insegnanti,
piuttosto ne cercano l’aiuto.
La scuola è vista come un luogo di crescita per il
proprio figlio. Questi genitori possono essere una
risorsa per la scuola stessa come motori per la
realizzazione di reti di sostegno e di aiuto anche per i
genitori portatori di maggiori difficoltà.
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La comunicazione
Errori nella comunicazione
Analizzare e interpretare
Rassicurare
Ridicolizzare, umiliare
Complimentarsi (per compiacenza)
Dare soluzioni e consigli,
Giudicare, etichettare.
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La comunicazione
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I MODELLI DI RELAZIONE
LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO
La qualità delle relazioni può essere compresa più a
fondo grazie al contributo della
teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1969)
e ai suoi sviluppi più recenti.
Questa teoria ha evidenziato come la modalità di
relazione che si forma tra l'alunno e la figura
di riferimento, di solito la madre, nel secondo semestre
del primo anno di vita concorre alla creazione di un
legame che fornisce la base per l’esplorazione del
mondo fisico e sociale da parte del alunno.
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La relazione di attaccamento è
regolata dalla capacità degli adulti di
rispondere ai bisogni del alunno in
un equilibrio tale per cui se la
vicinanza ottimale tra adulto e alunno
viene alterata si attiva un sistema di
segnalazione finalizzato a ristabilire
l’equilibrio.
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Bowlby considera il legame di
attaccamento una necessità primaria e
innata che si sviluppa indipendentemente
dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici di
base ed è presente fin dalla nascita.
Tipologie di attaccamento:
sicuro, ansioso ambivalente, ansioso
evitante, disorganizzato.
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Bowlby ipotizza che con i primi scambi con le
figure di attaccamento significative, l’individuo
costruisce dei modelli operativi interni.
Saranno poi queste rappresentazioni interne,
questi working models, a indirizzare l’individuo
nell’interpretazione delle informazioni che
provengono dal mondo esterno
e a guidare il suo comportamento
nelle situazioni nuove.
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LA RELAZIONE INSEGNANTE – ALUNNO
Pianta, psicologo dell’educazione americano, afferma che la
natura affettiva della relazione tra insegnante e alunno, come
integrazione della teoria generale dei sistemi e la teoria
dell’attaccamento.
La dimensione relazionale genitore-figlio influenza anche il
comportamento e la qualità dell’apprendimento dell’alunno nel
contesto scolastico stesso.
Si è osservato che le relazioni che il figlio vive in famiglia, in
particolare quella con la madre, è strettamente correlata a
possibili esiti problematici nell’ambito della socializzazione con i
coetanei e con l’adulto e negli apprendimenti.
La relazione tra l'alunno e l’adulto che si prende cura di lui
coinvolge anche l’ambito della motricità, delle funzioni cognitive
e conseguentemente delle potenzialità di apprendimento.
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Ricerche recenti evidenziano che i bambini con una
relazione di attaccamento sicuro mostrano di possedere
competenze cognitive più precoci rispetto ai bambini che
rivelano una qualità dell’attaccamento insicuro. Altri
autori, Fonagy e Target, hanno mostrato come la qualità
sicura della relazione di attaccamento sia correlata con lo
sviluppo della funzione metariflessiva, ovvero della
capacità di pensare la mente propria e altrui in termini di
stati mentali e emozioni.
Questi bambini possiedono una maggiore competenza
relazionale proprio perché sarebbero più capaci di
rappresentarsi l’altro come soggetto che possiede una vita
mentale.
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La relazione di attaccamento si costruisce non
solo con la madre, ma anche con altre figure
educative. A questo proposito si pone la
questione relativa al ruolo dell’insegnante nel
contesto scolastico, e alla sua relazione con
l'alunno in termini di cura e protezione. Ricerche
recenti hanno evidenziato l’esistenza di una
coerenza tra la qualità della relazione madrealunno e quella insegnante-alunno, anche se
genitori e insegnanti rivestono e assumono ruoli
differenti.
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Il clima positivo in classe
Uno strumento per promuovere il cambiamento
Roberta Renati (Università di Pavia)
Maria Assunta Zanetti (Università di Pavia)
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La comunicazione
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Clima classe: si riferisce ai fattori che regolano la vita e lo sviluppo di una
classe. Il clima di classe è il risultato dell’insieme delle dinamiche
relazionali che
si strutturano sia tra compagni che tra il gruppo classe e i docenti, ed è
influenzato anche dalla capacità di collaborare per raggiungere obiettivi
comuni. Un elemento cruciale per la promozione di un clima classe
positivo è rappresentato dall’insegnante e dal livello di aspettative che egli
nutre verso il singolo e il gruppo.
• Pedagogical caring: si riferisce alla capacità del docente di “prendersi
cura” dell’allievo. È un costrutto nel quale si intrecciano sia aspetti didattici
che fattori affettivo-relazionali ed è caratterizzato da specifiche
caratteristiche:
coinvolgimento positivo dell’insegnante nell’esercizio della propria
professione, aspettative di successo nei confronti degli alunni, capacità di
ascolto e restituzione di adeguati feedback. Nel pedagogical caring assume
particolare rilievo la
valorizzazione dell’individualità dell’allievo, sia come co-protagonista
dell’apprendimento sia come persona nella sua totalità.
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Sempre più spesso i docenti si trovano a
dover svolgere il proprio ruolo in classi molto
numerose, multietniche e multiproblematiche
che, a volte, rendono difficile la gestione
degli apprendimenti, delle regole e delle
relazioni.
Tutto ciò comporta necessariamente delle
ricadute sul clima della classe.
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La classe si configura come un
fondamentale spazio di crescita in cui lo
studente sperimenta le proprie competenze
e sviluppa la propria identità,
in un continuo
Scambio con i pari
e gli insegnanti,
nel quale i processi
emotivi e relazionali
assumono un ruolo centrale.
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Numerosi sono gli studi che hanno messo in luce
come un clima classe positivo risulti essere un
fattore di protezione sia per gli apprendimenti che
per il benessere generale dello studente (ad
esempio,Wentzel, 1997).
Queste considerazioni, unite ai risultati di altre
ricerche più recenti che hanno enfatizzato il ruolo
fondamentale dell’insegnante sui processi sottesi
alle dinamiche di gruppo classe.
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Mostrano come il docente rappresenti un
“contesto normativo”che indirizza i
comportamenti degli studenti
e l’accettazione di ciascuno studente da
parte del gruppo classe
(Chang, 2004). Si può quindi sostenere
che la classe è un microsistema
complesso in cui intervengono molteplici fattori
sia interni che esterni: → segue
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… norme della classe, ruolo dei contesti familiari
ed extrascolastici, oltre che la politica educativa
della scuola. All’interno di questa complessità,
un ruolo determinante è rivestito dalle modalità
di gestione della classe
caratteristiche di
ogni singolo docente,
unite alla qualità
della relazione
insegnante-alunno
nonché alla qualità dell’istruzione.
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Non dimentichiamo, però, che nel determinare lo
star bene a scuola anche la famiglia e, più in
generale, i contesti sociali svolgono un ruolo
importante. Infatti, si osserva che quando è
possibile strutturare una reale alleanza educativa
scuola-famiglia anche il clima della classe ne
beneficia:la condivisione di aspetti valoriali
e normativi risulta essere un
fattore di protezione che
influisce sia sugli apprendimenti
che sul comportamento.
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ESSERE “IN GRUPPO” È DIVERSO DA ESSERE “UN GRUPPO”
Il sistema classe rappresenta la struttura di base
attraverso cui l’organizzazione scolastica
persegue gli obiettivi istituzionali dell’«acquisizione sistematica e
programmata di conoscenze, ma costituisce anche l’ambito entro il
quale si manifestano bisogni di natura individuale, differenti da quelli
istituzionali (ad esempio il bisogno di avere amicizia, di conquistare
prestigio o di scaricare aggressività)» (Carli e Mosca, 1980).
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Quadro delle competenze-chiave
1) comunicazione nella
madrelingua;
2) comunicazione nelle
lingue straniere;
3) competenza
matematica e
competenze di base in
scienza e tecnologia;
4) competenza digitale;
5) imparare a imparare;
6) competenze sociali e
civiche;
7) spirito di iniziativa e
imprenditorialità;
8) consapevolezza ed
espressione culturale .
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Dalle indicazione competenze sociali e civiche;
Le competenze sociali e civiche includono competenze
personali, interpersonali e interculturali e riguardano
tutte le forme di comportamento che consentono alle
persone di partecipare in modo efficace e costruttivo
alla vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in
società sempre più diversificate, come anche a risolvere
i conflitti ove ciò sia necessario. La competenza civica
dota le persone degli strumenti per partecipare appieno
alla vita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle
strutture sociopolitici e all’impegno a una
partecipazione attiva e democratica.
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Proprio per questo, lo spazio classe è
vissuto dagli studenti come luogo di
appartenenza e di sperimentazione
del sé nel rapporto con i pari e gli
adulti; in alcuni casi, però, ciò può
costituire un ostacolo alla
realizzazione degli obiettivi
didattici, mentre le dinamiche
interattive, spesso imprevedibili e
vivaci, non sono sempre e
del tutto orientate al
raggiungimento degli obiettivi
su cui si fonda la scuola.
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Relativamente a questo gli insegnanti,
solitamente, riportano problemi di
relazione tra gli alunni e tra gli alunni e il
corpo docente. Il gruppo classe deve essere
inteso come gruppo di apprendimento in
cui gli aspetti relazionali vanno
adeguatamente gestiti, in quanto la
relazione è essa stessa elemento
fondamentale, che veicola e stimola gli
apprendimenti.
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Tuttavia non sempre gli insegnanti hanno una
percezione realistica della quantità e della
qualità delle relazioni esistenti all’interno di una
classe. Un mancato riconoscimento delle
relazioni e dei bisogni che gli alunni manifestano
può portare a un’integrazione problematica del
gruppo classe, incidendo, di conseguenza, anche
sul successo negli apprendimenti.
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Fin dalla sua formazione la classe presenta una
storia unica e singolare, è un sistema aperto con
caratteristiche sue proprie non riconducibili a
quelle dei suoi membri presi isolatamente: ha
regole implicite valide solo al proprio interno e
cresce nutrendosi delle interazioni e relazioni tra
i suoi membri (ciascuno influenza ed è
influenzato dai comportamenti, verbali e no,
degli altri).
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La qualità del contesto classe, quindi, risulta
essere condizionata dalle caratteristiche
individuali di studenti e insegnanti, dalle loro
percezioni nonché dagli elementi distintivi della
scuola (politica scolastica e spazi). A questo
proposito il lavoro di Creemers e Reezigt (1999) ci
permette di evidenziare alcuni elementi
fondamentali. I due studiosi hanno individuato
quattro fattori che sembrano avere un’influenza
diretta sui risultati dell’apprendimento e dei
comportamenti presenti a scuola:
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1) Le aspettative riguardo ai risultati degli
studenti (sia quelle degli insegnanti che quelle
degli studenti);
2) l’ambiente ordinato in classe;
3) le buone relazioni in classe a livello
orizzontale (gruppo dei pari) e verticale
(alunno-docente);
4) l’ambiente fisico della classe.
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In sintesi, possiamo rileggere
e comprendere queste quattro variabili
all’interno di un concetto più ampio che è
quello di spazio educativo.
Alla luce di quanto sopra delineato è possibile
cercare di ri-definire il clima classe come il
risultato della creazione di una rete
relazionale, all’interno della quale ritroviamo
aspetti affettivi, motivazionali e di cocostruzione di obiettivi cognitivi.
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Il clima classe dipende quindi dalla
«[…] rete di relazioni affettive, dalle molteplici
motivazioni a stare insieme, dalla
collaborazione in vista di obiettivi comuni,
dall’apprezzamento reciproco, dalle norme e
modalità di funzionamento del gruppo»
(Polito, 2000,) ed è determinato,
principalmente, dal tipo di interazione che
viene a crearsi tra gli studenti e l’insegnante,
oltre che da altre variabili più oggettive come
l’ambiente fisico e sociale.
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Il “clima classe”, perciò, riguarda la percezione
collettiva che alunni e insegnanti hanno del
loro stare dentro la classe, che può influenzare
la loro motivazione e il loro impegno nonché
l’insieme degli atteggiamenti, dei
comportamenti e delle relazioni che si
instaurano in quel peculiare contesto.
In sostanza, la qualità del clima classe riflette le
caratteristiche della relazione insegnante allievi
e fra gli allievi stessi.
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Un clima positivo nella classe si sviluppa quando
gli insegnanti si comportano in modo “facilitativo”,
utilizzando strategie d’insegnamento centrate sul
singolo, ponendosi in un atteggiamento
autorevole in cui esprimono il loro interesse per lo
studente come persona.
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IL RUOLO DELL’INSEGNANTE COME
FACILITATORE
Emerge quindi l’importanza assunta
dall’insegnante nella promozione di un buon
clima classe. Egli influenza la qualità della rete
delle relazioni, che è presupposto del clima
classe, non solo con le sue conoscenze, ma
anche e, soprattutto, con il suo stile di
insegnamento, le sue caratteristiche di
personalità e il suo corredo valoriale.
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In quest’ottica, un costrutto come quello
del pedagogical caring (Wentzel, 1997)
costituisce un ponte fra gli aspetti
prettamente didattici e i fattori
affettivo-relazionali.
È quindi la dimensione del “prendersi
cura” dell’allievo, nella sua totalità, la
chiave che può favorire l’instaurazione di
un clima classe funzionale.
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Anche le aspettative del docente sembrano
essere cruciali. Fischer afferma, infatti, che:
«Un clima di classe positivo è determinato da
un livello di aspettative elevato che gli
insegnanti hanno nei confronti degli allievi e di
se stessi».
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Contemplare la possibilità di far entrare la
dimensione relazionale ed emotiva nei processi di
insegnamento-apprendimento non significa
perdere l’autorevolezza connessa al ruolo, anzi, è
rischioso il contrario; se alla base di detta
interrelazione deve porsi in’imprescindibile
asimmetria:
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«Non si tratta di stabilire se il rapporto
tra insegnante e alunno debba essere paritario,
poiché istituzionalmente non lo è e non
può esserlo» (Freddi, 2005), questa
però non deve confondersi con un esercizio
della disparità di potere che escluda gli affetti,
e ciò proprio in vista di un positivo svolgersi
del processo di apprendimento:
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«[L’alunno invece] si aspetta che, come persona,
[l’insegnante] abbia dei valori e principi morali in
cui crede, che sia in grado di stabilire con lui una
buona relazione affettiva […].Una buona
relazione affettiva è per l’adolescente la
condizione essenziale, il tramite indispensabile
attraverso il quale egli può accostarsi con
interesse e appassionarsi a una materia di
insegnamento; infatti non ci può essere
apprendimento senza una gratificazione
emotiva» (Freddi, 2005).
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Quindi, pensando a un ipotetico continuum, a
uno degli estremi troviamo uno stile di
insegnamento per così dire “formale”, che
pone il docente in una posizione attiva di
distributore di nozioni e di controllore
dell’apprendimento, disinteressato a ciò che
esula dai contenuti d’insegnamento,mentre gli
alunni sono solo ascoltatori e ripetitori di
nozioni (Genovese e Kanizsa, 2002).
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All’estremo opposto, in netta contrapposizione,
abbiamo uno stile “informale” contraddistinto, fra
l’altro, da un interesse per aspetti extrascolastici
della vita degli studenti; saranno però i docenti
maggiormente orientati verso questo secondo
polo a contribuire con maggior efficacia alla
costruzione di un “buon” clima classe. Vi è poi da
considerare un ultimo aspetto, complementare a
quanto finora affermato: l’insegnante deve essere
capace di mettere in gioco → segue
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la propria individualità a trecentosessanta gradi.
(Ciucci Giuliani 2005,) si esprime chiaramente in
proposito: «[…] la scuola verso la quale ci sollecitano
ad andare tutte le più recenti teorie
dell’apprendimento e dell’educazione è una scuola dei
soggetti, delle persone che entrano in relazione in
quanto tali, con tutto il loro bagaglio di emozioni,
affetti e convinzioni: l’insegnante non è una testa che
parla a un’altra testa,ma un adulto che comunica con
un giovane e gli trasmette tutta la sua esperienza
professionale e vitale».
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LAVORARE SUL CLIMA CLASSE: LE “CARTE DEL
CLIMA”
L’intervento sul clima classe che viene
sperimentato si svolge su differenti livelli, a
partire da una cornice teorica sistemicorelazionale. Il fulcro dell’intervento si sviluppa a
partire da un’intervista che utilizza come stimolo
alcune immagini, le carte del clima classe, che
hanno la funzione di attivare un processo
narrativo di tipo generativo.
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Le domande in cui è suddivisa l’intervista sono
finalizzate a indagare i vissuti e le relazioni che
caratterizzano il mondo dei singoli membri del
sottosistema classe. Per costruirle è stata
utilizzata la tecnica delle domande circolari e
riflessive (Tomm, 1987) che hanno lo scopo di
stimolare l’assunzione di punti di vista differenti,
a partire dalla produzione del proprio
punto di vista.
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Quest’ultimo viene esplicitato attraverso
una narrazione che scaturisce dallo stimolo
visivo, costituito da un’immagine con valore
metaforico. Ricorrere ad una metafora, nel
nostro caso a rappresentata con uno stimolo
grafico, favorisce l’attivazione di processi di
elaborazione elaborazione sull’identità del
gruppo classe in cui sono presenti
componenti cognitive, relazionali e emotivoaffettive.
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Le carte del clima sono quindi immagini stimolo,
che rappresentano delle metafore della vita della
classe e sono state costruite a partire da focus
group finalizzati ad individuare le
rappresentazioni di clima classe, condotti con
gruppi di studenti delle scuole secondarie di
primo e secondo grado.
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L’INTERVENTO NELLA CLASSE
Il programma di intervento che viene
presentato si sviluppa su differenti step.
STEP 1: ANALISI DEL BISOGNO
E VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE
STEP 2: INTERVISTA CON LE CARTE
DEL CLIMA
STEP 3: RESTITUZIONE
DELL’INTERVISTA
STEP 4: CO-COSTRUZIONE
DEL PROGETTO DI INTERVENTO
CONCLUSIONI
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STEP 1: ANALISI DEL BISOGNO E VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE
L’analisi del bisogno prevede, solitamente, un’esplicita richiesta da
parte della scuola che si trova a dover gestire situazioni di disagio e
difficoltà. L’intervento ha così inizio a partire dalla richiesta, che deve
essere condivisa non solo con il dirigente e/o il referente dei progetti
ma anche con tutto il consiglio di classe e, se possibile, con le
famiglie. Vengono così proposti degli incontri preliminari (due con gli
insegnanti e uno con i genitori) per inquadrare la problematica sotto
le diverse angolazioni (consiglio di classe vs singolo
docente/famiglia), al fine di definire le modalità dell’intervento.
Successivamente vengono proposti strumenti di valutazione sia ai
ragazzi che agli insegnanti1, che forniscono informazioni
sull’autopercezione di ciascun componente del sistema classe
(box 1 e 2).
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BOX 1 SCHEDA CLIMA CLASSE - VERSIONE STUDENTE/ DOCENTE
Gli item della versione per l’insegnante sono gli stessi, ad esempio: “Rispetto
le idee dei miei alunni” invece di “Rispetto le idee dei miei compagni di
classe”.
Di seguito trovi una serie di affermazioni che riguardano te e i tuoi compagni
di classe.
Leggile attentamente e per ognuna indica con una crocetta quanto sei
d’accordo.
Legenda: 1 = mai; 2 = ogni tanto; 3 = spesso; 4 = sempre
1. Rispetto le idee dei miei compagni di classe.
2. In classe ho molti amici.
3. Condivido le mie cose con i miei compagni di classe.
4. Riesco a lavorare in gruppo con i miei compagni di classe.
5. Nella mia classe sappiamo trovare un accordo per risolvere un problema.
6. Nella mia classe ci si aiuta reciprocamente.
7. Aiuto i miei compagni di classe quando sono in difficoltà.
8. Nella mia classe si sta bene.
9. Penso di essere un buon compagno di classe.
10. Nella mia classe sappiamo collaborare in vista di un obiettivo comune.
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BOX 1 SCHEDA CLIMA CLASSE - VERSIONE STUDENTE/ DOCENTE
Gli item della versione per l’insegnante sono gli stessi, ad esempio: “Rispetto le
idee dei miei alunni” invece di “Rispetto le idee dei miei compagni di classe”.
Di seguito trovi una serie di affermazioni che riguardano te e i tuoi compagni di
classe.
Leggile attentamente e per ognuna indica con una crocetta quanto sei d’accordo.
Legenda: 1 = mai; 2 = ogni tanto; 3 = spesso; 4 = sempre
1. Rispetto le idee dei miei compagni di classe.
2. In classe ho molti amici.
3. Condivido le mie cose con i miei compagni di classe.
4. Riesco a lavorare in gruppo con i miei compagni di classe.
5. Nella mia classe sappiamo trovare un accordo per risolvere un problema.
6. Nella mia classe ci si aiuta reciprocamente.
7. Aiuto i miei compagni di classe quando sono in difficoltà.
8. Nella mia classe si sta bene.
9. Penso di essere un buon compagno di classe.
10. Nella mia classe sappiamo collaborare in vista di un obiettivo comune.
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STEP 2: INTERVISTA CON LE CARTE
DEL CLIMA
Si procede poi con interviste individuali a ciascun
alunno e a tutti i componenti del consiglio di classe,
al fine di far emergere all’interno di un canovaccio
narrativo criticità e opportunità del sistema classe.
La metodologia prevede che l’intervista sia condotta
a partire dalle carte stimolo
(si vedano alcuni esempi nel box 3).
La sequenza di presentazione delle domande
è riportata nel box 4.
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BOX 4 INTERVISTA CON LE CARTE DEL CLIMA
SEZIONE 1 Cos’è per te il clima classe?
L’intervistatore dà la definizione di clima:
Il clima classe si riferisce ai fattori che regolano la vita e lo sviluppo di una classe, in particolare possiamo dire
che il clima di classe è creato dalla rete delle relazioni affettive che esistono sia tra i compagni che tra il
gruppo classe e i docenti; dalla capacità di collaborare per raggiungere obiettivi comuni; dall’apprezzamento
reciproco; dalle regole che vigono in classe e dalle modalità di funzionamento del gruppo (cfr. Polito, 2000).
• Scegli l’immagine che secondo te meglio rappresenta il clima classe ideale. Spiegami il perché.
• Scegli l’immagine che meglio rappresenta il clima che c’è abitualmente nella tua classe. Spiegami il perché.
SEZIONE 2 Domande circolari
• Quale carta pensi che avrebbero scelto i tuoi compagni di classe maschi? Perché?
• Quale carta pensi che avrebbero scelto le tue compagne di classe femmine? Perché?
• Quale pensi avrebbero scelto i tuoi insegnanti? Perché?
• Quale carta pensi avrebbero scelto gli altri studenti della scuola pensando alla tua classe? Perché?
• Quale carta pensi avrebbe scelto la tua famiglia? Perché?
SEZIONE 3 Domande riflessive
• Pensi che il clima di una classe si possa modificare?
• Ora pensa alla tua classe e dimmi se pensi che il clima che c’è adesso possa cambiare.
Se la risposta è NO, fine dell’intervista.
Se la risposta è SÌ, si passa alle domande successive.
• Che cosa deve succedere, perché il clima della tua classe si modifichi?
• Se questa cosa dovesse succedere come diventerebbe il clima della tua classe alla fine di
quest’anno scolastico? Scegli un’immagine che lo rappresenti.
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STEP 3: RESTITUZIONE DELL’INTERVISTA
I contenuti delle narrazioni prodotte nelle singole
interviste vengono analizzati in modo qualitativo. Si
individuano i nodi centrali e, sulla base di quanto
emerso, si procede, sempre con
l’ausilio delle carte, alla costruzione di una ulteriore
rappresentazione che contempli i singoli elementi. Si
arriva così a proporne una
nuova, più ricca, costituita dalle singole
rappresentazioni e che, attraverso la condivisione nel
gruppo (docenti e studenti insieme), costituisce
il nuovo punto di partenza da cui il
gruppo classe potrà iniziare a lavorare.
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STEP 4: CO-COSTRUZIONE DEL PROGETTO DI INTERVENTO
A partire dalla riconfigurazione della fase precedente
si propone un progetto che tenga conto
dei bisogni emersi. Lo sviluppo dell’intervento
viene gestito direttamente dagli insegnanti,
adeguatamente formati e supervisionati periodicamente
dallo psicologo scolastico. In relazione agli specifici
obiettivi del progetto sono previsti momenti di valutazione
della percezione di clima
(follow-up basato su “Schede clima classe”, presentate nel
box 1, ed eventualmente altri strumenti)
per verificare l’efficacia dell’intervento.
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CONCLUSIONI
La promozione di un clima classe positivo dipende da
molteplici fattori, tra questi è centrale il ruolo
dell’insegnante, come facilitatore delle relazioni e
promotore dei processi di cambiamento.
L’intervento presentato ha proprio l’obiettivo
di lavorare sulle rappresentazioni del clima classe di
insegnanti e studenti, con la finalità di integrarle in una
nuova cornice di significati condivisa che deve
rappresentare il punto di partenza
per costruire nuove traiettorie di sviluppo
del gruppo classe.
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Come gestire una classe con differenti livelli di rendimento?
Come interagire con alunni che hanno
smesso di lavorare o che delegano ai
più bravi di trovare la risposta giusta?
Come affrontare una classe con alunni
di differente provenienza? Queste sono
alcune delle domande che gli insegnanti
si pongono di fronte alla complessità
crescente percepita nelle loro classi.
La risposta non è semplice e a volte anche
l’insegnante più motivato e preparato
può sentirsi inadeguato o non trovare
soluzioni soddisfacenti nella propria
cornice pedagogica consueta di riferimento.
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Un modello di apprendimento… Learning by doing
La metodologia trasversale a tutti percorsi formativi prevede che gli allievi
siano costantemente formati su un doppio piano: da un lato i contenuti
tecnici e dall’altro i docenti utilizzeranno per promuoverne
l’apprendimento la metodologia del Learning by doing inteso come l’
apprendimento attraverso il fare, attraverso l’operare, attraverso le azioni.
Gli obiettivi di apprendimento si configurano sotto forma di “sapere come
fare a”, piuttosto che di “conoscere che”; infatti in questo modo il soggetto
prende coscienza del perché è necessario conoscere qualcosa e come una
certa conoscenza può essere utilizzata. Il Learning by Doing si basa
sul modello di Schank assumendo che abbiamo vissuto fino ad oggi in una
cultura in cui il paradigma dell’istruzione e della formazione si fonda sulle
conoscenze e su un approccio standardizzato all’apprendimento e
all’insegnamento. Il concetto di efficacia è invece legato alla possibilità di
offrire possibilità di apprendimento effettivo ai soggetti-individui diversi
per bisogni, vissuti, contesti, capacità e attitudini.
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Accanto agli obiettivi cognitivi, inoltre vengono
esplicitati anche quelli relativi alle abilità sociali. Lo
scopo comune è raggiunto attraverso il lavoro dei
singoli, ma tutti i membri del gruppo devono
impegnarsi perché ognuno svolga al meglio il proprio
lavoro. Essenzialmente centrato sui gruppi di lavoro
eterogenei, sulla effettiva interdipendenza positiva
dei ruoli e sull'uguaglianza delle opportunità di
successo per tutti, il Learning by Doing tende a
creare un contesto educativo non competitivo,
altamente responsabile e collaborativo, produttivo
di processi cognitivi di ordine superiore.
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Un modello di apprendimento…
Apprendimento cooperativo
Si può allora pensare di utilizzare una diversa modalità didattica che sposta il
fulcro dell'attività in classe dall'insegnante agli studenti, rendendoli partecipanti
attivi al loro processo di apprendimento: in questa prospettiva si colloca il metodo
didattico dell' apprendimento cooperativo, in cui il lavoro di gruppo cooperativo
diventa una strategia funzionale alla gestione della classe con fini di
apprendimento e miglioramento individuale.
Questo "approccio all'insegnamento e all'apprendimento in classe centrato sul
gruppo e sullo studente" (Sharan, 1994, ) è utilizzabile dall'insegnante per
un'ampia varietà di obiettivi didattico-educativi; in esso la cura per le relazioni
sociali tra gli studenti è finalizzata all'ottimizzazione dell'efficacia delle
interazioni rispetto al lavoro.
L'apprendimento cooperativo (Cooperative Learning) è uno strumento didattico
utilizzabile dall'insegnante interessato a differenziare ed arricchire il proprio
approccio di istruzione e a canalizzare in modo costruttivo la tendenza
all'interazione degli studenti, usando il piccolo gruppo di apprendimento come
catalizzatore del miglioramento individuale, nel rispetto delle caratteristiche
proprie della classe come sistema complesso.
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Riflessione sullo studio di un caso…
Il caso di Annalisa
Annalisa insegna Italiano, Storia e Geografia in una scuola secondaria di primo grado
di Udine. L’anno appena trascorso è stato duro e le vacanze estive le permettono di
tirare un sospiro di sollievo. È l’occasione per fare un po’ di bilanci sul suo lavoro negli
ultimi anni. La sua fatica continua a non dare i risultati attesi: anche quest’anno solo
alcuni allievi si sono impegnati e hanno raggiunto un buon livello di preparazione. La
maggior parte ha raggiunto un livello appena soddisfacente, alcuni (pochi, per fortuna)
sono stati tutto l’anno indolenti e hanno imparato a stento il minimo indispensabile.
Molti dichiarano inutile lo studio delle sue materie. Assente, insomma, la
motivazione...
Eppure Annalisa ha fatto tutto ciò che riteneva utile. Ha preparato con cura le lezioni,
riuscendo a portare in fondo tutto il programma; ha differenziato le attività didattiche
proponendo agli allievi più deboli schede di recupero; ha lavorato sulle strategie
metacognitive... Che cosa avrebbe potuto fare di meglio, quanto meno per non sentire
adesso la frustrazione dello scarto tra il suo impegno e i risultati ottenuti?
Il caso di Annalisa
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Non è sufficiente allora la trasmissione di informazioni, e
neanche mettere in atto buone strategie di comunicazione.
Questo può essere utilissimo in alcuni, molti casi. Ma non
funziona per tutti, perché un solido apprendimento si realizza se
sono presenti le due condizioni di base: la motivazione degli
allievi e la relazione affettiva tra chi insegna e chi apprende. Le
due condizioni sono interconnesse perché una buona relazione,
come si sa, alimenta la motivazione.
L'allievo indolente, demotivato, che impara malvolentieri,
dunque, può segnalare una relazione disfunzionale con
l’insegnante e/o la mancanza di stimoli motivanti.
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COSA PUO’ FARE L’INSEGNANTE?
• PORSI DEGLI INTERROGATIVI…
Per iniziare a cambiare la sua situazione scoraggiante, può cominciare a chiedere a
se stessa:
• “Conosco e comprendo i miei allievi, i loro desideri e i loro bisogni?
• So ascoltarli?”.
• “Se io fossi al posto loro troverei stimolanti le mie lezioni?”
• “Nei loro panni, che cosa mi permetterebbe di studiare con più interesse?”.
“Quali risorse ha ognuno di loro che potrei valorizzare nel corso delle mie
lezioni?”
• “Quali ostacoli (dovuti ai miei limiti, ai loro limiti, ai limiti del programma, delle
materie, dell'ambiente scolastico) possono tradursi in nuovi itinerari didattici?”.
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•Adattare creativamente le proprie materie
allo scopo di alimentare l’interesse degli studenti
e di conseguenza la qualità della propria vita professionale.
•Capire l’alunno che si ha davanti
•Patto formativo
•Approccio interculturale…quali sono le regole culturali…..
• (impliciti culturali non naturali)
•Per cominciare potrebbe far riferimento al campo di esperienza dei ragazzi,
perché possano dare valore a ciò che apprendono...
È estremamente difficile motivare allo studio della Geografia, per fare un
esempio, se la Geografia non ha nessuna attrattiva o se la relazione dell’allievo
con l’insegnante di Geografia è pessima. In questo caso, un obiettivo della
didattica della Geografia sarebbe quello di far emergere, all’interno del campo
di esperienza di ogni ragazzo, il desiderio della Geografia (viaggiare, esplorare
il mondo sono sogni che spesso gli studenti non mettono in relazione con
quella materia di studio).
Il caso di Annalisa
Solo a questo punto può nascere il piacere di imparare!!!
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La didattica diventa efficace, insomma,
quando l’insegnante, stabilita una buona
relazione con i suoi allievi, sa tradurre i
contenuti specifici di una materia all’interno
dell’esperienza di vita del ragazzo.
Aprendo questa prospettiva, non semplice né
lineare, si intende, offre allo studente
l’opportunità di scavare all’interno dei propri
bisogni, della propria storia, del proprio
progetto esistenziale.
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