DEPRESSIONE
• È un quadro clinico complesso, il cui elemento
caratterizzante è rappresentato da un
disturbo del tono dell’umore.
• La diagnosi di depressione in età evolutiva
costituisce oggetto di intenso dibattito.
• I criteri diagnostici dei manuali psichiatrici
internazionali sono quelli dell’adulto, con
qualche minima specifica per il bambino.
PREVALENZA
Valori di prevalenza variabili:
• da 0.4% a 2.5% nell’infanzia;
• da 0.4% a 8.3% nell’adolescenza.
(Militerni, 2003)
COMORBILITA’
• Disturbi del comportamento (oppositivo
provocatorio e della condotta -DOP,
D.C-)
• Abuso di sostanze
• ADHD
EZIOLOGIA
Non è ben definita ed ancora
non esiste un modello
interpretativo unitario:
1.Familiarità
2.Disordini neuroendocrinologici
3.Situazioni familiari inadeguate
4.Presenza di eventi stressanti
1.familiarità
I figli con un genitore depresso presentano un
rischio fino a 6 volte superiore di manifestare un
episodio depressivo rispetto alla popolazione di
controllo. (Prevenzione Depressione post-partum!!!!)
Tale rischio aumenta considerevolmente
entrambi i genitori sono depressi.
quando
I figli di genitori depressi sono ad alto rischio
anche per altri disturbi psicopatologici:
– Disturbi Generalizzati dello Sviluppo
– Disturbi d’ansia
– Disturbi della condotta
(Guidetti 2005)
2.disordini
neuroendocrinologici
Disfunzione a livello Ipotalamoipofiso-surrenalico.
3.situazioni familiari
inadeguate
L’ambiente familiare è di
fondamentale importanza per facilitare la
“reazione di attaccamento” matura:
conflitti intrafamiliari, situazioni di abuso
e/o incuria, maltrattamenti, livello socioeconomico
basso,
problemi
di
comunicazione fra adulti, atteggiamenti
educativi improntati alla direttività e alla
scarsa capacità di ascolto e di sostegno ai
problemi
del
bambino,
sono
stati
riscontrati in studi su bambini depressi.
4.presenza di eventi
stressanti (life-events)
In
circa il 70 % dei soggetti
preceduto dalla presenza di
stressante:
l’esordio è
un evento
 separazioni prolungate dei genitori
 divorzio dei genitori
 morte di uno dei genitori o persone
significative per il bambino
 malattie dei genitori
 patologie del bambino invalidanti con
ospedalizzazioni
Nel corso del tempo, ciascuno di questi
fattori è stato più o meno enfatizzato
per dar corpo a differenti approcci
interpretativi, portando a 3 principali
ipotesi:
• PSICODINAMICA
• COGNITIVISTA
• NEUROBIOLOGICA
IPOTESI PSICODINAMICA
(1)
• Tale ipotesi è in accordo con le teorie
freudiane e kleiniane, le quali sottolineano
l’importanza delle esperienze precoci, che, se
sono particolarmente frustranti, impediscono i
normali processi di elaborazione.
• Il verificarsi di eventi stressanti, in fasi
successive dello sviluppo, comporterebbe una
regressione,
con
comparsa
di
vissuti
depressivi
rappresentati
da
deficit
dell’autostima nel contesto di relazioni
interpersonali fallimentari.
IPOTESI PSICODINAMICA
(2)
Freud differenziò il lutto, reazione ad una
perdita reale di una persona significativa,
dalla melanconia, rappresentata da un vissuto
analogo, ma legato alla perdita fantasmatica
dell’oggetto d’amore, associato alla perdita
della stima di sé e a marcati sensi di colpa.
Nell’ipotesi
originaria
i
sentimenti
di
autosvalutazione erano legati ad una rabbia
intensa rivolta verso se stessi, per una
identificazione dell’Io con l’oggetto amato
perduto.
IPOTESI PSICODINAMICA
(3)
Klein ricondusse la depressione ad una
fissazione ad una fase normale nello sviluppo
affettivo: la posizione depressiva. Questa è
la fase in cui il bambino accede
alla
consapevolezza di aver perso gli oggetti buoni,
a causa della propria avidità e distruttività,
sentendosi perseguitato dai restanti oggetti
cattivi.
La depressione, in questa prospettiva, sarebbe
interpretata come la riattivazione in età
successive di queste complesse dinamiche.
IPOTESI COGNITIVISTA
(1)
• Secondo tale ipotesi la percezione
negativa di se stessi e della qualità
delle relazioni, che il soggetto
stabilisce con le persone del suo
ambiente significativo, non sono le
conseguenze delle dinamiche emozionali
a
carattere
depressivo,
ma
rappresentano essi stessi l’essenza del
disturbo.
IPOTESI COGNITIVISTA (2)
• Il modello ipotizzato è quello della
“learned helplessness” = “impotenza appresa”.
• Tale modello indica in psicologia sperimentale il
comportamento apatico e la ridotta capacità di
apprendere risposte di evitamento o fuga in
animali sottoposti ripetutamente a stimoli
avversativi incontrollabili ed inevitabili.
• Esteso al campo umano indica un vissuto di
impotenza, insicurezza passività, appreso in
conseguenza dell’esposizione a evento o stimoli
incontrollabili.
IPOTESI COGNITIVISTA (3)
• Il bambino elabora in maniera atipica le esperienze:
stile cognitivo negativo.
• Sistematica attribuzione a se stesso di
caratteristiche negative;
• I risultati di un evento sono legati a cause esterne
non controllabili, verso le quali il soggetto è
impotente;
• Tendenza a pensare che nessuno lo può aiutare;
• Mancanza di una adeguata elaborazione cognitiva.
IPOTESI NEUROBIOLOGICA
• Nata in seguito all’osservazione che
diversi farmaci sono in grado di incidere
sul tono dell’umore.
es.Teoria aminergica della depressione:
• Reserpina
le amine biogene
• i triciclici
es.Teoria serotoninergica della depressione:
• SSRI
La depressione, come tutti i quadri psichiatrici
complessi, è un disturbo psicopatologico a
patogenesi multifattoriale, la cui espressività è
legata ad interazioni ancora mal definite fra:
 diversi fattori neurobiologici
 fattori neurobiologici (in toto)
ambientali.
+
fattori
A tal proposito è opportuno sottolineare che la
neurobiologia comincia a fornire modelli
interpretativi a riguardo degli eventi stressanti
che, vissuti in epoche precoci dello sviluppo,
determinerebbero
una
sorta
di
sensibilizzazione in particolari siti recettoriali,
che si pone come una situazione vulnerabilità.
ESPERIENZE AMBIENTALI SIA POSITIVE CHE
NEGATIVE POSSONO MODIFICARE SIA LA
STRUTTURA CHE LE FUNZIONI CEREBRALI
(Sapolsky 1992; Eisenberg 1995;
Hann et al., 1998; Kandel 1999),
CON INDELEBILI CONSEGUENZE A LIVELLO
MICROSTRUTTURALE, BIOCHIMICO E
COMPORTAMENTALE.
Stress
Stress
Stress
gene per
il BDNF
BDNF
Apoptosi
Ridotto numero di
sinapsi e morte
cellulare
Cervelletto
CLINICA
L’elemento caratterizzante è l’alterazione del tono
dell’umore.
• Nei bambini in grado di verbalizzare il loro stato
vengono fornite descrizioni del tipo:
“mi sento depresso”, “mi sento triste”, “mi sento
scoraggiato”, “ mi sento senza speranza”, “mi
sento giù di corda”.
•
Nei bambini in cui il soggetto non è in grado di
verbalizzare il suo stato, o non è disponibile a farlo,
il tono dell’umore si manifesta attraverso
un’espressione di tristezza con povertà della
mimica, sguardo inespressivo, rarità del sorriso,
pianto per motivi futili.
• Questo stato può esprimersi anche
attraverso la perdita di interessi: il
bambino appare incapace di provare
piacere per tutte, o quasi tutte, le
attività, anche quelle che in precedenza lo
avevano particolarmente coinvolto. Ne
derivano scarsa iniziativa, inibizione e
rallentamento motorio.
• Spesso le alterazioni dell’attività sono
caratterizzate da comportamenti
ipercinetici e condotte aggressive.
•Diminuzione della socializzazione: i disturbi si
ripercuotono inevitabilmente sulla qualità dell’interazione
sociale; i bambini tendono ad evitare le situazioni
sociali e, quando inseriti in gruppo, assumono
atteggiamenti passivi o tendono ad isolarsi.
•Modificazione dell’atteggiamento verso la scuola:
queste difficoltà sono presenti anche a scuola, con un
conseguente rendimento scolastico inadeguato. Il
bambino lamenta spesso disturbi della memoria, mostra
difficoltà di concentrazione ed appare eccessivamente
preoccupato dell’insuccesso. Conseguentemente può
sviluppare un rifiuto della scuola.
• Altro importante elemento del disturbo è
rappresentato dalla riduzione dell’autostima
costantemente associato a senso di colpa.
In tale contesto emozionale sono abituali i disturbi
somatici:
 perdita della consueta energia;
 alterazioni del ritmo sonno-veglia (difficoltà di
addormentamento, frequenti risvegli notturni o
incubi);
 dolori vaghi, riferiti allo stomaco, testa, gambe.
Tra i disturbi associati molto
frequente è l’ansia, che può
essere:
• libera
• esprimersi con manifestazioni
fobiche
I sintomi descritti possono associarsi in maniera
differente, dando luogo a quadri che si
diversificano anche per le modalità di esordio
e per la durata.
I quadri più frequenti sono definiti dal DSM IV
come:
• DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE
(Episodio Singolo o Episodio Ricorrente)
• DISTURBO DISTIMICO
• DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE
Il quadro clinico è caratterizzato dalla
ricorrenza di uno o più Episodi Depressivi,
intesi come periodi di almeno 2 settimane,
durante i quali si verificano in diversa
combinazione i sintomi descritti prima.
• DISTURBO DISTIMICO
E’ caratterizzato da un umore “cronicamente”
depresso per un periodo di almeno 2 anni.
Nei bambini, tuttavia l’umore può essere
irritabile anziché depresso, e la durata
minima per la diagnosi è di un solo anno.
Suicidio e tentato suicidio
• Ideazione suicidiaria + suicidio e
tentato suicidio sono correlati ai
disturbi dell’umore.
• Circa il 50% dei ragazzi con
depressione maggiore compiono nel
corso della malattia almeno un tentato
suicidio ed il 20% più di uno.
• Prevale nelle femmine il tentato
suicidio, mentre nei maschi quello
compiuto.
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Classificazione delle cefalee in età evolutiva