S. ANTONIO ABATE
E I MONACI ANTONIANI
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Claudia Sponton – Piano di diffusione delle Lavagne Interattive Multimediali- 2009/2010 – Scuola Secondaria di I grado Giacomo Jaquerio – Buttigliera Alta - TO
S. Antonio abate
Nel corso del III secolo dopo Cristo ebbe inizio in Egitto
un movimento religioso-spirituale cristiano,
caratterizzato dalla scelta di vivere la propria fede in
solitudine, nella meditazione e nella preghiera, la cui
origine è attribuita a S. Antonio
Sant’ Antonio nacque a Comana (Quman), in Egitto, nel
251 da genitori cristiani molto facoltosi e trascorse
l’infanzia tra le mura domestiche, lontano dagli svaghi.
Rimase orfano dei genitori a diciotto anni, insieme ad una
sorella minore ed un ricco patrimonio da curare ed
amministrare.
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Ben presto decise di dedicare la sua vita all’imitazione di
Cristo: diede tutti i suoi beni ai poveri e iniziò a
trascorrere una vita da asceta soggiornando in luoghi
solitari lontano dalla sua citta’ (come aveva fatto Gesu’,
ritirandosi quaranta giorni nel deserto prima della sua
vita apostolica).
Si procurava il cibo lavorando e
divenne famoso come “Teofilo”,
cioé amico di Dio e come
“Taumaturgo”, cioè guaritore.
La tradizione vuole che sia stato
tentato, aggredito e percosso dal
demonio.
Affascinò molte persone, che
decisero di seguire il suo esempio
nella solitudine del deserto.
Sant’Antonio Abate si spense il 17
Gennaio del 356 a ben 105 anni e fu
sepolto dagli stessi discepoli in un
luogo nascosto della Tebaide, la sua
terra.
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Il sepolcro restò ignorato fino al quarto secolo, quando venne scoperto e le spoglie del
Santo furono trasferite ad Alessandria d’Egitto per essere poste in un sarcofago della
Chiesa di San Giovanni Battista. Nel settimo secolo vennero trasferite da Alessandria
a Costantinopoli, a causa dell’invasione dei saraceni.
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Intorno al primo millennio le spoglie di
Sant’Antonio abate vennero trasportate da
Costantinopoli in Francia, nella regione del
Delfinato. In questo luogo vennero venerate dai
fedeli per alcuni anni sino alla costruzione, nel
1070, di un’abbazia edificata nel villaggio di La
Motte, sito vicino alla citta’ di Vienne.
Abbazia di S.Antonio a La Motte
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Qui nel 1095 sorse una comunità di laici, che si dedicò alla cura degli ammalati di
ergotismo.
Con il tempo la primitiva comunità diede origine all’ Ordine Ospedaliero dei canonici
regolari di S. Agostino di S. Antonio abate di Vienne, formato da infermieri e frati laici.
Nel 1297, l’Ordine diventò autonomo, con il nome di Ordine dei Canonici Regolari di
Sant'Antonio di Vienne
I monaci Antoniani erano facilmente identificabili
dall'abito, che consisteva in una tonaca nera con una
grande ‘tau’ azzurra, detta la "potenza di S. Antonio”,
cucita sulla sinistra del petto.
Questi religiosi vivevano di elemosine e lasciti.
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Il “Tau” era il simbolo degli Antoniani, probabilmente
venne scelto perché, oltre a ricordare la croce,
rappresentava la stampella usata dagli ammalati e
alludeva alla parola "thauma", che in greco antico significa
"prodigio".
Secondo altre fonti, essendo la lettera tau l'ultima
dell'alfabeto ebraico, essa indicava le cose ultime a cui il
grande Santo taumaturgo Antonio sempre pensava.
Per i cristiani il TAU cominciò a rappresentare la croce di
Cristo come compimento delle promesse dell'Antico
Testamento.
La croce rappresentava il mezzo con cui Cristo ha
rovesciato la disobbedienza del vecchio Adamo,
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Altro simbolo dell'Ordine era la campanella, con la quale gli Antoniani annunciavano il loro
arrivo durante gli spostamenti e le questue.
A Sant'Antonio abate tradizionalmente è associata anche
l'immagine del fuoco, sia in virtù del potere taumaturgico
del Santo nella cura del fuoco di S. Antonio, ma anche
perché, secondo la tradizione popolare, il santo abate è
custode dell'inferno, da dove sottrae le anime dannate,
ingannando i diavoli con abili stratagemmi.
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Sulla facciata della Precettoria di Ranverso il simbolo Tau e le tre fiammelle ricordano ai visitatori che il
luogo è dedicato a S. Antonio
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La liturgia cristiana e popolare ricorda S.Antonio il 17 gennaio
Nel medioevo i cibi della festa di
Sant’Antonio erano la zuppa di fave cotte
e la ciabatta intestata al Santo.
Ma l’alimento più popolare per “onorare”
Sant’Antonio era il maiale, superbo
ingrediente di piatti come i fagioli con le
cotiche o la cassoeula.
Addirittura la comunità allevava un
maiale a proprie spese, per poi
distribuirne le carni ai poveri il 17
gennaio.
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Ancora oggi sono tantissime le feste dedicate a S. Antonio, come ad esempio avviene
a Ranverso, dove i contadini portano a benedire i loro animali assieme agli
strumenti di lavoro (macchine agricole varie, trattori, ecc.)
Al termine della cerimonia, secondo l’antica tradizione, i canonici e i volontari
distribuiscono il pane di S. Antonio, a forma di agnello o di colomba.
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