Il “nuovo”
Rito del Matrimonio
Il rito del Matrimonio interpreta e porta alla massima espressione
il linguaggio dell’amore;
nello stesso tempo fa sì
che il dialogo d’amore dei fidanzati e degli sposi
si lasci plasmare sempre più dal linguaggio dell’amore divino,
comunicatoci attraverso la Sacra Scrittura
e la vita della comunità ecclesiale.
(CEI, Celebrare il “mistero grande” dell’amore, 2)
Da qualche parte nella Bibbia sta scritto
che bisogna partecipare con “il cuore e le viscere”.
A una liturgia protestante
si può sicuramente partecipare in pieno con il cuore.
Ma tutto il resto della persona
viene lasciato molto spesso fuori dalla porta della chiesa.
Questa è probabilmente una mia insufficienza, ma in queste giornate
pasquali ho sentito per la prima volta che bisogna veramente
partecipare con tutta la persona, che i salmi non vengono soltanto
pensati con la testa e cantati con la bocca,
ma che possono cantare anche le mani e i piedi e tutto il resto.
Per favore, non pensare che io mi sia montata la testa.
Raramente sono stata così lucida come in questi giorni.
(Lettera di Maria von Wedemeyer al fidanzato Dietrich Bonhoeffer
in campo di concentramento, 25 aprile 1944)
Il rito liturgico rappresenta la grammatica
indispensabile per comprendere la singolare e
irripetibile vicenda d’amore che caratterizza il
cammino di ciascuna coppia nella prospettiva
dell’amore di Dio.
Nulla di ciò che è autenticamente umano
nell’esperienza affettiva
resta escluso dal cammino sacramentale,
di cui il rito è il culmine.
La celebrazione liturgica del rito del Matrimonio diviene punto
di arrivo del fidanzamento, ma anche punto di partenza per
una vita familiare ricca di grazia
e orientata alla santità.
(CEI, Celebrare il “mistero grande” dell’amore, n.4.
Cfr. n.105: Ripartire dal nuovo Rito del Matrimonio)
Se siamo allergici o refrattari al rito,
noi neghiamo un corpo a Dio,
nonostante lui continui a gridarci che si è fatto carne,
è risorto con il corpo e ci nutre con il suo corpo.
Il rito è la fede generata dalla morte e risurrezione di
Gesù con il corpo (…).
È solo un corpo attivo,
ossia il corpo che percepisce,
sente, agisce ritualmente,
che può partecipare al Mistero
di quel Dio che in Gesù si fa vicino
nel suono di una voce,
nel sapore del pane,
nel contatto delle mani.
(G. Busani, Liturgia e vita affettiva)
“… Per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo si è incarnato…”
Al termine della sua vicenda terrena,
“… è salito al cielo, siede alla destra del Padre
e di nuovo verrà nella gloria…”.
Nel frattempo,
il Risorto mantiene la confortante promessa:
“Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo” (Mt 28,20; cfr Mt1,23)
Ciò è possibile
mediante il continuo attualizzarsi
del mistero dell’Incarnazione
attraverso i riti sacramentali
celebrati dalla sua Chiesa.
“Il sacramento è
espressione
dell’esperienza che Dio
incontra l’uomo
in maniera umana”
(J.Ratzinger).
I sacramenti, come dicevano gli antichi,
sono propter homines, sono fatti per l’uomo.
Non soltanto nel senso che servono alla santificazione
e alla salvezza degli uomini,
ma nel senso che sono a misura dell’uomo,
rispondono a un’esigenza umana
(non è Dio che ha bisogno dei sacramenti: siamo noi!)
e funzionano secondo le modalità
dell’essere e dell’agire umano.
I sacramenti, infatti, sono l’ultima espressione
di quella logica di incarnazione
che guida tutta la rivelazione biblica
e la storia della salvezza:
Dio viene incontro all’uomo scendendo sul piano
dell’esistenza umana
e adattandosi alle strutture dell’umano.
Poteva certamente il popolo dei credenti nel Cristo
essere ammaestrato col solo vedere
ciò che facevasi nella chiesa,
come semplice spettatore di sacra rappresentazione,
e Iddio, padrone assoluto dei suoi doni, poteva,
se avesse voluto, aggiungere
alla sola vista delle funzioni del culto
esercitate dai sacerdoti,
l’influenza vivifica della sua grazia.
Ma per accomodare tutto all’uomo nel modo il più
conveniente, non volle farlo: ed anzi volle che il popolo
stesso nel tempio fosse gran parte del culto: e ora sopra il
popolo si esercitassero delle azioni, (…); ora lo stesso
popolo unito di intelligenza non meno che di volontà e di
azione col clero, operasse con esso.
(A.Rosmini, Delle cinque piaghe della santa Chiesa, 14)
Giustamente la liturgia
è ritenuta come l’esercizio
del sacerdozio di Gesù Cristo;
esercizio nel quale, per mezzo di
segni sensibili, viene significata
e, in modo ad essi proprio, realizzata
la santificazione dell’uomo,
e viene esercitato
dal Corpo mistico di Gesù Cristo,
cioè dal Capo e dalle sue membra,
il culto pubblico integrale.
(Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, 7 )
A tutti i livelli della sua vita,
fisica e spirituale, affettiva e intellettiva,
l’uomo si esprime mediante sistemi simbolici
ritualizzati.
La nascita, la morte, il matrimonio, la festa, tutto può
essere – e normalmente lo è – vissuto ritualmente
(Celebrare in spirito e verità, 18)
Nella vita umana
segni e simboli occupano un posto importante.
In quanto essere corporale e spirituale insieme,
l’uomo esprime e percepisce le realtà spirituali
attraverso segni e simboli materiali.
In quanto essere sociale, l’uomo ha bisogno di segni e
di simboli per comunicare con gli altri
per mezzo del linguaggio, di gesti, di azioni.
(Catechismo della Chiesa cattolica,1146).
Se offro una rosa rossa a una capra, essa
inequivocabilmente la mangia, senza dire alcuna parola
che significhi qualcosa. Per noi invece, se non siamo
ridotti a puri consumatori di cose e sensazioni, la
questione è ben diversa. Un botanico classifica la rosa,
un giardiniere la coltiva, un fiorista la vende... e un
innamorato la dona alla sua donna. La quale, a sua
volta, non la mangia né la classifica né la coltiva né la
vende: ne gioisce come segno di ciò che dà luce alla
sua esistenza. Quante diverse reazioni, e poesie, può
ispirare la stessa rosa!
(S.Fausti)
H.Matisse, La tavola apparecchiata, olio su tela 1896
L’artista esalta il tocco di finezza della madre che nella preparazione della tavola per
l’incontro familiare festivo dispone tutto senza far mancare l’inutilità preziosa
dei fiori che rallegrano facendo del pranzo un’esperienza che sazia anche il cuore.
Vari comportamenti ritualizzati emergono nella vita ordinaria:
a casa, per i pasti,
* ciascuno ha il suo posto
* l’invitato si mette a capotavola
* gli vengono serviti i piatti per primo
* si prepara un dolce in suo onore
in occasione di un compleanno
* si arriva con un regalo per il festeggiato
* si mettono le candeline sulla torta
* si canta il tradizionale “Tanti auguri a te…”
tra fidanzati
* regalare dei fiori esprime affetto per la persona amata
* il dono dell’anello la decisione di rendere stabile la relazione
* In vista del Matrimonio: le partecipazioni, i confetti…
in occasione di una festa civile
* l’alzabandiera sottolinea l’importanza sociale dell’evento
* il suono della banda lo rende festoso
* la posa di una corona al monumento dei caduti esprime
l’omaggio a chi si è sacrificato per la patria
La stessa cosa avviene
nella relazione dell’uomo con Dio.
• La liturgia della Chiesa presuppone, integra e
santifica elementi della creazione e della cultura
umana conferendo loro la dignità di segni della
grazia, della nuova creazione in Gesù Cristo.
• I sacramenti della Chiesa non aboliscono,
ma purificano e integrano
tutta la ricchezza dei segni e dei simboli
del cosmo e della vita sociale.
(Catechismo della Chiesa cattolica, 1146.1149.1152)
La Riforma (liturgica) suppone una indispensabile
‘conversione’ al progetto e allo stile di Dio che ha voluto
attuare e comunicare la sua salvezza attraverso il
‘sacramento’ delle cose più comuni e delle azioni più
quotidiane (GS, 34-38).
Conforme a questo stile dell’agire divino, la Chiesa, guidata
dallo Spirito, per costruire la sua liturgia ha assunto alcune
azioni proprie delle culture umane come
riunirsi e agire comunitariamente,
salutare e dialogare, cantare e acclamare,
leggere un testo e interpretarlo,
formulare desideri e ringraziare, chiedere perdono e darsi la
pace, preparare la mensa e partecipare al convito…
rendendole significative dell’iniziativa divina che salva e della
risposta umana che accetta e corrisponde (SC,5-7.21.33)
(CEI, Il rinnovamento liturgico in Italia, n.12).
Il simbolo non si spiega
Non si parla di lui, è lui che ci parla.
Abbiamo imparato a dire “Buongiorno”, a far regali,
molto prima di avere una qualsiasi spiegazione di ciò.
Se mai l’abbiamo avuta!
Figuriamoci se qualcuno dicesse:
“Le stringo la mano,
perché questo significa che…”
Oppure:
“Ti abbraccio,
perché l’abbraccio vuol dire che…”.
Il simbolo non si spiega.
Se lo avessimo capito, le nostre celebrazioni non
sarebbero invase da innumerevoli spiegazioni:
“Ora il sacerdote fa questo, perché…”
Oppure:
“Ora canteremo il canto n., perché…”
La Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli
non assistano come estranei o muti spettatori a
questo mistero di fede (= Eucaristia),
ma che, comprendendolo bene per mezzo dei riti
e delle preghiere, partecipino all’azione sacra
consapevolmente, piamente e attivamente…
(Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, 48)
Il paragrafo formula ufficialmente
la insufficienza di una partecipazione della sola anima.
E’ la stessa azione sacra compiuta in pienezza
il modo primario della intelligenza liturgica.
La riforma del rito eucaristico
è motivata essenzialmente dalla esigenza
di recuperare per tutti questo livello rituale e orante.
Negli anni successivi al Concilio Vaticano II
ci si prefisse di aiutare il popolo a “capire”
quanto il precedente regime rituale gli aveva precluso.
La partecipazione dei fedeli all’azione liturgica
rimane ancora l’obiettivo principale del cammino del
rinnovamento liturgico.
Le energie dedicate al raggiungimento dell’obiettivo
sono state tante, ma in buona parte hanno subito uno
sbilanciamento verso la dimensione “consapevolezza”.
Per partecipare occorre “capire”, sembrava essere
l’imperativo cui obbedire.
Oggi è forse giunto il momento di rovesciare il rapporto:
per partecipare occorre agire,
solo così è possibile capire.
Come ci si sposava nel 1966
Dopo il Vangelo e l’omelia:
Consenso sacramentale
N., vuoi prendere in tua legittima sposa N. qui presente,
secondo il rito della santa madre Chiesa?
Sì.
Io vi dichiaro uniti in matrimonio,
nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
Benedizione degli anelli
Versetti biblici + orazione
Preghiere conclusive
-Proteggi, o Signore, questi tuoi servi.
+Essi sperano in te.
-Manda loro, o Signore, il tuo aiuto dal tuo santo tempio.
+Difendili dall’alto della tua sede celeste.
-Sii per loro come fortezza.
+Contro gli assalti del maligno
Orazione
Lettura degli articoli del Codice civile
La celebrazione
del Matrimonio
Il “nuovo” rito del Matrimonio costituisce
il primo significativo caso di “adattamento”
operato dalla Chiesa italiana
con l’approvazione della Sede Apostolica.
In data 19 marzo 1990 le Chiese di tutto il mondo
ricevettero un’editio typica altera
della celebrazione del Matrimonio (dopo quella del 1969).
I nostri Vescovi con i loro esperti si sono mobilitati.
La CEI ha “voluto anche rispondere a una rinnovata coscienza ecclesiale
del Matrimonio, di cui fanno fede, tra gli altri documenti, l’Esortazione
apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II (1981) e il Direttorio di
pastorale familiare per la Chiesa in Italia (1993)” (Presentazione CEI, n.2).
La dimensione ecclesiale del Matrimonio
“E’ una comprensione che fatica ancora a farsi strada; lo testimonia
anche la persistente difficoltà nelle nostre parrocchie a leggere nel
Matrimonio un sacramento ‘per la Chiesa’, da celebrare nella
comunità ecclesiale e non in privato, nei luoghi più impensati e
lontani dalla vita ordinaria della comunità cristiana” (G.Betori).
“Poiché il Matrimonio è ordinato alla crescita e alla santificazione del
popolo di Dio, la sua celebrazione ha un carattere comunitario che
consiglia la partecipazione anche della comunità parrocchiale,
almeno attraverso alcuni dei suoi membri” (RM,n. 28).
Non dovrebbe mancare qualche lettore (tra quelli che svolgono
abitualmente il servizio in parrocchia), un gruppo di cantori (o almeno
un animatore del canto) oltre l’organista; e dei fedeli che,
semplicemente in quanto tali, avvertono l’impulso di dare volto a una
Chiesa accogliente e desiderosa di crescere nella sua indole nuziale.
La categoria di “adattamento” liturgico…
…non va semplicemente interpretata
come l’adeguarsi di un rito alla situazione (come quando diciamo
“mi sono dovuto adattare” nel senso di “ho dovuto rassegnarmi”).
Si tratterebbe di un livellamento
che abbassa la qualità della proposta.
Certo si tiene conto della situazione,
ma nei suoi confronti il rito opera:
per un verso ascolto e solidarietà
per altro verso differenza e promozione,
in modo da suscitare la crescita delle persone.
Il rito infatti non è solo un momento espressivo-rappresentativo.
Sarebbe troppo vicino e coincidente con la vita e con la realtà.
E impedirebbe l’irruzione della novità di Dio.
Il rito è azione che esercita una forza impressiva.
Istituisce una nuova realtà.
Il rituale si struttura in quattro capitoli:
1° Rito del Matrimonio nella Celebrazione
eucaristica.
2° Rito del Matrimonio nella Celebrazione della
Parola.
3° Rito del Matrimonio tra una parte cattolica e una
parte catecumena o non cristiana (una semplice
traduzione, questo).
Di seguito, il rituale presenta alcuni formulari di
Preghiera dei fedeli;
e un elemento nuovo, interessante: le melodie
Dal 2008 è disponibile in volume
apposito il Lezionario che offre una
delle ricchezze più belle del Rito
adattato. I testi biblici, che ora
raggiungono il numero di 82 brani, sono
preceduti da ampia e accurata
presentazione CEI (p.11-16). Cfr. anche
Percorsi biblici in appendice a
Celebrare
il
“mistero
grande”
dell’amore.
Esso richiede
un serio approfondimento, redatto
come è – oltre che per lo specifico uso
celebrativo – anche per qualificare la
pastorale dei fidanzati, delle giovani
coppie, della famiglia nel suo insieme.
Passiamo in rassegna le novità
1. a livello di riti
2. a livello di gesti
3. a livello di testi
1. Le novità rituali
a) Nel rito d’ingresso è di grande valore la Memoria del
Battesimo (n.52-58; n.104-110).
b) Nella Liturgia della Parola la proposta di 5 schemi di letturesalmi per orientare la scelta (n.62; n.113).
c) Le invocazioni litaniche dei santi-sposi
agganciate alla Preghiera dei fedeli
mostrano che l’esperienza sponsale
è assunta nella ministerialità della Chiesa;
si evidenzia la comunione
tra la Chiesa della terra e quella del cielo.
c) La consegna della Bibbia agli sposi introdotta (nel
secondo capitolo) prima della benedizione finale:
“Ricevete la Parola di Dio. Risuoni nella vostra
casa, riscaldi il vostro cuore, sia luce ai vostri
passi. La sua forza custodisca il vostro amore
nella fedeltà e vi
accompagni nel cammino
incontro al Signore” (n.142). Chiaro orientamento
verso l’Eucaristia.
d) La benedizione degli sposi si può compierla
subito dopo lo scambio degli anelli, quindi
all’interno del Rito del Matrimonio in senso
stretto.
2. Le novità gestuali
(manifestano
l’importanza del linguaggio non-verbale).
a) Nei riti di ingresso, per la memoria del Battesimo è
bene recarsi al fonte.
Segue l’aspersione degli sposi e dell’assemblea.
b) Nella Liturgia della Parola gli sposi dopo il sacerdote
venerano l’Evangeliario con un bacio (n.63).
c) Nella Liturgia del Matrimonio gli sposi
per rispondere alle domande
e per manifestare il consenso
possono avvicinarsi all’altare,
ma soprattutto rivolgersi l’uno verso l’altro.
E’ molto importante la loro adeguata collocazione.
Un particolare da assumere: il prete
accoglie il consenso “stendendo la mano
sulle mani unite degli sposi” (n.74; n.125).
d) Per la benedizione degli sposi, la rubrica
del precedente rito voleva “Il sacerdote
rivolto agli sposi con le braccia allargate”.
Adesso, dopo la preghiera silenziosa di
tutti gli astanti, si legge: “Il sacerdote
tenendo stese le mani sugli sposi…”
(n.85; n.130). Si attribuisce
maggiore
risalto
all’invocazione
dello
Spirito
attraverso il gesto che è tradizionale per
l’epiclesi.
Gli sposi “si mettono in ginocchio” (n.84).
e) L’incoronazione e la velazione:
Estranee alla situazione italiana, non sono da introdurre o da
incoraggiare; se non altro per il rischio che oggi si trasformino
in folklore, alleato del consumismo e della spettacolarizzazione.
La prima segue la consegna degli anelli; la seconda è durante
la benedizione nuziale.
Si tratta di due gesti tradizionali nel mondo biblico-giudaico e
greco-romano (diffusi in tutta l’area mediterranea) che la liturgia
cristiana ha recepito, privilegiando tuttavia in Occidente la
velazione e in Oriente l’incoronazione. Chi volesse
documentarsi circa il profondo significato di questi riti si
renderebbe conto – per contrasto – della fragilità di alcuni gesti
che si sono a volte introdotti nelle nostre celebrazioni senza
essere stati coscienziosamente vagliati.
3. Le novità testuali.
a) Di nuova creazione sono i testi
per la Memoria del Battesimo (n.52-56).
Li contraddistingue
il carattere di memoria riconoscente. La nota espressione
“Voi siete già consacrati mediante il Battesimo”
che introduce le interrogazioni prima del consenso (n.66)
trova qui il suo contesto, la sua radice.
E’ il Battesimo che fonda il consenso, perché libera la libertà.
Il “sì” degli sposi è saldamente radicato
sul “sì” pronunciato da Dio nel Battesimo.
L’adesione di fede a Lui è da rinnovare nel giorno in cui
essi corrispondono alla specificazione
della loro vocazione battesimale.
Si ravviva per loro e per tutti il
dono della benedizione originale.
b) Alcune nuove monizioni.
Una interessante sta nel secondo capitolo. Dato che il
Matrimonio qui si svolge nella Celebrazione della Parola,
ecco un’esortazione da premettere alle Letture:
“Fratelli e sorelle,
dopo aver fatto memoria del Battesimo,
ascoltiamo in raccoglimento la Parola di Dio.
Accolta con fede, annuncia la presenza del Signore
in questo momento di festa e di gioia,
illumina il cammino dei coniugi,
apre alla ricchezza della vita ecclesiale,
rivela l’amore di Cristo sposo per la Chiesa sua sposa”
(n.113)
c) Introduzione di nuove forme (in entrambi i capitoli).
- La seconda forma di manifestazione delle intenzioni.
Invece che rispondere alle domande del rituale finora in uso, gli
sposi espongono i loro intendimenti a partire da una testimonianza
relativa al fidanzamento vissuto come tempo di grazia:
“Compiuto il cammino del fidanzamento,
illuminati dallo Spirito Santo,
accompagnati dalla comunità cristiana,
siamo venuti in piena libertà…”.
Suggestiva la conclusione:
“Chiediamo a voi, fratelli e sorelle, di pregare con
noi e per noi perché la nostra famiglia diffonda nel
mondo luce, pace e gioia”. (n.69).
- Una seconda, originale forma di manifestazione del
consenso (n.72). E’ in termini dialogici tra i due:
“N. vuoi unire la tua vita alla mia,
nel Signore che ci ha creati e redenti?
Sì, con la grazia di Dio, lo voglio.
N. vuoi unire la tua vita alla mia,
nel Signore che ci ha creati e redenti?
Sì, con la grazia di Dio, lo voglio”.
E proseguono insieme: “Noi promettiamo di amarci…”.
- Una terza formula nuova di benedizione degli anelli che
termina così:
“siano per voi ricordo vivo e lieto
-di quest’ora di grazia” (n.76).
d) Arricchimenti nei testi già noti, e modifiche delle traduzioni.
- Gli arricchimenti più significativi riguardano la presenza o il
riferimento all’opera dello Spirito Santo. E’ interessante verificarne
l’innesto.
- La modifica che ha conseguito notorietà è relativa al verbo adottato come traduzione del latino accipio - per la prima forma di
manifestazione del consenso:
“Io accolgo te come mia sposa.
Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre …”
L’altro non è un possesso, ma un dono promettente.
E’ Dio che consegna gli sposi l’uno all’altro.
Essi si ricevono dalle mani di Dio.
Io accolgo te dalle mani di Dio,
non come un ospite di passaggio, ma come mia sposa.
L’impegno, la responsabilità, non sono indeboliti,
ma assunti con la grazia di Cristo.
Una promessa in grado di sfidare il tempo,
che include anche il periodo della prova:
deserto non attraversabile senza questa grazia
che discende dall’alto come la manna.
e) La novità testuale più riuscita è una ulteriore Preghiera
di benedizione degli sposi: la IV (n. 88 e n. 130).
Ha una struttura abbastanza vicina a quella delle Preghiere
eucaristiche. La prima parte è anamnetico-celebrativa, cioè
una narrazione riconoscente del mistero salvifico nella sua
dimensione trinitaria, ed è segnata da acclamazioni.
Si ripete:
“Ti lodiamo, Signore, e ti benediciamo.
Eterno è il tuo amore per noi” 3 volte:
per il Padre, per il Figlio e per lo Spirito Santo.
Il passaggio più suggestivo è il secondo momento,
quello che narra la vicenda di Cristo,
sintetizzando il Vangelo con freschezza di linguaggio
aderente all’esperienza nuziale:
“Quando venne la pienezza dei tempi,
hai mandato il tuo Figlio, nato da donna.
A Nazaret, gustando le gioie
e condividendo le fatiche di ogni famiglia umana,
è cresciuto in sapienza e grazia.
A Cana di Galilea, cambiando l’acqua in vino,
è divenuto presenza di gioia nella vita degli sposi.
Nella Croce, si è abbassato
fin nell’estrema povertà
della umana condizione,
e tu, o Padre, hai rivelato un amore
sconosciuto ai nostri occhi,
un amore disposto a donarsi
senza chiedere nulla in cambio”.
La seconda parte invece è di supplica. Si interviene con
l’invocazione: “Ti supplichiamo, Signore. Ascolta la nostra
preghiera”.
Si prega che scenda lo Spirito a trasfigurare l’opera iniziata e la
renda segno della carità divina. “Scenda la tua benedizione su
questi sposi, perché, segnati con il fuoco dello Spirito, diventino
Vangelo vivo tra gli uomini”.
Nella parte “esortativa” si riprende, in preghiera Rm 12,9 s.
“Siano lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti
nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi
nell’ospitalità. Non rendano a nessuno male per male,
benedicano e non maledicano, vivano a lungo e in pace con
tutti”.
La conclusione è escatologica. “Il loro amore, Padre, sia seme
del tuo Regno. Custodiscano nel cuore una profonda nostalgia
di te, fino al giorno in cui potranno, con i loro cari, lodare in
eterno il tuo nome”.
Il contenuto della Preghiera di benedizione
colloca il “sì” degli sposi nella storia del dono
originale, cioè in quell’impensabile e più
grande scambio reciproco
che è la storia della Trinità.
L’atto della benedizione
è compiuto dal ministro ordinato.
Contribuisce a mantenere vivo il fatto
che il Sacramento lo si riceve.
Ciascuno non può darsi da solo il Sacramento,
neppure il Matrimonio.
La benedizione attesta che quello che avviene
discende dall’Alto.
Si fa presente in modo gratuito per noi quello
che non è producibile da parte nostra.
Quale modello rituale?
“La celebrazione del Matrimonio deve essere preparata
con cura, per quanto possibile insieme con i fidanzati.
Il Matrimonio si celebri abitualmente durante la Messa.
Il Parroco, tuttavia, tenute presenti sia le necessità della cura
pastorale, sia le modalità di partecipazione degli sposi e degli
invitati alla vita della Chiesa, giudichi se sia meglio proporre la
celebrazione del Matrimonio durante la Messa o nella
celebrazione della Parola” (RM,n.29).
Per la verità non si tratta di una direttiva inedita;
la si rintraccia già nel rituale del 1975:
“… in qualche circostanza è consigliabile omettere la
celebrazione dell’Eucaristia” (n.8).
Ma pochi ne avevano tenuto conto.
E’ dal percorso preparatorio che potrà/dovrà emergere la propensione
verso l’una o l’altra modalità rituale.
Prima situazione
Alcuni di coloro che chiedono il Matrimonio
vivono un’esperienza di Chiesa secondo la figura di “comunità eucaristica”.
Queste persone hanno recepito lo sviluppo di riflessione teologica e
spirituale sul Sacramento che è stato reso accessibile in questi anni.
Sono persone che se leggono le Premesse del rituale ne colgono la
ricchezza senza troppa difficoltà: perché hanno frequentato corsi biblici che
reinterpretano la Sacra Scrittura secondo la categoria sponsale, perché
conoscono quello che dice il Direttorio di pastorale familiare, la Familiaris
consortio, e via di seguito.
Noi per queste persone avevamo fino ad ora un rito che quasi costringeva a
inserire questa ricchezza in modo scomposto e arbitrario, dal momento che
il rito era tutto concentrato sul consenso.
Ora la Chiesa italiana ha adattato il primo capitolo
proprio per queste persone; per aiutarle a vivere l’intrinseca reciprocità
tra Matrimonio-Consenso ed Eucaristia.
Seconda situazione
Tuttavia – come hanno scritto i Vescovi nella Nota pastorale “Il volto
missionario delle parrocchie…” – “il mondo della fede non ha più caratteri
unitari (…) Ci sono i battezzati il cui Battesimo è restato senza risposta
(…); per loro la fede non va ripresa, ma rifondata; (…) Ancora di più sono
i battezzati la cui fede è rimasta allo stadio della prima formazione
cristiana; una fede mai rinnegata, mai del tutto dimenticata, ma in qualche
modo sospesa, rinviata” (n.2). E hanno diritto al Matrimonio. Sono costoro
i destinatari del secondo capitolo del Rituale. Non inventiamo noi i termini
per definire questi fratelli e sorelle battezzati (parlandone in termini di
“non praticanti”, “lontani dalla Chiesa”…). I termini idonei si trovano nei
documenti dei Vescovi; là dove spiegano questi modi nuovi di vivere la
fede, che non sono più unitari, e suggeriscono come rapportarsi con
queste persone. Per loro l’Eucaristia rischia di essere giustapposta, e
quindi solo ornamentale.
Una precisazione importante: il secondo capitolo non si muove secondo
la logica del diminuire, del sottrarre rispetto al modello tipico, ma offre
incentivi per un percorso di ripresa della fede.
Attuazione celebrativa
Occorre applicarsi con proprietà e diligenza nel dare concreta
fisionomia al rito, consapevoli che la sua “messa in opera” può
risultare più o meno felice. Ad es. un testo può segnalarsi
prezioso sulla carta, ma poi molto dipende da come è
pronunciato; un gesto appare suggestivo quando viene letto nel
programma rituale, ma poi bisogna vedere come si riesce ad
attuarlo.
Negli ultimi decenni si è assistito al proliferare di
“personalizzazioni” del rito matrimoniale in alcuni casi
superficiali e perfino stravaganti..
“La ricchezza dei testi biblici ed eucologici e la varietà delle
forme viene già incontro alla diversità delle situazioni e delle
esigenze degli sposi, ed esclude pertanto il ricorso ad altri testi
ed espressioni”
(Presentazione CEI, n.2).
“Secondo l’opportunità, si scelgano insieme con gli
stessi fidanzati le letture della sacra Scrittura che
saranno commentate nell’omelia; e inoltre si scelga la
forma con cui esprimere il consenso, i formulari per la
benedizione degli anelli, per la benedizione nuziale, per
le intenzioni della Preghiera universale (…) e i canti. Si
faccia inoltre attenzione alle varianti previste nel rito…”
(RM, n.29).
Non si sottovaluti la continuità dell’intervento ministeriale:
“E’ opportuno che lo stesso sacerdote prepari i fidanzati, e nella
stessa celebrazione del Sacramento, tenga l’omelia, riceva il
consenso e presieda l’Eucaristia” (RM, n.23)
Ornamentazione floreale e addobbi
“Conviene che il carattere festivo della celebrazione del Matrimonio si
esprima in modo adeguato anche nell’ornamento della chiesa. Gli
Ordinari del luogo vigilino perché, tranne gli onori dovuti, nel rispetto
delle leggi liturgiche, alle autorità civili, non ci siano distinzioni di
persone private o di condizioni sociali (SC,n.32)” (RM, n.31).
Nel pensare e disporre gli ornamenti (piante, fiori recisi, ghirlande,
addobbi…) si tenga conto del carattere dell’edificio e soprattutto si
mettano in risalto (senza sommergerli) i luoghi caratteristici della
celebrazione: ambone, altare (sia sgombra la Mensa), fonte
battesimale (sia illuminato)
L’eventuale larghezza dell’offerta non diventi in alcun modo pretesto
per concessioni ingiustificate e discriminatorie.
Fotografie e riprese video
Tutti gli sposi desiderano conservare, a ricordo delle nozze,
fotografie e, a volte, anche videocassette.
Si riconosce che queste testimonianze sono preziose e potranno
essere valorizzate come suggestiva memoria
del Sacramento ricevuto.
Tuttavia questo desiderio non deve condizionare
o addirittura stravolgere il ritmo della celebrazione.
L’incarico del servizio fotografico sia assunto, d’intesa con il parroco,
da una o al massimo due persone.
Per quanto riguarda l’installazione di fari o lampade speciali
per riprese video, sia limitata allo stretto indispensabile,
evitando di distrarre e distogliere i fedeli dalla partecipazione.
Gli operatori rimangano in un luogo fisso e si impegnino
a non ostacolare lo svolgimento ordinato del rito.
Gli sposi convincano parenti e amici ad astenersi
dall’uso di cellulari e macchine fotografiche.
Canto e musica
La scienza insegna e l’esperienza dimostra come il giorno del
Matrimonio la presenza di canto e musica sia costante e diffusa,
attesa e ricercata.
Non vi è Matrimonio senza canto e – ancor più! – senza musica,
giacché canto e musica sono ingredienti costitutivi,
imprescindibili e ineliminabili di ogni festa umana.
Sono, anzi, elementi performativi della stessa condizione festiva:
se noi infatti cantiamo e suoniamo perché è festa,
è tuttavia precisamente attraverso il suonare e il cantare
che noi percepiamo, sperimentiamo e viviamo la dimensione festiva.
(D.Sabaino, p.167)
“Il linguaggio del canto e della musica non è
semplicemente un elemento di ‘addobbo’, da
aggiungere per dare maggiore solennità e fasto al
rito, ma, unito alla parola, al gesto e al silenzio,
costituisce uno dei linguaggi necessari della
celebrazione”
Cantare la fede della Chiesa
“I canti da eseguire siano adatti al rito del Matrimonio
ed esprimano la fede della Chiesa; in modo
particolare si dia importanza al canto del salmo
responsoriale nella liturgia della Parola. Quello che è
detto dei canti, vale anche riguardo alla scelta di tutto
il programma musicale” (RM, n.30). I canti non devono
essere solo genericamente religiosi.
(M.Baldacci, RPL, 6/2004, p.65).
“Il canto e la musica nel rito del Matrimonio (…)
non sono quindi da abbandonare alla buona
volontà degli sposi (…) e sarebbe pure errato
affidarli unicamente ai musicisti, come se si
trattasse di un aspetto (…) strettamente tecnico
(…). Non sarebbe giustificato che la
celebrazione
e
gli
interventi
musicali
procedessero come per strade parallele. Più
che cantare e suonare ‘nel’ rito del Matrimonio,
bisognerebbe cantare e suonare ‘il’ rito del
Matrimonio, privilegiando i canti rituali” (ivi, p.66).
L’elenco delle possibilità di canto è assai nutrito:
Canto di ingresso, acclamazioni e canto di aspersione per la
Memoria del Battesimo, Gloria, Salmo responsoriale, Canto al
Vangelo (canto dopo il Vangelo, mentre gli sposi baciano
l’Evangeliario), Canto di ringraziamento – si tratta di un inedito
“canto-rito” - o almeno una acclamazione di lode dopo la
Benedizione degli anelli o dopo la Benedizione nuziale (con
relative acclamazioni e invocazioni, per quanto attiene alla terza e
quarta formula), Preghiera dei fedeli e Invocazione dei santi.
Seguono i canti della liturgia eucaristica tipici di ogni Messa, che
in una circostanza festiva meritano risalto. I riti conclusivi
possono offrire spazio all’esecuzione strumentale dopo la lettura
dell’atto di Matrimonio, durante l’apposizione delle firme e come
accompagnamento per l’uscita degli sposi.
Qualora le nozze avvengano nel Giorno del Signore, sarà
necessario nella scelta dei canti tenere nel debito conto il
repertorio dell’assemblea locale e le peculiarità dei diversi Tempi
liturgici.
Audizione delle melodie inserite nel rituale
A chi dunque posso
paragonare la gente
di questa generazione?
A chi è simile?
E’ simile a bambini che,
seduti in piazza,
gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto
e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento
e non avete pianto!” (Lc 7,31-32)
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