Pari opportunità
Donna-Uomo
Etnie
Ricchi-Poveri
Diritti Umani
La Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani dell’ONU riconosce due tipi di
diritti: i diritti civili e politici,
gradualmente affermatisi attraverso la
storia del pensiero e delle istituzioni
democratiche, e i diritti economici,
sociali e culturali, la cui importanza è
stata riconosciuta più di recente, nel
momento in cui ci si rese conto che
senza l’affermazione reale di questi
ultimi, il godimento dei diritti civili e
politici rimaneva puramente formale.
I “Diritti di Seconda Generazione”
includono il diritto alla sicurezza
sociale, al lavoro, al riposo,alla
protezione della maternità e
dell’infanzia, all’istruzione e alla vita
culturale, in sostanza definiscono uno
standard di vita accettabile.
Evoluzione storica
Lotta
Miglioramento
Evoluzione storica
Mesopotamia
Grecia Classica
Roma Antica
Medioevo
Civiltà Mesopotamica
La donna aveva una posizione
molto elevata nella società,era
presente anche il matriarcato.
Con l’ascesa delle monarchie
militari persero il loro prestigio:
le donne non potevano uscire
dalle case e vedere nessun
uomo oltre al marito.
Grecia Classica ( V-IV secolo )
La donna veniva rispettata ma c’erano numerose
contraddizioni:
DONNA RICCA
DONNA POVERA
Era tenuta
Era costretta a
In casa.
lavorare e quindi
aveva una
certa libertà.
ANALOGIE :
• Non avevano diritti politici.
• Non erano oggetto di legislazione giuridica:
una donna non era colpevole del reato di
adulterio, a differenza dell’ uomo perché
ritenuta “oggetto”del reato.
• Durante i Giochi Olimpici non potevano
avvicinarsi al perimetro esterno del santuario,
come pena la morte.
• Non potevano nemmeno assistere a
manifestazioni pubbliche e praticare qualsiasi
attività pubblica.
Roma Antica
La donna fu considerata quasi al pari
dell’uomo.
Aveva:
• Pari obblighi al marito nei confronti
dei figli
• La possibilità di accompagnare il
marito ad una festa, però doveva
mangiare seduta e non sdraiata
come gli uomini
Non aveva:
• La possibilità di accesso alle
magistrature pubbliche
• Nel campo del diritto privato la
“patria potestas” e di conseguenza
la capacità di adottare
• La possibilità di poter far testamento
Medioevo
Avvento del Cristianesimo
Impose la sottomissione della donna all’uomo, ma
la considerò importante per la crescita
spirituale dei figli
Avvento dei barbari Franchi e Longobardi
La condizione della donna peggiora:essa è oggetto
nelle mani del padre, finchè questi non
decida di venderla ad un uomo
Con l’ inquisizione
Alcune donne vennero ritenute rappresentanti del
Diavolo sulla Terra,le cosiddette streghe,
capaci di trarre in inganno l’uomo spingendolo al
peccato in qualsiasi modo.
Dopo il 1000 (avvento del dolce stil novo)
La donna viene angelicata e considerata un tramite
tra Dio e l’uomo.
Lotta
-1792 : Un antesignana del movimento, più emancipazionista che femminista, fu Olympia
de Gouges che con la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1792 pose
i suoi contemporanei di fronte al ruolo negato nello spazio pubblico alle donne ma finì
ghigliottinata.
-1800: Il femminismo divenne un movimento organizzato nel diciannovesimo secolo,
come effetto di una più diffusa consapevolezza dell'ingiusto trattamento riservato alle
donne e del diffondersi dei movimenti di riforma sociale. Il socialista utopista Charles
Fourier coniò il termine féminisme nel 1837. Già nel 1803, egli aveva affermato che
l'espansione dei diritti delle donne fosse il principio fondamentale di ogni progresso
sociale.
Si diffonde in Inghilterra il movimento delle suffragette,ossia appartenenti al movimento
di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto.
Lo scopo era quello di:
• poter insegnare nelle scuole superiori
• ottenere uguaglianza nei diritti civili
• svolgere le stesse professioni degli uomini
• godere del diritto di voto
Esse agiscono diffondendo le proprie idee attraverso comizi,scritte sui muri o con cartelli
con slogan del tipo “votes for woman” o contenenti esaltazioni per la promotrice della
rivolta. Queste manifestazioni erano represse con la violenza delle forze dell’ordine e con
l’ arresto di molte militanti femministe.
Miglioramento
Ottennero in ogni modo ciò per cui lottavano e vinsero cosi’ la loro battaglia
•
1970: Introduzione del divorzio
•
1975: Modifica del diritto di famiglia
•
Istituzione di consultori familiari
•
Legge sulle pari opportunità
•
Liberalizzazione dei contraccettivi
•
Approvazione della legge che regola l’aborto
•
Costituzione dei Centri antiviolenza e alle Case delle donne.
Leggi approvate a difesa della donna negli ultimi anni
•
•
•
•
•
•
•
•
L. n. 903/77 sulla parità di trattamento tra uomo e donna in materia di lavoro
L. n. 379/90 e L. n. 546/87 sulla tutela della maternità delle lavoratrici autonome e delle libere professioniste
L. n. 215/92, sulle azioni positive per l’imprenditoria femminile
L. n. 81/93, che prevede che negli Statuti Comunali e Provinciali siano stabilite norme per promuovere la presenza di
entrambi i sessi nelle giunte, negli organismi collegiali, negli enti, nelle aziende e istituzioni da essi dipendenti
L. n. 66/96 contro la violenza sessuale
L. n. 269/98, che contiene le norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale
a danno di minori, intesi come nuove forme di riduzione in schiavitù
L. Costituzionale n. 1/03, in modifica all’art. 51 della Costituzione, sul principio di pari opportunità nell’accesso alle
assemblee elettive e agli uffici pubblici (“a tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari
opportunità tra donne e uomini”)
D.lgs. n. 216/03, per l’attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro
La normativa dell’Unione Europea in tema di lavoro:
•
n. 7/78 sulla parità in materia di sicurezza sociale
•
n. 613/86 sulla parità nell’esercizio di un’attività autonoma (professioniste)
•
n. 85/92 sul miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici
•
n. 81/97 sul lavoro part-time, n. 80/97 sull’onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso
Modifica dell'art. 51 della Costituzione
Il20 febbraio 2003, è stata definitivamente approvata, dopo un iter durato un anno, la modifica dell'art. 51 della
Costituzione, promessa dal Ministro per le Pari Opportunità, On.le Stefania Prestigiacomo. L'art.51 della Costituzione
oggi così recita:
"Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di
eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le
pari opportunità tra donne e uomini".
In Europa la rappresentanza femminile in Parlamento è aumentata
notevolmente: dal 1987 si è verificato un incremento in Austria del 4,5%, in Belgio dell’ 11,3% e in
Francia del 4,1%. Inoltre attualmente molte cariche politiche sono detenute da donne.
ARGENTINA
Presidente
Cristina Cristina
Fernandez de Kirchner
USA
Segretario di Stato
Condoleeza Rice
GERMANIA
Cancelliere Angela Merkel
INDIA - Pratibha Patil, presidente
FINLANDIA - Tarja Kaarina Halonen, presidente
FILIPPINE - Maria Gloria Macapagal Arroyo, presidente il 20 gennaio 2001.
LIBERIA - Ellen Johnson Sirleaf, presidente
CILE - Michelle Bachelet,.
SVIZZERA - Micheline Calmy Rey
IRLANDA
presidente Mary McAleese
In tutto il mondo numerose associazioni ONG, come Non c’è pace senza giustizia, Aidos e Pangea si
stanno adoperando per migliorare le situazioni delle donne.
Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità 130 milioni di donne e bambine nel
mondo hanno subito la barbarie della mutilazione
genitale femminile e 2 milioni ogni anno rischiano di
subirla. “StopFgm”, la campagna internazionale che
si batte contro questa pratica, è condotta dalle Ong
Non c’è Pace Senza Giustizia e da Aidos
(Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), che
da vent’anni è impegnata su questo fronte.
Protagoniste della campagna sono soprattutto le
militanti anti-mutilazione arabe e africane in prima
persona coinvolte e toccate da questo fenomeno e la
campagna si propone proprio di essere un veicolo
operativo in grado di accelerare il raggiungimento
dell’obiettivo che è quello di arrivare alla completa
eradicazione del fenomeno.Sulla scia della
Conferenza del Cairo, nel luglio 2003, è stato
approvato a Maputo il Protocollo sui Diritti delle
Donne Africane che, all’articolo 5, specifica che le
pratiche definite tradizionali e gravemente lesive per
donne e bambine, in particolare le MGF, dovrebbero
essere proibite e condannate.
Le attività della campagna “StopFgm” per il
2004/2006 saranno incentrate proprio sulla ratifica
del Protocollo di Maputo da parte del maggior
numero di Paesi possibile affinché entri in vigore e
sia operativo quanto prima.
I progetti di PANGEA
• Progetto Sharma in Nepal
• Progetto Jamila in Afghanistan
• Progetto Makita in Congo
La campagna del Ministero per i diritti e le pari opportunità
• Spot Antiviolenza
Homepage
Dal marzo 2005 la Fondazione Pangea
Onlus sostiene le spese di avvio e di
gestione di 5 centri donna in quattro
distretti del Paese (Jhapa, Panchtar,
Dang, Sindupalchok). Le aree
interessate sono prettamente agricole
e povere.
Oggi, grazie ai Centri donna, è più
facile ritrovarsi, lavorare e ampliare le
attività di educazione,
sensibilizzazione e formazione
professionale. Per ogni Centro sono
state selezionate tre donne referenti
del progetto e formate alla gestione
dello stesso e all’aiuto della altre
donne.
A seguito di un’attenta inchiesta e
analisi del territorio, nel marzo 2006
abbiamo avviato i primi progetti di
microcredito per 35 donne, integrando
un credito al loro risparmio.
Il Centro donna è il referente per i
gruppi di risparmio e per l’attività di
gestione del credito tra le donne. Le
donne ora sono rispettate all’interno
dei loro villaggi perché finalmente
qualcuno ha creduto in loro.
Da marzo 2003 la Fondazione Pangea Onlus
opera a Kabul, dove ha attivato un circuito di
microfinanza in collaborazione con alcune
ONG locali femminili.
A fine 2005 le donne coinvolte erano oltre 251
donne, tutte con abilità lavorative o idee di
microimpresa e con l’intenzione di ricostruire la
vita loro e quella del loro nucleo familiare.
Ogni due mesi si tiene un corso di animazione
e sensibilizzazione alle problematiche femminili
e sui diritti. Ogni beneficiaria può frequentare
un corso di aritmetica per gestire la contabilità
della propria attività autonomamente. Se è
analfabeta può frequentare, nei centri delle
ONG partner supportati da Pangea, i corsi di
alfabetizzazione, diritti umani, igiene e sanità,
oltre che di formazione professionale e, alla
fine del percorso educativo, può accedere a un
microcredito. Pangea lavora per reinserire le
beneficiarie nel tessuto economico e sociale,
aiutandole così a risollevarsi dallo stato di
indigenza e di assenza di diritti in cui si
trovano. L'indipendenza economica è uno dei
maggiori stimoli per chi cerca di riprendere il
controllo della propria vita. Inoltre alle
beneficiarie è garantita una formazione
specifica sulla salute riproduttiva e cure
sanitarie gratuite fino a un costo massimo che
si stabilisce di volta in volta a seconda del
bisogno.
La Fondazione Pangea Onlus sostiene un
centro di formazione femminile per donne
indigenti, ragazze madri, malate di HIV e
condannate per stregoneria. Il centro è
gestito dalla Fondazione Esengo, una
piccola realtà locale creata da vedove del
quartiere di Kimbanseke, a Kinshasa.
Il progetto ha un duplice scopo. Da un lato
Pangea mira a rendere il centro
autosostenibile, affinché in futuro sia in
grado di coprire autonomamente i costi
dell’attività, dagli stipendi degli insegnanti al
materiale didattico, alle spese per il
mantenimento dei bambini orfani e stregoni
ospitati nel vicino centro diurno. Dall’altra, si
intende formare circa 130 donne che, dopo
aver seguito un corso triennale di
alfabetizzazione e di sartoria, accederanno
a microcrediti per avviare un loro atelier
singolarmente o in consorzio. Al termine del
progetto la Fondazione Esengo avrà
ricevuto la formazione necessaria che le
permetterà di gestire il centro in maniera
autonoma e sarà in grado di generare
reddito per finanziare le attività che
riguardano le donne e i bambini con
l’agricoltura, l’allevamento e la produzione di
spirulina.
Evoluzione storica
Lotta
Miglioramento
Evoluzione storica
•
Antichità
•
Medioevo
•
Illuminismo
•
Romanticismo
•
Nazismo
Antichità
Nei tempi antichi gli uomini potevano essere
perseguitati per motivi religiosi, politici, sociali,
culturali, ma non lo sono mai stati per motivi
biologici.
I greci e i romani, più che legare il sangue alla
razza, legavano il concetto di cittadinanza (che
rendeva giuridicamente liberi) a quello di civiltà
(che rendeva superiori nello "spirito"). La
cittadinanza era un privilegio sociale, politico e
giuridico, non certo biologico. In virtù di questo
privilegio il cittadino poteva guardare con
disprezzo le altre culture e civiltà. In Grecia
Aristotele giustificava la schiavitù dicendo che
"per natura" alcuni comandavano e altri
obbedivano (schiavi cioè si nasce non si
diventa), ma questa differenza era -secondo
lui- determinata dal "caso" e comunque non
comportava l'eliminazione fisica dello schiavo.
I "barbari" (altro concetto razzista, che tarda a
morire) erano considerati tali, dai greci e dai
romani, per motivi culturali non biologici (anzi,
sul piano biologico, molti li consideravano
superiori, perché più robusti fisicamente dei
latini).
Medioevo
Nel Medioevo i cattolici europei si
consideravano superiori a tutte le altre
popolazioni del mondo non solo per
motivi culturali ma anche e soprattutto
per motivi religiosi: di qui il disprezzo e
le persecuzioni di ebrei, musulmani,
eretici, pagani (incluse le guerre
all'interno dello stesso cristianesimo, fra
cattolici e ortodossi, fra cattolici e
protestanti). Naturalmente vi furono
anche dei cattolici - come ad es.
Bartolomeo de Las Casas- che
sostennero l'uguaglianza degli uomini, a
prescindere dalle loro differenze etniche
o religiose. D'altra parte gli stessi
vangeli erano chiaramente orientati
verso l'uguaglianza universale degli
uomini.
Illuminismo
Il disprezzo biologico non è che una
sofisticazione usata per giustificare meglio
quello culturale. Nel XVIII sec. si formò una
vera e propria ideologia razzista. Essa
partiva dalla differenza dei tratti somatici e
del colore della pelle per affermare una
differenza di carattere biologico ereditario e
quindi una inferiorità intellettuale e morale,
oltre che genetica. In quel periodo sono stati
scritti molti libri. Il più noto e famoso è
senz'altro "Il Trattato della tolleranza", vale a
dire il simbolo dell'Illuminismo. Del suo
autore, Voltaire, tutti non sono a conoscenza
che ricavava ingenti somme di denaro con i
soldi investiti nell'import-export degli schiavi
neri dell'Africa all'America. Degli ebrei, che
egli metteva sullo stesso piano dei neri,
dichiarava: "Quello ebraico, è il più
abominevole popolo della terra: ignorante e
barbaro, da lungo tempo accoppia la più
sordida avarizia alla più odiosa
superstizione
Romanticismo
•
•
Nel XIX sec. si passa a interpretare la storia
come una competizione tra razze forti e razze
deboli. Le teorie relative alla superiorità e
inferiorità razziale trovarono la loro espressione
sistematica solo verso la metà del
diciannovesimo secolo e si divisero in due
correnti principali:
prima ci fu il tentativo di giustificare, su un
piano scientifico, l’istituzione della schiavitù dei
negri da parte degli Americani (tra i quali J.C.
Nott e C.R. Gliddon), seguiti, in Inghilterra, dai
sostenitori del movimento anti-abolizionista, tra
cui il suo stesso promotore James Hunt.
successivamente, in Europa, comparvero le
opere del conte Gobineau in Francia e di H. S.
Chamberlain in Germania. Il conte Joseph
Arthur Gobineau, nel suo Saggio
sull’ineguaglianza delle razze umane (1853–
1855) espose l’idea che la razza superiore
fosse rappresentata dai tedeschi, che riteneva
essere i discendenti più puri di un popolo
mitico, gli ariani. Cercando la causa della
decadenza delle civiltà, riteneva di averla
individuata nelle mescolanze etniche, che
avrebbero ridotto la vitalità della razza
aumentandone la corruzione.
Nazismo
Queste tesi furono adottate dal nazismo, che
mirò all'eliminazione fisica delle cd. "razze
inferiori", ivi incluse alcune categorie sociali
(ebrei, slavi, zingari, zigani, pazzi, handicappati,
omosessuali...). Ciò però non vuol dire che il
nazismo credesse (nei suoi ranghi intellettuali)
nel valore scientifico di queste tesi, che è
peraltro indimostrabile, in quanto non siamo in
grado di risalire alla formazione originaria delle
presunte "razze". Il nazismo si era appropriato di
queste tesi perché gli tornavano utili per
sconvolgere l'assetto del mondo. Per quanto
riguarda il fascismo italiano, Mussolini non solo
non ha mai creduto al concetto biologico di
"razza" (né lo riteneva utile per affermare il
proprio nazionalismo), ma era anche convinto
che proprio dalla fusione delle razze potevano
nascere individui migliori. Questo tuttavia non gli
impedì di considerare gli slavi e i neri come dei
popoli sottosviluppati da sottomettere.
Lotta
• Guerra di secessione
• Apartheid
• Stati Uniti anni ’60
• Stati Uniti anni ‘70
Guerra di secessione
Alcune avvisaglie della lotta per la risoluzione
del problema delle discriminazione etniche
furono gli ideali che portarono allo scoppio della
guerra civile americana, combattuta tra il 1861 e
il 1865, causata dal problema dell'abolizione
della schiavitù. La questione era stata regolata,
da principio, con la possibilità per i singoli stati
di abolire o meno tale istituto. L'elezione di
Abramo Lincoln, favorevole all'abolizione, alla
presidenza degli Stati Uniti, fece precipitare il
conflitto nel quale si trovarono di fronte i
ventiquattro stati del nord contro gli undici del
sud i quali proclamarono la secessione e si
costituirono in confederazione. Nel dicembre
1861 la Carolina del Sud abbandonò l'unione
dichiarandosi indipendente, seguita dagli altri
stati del sud. Le ostilità furono aperte
dall'attacco al forte Sumter. Nei primi due anni
di guerra (1861-1863) le sorti furono favorevoli
ai sudisti, ma dopo l'affidamento dell'esercito
nordista al generale Grant, le vittorie di
Vicksburg, la presa di New Orleans e di
Savannah (a opera di Sherman) sovvertirono la
situazione. La caduta di Richmond portò alla
resa del generale sudista Robert Lee e alla
pace di Appomattox (9 aprile 1965) che mise
fine alla guerra di secessione americana.
Apartheid
•
•
Sembra che il termine "apartheid" sia stato usato in senso politico per la prima volta nel
1917 dal primo ministro sudafricano Jan Smuts. L'apartheid aveva due manifestazioni:
la separazione dei bianchi dai neri nelle zone abitate da entrambi (per esempio rispetto
all'uso di mezzi e strutture pubbliche)
l'istituzione dei bantustan, i territori semi-indipendenti in cui molti neri furono costretti a
trasferirsi.
In Sudafrica, mentre i neri e i meticci costituivano l'80% circa della popolazione, i bianchi
si dividevano in coloni di origine inglese e afrikaner. Gli afrikaner che costituivano la
maggioranza della popolazione bianca, erano da sempre favorevoli ad una politica
razzista.Con le elezioni del 1924 vennero introdotti nel paese i primi elementi di
segregazione razziale.
Durante la seconda guerra mondiale un gruppo di intellettuali afrikaner influenzati dal
nazismo completò la teorizzazione del progetto dell'apartheid. La filosofia dell'apartheid
affermava di voler dare ai vari gruppi razziali la possibilità di condurre il proprio sviluppo
sociale in armonia con le proprie tradizioni.
Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore compresi gli asiatici.
Negli anni '60 3,5 milioni di neri, chiamati Bantù, furono sfrattati con la forza dalle loro
case e reinsediati nelle "homeland del sud". I neri furono privati di ogni diritto politico e
civile. Potevano frequentare solo l'istituzione di scuole agricole e commerciali speciali. I
negozi dovevano servire tutti i clienti bianchi prima dei neri.
Dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi nelle zone bianche, pena
l'arresto o peggio. In un primo tempo sia neri che bianchi, organizzarono proteste contro
l'apartheid, che venivano puntualmente soffocate con brutalità dalle forze di sicurezza
governative.
Stati uniti anni ‘60
Fino a metà degli anni '60 in molti stati degli USA erano in vigore leggi
che discriminavano duramente i neri, negando loro i più elementari
diritti civili. La lotta dei neri d'America per l'emancipazione, per
l'affermazione dalla propria dignità e delle proprie origini fu uno dei
grandi episodi della storia degli anni Sessanta.
Nell'immediato dopoguerra uno dei problemi più scottanti negli Stati
Uniti è quello della segregazione razziale. Bianchi e neri sono divisi in
ogni attività quotidiana della società civile
La decisione emanata dalla Corte Suprema il 17 maggio 1954 nel caso
Brown contro il Ministero dell'Istruzione resta una delle sentenze più
significative del XX secolo; in quell'occasione viene dichiarato: " ...nulla
è più importante per la nostra democrazia della decisione unanime della
Corte Suprema degli Stati Uniti d'America che la segregazione razziale
viola lo spirito della nostra costituzione."
Nonostante ciò molti degli stati del Sud perseverano nella pratica della
segregazione.
La resistenza pacifica del reverendo M.L.King e della comunità di
Montgomery non solo aveva causato l'emanazione di quella sentenza,
ma aveva anche dimostrato che il boicottaggio era un valido ed efficace
strumento di lotta.
La linea di pensiero del reverendo Martin Luther King Jr. arriva ormai
ovunque ed è molto sentita e condivisa in tutta la nazione, il suo credo
nel valore e nell'efficacia della resistenza passiva come forma di
protesta sociale, spinge alla ribellione la maggior parte della
popolazione di colore.
Nel 1960 a Greensboro, nella Carolina del nord, quattro studenti
entrano in un supermercatino dove, dopo aver acquistato alcuni articoli,
chiedono un caffé al banco, naturalmente la risposta è un netto rifiuto,
come di consuetudine, ma loro se ne stanno lì, seduti, fino alla chiusura
del negozio; nasce così il sit-in che diviene una forma efficace di
protesta contro la segregazione e la discriminazione, basti pensare che
immediatamente dopo questo avvenimento la tattica del sit-in viene
adottata in ben 15 città di 5 stati del sud.
Il movimento verso l'emancipazione della
popolazione di colore viene sostenuto dal
Presidente allora in carica, John Fitzgerald
Kennedy, il quale, nell'aprile del '63, chiede al
Congresso di emanare leggi che garantiscano
ai cittadini uguale accesso ai servizi e alle
strutture pubbliche e private e che non sia
permessa la discriminazione nelle assunzioni
da parte di imprese e istituzioni federali.
Il messaggio del 19 giugno 1963 del
presidente Kennedy alla nazione non ha solo
un valore storico ma è una pietra miliare nel
cammino degli Stati Uniti verso l'uguaglianza.
Nell'aprile '63, M.L.King organizza una marcia
di protesta di 40 giorni nella quale vengono
arrestate più di 2500 persone di colore.
Il 28 agosto del '63 vi è una marcia
memorabile su Washington contro la
discriminazione razziale alla quale partecipano
tutte le maggiori associazioni di colore e non ,
studenti universitari, cittadini qualunque, star
del cinema e della canzone, ministri; in
quell'occasione ogni attività viene sospesa.
L'America guarda l'avvenimento alla
televisione, ma tutto il mondo ne viene a
conoscenza tramite quotidiani e riviste.
Quando il Presidente Kennedy viene
assassinato il 22 novembre 1963 molti leaders
del movimento nero temono che il cammino
verso l'uguaglianza e la giustizia subirà un
fase di arresto.
Stati Uniti anni ‘70
Gli anni '66,'67'e '68 vedono molte ribellioni violente
causate dalle condizioni di vita nei ghetti: i neri vogliono
un lavoro, case decenti e scuole migliori .
Martin Luther King viene assassinato a Memphis il 4
aprile 1968, la sua scomparsa non è solo un evento
storico drammatico e deprecabile che sembra indicare
la fine di una ribellione non-violenta, ma mostrò, come
nel caso dell'assassinio di J.F.Kennedy e del senatore
Robert Kennedy, allora candidato alla presidenza, a
quanto gli uomini potevano giungere per impedire che si
realizzassero quegli ideali di giustizia ed uguaglianza
fondamentali per una società democratica. In quegli
stessi anni l' indagine Kerner, finanziata dal governo,
rivela che il paese si sta dirigendo sempre di più verso
due società distinte, separate e diseguali: quella dei
bianchi e quella dei neri. I Black Muslims e il Black
Power non vogliono l'integrazione pacifica, ma la
distinzione netta, i neri non hanno trovato una valida
alternativa alla violenza come mezzo per raggiungere
dei giusti ideali e il senso di frustrazione che ne è
derivato li conduce all'ostilità nei confronti delle
istituzioni e del governo.
Il processo di desegregazione tuttavia procede
incessantemente e con risultati positivi. Nell'arco di 20
anni (dal '50 al '70) molte cose sono cambiate per la
gente di colore, il Civil Rights Act ha stabilito dei punti di
riferimento inamovibili per la lotta all'uguaglianza e alle
pari opportunità.
Miglioramento
•
Dichiarazione universale dei popoli indigeni 4 luglio 1976
•
Dichiarazione sulla razza e pregiudizi razziali
•
Civil Rights (1964) e Voting Rights Act (1965)
Homepage
27 novembre 1978
Dichiarazione universale dei popoli indigeni 4 luglio 1976
SEZIONE I - DIRITTO ALL'ESISTENZA
Articolo 1
Ogni popolo ha diritto all'esistenza.
Articolo 2
Ogni popolo ha diritto al rispetto della propria identità nazionale e culturale.
Articolo 3
Ogni popolo ha il diritto di conservare pacificamente il proprio territorio e di ritornarvi in caso di espulsione.
Articolo 4
Nessuno, per ragioni di identità nazionale o culturale, può essere oggetto di massacro, tortura, persecuzione,
deportazione, espulsione, o essere sottoposto a condizioni di vita tali da compromettere l'identità o l'integrità del popolo
a cui appartiene.
SEZIONE VI - DIRITTI DELLE MINORANZE
Articolo 19
Quando un popolo rappresenta una minoranza nell'ambito di uno stato, ha il diritto al rispetto della propria identità, delle
tradizioni, della lingua,del patrimonio culturale.
Articolo 20
I membri della minoranza devono godere senza discriminazione degli stessi diritti che spettano agli altri cittadini
devono partecipare in condizioni di uguaglianza alla vita pubblica.
Articolo 21
L'esercizio di tali diritti deve realizzarsi nel rispetto degli interessi della comunità presa nel suo insieme e non può
autorizzare lesioni all'integrità territoriale e dell'unità politica dello stato, quando questi si comporti in conformità con tutti
i principi enunciati nella presente Dichiarazione.
Dichiarazione sulla razza e pregiudizi razziale
Articolo 1
1)Tutti gli esseri umani appartengono alla stessa specie e provengono dallo stesso ceppo. Essi nascono uguali in dignità e diritti e fanno
tutti parte integrante dell'umanità.
2)Tutti gli individui e tutti i gruppi hanno diritto di essere diversi, di ritenersi e di essere accertati come tali. Nondimeno la diversità delle
forme di vita e il diritto alla differenza non possono in alcun caso costituire un pretesto per i pregiudizi razziali, non possono legittimare, né
in linea di diritto né di fatto, qualsiasi comportamento discriminatorio né servire da presupposto alla politica dell'apartheid, che costituisce
la forma estrema del razzismo.
3) L'identità di origine non può condizionare la facoltà degli esseri umani di vivere diversamente, così come non lo possono le differenze
basate sulla diversità delle culture, dell'ambiente e della storia, né può ledere il diritto di mantenere la propria identità culturale.
4) Tutti i popoli del mondo sono dotati delle stesse facoltà che permettono loro di raggiungere la pienezza dello sviluppo intellettuale,
tecnico, sociale, economico, culturale e politico.
5) Le differenze tra le realizzazioni dei diversi popoli sono determinate da fattori geografici, storici, politici, economici, sociali e culturali.
Queste diversità non possono, in alcun modo, costituire un pretesto per una qualsivoglia gerarchizzazione delle nazioni e dei popoli.
Articolo 2
1) Ogni teoria che, sostenendo la superiorità o l'inferiorità intrinseca di gruppi razziali etnici, assegna agli uni il diritto di dominare o
eliminare gli altri, presunti inferiori, o che fonda criteri di valore su una differenza razziale, non ha alcun fondamento scientifico ed è
contraria ai principi morali ed etici dell'umanità.
2) Rientrano nel concetto di razzismo le ideologie razziste, i comportamenti basati sui pregiudizi razziali, i comportamenti discriminatori, le
disposizioni strutturali e le prassi istituzionalizzate che determinano la disuguaglianza razziale, come l'idea fallace che le relazioni
discriminatorie tra gruppi sono moralmente e scientificamente giustificabili; esso si esprime in disposizioni legislative o regolamenti e in
prassi discriminatorie, ed anche in credenze e comportamenti antisociali; esso intralcia lo sviluppo delle sue vittime, perverte coloro che
agiscono con criteri razziali; crea divisioni all'interno delle nazioni, costituisce un ostacolo per la cooperazione internazionale e crea
tensioni politiche tra i popoli; esso è contrario ai principi fondamentali del diritto internazionale e, di conseguenza, turba gravemente la
pace e la sicurezza internazionali.
3) Il pregiudizio razziale, legato storicamente a ineguaglianze di potere, che si rafforzano in ragione delle differenze economiche e sociali
tra gli individui e i gruppi umani, e che tende ancor oggi a giustificare tali ineguaglianze, è totalmente ingiustificato.
Articolo 3
E’ incompatibile con le esigenze di un ordine internazionale giusto e garante del rispetto dei diritti dell'uomo ogni distinzione, esclusione,
restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'origine etnica o nazionale o sull'intolleranza religiosa motivata da considerazioni
razziste, che distrugge o compromette l'uguaglianza sovrana degli Stati e il diritto dei popoli all'autodeterminazione o che limita in modo
arbitrario o discriminatorio il diritto allo sviluppo integrale di ogni essere e gruppo umano; questo diritto implica un accesso, in condizioni
di assoluta uguaglianza, ai mezzi che favoriscono il progresso e il pieno sviluppo collettivo e individuale nel rispetto dei valori di civiltà e
delle culture nazionali e universali.
Articolo 4
1) Ogni intralcio al libero e pieno sviluppo degli esseri umani e alla libera comunicazione tra di essi, basato su considerazioni razziali o
etniche, è contrario al principio di uguaglianza in dignità e diritti; esso è inammissibile.
2) Una delle violazioni più gravi di questo principio è costituita dall'apartheid che, come il genocidio, è un crimine contro l'umanità che
turba gravemente la pace e la sicurezza internazionale.
3) Altre politiche e prassi di segregazione e discriminazione razziali costituiscono crimini contro la coscienza e la dignità dell'umanità e
possono condurre a tensioni politiche e turbare gravemente la pace e la sicurezza internazionali.
Civil Rights 1964
(Legge sui diritti civili, 1964). Pacchetto di leggi approvato negli Stati uniti allo scopo di
porre fine alle discriminazioni basate su razza, colore della pelle, religione e
nazionalità d'origine. È ritenuta la legge più importante in materia di diritti civili
dall'epoca della Ricostruzione. Garantì: il diritto di voto attraverso l'abolizione dei
prerequisiti necessari all'iscrizione nelle liste elettorali; proibì la discriminazione e la
segregazione negli uffici pubblici, nelle scuole, nei sindacati, nei luoghi di produzione
e scambio interstatali o federali. Abolì inoltre la discriminazione su base sessuale,
promosse la desegregazione delle scuole pubbliche, l'equa distribuzione dei fondi
pubblici secondo il principio della non discriminazione e l'istituzione della
Commissione dei diritti civili per le pari opportunità. Proposta dal presidente J.F.
Kennedy, la legge fu varata dal successore L.B. Johnson. Diede luogo, per lungo
tempo, a violenti scontri e venne subito sottoposta a giudizio di costituzionalità.
Voting Rights Act 1965
Il Voting Rights Act (1965) è stata una legge che ha permesso ai cittadini con il colore
della pelle scura degli Stati Uniti d'America, di poter votare alle elezioni che si
svolgevano nel paese.
Evoluzione storica
Lotta
Miglioramento
Homepage
Evoluzione storica
Età Romana
Medioevo
XVI-XVIII secolo
Età Romana
La situazione dei poveri nel mondo antico romano divenne
particolarmente grave in coincidenza con la crisi dell'Impero. Fino
ad allora le stesse classi sociali più ricche avevano provveduto ad
attenuare le condizioni dei poveri allo scopo di evitare
Sommovimenti sociali: periodiche elargizioni di beni, soprattutto
alimentari, riuscivano così a conservare l'ordine sociale. Già in
Epoca repubblicana la plebe era riuscita ad ottenere la difesa dei
loro diritti mediante la creazione di un'apposita magistratura a loro
riservata, quella dei tribuni della plebe che avrebbe dovuto
proteggere coloro che come unica fonte di reddito avevano la loro
prole, i proletari. Gli individui più disagiati erano un ceto cittadino
parassitario che il sistema economico romano basato sulla
produzione schiavistica permetteva di sostenere. Nell'età di
Diocleziano il regime fiscale colpì pesantemente le campagne in
modo particolare i coloni che cominciarono ad abbandonarle per
fuggire dall'oppressione delle tasse. Il mondo contadino comincia
ad essere afflitto pesantemente da miseria e malattie.
L'oppressione fiscale fu la causa del brigantaggio di contadini
poveri e di rivolte, come quelle delle Bagaudae in Gallia e Spagna,
per ribellarsi allo Stato e alla Chiesa cattolica che li perseguitava
per la loro adesione all'eresia donatista. In questo periodo nasce la
figura del patronus ,un capo militare che in cambio del
sostentamento dato ai soldati protegge i villaggi contadini
dall'esattore delle tasse.
Medioevo
•
•
•
Nel XII secolo la condizione di povero incomincia ad essere
distinta tra coloro che avevano scelto la povertà come un mezzo
per arrivare a Dio, i pauperes cum Petro, com'erano i frati
mendicanti di San Francesco, e quelli che erano poveri per
necessità, i pauperes cum Lazaro, dei quali si dovevano
occupare la Chiesa e i buoni cristiani. La distinzione tra la
condizione di povero e malato incomincia a definirsi nel periodo
che va dal XIII al XIV secolo.
Jacquerie è un termine francese usato per indicare
un'insurrezione contadina spontanea priva di una preparazione
politica e rivolta, di norma, contro il nemico più immediato;
spesso il castello del signore locale o l'ufficio di registro
catastale e tributario. Il termine prende il nome dall'espressione
Jacques bonhomme, l'appellativo canzonatorio con il quale i
nobili e i proprietari terrieri si rivolgevano ai contadini. In maniera
più specifica indica l'insurrezione contadina iniziata il 28 maggio
1358 e conclusasi il 10 giugno dello stesso anno. Il bersaglio
principale, in un paese devastato dalla guerra dei Cent'anni e
dalle bande armate reduci dalla battaglia di Poitiers (1356),
sembrò essere non tanto il nobile in quanto tale, bensì la sua
incapacità di svolgere uno dei compiti fondamentali connessi al
suo rango: quello di combattere con successo per difendere i
laboratores.
La Guerra dei contadini fu una rivolta popolare nell'Europa
medioevale, più precisamente nel Sacro Romano Impero, che si
svolse tra il 1524 e il 1526. La guerra consistette di un insieme
di rivolte economiche e religiose, da parte di contadini, abitanti
delle città e nobili. Il movimento non possedeva un programma
comune. La guerra fu in parte un'espressione della sollevazione
religiosa nota come riforma protestante.
XVI secolo
•
Sacro romano Impero del XVI secolo. I principi svolgevano il ruolo di principali centralizzatori
dei loro territori, avevano il diritto di imporre tasse e prendere a prestito denaro in base ai loro
bisogni. I costi crescenti dell'amministrazione e della struttura militare costrinsero i principi ad
alzare il costo della vita dei propri sudditi. La nobiltà minore e il clero non pagavano tasse ed
erano spesso dalla parte del principe. Molte città godevano di privilegi che le proteggevano dalle
tasse e quindi il grosso del fardello gravava sui contadini. I principi spesso tentavano di
costringere alla servitù i contadini liberi, attraverso una tassazione sempre più pesante e
soffocante. I contadini non potevano fare molto più che resistere passivamente. Anche allora, il
principe aveva il controllo assoluto su tutti i suoi servi e i loro possedimenti e poteva punirli come
riteneva più opportuno. Prendevano tutte le decisioni amministrative e usavano le finanze a loro
piacimento. Potevano ricavare entrate dai loro contadini in ogni modo possibile. Pedaggi arbitrari
su strade, ponti e porte, potevano essere istituiti a piacere. Essi revocarono gradualmente le
terre comuni e resero illegale per un contadino, pescare o far legna in quella che era una volta
terra di tutti. I contadini erano cittadini senza terra e senza diritti, una testimonianza del
decadimento della società feudale. Gli scopi delle loro rivolte erano richieste di completa parità
sociale con le altre classi sociali. Essi sostenevano tutti i restanti strati della società, non solo
attraverso la tassazione diretta, ma con la produzione agricola e l'allevamento del bestiame. Il
contadino era proprietà di qualunque persona di cui egli fosse suddito. Il contadino e tutte le
cose ad esso associate erano soggetti a qualsiasi capriccio delle classi più abbienti.
Nel '500 si è calcolato che nell'Europa occidentale circa un quinto della popolazione era
costituito da poveri: l'incremento demografico, lo sviluppo delle manifatture, in specie
quelle tessili, la rivoluzione dei prezzi aveva determinato l'avvento di una moltitudine di
poveri e sbandati in modo particolare nelle campagne. Ad aggravare le condizioni di vita
subentravano poi i tre flagelli della peste, della guerra e della carestia che spingevano
queste masse di disperati a trovare soccorso nelle città. Ad aumentare le ansie dei cittadini
si aggiungeva poi lo sbandamento dei soldati mercenari che ora, con la creazione
dell'esercito permanente negli stati assoluti, non trovano più chi li assoldi generando, in
misura prima sconosciuta, masse disperse di poveri e vagabondi, banditi e rivoltosi. Le
istituzioni cittadine cominciano allora a distinguere tra la povertà "vera" da quella "falsa"
comprendendo nella prima i malati, coloro che non potevano più mantenersi per motivi
fisici, i ragazzi e i bambini abbandonati dalle famiglie, i vecchi che non potevano più
lavorare ma che avendo lavorato in passato; a questi si aggiungeva la moltitudine dei
poveri occasionali che ricevevano l'elemosina saltuariamente, costituita da lavoratori che
attraversavano periodi di povertà dovuti soprattutto ai debiti che non riuscivano a saldare.
Tra questa massa di marginali una figura che emerge è quella del mendicante. Vi erano
poi i poveri organizzati in "compagnie" come quelle dei ciechi e degli storpi riconosciute
dall'assistenza pubblica. I mendicanti non avevano nessun tipo di potere, non pagavano le
tasse, erano esclusi dalle corporazioni e dalle confraternite. Le istituzioni nel XVI secolo
iniziarono a emanare leggi che colpivano i falsi mendicanti includendo in questa categoria i
vagabondi. Le autorità cittadine e statali reagirono con metodi repressivi cercando di
eliminare la presenza dei poveri nelle città, eliminando la possibilità del loro continuo
vagabondare e incanalando in forme controllabili quelle masse di accattoni che potevano
divenire un serio pericolo di rivolte ogniqualvolta vi fosse una carestia o un aumento dei
prezzi dei beni alimentari. Dalla carità medioevale ormai nel Cinquecento si è persa ogni
traccia: gli ospedali aperti senza troppe distinzioni ai malati e ai miserabili diventano istituti
d'internamento coattivo e, quando questo non basta, i poveri vengono a forza arruolati
negli eserciti o divengono rematori nelle galere
XVII secolo
Nel '600 continua la configurazione dell'ospedale non come
istituzione di cura per i malati ma struttura per l'isolamento e
l'internamento. Già in Inghilterra nel 1576 una legge di Elisabetta I
istituiva degli stabilimenti, le "Houses of correction", che miravano
alla "punizione dei vagabondi e al sollievo dei poveri" istituite come
case di lavoro (workhouse) come mezzo per la repressione della
mendicità. Sull'esempio inglese fece altrettanto la Svizzera che nel
1631 a Berna (nel 1637 a Zurigo) aprì come un nuovo reparto
dell'ospedale generale una casa di correzione e per il lavoro
forzato. Così anche in Francia tipico è il caso dell' "Hospital
General" di Parigi fondato nel 1656 che Michel Foucault definisce il
terzo stato della repressione. Questi istituti diffusi in Europa tra la
fine del '500 e gli inizi del '600 volevano associare l'assistenza ai
poveri ed insieme la funzione di rieducazione al lavoro per
conseguire un rinnovamento morale e una redditività economica,
considerata base di una ipotetica integrazione sociale dei
mendicanti, da raggiungere con la privazione della libertà e una
rigida disciplina che prevedeva sanzioni e punizioni corporali per i
trasgressori. L'ospedale è divenuto luogo di repressione per il
povero "cattivo", il ribelle alle regoli sociali, ma anche di
beneficenza per il povero "buono" sottomesso all'ordine sociale.
Una politica di vera e propria segregazione dei poveri, avviata già
alla fine del XVI secolo, si affermerà quindi soprattutto nel XVII
secolo, e ad un punto tale che il Seicento sarà appunto definito il
secolo della "grande reclusione". L'inutilità sociale del povero
determina la sua condanna ed esclusione dalla società, la povertà
è considerata una colpa contro l'ordine pubblico.
XVIII secolo
La politica d'internamento sistematico diffusa tra gli stati
europei appare nel '700 inumana e dannosa sul piano
sanitario. Viene finalmente contestata dai filosofi illuministi e
abbandonata. Ci si avvicina alla concezione attuale della
povertà considerata come una disfunzione della società. Il
fattore economico viene identificato come causa principale
della povertà anche se quello morale non é del tutto messo
da parte. Si propone come soluzione dell'indigenza
l'applicazione del principio della redistribuzione della
ricchezza: siamo però ancora lontani da una concezione dello
stato assistenziale poiché l'intervento laico delle strutture
statali è indirizzato non a tutta la popolazione ma solo a certe
categorie come le vedove, gli orfani...i poveri "buoni" e
"meritevoli". Fu abolito il lavoro forzato nelle manifatture
ospedaliere e furono istituiti i depots de mendicité (depositi di
mendicità) dove erano internati i vagabondi e i mendicanti
mentre negli ospedali generali venivano ricoverati i poveri di
ogni genere. Nei dépôts ai mendicanti era offerto un ricovero
provvisorio in attesa che li reclamasse la famiglia o un
qualche datore di lavoro. Tutti i detenuti erano obbligati a
lavorare dall'alba al tramonto. La rivoluzione del 1789 mise
fine anche ai depositi di mendicità segnando la conclusione
dell'epoca della "grande reclusione". Prima la società aveva
esaltato la funzione del lavoro come una forma di educazione
e socializzazione. Ora il lavoro viene esaltato nel sistema
industriale come sinonimo di riscatto e elevazione sociale ma
nella realtà il lavoro operaio diviene una forma di
mantenimento e talora di aggravamento della povertà.
Lotta: Karl Marx
• Manifesto del partito comunista 1848
• Il marxismo
Manifesto del partito comunista
« La storia di ogni società esistita fino a questo
momento, è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi,
patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle
corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi,
furono continuamente in reciproco contrasto, e
condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta;
lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione
rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina
delle classi in lotta. Nelle epoche passate della storia
troviamo quasi dappertutto una completa articolazione
della società in differenti ordini, una molteplice
graduazione delle posizioni sociali. In Roma antica
abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo
signori feudali, vassalli, membri delle corporazioni,
garzoni, servi della gleba, e, per di più, anche particolari
graduazioni in quasi ognuna di queste classi. La società
civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale,
non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha
soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, nuove
condizioni di oppressione, nuove forme di lotta. La
nostra epoca, l'epoca della borghesia, si distingue però
dalle altre per aver semplificato gli antagonismi di
classe. L'intera società si va scindendo sempre più in
due grandi campi nemici, in due grandi classi
direttamente contrapposte l'una all'altra: borghesia e
proletariato. »
Il marxismo
Il tema della povertà comincia nel corso dell’ 800 ad essere associato a quello dell'industrialismo.
Coerentemente con la sua visione non meccanicistica della realtà e la sua volontà di non formulare un'ideologia che
preveda il futuro, il filosofo tedesco non teorizza esplicitamente le caratteristiche della futura società comunista, ma da
soltanto indicazioni sulla fase di transizione verso essa e la delinea come ipotesi. Innanzitutto Marx definisce l'importanza
della rivoluzione del proletariato: se il capitalismo cadesse solo perché contraddittorio la storia si risolverebbe in un processo
meccanicista. Invece il proletariato deve prendere coscienza della sua forza e, attraverso una rivoluzione violenta, deve
abbattere il sistema corrente. Con la caduta della borghesia, andranno ad estinguersi tutte le sue espressioni, quindi lo
Stato, la cultura e la morale borghesi, e le religioni,… Ma prima della nuova società ci sarà un periodo di passaggio durante
il quale la classe rivoluzionaria si sostituirà semplicemente a quella capitalista, edificando la dittatura del proletariato, ancora
caratterizzata dal dualismo di classe. Durante questo periodo andranno smantellati tutti i residui del precedente sistema, e
infine, con la socializzazione dei mezzi di produzione e l'abolizione della proprietà privata, si avrà il comunismo autentico, e
spariranno allora feticismo e alienazione, gli individui non saranno più asserviti ad un lavoro diviso e potranno realizzare uno
"sviluppo omnilaterale", accrescendo insieme le forze produttive sociali. Allora ci sarà il ritorno dell'uomo alla sua realtà
sociale. l filosofo tedesco inizia con il considerare la produzione dei mezzi di sussistenza attività fondamentale dell'uomo,
nonché prima azione storica specificamente umana. Sulla base di questa attività ne individua altre tre: la creazione e la
soddisfazione di nuovi bisogni, la riproduzione (quindi la famiglia) ed infine la cooperazione fra più individui. Sorge solo ora
la coscienza: al contrario di tanti altri, Marx non delinea la coscienza come presupposto dell'uomo, seppur riconoscendogli
un ruolo fondamentale nella vita, ma come prodotto sociale che si sviluppa in relazione all'evoluzione dei mezzi di
produzione e a tutto quello che esse comportano, in una parola alle forze produttive. La coscienza si manifesta quindi in
diverse forme a seconda del processo storico. Ma solo con la successiva divisione tra lavoro manuale e mentale la
coscienza può automatizzarsi dal mondo, dando luogo alle forme culturali conosciute. La totalità dell'essere sociale va
dunque indagata dalla sfera produttiva. Questa separazione fra coscienza e condizioni materiali dà luogo all'"ideologia",
l'ideologia svolge un ruolo essenziale, siccome corrisponde all'esigenza delle classi dominanti in un dato periodo storico di
presentarsi come classe universale, portatrice quindi di valori universali espressi appunto nell'ideologia. Essa è ogni forma di
rappresentazione teorica inconsapevole della propria condizione storico-materiale; le idee sono quindi separate dalle proprie
radici storiche e universalizzate. Il materialismo storico si presenta come fortemente anti-ideologico; tutta la dottrina
socialista marxista è definita dal suo autore non ideologica, poiché vuole mantenere le proprie radici realistiche e storiche.
Con le idee di Marx ha inizio una nuova tipologia di rivolta popolare, per meglio dire proletaria, poiché i lavoratori si
riuniscono in gruppi organizzati, che hanno il compito di creare “coscienza di classe”. Questo significa che ogni operaio
consideri la sua situazione di povertà e miseria non come una condizione solo sua, e quindi individuale, bensì come
espressione dell’intera classe proletaria.
Miglioramento
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Suffragio universale
Ma oggi…
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Povertà
Discriminazione sanitaria
Figli accasati
Contratti a tempo determinato
Caro vita
Homepage
Suffragio universale
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Italia: 1946 Voto universale per uomini e donne, che abbiano compiuto la maggiore
età (inizialmente i 21 anni e sucessivamente i 18 anni). La prima occasione di voto
sono le ormai celeberrime elezioni del giugno 1946, atte a scegliere la Monarchia o la
Repubblica e ad eleggere l'Assemblea costituente.
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Francia: 1946 Suffragio universale (maschile e femminile)
Stati Uniti d’America: 1776 Suffragio universale ma con svariate restrizioni.
Basta fare una considerazione: discriminazioni di carattere censitario, di carattere
razziale hanno continuato a sussistere negli Stati Uniti fino ai giorni nostri. Sono
soltanto del 1966 due sentenze della Corte Suprema, che dichiarano incostituzionali
sia i test per accertare i gradi di cultura e di alfabetizzazione per l'ammissione ai diritti
politici, sia i requisiti che chiedevano il pagamento di una tassa per essere ammessi
al diritto di voto, cioè le ultime discriminazioni, che si opponevano all'esercizio pieno
del suffragio universale sono scomparse in America semplicemente nel decennio che
va dagli anni Sessanta agli anni Settanta
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Regno Unito: 1918 suffragio universale (maschile e femminile)
Povertà
La primordiale caratteristica degli USA e dell'Europa è stata che nel corso della loro storia si sono dedicate a
saccheggiare le ricchezze di altre nazioni del mondo per arricchirsi e sviluppare i rispettivi paesi, al tempo stesso in
cui le loro vittime si impoverivano. Il colonialismo europeo imposto all'Africa, all'Asia e all'America Latina permise agli
oppressori di accumulare abbondanti capitali che favorirono le loro economie, mentre il nascente impero nordamericano seguiva quei passi e, come il vecchio continente, creava compagnie transnazionali che drenavano (e
ancora lo fanno) le ricchezze di paesi terzi. Nonostante questo ladrocinio accade che negli Stati Uniti esistono
attualmente 36,5 milioni di poveri, e nei paesi dell'Unione Europea la cifra arriva a 78 milioni di persone. Le politiche
neoliberiste e di esclusione sociale hanno fatto sì che in queste ricche nazioni, una immensa quantità di abitanti si
trovino trascurati e reietti. Nell'UE la povertà stimata sulla base dei redditi inferiori ai due dollari al giorno colpisce il
21% della popolazione, mentre il 5% soffre a causa dell'insicurezza alimentare, ha sottolineato Jacques Diouf,
direttore generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Agricoltura e l'Alimentazione (FAO). Per il direttore
generale della FAO tra i fattori che hanno contribuito all'aumento della povertà negli ultimi quindici anni, compaiono
l'eliminazione dei sistemi di pianificazione centralizzata e l'arrivo dell'economia neoliberista, la diminuzione dei
programmi sociali a beneficio delle privatizzazioni e la disoccupazione. Dati dell'ufficio statistico dell'UE, Eurostat,
rivelano che un 16% della popolazione europea vive male o sopravvive all'ombra dell'immagine idilliaca che le
autorità comunitarie proiettano all'esterno. Come sempre accade in questi casi, i gruppi sociali più minacciati dalla
povertà nella UE sono i disoccupati, i genitori soli (soprattutto le donne), gli anziani, gli immigrati e le minoranze
etniche. Ad esempio, gli immigrati, la cui manodopera è fondamentale in questi paesi per l'attività agricola ed i servizi,
devono affrontare numerose barriere nel momento di integrarsi nel paese, soprattutto in cinque aree: impiego, casa,
salute, istruzione e partecipazione alla vita pubblica. Subiscono ogni forma di discriminazione: non possono accedere
a numerosi posti di lavoro nelle imprese, il salario è molto minore di quello dei cittadini, non hanno diritto alla
sicurezza sociale, devono vivere in determinate aree e abitazioni, tra molte altre limitazioni. Negli USA la situazione è
peggiore. Le cifre dell'ufficio statistico rivelano che uno ogni otto abitanti vive sotto la soglia di povertà, il che equivale
a 36,5 milioni di persone. La disattenzione si fa più evidente tra i bambini e i minorenni di 18 anni: il 17,4%, ossia,
12,8 milioni, si trovano in questo indice funesto. L'ufficio di statistica aggiunge che nel paese ci sono 5.000.000 in più
di poveri rispetto a sei anni fa, e che il reddito medio è di mille dollari in meno a quello del 2.000, senza contare la
forte svalutazione che il dollaro ha avuto negli ultimi tempi. Il New York Times afferma che l'unico segmento della
popolazione i cui redditi nel 2006 erano superiori a quelli del 2000 erano il 5% delle famiglie più ricche; inoltre “i
proventi della crescita economica della nazione nel passato lustro sono fluiti quasi esclusivamente ai ricchi e agli
estremamente ricchi, lasciando poco agli altri”.
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Discriminazione sanitaria
47 milioni di Statunitensi mancano di assistenza medica, e pertanto non hanno diritto di ammalarsi. Questo indice è aumentato di
2.200.000 tra il 2005 e il 2006, e continuerà a crescere per via degli elevati costi della salute, dello scarso sostegno da parte del
governo ai programmi sociali, e alla riduzione o eliminazione di benefici che le imprese offrivano in passato ai propri dipendenti.
Peggio ancora, il numero di minorenni senza sicurezza medica è aumentato di 700.000 tra il 2005 e il 2006 per raggiungere un
totale di 8,7 milioni di bambini. I minorenni costituiscono il 25% della popolazione, ma il 35% sono poveri. Una legge recentemente
proposta al Congresso per fornire ai milioni di bambini l'assistenza medica incontrò il veto presidenziale. L'iniziativa consisteva nel
gravare con maggiori imposte sigari e bevande alcoliche per trovare la copertura finanziaria al programma. Bush ha sostenuto che
le compagnie di assicurazione sarebbero state danneggiate dato che i cittadini avrebbero usufruito dei servizi offerti dallo Stato che
avrebbe dovuto sostenere enormi spese. In conclusione, la povertà negli Stati Uniti e in alcuni paesi dell'Unione Europea dilaga
nonostante la propaganda a favore della bontà del sistema neoliberista e di privatizzazioni. Un cittadino degli Stati Uniti spende, in
media, 4.187 dollari ogni anno per garantirsi la propria salute. Un tedesco, 2.713 dollari. Un cittadino dell’Etiopia ogni anno spende,
in media, 4 dollari. In Germania tutti hanno accesso al sistema sanitario nazionale. Negli Stati Uniti 40 milioni di poveri, più o meno
il 15% della popolazione, ne sono sostanzialmente esclusi. In Etiopia, tranne una ristretta élite, nessuno ha accesso a un sistema
sanitario che assicuri almeno le prestazioni minime. In Sierra Leone l’età media della popolazione non supera i 39 anni. In Svizzera
l’età media supera gli 82 anni. In alcuni quartieri ricchi di New York e delle grandi metropoli americane l’aspettativa di vita sfiora gli
85 anni. In alcuni quartieri poveri di quelle medesime città l’aspettativa di vita supera di poco i 40 anni. In Occidente malaria e
tubercolosi, le malattie dei poveri, sono sostanzialmente sparite. Nel Terzo Mondo mietono almeno 5 milioni di vittime ogni anno. In
nessuna parte del mondo dall’Aids si guarisce. Ma in Occidente la malattia può essere curata, nell’Africa sub-sahariana l’Aids sta
spazzando via un’intera generazione. Il quadro statistico proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è chiaro fino
alla brutalità: un adulto povero di età compresa tra 15 e 59 anni ha dieci volte più probabilità di morire in questa fascia di età di un
coetaneo ricco. Un bambino povero di età compresa tra 0 e 4 anni ha 100 volte più probabilità di morire in questa fascia di età di un
coetaneo ricco. Una donna povera ha 300 volte più probabilità di morire mentre dà alla luce un figlio di una partoriente ricca. Il 60%
degli 11 milioni di decessi tra i bambini sotto i cinque anni nel Terzo Mondo è causata dalla denutrizione, ovvero direttamente dalla
povertà. D’altra parte, l’intero sistema biomedico mondiale è sempre più tarato verso le esigenze dei paesi ricchi. Meno del 10%
della spesa in ricerca medica al mondo è indirizzata verso la cura di malattie che interessano il 90% della popolazione mondiale. A
investire in ricerca sono i paesi ricchi. E i ricchi investono quasi unicamente per risolvere i propri problemi di salute. Dei 1233 nuovi
farmaci immessi sul mercato tra il 1975 e il 1999 solo 13 riguardano malattie tropicali. Sulla spinta della necessità di far quadrare i
bilanci pubblici, la salute viene trasformata da diritto in merce e l’ammalato da paziente a consumatore. La nuova filosofia si
impone negli Stati Uniti e conquista le grandi istituzioni finanziarie globali: la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale.
L’assistenza sanitaria in molti paesi subisce una drastica riduzione. Negli anni ’90 questa riduzione diventa drammatica anche nei
paesi ex comunisti. Nel Kirgizistan il 50% delle persone che si rivolgono a un ospedale vengono respinte perché non hanno di
come pagare. In Russia l’età media dei maschi crolla da 65 a 58 anni. Persino nei paesi ancora formalmente comunisti, ma esposti
alle richieste della Banca Mondiale, le condizioni sanitarie peggiorano. In Vietnam il 60% delle famiglie povere è costretto a
indebitarsi: per un terzo di quelle famiglie la causa principale dell’indebitamento risiede nell’accesso al sistema sanitario. A Phnom
Penh, in Cambogia, il 20% dei pazienti si rivolge agli usurai per potersi curare. È stato calcolato che in India il 70% della spesa per
farmaci è non necessaria.
Negli Stati Uniti
Video 1 (cliccare sull’immagine per la visione) : Bush ha
posto il veto sulla legge che intendeva
estendere l’assistenza sanitaria ai bambini poveri, il
‘Children’s Health Insurance Program’ (Chip) garantisce
la copertura sanitaria solo ai bambini indigenti,
attualmente 6,6 milioni di minori, ma ne esclude altri 4
milioni leggermente più fortunati che comunque non
riuscirebbero a pagarsi un’assicurazione sanitaria.
Video 2 (cliccare sull’immagine per la visione).
Il film “John Q” di Nick Cassavetes con Denzel Washington
estremizza le possibili conseguenze derivanti dalla precaria
situazione assicurativa negli Usa.
Il figlio di John Q ha bisogno urgente di un cuore nuovo,
ma i medici che lo hanno in cura non possono metterlo in
lista per il trapianto perchè sprovvisto di
un'assicurazione. Così John Q si vede costretto a tenere
in ostaggio la stanza d'emergenza dell'ospedale affinchè
venga disposto un cuore per suo figlio.
Figli accasati
I figli oggi sono “mammoni” per necessità.
7 giovani precari su 10 vivono in famiglia
perché hanno difficoltà a costruirsi una vita
autonoma. Il 70% dei giovani precari italiani
, con cui si intende la fascia che arriva fino
ai 34 anni, vive in casa con i genitori; ma la
causa non è certo da ricercare nella loro
volontà. Gli “under 34” non riescono a
trovare un lavoro a tempo indeterminato,
neanche i laureati, e decisivi sono anche gli
elevati costi degli affitti nelle grande città.
Per i giovani tra i 30 e i 34 anni restare a
casa è un fenomeno in crescita: erano il
19,9% nel 1995, sono il 29,5% nel 2005. la
percentuale di persone che vivono sotto la
soglia di povertà tra i giovani precari è
superiore alla media generale, 3,7% contro
13,1%, e coinvolge ben 1.678.000 persone.
La percentuale di persone tra i 20 e i 34 anni
che è a capo di un nucleo familiare, anche
solo composto da due persone, è solo di
22,7%.
Contratti a tempo determinato
Un grave problema per i giovani è, nel
mondo del lavoro, la difficoltà nel trovare un
contratto a tempo indeterminato. Si può
stipulare un contratto a termine solo se
giustificato, altrimenti l’assunzione diviene a
tempo indeterminato. Ci deve essere un
motivo preciso per mettere un termine al
contratto di lavoro. La legge del 2001, che
prevede il decreto legislativo n. 368/2001,
consente l’apposizione del limite solo per
ragioni oggettive di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo. In tali
sole ipotesi, la legge consente una deroga al
principio della normalità del contratto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Purtroppo le imprese e le aziende molto
spesso non rispettano questo decreto legge.
Caro vita
A causa del crescente aumento del caro vita, ci sono dei ricchi sempre più ricchi, dei poveri
sempre più poveri e una classe media che ha ormai sorpassato da tempo la soglia di vivibilità,
finendo nel baratro del “non riesco ad arrivare alla fine del mese”. Ci sono giovani che hanno un
lavoro ma non riescono ad acquistare la prima casa, giovani che hanno acquistato la prima casa
ma ora non riescono più a pagarla, adulti divorziati che non riescono a star dietro alle spese di
mantenimento, anziani che non arrivano alla fine del mese con la misera pensione e anziani che
non arrivano nemmeno a metà mese a causa di quella pensione. Tutta la popolazione in generale
è più povera. Meno soldi uguale meno consumi, meno consumi uguale povertà amplificata,
povertà amplificata uguale inizio del declino.
Con i soli redditi di lavoro la famiglia media italiana non riesce ad arrivare alla fine del mese. I
prezzi sono una delle due lame della forbice tra le quali si trova stretta la famiglia italiana, l’altra
lama è rappresentata dal reddito che la famiglia riesce a conseguire.
Come migliorarlo
Per prevenire e arginare l’ascesa incontrollata dei prezzi , le associazioni dei consumatori si
mobilitano e invitano il governo a non rimanere passivo. E’ necessario, secondo loro, fronteggiare
l’emergenza prezzi e porre un freno al caro vita. Occorre quindi puntare alla concorrenza e alla
liberalizzazione attraverso un sistema di misure che agisca direttamente sulla distribuzione:
apertura domenicale e festiva dei negozi, sblocco dei saldi, liberalizzazione degli orari e la
collocazione di impianti di distribuzione del carburante negli spazi interni a centri commerciali.
Puntano il dito contro il caro petrolio, dove la speculazione si è verificata in particolar modo sul
gasolio (+23%) e meno sulla benzina (+11%), ma anche sull’aumento degli affitti e delle tasse.
Bibliografia
www.it.wikipedia.org
www.pariopportunita.gov.it
www.pangeaonlus.org
www.www.peacelink.it
“La conoscenza storica” di De Bernardi e Guarracino
“La comunicazione filosofica” di Massaro
A cura di:
•Gabriele Caruso
•Sara Gerini
•Elisa Raffaelli
•Veronica Socionovo
•Marco Tagliavento
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